Il teatro Farnese

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Il teatro Farnese
La Famiglia Farnese.
I rapporti con le corti europee
Tiziano, Paolo III e i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese, 1546, Galleria Capodimonte, Napoli
I Farnese
Il nome Farnese deriva dal toponimo Farneto, indicante il feudo posseduto
dalla stessa famiglia in quel di Viterbo, ai confini coi territori toscani. Esso
rimanda alle rigogliose distese boschive caratterizzanti quella regione.
L’originaria storia coincide quindi con quei luoghi; essa sarà tuttavia
destinata a volgere i propri interessi nella tessitura di significativi rapporti con
le più importanti aristocrazie europee.
Nel corso dei secoli XII e XIII, i Farnese estesero i propri domini dall’antico
feudo del lago di Bolsena alla regione dell’alto Lazio, distinguendosi in
particolare come uomini d’arme al servizio del pontefice e dei fautori della
parte guelfa.
Il primo passo significativo fu compiuto proprio da Pier Luigi Farnese (? /
1485-87) che, imparentandosi con Giovanna Caetani (discendente di papa
Bonifacio VIII), entrò a far parte degli ambienti più influenti dell’aristocrazia
romana.
Il figlio Alessandro (1468-1549), il futuro papa Paolo III (1534), fu
l’autentico artefice della fortuna della famiglia. Nel 1545 egli creò il Ducato di
Parma e Piacenza, affidandone l’amministrazione al figlio Pier Luigi (1503-47),
il che susciterà non solo il sospetto dei feudatari locali e in genere delle
aristocrazie italiane ma anche del sovrano Carlo V.
Fino al 1731, si avvicendarono altri sette duchi. Alla morte di Antonio
Farnese (1679-1731), l’ottavo duca, privo di eredi, s’interruppe la successione
dinastica ponendo fine a quasi due secoli di politica di primo piano nella scena
italiana ed europea.
Nell’arte di governare, i nostri protagonisti dimostrarono certamente
accortezza e lungimiranza nel voler realizzare, da una parte, il proprio disegno
egemone sulle famiglie locali e stabilire, dall’altra, i legami proficui con le corti
italiane e straniere (in particolare con quella spagnola). Alla base di ciò si pose
la diffusa pratica dei matrimoni combinati. Un esempio è dato dal matrimonio
tra Ottavio Farnese, figlio del primo duca di Parma, con Margherita d’Austria,
figlia naturale dell’imperatore Carlo V (1538). Mentre Alessandro Farnese,
entrato nelle grazie di Filippo II, sposò Maria del Portogallo nel 1565.
All’ambito della politica spagnola è strettamente legata l’opera del terzo duca
di Parma Alessandro III Farnese, ricordato come grande condottiero, nonché
governatore dei Paesi Bassi (per conto della Spagna) e fine intenditore di
architettura militare (suo il progetto della cittadella a Parma).
Infine non si deve dimenticare che il prestigio del nobile casato
fu
consolidato largamente dalla presenza costante di un esponente della famiglia,
nelle vesti di alto prelato, negli ambienti della Chiesa romana: il “gran
cardinale” Alessandro (1520-59), fautore di immani ricchezze e influenze
politiche. Con la morte di questi è destinato a decadere il potere dei Farnese a
Roma.
Storia del Ducato di Parma e Piacenza
La nascita del Ducato di Parma e Piacenza si registrò nel 1545 e durò
quasi due secoli, passando dai Franese ai Borbone nel 1731. Pier luigi Farnese
prese a governare tali possedimenti, rimanendo a Parma un solo mese per poi
trasferirsi a Piacenza, scegliendo in seguito quest’ultima come capitale e sede
della corte.
