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Vita delle Società - Associazioni
venerdì 07 marzo 2014
di GCA
Perché da trent'anni il Kuwait crede nel mercato petrolifero italiano
Il ruolo di un gruppo di italiani guidato da Giuseppe Barattolo
Nel mese scorso la missione dell'ex premier Letta in Kuwait e
l'acquisizione del downstream di Shell Italia da parte della KPI (v.
Staffette 5 e 20/02) hanno richiamato l'attenzione su questo paese del
Medio Oriente che trent'anni fa decise di integrarsi nel downstream
petrolifero italiano. Utilizzando le notizie pubblicate sulla Staffetta dal
1982 ad oggi, l'articolo ricostruisce le tappe di questa integrazione e le
ragioni del suo successo, con particolari inediti sul ruolo giocato in
questa vicenda dall'italiano Giuseppe Barattolo raccolti grazie alla
collaborazione di Giuseppe Accorinti. Una storia poco conosciuta,
ricca di insegnamenti anche ai fini della promozione di nuovi
investimenti esteri in Italia.
Le prime notizie su un interesse della Kuwait Petroleum Corporation (KPC) ad acquisire asset
petroliferi in Italia risalgono al 1982. Questa società era stata costituita nel gennaio del 1980 per
riunire tutte le partecipazioni dello Stato del Kuwait nel settore degli idrocarburi, dalla ricerca alla
produzione, alla raffinazione, alla distribuzione e alla vendita del greggio e dei prodotti. E' il Financial
Times a scrivere nel settembre del 1982 che la società è interessata ad acquistare reti di
distribuzione e che per ottenerle sarebbe disposta anche ad accollarsi le raffinerie. E in questo
quadro, tra le trattative in corso, ci sarebbe anche il futuro della raffineria di Bertonico in provincia di
Lodi di proprietà al 75% della Gulf e al 25% della Mobil, che gli azionisti hanno deciso di chiudere.
Interpellato dalla Staffetta, un portavoce della Gulf Italiana si limita a confermare che tra Gulf e KPC
sono in corso discussioni per aree di reciproco interesse nelle operazioni downstream in Europa, ma
che per saperne di più bisogna rivolgersi a Londra (v. Staffetta 29/9/82). Di fatto si saprà poi che le
trattative si erano interrotte all'inizio del 1983, per poi riprendere alla fine dell'anno. Nel frattempo, tra
aprile e marzo del 1983 arriva la notizia che la Gulf ha venduto alla KPC le attività di raffinazione e di
distribuzione nel Benelux e in Scandinavia, mentre quelle in Svizzera sono state cedute alla Shell (v.
Staffette 1, 3 e 8/2, 4 e 8/3/83). Nel Benelux (Belgio e Olanda) si tratta di 750 punti vendita carburanti
e la raffineria da 3 milioni e mezzo di tonnellate/anno situata a Rotterdam nell'ambito dell'Europort,
mentre in Scandinavia (Svezia e Danimarca) si tratta di 818 punti vendita (544 in Svezia e 274 in
Danimarca) e della raffineria da due milioni e mezzo di tonnellate/anno di Gulfhaven in Danimarca.
Notizie che precedono di pochi mesi quella della costituzione in estate a Londra di una sussidiaria
della KPC, la Kuwait Petroleum International (KPI), presieduta dal kuwaitiano Nader Sultan. La
nuova società, informa un comunicato, oltre ad assumere il controllo delle attività acquistate nel
Benelux e in Scandinavia e di quelle che verranno acquistate in futuro in altri paesi, assisterà la casa
madre nella commercializzazione del greggio e dei prodotti finiti (v. Staffetta 8/09/83).
In un'ampia intervista rilasciata il 3 dicembre 1983 alla Kuna, l'agenzia ufficiale del Kuwait, Sultan
spiega che la KPI è stata costituita con capitali inglesi, ha negli uffici londinesi uno staff di 22 persone
ed è disponibile ad ascoltare chiunque abbia da offrire impianti downstream (v. Staffetta 27/12/83).
Un'intervista, di cui la Staffetta pubblica il testo integrale, in cui vengono illustrate le funzioni della KPI
anche nel campo del trading fuori dal Kuwait, nell'ambito di una nuova strategia di mercato.
Premesso che le attività downstream già acquistate rappresentano circa 110.000 b/g nell'ambito di un
complesso di vendite da parte del Kuwait di 1 milione b/g, Sultan sottolinea che il Kuwait ha
un'esperienza di 16 anni nel trading dei prodotti e che negli anni più recenti uno degli obiettivi chiave
della sua politica petrolifera è stato quello di spostare l'enfasi della strategia di mercato dalle vendite
all'ingrosso del greggio ai prodotti. Non a caso, infatti, uno dei punti di forza del Kuwait in un mercato
petrolifero depresso sono state le sue crescenti vendite di prodotti, da cui attualmente il Kuwait
guadagna probabilmente di più che dal greggio, considerato il basso livello attuale di produzione.
