Prima di morire: una riflessione critica sulle

Transcript

Prima di morire: una riflessione critica sulle
Prima di morire: una riflessione critica sulle cosiddette
“Near-Death Experiences”
Before dying: critical considerations about s.c. “Near-Death Experiences”
PRIMO LORENZI, PAOLA BENVENUTI
Psicologia Clinica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze
RIASSUNTO. Alcune persone che arrivano ad essere a stretto contatto con la morte hanno una serie di esperienze comunemente indicate come Near-Death Exeperiences (NDE), abbastanza stereotipate nei contenuti, cui viene attribuito, dal soggetto che le ha vissute, un grande significato esistenziale. È obiettivo di questo articolo passare in rassegna gli studi più significativi sul tema con lo scopo di definire le caratteristiche qualitative, i dati epidemiologici e le ipotesi patogenetiche delle cosiddette NDE. La ricerca è stata condotta esaminando la letteratura scientifica degli ultimi 40 anni quale compare alla voce
“Near-Death Exeperiences” e “Out-of-Body Experiences” sul Medline. È stata poi condotta anche una ricerca bibliografica
(extra Medline) alla ricerca di articoli sul tema non redatti in lingua inglese, in particolare sulla letteratura scientifica italiana e francese. Viene fornita una sintesi sul tema, con una specifica attenzione alle caratteristiche psicopatologiche del fenomeno e aperta anche alle più comuni ipotesi interpretative.
PAROLE CHIAVE: morte e morire, fenomeni parapsicologici, dissociazione, esperienza di separazione dal corpo.
SUMMARY. Some people who come closet of death report having a plot of experiences commonly indicated as “Near-Death
Experiences” (NDE), with stereotypical contents to whom, the subject, refers a very important existential meaning. The Authors want to review critically the scientific literature about the s.c. “Near-Death Experiences (NDE)” with the aim to delineate the psychopathological profile, the clinical and epidemiological relevance of this special experience which is reported by
persons coming from period of conscience loss with closeness with death. A synthesis of findings is given with special attention to psychopathological features and to the more common opinions about the condition genesis and psychopathological
pathway.
KEY WORDS: death and dying, parapsychological phenomena, dissociation, out-of-body experience.
Formula Orfica
… È una tomba il corpo,
ma la vera vita richiede di uscire fuori
e morire può pertanto essere un tornar vivi
uscire fuori dopo la prigionia…
(da La Religione dei misteri, Scarpi P (ed), Mondadori, Milano, 2002)
INTRODUZIONE
Un contatto ravvicinato con la morte può essere
una di quelle esperienze catastrofiche capaci di cambiare la vita di una persona (1). Secondo una linea di
pensiero, peraltro ben presente nell’immaginario collettivo, potrebbe anche permettere di dare un’occhiata
a quello che avviene nell’aldilà (o, in termini più laici,
all’esperienza psicologica del morire). Il fascino esercitato va cercato nella suggestione di rompere uno dei si-
E-mail: [email protected]
Rivista di psichiatria, 2006, 41, 6
371
Lorenzi P, Benvenuti P
gilli che testimoniano i limiti della nostra conoscenza
così ben esemplificati dal detto epicureo: “quando c’è
la morte non ci siamo noi, quando noi ci siamo non c’è
la morte” (2). Dal punto di vista scientifico, poi, l’occuparsi di questo tema sottende l’affascinante progetto
di dare un contributo empirico alla discussione su uno
dei grandi temi dell’umanità.
Il contatto ravvicinato con la morte individua dunque un’area multidisciplinare di ricerca in cui confluiscono contributi dalla psicologia, neurologia, medicina, psichiatria, ma anche dall’antropologia, teologia,
parapsicologia, filosofia (3,4).
