Numero 2

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Numero 2
ANNO XXIX
N. 2 X Giugno 2007
Periodico Trimestrale - e 5, 00
MEDICINA
SUBACQUEA
E IPERBARICA
In questo numero:
Epidemiologia europea della intossicazione acuta da monossido di
carbonio...........................................................................................................7
Intossicazione acuta da CO: epidemiologia italiana ...................................12
The experience of London Hyperbaric Medicine at Whipps Cross
University Hospital in the acute treatment of Carbon Monoxide poisoning .15
Experience of the Hyperbaric Oxygen Regional Center of Lille
on Carbon Monoxide Poisoning .................................................................18
Update on Carbon Monoxide Poisoning ....................................................20
Quadro clinico della intossicazione acuta da CO .......................................24
Perché trattare la intossicazione acuta da CO con ossigeno iperbarico? ..29
Biological Effects of Endogenous Carbon Monoxide, CO........................34
Atomic Force Microscopy (AFM)Analysis of Hyperoxia-Induced
Morphological Changes in Cellular Membranes ........................................38
Linee guida SIMSI/SIAARTI/ANCIP per il trattamento con
ossigeno iperbarico della intossicazione acuta da CO ................................42
Soccorso extraospedaliero del paziente intossicato da CO........................45
La intossicazione acuta da CO nelle età estreme della vita ........................48
Sofferenza mitocondriale miocardica in corso di intossicazione acuta
da CO ............................................................................................................52
Sofferenza Miocardica Contrattile in Corso di Intossicazione Acuta
da CO. Dati preliminari ...............................................................................56
Elevated Carboxyhemoglobin During General Anesthesia: An
Unsolved Mystery .........................................................................................59
Hyperbaric Treatment in the Pregnant Patient with Acute Carbon
Monoxide Intoxication: Outcome and Follow up Neonatal
and Pediatric .................................................................................................61
Prognostic Value of the Base-excess in Severe Carbon Monoxide
Intoxication: Suicidal Patients vs Non-suicidal Patients ............................62
Ruolo della Risonanza Magnetica cerebrale nella intossicazione da CO ..63
Current Prospective in Smoke-Inhalation: Acute Lung Injury .................65
La sindrome post-intervallare: ipotesi patogenetica ...................................68
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. D.L. 353/2003
(convertito in L. 27/02/04 n. 46) art. 1 comma 1-DCB-BO.
In caso di mancato recapito restituire alla Agenzia di Base Imola Centro-Bo
per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa
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Gestione di Centri Iperbarici con Personale Tecnico
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MEDICINA SUBACQUEA E IPERBARICA
Rivista Ufficiale della Società Italiana di Medicina Subacquea e Iperbarica
ANNO XXIX
N. 2 - GIUGNO 2007
DIRETTORE SCIENTIFICO
Rosario Marco Infascelli (Napoli)
Presidente SIMSI
COMITATO SCIENTIFICO
G. Aprea (Napoli), M. Brauzzi (Grosseto),
C. Costanzo (Roma), G. D’Alicandro (Napoli),
P. Della Torre (Salerno), D. Garbo (Palermo),
F. Favaro (Palermo), R.M. Infascelli (Napoli),
P. Longobardi (Ravenna), R. Moroni (Brescia),
E. Nasole (Bologna), G. Vezzani (Fidenza),
G. De Martino (Napoli), A. Lamorgese (Torino)
DIRETTORE EDITORIALE
E. Nasole (Bologna)
BOARD EDITORIALE
Prof. Paolo Pelaia (Ancona),
Dott. Gerardo Bosco (Chieti),
Dott. Fabio Faralli (La Spezia)
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REDAZIONE
Centro Medicina Iperbarica Aria s.r.l.
Via Tranquillo Cremona, 8/2 - 40137 Bologna
Tel. 051 19980426 • Fax 051 19982967
[email protected]
Autorizzazione del Tribunale di Napoli
n. 56 del 24/05/2004
Direttore Responsabile: Mirabella Giuseppe
Ospedale Santobono - Via M. Fiore, 6 - 80129 Napoli
Editrice La Mandragora
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Tel. 0542 642747 • Fax 0542 647314
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La SIMSI – Società Italiana Medicina Subacquea ed Iperbarica – è un’associazione non a scopo di
lucro, nata nel 1977 per promuovere l’acquisizione e lo scambio dei dati scientifici nel campo delle
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forniscono, nell’ambito della Medicina Subacquea ed Iperbarica, assistenza e consulenza in termini
di prevenzione, sicurezza, cura e gestione delle emergenze.
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sensi della legge 196/2003, che garantisce l’uso dei dati esclusivamente per la finalità sopra evidenziata.
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Struttura
Indirizzo
Località
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24040 Zingonia (BG)
035/4815511
Viale Premuda, 34
20129 Milano (MI)
02/76022511
Via Gualla, 15
25123 Brescia (BS)
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37069 Villafranca (VR)
045/6300300
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36040 Torri di Quartesolo (VI)
0444/380240
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35128 Padova (PD)
049/8070843
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30175 Porto Marghera (VE)
041/5381182
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48100 Ravenna (RA)
0544/500152
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Via F.lli Rosselli, 62
50123 Firenze (FI)
055/2381637
Via della Torre
Località Platamona
07100 Sassari (SS)
079/3120071
fax 079/3120381
Via Celle, 2
80078 Pozzuoli (NA)
081/5268339
Via Aversano, 1
84100 Salerno (SA)
089/232769
Viale Pio X, 111
88100 Catanzaro (CZ)
0961/5070100
Via Prov.le Brucoli, 507
96011 Augusta (SR)
0931/990111
Casa di Cura Habilita SpA
Servizio di Medicina Iperbarica
[email protected] • www.habilita.it
I.L.M.I.
[email protected] • www.ilmi.it
Istituto Clinico Città di Brescia
[email protected]
www.cittadibrescia-gsd.it
O.T.I.P.
[email protected]
S.I.PI.
[email protected]
Istituto Iperbarico SpA
[email protected]
www.terapiaiperbarica.com
OTI Medicale Vicenza
[email protected]
A.T.I.P.
[email protected]
OTI Service
[email protected] • www.otiservices.it
Iperbarico di Bolzano srl
[email protected]
www.terapiaiperbarica.com
Centro Medicina Iperbarica Aria srl
[email protected] - [email protected]
Centro Iperbarico srl
[email protected]
www. iperbaricoravenna.it • www.sira.it/oti
Iperbarica Adriatica
[email protected]
OTI Prosperius
[email protected] • www.prosperius.it
Centro Iperbarico Sassarese
[email protected] • www.centroiperbarico.it
IPER - Istituto di Medicina Iperbarica
[email protected] • web.tiscalinet.it/ipersrl
CE.M.S.I.
[email protected] • www.cemsi.it
S. Anna Hospital
[email protected]
Centro Iperbarico Villa Salus
[email protected] • www.villasalus.it
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AUSL Parma, P.O. Vaio-Fidenza • Dipartimento Emergenza Urgenza e Servizi Diagnostici
U.O. Anestesia-Rianimazione, Terapia Antalgica e Iperbarica • (Dirett. Prof. G. Vezzani)
Con il patrocino SIAARTI - SIMSI
Centro Culturale S. Michele - via G. Carducci
FIDENZA (PR)
1 dicembre 2007 - ore 8.30
Convegno
Il monossido di carbonio (CO
(CO):
):
tossico e mediatore
Presidenti:
E.M. Camporesi (Tampa, USA)
G. Vezzani (Fidenza)
8.30 - Saluto delle Autorità
Moderatori:
M. Brauzzi (Grosseto), R.M. Infascelli (Napoli)
• Epidemiologia europea della intossicazione acuta
da CO
(P. Longobardi, Ravenna)
• Epidemiologia italiana (M.E. Galli, Fidenza)
• L’esperienza del centro iperbarico del Whipps
Cross University Hospital di Londra
(M. Ignatescu, Londra)
• L’esperienza del centro iperbarico del CHRU di Lille
(R. Favory, Lille)
• CO: attualità cliniche negli Stati Uniti
(E.M. Camporesi, Tampa)
• Quadro clinico della intossicazione acuta da CO
(A. Pizzola, Fidenza)
• Perché trattare la intossicazione acuta da CO con
ossigeno iperbarico? (G. Vezzani, Fidenza)
Discussione/Break
Moderatori:
E.M. Camporesi (Tampa), G. Vezzani (Fidenza)
• Effetti biologici del CO endogeno
(J.B. Dean, Tampa)
• Alterazioni morfologiche cellulari indotte da radicali
liberi: il microscopio atomico e il suo impiego in
iperossia (D.P. D’Agostino, Tampa)
Discussione
• Linee guida SIMSI/SIAARTI per le indicazioni al
trattamento con ossigeno iperbarico della
intossicazione acuta da CO
(M. Mordacci, Fidenza)
• Il soccorso extraospedaliero nella intossicazione
acuta da CO (L. Cantadori, Fidenza)
• La intossicazione da CO nelle età estreme della
vita (D.F. Manelli, Fidenza)
• Sofferenza mitocondriale miocardica in corso di
intossicazione acuta da CO (M. Rocco, Roma)
• Sofferenza miocardica contrattile in corso di
intossicazione acuta da CO. Dati preliminari
(G. Rastelli, Fidenza)
Discussione/Break
Moderatori:
M. Fabi (Parma), A. Pizzola (Fidenza)
• Intossicazione acuta da CO in corso di anestesia
generale (R. Moon, Duke, USA)
• Gravidanza e intossicazione acuta da CO
(A. Nicoloupolou, Fidenza)
• L’equilibrio acido/base in corso di intossicazione
acuta da CO (L. Caberti, Fidenza)
• Ruolo della Risonanza Magnetica Cerebrale nella
intossicazione acuta da CO (A. Saccani, Fidenza)
• Lesioni da inalazione di fumi nella pratica clinica
dell’intossicazione acuta da CO
(E.M. Camporesi, Tampa)
• La sindrome post-intervallare: ipotesi patogenetica
(G. Vezzani, Fidenza)
18.00 - Compilazione degli elaborati
Il convegno è gratuito e accreditato in ambito ECM
Lunch
Segreteria Scientifica:
[email protected]
Tel. 0524-515239 / 0524-515238 - Fax 0524-515236
14.30
Moderatori:
L. Caberti
(Fidenza),
Pelaia
(Ancona)
Il Monossido
di carbonioP.(CO):
tossico
e mediatore
Segreteria Organizzativa:
[email protected]
Tel. 0524-515380 - Fax 320-8391461
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Epidemiologia europea della intossicazione acuta
da monossido di carbonio
Pasquale Longobardi
Centro iperbarico Ravenna, Master Medicina Subacquea e Iperbarica Scuola Superiore
S. Anna - Pisa (direttore: prof. A. l’Abbate)
ABSTRACT
The study aims at investigating the epidemiology of
acute carbon monoxide poisoning in Europe. The author has proceeded by sending a questionnaire to a
number of European hyperbaric centres, selected by
their respective Governments as national representatives in the framework of the EU COST Action B14.
More over, the author carried out a parallel research in
the Internet. Results show that the incidence of patients poisoned by carbon monoxide and admitted to
hospitals, mainly to Emergency Departments, is a small
percentage compared to patients actually suffering from
CO poisoning within the region. Besides, only a tiny
percentage of the hospitalised patients is sent to Hyperbaric Centres. A stronger cooperation interaction
between hyperbaric centres and Emergency Department or Poison Control Centres would be advisable.
A reduction of this illness is expected in the future (not
of HBO treatments).
PAROLE CHIAVE: ossigenoterapia iperbarica, intossicazione acuta da monossido di carbonio, epidemiologia
KEYWORDS: hyperbaric oxygenation, carbon monoxide poisoning, epidemiology
Indirizzo per la richiesta di estratti:
Pasquale Longobardi
Centro iperbarico, via A. Torre, 3
48100 Ravenna
[email protected]
Introduzione
In letteratura sono stati rilevati solo cinque lavori epidemiologici sull’intossicazione acuta da monossido di carbonio in Nazioni europee. Quattro lavori sono stati prodotti nel Regno Unito, uno in Belgio. Nessuno dei lavori
confronta le casistiche delle altre Nazioni. L’obiettivo di
questo studio è un confronto dei dati disponibili per i
principali Paesi europei (esclusa l’Italia, l’analisi della
quale è riportata in altra sede).
Materiali e metodi
Come metodo è stato utilizzato un questionario inviato ai
Centri iperbarici europei selezionati dai rispettivi Governi
come rappresentanti nazionali nell’ambito della Action B14
in ambito COST - Unione Europea. I quesiti posti erano:
numero di pazienti trattati, rapporto tra intossicazioni accidentali e non, percentuale della carbossiemoglobina
(HbCO) all’accettazione in ospedale o al Centro iperbarico, stato di coscienza (coma o non), numero di sedute
OTI effettuate, risultato. Inoltre è stata eseguita una ricerca
dati tramite Internet sulla epidemiologia delle intossicazioni
acute da monossido di carbonio nelle principali Nazioni
europee (chiave di ricerca: le singole parole chiave, in inglese, di questo lavoro e la Nazione in analisi).
Risultati
Danimarca. I pazienti sono trattati con terapia iperbarica secondo le raccomandazioni del Ministero della Sa-
Epidemiologia europea della intossicazione acuta da monossido di carbonio
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Longobardi
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Medicina Subacquea e Iperbarica
lute (1995): HbCO>25%, presenza di qualsiasi patologia neurologica diversa da una cefalea abituale, qualsiasi
caso di perdita di coscienza, disfunzione cardio-circolatoria, donne gravide esposte in ambiente contaminato
da monossido di carbonio (CO). Nel 2007 sono in fase
di elaborazione delle nuove raccomandazioni ministeriali. La Danimarca ha una popolazione di 5.450.661 abitanti (14). Applicando l’incidenza di casi di intossicazione acuta da CO per 100.000 abitanti rilevata in tre
Stati del Nord Est degli Stati Uniti di America (18,1
casi/100.000 abitanti/anno come parametro di riferimento o benchmark) (1) si prevede una incidenza potenziale di 987 casi per anno. L’incidenza realmente rilevata è stata di 350 casi (6,42 casi/100.000 abitanti/
anno), più 650 casi di intossicazione da fumo (dati del
Danish National Register of Diagnoses). In Danimarca
sono operativi due Centri iperbarici (2). Presso la Hyperbaric Oxygen Treatment Unit, Department of Anaesthesia, Centre for Head and Orthopaedics, Rigshospitalet,
Copenhagen University Hospital (DS: Erik Jansen) vengono trattati 30 pazienti per anno.
Finlandia. La popolazione è di 5.450.661 abitanti (14).
Applicando il parametro di riferimento, l’incidenza potenziale è 947 casi per anno. Non è stato possibile rilevare
l’incidenza reale. In Finlandia sono operativi cinque Centri iperbarici (2). Presso il National HBO-Center, Turku
University Hospital (DS: Juha Perttilä) sono stati trattati
i pazienti riportati nella tabella 1.
Francia. È divisa in 26 regioni (21 continentali, Corsica e
4 oltreoceano). La popolazione è di 63.392.100 abitanti
(3). Applicando il parametro di riferimento, l’incidenza
potenziale è 11.474 casi per anno. L’incidenza reale è stata
nell’intervallo tra 4000-8000 casi negli anni 90 e tra
4000-6000 casi negli anni 2000 (4). Nelle regioni di RhòneAlpes e Auvergne (totale 7.339.000 abitanti) ci sono stati
1458 casi dal 1997 al 2001 (rilevazione prospettica in 489
siti) (5), equivalenti a una incidenza di 4 casi/100.000 abitanti per anno e una mortalità di 0,05 casi/100.000 abitanti/anno. Almeno nello studio prospettico eseguito, le
stufe mobili sono state responsabili dei danni maggiori
(coma, morte). Nella Regione di Nord-Pas de Calais
(4.043.000 abitanti), dove è sito il Centre Regional
d’Oxygénothérapie Hyperbare, Hôpital Calmette - Centre Hospitalier Régional et Universitaire (DS: Daniel Mathieu), si sono verificati 1825 casi di intossicazione da CO
nel 2005, equivalenti a una incidenza reale di 45
casi/100.000 abitanti/anno e con una mortalità di 0,5
casi/100.000 abitanti/anno. Al Centro iperbarico di Lille
sono stati inviati 324 pazienti dei quali 274 (85%) è stato
trattato con OTI (livello medio di HbCO 35,3% ± 14,2),
50 (15%) con ossigeno normobarico (livello medio di
HbCO 21,2% ± 7,9). Nella tabella 2 sono riportati i dati
statistici relativi ai pazienti trattati presso questo Centro.
In Francia sono operativi diciannove Centri iperbarici,
dei quali uno in Corsica e un altro a Papeete (Tahiti) (2).
Germania. La popolazione è di 82.422.299 abitanti (14).
Tabella 1. Casistica 2003-2006 del Centro iperbarico dell’Ospedale Universitario di Turku (Finlandia).
pazienti
2003
2004
2005
2006
16
18
6
9
n. OTI
(n. medio terapie/paz.)
49 (3)
54 (3)
17 (3)
26 (3)
Tabella 2. Dati statistici pazienti con intossicazione da CO
trattati presso il Centro iperbarico di Lille (Francia).
• pazienti trattati: 274
94 pz con danni a distanza
33 pz (12%) tentato suicidio > 1 seduta: 33 (12%)
• indicazioni all’OTI:
46 coma (17%)
113 perdita di coscienza (41%)
104 esame obiettivo anomalo (38%)
11 donne gravide (4%)
• numero di OTI:
1 seduta: 241 (88%)
> 1 seduta: 33 (12%)
Applicando il parametro di riferimento, l’incidenza potenziale è 14.918 casi per anno. Non è stato possibile rilevare l’incidenza reale. In Germania sono operativi 23
Centri iperbarici (2), non sono stati inviati dati sui pazienti
trattati.
Grecia. La popolazione è di 10.688.058 abitanti (14). Applicando il parametro di riferimento, l’incidenza potenziale è 1934 casi per anno. Non è stato possibile rilevare
l’incidenza reale. In Grecia sono operativi tre Centri iperbarici (2). Nella tabella 3 sono riportati i dati statistici dei
pazienti trattati dal 2000 al settembre 2007 presso il “S.