I motivi di questa scelta furono due: 1) la posizione strategica della città
piacentina rispetto ai territori di Milano, Genova e alla regione piemontese; 2)
il carattere caparbio e orgoglioso della nobiltà feudale, che vedeva nel nuovo
stato una minaccia contro i propri privilegi. Erano numerosi i feudi nel
piacentino, così come le potenti famiglie che esercitavano il loro potere. Gli
Anguissola, gli Scotti, i Landi (signori di Bardi e Compiani) rappresentavano le
famiglie più influenti della città, mentre i Pallavicino, i dal Verme e gli sforza
padroneggiavano nell’area del contado. A Parma era nota l’influenza dei Rossi
e dei Sanvitale, veri dominatori in un territorio frammentato in piccoli stati
indipendenti
Tra i provvedimenti presi dal Duca per far fronte al riassetto del bilancio, vi fu
un censimento dei beni mobili, immobili e del bestiame riguardante ogni
parrocchiano la cui età fosse compresa tra i 10 e i 70 anni. Ciò permise di
conoscere le ricchezze possedute da ogni abitante del Ducato. Inoltre Pier Luigi
sapeva che i nobili lo odiavano e che il popolo e la borghesia non nutrivano
sentimenti di lealtà nei suoi confronti, perciò decise di costituire una guardia
personale in aggiunta alle legioni composte da cinque compagnie di 200 fanti.
A questo accorgimento, si aggiunse l’imposizione di risiedere in città per chi
fosse in possesso di una rendita superiore ai 200 scudi, il che garantiva un
maggior controllo del Duca sulla vita dei suoi sudditi “prediletti”.
Tutti questi provvedimenti non dovevano rivelarsi inutili, data l’ostilità di Carlo
V, che non aveva accettato di buon grado la cessione del ducato a Pier Luigi da
parte del papa. Si erano create ben presto le fazioni guelfa con il papa, la
Francia, Venezia, Parma e Ferrara e quella ghibellina con l’imperatore, la
Spagna, Genova, i Medici e i Gonzaga. Forte del sostegno dell’imperatore,
Ferrante I Gonzaga, conosciuto come Don Ferrante, nonché governatore di
Milano, decise di muovere guerra al ducato e ai Farnese, per cui nutriva un odio
viscerale. Pier Luigi sentendosi controllato dal temuto avversario, corse ai ripari
promuovendo un’accorta politica delle alleanze: fece sposare la figlia Vittoria
con il duca di Urbino, Guidobaldo della Rovere; in seguito stipulò il
fidanzamento tra il figlio Orazio e la figlia del re di Francia, Enrico II, Diana.
Seguirono all’opera sapiente del duca, le preoccupazioni di Carlo V che si
tradussero ben presto nel coinvolgimento delle famiglie Gonzaga, Anguissola e
Landi finalizzato all’organizzazione di una congiura ai danni del Duca .
Così il 10 settembre del 1547, si pose fine alla vita di Pier Luigi Farnese ad
opera del conte Anguissola.
Dopo la morte del duca, Piacenza fu occupata dalle truppe imperiali sotto la
guida del Gonzaga, che intanto volgeva le sue mire su Parma. Dopo una guerra
durata cinque anni, egli si impossessò di tutti i territori ad ovest del fiume Taro.
Nel frattempo il figlio di Pier Luigi, Ottavio Farnese veniva acclamato Duca
dagli anziani e dal popolo. Il successore dovette fronteggiare da una parte il
rifiuto di Carlo V a rendere i territori conquistati, dall’altra i rimproveri del
nonno Paolo III, che sentendo prossima la fine del Ducato, inviò le truppe
pontificie ad invadere Parma, ordinando al nipote di tornare a Roma. Ma
Ottavio dimostrò caparbietà e risolutezza nella non accettazione di piegarsi ai
voleri dell’imperatore e del papa stesso, dunque si rifugiò piuttosto nel castello
di Torrechiara.
Con la morte di Paolo III, un altro esponente della famiglia Farnese quale il
cardinale Alessandro rese possibile l’elezione del papa Giulio III, il quale
riconobbe la reggenza del Ducato a Ottavio nel 1550. Le sorti del Ducato erano
salve, ma molti territori come Piacenza stessa rimanevano sotto il dominio di
Carlo V. Nel 1551, determinata nel suo intento di rimpossessarsi di quelle terre,
la famiglia Farnese strinse un’alleanza con il re di Francia II, che garantì loro
milizie e finanziamenti. La guerra durò fino alla primavera dell’anno seguente,
causando carestie e miseria alle popolazioni.