Negli ultimi 30-40 anni, nella letteratura scientifica
internazionale, è comparso un numero sempre più numeroso di articoli che hanno messo in luce (in termini
psicopatologici, clinici, epidemiologici, ecc.) una serie
di esperienze descritte da persone che “ritornavano”
da stati comatosi o comunque da condizioni che li avevano portati a stretta vicinanza con la morte (5-9). In
verità, le esperienze in questione erano già note e descritte, ma per lo più in ambito non propriamente
scientifico. Famoso è il caso, riportato nella Repubblica
di Platone ove viene narrato l’episodio di un soldato,
ferito a morte sul campo di battaglia, che si alza dalla
pira e racconta una serie di esperienze compiute nell’aldilà (esperienze di gioia e di luce, ma anche di incontro con guide e giudici, accompagnato dalla necessità di percorrere vie, di scegliere strade) (10). Le esperienze del soldato rimandano a molti degli insegnamenti che sembrano essere stati trasmessi nel corso
dell’iniziazione ai misteri eleusini (11), cose certamente conosciute dallo stesso Platone in quanto iniziato. E
ancora: in molta letteratura demonologico-religiosa
dell’età moderna e medioevale si fa riferimento a
esperienze di tal genere e, anche se il riferimento va
più a una morte dell’anima che non alla morte biologica tout court, anche la Commedia di Dante si può leggere come il resoconto di un viaggio nell’aldilà. In particolare nel “Paradiso” c’è tutta una tensione volta a
descrivere (e/o a dire l’impossibilità a farlo!) una serie
di esperienze ultramondane che vanno oltre la capacità umana (12).
L’interesse scientifico al fenomeno nacque, però, solo sul finire degli anni ’60, dal non trascurabile rilievo
clinico ed epidemiologico che il problema finiva per
acquisire man mano che cresceva il numero dei reparti di rianimazione e di terapia intensiva post-operatoria. Qui, esperienze di tal genere venivano spesso riferite da pazienti che uscivano da prolungati stati comatosi o che erano stati sottoposti a gravi interventi chirurgici o che erano reduci da incidenti stradali (9).
Spesso l’aura misterica che circondava il fenomeno rischiava di non portare a una sua corretta valutazione,
sia sul piano della frequenza sia su quello delle effettive caratteristiche cliniche. Veniva, poi, sempre più
spesso segnalato che pazienti che uscivano da esperienze di tal genere, proprio su queste, impostassero
cambiamenti di vita, anche di non trascurabile effetto.
Da qui la necessità di studi non più solo fondati su rilievi aneddotici, ma epidemiologicamente più approfonditi e condotti con un metodo clinico più obiettivo e riproducibile (3,13).
In breve, le esperienze di contatto ravvicinato con la
morte hanno finito per essere indicate con l’espressione inglese di Near-Death Experiences (NDE), usata
per la prima volta da Moody nel 1975 (5), al punto che
così vengono ormai indicate anche nella nostra lingua.
Comunque, nonostante l’ampiezza del rilievo, nei manuali diagnostici più in voga, al fenomeno non viene
attribuita dignità nosografica sua propria. Per esempio,
nel DSM-IV, può essere solo inserito fra le “altre categorie degne di attenzione clinica” (14,15).
È obiettivo di questo articolo passare in rassegna gli
studi più significati sul tema con lo scopo di definire le
caratteristiche qualitative, i dati epidemiologici e le
ipotesi patogenetiche più accreditate delle NDE.
La ricerca è stata condotta esaminando la letteratura scientifica degli ultimi 40 anni quale compare alla
voce “Near-Death Exeperiences” e “Out-of Body-Experiences” su Medline. È stata, poi, condotta una ricerca bibliografica (extra Medline) di articoli sul tema
non redatti in lingua inglese, in particolare sulla letteratura scientifica italiana e francese.
Nell’articolo verranno prima presi in considerazione i più comuni contenuti clinici e psicopatologici dell’esperienza. A questi dati verranno fatti seguire quelli
di tipo epidemiologico, per dare una dimensione quantitativa al fenomeno. Infine, verranno passate criticamente in rassegna le più comuni teorie psicogenetiche
riportate nella letteratura scientifica.
PSICOPATOLOGIA E CLINICA
In un lavoro ormai divenuto storico, Robert definisce
le NDE come “un complesso fenomeno allucinatorio,
che avviene in persone che avvertono la morte come
imminente” (13), definizione che implica già una scelta
di campo (siamo nell’ambito della patologia) e un giudizio (si tratta di allucinazioni complesse). Già questo
punto potrebbe muovere il rilievo che in realtà molte
delle esperienze tipiche delle NDE hanno le caratteristiche, dal punto di vista della valutazione critica del
soggetto, del “come se”. In altre parole, il soggetto ha
dubbi circa la realtà dell’esperienza che le farebbe
ascrivere più all’ambito delle pseudo-allucinazioni che
Rivista di psichiatria, 2006, 41, 6
372
Prima di morire: una riflessione critica sulle cosiddette “Near-Death Experiences”
a quello delle allucinazioni franche (16,17). Inoltre, nella definizione si parla di fenomeni che avvengono generalmente “in persone che avvertono la morte come
imminente”. Anche questa delimitazione del campione
si espone alla critica di un’eccessiva ampiezza al punto
che vi vengano comprese anche le esperienze riferite da
persone che non sono in alcun modo entrate in vicinanza con la morte, ma che soltanto hanno avuto un’esperienza soggettiva (talvolta assolutamente senza riscontro) di un grave pericolo di morte (6,18).