Paul’s” General Hospital Hyperbaric Department di Salonicco (DS: Theodoris Mesimeris).
Tabella 3. Dati statistici pazienti con intossicazione da CO
trattati dal 2000 al settembre 2007 presso il Centro iperbarico di Salonicco (Grecia).
•
•
•
•
•
•
pazienti trattati: 14
causa: intossicazione accidentale (100%)
sintomatologia: coma (4 pz-29%)
%HbCO all’accettazione: 2,8-9%
numero sedute OTI: 6-14
esito: 1 decesso (7%), 1 grave danno neurologico
(7%), 11 migliorati breve termine (65%)
• sindrome secondaria: 11 migliorati, 1 esiti
Epidemiologia europea della intossicazione acuta da monossido di carbonio
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anno
Longobardi
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N. 2 - Giugno 2007 f 9
Medicina Subacquea e Iperbarica
Polonia. La popolazione è di 38.536.869 abitanti (14). Nel
1967 il Governo ha istituito nove Centri antiveleni, dove
i protocolli per il trattamento delle intossicazioni da CO
sono gestiti da specialisti in tossicologia dipendenti dello
Stato. I dati sono centralizzati presso il Centro di Lodz.
In Polonia vi sono tra 7000-10.000 casi/anno di intossicazioni e avvelenamenti in generale (6). La maggior parte
sono dovuti ad autolesionismo (>50% con farmaci,
10-25% con alcool, 10% con intossicazione da CO). Per
l’intossicazione da CO, applicando il parametro di riferimento, l’incidenza potenziale è 6975 casi per anno. L’incidenza reale è riportata in tabella 4. In Polonia è operativo un Centro iperbarico (2), il National Center for
Hyperbaric Medicine di Gdynia (D.S. Zdzislaw Sicko).
Nella tabella 5 sono riportati i dati statistici dei pazienti
trattati dal 2000 al settembre 2007.
Spagna. La popolazione è di 40.397.842 abitanti (14). La
Catalogna, dove è operativo il CRIS-UTH (Unitad de Terapeutica Hiperbarica) in Barcellona (D.S. Jordi Desola),
ha 19.923 abitanti. Applicando il parametro di riferimento,
l’incidenza potenziale è 7312 casi per anno in Spagna, 4
casi per la Catalogna. L’incidenza reale non è riportata ma
il Centro iperbarico di Barcellona, tra il 1980 e settembre
2007, ha trattato in media 107 casi per anno (totale 2830
casi nei 28 anni rilevati). In Spagna sono operativi undici
Centri iperbarici (2). I risultati sono stati soddisfacenti
(99,6%), con esiti neurologici in sette pazienti (0,26%) e
4 decessi dopo ricovero (0,14%). L’indicazione alla terapia iperbarica è per i pazienti con quadro clinico compatibile con intossicazione da CO (indipendentemente dalla
percentuale di HbCO), aumento della HbCO (indipendentemente dal quadro clinico), le donne gravide esposte
in ambiente con elevata CO. Il trattamento è eseguito se
l’intossicazione è avvenuta il giorno stesso o al massimo
quello precedente.
Regno Unito. La popolazione è di 60.609.153 abitanti
(14). Applicando il parametro di riferimento scelto per
questo studio, l’incidenza potenziale sarebbe di 10.970
casi per anno. Sono stimati potenzialmente 25.000 casi di
intossicazioni da CO nelle case (7-8). Non è stato possibile rintracciare dati sull’incidenza reale per tutto il Regno Unito. In tabella 6 è riportata l’incidenza reale degli
intossicati da monossido di carbonio, solo per causa accidentale, in Scozia dal 1991 al 2007 (9). Nella tabella 7 sono
riportati i dati statistici sugli accessi ospedalieri per intossicazione da CO in Inghilterra negli anni 2002-2003.
Nell’area del West Midlands, dove è stato effettuato uno
studio prospettico sulla intossicazione da CO, risiedono
5,2 milioni di abitanti. Applicando il parametro di riferimento scelto per questo studio, l’incidenza potenziale sarebbe di 941 casi per anno. L’incidenza reale rilevata nel
West Midlands (10), tra il 1988 e il 1994, è riportata in tabella 8. Si sono registrati in media 100 ricoveri ospedalieri
per anno (701 ricoveri nei sette anni di osservazione) e
134 decessi per anno (totale nei sette anni: 939 decessi,
incidenza mortalità: 2,6 decessi/100.000 abitanti/anno).
Tabella 4. Dati relativi ai pazienti con intossicazione da CO
ricoverati solamente nei Centri regionali di riferimento per
intossicazioni acute.
anno
1980
1985
1990
1998
n. decessi
% mortalità
19
21
19
2
3
4,8
2,3
0,4
Tabella 5. Dati statistici pazienti con intossicazione da CO
trattati dal 2000 al settembre 2007 presso il Centro iperbarico di Gdynia (Polonia).
•
•
•
•
•
pazienti trattati: 89 (579 pz; 22,7% totale pazienti)
%HbCO accettazione: 3,2-65,7 (media 28,7)
n. OTI: 0-19 (media 3,6; mediana 4)
tentato suicidio: 2 casi (0,3%)
decessi durante ricovero: 3 (0,5%) - dei quali uno per
annegamento
Nel Regno Unito sono operativi venti Centri iperbarici
(2) con diverso livello di eccellenza. Nella tabella 9 è riportata una analisi dei dati forniti dalla British Hyperbaric Association (BHA) (11) relativi a pazienti con intossicazione da CO trattati nel Regno Unito tra il 1993 e il
1996. Nella tabella 10 sono riportati i dati relativi ai pazienti con intossicazione da CO trattati nel Regno Unito
dal 2004 al 2006 e fino a settembre 2007 presso il Centro
iperbarico del London Whipps Cross.
Discussione e conclusioni
L’elaborazione dei dati epidemiologici relativi alla intossicazione da monossido di carbonio è resa difficile dal riscontro in letteratura di dati non omogenei. L’incidenza
dei casi per 100.000 abitanti per anno è molto variabile.
Dall’analisi dei dati USA e Canada (12) viene proposta
una incidenza di 42 casi/100.000 abitanti/anno (0,04%).
Come parametro di riferimento (benchmark) per questo
studio si è preferito adottare il valore più riduttivo che è
quello dell’incidenza rilevata nel Nord-Est USA di 18,1
casi ogni 100.000 abitanti per anno (0,014%), equivalente
a 43.000 accessi nei Dipartimenti emergenza per anno rilevato in quella area. In generale l’incidenza delle intossicazioni da CO è ampiamente sottostimata. Le statistiche
non considerano la reale incidenza delle intossicazioni accidentali da CO che avvengono sul territorio (casa, lavoro). Di solito si basano sul numero di accessi presso i
Dipartimenti Emergenza e quindi non considerano i pazienti intossicati da CO che non si recano in ospedale, che
ricevono una diagnosi errata o che sono ricoverati in re-
Epidemiologia europea della intossicazione acuta da monossido di carbonio
Simsi 2 07 imp.indd 9
n. intossicati
CO
632
435
817
523
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Tabella 6. Incidenza dei pazienti intossicati da monossido
di carbonio (solo per causa accidentale) in Scozia negli anni
1991-2007.
p
anno
numero
pazienti
abitanti
1991/92
1992/93
1993/94
1994/95
1995/96
1996/97
1997/98
1998/99
1999/00
2000/01
2001/02
2002/03
2003/04
2004/05
2005/06
2006/07p
38
29
53
44
46
61
47
67
53
40
42
36
26
17
30
18
5.083.330
5.085.620
5.092.460
5.102.210
5.103.690
5.092.190
5.083.340
5.077.070
5.071.950
5.062.940
5.064.200
5.054.800
5.057.400
5.078.400
5.094.800
5.116.900
incidenza
per 100.000
abitanti
per anno
0.75
0.57
1.04
0.86
0.9
1.2
0.92
1.32
1.04
0.79
0.83
0.71
0.51
0.33
0.59
0.35
Tabella 8. Incidenza in West Midlands (UK) di pazienti con
intossicazione da CO per 100.000 abitanti per anno, suddivisi per sesso e fascia di età (rilevazione dati prospettica tra
il 1988 e il 1994).
West Midlands (UK) 1988-1994
incidenza per 100.000 abitanti per anno
(numero totale casi rilevati)
età
Maschi
Donne
35-39
9,2 (476)
45-49
2,2 (114)
> 85
3,4 (178)
2,8 (147)
Tabella 9. Analisi dati pazienti con intossicazione da CO
trattati nel Regno Unito tra il 1993 e il 1996 (British Hyperbaric Association).
• 575 pazienti (dati forniti dai centri iperbarici UK, principalmente coinvolti i Centri di Londra e Peterborough)
• rapporto accidentale/non accidentale 1:1,05
– 71,5% caldaie (206)
– 13,5% intossicazione da fumo (39)
– ritardo medio tra recupero infortunato e arrivo al Centro iperbarico: 9 h 15 min (> 6 ore)
= dati parziali.
Tabella 7. Dati statistici su accessi ospedalieri per intossicazione da CO in Inghilterra negli anni 2002-2003 (fonte dati:
Hospital Episode Statistics, Dpt of Health, England).
• 0,004% delle consulenze mediche (totale: 534)
• 88% casi sono stati ricoverati (totale: 470)
• 94% dei ricoveri in Dipartimento Emergenza (totale:
442)
• età media: 39 anni (66% range 15-59 anni)
• 2,6 giorni degenza media (mediana: 1 giorno)
• 1182 giornate di degenza totali (0,002% del totale delle
giornate di degenza)
parti diversi dai Dipartimenti Emergenza. L’incidenza dipende anche dalle variazioni climatiche (i casi sono prevalentemente concentrati tra ottobre e marzo), da aspetti
culturali e socio-economici (per esempio, il fenomeno
dell’immigrazione), da variabili geografiche (sia le intossicazioni accidentali che quelle da autolesionismo prevalgono nelle aree rurali – dati del Regno Unito (10).
I dati francesi e spagnoli evidenziano che un Centro iperbarico attivamente integrato nella rete di primo intervento
(Dipartimento Emergenza 118 e Centro antiveleni) tratta
un numero di pazienti superiore alla incidenza stimata per
il territorio. Quindi accentra pazienti provenienti da Regioni limitrofe (mobilità attiva).
Negli anni 2000 vi è stata una progressiva e generale ri-
Tabella 10. Dati relativi ai pazienti con intossicazione da
CO trattati nel Regno Unito dal 2004 al 2006 e fino a settembre 2007 presso il Centro iperbarico del London Whipps
Cross. Fonte dati: Mihaela C. Ignatescu (London Whipps
Cross) e Phil Bryson (Diving Diseases Research Centre, Plymouth).
anno
1993-1996
(dati BHA)
2004
2005
2006
sett. 2007
sedute OTI
(media sedute/
paziente)
London
Whipps
Cross
144
-
-
101
81
55
-
246 (2, 4)
169 (2)
100 (2)
-
28
23
19
duzione dell’incidenza di intossicazioni da monossido di
carbonio e dei casi trattati presso i Centri iperbarici.
Per il futuro è attesa una ulteriore significativa riduzione
dell’incidenza sul territorio dell’intossicazione da CO per
due ragioni. La prima è correlata alle campagne informative sulla sicurezza nelle case e nei luoghi di lavoro messe
in atto dai Governi (per esempio nel Regno Unito negli
ultimi quattro anni) che stanno riducendo il numero di
intossicazioni da CO accidentali. La seconda ragione è la
riduzione in generale del numero dei suicidi che, almeno
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pazienti/
anno
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Medicina Subacquea e Iperbarica
nei giovani, pare statisticamente correlata con l’aumento
delle prescrizioni di antidepressivi. Specificamente, il numero dei casi di autolesionismo tramite intossicazioni da
CO (in media il 10% dei tentativi in generale di suicidio)
dovrebbe ridursi come effetto della diffusione delle marmitte catalitiche. Queste abbattono significativamente
l’emissione di CO (solo se il dispositivo è “caldo” mentre
appena iniziano a funzionare l’emissione di CO può essere superiore a quella delle marmitte tradizionali).
Considerato che attualmente il numero di pazienti con intossicazione da CO trattato con OTI è solo una piccola
percentuale dei pazienti che accedono in ospedale, l’Autore ritiene che il numero dei trattamenti OTI per tale indicazione possa rimanere stabile o, addirittura, aumentare nel medio periodo, qualora venisse implementata
presso i medici l’informazione sull’appropriatezza
dell’OTI nel trattamento di tale patologia e rafforzata la
collaborazione tra Centri iperbarici, Dipartimenti Emergenza e Centri antiveleni.
Riassunto
Lo studio ha l’obiettivo di esaminare la epidemiologia
della intossicazione acuta da monossido di carbonio in
Europa. Come metodo è stato utilizzato un questionario
inviato ai Centri iperbarici europei selezionati dai rispettivi Governi come rappresentanti nazionali nell’ambito
della Action B14 in ambito COST - Unione Europea. Inoltre è stata eseguita una ricerca dati tramite Internet. I risultati evidenziano che l’incidenza dei pazienti intossicati
da monossido di carbonio ricoverati in Ospedale, prevalentemente nei Dipartimenti Emergenza, è solo una piccola parte dei pazienti realmente intossicati sul territorio.
Inoltre, solo una minima parte dei pazienti ricoverati è inviata ai Centri iperbarici. Si auspica una maggiore interazione tra Centri iperbarici e Dipartimenti emergenza o
Centri antiveleni. In futuro si prevede una riduzione
dell’incidenza di tale patologia, non immediatamente correlata con un calo dei trattamenti iperbarici.
Bibliografia
1) Neil B. Hampson “Carbon Monoxide Poisoning and
its management in the United States”. In: Carbon
Monoxide Toxicity di David G. Penney, CRC Press,
2000 (ISBN 0849320658).
2) Elenco Centri iperbarici in Europa in www.oxynet.
org.
3) Estimation de population de la France métropolitaine
et des départements d’outre-mer au 1er janvier 2007.
Insee, Bilan démographique 2006. www.insee.fr/.../
nouv_recens/resultats/repartition/chiffres_cles/autres/estimations-france-region-dep.xls.
4) Gourier-Fréry C, Lecoffre C, Salines G. “Incidence
réelle méconnue 6000 hospitalisations, 300 décès par
an environ”. Le Concours Médical: Tome 129,5/6 du
06-02-2007.
5) Fouilhe Sam-Lai N, Saviuc P, Danel V. “Carbon monoxide poisoning monitoring network: A five-year experience of household poisoning in two French regions”. Journal of toxicology. Clinical toxicology
2003, vol 41,4:349-353.
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Penney, CRC Press, 2000 (ISBN 0849320658).
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8) http: //www.wrongdiagnosis.com/c/carbon_monoxide_poisoning/prevalence.htm.
9) Hospital Episode Statistics, Dpt of Health, England
in http: //www.wrongdiagnosis.com/c/carbon_monoxide_poisoning/stats.htm#medical_stats.
10) Wilson RC, Saunders PJ, Smith G. “An epidemiological study of acute poisoning in West Midlands”.
Occp. Environ. Med. 1998, vol. 55,11:723-728 (48
ref.).
11) Hamilton-Farrell MR “BHA carbon monoxide database, 1993-96”. J Accid Emerg Med, 1999 Mar; 16(2):
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12) http: //www.wrongdiagnosis.com/c/carbon_monoxide_poisoning/stats.htm#medical_stats.
13) Shaffer D. “Suicide and related problems in adolescence”. Food and Drug Administration Meeting February 2, 2004 in Washington, D.C.
14) Dati popolazione: www.photius.com/rankings/population/population_2006_1.html.
15) Lewin L. “Die Kohlenoxyvergiftung. Ein Handbuch
fur Mediziner, Techniker und Unfallrichter”. Springer,
Berlin, 1920.
16) Penney David G. Carbon Monoxide Toxicity, CRC
Press, 2000 (ISBN 0849320658).
17) Mathieu-Nolf M, Mathieu D. “Treatment of Carbon
Monoxide Poisoning in France”. In Carbon Monoxide Toxicity di David G. Penney, CRC Press, 2000
(ISBN 0849320658).
Epidemiologia europea della intossicazione acuta da monossido di carbonio
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Longobardi
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Intossicazione acuta da CO:
epidemiologia italiana
M.E. Galli, G. Vezzani
AUSL Parma, P.O. Vaio-Fidenza
U.O. Anestesia-Rianimazione, Terapia Iperbarica e Antalgica
SUMMARY
If you evaluate the trend of the distribution of the
cases of CO intoxications treated with oxygen-therapy in the Hyperbaric room in 1999, 2004, 2005 and
2006, in various Italian regions, you notice an unexplainable trend, with great discrepancy between regions.
If you subdivide the number of intoxicated patients
and you compare them with three obvious Italian “climatic areas” (North, Center and South), you notice
how the percentage is higher in the North region (approximately 83% in 2005).The number of CO intoxicated patients treated at the Hyperbaric Center of P.O.
Vaio-Fidenza from 1991 to 2006 has been of 2656. Accurate information has been the first criteria used to
address the A&E (ER) medical staff and general practitioners towards a correct diagnosis.
In Italy there could be approximately 6000 people intoxicated from CO every year; since a number of patients remain “ untreated”, it is important to encourage the centralization towards Hyperbaric Centers
equipped to treat these patients.
Se si valuta l’andamento e la distribuzione dei casi di intossicazione da CO trattati con HBO negli anni 1999,
2004, 2005 e 2006, nelle varie regioni italiane, si notano
andamenti non facilmente spiegabili, con discrepanze notevoli da una regione all’altra.
Dalla tabella 1 si evidenzia una drastica riduzione dei casi
Indirizzo per la richiesta di estratti:
G. Vezzani
Ospedale di Vaio-Fidenza ASL Parma
Servizio di Anestesia,
Rianimazione e Terapia Iperbarica
Via Don E. Tincati, 5 - 43036 Fidenza (Pr), Italy
Intossicazione acuta da CO: epidemiologia italiana
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trattati nella regione Lombardia con una riduzione del
59% dal 1999 al 2005.
Rimane costante il numero dei casi trattati per la regione
Emilia-Romagna, mentre per la regione Veneto vi è una
riduzione del 17%, costante il dato della regione Toscana
e della regione Liguria, pur con un netto calo nel 2004,
mentre la regione Calabria ha avuto un calo del 41%. Costante il dato della regione Lazio, anche se si può obiettare che sia un dato piuttosto basso, vista la popolazione,
l’estensione e il profilo orografico della regione e questo
può valere anche per la regione Toscana.