Con l’avvento però del nuovo re spagnolo, Filippo II figlio di Carlo V, la
situazione si sbloccò a favore dei Farnese, i quali si dimostrarono abili a
sfruttare l’alleanza degli spagnoli per risolvere la questione territoriale.
Nel 1556, Ottavio Farnese firmò la pace di Gand, tornando così in possesso di
tutti i territori, il Ducato era riunito e la capitale trasferita definitivamente a
Parma, ma nelle clausule previste dal trattato il Duca si impegnava a
consegnare la vita del suo unico figlio Alessandro Farnese alla corte spagnola.
Succeduto alla guida del padre Ottavio, il futuro governatore dei Paesi Bassi fu
costretto da Filippo II a nominare reggente il figlio diciassettenne Ranuccio I. Il
sovrano spagnolo voleva per sé e per le future glorie della Spagna un valente
generale.
Il 3 dicembre del 1592, Alessandro morì lontano da Parma, in battaglia durante
l’assedio di Can de Bec. Un anno prima aveva ordinato la costruzione della
fortezza della Cittadella, allo scopo di affermare il potere della famiglia e allo
stesso tempo di fornire lavoro e sostentamento alla moltitudine misera della
popolazione cittadina (2500 persone).
Appassionato di arti e musica, il figlio Ranuccio I fece di Parma la prima corte
in Italia nel panorama delle arti musicali.
Nella città ducale fioriscono opere grandiose quali la Pilotta e il Teatro Farnese,
elevandola quale fulgido modello di architetture moderne e capitale culturale al
pari di Londra e Parigi.
Personalità Ranuccio che permise con altrettanta possanza l’esecuzione
pubblica di oltre 100 cittadini accusati di cospirazione contro la sua persona. A
questi successe nel 1628 il figlio legittimo Odoardo, al quale andò in sposa a
Firenze Maria de’ Medici, figlia del Granduca di Toscana Cosimo II. Seguirono
anni difficili, segnati da forti spese dovute al mantenimento delle numerose
milizie, nonché da grandi privazioni e carestie quali la peste del 1630.
Successivamente Piacenza fu occupata dalle truppe spagnole e il Duca costretto
a firmare un trattato di pace con la Spagna che dopo l’annullamento
dell’alleanza con la Francia avrebbe liberato la città piacentina.
Alla morte di Ranuccio I, avvenuta nel 1646 all’età di 34 anni, il governo del
Ducato passò a Ranuccio II, ma per la sua giovane età la reggenza dello stesso
fu tenuta fino al compimento del diciottesimo anno dalla moglie Margherita de’
Medici e dallo zio cardinale Francesco Maria Farnese.
Dopo l’invasione di Parma del 1691, da parte delle truppe imperiali, con le
conseguenti devastazioni e violenze ai danni della popolazione inerme,
Ranuccio intraprese un’opera decisiva di risanamento volta a migliorare le
condizioni di vita dei suoi sudditi, tuttavia fu costretto a tassare ogni cosa,
evitando di penalizzare le rendite ecclesiastiche.
Fu promosso l’acquisto di opere d’arte importanti, fino ad incrementare
sensibilmente le collezioni di famiglia conservate nelle residenze romane. Nel
1688 si inaugurò il nuovo Teatro Ducale.
Odoardo il figlio destinato a succedere al padre Ranuccio, gli premorì. Tre anni
prima del decesso, Odoardo aveva sposato Dorotea Sofia di Neuburg , da
questa unione nacquero due figli: Alessandro, morto prematuramente a otto
anni, ed Elisabetta.