Una tale definizione e delimitazione di campo non
appare pertanto soddisfacente. Conviene dunque cercarne un’altra partendo da altri punti di vista.
Un primo punto da mettere in chiaro è quale sia il
confine del fenomeno, che cosa precisamente si vuole
indicare, nel linguaggio scientifico, quando si parla di
NDE.
Intanto, è ormai comunemente accettata la distinzione fra pazienti con NDE e pazienti che hanno solo
memorie relative al periodo di perdita di coscienza
(19). Secondo Greyson, ma il dato è anche riconosciuto dalla letteratura internazionale, per poter parlare di
vere NDE bisogna raggiungere il valore di 7 della scala di valutazione che porta il suo nome (7,20,21). La
Scala di Greyson è ormai riconosciuta come uno degli
strumenti più utili e maneggevoli per gli studi clinici ed
epidemiologici sulle NDE.
Il secondo punto da chiarire riguarda i più comuni
contenuti delle NDE. Questi possono essere raggruppati, a seconda dell’aspetto mentale dominante (7,20),
in: esperienze a massima espressività cognitiva, esperienze a massima espressività affettiva, esperienze con
marcata caratterizzazione trascendentale.
Esperienze a massima espressività cognitiva
Fra queste vanno annoverate:
– le esperienze di maggiore consapevolezza e chiarezza sensoriale, sia di sé che del mondo esterno. Il paziente ricorda di aver avuto la sensazione di una più
completa esperienza di sé e del mondo, espressa come aumentata qualità e/o quantità dei cinque sensi
con in più una percezione della propria esistenza e
del proprio corpo “allargata” al passato e alle cose
più vicine e familiari. Da un punto di vista psicopatologico è questa una delle tipiche alterazioni in
senso quantitativo del campo coscienziale: un po’
l’antitesi degli stati crepuscolari;
– trovarsi in un tunnel (è la cosiddetta tunnel experience della letteratura anglosassone). In questo ambito va segnalato, per precisione e chiarezza, lo studio di Drub (22) che riporta il caso di ben 71 pa-
zienti con questo vissuto, in sé uno dei più tipici delle NDE (23). Per questa particolare esperienza la
definizione di “allucinazione complessa” di G. Robert appare francamente calzante (13).
Esperienze a massima espressività affettiva
Fra queste vengono comprese:
– sentimenti di pace e piacere. Anche questa è una
delle esperienze più tipiche che si embrica con quella di maggiore chiarezza e consapevolezza sensoriale sopra riferita, di cui rappresenta in qualche modo
l’estensione affettiva, connotata in senso positivo.
Nel senso che la chiarezza interiore e l’accessibilità
del mondo acquistano una risonanza emotiva estremamente piacevole, con la consapevolezza gioiosa
di essere parte del mondo tutto. Le descrizioni fanno accostare questa esperienza a quella di beatitudine degli stati di estasi e di iniziazione mistica
(24,25);
– accelerazione del tempo. L’esperienza del tempo
prende le caratteristiche degli stati affettivi espansi,
con la percezione soggettiva che il suo normale fluire acquisisca una accelerazione e il paziente si trovi
a vivere vorticosamente esperienze di vita che solitamente richiedono tempi anche molto lunghi. Per
esempio fare l’esperienza del proprio invecchiamento o dell’incanutimento dei capelli, dell’alternarsi veloce di notte e giorno, di passare velocemente in luoghi diversi, ecc. (26);
– memoria panoramica della vita precedentemente
vissuta. Molti pazienti riferiscono questa particolare
esperienza psicopatologica (peraltro riferita anche
in condizioni in cui la minaccia di morte è solo soggettiva) caratterizzata da una specie di riassunto
della propria vita passata (ricordi, emozioni, immagini). Il tutto in un lasso di tempo estremamente ridotto, spesso infinitesimale. Nell’ambito delle NDE
va segnalato lo studio di Noyes, et al. che riferiscono
ben 60 resoconti di memoria panoramica (6);
– preveggenza ovvero la capacità di conoscere anticipatamente il futuro. Alcuni pazienti riferiscono che
nel loro avvicinamento alla morte hanno avuto la
possibilità di conoscere cose attinenti il loro futuro
o quello di altre persone a loro vicine (27,28), riproponendo una tematica cara a molta mitologia e letteratura: la discesa agli inferi e il ritorno con il dono
della preveggenza. Il riferimento va a Odisseo nel
IX libro dell’Odissea, a Enea, a Dante nella Commedia. Più in generale, a tutto l’accostamento fra
morte e capacità mantiche così caro alle mitologie
di tutti i tempi. Ricordiamo come nel mondo classi-
Rivista di psichiatria, 2006, 41, 6
373
Lorenzi P, Benvenuti P
co i supposti accessi all’aldilà fossero sede di importanti luoghi oracolari, dove, spesso tramite il rito
dell’incubazione, i morti suggerivano nel sogno risposte sul futuro ai vivi (necromanzia). Forse una
funzione analoga dovevano avere le cosiddette
“tombe dei giganti” del mondo nuragico, dove, tramite un sonno rituale, i “grandi” morti della comunità dovevano rispondere ai quesiti dei vivi.