Del tutto incomprensibile il dato della regione Campania,
dove sembra che nell’anno 2005 non sia stato trattato neppure un paziente intossicato da CO. La regione Campania
è una delle più vaste d’Italia, la provincia di Salerno è in assoluto la provincia più vasta d’Italia, il retroterra montuoso
è enorme. Il dato rimane del tutto inspiegabile. Vi è un calo
notevole anche nei trattamenti compiuti nella regione Sardegna con un decremento del 73%, così come rimane incomprensibile il dato della regione Puglia che pare non abbia trattato pazienti intossicati negli anni 2004 e 2005. Trentino A.A. e Sicilia hanno avuto un buon incremento, pur
su numeri modesti di pazienti. La regione Molise non ha
trattato pazienti negli anni 2004 e 2005, mentre nelle Marche il numero di pazienti trattati è pressoché costante negli anni 2004 e 2005. Nel Friuli l’attivazione di una camera
iperbarica ha portato al trattamento di 17 pazienti nel 2005
senza raffronto con gli anni precedenti.
Nella tabella è riportato in grassetto il dato del Piemonte,
regione vasta, popolosa e dal clima non sicuramente
troppo mite. Eppure nel 1999 furono trattati solo 32 pazienti che nel 2004 e nel 2005 sono diventati 154 e 174. Il
caso è paradigmatico: i pazienti c’erano ma per vari motivi, legati ai centri iperbarici, ai Pronto Soccorso, a mancate convenzioni, ecc., non venivano trattati, finché l’organizzazione è stata messa in grado di lavorare.
Nel corso del 2006 (Tab. 1) il numero di pazienti trattati
Galli, Vezzani
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Medicina Subacquea e Iperbarica
in camera iperbarica è rimasto pressoché costante, si segnala quasi il raddoppio del numero dei pazienti trattati
in Lombardia, mentre in Piemonte, regione vastamente
montuosa e dove obiettivamente esiste una situazione per
ciò che riguarda la terapia iperbarica che andrebbe sanata
una volta per tutte, si segnala un calo dei pazienti trattati,
così come una diminuzione si è vista nella regione Emilia-Romagna, pur rimanendo al primo posto come numero
assoluto di pazienti trattati. Forte incremento pur su numeri piccoli si è avuto anche nel Friuli. Stupisce il dato
della regione Puglia, che pur dotata di un buon numero
di impianti iperbarici, da tre anni non tratta un solo caso
di intossicazione da CO, mentre la Campania segnala 7
casi dopo un anno di mancanza di trattamenti. Al momento non risulta attivo alcun impianto iperbarico né in
Val d’Aosta, né in Basilicata, né in Abruzzo, né in Umbria. Pertanto se plausibilmente gli intossicati in Val d’Aosta possono affluire a Torino, nulla è noto sul destino degli intossicati delle altre regioni sprovviste di impianto
iperbarico. È possibile che i casi gravi (paziente intubato)
siano trasferiti presso centri iperbarici extraregionali, mentre rimane sconosciuto il destino probabilmente di decine
di pazienti con intossicazioni di media gravità che non
sono sottoposti a trattamento.
Nella figura 1 il numero dei pazienti intossicati è suddiviso in tre apparenti “zone climatiche” dell’Italia e si fa
riferimento alla situazione della regione Basilicata, dove
a fronte di un territorio in forte percentuale montuoso,
con 600.000 abitanti, e il cui capoluogo di regione, Potenza, è situato all’altezza di 800 metri, sostanzialmente
nulla è dato a sapere circa il destino di eventuali intossicati che sicuramente non possono afferire alle regioni confinanti, Puglia, Calabria e Campania, visto il numero esiguo dei pazienti trattati nelle ultime due.
È indubbio che il criterio primo per cercare di indirizzare
i medici di pronto soccorso e di famiglia verso una corretta diagnosi, sia la puntigliosa e precisa informazione.
Non è inutile sottolineare come tuttora siano posti in commercio apparecchi per emogasanalisi sprovvisti di CO-ossimetro e pertanto la diagnosi può tuttora sfuggire, e come
siano invece in commercio apparecchi di modeste dimensioni, poco costosi, in grado di valutare la COHb in modo
semplice e incruento già sulla scena dell’intossicazione.
destino nulla è noto. Pertanto, per quanto possibile, è doveroso lavorare per favorire il trattamento e la centralizzazione verso i centri iperbarici in grado di trattare pazienti, indipendentemente dalle condizioni cliniche, 365
giorni all’anno H/24. La centralizzazione, ovverosia l’avvio del paziente intossicato presso un centro iperbarico
attrezzato, sarà favorita da:
1. Adozione di chiare e semplici linee guida da parte dei
medici del centro, al fine di fornire informazioni univoche ai medici di Pronto Soccorso o comunque ai
colleghi che necessitano di consulenza.
2. Informazione specifica: necessità assoluta per i medici
di Pronto Soccorso di eseguire emogasanalisi (anche
solo venosa) al minimo sospetto di intossicazione da
CO.
3. Informazione più generale (convegni mirati, dati epidemiologici, ecc.) sulla efficacia della HBO, sul timing
di somministrazione della HBO, sul numero di somministrazioni.
Tabella 1. N. intossicati trattati con (HBO) anno.
REGIONE
Lombardia
Emilia-Romagna
Veneto
Toscana
Liguria
Calabria
Lazio
Campania
Sardegna
Piemonte
Puglia
Trentino A.A.
Sicilia
Molise
Marche
Umbria
Friuli
Totale
1999
314
293
198
55
49
47
39
37
36
32
20
18
13
08
04
01
///
1164
2004
251
292
173
35
20
03
35
22
07
154
0
45
12
0
09
///
10
1068
2005
130
313
165
64
61
28
48
0
10
174
0
38
23
0
10
///
17
1098
2006
248
255
201
48
56
12
29
07
08
135
0
38
07
16
14
//
29
1103
V. d’Aosta, Abruzzo, Basilicata e Umbria non hanno trattato casi.
Conclusione
Si ritiene, molto empiricamente, che annualmente in Italia vi siano almeno 6000 intossicati per anno, mentre mortalità e morbilità non sono valutabili. Un dato recente (1)
documenta 50.000 visite all’anno negli U.S. nei Dipartimenti di Emergenza-Urgenza, relative a intossicazione da
CO. Dalla tabella 1 si vede che i casi trattati sono poco
più di mille, pur ammettendo che il 10% dei pazienti possa
giovare del trattamento con ossigeno normobarico, rimangono “non-trattati” almeno 4400 pazienti all’anno, sul cui
Intossicazione acuta da CO: epidemiologia italiana
Simsi 2 07 imp.indd 13
Bibliografia
1) Hampson NB, Weaver LK. Carbon monoxide poisoning: a new incidence for an old disease. UHM
2007. Vol 34, No 3.
Si ringrazia per la preziosa collaborazione la signora Marisa Belletti dell’ASsociazione PAzienti Trattati in Iperbarismo (AS.PA.T.I.).
Galli, Vezzani
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Figura 1.
Numero di pazienti intossicati rapportato alla suddivisione
“climatica” dell’Italia (anno 2005):
Nord = 898 (83,07%)
Centro = 122 (11,2%)
Sud = 61 (5,64%)
61
SUD - 05
Basilicata
122
CENTRO - 05
NORD - 05
900 898
800
700
600
500
400
300
200
100
0
Ab. 600.000
Pianura 8%
Montagna 46,8%
Collina 45,1%
Intossicazione acuta da CO: epidemiologia italiana
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Galli, Vezzani
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Medicina Subacquea e Iperbarica
The experience of London Hyperbaric Medicine
at Whipps Cross University Hospital in the acute
treatment of Carbon Monoxide poisoning
M. Ignatescu, A. Stehr, E. Singer
London Hyperbaric Medicine Ltd, Whipps Cross University Hospital, London, UK
In the United Kingdom more than 50 people die from accidental carbon monoxide poisoning every year, and 200
people are seriously injured according to the National
Health Service’s, NHS direct. Our hyperbaric centre is
located in east London and is one of 3 centres in London,
the biggest and with the highest amount of emergencies
related to carbon monoxide poisoning.
We conducted a retrospective audit on all patients assessed at our unit for treatment of CO poisoning over a 3
year period between December 2004 and October
2007.
Presenting signs and symptoms were noted, as well as first
recorded COHb levels. Time to first HbO treatment, dosage and frequency of treatments prescribed were assessed.
The outcome studied was whether there was resolution
of symptoms, as well as the presence of delayed neuropsychological sequaelae.
Indirizzo per la richiesta di estratti:
M. Ignatescu
London Hyperbaric Medicine Ltd,
Whipps Cross University Hospital
London, UK
The experience of London Hyperbaric Medicine
Simsi 2 07 imp.indd 15
In the time period mentioned above we have treated 73
patients that had suffered acute carbon monoxide poisoning. One of the treated patients did not comply with our
inclusion criteria for hyperbaric oxygen treatment, so I
excluded her from the audit.
In the last 3 years we have treated, 43 male and 29 female
patients. The median age is 38 years.
The source of poisoning was a malfunctioning gas boiler
in over 50% of the cases. (see graph).
source of Co poisoning
13%
22%
8%
suicidal
boiler
fire
other
57%
Accidental vs. Non-Accidental
accidental
16
14
No. of patients
RIASSUNTO
Il trattamento con ossigeno iperbarico a 2,8 ATA dei
pazienti con grave intossicazione acuta da CO è efficace e consente una completa risoluzione dei sintomi
nell’84% dei pazienti. Quindi i pazienti affetti da grave
intossicazione da CO dovrebbero essere trattati con
OTI per prevenire l’insorgenza della sindrome neurologica secondaria post-intervallare. È da ricordare che
una iniziale immediata risoluzione dei sintomi non
esclude necessariamente l’insorgenza dei sintomi neurologici a lungo termine.
non-accidental
12
10
8
6
4
2
0
<10 10-19 20-2930-39 40-49 50-59 60-69 70-79
Age ranges (years)
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Presenting Signs and Symptoms
Frequency and Dosage of Treatment
Median COHb levels were 25.5% with a range from
(8%-43%). Neurological symptoms included loss of consciousness, dizziness, drowsiness, unsteadiness, and headache. Three patients had seizures from which only one
was a known epileptic. The most common neurological
sign was balance disorder, with 43 patients presenting with
this sign. 52 (72%) patients had loss of consciousness at
scene. Other signs included: positive Romberg, abnormal
gait, abnormal heel to toe walk and abnormal coordination. Impairment of cognitive function was reflected by
short term memory loss in 23 (32%) of the patients. One
patient was not included in the neurological assessment
because she was suffering with Korsakoff syndrome.
Neurological Signs and Symptoms
50
The department follows a protocol where all patients who
require treatment are treated with HBO therapy (at 2.8
ATA) for a total of 3 sessions within 48 hours from arrival
to the chamber, or until no further improvement of symptoms can be achieved.
Of the 71 patients, 3 patients (4%) had their treatment
aborted (2 were unable to equalize their ears and one
smoke inhalation with hypertension developed pulmonary oedema and had to be intubated after surfacing) 6
patients (8%) were treated with only 1 session of HBO,
5 patients (7%) had 2 sessions, 51 patients (71%) had 3
sessions, 5 (7%) had 4 sessions and 2 patients had 5 sessions (3%). These were all consecutive sessions. Two patients had more sessions after 10 days and 4 months respectively and these are not taken into consideration in
the above data.
number of HBO sessions
40
30
20
33
19
10
4
Loss of shortterm memory
3
Coordination &
Balance
Dizzyness /
Confusion
40
9
30
Headache
20
10
single symptom
51
50
20
10
0
60
21
combination of symptoms
6
Time to first HbO treatment
Of the 72 patients treated (or where treatment was attempted) only 70 will be considered in the analysis.
17(24%) received the first session within 6 hours after removal from the source, 39 patients (55%) were treated
within 12 hours from the end of exposure.
Time to First HBO
8%
24%
13%
<6h
6-12h
12-24h
24-36h
55%
The experience of London Hyperbaric Medicine
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5
2
0
single
Of the 72 patients treated only 53 had an ECG in the clinical notes. From these 12 (17%) had signs of ischemia in
the ECG.
5
2
3 sessions 4 sessions 5 sessions
Sessions
From the 58 patients that received 3 or more treatments
only 4 (6.9%) completed the 3 treatments within 24 hours
from the end of exposure, 32 patients (55%) were treated
within 36 hours, 12 patients within 48hours and 10 patients (17.2%) completed their treatment after 48 hours.
Outcome
A total of 69 patients were treated. Only 68 will be considered in the analysis as one patient was suffering with
Korsakoff and was difficult to assess. Complete resolution
of symptoms was achieved in 57 patients (84%). 11 patients (16%) had neurological sequaelae of which 2 patients had a positive Romberg only.
Our department has a policy of following up all the patients treated in our chamber after one month.
Unfortunately though only 30 patients (42%) presented
themselves to the one month follow up. Of these 7 had
neurological sequaelae. Two complained of episodes of
dizziness, two had headaches and dizziness (both retreated
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Medicina Subacquea e Iperbarica
one 10 days later and one 4 months later and recovered),
two had impaired short term memory and one had a positive Romberg. Of the patients with neurological residua
one was treated about 20h hours after the end of exposure and did not receive a lot of oxygen after the exposure. The patient with persistent short term memory loss
was suffering with dyspraxia prior to the incident and had
the first treatment more than 24h after the incident because he was in intensive care. The other 4 patients with
neurological residua at the end of treatment did not
present to the follow up. From the 11 patients with neurological sequaelae 6 (55%) had a Carboxyhaemoglobin
level in excess of 30% at presentation.
Therefore, patients presenting with severe CO poisoning
should be treated with HBO to prevent long-term sequelae from developing. Lastly, initial complete resolution of
symptoms does not necessarily exclude the development
of delayed neurological symptoms.
Regarding our experience the audit showed that:
1. there is a need to follow-up a higher percentage of patients to determine the efficacy of treatment (i.e. the
prevention of delayed neuropsychological symptoms);
2. The aim should be to start the first hyperbaric treatment within 6 hours from the end of exposure;
3. All members of the family should be tested if they had
been exposed to avoid delay in treatment.
Discussion
The mainstay of treatment for patients with acute CO poisoning traditionally has been with the administration of
100% normobaric oxygen. However, HBO is used to treat
patients with signs of severe poisoning, such as loss of consciousness.
It has been found that repeated HBO treatments are associated with better outcome than if just a single treatment was prescribed (1). Also, the maximal benefit from
HBO therapy occurs in those treated with the least delay
after exposure (2), with Thom et al advocating treatment
within 6 hours of exposure (3).
Conclusions
Treatment of patients with acute, severe CO poisoning
with HBO2 therapy at 2.8 ATA is effective in achieving a
complete resolution of symptoms in 84% of patients.
The experience of London Hyperbaric Medicine
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References
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and hydrocarbons: 302 cases, 273 treated by hyperbaric oxygen at 2 ata).
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neuropsychological sequelae following carbon monoxide poisoning and its prophylaxis by treatment with
hyperbaric oxygen. Ann Emerg Med 1995;25:
474-480.
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Experience of the Hyperbaric Oxygen Regional
Center of Lille on Carbon Monoxide Poisoning
R. Favory, D. Mathieu
Urgences Respiratoires, Réanimation Médicale, Centre Régional d’Hyperbarie
Hôpital Calmette Bd du Pr Jules Leclerc - CHRU de Lille
RIASSUNTO
Viene riportata l’organizzazione del centro iperbarico
del CHRU di Lille e i rapporti con il Centro antiveleni,
Centro ostetrico, Centro Cardiologico dell’ospedale.
Segue la casistica del Centro con particolare riferimento
alla percentuale di pazienti trattati con Ossigeno Normobarico (NBO). Vengono elencati esami strumentali
eseguiti nei pazienti intossicati.
Our service is a component of a medical intensive care
unit. We have a 4 beds unit of hospitalization for hyperbaric treatments, 10 intensive care beds in which we can
hospitalize patients who need hyperbaric oxygen treatment. We also have an “emergency bed” for hyperbaric
session problem with a ventilator, a scope, a defibrillator
etc. Concerning Hyperbaric chambers we have 3 beds and
8 sitting places.
A session of hyperbaric oxygen need a technician supervisor the “Caisson Master”, and a “specialized” nurse or
nurse assistant who accompain the patients.
These paramedical personals have a special formation for
one week. Indeed, hyperbaric session is safe and an appropriate treatment can be given to critically ill patients
throughout the hyperbaric sessions if some rules are respected under pressure (water-filled balloons, special thoracic aspiration, special perfusion lock, transcutaneous
PtcO2 continuous measurment…).
There is a real “network” collaboration in the region with
prehospital services, Antipoison Center, Obstetrical
Indirizzo per la richiesta di estratti:
R. Favory
Urgences Respiratoires, Réanimation Médicale
Centre Régional d’Hyperbarie
Hôpital Calmette Bd du Pr Jules Leclerc
CHRU de Lille - 59037 Lille Cedex - France
Center, Cardiologic Center in order to improve prevention, information, teaching, diagnosis and treatment of
this poisoning. Incidence of carbon monoxide poisoning
in our region is 46 / 100 000 inhabitants. In the region
there are each year: 1825 carbon monoxide poisoning, 22
deaths, 97 sequaelae, 274 HBO treatment, 1074 firemen
interventions, 192 Prehospital Emergency Medical Service (SAMU) interventions.
Concerning carbon monoxide poisoning in our service,
we received for example in a recent two years period 774
adults and 140 children. Carbon monoxide sources were
charcoal stoves in 47%, gas water heater 25%, gas heater
14%, fire 3%, car exhaust 2%, miscellaneous 9%.
Mean age is 30,5 +/–20,7 years. Mean HbCO was 17
+/–13%. Clinical manifestations were: headache 48%,
nausea/vomiting 42%, loss of consciousness 28%, coma
20%, convusions 0,4%. Mortality was 1,8%, neurologic
manifestations at one year follow-up 4,8%.