Nel 1694 si registrò la morte improvvisa di Ranuccio II, a questi subentrò il
secondogenito appena sedicenne Francesco. La sua condotta pone i Farnese al
centro della grande scena politica. Alla disastrosa situazione finanziaria, egli
provvide tagliando le spese inutili della corte, licenziando parte della servitù,
dei musici dei buffoni e dei nani. Inoltre fece abolire spettacoli di corte e
banchetti. Nell’ambito delle opere pubbliche fu costruita una rete idraulica atta
a contrastare il problema dell’erosione del Po; favoriti anche l’ampliamento
dell’Università di Parma e del Collegio dei Nobili, promuovendo così lo studio
del diritto pubblico, della storia, delle lingue e della geografia. La corte di
Francesco Farnese protesse i suoi artisti, letterati, musici e drammaturghi.
In ottemperanza alle disposizioni dei trattati di Torino e di Vigevano del 1696 il
Duca dovette mantenere le truppe tedesche stabilizzate nelle sue piazzeforti.
Nel 1702, posto al comando delle truppe imperiali, il principe Eugenio di
Savoia invase il Ducato, costringendo Francesco a invocare l’aiuto del papa
Clemente XI, che inviò truppe ad occupare Parma e Piacenza.
In mancanza di discendenti, alla morte del Duca, avvenuta nel febbraio del
1727, il fratello Antonio si pose a capo del Ducato. Questo governo fu breve,
dopo quattro anni Antonio morì di malattia. Gli atti più importanti furono la
incentivazione della coltura del gelso allo scopo di promuovere l’industria della
seta e l’apicoltura, l’incremento delle attività legate alla Fiera di Piacenza.
Con la morte di Antonio Farnese (1731) terminò il dominio del grande casato a
Parma, i cui fasti sono ancora oggi testimoniati da grandi e ambiziose
costruzioni architettoniche.
In quel periodo, da piccolo ducato nato dal volere di un papa, Parma divenne
capitale del panorama italiano e anche città di respiro internazionale.
I LUOGHI FARNESIANI
Il Teatro Farnese
Il proscenio
Il Teatro Farnese è uno dei più importanti e suggestivi teatri storici del
mondo. La magnifica costruzione fu realizzata nel 1618 per volere di Ranuccio
I. Con uno splendido allestimento teatrale, il duca intendeva infatti rendere
omaggio a Cosimo II dè Medici, che avrebbe dovuto fermarsi a Parma durante
un suo viaggio a Milano per visitare la tomba di San Carlo Borromeo.
Ma il viaggio non fu mai compiuto e il teatro, costruito nell’originaria e
vasta sala d’armi del palazzo della Pilotta, fu inaugurato solo nel 1628, in
occasione del fastoso matrimonio tra Margherita de’ Medici, figlia di Cosimo
II, e il duca Odoardo Farnese.
Allegorico e fastoso come il suo secolo, acusticamente perfetto, poteva
disporre di circa quattromila posti negli anni in cui nei teatri all’aperto di
Londra si rappresentavano le opere si Shakespeare alla presenza di pochi
spettatori. Fu costruito al primo piano della Pilotta su progetto di Giambattista
Aleotti di Argenta nel 1617, a pianta ellittica, completamente in legno e a
gradinate sormontate da due ordini di logge.
Aleotti disegnò una vasca cavea semi-ovale con quattordici gradoni
sormontati da due ordini di logge sovrapposte, la prima di ordine dorico, la
seconda ionico. Al centro della cavea, sopra il corridoio che unisce l’ingresso
alla platea, delimitato da una balconata, era originariamente allestito un palco
d’onore per i duchi, che anticipava la più tarda versione del cosiddetto “palco
reale” in tutti i teatri d’Europa. Innovativo per concezioni e scelte progettuali è
lo spazio deputato alla rappresentazione: il palcoscenico, lungo quaranta metri,
con un’apertura di dodici metri, era infatti dotato di un complesso sistema di
macchine, gallerie superiori e soppalco per consentire continui cambiamenti di
scena e costituisce il primo esempio di tale tecnica nel teatro italiano. Il
boccascena che delimita il palcoscenico è di tipo classico con nicchie
originariamente decorate da statue in stucco e alternate a colonne.