Esperienze con marcata caratterizzazione
trascendentale
Già con l’ultima esperienza del precedente gruppo
ci si avvicina a questo particolare ambito, cui vengono
collocate esperienze come:
– superare i confini del proprio Io, sia nel senso dello
spazio e del tempo, sia come uscita dal proprio corpo, a costituire le cosiddette out-of-body experiences, esperienze di separazione dal corpo. Sono esperienze a grande impatto soggettivo, tipiche degli stati estatici e delle trance dei medium e degli sciamani (16,25). Rappresentano i vissuti delle NDE che
appaiono più vicini a veri e propri sintomi dissociativi. In molti studi queste vengono esplorate con la
Dissociative Experience Scale che serve a dare una
caratterizzazione quantitativa (con un suo specifico
cutoff) della tendenza dissociativa presente nella
popolazione generale (29-31). Fin dai tempi dei primi pionieristici studi di Green, queste esperienze sono state raffrontate ai cosiddetti “sogni lucidi”, già
ben noti in psichiatria, in cui l’esperienza onirica
sembra essere fatta nello stato di veglia (32);
– vedere una luce brillante. È questa una delle esperienze più comunemente riferite fra quelle raggruppate nelle NDE (26), per lo più nei termini di sentirsi pervasi, immersi, avvicinati a una luce intensa e
avvolgente che ingenera sentimenti di pace e benessere;
– incontro con entità mistica e/o con parenti defunti.
È una delle esperienze più inquietanti e capaci di
avere un impatto permanente sul paziente, al punto
da determinare cambiamenti di vita anche significativi (25,27,28). Anche questa esperienza si riallaccia
a luoghi del comune sentire così ben esemplificati in
letteratura nell’incontro di Ulisse con la madre Euriclea, di Orfeo con Euridice e naturalmente con
tutte le anime dell’aldilà dantesco. Il significato trascendentale è ben espresso dall’idea che l’esperienza possa costituire l’occasione per una vera e propria “occhiata” nell’aldilà. Statisticamente parlando,
non sembra un’esperienza comune, ma quando viene riferita si determina un’aura di significatività sia
per il paziente sia per chi lo ascolta e gli vive vicino,
compreso il personale delle rianimazioni (4,33);
– superare una barriera, un punto di non ritorno. Fra
le esperienze di tipo trascendentale è questa una di
quelle più spesso riferite. Il paziente racconta di essersi trovato di fronte a una barriera, a un muro, a
una porta chiusa che poi si apre (4). C’è una grande
similarità fra quanto riferito in queste condizioni e
quanto viene riportato da pazienti che hanno vissuto le fasi estreme della disgregazione psicotica (la
fase di “apocalisse”, secondo Conrad) (34). A quelle condizioni cioè in cui le psicosi cossiddette “funzionali” si avvicinano di più alle psicosi “organiche”;
– entrata in un altro mondo. È, in pratica, la prosecuzione e la complessivizzazione dell’esperienza precedente. Resoconti di tal genere sono abbastanza
rari in letteratura scientifica, più frequenti in resoconti letterari e di fantasia. Molto suggestiva l’immagine del protagonista di fronte alla porta dell’Ade riportata nel film Il Gladiatore di R. Scott. Sembra essere un’esperienza tipica di pazienti eideticamente dotati, con un alto punteggio alla Dissociative Experience Scale (3,35,36).