Treatment was NBO (12hours) in 32% and HBO (2,5
ATA 90 minutes) in 68%. In a six years study we find an
inappropriate treatment of carbon monoxide poisoning
in 57% of NBO treatment (less than 6 hours or less than
6 liters/min O2) even in our hyperbaric center (12%).
Our indications of HBOT are commons: abnormal neurological exam, loss of consciousness, coma, pregnancy,
cardiac ischemia.
Each patient with HBOT indication has chest x-ray, EKG,
ear otoscopy.
In case of cardiac signs or symptoms or coma, we measure
cardiac troponin and BNP. In case of smoke inhalation: if
needed we ask for a consultation of Ear Nose and Throat
and Bronchic fibroscopy if needed. In pregnancy we do not
perform chest x-ray unless pulmonary symptoms.
Concerning cardiac signs, we do not consider that a second HBOT is needed if cardiac troponin rises up, because
it is the natural evolution of this cardiac biomarker after
CO injury in the heart. Treatment of these patients is some-
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Favory, Mathieu
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Medicina Subacquea e Iperbarica
times spectacular, e.g. instantaneous amelioration of cardiogenic pulmonary edema within the first minutes of
HBOT. This is obviously not the case if there is Acute Respiratory Distress Syndrom (ARDS) because of aspiration
pneumonitis for example. Indeed, rise in tissue oxygen
would be less important given the intrapulmonary shunting and could even be deleterious with ventilation/perfusion ratios. In this particular case, the benefit/risk ratio
of HBOT is not easy to determine.
Concerning pregnancy, we systematically ask for obstetrical consultation and echography after HBOT.
Concerning smoke inhalation during fire, we do not delay HBOT to perform fibroscopic washout.
Concerning persistent neurologic signs we perform maximum 5 HBOT sessions.
In case of comatose patients we are very “aggressive” during long period of time because of some “miraculous”
awakenings (recently one patient 1 month with complete
recovery…).
We declare every carbon monoxide poisoning to authorities for treatment of the etiology before going back home
and to prevent other poisoning.
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Favory, Mathieu
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Update on Carbon Monoxide Poisoning
R.A. Karlnoski, J. Dreier, E.M. Camporesi
Department of Anesthesiology and Critical Care Medicine, University of South Florida,
12901 Bruce B. Downs Blvd., Tampa, FL USA
RIASSUNTO
Anche se inalato in piccole quantità, il CO rappresenta
una minaccia per la vita, in quanto può provocare gravi
danni neurologici fino alla morte. Il risultato più evidente dell’intossicazione da CO è l’ipossia tissutale e
l’O2 è il suo naturale antidoto.
L’ossigenoterapia normobarica riduce l’emivita di
HbCO a circa un’ora, l’ossigenoterapia iperbarica la
riduce a circa 20 minuti.
Nei ratti, HBO previene la lipoperossidazione di
membrana, l’adesione leucocitaria nell’endotelio del
microcircolo cerebrale e accelera la rigenerazione della
citocromoossidasi mitocondriale inattivata. Nei ratti
intossicati da CO, inoltre, previene la sensibilizzazione linfocitaria alla proteina basica mielinica. Un
recente studio in doppio cieco, in pazienti intossicati
da CO, ha dimostrato la riduzione del 46% nel gruppo
trattato con HBOT versus il gruppo trattato con
NBOT, delle sequele cognitive, a sei settimane
dall’esposizione. I criteri per l’uso di HBOT sono ancora dibattuti, ma parecchi ricercatori raccomandano
HBOT a 2,5-3 ATA per 90-120 minuti in pz con età
superiore a 36 anni, che hanno avuto sincope, deficit
neurologici a focolaio e livelli di HbCO superiori al
25%.
Indirizzo per la richiesta di estratti:
E.M. Camporesi
Department of Anesthesiology and Critical Care
Medicine, University of South Florida,
12901 Bruce B. Downs Blvd., Tampa, FL USA 33612
Update on Carbon Monoxide Poisoning
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Introduction
The Burden of the Disease Carbon Monoxide (CO) is a
colorless, odorless, tasteless, and non-irritating toxic gas,
for this reason it is difficult to detect. CO is produced
by the incomplete combustion of fossil fuels such as gas,
oil, coal and wood. Carbon monoxide poisoning is the
most common type of fatal poisoning in the United
States. It has been recently estimated that CO poisoning
contributes to 40-50.000 emergency room visits per year
(1). In many industrialized countries, CO may be the
cause of greater than 50% of fatal poisonings (2). The
CDC reports, “Each year, more than 500 Americans die
from unintentional CO poisoning, and more than 2.000
commit suicide by intentionally poisoning themselves”.
However, mortality from carbon monoxide poisoning
has declined in the past 2 decades, largely due to a reduction in accidental exposure to automobile exhaust
(3).Carbon monoxide is life-threatening to humans and
animals, as inhaling even relatively small amounts of it
can lead to hypoxic injury, neurological damage, and
possibly death. A concentration of as little as 0.04% (400
parts per million) carbon monoxide in the air can be fatal. Common sources of CO that may lead to poisoning
include unvented kerosene and gas space heaters; leaking chimneys and furnaces, gas water heaters, wood
stoves, fireplaces, gas stoves, generators and other gasoline powered equipment, automobile exhaust from attached garages, and tobacco smoke. CO poisoning can
also occur in scuba diving due to faulty or badly sited
diving air compressors. Polluted air often contains unhealthy levels of carbon monoxide. Many areas of the
US have struggled to achieve legislated limits. Significant advances have been made since the implementation
of a vehicle emissions limit of 3.4 gpm (grams per mile)
in 1990, a large reduction from the previous limit of 87
gpm (4).
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Firefighters and CO Exposure. Certain occupations, such
as firefighters, have greater exposures to carbon monoxide. A nationwide registry of deaths among firefighters
over an 11 year period showed fire suppression, which
represents only about 1% of firefighters’ professional time
each year, accounted for 39% of deaths from coronary
heart disease and was associated with a risk of death from
coronary heart disease that was approximately 10 to 100
times higher than the risk associated with nonemergency
duties (5). Kales and colleagues determined that the annual number of deaths from coronary heart disease was
age-related with the 60+ age demographic having a 50%
higher incidence of death in all firefighter duties (5). This
group rationalized these data by stating that many firefighters lack adequate physical fitness, have underlying
cardiovascular risk factors, and have coronary heart disease; all problems which may be compounded by career
tenure. Firefighting is a high-hazard job, and the work is
at times extremely physically demanding with the addition of heat stress. Thus physically inactive people or people with predisposed cardiovascular risk factors are at increased risk of heart attack during intense physical activity. Exercise stress tests are highly recommended to identify firefighters at high risk for on-duty cardiovascular
events (6-5). The Duke Treadmill score, heart-rate recovery, functional capacity, chronotropic index, and presence
or absence of ectopy are current diagnostic tools used in
exercise stress testing (7). However, the typical exercise
stress test does not include heat stress, which often occurs
in fire suppression. Research on developing the proper
test parameters for use in the selection of firefighters is
currently underway. In addition to clinical predisposition,
firefighters are routinely exposed to carbon monoxide and
particulate matter in the air, and there is a highly variable
risk of exposure to a broad array of other toxic chemicals
generated from the smoke of burning materials (6-8). It
has been reported that firefighters who are nonsmokers
and who do not use self-contained breathing apparatuses
correctly may have carboxyhemoglobin levels of up to
14% (9). Even when such apparatuses are used correctly,
the carboxyhemoglobin level can reach 9.1% (10). The
deleterious effects of CO on the cardiac muscle are described below. CO binds rapidly to hemoglobin (Hb),
leading to the formation of carboxyhemoglobin (COHb).
The affinity of hemoglobin for CO is 240 times its affinity for oxygen; therefore CO binding displaces oxygen
from Hb and inhibits the transport, delivery, and utilization of oxygen. In the presence of COHb, the dissociation curve of the remaining oxygenated hemoglobin
(HbO2) shifts to the left, further decreasing the amount
of oxygen released. Hemoglobin acquires a bright red
color when converted to carboxyhaemoglobin, so a casualty of CO poisoning is described in textbooks as looking
pink-cheeked and healthy. However, this “classic” cherryred appearance is not always seen. In one study it was
noted in only 2% of cases, thus care should be taken not
Update on Carbon Monoxide Poisoning
Simsi 2 07 imp.indd 21
to overlook the diagnosis even if this color is not present
(11).The amount of COHb formed depends on the duration of exposure to CO, the concentration of CO in the
inspired air and alveolar ventilation. Levels of carbon monoxide bound in the blood can be determined by measuring carboxyhemoglobin. Accurate assessment of arterial
oxygenation in patients with severe CO poisoning can be
performed with a laboratory CO-oximetry. For clinical
purposes, an automated spectrophotometer CO-oximeter device is recommended. Serious toxicity is often associated with carboxyhemoglobin levels above 25%, and
the risk of fatality is high with levels over 70%. Still, no
consistent dose response relationship has been found between carboxyhemoglobin levels and clinical effects. Carboxyhemoglobin levels should be used as guides to determine exposure levels because they do not reliably predict
clinical course or short - or long - term outcome (12).
Genetic Predisposition
The lack of predictability of outcome based upon poisoning severity raises the possibility of individual susceptibility and that certain CO-poisoned patients may be genetically predisposed to poor outcomes. A recent randomized
clinical trial compared the incidence of cognitive sequelae in apolipoprotein E4 (Apo E4) positive and negative
patients that received HBO and NBO therapy 6 weeks
following acute CO poisoning. In the brain, Apo E is involved in the distribution of cholesterol for membrane
synthesis and neurite growth and repair. The Apo E4 allele is a risk factor for the development of Alzheimer’s disease and predicts poor neurogical outcomes following
traumatic brain injury, stroke, and cardiac bypass surgery.
The results of the study showed that Apo E4 negative patients treated with HBO had a significantly lower incidence of cognitive sequelae, while patients that possessed
the apo E4 allele appeared to develop brain injury that
was not mitigated by HBO therapy (13). The conclusion
of the study suggests that since we are unaware of a patient’s genotype at presentation to the hospital, all CO poisoned patients should receive HBO.
The mechanisms by which carbon monoxide produces
toxic effects are not yet fully understood. Evidence has
shown that in addition to hemoglobin, carbon monoxide
binds to mitochondrial cytochrome oxidase (inhibiting
cellular respiration), and myoglobin (decreasing its oxygen storage capacity). CO affects the mitochondrial respiratory enzyme chain that is responsible for effective tissue utilization of oxygen. CO does not bind to cytochrome
oxidase with the same affinity as oxygen, so it likely requires significant intracellular hypoxia before binding.
This binding interferes with aerobic metabolism and efficient adenosine triphosphate (ATP) synthesis. Cells respond by switching to anaerobic metabolism, causing anoxia, lactic acidosis, and eventual cell death (14). Even
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Medicina Subacquea e Iperbarica
though CO is toxic to the cytochromes, this mechanism
plays a minor role in clinical CO poisoning, because the
amount of CO required to poison cytochromes is 1000
times higher than the lethal dose.
Carbon monoxide poisoning is deleterious to cardiac muscle. CO binds to intracellular myoglobin in the myocardium and impairs the oxygen supply to the mitochondria.
Exposure to high levels of CO greatly increases the risk
of death from arrhythmias and heart attacks in patients
with preexisting cardiac conditions. Chest pain occurs as
a symptom of myocardial ischemia. Morphological
changes have been observed in cardiac tissue following
acute exposure to CO. Electron microscopy of left ventricular biopsies from a 25 year old woman with functional
evidence of cardiac failure after acute CO poisoning
showed ultra structural changes in the myocytes, large glycogen deposits, and swollen mitochondria (15). In a study
by Henry and colleagues, 37% of patients with CO poisoning had myocardial injury and 38% had died at a median follow-up of 7.6 years. While the precise mechanism
for the increase in mortality is not clear, cardiovascular
death was much more common (44% vs 18%) among patients who initially sustained myocardial injury (16).
Recent investigations suggest other mechanisms of COmediated toxicity. One hypothesis is that CO-induced tissue hypoxia may be followed by reoxygenation injury to
the CNS. Reoxygenation facilitates the production of reactive oxygen species and oxygen radicals, which in turn
cause oxidative stress on cells (12). CO exposure causes
endothelial cell and platelet release of nitric oxide including the oxygen free radical, peroxynitrite (17). CO exposure also causes an excitotoxic response in the brain by
increasing the release of extracellular glutamate (18). In
the brain, this causes further mitochondrial dysfunction,
capillary leakage, leukocyte sequestration, and apoptosis
(19). The end result is lipid peroxidation (degradation of
unsaturated fatty acids), which causes delayed reversible
demyelinization of white matter in the central nervous system, and can lead to edema and focal areas of necrosis
(20). Postmortem neuropathological examination of the
CNS following acute exposure to CO showed hemorrhages of the white matter, multifocal necrosis, and myelin damage in several brain regions (21). In acute CO intoxication, disturbances in brain function generally arise
in the recovery period and result in cognitive defects (especially affecting memory and learning) and movement
disorders.
Tissue hypoxia is the major outcome of CO intoxication;
therefore oxygen is the natural antidote. Normobaric oxygen (NBO) hastens the dissociation of carbon monoxide from hemoglobin by reducing its biological half-life
from 5 hours to about 1 hour, which improves tissue oxygenation. Hyperbaric oxygen (HBO) is also used in the
treatment of CO poisoning and increases CO dissociation
to a greater extent than normal oxygen. HBO reduces the
half-life of CO to 20 minutes and has demonstrated other
Update on Carbon Monoxide Poisoning
Simsi 2 07 imp.indd 22
benefits in animal models (22). In rats, HBO prevented
lipid peroxidation and leukocyte adherence to the brain
microvascular endothelium while accelerating the regeneration of inactivated cytochrome oxidase (23). Results
from another rat model of CO poisoning indicated that
HBO2 treatment after CO exposure prevented lymphocyte
sensitization to myelin basic protein (MBP), secondary
microglial activation, and impaired radial maze performance (24). A recent double-blind clinical trial demonstrated a 46% reduction in cognitive sequelae 6 weeks after CO poisoning in patients treated with HBO therapy
compared with NBO (25). Although we do know the
mechanism of action for HBO, possible mechanisms include reduced lipid peroxidation (24), reduced oxidative
stress, preserved ATP activity, and anti-inflammation. The
selection criteria for the use of HBO therapy in patients
is still under debate, most researchers recommend HBO
therapy at 2.5 to 3 ATA for 90 to 120 minutes for patients
who are older than 36 years of age, present with syncope,
loss of consciousness, seizure, focal neurological deficit
or COHb levels >25% (26, 27).
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Quadro clinico della intossicazione acuta da CO
A. Pizzola, L. Caberti, G. Vezzani
AUSL Parma, P.O. Vaio-Fidenza
U.O. Anestesia-Rianimazione, Terapia Iperbarica e Antalgica
SUMMARY
Carbon monoxide (CO) is a colourless, odourless tasteless and non-irritating gas, whose presence is virtually
impossible to detect in a room. It forms from incomplete
combustion of carbon-containing compounds – mainly
hydrocarbons – when there is reduced availability of oxygen during combustion. Therefore, it forms from cookers, fireplaces, braziers, stoves, heating systems, fires in
general, tobacco smoke. Endogenous CO comes from
haemoglobin catabolism, from the metabolism of methylene chloride (dichloromethane), a component of solvents and deriving from colon neoplasia.
CO toxicity results from the combination of tissue hypoxia and direct damage at cell level: in fact it binds to
haemoglobin, for which it has much higher affinity than
for oxygen and for other proteins with haem group,
thus affecting its function.
Carboxyhaemoglobin levels in blood of non-smokers
range from 1 to 3% and up to 4-5% in urban areas;
while in smokers such levels often reach 10 and even
15%.
The symptomatology most of all affects the CNS and
the heart, organs which are very sensitive to hypoxia.
Symptoms can be moderate: tachycardia, tachypnea,
headache, vertigo, muscle weakness, nausea and vomiting, or severe: cardiac angina, cardiac arrhythmias,
acute myocardial infarction, drowsiness, stuporous
state, coma, respiratory depression, arterial hypotension.
Indirizzo per la richiesta di estratti:
G. Vezzani
Ospedale di Vaio-Fidenza ASL Parma
Servizio di Anestesia,
Rianimazione e Terapia Iperbarica
Via Don E. Tincati, 5 - 43036 Fidenza (Pr), Italy
Quadro clinico della intossicazione acuta da CO
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Especially in the least severe form, making a diagnosis
can be difficult because of the vague non-specific symptoms similar to those of the flu syndrome. An increase
in diagnostic error occurrence can be caused by the
time of the year, that is the cold season, which is the
time when both exogenous source CO-poisonings and
cold syndromes are most frequent. To make a diagnosis, therefore, it is important to suspect the pathology
and to draw a blood sample - even venous blood - in
order to assess the carboxyhaemoglobin percentage.
Introduzione
Il monossido di carbonio (o ossido di Carbonio o ossido
Carbonico) scoperto da Priestley nel 1799, ha formula chimica CO.
È un gas più leggero dell’aria, incolore, inodore, insapore,
non irritante, per cui non è praticamente possibile rilevarne la presenza in un ambiente.
La concentrazione nell’atmosfera è usualmente inferiore
allo 0,001% ed è maggiore nelle aree urbane rispetto alle
zone rurali. Se è presente nella concentrazione dello 0,2%
nell’aria, si ha perdita di coscienza entro 30 minuti e morte
in 3 ore.
Fonti di monossido di carbonio
Il monossido di carbonio si forma durante la combustione
incompleta, cioè in carenza di aria (ovvero in carenza di
ossigeno) di composti del carbonio, specialmente idrocarburi. Perché la combustione sia completa è necessario che
l’aria contenga ossigeno in quantità sufficiente a trasformare tutto l’idrogeno in acqua e tutto il carbonio in biossido di carbonio (CO2) se non è così si hanno sostanze incombuste o parzialmente ossidate, come il CO. Tuttavia
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Medicina Subacquea e Iperbarica
occorre dire che anche quando la quantità di ossigeno è
teoricamente sufficiente, le reazioni non procedono fino
al completamento e nel gas proveniente dalla combustione
si trova tra l’altro del CO. Quindi il monossido di carbonio si può formare nei fornelli, caminetti, bracieri, forni,
stufe, caldaie, centrali termiche, fumi delle bocche vulcaniche, fumi legati ad incendi boschivi o di altro genere,
nella combustione della benzina delle automobili (il gas
di scarico di un’automobile può contenere dal 2% al 6%
di CO) (1). Dalla esposizione accidentale o intenzionale
a tali fonti di monossido di carbonio, ne deriva una intossicazione.
