Pubblicazioni. Un libro di Francesca Trabella
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Pubblicazioni. Un libro di Francesca Trabella
ComoLibri Sabato, 2 luglio 2011 17 Pubblicazioni. Un libro di Francesca Trabella. Dominioni editore D opo “Como, la rana, la fontana e… 100 cose da ricordare” e “Lecco el cantun di ball… 100 cose da ricordare” una nuova e interessante perla si inserisce nella collana “turistica” del libraio ed editore comasco Alessandro Dominioni. “50 Ville del Lago di Como” è la recentissima pubblicazione curata da Francesca Trabella. Un viaggio dentro la storia di 50 fra le più belle e significative ville del nostro lago, accompagnato da 100 fotografie ed un testo bilingue (italiano e inglese). Un percorso che ha come filo conduttore non solo l’essenza del bello che queste dimore conservano e manifestano, quasi fosse una loro proprietà intrinseca, ma che è nato e si è costruito anche sulle orme di chi in epoca passata ha animato questi luoghi. “Insieme alle ville più famose del Lago di Como – spiega nella premessa Francesca Trabella – in questa pubblicazione sono presentate molte altre dimore, aperte al pubblico o private, appariscenti o discrete, la cui storia offre spunti interessanti. È straordinaria, ad esempio, la lista dei personaggi illustri che, nel corso dei secoli, sono stati sul Lario e hanno abitato, visitato, o semplicemente ammirato dall’esterno queste residenze… Nomi del calibro di Virgilio che, nel I sec. a. C. scrive, nelle “Georgiche”: “Ricorderò te, o grandissimo Lario”, ma anche di Franz Listz, Gustave Flaubert, Mark Twain, Waldemar Kaden, Giovanni Verga, Giuseppe Verdi… soltanto per citarne alcuni. La “guida” di Francesca Trabella inizia da villa Mirabella, struttura del primo Novecento, divenuta nota in Italia come set della soap opera Vivere. Poco distante sorge la notissima villa Geno, punto di confine tra il primo e il secondo bacino del Lario. Non meno Pubblicazioni. L’ultimo libro di Giuseppe Guin Sul filo delle precedenti pubblicazioni prosegue il cammino del giornalista comasco E ra bella Lisa, la più bella del paese, con i suoi occhi verdi e i lunghi capelli neri che facevano sognare tutta la popolazione maschile di Faggeto Lario, sul declinare degli anni cinquanta del secolo scorso. La sua bellezza le sarebbe però risultata fatale, nel senso che avrebbe rappresentato l’origine di quella catena negativa di eventi destinati a comprometterne irrimediabilmente la vicenda umana, votandola a un immeritato percorso di sofferenza e sacrificio: violentata da un bracconiere nel retrobottega della locanda del Nibbio, di cui era proprietaria, si era vendicata dell’oltraggio uccidendo l’aggressore, e aveva ricevuto una condanna a 22 anni di reclusione da scontare nel carcere di San Donnino. Dal quale era riuscita tempestivamente a fuggire, non tanto per l’insostenibilità della detenzione, quanto per la necessità di avere al suo fianco Tommaso, l’ ex frate-bibliotecario della locale abbazia benedettina che aveva gettato il saio alle ortiche proprio per vivere con lei una storia d’amore tanto intensa quanto avversata dalla malasorte. Potrebbe considerarsi una “love story” d’altri tempi, e non solo per l’ambientazione spaziale e geografica e per la collocazione cronologica –un paese in riva al Lario fotografato negli anni del boom economico, benché quest’ultimo sia un dettaglio che non affiora mai dalla narrazione- se non fosse per l’assenza dell’happy end che generalmente fa da suggello alle love stories che hanno fatto sospirare intere generazioni di lettrici (ma non solo quelle). A suggerire un’identificazione di questo tipo, che naturalmente non tende a sminuire il valore del testo essendo palese che le “storie d’amore” non costituiscono di per sé un genere letterario di serie B, sono più che altro l’intonazione complessiva del racconto e l’atmosfera che domina sin dalle pagine iniziali di “Portami al lago”, l’ultima fatica di Giuseppe Guin che, con i precedenti “L’amore imperdonabile” e “Io ti aspetto qui”, viene a completare un’attesa e fortunata trilogia, già ampiamente premiata dal consenso del pubblico. In controtendenza con l’impianto strutturale della “storia d’amore” di stampo tradizionale è inoltre il dato relativo alla caratterizzazione psicologica dei personaggi e alla rappresentazione, dai toni fortemente realistici, della vita della