Da un punto di vista psicopatologico è assai importante prendere in considerazione anche la “posizione”
del paziente riguardo alle sue NDE. Se questa, cioè,
viene avvertita come piacevole o meno, se è desiderata, cercata o se, invece, è avvertita come inquietante e
paurosa.
In linea generale, le NDE vengono descritte come
piacevoli (33), così da mettere in moto cambiamenti
personali che portano a un migliore apprezzamento
della vita, a una diminuita paura della morte, a una ridefinizione, in senso più partecipe, del proprio modo di
porsi di fronte agli altri (9,21). Il fenomeno può arrivare ad avere una risonanza soggettiva così importante
da provocare tristezza e rimpianto.
In altre situazioni, però, le NDE mettono in moto
sentimenti di allarme e ansia per le esperienze provate, con la necessità di rivedere la propria visione del
mondo, e anche le proprie convinzioni religiose, alla luce delle esperienze vissute. Viene anche descritta una
percezione interiore di cambiamento, fino all’esperienza di una franca diversità nei confronti degli altri che
non hanno vissuto l’esperienza. Il vissuto che se ne ricava è quello di “diversità”, una diversità che “significa” la portata dell’esperienza provata. Questa diversità
può convogliare sia il senso del ridicolo sia quello dell’eccezionalità, sempre comunque un qualcosa che
qualifica e distingue dagli altri, ad assumere un vero e
proprio valore iniziatico, un po’ come avveniva nei riti
di iniziazione misterici dell’antichità (11).
Rivista di psichiatria, 2006, 41, 6
374
Prima di morire: una riflessione critica sulle cosiddette “Near-Death Experiences”
Ci sono evidenze che in taluni pazienti le NDE possono portare a stati depressivi anche di lunga durata,
cambiamento di stili di vita, rottura della consuetudine
relazionale, dei progetti esistenziali. E, infine, anche a
sentimenti pervasivi di essere anormali o francamente
folli, con timore della possibilità di riproporsi dell’esperienza, lotta senza quartiere con un, sempre minaccioso, senso di precarietà dell’esperienza del reale
(1,3,19). Quindi, una reazione di difesa, adattiva e reattiva a un pericolo di vita.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Le NDE pongono una serie di problemi, spesso di
non facile soluzione, di diagnosi differenziale da esperienze simili, che con esse si embricano.
Una prima distinzione va posta fra NDE ed esperienze confusionali che spesso accompagnano gli stati
comatosi e/o le condizioni cliniche che precedono la
morte, da cui si possono differenziare per:
– la loro struttura narrativa ben organizzata;
– il fatto di essere spesso altamente strutturate;
– la possibilità di essere facilmente richiamate alla
memoria;
– essere ripetitive fino al limite della stereotipia, rimandano cioè a pochi nuclei tematici (vedi sopra)
che si ripetono con costanza.
Da un punto di vista strutturale, le NDE possono essere accostate agli stati dissociativi di cui condividono
molte caratteristiche. Al punto che, per alcuni Autori,
esse stesse altro non sarebbero che stati dissociativi
reattivi a un evento particolarmente stressante (18,35).
A conforto di questa tesi, viene portato anche il dato
che le scale di valutazione di una tendenza dissociativa
in persone con NDE segnalerebbero un più alto punteggio fra questo tipo di pazienti (19,30).
Testimoniano la sovrapponibilità fra i due fenomeni:
– la similarità dei contenuti esperenziali (dalle out-ofbody experiences, alle esperienze dispercettive, alle
distorsioni della memoria);
– l’essere entrambe reattive a condizioni di stress particolarmente intenso, o comunque soggettivamente
percepito come tale, per cui si possono avere anche
quando oggettivamente non si rilevi la presenza delle condizione di “entrata nella morte” (36).
Chi sostiene un’originalità delle NDE, rispetto agli
stati dissociativi, ne pone in risalto però alcune caratteristiche semeiologiche, in sé molto particolari:
– non ci sono quelle differenze di età e di sesso che
vengono rilevate nella popolazione generale (37),
ove le esperienze dissociative sembrano avere una
netta predilezione per il sesso femminile e per le età
giovanili, rilievo questo che non collima con i dati
epidemiologici delle NDE (35-38);
– nelle comuni out-of-body experiences non è frequente la separazione fra Sé osservante e Sé funzionante, cosa che invece viene normalmente riferita
nelle NDE (19,35,39).