I valori di carbossiemoglobina nel sangue di soggetti non
fumatori variano dall’1 al 3% e anche fino al 4% della
emoglobina totale nei centri urbani. Invece nei fumatori,
poiché anche il fumo di tabacco è una fonte di CO, tale
valore raggiunge spesso il 10% e fino anche il 15% (2).
Il CO proveniente da tali fonti è un CO “esogeno” che
viene assorbito attraverso il respiro, ovvero i polmoni.
Una fonte di CO considerata “endogena” e spesso trascurata è il cloruro di metilene, un comune componente di
solventi e sostanze decapanti, cioè sostanze che servono
per pulire superfici metalliche, per sgrassarle e renderle
pronte ad esempio ad essere verniciate. Questa sostanza
è facilmente assorbita attraverso la pelle e come vapore
attraverso i polmoni e tramite il circolo giunge al fegato
dove il suo metabolismo produce monossido di carbonio
(3).
La produzione “endogena” di CO deriva dal catabolismo
dell’emoglobina. Inoltre il monossido di carbonio può derivare da neoplasie del colon.
Fisiopatologia
Il monossido di carbonio è facilmente assorbito attraverso
i polmoni. La quantità di gas assorbita dipende dalla ventilazione/minuto, dalla durata di esposizione e dalla concentrazione relativa del CO e dell’ossigeno nell’ambiente
(4).
Il CO è principalmente eliminato dai polmoni immodificato, meno dell’1% è ossidato a CO2. La maggior parte
del CO è legato alle proteine: emoglobina, mioglobina,
citocromi (citocromi P450, citocromo-c-ossidasi) (5) e
meno dell’1% del gas assorbito è presente fisicamente disciolto in soluzione.
La tossicità del monossido di carbonio sembra risultare
da una combinazione di ipossia tessutale e da un danno
diretto mediato da esso a livello cellulare. Il CO compete
con l’ossigeno per il legame alla emoglobina: l’affinità
dell’emoglobina per il CO è da 200 a 250 volte maggiore
della sua affinità per l’ossigeno (6). Il legame causa inoltre uno spostamento a sinistra della curva di dissociazione
dell’ossiemoglobina e una sua alterazione verso una forma
a iperbole. Queste alterazioni risultano in una compromissione del rilascio di ossigeno a livello tessutale e in una
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ipossia cellulare (7). Il solo legame del CO alla emoglobina non rende conto di tutte le conseguenze fisiopatologiche osservate. La piccola parte di CO fisicamente disciolto nel plasma ha un ruolo importante.
Abbiamo altri meccanismi di tossicità mediata dal CO. Una
ipotesi è che a livello del sistema nervoso centrale l’ipossia
tessutale indotta dal CO possa essere seguita da un danno
da riossigenazione (danno da ischemia/riperfusione). La
iperossigenazione facilita la produzione di Partially Reduced Oxygen Species (PROS) che possono ossidare proteine
essenziali e acidi nucleici, dando origine ad un tipico danno
da riperfusione (8). Inoltre l’esposizione al CO causa una
perossidazione lipidica (degradazione di acidi grassi insaturi) che porta ad una demielinizzazione reversibile dei lipidi del S.N.C. (9). L’esposizione al CO crea inoltre uno
stress ossidativo nelle cellule con produzione di radicali
dell’ossigeno che risultano dalla conversione della xantina
deidrogenasi in xantina ossidasi, la quale media la produzione di RLO (Radicali Liberi dell’Ossigeno) (10).
L’esposizione al monossido di carbonio ha un effetto dannoso in modo particolare nelle donne gravide, a causa della
grande sensibilità del feto ai pericolosi effetti del gas. Nel
feto i livelli finali di HbCO possono superare in modo significativo i livelli della madre (11); l’esagerato spostamento
a sinistra della carbossiemoglobina fetale rende l’ipossia
tessutale più severa (12). Sebbene la teratogenicità del CO
sia controversa, il rischio di danno fetale sembra essere aumentato dal monossido di carbonio (13, 14, 15).
Sintomi e segni clinici
I sintomi non sono specifici e possono suggerire un ampio
range di possibilità diagnostiche. I segni e sintomi di una
esposizione non letale al monossido di carbonio possono mimare quelli di una malattia virale non specifica. Questo, considerato anche che il periodo delle intossicazioni esogene da
CO, cioè il periodo freddo, coincide con quello delle patologie respiratorie, fa comprendere come spesso la diagnosi
di intossicazione da CO non sia diagnosticata (16).
Organi ad elevata richiesta energetica sono il sistema nervoso centrale e il miocardio, per cui essi sono molto sensibili al danno ipossico.
Come sintomatologia abbiamo spesso tachicardia, cardiopalmo e tachipnea, che sono meccanismi compensativi per
l’ipossia cellulare. È poi frequentemente presente cefalea,
vertigine, debolezza muscolare. Sono frequenti anche sintomi gastroenterici: nausea, vomito, dolore addominale. La
sintomatologia neurologica può poi presentarsi come difficoltà di concentrazione o confusione mentale; possono
esserci anche disturbi del comportamento (tipo intossicazione etilica) o nei casi più gravi stato saporoso o coma. La
sintomatologia può manifestarsi anche come pre-sincope,
sincope o convulsioni, che possono derivare dalla ipossia
cellulare e vasodilatazione cerebrale che può anche portare
ad edema cerebrale. A livello cardiaco il paziente intossi-
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cato può presentare aritmie, angina (dolore toracico) o infarto acuto del miocardio. Altra possibile manifestazione
clinica è la dispnea e l’edema polmonare. Questa sintomatologia può derivare da aumentata gittata cardiaca dovuta
alla ipossia cellulare, al legame del CO alla mioglobina e al
diminuito rilascio di ossigeno.
In pazienti con preesistenti patologie respiratorie e cardiache, possiamo avere un peggioramento dei sintomi già
presenti, per la compromissione del rilascio di ossigeno.
Raramente si ha un colorito rosso ciliegia delle labbra e
della cute, cianosi o emorragie retiniche (17-24). Quindi,
in pratica, nel soggetto intossicato la sintomatologia può
essere modesta o grave.
Nelle forme meno gravi e nelle fasi iniziali possiamo avere
una sintomatologia aspecifica: astenia, cefalea, nausea, vomito. Mentre nelle forme gravi si può arrivare dallo stato
stuporoso fino al coma, alla depressione respiratoria e alla
ipotensione.
Si possono definire delle classi di gravità:
1
2
3
4
Paziente asintomatico
Paziente con cefalea, vertigini, nausea, vomito
Paziente con: confusione mentale, lentezza di
ideazione, visione offuscata, debolezza, atassia,
anomalie comportamentali, respiro superficiale,
dispnea, tachipnea, tachicardia
Paziente con: sopore, ottundimento del sensorio,
pregressa perdita di coscienza, stato di coma, convulsioni, sincope, disorientamento, alterazioni alla
TAC encefalica o alla RMN, ipotensione, dolore
toracico, palpitazioni, aritmie, segni di ischemia
all’ECG, edema polmonare, acidosi metabolica
scompensata, rabdomiolisi, bolle cutanee
È importante considerare che in molti casi i livelli di carbossiemoglobina non sono ben correlabili alla gravità dei
sintomi.
La durata dell’esposizione sembra essere un importante
fattore connesso alla tossicità. Il permanere in un ambiente
contenente monossido di carbonio per un’ora o più ore
può incrementare la morbilità. Se non è presente nel plasma del CO disciolto, i sintomi possono essere minimi anche con livelli estremamente alti di carbossiemoglobina,
come mostrato da esperimenti negli animali. Perciò la decisione se somministrare ossigenoterapia iperbarica non
può essere fatta solo sulla base dei livelli di carbossiemoglobina (18, 26).
Complicanze
Le complicanze più importanti possono essere le seguenti:
• Neurologiche:
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•
•
•
•
– immediate: coma postanossico
– tardive: sindrome post-intervallare
Cardiache: aritmie, infarto miocardio acuto
Respiratorie: edema polmonare, emottisi
Visive: diminuzione acuità visiva, scotomi, emorragie
retiniche
Cutanee: necrosi delle ghiandole sudoripare
Sindrome post-intervallare (sindrome neuropsichiatrica
ritardata).
Molti pazienti con avvelenamento da monossido di carbonio non hanno segni acuti di compromissione cerebrale.
È stata però descritta una comparsa ritardata di sintomi
neuropsichiatrici, dopo una apparente ripresa dall’intossicazione acuta, in un periodo che va da 3 a 240 giorni
dopo l’evento. Questa eventualità, descritta come sindrome post-intervallare, viene ritenuto che possa verificarsi nel 10-30% delle vittime, ma l’incidenza riportata
varia ampiamente (27-29).
Sono stati descritti sintomi come cambiamenti cognitivi e
della personalità, parkinsonismo, incontinenza, demenza
e psicosi.
Nessun risultato clinico di laboratorio predice quali pazienti sono a rischio per questa complicanza, ma l’età avanzata sembra essere un fattore di rischio (29, 30).
Nelle persone colpite, dal 50 al 75% dei casi si ha ricovero ospedaliero entro un anno (29).
Differenti anomalie sono state mostrate dalla tomografia
computerizzata, dalle immagini di risonanza magnetica
nucleare e dalla SPECT. Le aree più comunemente implicate comprendono il globo pallido e la sostanza bianca
profonda (29, 31, 32).
I meccanismi che stanno alla base di questa sindrome non
sono certi, ma l’ipossia da sola non è sufficiente a spiegare
le manifestazioni cliniche osservate. Possono avere un ruolo
anche il danno da riperfusione post-ischemia, così come gli
effetti del monossido di carbonio sull’endotelio vascolare
e la lipoperossidazione dei lipidi cerebrali mediata dai radicali liberi dell’ossigeno (33). Inoltre, anche l’ossido nitrico liberato dalle piastrine al momento dell’esposizione
al CO è stato correlato al danno del S.N.C. (34).
Diagnosi
Poiché l’intossicazione da monossido di carbonio non ha
segni o sintomi patognomonici, per fare diagnosi è essenziale il sospettare la patologia, soprattutto da parte dei sanitari del Pronto Soccorso e gli specialisti in Medicina
d’Emergenza.
La misura dei livelli di CO da sola può essere insufficiente
per escludere la diagnosi, ma nella maggioranza dei casi,
aumentati livelli di carbossiemoglobina saranno diagnostici. I livelli sierici di carbossiemoglobina possono essere
già diminuiti in modo sostanziale al momento della presentazione al dipartimento di emergenza. Perciò, valori
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Medicina Subacquea e Iperbarica
elevati di CO nell’aria ambiente a cui è stato esposto il paziente, possono aiutare per la diagnosi: questa rilevazione
può essere fatta dai Vigili del Fuoco e dovrebbe essere
consigliata. Il sangue ottenuto sulla scena dell’intossicazione da parte dei sanitari, può essere utile per confermare la diagnosi. Campioni di sangue venoso sono adeguati per misurare la carbossiemoglobina (35), sebbene
campioni arteriosi tengono meglio conto della determinazione aggiuntiva di una coesistente acidosi. La pulsossimetria tradizionale non riesce a distinguere la carbossiemoglobina dalla ossiemoglobina (36, 37), occorre una valutazione spettrofotometrica.
Quindi per fare diagnosi occorre considerare:
– sintomi clinici
– anamnesi
– valori di HbCO
Per aiutarsi nel far diagnosi tenere presente:
– stagionalità
– presenza di possibili fonti di CO
– contemporanea presenza di sintomi in più persone
– insorgenza dei sintomi in un soggetto precedentemente
in stato di benessere
Diagnosi differenziale:
– sindromi da raffreddamento
– disturbi gastroenterici aspecifici
– patologie neurologiche organiche
– accidenti cerebro e cardio-vascolari
– cefalee
– sindromi vertiginose (16)
L’errore diagnostico avviene più frequentemente con le
seguenti patologie:
– Intossicazioni alimentari
– Patologie psichiatriche
– Patologie cardiache (con angina o sincope quali sintomi di presentazione)
– Intossicazione alcolica
– Intossicazione acuta da solventi
– Cefalea, emicrania
– Patologie ischemiche cerebrali
– Emorragia cerebrale
– Tumori cerebrali (convulsioni)
Nella nostra esperienza l’errore più frequente si ha nei
confronti della sindrome influenzale (38).
Quando la diagnosi di intossicazione da CO è stata fatta,
dovrebbe essere eseguito un esame neurologico dettagliato e un test neuropsicologico, per documentare anomalie neurologiche e neuropsichiatriche, che possono
essere sottili. Una TAC encefalo non è utile per fare diagnosi di intossicazione da CO, ma può essere impiegata
per escludere altre condizioni che possono risultare in
cambiamenti dello stato mentale o perdita di coscienza
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in pazienti che si presentano presso un Reparto di Terapia Intensiva (39).
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Perché trattare la intossicazione acuta
da CO con ossigeno iperbarico?
G. Vezzani
AUSL Parma, P.O. Vaio-Fidenza
U.O. Anestesia-Rianimazione, Terapia Iperbarica e Antalgica
SUMMARY
Summary: followed the evolution of the physiopathology caused by CO intoxication, is highlighted the increased in speed of CO detoxification from the hemoglobin, with an increase in the pressure of the oxygen
administered. It is stressed the Hyperbaric oxygen
(HBO) action on the cytochrome a-a3 oxydase and
the speedup of the CO detachment, therefore reference is made to the CO action on the leucocytes bond.
To conclude is outlined the action of HBO as an intracellular signal transducer.
Nel 1860 C. Bernard dimostrò per primo, alla Università
della Sorbona a Parigi, che CO determina la morte per
“asfissia”, in quanto il gas si combina chimicamente con
l’emoglobina inibendo il trasporto dell’ossigeno. Alla fine
dell’800 J.S. Haldane propose di portare nelle miniere di
carbone dei canarini la cui caduta a terra avrebbe segnalato tempestivamente la presenza di CO, vista la piccola
mole degli uccelli e un circolo estremamente ipercinetico
rispetto agli umani. Verso il 1920 O. Warburg in Germania dimostrò che CO bloccava la respirazione cellulare in
modo reversibile e che il bersaglio del CO corrispondeva
al picco di assorbimento della luce alla stessa lunghezza
d’onda del Citocromo C ossidasi. Nel 1940 si scoprì che
il composto CO-Emoglobina (COHb) spostava la curva
di dissociazione della stessa verso sinistra. Nel 1950 fu
scoperta la vasta famiglia dei Citocromi P450 (circa 650
nella specie umana), con picco di assorbimento del CO a
Indirizzo per la richiesta di estratti:
G. Vezzani
Ospedale di Vaio-Fidenza ASL Parma
Servizio di Anestesia,
Rianimazione e Terapia Iperbarica
Via Don E. Tincati, 5 - 43036 Fidenza (Pr), Italy
Perché trattare la intossicazione acuta da CO con ossigeno iperbarico?
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Tabella 1.
NBO = ossigeno normobarico. HBO 2 ATA = Ossigeno
Iperbarico a 2 Atmosfere Assolute. HBO 3 ATA = Ossigeno Iperbarico a 3 Atmosfere Assolute.
450 nanometri nel campo UV. Nello stesso periodo (1) si
scoprì che dal catabolismo dell’Eme si produceva CO endogeno. In questi anni fu proposto per la prima volta (2)
l’impiego della OTI nell’intossicazione acuta da CO in
quanto fu dimostrato un incremento della velocità di eliminazione del tossico somministrando ossigeno in camera
iperbarica.
Respirando aria il tempo di dimezzamento di COHb è di
320’ che si riduce a 90’ respirando ossigeno normobarico,
a 35 minuti respirando ossigeno a 2 ATA e 22’ minuti respirando ossigeno a 3 ATA.
Fondamentale fu la scoperta di Coburn (3) che dimostrò
in vivo che CO lega la mioglobina sia scheletrica che cardiaca in proporzione al rapporto intracellulare CO/O2,
tuttavia già alla fine dell’800 Haldane aveva stabilito che
in condizioni di “steady-state” il rapporto COHb e OHb
era M volte il rapporto fra la pressione parziale di CO e
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Medicina Subacquea e Iperbarica
O2, dove M è una costante che per la emoglobina umana
è calcolata a circa 200, in altri termini, CO ha un’affinità
200 volte superiore a O2 per Hb.
La presenza di ipossia tissutale produce numerosi effetti
cellulari, favorendo l’uptake intracellulare di CO, rallentando per quanto detto sopra, la dismissione di CO. Il
dato fondamentale è che il bersaglio preferito di CO è il
ferro ferroso (Fe2+) di qualunque emoproteina intra ed extravascolare e che l’ipossia indotta dal CO favorisce ulteriormente il legame di CO al Fe2+ e incrementa il contenuto intracellulare di Fe2+. Nella tabella 2 sono elencate
le proteine portatrici di Fe2+ più comuni, ed alcuni effetti
endocellulari.
Dunque una “prima linea” per contrastare l’azione tossica del CO mediante OTI è la riduzione dei tempi di dimezzamento della COHb.
Per quanto da tempo “sospettato”, solo con il lavoro di
Brown e Piantadosi (4) nel 1990 si dimostrò in vivo che
CO era in grado di legare il Citocromo a-a3, in cellule cerebrali con normale circolazione di emoglobina, inibendo
la normale funzione respiratoria mitocondriale, e che
l’esposizione all’ossigeno iperbarico a 3 ATA era in grado
di accelerare il distacco di CO. Se inoltre si accetta il concetto che la intossicazione acuta da CO sia un fenomeno
di ischemia-riperfusione, al momento del distacco di CO
nella fase di riossigenazione, vi sarà un forte incremento
della generazione di specie radicaliche dell’ossigeno, in
specie perossido di idrogeno, in quanto la funzione del citocromoossidasi mitocondriale riprende lentamente anche dopo il ripristino di una normale PO2 intracellulare.
Tutto questo sembra essere vero se si somministra ossigeno normobarico, ma non accade se si somministra ossigeno iperbarico, come si dirà più avanti.