Al centro vi è lo stemma ducale, su cui spicca un’iscrizione dedicatoria a
Bellona (a ricordo dell’antica destinazione a sala d’armi) e alle Muse, con
indicazione dell’anno 1618.
Le gradinate della cavea sono collegate al palcoscenico da due archi trionfali
dipinti e decorati, su cui campeggiano le statue equestri in gesso di Alessandro
e Ottavio Farnese.
In origine il Teatro era decorato da pitture mitologiche e allegoriche di
Leonello Spada, da quadrature di Girolamo Curti e infine da statue in stucco di
Luca Rieti.
Loggiato del Teatro Farnese.
Boccascena con statua equestre
Il
Teatro
era
stato
realizzato con materiali poco durevoli (legno, stucco, paglia e stracci) così dopo
l’ultima rappresentazione del 1732 decadde inesorabilmente.
Il successivo stato d’abbandono, solo parzialmente arrestato durante il
governo di Maria Luigia, causò gravi danni alle strutture architettoniche, alle
sculture e agli affreschi.
A causa del dissesto delle travature del tetto andarono perdute le decorazioni
collocate sotto le capriate dissestate in più punti. Nel 1867 il Governo riuscì
a impedire il crollo della copertura rinnovata strutturalmente da un sistema di
travature ideato dall’ingegnere Mazzucchetti e messo in atto dal collega
Giovanni Savoia.
Accurati interventi di restauro arrestarono il degrado del sistema
architravato fiancheggiato da un doppio ordine di finte finestre. Fu restaurato e
riaperto nel 1907 per ospitare un convegno.
Il 13 maggio del 1944 il Teatro Farnese fu coinvolto nel bombardamento
aereo della Pilotta, centrato e squarciato da un grappolo di bombe dalla base al
soffitto riportò danni ingentissimi .
Negli anni successivi al conflitto un lungo e meticoloso restauro (19571965) restituì al teatro l’immagine originaria, pur nella consapevolezza della
perdita di preziose scultore e decorazioni.
Veduta della platea.
Pianta del Teatro Farnese, progetto dell’ Aleotti, 1618
Lo spettacolo per Margherita de’ Medici.
E’ il 21 dicembre del 1628, al Teatro Farnese ha luogo una spettacolare
prima in onore degli sposi Margherita de’ Medici e Odoardo Farnese.
L’ampia sala è illuminata da quattro lampadari d’argento del diametro di 2
metri circa, che reggono 300 lumi ciascuno; in più, disposti qua e là, altri 1000
fonti luminose. Quattromila gli spettatori per la grande occasione: ospiti illustri
del Duca di Parma, dame e cavalieri, gentiluomini dalle corti più ricche
d’Europa. E quando Nettuno evoca i mostri degli abissi, una cascata improvvisa
irrompe dal proscenio, dilaga sulla platea, la sommerge crescendo minacciosa e
sette mostri marini compaiono come per incanto. Seguono orche e draghi,
squali e tritoni, poi cavalieri, paggi, araldi e tamburini. La platea misura 800
metri e l’acqua proveniente da larghe bocche poste alla base del proscenio, sale
in un attimo fino a un metro di altezza. Si sarebbe trattato dunque di 800 m²
d’acqua, destinati a scomparire con la stessa rapidità con cui erano apparsi.
Possibile? Del Teatro originale sono sopravvissute solo le mura perimetrali
della sala d’armi che lo conteneva, e dell’impianto idraulico ligneo nulla è
rimasto. Ma G.B. Aleotti, incaricato del progetto, era un ingegnere idraulico: è
quindi probabile fosse in grado di crescere un tal colpo di scena senza
difficoltà. Durante lo spettacolo, comunque, le meraviglie furono continue e dai
disegni si vedono scene che scorrono su rotaie parallele, organi che aprono e
chiudono le botole del palcoscenico, pensate per far salire castelli, gradini,
rocce, spiagge. Persino le nuvole del finto cielo si alzano e si abbassano, e
sembra si dilatino. Da quella notte, fino all’estate del 1732, il teatro aprirà solo
per i matrimoni dei grandi o le uscite di illustri personaggi: in 104 anni furono
rappresentati così solo nove spettacoli, quasi che lo sforzo per quella sera di
dicembre avesse sorbito tutte le energie, anche quelle future.