Le NDE sono avvicinate, e pongono problemi di
diagnosi differenziale, anche ai disturbi post-traumatici da stress (PTSD) (40) cui sono accomunate da:
– l’essere conseguenza di esposizione a gravi eventi
stressanti con minaccia per la vita, effettiva o soggettivamente avvertita come tale;
– l’essere caratterizzate da improvvise e importanti riproposizioni di spezzoni, chiaramente disattualizzati, dell’esperienza traumatica.
Il rilievo che permette la differenziazione è dato dal
fatto che, nelle NDE, le reminiscenze sono per lo più
egosintoniche e non c’è la volontà di eliminazione, di
allontanamento da parte del paziente come nel PTSD.
Anzi, tendenzialmente l’esperienza viene sentita come
eccezionale e capace di dare addirittura un senso alla
vita.
Una diagnosi differenziale va, infine, posta con i fenomeni di autoscopia (41). Ma questo è solo un aspetto possibile (e nemmeno tanto frequente!) delle NDE
che sono, peraltro, caratterizzate non dall’incontro con
un proprio doppio (come propriamente avviene nell’autoscopia), ma dall’esperienza di osservazione del
proprio corpo dall’esterno (out-of-body experience)
(29,42).
Infine, una differenziazione va fatta anche con le allucinazioni indotte da sostanze psicoattive. In questo
caso, si hanno allucinazioni assai più complesse e variegate nei contenuti, senza i contenuti stereotipati delle NDE. Inoltre, nelle esperienze psichedeliche i contenuti delle allucinazioni appaiono molto legati alle
esperienze di vita vissuta (spesso anche professionale)
dei pazienti.
EPIDEMIOLOGIA
I primi studi epidemiologici sull’incidenza delle
NDE non si possono dire metodologicamente impeccabili, non riposando su criteri definitori certi, né su
strumenti di indagine standardizzati. Diciamo che si limitano a evidenziare il fenomeno come “reminiscenze
relative a un periodo di coma”. I risultati, in quanto a
frequenza del rilievo appaiono drammaticamente alti.
Ricordiamo fra i più importanti gli studi di Sabom e
Ring da cui si evincerebbe che, circa un terzo delle persone che si sono trovate in una condizione di vicinanza alla morte, avrebbero avuto delle chiare NDE
Rivista di psichiatria, 2006, 41, 6
375
Lorenzi P, Benvenuti P
(9,43). Per l’esattezza, nello studio di Sabom (43) il fenomeno arriverebbe a interessare il 42% dei pazienti;
secondo lo studio di Ring (9) si arriverebbe addirittura al 48%. Sempre sulla stessa linea (e con gli stessi limiti metodologici!) va menzionato lo studio di Gallup
da cui emergerebbe che ben 8 milioni di statunitensi
nel corso della vita avrebbero avuto esperienze riconducibili alle NDE (4).
L’arrivo di criteri definitori più ristretti, insieme con
la costruzione di scale dedicate all’evidenziazione del
fenomeno, ne ha decisamente ridimensionato la diffusione. Per esempio, secondo Greyson (ma il dato è anche riconosciuto dalla letteratura internazionale) bisogna raggiungere il valore di 7 alla Scala di Greyson per
poter parlare di NDE. Prendendo a riferimento questo
criterio, che ben individua i confini del campione, le caratteristiche epidemiologiche si riducono in modo importante. Per esempio, nello studio di Parnia, et al. (44)
effettuato su pazienti con arresto cardiaco, il fenomeno dei ricordi relativi al periodo di coma si verifica
nell’11,1 % dei casi, ma di questi solo la metà riferisce
memorie tali da poter essere inquadrate come NDE.
Altri studi, condotti con criteri restrittivi e scrupolosi,
confermano i dati sopra riferiti.