In effetti si può vedere in questo caso un’azione dell’ossigeno iperbarico come una “seconda linea d’azione”, dopo
l’azione sui tempi di dimezzamento di COHb.
Fino al 1990 l’azione dell’ossigeno iperbarico era confinata all’incremento della velocità di liberazione del Fe2+
dal CO, ma con due lavori successivi nel marzo e settembre dello stesso anno, S. Thom apriva un modo completamente nuovo di vedere l’azione dell’ossigeno iperbarico.
Infatti nel lavoro pubblicato in marzo (5), si documentava
nell’omogenato cerebrale di ratto intossicato da CO, un
forte incremento della lipoperossidazione cellulare mediante la metodica dei dieni coniugati e dell’acido tiobarbiturico, nel successivo lavoro del settembre (6), si documentava l’inibizione della lipoperossidazione da parte
dell’ossigeno massima a 3 ATA, modesta a 2 ATA, e nulla
a 1 ATA (quanto è efficace l’ossigeno normobarico nella
intossicazione acuta da CO?). Il meccanismo della lipoperossidazione fu chiarito con due lavori pubblicati nel
1993 (7-8). Nel primo si documentava la capacità di CO
di attivare i polimorfonucleati neutrofili (PMN) del circolo cerebrale e da questi prendeva avvio il danno endoteliale, vero punto nodale per tutta la successiva fisiopatologia e clinica dell’intossicazione acuta da CO. Nel se-
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Tabella 2.
•
•
•
•
•
•
•
•
Emoglobina
Mioglobina
Citocromo-ossidasi
Citocromo P-450
Catalasi
Perossidasi
Guanilato ciclasi
Il legame con le emoproteine è causa di stress ossidativo e nitrosativo e può determinare morte cellulare
sia per necrosi ed apoptosi
condo lavoro si documentava il ruolo fondamentale delle
ß2-Integrine quali molecole (non uniche) dell’adesività
PMN-Endotelio e l’inibizione funzionale di tali molecole
da parte dell’ossigeno iperbarico, portando alla luce il
complesso rapporto tuttora non ben compreso fra Guanilato Ciclasi, sintesi di Monossido di Azoto, Monossido
di carbonio e Ossigeno iperbarico. Ma nel 1996 si delineava completamente il nuovo concetto relativo all’azione
dell’ossigeno iperbarico nell’intossicazione acuta da CO,
poiché Thom dimostrava che il pretrattamento con OTI
preveniva il danno cerebrale da CO, perfino se il pretrattamento era fatto 24 ore prima dell’intossicazione (9). I
molteplici lavori di Thom e collaboratori hanno permesso
di formulare il concetto di “terza linea” d’azione dell’ossigeno iperbarico, chiarendo inoltre un modello generale
d’azione della ossigeno-terapia iperbarica applicabile a situazioni cliniche molto lontane fra loro apparentemente
(Malattia da Decompressione, fenomeno di Ischemia-Riperfusione propriamente detto, effetto endotelio protettivo dell’ossigeno iperbarico nelle sepsi, ecc.) ma nelle
quali l’endotelio sembra essere il bersaglio primo e preferito.
Attualmente ci si pone il problema delle possibilità che
l’ossigeno somministrato a pressioni più elevate di quella
atmosferica abbia anche effetti come “trasduttore” di segnale intracellulare (10-11), non è ovviamente un concetto
nuovo che il variare delle pressioni di ossigeno tissutale
possa fungere da induttore della sintesi di enzimi antiossidanti, o modulare l’espressione di citochine o indurre la
chiusura del dotto di Botallo dopo la nascita (12), si intravede quindi il campo di studi prossimo: vale a dire una
“quarta linea” d’azione dell’ossigeno iperbarico tutta incentrata sugli effetti endocellulari dell’ossigeno somministrato ad alta pressione.
Il significato della percentuale
di carbomonossiemoglobinemia (COHb)
Il CO inalato attraversa rapidamente la membrana alveolo-capillare ed entra nello spazio intravascolare dove si
lega primariamente all’emoglobina e la maggior parte ri-
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Medicina Subacquea e Iperbarica
mane nei globuli rossi, e quindi inizia una fase di equilibrio soprattutto verso mioglobina e l’eme di proteine enzimatiche, al raggiungimento del punto di equilibrio 80%
di CO è nello spazio vascolare e il 20% nello spazio extravascolare. In aggiunta vi è la produzione endogena di
CO che nell’adulto sano è di circa 12 mL/die, una parte
è ossidata nei mitocondri a CO2, una parte si lega all’eme
di proteine enzimatiche e una parte entra nel sangue ed è
eliminata per via respiratoria. Se dopo l’avvelenamento
viene somministrato O2, la PO2 nel comparto vascolare
aumenta più rapidamente che non nel comparto extravascolare, e quindi l’insieme del CO del comparto vascolare
viene eliminato più rapidamente rispetto al comparto extravascolare, questa è in genere la situazione clinica che si
presenta all’osservazione nei centri iperbarici o anche nei
Pronto soccorso se il paziente ha inalato ossigeno durante
il trasporto, vale a dire una percentuale di COHb piuttosto bassa, ma sicuramente un ammontare di CO ancora
elevato nel comparto extravascolare.
Per capire quanto ingannevole possa essere la percentuale
di COHb quale segno di gravità dell’intossicazione si rammenta che il movimento di CO attraverso la membrana
alveolo-capillare è regolato dall’equazione di Coburn-Foster-Kane e dipende da:
• pressione parziale di CO e O2 nella miscela inspirata
• il contenuto dei due gas nel sangue
• diffusibilità alveolo-capillare di CO
• ventilazione alveolare
• durata dell’esposizione
• perfusione polmonare
Proprio la presenza di tutte queste variabili e non solo la
quantità di ossigeno inspirato quindi, rende la percentuale
di HbCO un dato non attendibile per valutare la gravità
clinica dell’intossicazione acuta da CO.
Di seguito sono riportati gli abstract dei lavori prospettici
randomizzati finora effettuati.
Trial of normobaric and hyperbaric oxygen
for acute carbon monoxide intoxication
JC Raphael, D Elkharrat, MC Jars-Guincestre, C Chastang,
V Chasles, JB Vercken, and P Gajdos
Lancet, Aug 1989; 2: 414-9. Clinical trial
The value of hyperbaric oxygen in the treatment of acute
carbon monoxide intoxication was assessed in 629 adults
who had been poisoned at home in the 12 h before admission to hospital. In patients without initial impairment
of consciousness (group A) the effect of 6 h of normobaric oxygen (NBO) (group A0, n = 170) was compared
with that of 2 h of hyperbaric oxygen (HBO) at 2 atmospheres absolute (ATA) plus 4 h NBO (group A1, n = 173).
At the 1 month follow-up 66% of A0 and 68% of A1 patients had recovered. In patients with initial impairment
of consciousness the effect of one session of HBO (group
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B1, n = 145) was compared with that of two sessions
(group B2, n = 141); all group B patients also received 4
h of NBO. At 1 month of follow-up 54% group B1 and
52% group B2 patients had recovered. The 7 patients left
with neuropsychiatric sequelae (3 B1, 4 B2) and the 4 who
died (2 B1, 2 B2) had all presented with coma. HBO was
not useful in patients who did not lose consciousness during carbon monoxide intoxication, irrespective of their
carboxyhaemoglobin level, nor were two sessions of HBO
in patients who sustained only a brief loss of consciousness. The prognosis is poorest for those presenting with
coma; the trial needs to be pursued in this group of patients until the power of the study is sufficient to demonstrate the value or otherwise of HBO.
Considerazioni: questo lavoro ha il merito di essere stato
il primo trial prospettico randomizzato, ma presenta criticità sui criteri di ammissione, pressioni di trattamento
troppo basse, 2 ATA, trattamenti iperbarici effettuati anche dopo 12 ore, criteri di valutazione dell’outcome piuttosto inconsistenti.
Delayed neuropsychologic sequelae after
carbon monoxide poisoning: prevention by
treatment with hyperbaric oxygen
SR Thom, RL Taber, II Mendiguren, JM Clark, KR Hardy,
and AB Fisher
Ann Emerg Med, Apr 1995; 25: 474-80. Clinical trial
STUDY OBJECTIVE: Carbon monoxide (CO) poisoning is a major clinical problem. The risk of morbidity and
the most effective treatment have not been clearly established. We measured the incidence of delayed neurologic
sequelae (DNS) in a group of patients acutely poisoned
with CO and tested the null hypothesis that the incidence
would not be affected by treatment with hyperbaric oxygen (HBO). DESIGN: We conducted a prospective, randomized study in patients with mild to moderate CO poisoning who presented within 6 hours. Patients had no history of loss of consciousness or cardiac instability. INTERVENTIONS: The incidence of DNS was compared between groups treated with ambient pressure 100% oxygen or HBO (2.8 ATA for 30 minutes followed by 2.0 ATA
oxygen for 90 minutes). DNS were defined as development of new symptoms after oxygen treatment plus deterioration on one or more subtests of a standardized neuropsychologic screening battery. RESULTS: In 7 of 30 patients (23%), DNS developed after treatment with ambient-pressure oxygen, whereas no sequelae developed in
30 patients after HBO treatment (P < .05). DNS occurred
6 +/–1 (mean +/–SE) days after poisoning and persisted
41 +/–8 days. At follow-up 4 weeks after poisoning, patients who had been treated with ambient pressure oxygen and had not sustained DNS exhibited a worse mean
score on one subtest, Trail Making, compared with the
group treated with HBO and with a control group
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matched according to age and education level. There were
no differences in scores between the control group and
the hyperbaric oxygen group. CONCLUSION: DNS after CO poisoning cannot be predicted on the basis of a
patient’s clinical history or CO level. HBO treatment decreased the incidence of DNS after CO poisoning.
Considerazioni: il disegno del lavoro è costruito in modo
ottimale e i dati sono concordi con molte “cases series”
in cui l’intossicazione da CO è trattata con OTI.
Hyperbaric or normobaric oxygen for
acute carbon monoxide poisoning: a
randomised controlled clinical trial
CD Scheinkestel, M Bailey, PS Myles, K Jones, DJ Cooper,
IL Millar, and DV Tuxen
Med J Aust, March 1, 1999; 170(5): 203-10
STUDY OBJECTIVE: To assess neurological sequelae in
patients with all grades of carbon monoxide (CO) poisoning after treatment with hyperbaric oxygen (HBO) and
normobaric oxygen (NBO). DESIGN: Randomised controlled double-blind trial, including an extended series of
neuropsychological tests and sham treatments in a multiplace hyperbaric chamber for patients treated with NBO.
SETTING: The multiplace hyperbaric chamber at the Alfred Hospital, a university-attached quarternary referral
centre in Melbourne providing the only hyperbaric service
in the State of Victoria. PATIENTS: All patients referred
with CO poisoning between 1 September 1993 and 30 December 1995, irrespective of severity of poisoning. Pregnant
women, children, burns victims and those refusing consent
were excluded. INTERVENTION: Daily 100-minute treatments with 100% oxygen in a hyperbaric chamber – 60
minutes at 2.8 atmospheres absolute for the HBO group
and at 1.0 atmosphere absolute for the NBO group – for
three days (or for six days for patients who were clinically
abnormal or had poor neuropsychological outcome after
three treatments). Both groups received continuous high
flow oxygen between treatments. MAIN OUTCOME MEASURES: Neuropsychological performance at completion
of treatment, and at one month where possible. RESULTS:
More patients in the HBO group required additional treatments (28% v. 15%, P = 0.01 for all patients; 35% v.
13%, P = 0.001 for severely poisoned patients). HBO patients had a worse outcome in the learning test at completion of treatment (P = 0.01 for all patients; P = 0.005 for
severely poisoned patients) and a greater number of abnormal test results at completion of treatment (P = 0.02 for all
patients; P = 0.008 for severely poisoned patients). A greater percentage of severely poisoned patients in the HBO
group had a poor outcome at completion of treatment (P
= 0.03). Delayed neurological sequelae were restricted to
HBO patients (P = 0.03). No outcome measure was worse
in the NBO group. CONCLUSION: In this trial, in which
both groups received high doses of oxygen, HBO therapy
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did not benefit, and may have worsened, the outcome. We
cannot recommend its use in CO poisoning.
PMID: 10092916 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Considerazioni: il lavoro suscitò molti apprezzamenti positivi appena pubblicato, (dopo che New England Journal
of Medicine ne aveva rifiutato la pubblicazione) quale
prova definitiva della mancanza di efficacia della OTI in
corso di intossicazione da CO, ma ad una lettura più attenta ci si accorse di numerose criticità per cui più appropriatamente fu definito lavoro “parascientifico”. Il criterio di arruolamento dei pazienti era del tutto nebuloso, la
differenza fra le dosi di O2 fra i bracci della sperimentazione (O2 normobarico vs O2 iperbarico) erano inconsistenti, furono usate dosi di O2 normobarico assolutamente
al di fuori dei consueti schemi terapeutici, solo il 46% dei
pazienti fu sottoposto a follow-up e tra questi molti erano
etilisti suicidi o pazienti suicidi in pesante trattamento con
psicofarmaci per cui l’attendibilità dei test psicometrici
fu in pratica nulla. Come giustamente conclude C. Piantadosi: un trial può essere negativo per una serie di cattive ragioni, incluso il cattivo disegno scientifico del trial
(13).
Hyperbaric oxygen for acute carbon monoxide poisoning.
LK Weaver, RO Hopkins, KJ Chan, S Churchill, CG Elliott, TP Clemmer, JF Orme Jr, FO Thomas, and AH Morris
N. Engl. J. Med., Oct 2002; 347: 1057-67. Clinical trial
BACKGROUND: Patients with acute carbon monoxide
poisoning commonly have cognitive sequelae. We conducted a double-blind, randomized trial to evaluate the
effect of hyperbaric-oxygen treatment on such cognitive
sequelae. METHODS: We randomly assigned patients
with symptomatic acute carbon monoxide poisoning in
equal proportions to three chamber sessions within a
24-hour period, consisting of either three hyperbaric-oxygen treatments or one normobaric-oxygen treatment plus
two sessions of exposure to normobaric room air. Oxygen treatments were administered from a high-flow reservoir through a face mask that prevented rebreathing or
by endotracheal tube. Neuropsychological tests were administered immediately after chamber sessions 1 and 3,
and 2 weeks, 6 weeks, 6 months, and 12 months after enrollment. The primary outcome was cognitive sequelae
six weeks after carbon monoxide poisoning. RESULTS:
The trial was stopped after the third of four scheduled interim analyses, at which point there were 76 patients in
each group. Cognitive sequelae at six weeks were less frequent in the hyperbaric-oxygen group (19 of 76 [25.0 percent]) than in the normobaric-oxygen group (35 of 76
[46.1 percent], P=0.007), even after adjustment for cerebellar dysfunction and for stratification variables (adjusted
odds ratio, 0.45 [95 percent confidence interval, 0.22 to
0.92]; P=0.03). The presence of cerebellar dysfunction
before treatment was associated with the occurrence of
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cognitive sequelae (odds ratio, 5.71 [95 percent confidence interval, 1.69 to 19.31]; P=0.005) and was more frequent in the normobaric-oxygen group (15 percent vs. 4
percent, P=0.03). Cognitive sequelae were less frequent
in the hyperbaric-oxygen group at 12 months, according
to the intention-to-treat analysis (P=0.04). CONCLUSIONS: Three hyperbaric-oxygen treatments within a
24-hour period appeared to reduce the risk of cognitive
sequelae 6 weeks and 12 months after acute carbon monoxide poisoning
Considerazioni: unanimemente sono stati riconosciuti a
questo lavoro molti punti forti: la definizione degli “endpoints” a priori, la conservazione del doppio cieco per
tutta la sperimentazione, la correzione dei test neuropsichiatrici per età, sesso tipo di educazione, il follow-up eccezionale: 94%.
Mathieu D
Undersea Hyperbaric Med J 1996 (abstract)
At an interim analysis of a prospective multicenter study.
Five hundred and seventy five non-comatose patients were
randomized to receive either HBO (1 session, 2.5 ata, for
90 minutes) or NBO (12 hours). Follow-up was done at
1, 3, 6, 9 and 12 months. A significant difference in favour
of HBO existed at 3 months (8.7% vs 15.2%, p<0.016).
The difference lessened at 6 months and disappeared at
1 year. However the reduction in morbidity within the
first six months is important to consider and would have
great economic impact on the ability.
Considerazioni: il lavoro è comparso solo in forma di abstract, è un lavoro ben costruito che avrebbe meritato il
completamento.
Ducassè JL
Undersea Hyperbaric Med J 1995 (abstract)
… included 26 non-comatose patients treated by HBO or
NBO. Evaluation was done by clinical examination, electroencephalogram and cerebral blood flow response to
acetazolamide. A significant benefit at 3 weeks was found
in the HBO treated group. Limitations of this study included its small sample size and the use of surrogate outcome measures.
Considerazioni: lavoro comparso solo in forma di abstract,
con alcune criticità: il campione di pazienti è piuttosto ridotto, il periodo di follow-up è troppo breve, non vengono indagate eventuali alterazioni delle funzioni cognitive.
Riassunto
Viene seguita l’evoluzione fisiopatologica dell’intossicazione acuta da CO, mettendo in rilievo l’incremento della
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velocità di dissociazione del CO dall’emoglobina, con l’incremento delle pressioni di somministrazione dell’ossigeno. Si sottolinea l’azione dell’ossigeno iperbarico (HBO)
sulle citocromoossidasi a-a3 e l’accelerazione del distacco
del CO, e quindi si riferisce sull’azione del CO nel contesto dell’adesività dei polimorfonucleati. Al fine si prospetta
l’azione di HBO as intracellular signal transducer.
Bibliografia
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Biological Effects of Endogenous Carbon
Monoxide, CO
J.B. Dean, D.P. D’Agostino
Department of Molecular Pharmacology and Physiology, Hyperbaric Biomedical Research Laboratory, College of Medicine, MDC 8, University of South Florida, Tampa, FL USA
RIASSUNTO
La produzione endogena di CO è strettamente collegata alla disponibilità di ossigeno e all’attività di HO
(eme-ossigenasi). Non sorprende che HO sia presente, come sensore di ossigeno, nelle cellule deputate al controllo neurogeno del respiro. I dati indicano che HO-CO può funzionare con meccanismi divergenti al fine di modulare l’eccitabilità neurale nel
tronco dell’encefalo o nel giorno carotideo. La maggior parte delle evidenze indica chiaramente che HO-2
e la produzione di CO endogeno sono coinvolte nella
sensibilità all’ossigeno per il controllo respiratorio.