Elenco degli spettacoli
1628 – Inaugurazione del teatro con il torneo e lo spettacolo “Mercurio e
Marte” in occasione del matrimonio del duca Odoardo con Margherita de’
Medici.
1652 – Rappresentazione del dramma fantastico “Le vicende del tempo” in
occasione della visita degli arciduchi Carlo, Sigismondo, Francesco e Anna di
Toscana.
1660 – Rappresentazione del dramma in tre atti “La Filo” in occasione delle
nozze di Ranuccio II Farnese con Margherita Violante di Savoia.
1664 – Spettacolo musicato dal maestro Oliva per le seconde nozze del duca
Ranuccio II con Isabella d’Este.
1668 – Rappresentazione del dramma “La Parma” in occasione delle terze
nozze del duca Ranuccio II con la sorella della seconda moglie Maria d’Este.
1690 – Spettacolo dal titolo “Il favore degli dei” in occasione delle nozze di
Odoardo Farnese con Dorotea Sofia di Neuburg.
1714 – Concerto per le nozze di Elisabetta Farnese con Filippo V di Spagna.
1728 – Carosello equestre, dal titolo “Le nozze di Nettuno con Anfitrite” in
occasione delle nozze di Antonio Farnese con Enrichetta d’Este.
1732 – Rappresentazione del dramma “Venuta di Ascanio in Italia” in
occasione della venuta a Parma di Don Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta
Farnese e infante di Spagna.
La Pilotta
Il colossale complesso della Pilotta rimane a testimonianza della grandezza
e dello splendore della corte Farnesiana.
Il palazzo è un insieme di edifici, il cui nome deriva dal gioco spagnolo
della “Pelota”, che si svolgeva frequentemente nei suoi ambienti cortilizi.
STORIA
Il corridore
La costruzione si sviluppò attorno al Corridore, un lungo braccio rettilineo
su pilastri, che a partire dal 1581 univa la Rocchetta viscontea al Palazzo
Ducale (1564), allora si mostrava solo come un insieme di case abitate
provvisoriamente dalla corte. Da questo nucleo prese forma un enorme palazzo,
a forza di ampliamenti e integrazioni di nuovi corpi di fabbrica, iniziati dal
1602, su progetto di Giovanni Boscoli di Montepulciano.
La Pilotta di Ranuccio I Farnese
Il cantiere fu voluto e ideato nel 1602 ma si bloccò nel 1611, lasciandolo in
quello stato di incompletezza in cui si trova tuttora.
La facciata che doveva sorgere prospiciente l’attuale Piazza Ghiaia non fu
mai costruita. L’insieme di edifici si sviluppa in tre cortili, chiamati di S. Pietro,
del Guazzatoio e quello detto della Rocchetta.
Veduta della Pilotta da Piazzale della Pace
Il passaggio dalla Ghiaia ai
cortili
La Pilotta conteneva un gigantesco salone, una grande scuderia, le
abitazioni degli stallieri, il maneggio, la stalla dei muli, la rimessa per le
carrozze, il guardaroba, la Sala dell’Accademia e una serie di gallerie a
delimitare i grandi cortili.
Questo insieme di edifici doveva contenere il Palazzo Ducale.
Il Palazzo della Pilotta, i suoi cambiamenti, le opere artistiche e i sovrani.
La Pilotta è un monumentale insieme di edifici alla cui costruzione
lavorarono in tempi diversi numerosi architetti.
La costruzione ebbe inizio prima del 1583, durante gli ultimi anni del
ducato di Ottavio Farnese.