Se ci limitiamo a prendere in considerazione solo gli
studi condotti in modo scientificamente accettabile, la
ricerca epidemiologica sulle NDE ha messo in evidenza:
– che non sembrano esserci differenze di sesso (ricordiamo che le esperienze dissociative hanno una
marcata prevalenza nel sesso femminile), anche se i
maschi hanno più difficoltà a parlarne (45);
– che sul piano culturale non si sono evidenziate particolari differenze “a monte”, ma piuttosto “a valle”
delle NDE, soprattutto per quanto riguarda visioni
del mondo e affiliazioni politiche e religiose (7,28);
– che sembrano assai più rappresentate in personalità
con maggiore tendenza all’introversione (30) e, dato particolarmente significativo per quello che riguarda l’interpretazione clinica, in strutturazioni di
personalità con una marcata tendenza alla dissociazione (37);
– che il rilievo anamnestico di precedenti esperienze
paranormali o mistiche sembra essere un forte fattore predittivo della possibilità del verificarsi di
NDE (3,28).
CONCLUSIONI
Tutti questi rilievi che si evincono dai dati della letteratura, pur nella loro difformità, fanno della NDE
una condizione di notevole interesse clinico e psicopa-
tologico, da conoscere e valutare per chiunque si voglia
occupare di riabilitazione, recupero, psicoterapia di pazienti che escono da stati comatosi, e più in generale
nell’addestramento del personale delle rianimazioni.
Circa la loro natura, origine, significato, sembra esserci
ancora molto da dire, insieme con la necessità di portare avanti il lavoro di ricerca.
Lavoro che dovrà sempre avere un solido ancoraggio
empirico, tanto più da enfatizzare in un’area come questa che si presenta così esposta a derive spiritualistiche.
Il tutto senza escludere letture interpretative e momenti speculativi senza i quali la ricerca empirica sarebbe
una mera elencazione di dati. E, naturalmente, con un
occhio continuamente posto alle possibili ricadute operative nella gestione dei servizi di rianimazione e nella
cura di pazienti che escono dallo stato di coma.
Tra le molte ipotesi la più suggestiva sembra essere
quella che le affianca ad altre reazioni mentali che si
possono avere di fronte a una minaccia alla propria vita. L’esperienza si colora di componenti che vengono
dal motivo dello stress intercorrente, collegabili a previe esperienze simili e lette attraverso la griglia della
cultura corrente. È particolarmente interessante la ripetitività (se non la vera e propria stereotipia!) dei
contenuti dell’esperienza che da un lato la ricollegano
ai grandi viaggi mitici nell’aldilà e dall’altro ad alcune
esperienze che si danno in fasi estreme della disgregazione psicotica, in quelle condizioni cioè che K. Conrad indicava come “apocalissi psicotiche”.
BIBLIOGRAFIA
1. Kellehear A: Culture, biology, and the near death experience. A
reappraisal. Journal of Nervous and Mental Disease, 1993, 181,
148-156.
2. Lucrezio TC: La Natura. Rizzoli, Milano, 1953.
3. Rawling M: Beyond death’s door. Sheldon Press, London, 1980.
4. Gallup G: Adventures in immortality: a look beyond the threshold of death. Mc Graw-Hill, New York, 1982.
5. Moody RA: Life after life. Bantam Press, New York, 1975.
6. Noyes R, Kletti R: Depersonalization in the face of life-threatening danger: a description. Psychiatry, 1976, 39, 19-27.
7. Greyson B, Stevenson I: The phenomenology of near-death experiences. American Journal of Psychiatry, 1980, 137, 1193-1196.
8. Greyson B: Varieties of near death experiences. Psychiatry, 1993,
56, 390-399.
9. Ring K: Life at death: a scientific investigation of near death experience. Coward, Mc Cann and Geoghegan, New York, 1980.
10. Platone: La Repubblica. Laterza, Bari, 2003.
11. Scarpi P (ed): La religione dei misteri. Mondadori, Milano, 2002.
12. Dante Alighieri: La Divina Commedia. La Nuova Italia Ed, Firenze, 1980.
13. Robert G, Owen J: The near-death experience. British Journal of
Psychiatry, 1988, 153, 607-617.
14. American Psychiatric Association: Diagnostic and Statistical
Manual of Mental Disorders, IV Ed. APA, Washington, DC,
1994.
Rivista di psichiatria, 2006, 41, 6
376
Prima di morire: una riflessione critica sulle cosiddette “Near-Death Experiences”
15. American Psychiatric Association: Diagnostic and Statistical
Manual of Mental Disorders, IV Ed. Text Revision. APA, Washington, DC, 2000.
16. Assad G, Shapiro B: Hallucinations: theoretical and clinical
overview. American Journal of Psychiatry, 1986, 143, 1088-1097.
17. Lorenzi P, Hardoy MC, Cabras PL: The False Proximate Awareness (FPA): an experience at the border of psychopathology.