Sono comunque necessari altri lavori per chiarire il
ruolo di HO-CO nei centri respiratori.
Introduction
Exogenous carbon monoxide (CO) is an insidious killer.
If the patient survives acute CO poisoning, the lethal gas
can still silently rob the afflicted of normal brain function
in the weeks to come (1, 2). CO is a colorless, odorless,
non-irritating but highly poisonous gas that occurs ubiquitously in our environment, binding preferentially to
hemoglobin over oxygen to yield carboxyhemoglobin and
render the afflicted hypoxemic within minutes. The ensuing tissue hypoxia is not the only lethal consequence of
acute CO poisoning; additional cellular toxicity occurs resulting in uncontrolled general anesthesia, apnea and asIndirizzo per la richiesta di estratti:
J.B. Dean
Dpt. of Mol. Pharm. and Physiol. Hyperbaric
Biomedical Research Lab., College of Medicine,
MDC 8, University of South Florida,
12901 Bruce B. Downs Blvd., Tampa, FL 33612 USA
Biological Effects of Endogenous Carbon Monoxide, CO
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phyxia and eventually delayed brain injury with extensive
membrane lipid peroxidation (2, 3).
Given these lethal effects of CO poisoning, it seems almost
paradoxical that endogenous CO is an essential, ubiquitous
signaling molecule that participates in normal signal transduction in many types of tissue (4, 5), including in the central and peripheral nervous systems (4, 6, 7). In the nervous
system, endogenous CO is one of three gases, along with
nitric oxide (NO) and hydrogen sulfide (H2S) (5), to function as neurotransmitters. These gases are referred to as
“atypical neural messengers” because they are not packaged in synaptic vesicles and they do not bind to post-synaptic receptors. Instead, CO gas molecules are synthesized inside cells as needed and diffuse out into the extracellular
milieu to act locally in a paracrine or autocrine manner by
affecting ion channels (8-10) or, alternatively, activating soluble guanylate cyclase (sGC) and cytosolic cGMP (9,
11).
Endogenous CO has been implicated in body temperature
regulation (12), vasomotor control (13), and cardio-respiratory control (6, 7, 14-17) to name a few of its biological
functions (4). As an example of one of the biological effects
of endogenous CO, we will briefly review the role of CO
in respiratory control, focusing on the role of CO in oxygen (hypoxia) sensing in the brain stem and carotid body
(6, 7, 14, 15).
Intracellular Synthesis of CO Requires
Heme, Oxygen and Heme Oxygenase
Endogenous CO is synthesized inside cells by oxidation
of heme in the presence molecular oxygen and heme oxygenase (HO). The catabolism of heme yields CO, free iron
and biliverdin (4, 7, 11). The reaction also occurs to a lesser extent in the presence of molecular O2 and NADPH/
cytochrome P450 reductase (7, 18). The HO-CO path-
Dean, D’Agostino
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Medicina Subacquea e Iperbarica
way is inhibited by certain metalloporphyrins by selective
inhibition of HO activity, resulting in decreased production of CO (4). Three isozymes of HO have been identified: inducible HO-1 activity occurs in tissues with a high
degree of heme turnover, such as the spleen and liver; constitutively expressed HO-2, which occurs primarily in the
brain and testies (19); and constitutively expressed HO-3,
which also occur primarily in the brain, but it has received less study and will not be considered further here at
this time (20).
HO-CO Pathway and Oxygen Sensing
(Hypoxia)
Heme-based proteins, such as HO, are thought to function as oxygen sensors during hypoxia. A number of tissues that function in maintenance of oxygen homeostasis
contain HO and include certain brainstem respiratory
centers (4, 6), carotid body (CB) chemoreceptors (15, 21),
petrosal ganglion (7), pulmonary vasculature (22), cerebral vasculature (23), and airway smooth muscle (24).
HO-1 is induced by various stress conditions including
hypoxia (6, 25). HO-2 accounts for most of the HO in the
CNS (4, 6) and it is also upregulated by hypoxia (7).
HO-2 has a catalytic binding site for heme that is thought to initiate HO-2 activation during hypoxia (4). In addition, HO-2 has two high-affinity heme binding sites
(heme regulatory motifs, HRMs) that bind heme but do
not catalyze heme degradation (26-28). One proposed mechanism of O2 sensing postulates that cysteine residues on
HRMs bestow sites for redox modulation during exposure to hypoxia: in the absence of O2, cysteine moieties
on heme are reduced and maintain heme iron in the reduced ferrous state to facilitate O2 binding to heme (29).
Additionally, during hypoxia, there is an increase in degradation of heme protein (α and β chains of hemoglobin, denatured myoglobin, methemoglobin and proteolytic products of cytochrome c) leading to increased availability of heme to serve as substrate for enzymatic synthesis of CO and biliverdin (9, 30). An alternative mechanism of O2 sensing proposes that hypoxia increases intracellular Ca2+ release from the endoplasmic reticulum and
mitochondria, which activates protein kinase C (PKC) to
phosphorylate casein kinase 2 (CK2) and, in turn, phosphorylate and activate HO-2 (9).
HO-CO pathway and Control of Breathing
The mammalian respiratory control system is highly sensitive to changes in oxygen tension. For example, hypoxia increases breathing by stimulating peripheral O2 chemoreceptors of the CB (7, 15, 18, 21) and central O2 chemoreceptors in the rostroventrolateral medulla (RVLM)
and PreBötzinger Complex (9, 31, 32). Our current un-
Biological Effects of Endogenous Carbon Monoxide, CO
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N. 2 - Giugno 2007 f 35
derstanding of the HO-CO pathway in O2 sensing during
hypoxia and respiratory control has been accomplished
by studying the effects of metalloporphyrins (selective inhibitors of HO) on O2 sensitivity of whole animals, HO-2
knock out mice (KOHO-2), isolated CB tissue, brainstem
tissue slices, and single brain stem neurons and CB glomus cells and membranes. The results of this varied approach – in terms of animals, tissues and cells – have yielded, at times, conflicting results. Regardless, it is clear that
HO-2 and endogenous CO and HO are involved in O2
chemoreception and respiratory control (9, 18).
Whole Animals: O2-sensitivity of breathing. KOHO-2 mice
produce significantly less HO-2 and thus less endogenous
CO. What happens to O2 sensitivity of the respiratory system in animals lacking HO-2? Awake, unanesthetized
KOHO-2 mice are hypoxemic while breathing normoxic air.
Hypoxemia does not result from alveolar hypoventilation
or shunting, but is most likely due to HO-CO disruption
of pulmonary chemosensitivity—the hypoxic pulmonary
vasoconstriction mechanism—resulting in increased mismatch of ventilation-perfusion throughout the lung and
thus, hypoxemia (14).
Awake KOHO-2 mice also have a significantly reduced hypoxic ventilatory response (HVR). Presumably, as we will
discuss next, the reduced HVR is caused by the lack of
the HO-CO pathway in O2-sensitive brain stem neurons;
RVLM express HO-2 and require the HO-CO pathway
for hypoxia-induced depolarization (9). This has not yet
been tested directly, however, in RVLM neurons harvested from KOOH-2 mice.
Brainstem Neurons. HO-2 is expressed in neurons in many
regions of the brainstem associated with respiratory control (4, 6, 9). D’Agostino has shown (9) that inhibition of
the HO-CO pathway, using the metalloporphyrin SnPP-9,
blocked hypoxia-excited neurons in the RVLM that express HO-2 (cell culture). Conversely, inhibition of HOCO with SnPP-9 had no effect of hypoxia-inhibited neurons in the RVLM that do not express HO-2. Hypoxia
was induced using histotoxic hypoxia (NaCN) and hypoxic hypoxia and gave similar results. The investigator has
proposed a model whereby hypoxia-induced CO works
via sGC and cGMP to increase inward Na+ conductance
and decrease various outward K+ conductances to cause
depolarization and increased firing rate (9). Biliverdin, likewise, may activate Na+ conductance and decrease K+
conductances via a redox signaling pathway (9).
Carotid Body, CB. In contrast to studies in intact and awake
KOHO-2 animals, in vitro studies using CB tissue slices, harvested from KOHO-2 mice, revealed that HO-2 deficient
mice exhibited a remarkable CB phenotype – hypertrophy and down regulation of K+ channels – but their O2
sensitivity to hypoxia, as measured by catecholamine release using amperometry, was unchanged from that of control animals (33). These investigators concluded that while
HO-2 and CO modulate CB function they are not absolutely necessary for O2 sensing per se in the CB.
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Prabhakar and co-workers, however, have proposed a role
for the HO-CO pathway in O2 sensing by the CB (7, 15,
21). They postulate that during normoxia, activation of
the HO-2 and CO pathway stimulates opening of the outwardly conducting BKCa channels to render the glomus
cells less excitable; recall that O2-sensitivity in glomus cells
is caused by inhibition of large conductance, calcium-dependent potassium channels known as BKCa channels (18).
During hypoxia, CO production decreases and causes inhibition and closure of BKCa channels to depolarize CB
glomus cells. Kemp and colleagues (8, 10) have shown
that HO-2 assembles with recombinant human BKCa protein and that the enzyme confers O2 sensitivity to the BKCa
channel. They propose that HO-2 functions as an O2 sensor of native and recombinant BKCa channels. Their model postulates that the BKCa α-subunit is associated with
HO-2 in the plasma membrane. During normoxia, HO-2
is activated and CO maintains the BKCa channel open so
that glomus cells are less excitable. During hypoxia, O2
availability decreases and becomes rate limiting for the
HO-CO pathway. The ensuing decrease in CO induces
BKCa channel closure and glomus cell depolarization.
Thus, in the CB, production of CO during normoxia works
to maintain potassium channels open to reduce cellular excitability (7, 8, 10, 15, 21). Conversely, in RVLM neurons,
production of CO during hypoxia works to increase neuronal excitability, presumably by closing potassium channels and/or opening sodium channels (9).
pathway in the respiratory centers of the brainstem versus the CB and, moreover, that additional O2 sensor mechanisms may need to be considered (18).
In summary, endogenous CO production is closely linked
to O2 availability and activity of HO. It is not surprising
that HO is expressed in cells that function in the neural
control of breathing since O2 sensing is one of the requirements for the system. The evidence to date suggests that
HO-CO may work by divergent mechanisms to modulate
neural excitability in the brain stem versus the CB. Regardless, it is clear from the majority of evidence that HO-2
and CO production are involved in O2 sensing for respiratory control. Clearly, further work is needed to clarify
the role of HO-CO.
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Dean, D’Agostino
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Medicina Subacquea e Iperbarica
N. 2 - Giugno 2007 f 38
Atomic Force Microscopy (AFM)
Analysis of Hyperoxia-Induced Morphological
Changes in Cellular Membranes
D.P. D’Agostino, J.B. Dean
Department of Molecular Pharmacology and Physiology, Hyperbaric Biomedical Research
Laboratory, College of Medicine, MDC 8, University of South Florida - Tampa, FL USA
RIASSUNTO
Il microscopio AFM consente di valutare le proprietà
topografiche di superficie, peso, volume, elasticità e attrito. Le immagini acquisite vengono poi elaborate attraverso un computer che ne consente la ricostruzione
tridimensionale. Le immagini dell’AFM possono essere
ottenute anche su cellule viventi, con una risoluzione
maggiore rispetto ai normali microscopi ottici. Utilizzando questo strumento, in nostri recenti studi, abbiamo
esaminato l’effetto dello stress ossidativo (Perossido di
idrogeno, iperossia) sulla morfologia della membrana
plasmatica in diverse linee cellulari simil neuronali. I risultati di questi studi hanno dimostrato che:
1. l’iperossia sia normobarica che iperbarica induce
modificazioni morfologiche sulla membrana plasmatica simili a quelle provocate dallo stress ossidativo;
2. il trattamento antiossidante con Trolox C previene
il danno ossidativo della membrana plasmatica;
3. AFM è estremamente utile nella valutazione delle
variazioni morfologiche di membrana da stress ossidativo;
4. l’iperossia e lo stress ossidativo indotto da perossido di idrogeno incrementano la lipoperossidazione della membrana cellulare.
Questi studi dimostrano le numerose applicazioni di
AFM e la sua utilità nella valutazione dello stress ossidativo sulle membrane biologiche.
Indirizzo per la richiesta di estratti:
D.P. D’Agostino
Dpt. of Mol. Pharm. and Physiol., Hyperbaric
Biomedical Research Lab., College of Medicine,
MDC 8, University of South Florida,
12901 Bruce B. Downs Blvd., Tampa, FL USA 33612
Atomic Force Microscopy (AFM)
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Introduction: Oxidative Stress in the CNS
When exposed to oxidative stress, cells undergo not
only biochemical alterations, but also morphological
changes (1). The plasma membrane of CNS cells is especially vulnerable to oxidative stress due to their high
composition of oxidizable polyunsaturated fatty acids,
low levels of endogenous antioxidants and high content of transition metals (Cu2+ and Fe2+) (2). Furthermore, cells in the CNS have a high metabolic demand
and a high rate of oxygen consumption, which results
in production of excess reactive oxygen species (ROS)
and reactive nitrogen species (RNS). Acute ROS and
RNS production has been shown to mediate cell damage by oxidizing proteins, DNA and especially membrane lipids (3).
The oxidation of plasma membrane lipids is anticipated
to disrupt a wide range of physiological functions because membranes are centrally involved in the regulation of most cellular processes. For example, many ion
channels, ion transporters and receptors are embedded
and attached to the plasma membrane. All these structures are potential targets for oxidative stress, which
could ultimately disrupt intracellular Ca2+ homeostasis,
mitochondrial function (4) and electrical signaling (5).
Furthermore, oxidative stress-induced lipid peroxidation changes the organization of membrane lipids (6)
and disrupts lipid-protein interactions, including the
structure and function of membrane bound enzymes (7,
8). Lipid peroxidation is associated with plasma membrane blebbing, which is a distinct morphological feature related to apoptosis, however, blebbing also occurs
from various forms of nonlethal oxidative stress (9-11).
Such large evagenations in the plasma membrane would
perturb ion channel gating and membrane-bound transporters.
D’Agostino, Dean
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Hyperoxia as an Oxidative Stress
ROS levels are tightly regulated under normal conditions
because it can, paradoxically, have both physiological and
pathophysiological effects on cellular function (12, 13).
Increased ROS/RNS production is a known side effect of
breathing HBO2 (5), and it has been employed extensively
to study the effects of oxidative stress. An advantage to
using hyperoxia as an oxidative stress under experimental conditions is that it stimulates the biochemical pathways that maintain ROS/RNS production under normal
conditions (14-16). In fact, increasing oxygen stimulates
ROS/RNS-induced oxidative stress in experimental models in vitro and in vivo (12, 17-20). For example, hydrogen peroxide levels in the brain increase significantly in
rats breathing HBO2 (21, 22), with levels as high as 300%
above room air when exposed to 3 ATA O2 (21). Thus,
employing hyperoxia as an oxidative stimulus is an ideal
method to physiologically increase ROS/RNS production
to pathological levels in biological systems. In addition,
the experimental use of hyperbaric oxygen allows investigators to study the fundamental processes associated
with CNS oxygen toxicity, which is a major limitation for
Navy divers and in clinical use of hyperbaric oxygen therapy (HBOT). One clinical use of HBOT is to reverse the
neurotoxic effects CO, which results in ROS-induced cell
shrinkage, chromatin condensation and plasma membrane
blebbing (23, 24). Clinical use of hyperoxia is also common for resuscitation and treatment of respiratory distress
syndrome, pulmonary hypertension, premature infants
and cardiac surgery in infants, but in some cases this practice is thought to cause more harm than good from the
oxidative stress that it generates.
Antioxidant Protection from Oxidative
Stress
Toxic levels of ROS/RNS can quickly overwhelm endogenous antioxidant systems, which have only a finite ability to maintain redox status in cells. The primary ROS/
RNS that initiate membrane lipid peroxidation are the hydroxyl radical (OH·) and peroxynitrite (ONOO-). Superoxide, generated by the mitochondrial electron transport
chain (ETC), is involved in the generation of both species, and under normal conditions is kept within low levels by the endogenous production of superoxide dismutase
(SOD). Exogenous antioxidants decrease lipid peroxidation, increase glutathione peroxidase activity, and prevent
cognitive deficits under conditions of oxidative stress (25,
26). Hyperoxia-induced oxidative stress, membrane lipid
peroxidation and cell death is minimizing with exogenous
antioxidants as shown with experimental models in vivo
and in vitro (18, 27, 28). These studies suggest that supplemental antioxidants may have great utility in various
pathologies or clinical settings. Furthermore, supplemen-
Atomic Force Microscopy (AFM)
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tal antioxidants could help divers avoid oxidative damage
associated with hyperoxia-induced oxidative stress (e.g.
increased H2O2 production, heme oxygenase-1 and NO
synthesis) (29).
Analysis of Membrane Morphology with
Atomic Force Microscopy
The atomic force microscope (AFM) is a type of scanning
probe microscope designed to measure local properties
surface topography, height, volume, elasticity and friction
with a scanning probe. To acquire an image, the AFM
raster-scans the probe over a small area of the sample, and
the motion of the probe tip over the same relays information back to the computer, which then reconstructs a three
dimensional image of the sample. Unlike scanning electron microscopy, which requires deposition of a conductive material on the cellular surface, the AFM can image
fixed cells at the same nanometer resolution with minimal
sample preparation. AFM images can also be acquired on
living cells in physiological solutions with resolution far
greater than optical microscopy. AFM studies have examined the chemical and mechanical properties of the plasma
membrane, the insertion of biomolecules in the membrane
and the topographical features of the plasma membrane
(for reviews see: (30-32). Several studies have used AFM
to measure membrane lesions from a variety of chemical
stimuli and physical stress (33-35). Recent studies from
our lab have used the AFM to examine the effects of oxidative stress (H2O2, hyperoxia) on the plasma membrane
topography in a various neural-like cell lines (36). Results
from these studies have shown that i) hyperoxia, both normobaric hyperoxia and HBO2, induce morphological
changes to the plasma membrane similar to that observed
with H2O2-induced oxidative stress. The change is a 75 –
150 nm bleb or evagination of the plasma membrane. ii)
Antioxidant treatment with Trolox C prevents oxidative
damage to the plasma membrane. iii) AFM is a powerful
tool for qualitatively assessing oxidative damage to cell
membranes and analysis of membrane roughness (Ra) is
an effective means to quantify changes in membrane morphology. iv) Hyperoxia and H2O2-induced oxidative stress
increases lipid peroxidation. It’s likely that membrane
blebbing was proportional to lipid peroxidation, but this
relationship has not been characterized. These studies
demonstrate the numerous applications of the AFM and
its utility for assessing oxidative stress in biological membranes.