provincia comasca di un cinquantennio fa, con le tipiche virtù e gli ancor più macroscopici difetti dei propri attori. Ed è in questo modo che il lettore, sotto gli occhi del quale sfila una lunga e articolata galleria di uomini e donne che danno vita a un mondo vivo e brulicante di figure di “varia umanità”, come si sarebbe detto un tempo, ha la possibilità di immergersi in un mondo che esprime un inesauribile campionario di sentimenti e comportamenti ondivaghi e contrastanti: accanto al senso di partecipativa solidarietà –spinto quasi ai limiti della vera e propria copertura omertosa- con cui la comunità protegge la latitanza della Lisa al cospetto del maresciallo dei carabinieri (il Panza) e del prevosto don Gervaso, gli unici che avrebbero per opposti motivi (professionali nel primo caso, moralistici e conformistici nel secondo) desiderato riportare la fuggiasca nelle patrie galere, convive la gratuita perfidia di una donna del luogo, Maria Campelli, che non esita a fare opera delatoria presso le autorità se non per puro amore del pettegolezzo e del danneggiamento altrui, così come all’affetto ruvido e leale del Gobbo (il misantropo del paese) per la coppia di amanti clandestini fa da contrappeso l’ostilità sordida e accidiosa di Gloria, la confidente della perpetua di don Gervaso. Sullo sfondo, restano una grande storia d’amore e il sogno dei protagonisti di tornare a una vita ordinaria e serena. Fatalità e beghe di paese permettendo. “Portami al lago”, Giuseppe Guin, Alessandro Dominioni Editore, 2011, pp 280, 16,50 euro SALVATORE COUCHOUD note sono il complesso delle ville Gallia e Saporiti, che oggi ospitano la sede dell’Amministrazione provinciale di Como, e la splendida villa Olmo voluta dagli Odescalchi, la famiglia imparentata con l’unico papa comasco. Proseguendo lungo la sponda occidentale del lago si incontrano villa del Grumello, a Cernobbio; villa Pisani Dossi, che sorge quasi sulla sommità del colle di Cardina e domina tutto il primo bacino lacustre; le ville Bernasconi, Erba (che sorge sul luogo di un monastero femminile fondato alla fine dell’XI secolo e soppresso nel 1784), D’Este, Pizzo a Cernobbio; Fontanelle e Passalacqua a Moltrasio… e via via fino in prossimità della punta settentrionale del Lario, dove, a Domaso, sorge villa Camilla, per poi ridiscendere lungo la sponda orientale, di cui sono citati, nel solo abitato di Varenna, i due “gioielli” di villa Cipressi e villa Monastero. Particolarmente ricca la presenza di residenze di pregio a Bellagio, la “perla del Lario”, dove sono citate villa Frizzoni, villa Serbelloni, villa Melzi, villa Giulia, villa Trivulzio, villa Trotti, villa Orlando. Una preziosa collana con 50 perle da ammirare una per una. “50 Ville del Lago di Como”: la bussola per un’estate diversa, da gustare lustrandosi gli occhi, sulle rive del nostro lago. “50 Ville del Lago di Como”, Francesca Trabella, Alessandro Dominioni Editore, 2011, pp 128, illustrato, 16,50 euro. M. Ga. Libri ■ Intelvese Orti di monte orti di lago. Coltivare secondo la tradizione Lo scorso 29 giugno, presso la sede della Comunità Montana Lario Intelvese, in San Fedele Intelvi, è stato presentato il volume “Orti di monte, orti di lago. Coltivare secondo tradizione nel territorio lariointelvese” a cura di Antonio Cavalleri e di altri autori. Un volume che riporta, anche praticamente, indietro nel tempo e fa riscoprire le coltivazioni tradizionali e il loro ruolo positivo sulla costruzione del paesaggio, segnala le colture e i prodotti tipici del nostro territorio, promuovendo il gusto per un’alimentazione più sana e genuina ma anche più saporita. Spiega le tecniche naturali per realizzare oggi “l’orto dei nonni” un moderno orto biologico familiare nell’ambiente montano e in quello lacustre, con concimi naturali e antagonisti naturali dei parassiti, affinché possano rinnovarsi e perpetuarsi le buone cure per la nostra terra. Vuol essere di stimolo per riappropriarsi di tradizioni locali ed occuparsi del territorio proprio toccando con mano la terra, per un ritorno ad uno stile di vita più naturale. Pazienza se a volte il tempo birichino non aiuterà a raggiungere tutti i risultati sperati, ad avere la quantità di raccolto pensata: l’orto resta un luogo speciale, dove faticando è possibile conquistarsi la serenità dell’animo e godere del benessere fisico della vita all’aria aperta.