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SANATORIO TRIESTINO/CHIRURGIA
COSì SI TRATTA IL TUMORE AL SENO
Le nuove tecniche propongono un approccio sempre più conservativo
“Quelli per i tumori al seno sono interventi semplici che racchiudono però un enorme
spessore di studi e di cultura medica”. Giorgio Pellis, specialista di chirurgia della
mammella al Sanatorio Triestino dove ogni anno opera un centinaio di signore,
sintetizza così gli enormi progressi che in questi vent’anni hanno visto affermarsi un
approccio sempre più conservativo e rispettoso nei confronti delle donne.
Dall’imporsi della quadrantectomia, sulla scia dello studio iniziale di Umberto
Veronesi, alla tecnica del linfonodo sentinella che consente di individuare lo stato
d’avanzamento del tumore, la cura dei tumori al seno si è infatti attestata su standard
un tempo impensabili: sia in termini di sicurezza sia d’impatto estetico.
Dottor Pellis, qual è il vantaggio della quadrantectomia?
Con quest’intervento si asporta solo un settore della ghiandola mammaria, lì dov’è
localizzato il tumore. E’ una procedura, ormai divenuta lo standard di riferimento,
che preserva l’aspetto della paziente. Oggi la stragrande maggioranza delle donne con
tumore al seno può essere trattata così.
Cos’ha reso possibile la diffusione di quest’approccio?
Innanzi tutto il trattamento multidisciplinare. Il chirurgo è infatti solo uno degli anelli
di una catena di specialisti che include il radiologo, il citologo, l’oncologo, il
radioterapista e il riabilitatore. Altrettanto importante la possibilità di affidarsi alla
tecnica del linfonodo sentinella che ci consente di determinare se c’è diffusione del
tumore senza asportare linfonodi sani.
Come funziona?
Le cellule di questo tumore di solito iniziano a diffondersi usando i canali linfatici.
Durante l’intervento si preleva dunque il linfonodo più vicino all’area malata,
individuato iniettando nella zona appositi traccianti, e lo si analizza. Se è sano gli altri
linfonodi ascellari saranno risparmiati. Se vi troviamo invece cellule tumorali,
dovremo rimuovere anche gli altri linfonodi ma così facendo interromperemo anche i
canali linfatici che vengono dal braccio.
Se l’intervento si conclude con la ricostruzione, quali sono oggi le possibilità?
Si possono utilizzare delle protesi da posizionare dietro il muscolo pettorale preparato
ad accoglierle con un estensore che dopo un certo periodo sarà rimosso. Altre volte si
preferisce ricorrere a una ricostruzione con tessuti prelevati in altre parti del corpo.
Sono scelte da fare insieme alla donna, discutendone con la coppia. E va detto che, a
differenza di quanto accade altrove, le donne triestine desiderano meno spesso la
protesi ricostruttiva.
I margini di sicurezza delle nuove procedure?
Sempre più elevati. Unite alla prevenzione, realizzata nella nostra regione attraverso
lo screening mammografico, fanno sì che la sopravvivenza sia sempre più elevata.