Altro particolare interessante ricordato da Sultan è che le raffinerie acquistate in Europa usano sia
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greggio del Kuwait acquistato dalla KPC al prezzo ufficiale di 27,30 dollari a barile sia altri tipi
permutati in cambio di greggio del Kuwait. Greggi alternativi che includono 4 tipi nigeriani e 3 del
Mare del Nord. Aggiungendo il particolare che le raffinerie Gulf acquistate dalla KPC erano state
costruite in origine per lavorare il greggio medio del Kuwait, un residuo storico di quando la
compagnia americana ritirava ingenti quantitativi di petrolio da questo Paese in base ad un contratto
a lungo termine. Nei cinque paesi europei dove ha attualmente impianti di vendita al dettaglio, la KPI
è infatti “corta” di benzina, perché le sue raffinerie non sono in grado di produrne abbastanza. E in
proposito Sultan rileva che la KPI, quale ulteriore effetto delle attività acquisite dalla Gulf, sta anche
rifornendo cinque aeroporti europei con jet fuel.
Sulla scelta di Londra come sede della KPI Sultan spiega che hanno influito fattori di costo
collegati al personale e alla necessità di essere vicini al mercato e alle compagnie consociate. Il
vantaggio del Kuwait, rispetto a raffinerie e stazioni di servizio carburanti di cui allora molte
compagnie cercavano di liberarsi a causa del basso margine di profitto sul capitale investito, è il fatto
di poter supportare i volumi di mercato e il relativo approvvigionamento da basi di greggio sicure. In
proposito Sultan coglie l'occasione dell'intervista per respingere qualsiasi illazione che gli impianti di
raffinazione che stanno entrando in funzione nel Medio Oriente e altrove nei paesi Opec
provocheranno un'inondazione di prodotti nei mercati europei. Ciò che voi vedrete, dice, è una
ristrutturazione dell'industria in termini di fonti da dove i prodotti sono estratti. Non ha importanza per
il quadro della domanda e dell'offerta mondiale di petrolio che i paesi Opec esportino greggi e/o
prodotti, se questi ultimi rientrano nel tetto di produzione. Né questi prodotti saranno in grado di
tagliar fuori i fornitori locali purché, per trasferire il greggio dal produttore al raffinatore, si faccia
riferimento come linea di fondo ai prezzi ufficiali. Se tutti i paesi Opec adottassero il metodo del
Kuwait di far pagare ai prezzi ufficiali alle consociate delle compagnie petrolifere nazionali i
rifornimenti di greggio, allora sarebbe il mercato a determinare la loro profittabilità. In ultima analisi,
conclude Sultan, la strategia del Kuwait è quella di colmare i vuoti che si stanno determinando nel
mercato, piuttosto che tentare di usare tattiche aggressive per conquistarsi un posto nel mercato.
Il turno dell'Italia in questa strategia di integrazione a valle del ciclo petrolifero arriva all'inizio del
1984 quanto la macchina delle acquisizioni è ormai pronta per fare il colpo grosso. Il primo annuncio
viene diffuso l'11 gennaio subito dopo il raggiungimento di un accordo di principio che prevede il
passaggio dalla Gulf Oil Corporation alla KPC dell'intero pacchetto azionario della Gulf Italiana e
delle sue partecipazioni in attività di marketing e di raffinazione. Nel comunicato si spiega che oltre
alla Gulf Italiana, forte di una rete di 1.470 punti vendita carburanti (3,5% di quota di mercato) di cui
462 convenzionati, concentrati in particolare nel Sud, sarebbero state acquisite anche le
partecipazioni del 75% nella Sarni (il restante 25% faceva capo alla Mobil, ndr), che possedeva la
raffineria di Bertonico (4 milioni annui di capacità di lavorazione) ferma dal 22 maggio 1982, del
33,3% nella Ars-Airport Refuelling Service, del 25% nella Mars-Milan Airport Refuelling Service e
dello 0,0046% nella Ram-Rifornimenti aeroporti milanesi. Con un sospiro di sollievo del sindacato
italiano, allarmato dall'ipotesi che queste attività passassero ad una compagnia già presente sul
mercato, difficilmente in grado di assorbirne tutto il personale (circa 300 persone, inclusi i 49
dipendenti della raffineria di Bertonico). Il secondo annuncio viene diffuso il 24 gennaio, lo stesso
giorno della firma definitiva dell'accordo (v. Staffette 12 e 26/1/84).