Il cantiere venne diretto dall’architetto Giovanni Boscoli di Moltepulciano,
i disegni gli furono forniti da Francesco Paciotto, creatore a Piacenza del
Palazzo Farnese commissionato da Margherita d’Austria.
I lavori s’interruppero alla morte del duca, il nuovo duca Alessandro, si
disinteressò della nuova impresa edilizia.
Il cantiere fu riaperto con Ranuccio I, nei primi mesi del 1602, per
terminare definitivamente nel 1611.
Ideatore dei lavori fu il duca stesso, dilettante dell’architettura e amante di
costruzioni severe e grandiose che rappresentassero al meglio il fasto e il
prestigio della dinastia.
Alla morte di Ranuccio, il cardinale Odoardo Farnese inviò da Roma
l’architetto Girolamo Rainaldi affinché finisse i lavori alla facciata: il Rainaldi
avviò i lavori che non progredirono e alla fine il progetto subì una definitiva
battuta d’arresto.
Al primo piano della Pilotta si trova quell’esempio innovativo di Teatro,
ideato come un’opera di straordinaria bellezza, impressionante nelle
dimensioni: il Teatro Farnese.
Gli ultimi Farnese, nella Pilotta accentrarono le raccolte artistiche di
famiglia: intorno al 1649 arrivarono a Parma la famosa biblioteca e la
prestigiosa raccolta di monete artistiche; nel 1662 la celeberrima, quadreria e i
disegni; nel 1673 una parte della statuaria antica in marmo e in bronzo.
La volontà di Ranuccio II di ristrutturare la lunga galleria del “Corridore”
per trasformarla in un moderno spazio dove esporre le opere più preziose della
raccolta di famiglia; e tale intento venne perseguito con convinzione dal figlio
Francesco. Oggi parte di questo complesso ospita i locali della Biblioteca
Palatina.
Estintasi la dinastia e trasferito a Napoli nel 1784 tutto il patrimonio
farnesiano, la Pilotta rimase priva delle sue ricchezze artistiche e soltanto con
l’assestamento della corte borbonica a Parma si riaprirono nel gigantesco
palazzo di un tempo i fervidi cantieri di un tempo.
Palazzo ducale
di Ottavio Farnese
Chiesa e convento di San Pietro martire
Rocchetta Viscontea
La Pilotta e la sua rovina.
La monumentale costruzione farnesiana venne ampiamente danneggiata
dall’ultima guerra mondiale; durante un bombardamento aereo, il 13 maggio
1944 andò completamente distrutto il lato sud, dal tetto agli archi, e il teatro
Farnese ne rimase gravemente compromesso così come altre parti dell’edificio
che vennero parzialmente ripristinate in seguito.
BIOGRAFIE
Ottavio Farnese
Ritratto di Ottavio Farnese.
Ottavio Farnese, Duca di Parma e Piacenza (1524-1586), figlio di Pierluigi
Farnese e di Girolama Orsini, sposò nel 1583 Margherita d’Austria, figlia di
Carlo V; nel 1547 salì al trono dopo l’uccisione del padre.
Egli incrementò l’attività legislativa a sostegno di un controllo più efficace
della nobiltà feudale, inoltre diede slancio allo sviluppo economico e
industriale, favorendo così le industrie della lana e della seta, acquistando le
miniere di ferro in Val Nure ma soprattutto riportando le fiere a Piacenza.
Nel 1550 ottenne la restituzione di Parma da Giulio III e nel 1556 quella di
Piacenza dagli Spagnoli. Egli ricevette la città di Piacenza da Filippo II, a
condizione che il ducato sarebbe ritornato alla corona spagnola se si fosse
estinta la linea maschile dei Farnese.
Il duca Ottavio fu un uomo fiero e valoroso e fu ben accettato dai sudditi per
le buone opere che avviò: il Palazzo Ducale, la Chiesa della SS. Annunziata
e il palazzo della Compagnia di Gesù.
Alessandro Farnese
Alessandro Farnese.