Rivista di Psichiatria, 2004, 39, 223-228.
18. Noyes R, Kletti R: Depersonalization in response to life-threatening danger. Comprehensive Psychiatry, 1977, 18, 375-384.
19. Irwin HJ: The near-death experience as a dissociative phenomenon: an empirical assessment. Journal of Near-Death Studies,
1993, 12, 95-103.
20. Greyson B: The near-death experience scale construction, reliability, and validity. Journal of Nervous and Mental Disease, 1983,
171, 369-375.
21. Greyson B: The near-death experience as a focus of clinical attention. Journal of Nervous and Mental Disease, 1997, 185, 327334.
22. Drab KJ: The tunnel experience: reality or hallucination? Anabiosis, 1981, 1, 126-152.
23. Blackmore SJ, Troscianko T: The physiology of the tunnel. Journal of Near-Death Studies, 1988, 8, 15-28.
24. Teresa di Avila: Libro della mia vita. Edizioni Paoline, Milano,
1988.
25. Nava V: Immaginazione, allucinazioni e apparizioni. Abbozzo di
una fenomenologia della presenza interiore del soprannaturale.
Neurologia, Psichiatria, Scienze Umane, 1995, 3, 333-355.
26. Moody RA: The light beyond. Atalanta, Mockingbird Books,
1988. (trad. it.: La luce oltre la vita. Milano, Mondadori, 1989).
27. Blackmore SJ: Dying to live: science and near-death experiences. Harper Collins Publisher, London, 1993.
28. Blackmore SJ: Near-death experiences. Journal of the Royal Society of Medicine, 1996, 89, 73-76.
29. Greyson B: Dissociation in people who have near-death experiences: out of their bodies or out of their minds? The Lancet,
2000, 335, 460-463.
30. Locke TP, Shontz FC: Personality correlates of the near-death
experience: a preliminary study. Journal of the American Society
for Psychical Research, 1983, 77, 311-318.
31. Bernstein EM, Putnam FW: Development, reliability, and validity of a dissociation scale. Journal of Nervous and Mental Disease, 1986, 174, 727-735.
32. Green C: Lucid dreams. Institute of Psychophysical Research,
Oxford, 1968.
33. Cook EW, Greyson B, Stevenson I: Do any near-death experiences provide evidence for the survival of human personality after death? Relevant features and illustrative case reports. Journal of Scientific Exploration, 1998, 12, 377-406.
34. Conrad K: Die beginnende Schizophrenie.Thieme, Stuttgart, 1971.
35. Ray WJ: Dissociation in normal population. In: LK Mitchelson,
Ray WJ (eds) Handbook of dissociation: theoretical, empirical,
and clinical perspectives. Plenum, New York, 1996.
36. Carr D: Pathophysiology of stress induced limbic lobe dysfunction: a hypothesis for NDEs. Journal of Near-Death Studies,
1982, 2, 75-89.
37. Spiegel D, Cardeña E: Disintegrated experience: the dissociative
disorders revisited. Journal of Abnormal Psychology, 1991, 100,
366-378.
38. Owens JE, Cook EW, Stevenson I: Features of near-death experience in relation to whether or not patients were near death.
The Lancet, 1990, 336, 1175-1177.
39. Gabbard GO, Twemlow SW: With the eyes of the mind: an empirical analysis of out-of-body states. Praeger, New York, 1984.
40. Mc Farlane AC: The aetiology of post-traumatic morbidity: predisposing, precipitating and perpetuating factors. British Journal
of Psychiatry, 1989, 154, 221-228.
41. Lorenzi P: Il doppio e il perturbante. Neurologia, Psichiatria e
Scienze Umane, 1994, 14, 407-417.
42. Lorenzi P, Schinninà F: Clinica e significato psicopatologico della c.d. “Esperienza di Presenza”. Giornale Italiano di Psicopatologia, 2005, 11, 464-472.
43. Sabom MB: Recollections of death: a medical investigation.
Harper Row, New York, 1983. (trad. it.: Dai confini della vita:
un’indagine scientifica. Milano, Longanesi, 1983).
44. Parnia S, Fenwick P: Near death experiences in cardiac arrest: visions of a dying brain or visions of a new science of consciousness. Resuscitation, 2002, 52, 5-11.
45. Lempert T: Syncope and near death experience. The Lancet,
1994, 344, 829-830.
Rivista di psichiatria, 2006, 41, 6
377