A gestire il passaggio di proprietà venne chiamato l'americano Stephen Jennings, dal 1983
senior executive della neo costituita KPI, che, oltre ad una prestigiosa preparazione accademica,
aveva maturato un ricca esperienza di lavoro prima nella Humble Oil and Refining (gruppo Exxon),
poi alla Pennzoil e infine nel 1977 alla Santa Fè International, una società Usa attiva nei contratti di
perforazione, che nel 1981 verrà rilevata dalla KPC e dove Jennings tornerà a lavorare nel 1985.
Nominato presidente e amministratore delegato della Gulf Italiana, Jennings rilasciò alla Staffetta
un'ampia intervista, pubblicata sul numero del 12 aprile 1984, in cui, dopo aver sottolineato che la
KPC “considera il mercato italiano affidabile dal punto di vista sia del suo favorevole rapporto logistico
con il Kuwait sia dell'impegno del Governo italiano di assicurare l'esistenza di una sana industria
petrolifera”, preannunciava una nuova denominazione della società che avrebbe incluso la parola
Kuwait, il cambio del marchio entro un tempo massimo di 5 anni, la non riapertura di Bertonico in
vista di una sua possibile conversione in deposito interno, una decisione, faceva notare, coerente con
il Piano Energetico Nazionale e con il piano di ristrutturazione del settore della raffinazione, arrivando
infine alla conclusione che era opportuno digerire questa prima acquisizione prima di pensare ad altre
acquisizioni nel nostro Paese.
Jennings sapeva quel che diceva. Già il 1° giugno 1 984, con delibera approvata il 26 aprile la
Gulf Italiana cambia nome in Kuwait Petroleum Italia (v. Staffetta 16/5/84), il cambio del marchio
con la sostituzione del vecchio disco arancione della Gulf con le vele Q8 viene anticipato al 4
settembre 1986, padrino in Italia Cristiano Raminella che dal 22 giugno 1985 ha sostituito Jennings
a capo della Kupit, assistito dal direttore marketing Ugo Aniasi e dal responsabile dei settori rete e
vendite dirette, Alessandro Proietti (v. Staffette 4 e 8/9/86), e, per quel che riguarda la digestione,
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essa finirà il 19 marzo 1990, sei anni dopo, quando arriva l'annuncio dell'acquisizione della Mobil Oil
Italiana, pochi mesi prima della funesta invasione del Kuwait da parte dell'Iraq. Un'acquisizione che
ha l'effetto di una bomba e che consente alla Kupit di collocarsi al quarto posto tra le compagnie
petrolifere italiane con una quota di mercato dell'11% (v. Staffette 20 e 26/3/90 e 1/1/91). Operazione
preceduta nei primi mesi del 1988 dall'acquisto dalla Montedison del comparto lubrificanti della Rol e
l'ingresso nel sistema logistico Comita/Continentale con una quota del 25% (v. Staffette 2/2 e
8/3/88) e seguita nel febbraio 2001 dalla costituzione della Q8 Quaser in cui confluiranno tutte le
attività extra-rete a cui la Kupit nella sua strategia commerciale dedica anche oggi particolare enfasi
(v. Staffetta 29/08/01).
Un'operazione quella della Mobil che fa il paio, durante il lungo mandato di Raminella durato fino
al giugno 2006, con l'accordo strategico raggiunto dopo lunghe e complesse trattative alla fine
dell'agosto 1995 con Agip Petroli (v. Staffette 30/8 e 2/9/95). Che prevede l'acquisto del 50% della
raffineria di Milazzo in Sicilia, la sua gestione paritetica attraverso una società appositamente
costituita (la RAM), una collaborazione tra le due società nel campo della logistica per le attività di
transito dei prodotti su Napoli e Marghera e l'acquisto di un pacchetto di 320 punti vendita Agip, di cui
15 autostradali. Un accordo che, dopo la chiusura nel dicembre 1993 della raffineria di Napoli,
consente alla KPI di essere di nuovo presente nella raffinazione italiana e di rafforzare la propria
attività di distribuzione.