Dipinto di Antonius Mor.
Parma, Galleria Nazionale.
Alessandro Farnese, terzo Duca di Parma, Piacenza e Castro (1545-Arras,
Francia, 1592), trascorse la sua infanzia a Parma, qui si formò ampiamente agli
studi sullo studio della matematica e dell’arte militare.
Nel 1556 incontrò, con la presenza della madre Margherita d’Austria,
Filippo II
di Spagna, per ringraziarlo della restituzione della signoria di
Piacenza ai Farnese, fissata dal trattato di Gand. A Madrid egli visse e fu
istruito fino all’età di vent’anni come segno di riconoscenza alla corona
spagnola. Nel 1565 sposò Maria del Portogallo, con cui fece ritorno a Parma
per rimanervi fino al 1570. Nel 1571 si distinse nella celebre battaglia di
Lepanto. Su richiesta dello zio Juan d’Austria, nel 1577 Filippo II affidò ad
Alessandro il comando dei reggimenti spagnoli nelle Fiandre in rivolta.
Grazie a questo importante incarico, egli venne indicato come successore di
don Juan a governatore dei Paesi Bassi. Quindi dopo aver assunto la carica di
governatore di quei territori e aver unificato la parte meridionale cattolica, nel
1586, assunse il titolo di Duca di Parma, Piacenza e Castro, ciò non gli permise
di ritornare a Parma, così dovette affidare la reggenza del Ducato al
primogenito Ranuccio I.
Dai contemporanei fu adorato per il coraggio e l’abilità tattica e strategica
che lo conduceva a compiere imprese ardite come la costruzione della fortezza
della Cittadella a Parma, il ponte sulla Scheda durante l’assedio di Anversa, e il
canale “di Parma”, creato per collegare Gand alla Scheda.
Nel 1585 egli riuscì a riottenere dal re di Spagna la restituzione della
cittadella di Piacenza. Ancora una volta Filippo II ricorse al suo valore, in
occasione del sostegno dei cattolici francesi assediati a Parigi da Enrico di
Navarra.
Ranuccio I Farnese
Alla morte del padre Alessandro, Ranuccio Farnese, quarto Duca di Parma
(1569-1622) prese possesso del suo stato nel 1592. In realtà egli era stato
reggente del Ducato sin dal 1586, al tempo delle guerre del padre per conto di
Filippo II.
Ranuccio volle proseguire la politica di indebolimento dell’aristocrazia
feudale, avviata da Pier Luigi Farnese. La risposta della nobiltà locale fu
altrettanto forte: si ebbe la congiura dei Sanseverino-Sanvitale tra il 1611 e il
1612. A ciò seguì la reazione implacabile di Ranuccio che fece decapitare i
congiurati e confiscare i loro beni.
Importante fu l’attenzione dedicata da Ranuccio I alla vita culturale del
Ducato: la creazione del Collegio dei Nobili, scuola riservata ai rampolli della
migliore aristocrazia europea, l’Accademia degli Innominati, che vantò tra i
suoi membri anche Torquato Tasso, la costruzione del Palazzo farnesiano della
Pilotta rientravano in quell’operazione vasta di munificenza che avrebbe
interessato la corte ducale.
Tiziano, Ritratto di Ranuccio Farnese,
National Gallery of Art, Washington.
Bibliografia:
A cura di Domenico Vera, Storia di Parma. I caratteri originali. Monte
Università di Parma Editore, 2008.
Enciclopedia di Parma: dalle origini fino ai giorni nostri, Parma, F. M. Ricci,
Parma, 1998.
Lucia Lopresti, Atlante della Storia. Granducato di Parma e Piacenza,
Demetra, 1999.
Gianni Capelli, La Pilotta dei Farnese, PPS Editrice, Parma, 2000.
Parma in miniatura, Edizioni PE1, 1978.
Consultati inoltre: l’enciclopedia WIKIPEDIA
Il sito del portale del Comune di Parma
Veduta del lago di Varsi