Questa sarebbe un storia raccontata a metà, un semplice riepilogo di fatti e di tessere più o
meno note, se non venisse ricordato il ruolo chiave svolto da un italiano nel promuovere e
consolidare l'ingresso della KPC in Europa e in particolare in Italia. Parliamo di Giuseppe Barattolo,
capo del supply della Esso Italiana ai tempi di Vincenzo Cazzaniga, uscito dal gruppo americano e
passato alla KPC nel 1977, primo di una schiera di dirigenti di questa società che negli anni
successivi chiamò dall'Italia a lavorare con lui. Dopo un breve periodo di lavoro a Londra, in un
piccolo ufficio di quella che nel 1980 diventerà la KPC dove c'erano anche Ali Kalifa e il già citato
Nader Sultan, Barattolo andò a lavorare per 5 anni in Kuwait occupandosi non tanto e non solo di
logistica (“tutto è sempre anche logistica”, osserva) ma essenzialmente di strategie di lungo periodo
di marketing e di raffinazione. E altresì delle raffinerie attive in Kuwait, di cui contribuì ad azzerare le
rese di olio combustibile e a razionalizzare la produzione di distillati e jet fuel.
Rientrato a Londra nel 1982, Barattolo costituì insieme a Sultan il primo nucleo della KPI e l'anno
dopo chiamò a lavorare con lui Raminella, il futuro numero uno della Kupit, Proietti e Angelo Lemma
(tutti e tre, come lui, ex Esso). Svolgendo un ruolo fondamentale, di vera e propria regia, nella
penetrazione in Italia, prima con la selezione della Gulf Italiana e poi della Mobil Oil Italiana come
“prede” potenziali. Ritrovandolo poi durante l'occupazione del Kuwait da parte dell'Iraq (agosto 1990febbraio 1991), a gestire con grande efficienza e diplomazia a Londra il supply della società,
meritandosi un'encomiabile citazione nella ricostruzione di quegli anni difficili nel volume del 1995 di
Mary Ann Tétreault “The Kuwait petroleum corporation and the economics of the new word order”.
Dove si ricorda il ruolo del supply department della KPC, di cui facevano parte oltre a Barattolo e
Lemma, Samad Blouki e Sandy Niven, per comprare greggio e prodotti in stretta collaborazione con
Agip Petroli. La società del Cane a sei zampe noleggiò anche alcune delle 30 petroliere del Kuwait
scampate all'invasione dell'Iraq perché in navigazione e mise a disposizione il suo sistema
informativo facilitando il lavoro della KPC, i cui uffici avevano trovato riparo a Londra presso la KPI.
Come segnalò lo stesso Raminella smentendo le notizie di blocchi dell'attività della Kupit (v. Staffette
23 e 29/8/90). Una situazione rimasta sempre sotto controllo, grazie anche alle iniziative messe in
atto dal governo italiano, allora presieduto da Giulio Andreotti, tra l'altro nel semestre di presidenza
italiana della Cee, per tutelare prontamente i beni del Kuwait (v. Staffetta 17/10/90). Senza
dimenticare per inciso, a proposito di società del gruppo Eni, il contributo dato dalla Saipem dopo la
guerra del Golfo allo spegnimento di un terzo dei circa 700 pozzi incendiati dalle truppe irachene al
momento di abbandonare il Kuwait.
Non è azzardato affermare che Barattolo sia stato il promotore e il regista dell'ingresso della KPI
in Italia, “un grande petroliere” come lo definisce chi ha avuto la ventura di lavorare con lui, e “un
negoziatore capace ed agguerrito” come nel caso della lunga trattativa, dopo la chiusura della
raffineria di Napoli, per l'acquisto del 50% della raffineria di Milazzo (ex Mach) di cui la KPI era stata
per molti anni potenziale acquirente, come ricorda Giuseppe Accorinti, a lungo al vertice di Agip
Petroli, che nel settembre 1990 era stato nominato vice presidente e amministratore delegato per le
attività commerciali Italia e per le attività delle consociate estere (v. Staffetta 13/9/90).
Un passaggio, quello presso la sede della KPI a Londra dal 1995 al 2005 con incarichi sempre
più impegnativi, che, è bene ricordarlo, ha rivestito un ruolo fondamentale anche nella carriera di
Alessandro Gilotti, entrato alla Kupit nel 1985 e che ha sostituito Raminella al vertice della società
nel luglio 2006 dopo aver assunto due mesi prima la presidenza della RAM (v. Staffette 13/06 e
15/07/06). E' lui il promotore dell'operazione che lo scorso 20 febbraio ha portato all'acquisto da parte
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della KPI del downstream di Shell Italia, la tessera che mancava per arrivare al secondo posto nel
downstream italiano subito dopo l'Eni e per coronare trent'anni di presenza nell'industria petrolifera
italiana (v. Staffetta 20/02). Una conferma della fiducia riposta dalla KPI nell'Italia sottolineata in
questa occasione dall'attuale presidente della KPI, Bakheet Al-Rashidi.
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