Characteristics of Membrane Surface
Blebbing
Surface blebbing of the plasma membrane occurs independently from other apoptotic changes (37) and from a
D’Agostino, Dean
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Medicina Subacquea e Iperbarica
wide variety of pathophysiological conditions, including
various forms of oxidative stress (38, 39). The fundamental molecular changes mediating membrane blebbing are
largely unknown and have not been investigated, but it’s
thought that multiple factors contribute to this ultrastructural change. The most likely explanation is that hyperoxia and H2O2-induced oxidative stress causes membrane
lipid peroxidation, which leads to morphological changes
by altering plasma membrane phospholipid organization
(6). In addition, oxidative stress could promote membrane
blebbing via the oxidation of cytoskeletal proteins (40)
and membrane-cytoskeleton bonds (possibly adhesion
molecules) (41). Thus, it’s conceivable that lipid-protein
oxidation, especially membrane-cytoskeleton bonds, could
weaken the membrane to cause the outward cytoplasmic
pressure to form protruding membrane surface blebs. Increased Ra could also be due to insertion or aggregation
of membrane proteins, and formation of lipid rafts (42-44).
Average roughness proved to be a sensitive measure to
quantify subtle changes in the plasma membrane, as other
have shown using various forms of cellular stress (45, 46);
however, future studies are needed to elucidate the mechanisms contributing to these oxidative stress-induced
changes. These morphological changes could mediate the
electrophysiological responses to hyperoxia that have been
reported (5, 47). Thus, in future experiments we plan to
use the AFM in combination with fluorescence microscopy and electrophysiology to correlate direct changes in
lipid membrane morphology with functional measures in
real time, including electrical signaling and whole cell
membrane currents, superoxide and hydroxyl radical production. In conclusion, hyperoxia-induced oxidative stress
degrades the integrity of the plasma membrane, and this
oxidative damage can be resolved using AFM.
This research is supported in part by the Office of Naval
Research, Undersea Medicine Program: ONR
N000140610105 (DPD), ONR-DURIP N000140510519
(JBD), and ONR N000140710890 (JBD).
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Linee guida SIMSI/SIAARTI/ANCIP
per il trattamento con ossigeno iperbarico
della intossicazione acuta da CO
M. Mordacci, G. Vezzani
AUSL Parma, P.O. Vaio-Fidenza
U.O. Anestesia-Rianimazione, Terapia Iperbarica e Antalgica
SUMMARY
S.I.M.S.I., S.I.A.A.R.T.I. and A.N.C.I.P. guidelines
published in March 2007 are reported here. Hospital
care and HBO treatment procedures for the poisoned
patient are here studied in depth. We propose an easyto-use severity classification scale having 4 stages.
La intossicazione acuta è l’esposizione al Monossido di
Carbonio* con inalazione, che comporta il manifestarsi
di una sintomatologia variabile (in funzione del tempo di
esposizione e della concentrazione del gas nella miscela
respiratoria) che parte da nausea e vomito e arriva a sintomi neurologici importanti quali perdita di coscienza,
coma e morte.
• PZ IN GRAVIDANZA
• BAMBINI IN ETÀ < 6 MESI PER LA PRESENZA
DI HbF
Fermo restando che il valore di COHb è indicativo solo
per la diagnosi di intossicazione da monossido di carbonio e, non è di per sé indice di gravità dell’intossicazione,
si consiglia, in attesa di ulteriori approfondimenti scientifici e in via transitoria, il trattamento dei:
• PZ ASINTOMATICI CON COHB > 25%
• BAMBINI ASINTOMATICI CON ETÀ < 12 ANNI
CON: COHB > 10%
• PZ ASINTOMATICI CON PREGRESSA ISCHEMIA
MIOCARDICA CON COHB > 15%
Posologia
Criteri di inclusione
• PZ IN COMA
• PZ CON MOMENTANEA PERDITA DI COSCIENZA
• PZ CON SINTOMI NEUROPSICHIATRICI (cefalea, nausea, vomito, vertigini, modificazioni caratteriali,
ecc.)
• PZ CON ACIDOSI METABOLICA SCOMPENSATA
• PZ CON DOLORE TORACICO E SEGNI ECG DI
ISCHEMIA MIOCARDICA
• ARITMIE
Indirizzo per la richiesta di estratti:
M. Mordacci
Ospedale di Vaio-Fidenza ASL Parma
Servizio di Anestesia,
Rianimazione e Terapia Iperbarica
Via Don E. Tincati, 5 - 43036 Fidenza (Pr)
I tempi terapeutici sono variabili ma la pressione deve essere compresa tra 1.9 e 2.8 ATA (massima nelle prime sedute). Non si ritiene utile continuare la terapia oltre la 5a
seduta.
* Si segnala anche l’esistenza dell’intossicazione acuta endogena da CO, conseguente all’inalazione di decappanti
(Cloruro di metilene) che portano alla formazione di CO
come conseguenza del loro metabolismo epatico.
Stabilito che il paziente deve essere sottoposto a trattamento OTI così come previsto dalle linee guida, il trattamento ospedaliero deve considerare:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Ossigenoterapia normobarica
Significato di COHb
Prelievo venoso
Test neuropsicometrici
Esami ematochimici
ElettroCardiogramma
Emogasanalisi arteriosa
Linee guida SIMSI/SIAARTI/ANCIP per il trattamento con ossigeno iperbarico
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Medicina Subacquea e Iperbarica
1. L’ossigenoterapia normobarica ad alti flussi con apparecchio a valvole unidirezionali deve essere iniziata fin
dal momento del primo soccorso e continuata fino al
momento in cui il paziente entrerà in camera iperbarica, se si riterrà opportuno il trattamento.
2. Come già osservato nelle linee guida COHb, non è indice della gravità dell’intossicazione per vari motivi già
riportati in altre relazioni.
3. Per la determinazione della COHb è sufficiente un
prelievo venoso. Vista l’alta diffusibilità del CO i comparti vascolari arterioso e venoso sono rapidamente in
equilibrio.
4. Sono sicuramente utili i test psicometrici in acuto e
soprattutto possono essere utili per indagare eventuali inizi di sindrome post-intervallare. È giusto rimarcare la difficoltà di somministrare tali test a numerose persone in urgenza in piena notte, là dove il
personale medico e infermieristico è naturalmente ridotto. Altre difficoltà sono le barriere linguistiche,
cioè la necessità di disporre di test in più lingue
(arabo, rumeno, albanese, cinese, ecc.) e quindi la
possibilità di interpretarli. Circa il 35% dei pazienti
intossicati da CO e trattati presso il nostro centro non
sono di lingua italiana.
5. Non sono necessari specifici esami ematochimici, indubbiamente l’anamnesi e lo stato clinico guideranno
verso la necessità di eseguire Mioglobinemia, CPKMB e TNI, rammentando che lunghe esposizioni al
CO e la immobilità di molte ore, possono portare a
valori elevatissimi di Mioglobinemia. È evidente che
nel paziente gravemente intossicato (ad esempio il paziente sottoposto a ventilazione meccanica) la possibilità della coesistenza di una polmonite ab ingestis,
farà estendere la gamma degli esami richiesti.
6. Riteniamo utile la esecuzione di un ECG prima del
trattamento iperbarico sia per l’effetto aritmogeno che
ischemizzante dell’intossicazione, indipendentemente
dall’età.
7. Nella grave intossicazione (obbligatoriamente nel paziente intubato) è indispensabile l’esecuzione della
emogasanalisi arteriosa, dove il Base Excess potrà essere utilizzato come indice di predittività per mortalità e morbilità in acuto (encefalopatia post-anossica).
Considerazioni: non si ritiene opportuno l’esecuzione di
TAC cerebrale prima del trattamento iperbarico se la diagnosi è certa, fatto salvo il caso che il paziente riporti i segni evidenti di un trauma cranico conseguente a caduta
in causa dell’intossicazione. La radiografia del torace è indispensabile se il paziente è sottoposto a ventilazione meccanica, se non è possibile ricostruire un’anamnesi attendibile, se emergono dati relativi a pregressi episodi di
pneumotorace spontaneo.
Dati relativi a 2056 pazienti trattati presso il centro iperbarico del Presidio Ospedaliero di Fidenza (anno 2002)
1
10000
3
5
6
7
100
2
10
1
Colonna n° 1 = numero dei pazienti trattati con OTI; n°
2 = mortalità totale (grezza) 0.7%; n° 3 = numero di pazienti ricoverati in rianimazione 100; n° 4= mortalità riferita ai pazienti ricoverati in rianimaz. = 14 (14%); n°
5= pazienti sottoposti a ventilazione meccanica = 42
(42%); n° 6= mortalità pazienti sottoposti a ventilazione
meccanica 17.7%; n° 7= pazienti con encefalopatia postanossica 11.1%
Nessun paziente ha manifestato segni clinicamente manifesti di sindrome post-intervallare.
È interessante notare come i dati della nostra esperienza
collimano con il lavoro di Hawkins (2) in cui si comparano dati di pazienti intossicati trattati con OTI (HBO) e
non trattati:
Pazienti intossicati da CO e sottoposti a ventilazione meccanica: outcome.
Mortalità in ospedale dopo HBO: 16,1%
Mortalità in ospedale senza HBO: 30%
Serious neurological deficit dopo HBO: 19,4%
Serious neurological deficit senza HBO: 44%
Tuttora non vi è un accordo generale su come trattare il
paziente intossicato: quale pressione, per quanto tempo?
Quanti trattamenti?
Hampson (3) in un suo studio, riporta 18 protocolli diversi di trattamento considerando tempi e profondità. Su
42 centri iperbarici 3 protocolli prevedevano trattamenti
a 3.0 ATA, 12 protocolli a 2.5 ATA, 3 protocolli a 2.8 ATA.
Attualmente si va comunque verso una lenta ma progressiva uniformazione dei protocolli, è ormai accettato che
il trattamento non deve essere effettuato a pressioni inferiore a 2.5 ATA.
Nel nostro centro iperbarico abbiamo adottato un trattamento standard (Fig. 1) che può essere modificato a seconda delle condizioni cliniche del paziente.
Trattamento standard per intossicazioni medio-lievi.
Trattamento per intossicazioni gravi.
Le classi di gravità vengono definite in base alla griglia
sottostante, già menzionata in altra relazione. Consideriamo gravi le intossicazioni appartenenti alla classe 4.
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Figura 1.
ATA
ATA
2,8
2,8
2,5
2,5
1,4
1,4
t 0 + 15’ +
60’
+
15’
1 Paziente asintomatico
2 Paziente con cefalea, vertigini, nausea, vomito
3 Paziente con: confusione mentale, lentezza di ideazione, visione offuscata, debolezza, atassia, anomalie comportamentali, respiro superficiale, dispnea,
tachipnea, tachicardia
4 Paziente con: sopore, ottundimento del sensorio,
pregressa perdita di coscienza, stato di coma, convulsioni, sincope, disorientamento, alterazioni alla
*TAC encefalica o alla *RMN, ipotensione, dolore toracico, palpitazioni, aritmie, segni di ischemia
all’ECG, edema polmonare, acidosi metabolica
scompensata, rabdomiolisi, bolle cutanee
* Non si raccomanda fatti salvi casi specifici l’esecuizione
di TAC cerebrale o RMN cerebrale prima del trattamento
iperbarico.
0 + 15’ + 20’
+ 15’
Conclusione: solo l’adozione di linee guida semplici e
chiare può consentire di interfacciare efficacemente
l’attività del Pronto Soccorso con quella di un Centro
Iperbarico che dovrà essere attivo, ovviamente, 24 h
per 365 giorni l’anno, eventualmente anche per consulenze.
Bibliografia
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Soccorso extraospedaliero
del paziente intossicato da CO
L. Cantadori, G. Vezzani
AUSL Parma, P.O. Vaio-Fidenza
U.O. Anestesia-Rianimazione, Terapia Iperbarica e Antalgica
SUMMARY
This paper focuses on rescuers’ safety, and on whether
the environment is safe. Rescuing procedures will vary
according to rescuers’ skills: BLS-D (Basic Life Support-Defibrillation), ACLS (Advanced Cardiac Life
Support), PHTLS (PreHospital Trauma Life Support).
It is here once more emphasised the utmost importance
of an early diagnosis attained using the new transcutaneous CO-oxymeters.
Priorità sicurezza: valutazione della scena
L’operatore del soccorso che opera in ambiente extraospedaliero deve sempre avere come primo step della sequenza del soccorso, indipendentemente dalla natura dello
stesso, la “messa in sicurezza” della scena.
Ogni soccorritore deve sempre porsi il quesito: “L’ambiente è sicuro?”, finalizzando la propria azione iniziale
nel salvaguardare la propria sicurezza, dell’équipe di soccorso e del paziente e pertanto, spesso dovrà provvedere
all’attivazione di altre figure professionali (Carabinieri,
Vigili del Fuoco).
L’errore più macroscopico è quello di iniziare un soccorso
dimenticando che spesso l’ambiente in cui si opera è definibile come ostile, in quanto pericoli insidiosi, invisibili
ed inavvertibili con l’olfatto possono essere la causa, ancora attiva, della richiesta di intervento urgente.
Nel caso specifico l’insidia, oltre che nella natura del tosIndirizzo per la richiesta di estratti:
L. Cantadori
Ospedale di Vaio-Fidenza ASL Parma
Servizio di Anestesia, Rianimazione
e Terapia Iperbarica
via Don E. Tincati 5 - 43036 Fidenza (Pr)
Soccorso extraospedaliero del paziente intossicato da CO
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sico, si nasconde anche nella clinica fatta di sintomi spesso
sfumati, comuni e proprio per questo sottostimati dai pazienti ma anche dai soccorritori: un leggero mal di testa,
un po’ di affanno, sensazione di vertigini, sonnolenza, uno
stato di confusione mentale, generici disturbi alla vista,
nausea, vomito. Tutti questi sintomi sono associabili a patologie estremamente comuni, come una banale sindrome
influenzale. Inoltre, gli effetti di una identica intossicazione, stesso ambiente e stesso tempo di esposizione al
CO, possono essere molto diversi a seconda delle condizioni cliniche di base dei soggetti esposti. La ricerca e la
corretta individuazione della causa passano attraverso l’attenta osservazione di tutti gli elementi che compongono
lo scenario del soccorso. Trascurare la raccolta dati può
risultare pericolosissimo per il paziente, per l’équipe di
soccorso e per tutti gli astanti.
L’intossicazione da CO è la più frequente causa di intossicazione esogena acuta e, nella maggior parte dei casi, è
dovuta ad una combustione difettosa all’interno dell’ambiente domestico.
Altre volte la causa è più evidente perché il CO viene sprigionato nel corso di incendi, esplosioni, ed è generalmente
il maggiore killer anche in questi eventi, soprattutto all’interno di spazi confinati come le gallerie, le miniere, ecc.
Tuttavia, anche se la mortalità delle lesioni da inalazione di
fumi è molto inferiore rispetto alla mortalità da ustione,
questo tipo di patologia richiede cure specifiche, che spesso
sono ritardate dalla difficoltà diagnostica visto il carattere
inizialmente poco eclatante della sintomatologia.
Il rischio di complicanze tardive impone la necessità di
diagnosi e trattamento tempestivi, ma, occorre il sospetto
clinico, fin dal soccorso “on scene”.
Una volta fatta la diagnosi inizia un percorso decisionale
difficile, eseguire il trattamento dell’intossicazione senza
indugi o posticiparla dopo una valutazione più completa
del paziente?
Da qui inizia la critica decisione di privilegiare il tratta-
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Medicina Subacquea e Iperbarica
mento dell’intossicazione prima di ulteriori indagini, una
volta che l’intossicazione stessa sia stata confermata, oppure rinviare il trattamento dopo una valutazione più completa del paziente.
La discriminante sta nella dinamica dell’evento: traumatica o non traumatica.
Nel primo caso la necessità di stabilizzazione del paziente
in ordine alle manovre in grado di assicurare l’emostasi
ed opporsi all’ipossia hanno indubbiamente la priorità.
Totalmente diverso il caso dell’intossicazione domestica
accidentale che deve necessariamente essere trattata
quanto prima possibile con ossigeno iperbarico.
Nei centri per ustionati circa un quarto dei pazienti presenta danni da inalazione associati a lesioni cutanee. Queste lesioni polmonari sono responsabili di un considerevole incremento della morbilità e della mortalità soprattutto legato alla comparsa di lesioni infiammatorie del polmone, che spesso causano una sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) e infezioni polmonari.
La mortalità varia tra 20 e 80% secondo gli autori. Essa
è tanto più rilevante quanto più l’età della vittima è elevata e quanto più è estesa la superficie cutanea ustionata.
Nel 77% dei casi i decessi in questi pazienti sono secondari a un deficit respiratorio. Chiaramente, se la prognosi
quoad vitam è il più delle volte messa a repentaglio dalle
ustioni cutanee, le lesioni da inalazione rappresentano un
importante fattore prognostico sfavorevole.
Procedure di soccorso
I soccorritori si potranno trovare di fronte ad una vittima
in arresto cardio-respiratorio. In tal caso, è mandatoria
l’applicazione dei protocolli BLS-D (Basic Life SupportDefibrillation) o ACLS (Advanced Cardiac Life Support)
a seconda della professionalità dei soccorritori. Nel caso
di concomitanti traumatismi evidenti o di dinamiche di
evento che riconoscano una natura traumatica (esplosione,
incendio, caduta, ecc.) è necessario procedere all’applicazione dei protocolli PHTLS (PreHospital Trauma Life
Support). La sincope improvvisa, che spesso accompagna
le forme acute, può causare traumatismi di varia natura,
che impongono l’applicazione del protocollo di gestione
del paziente traumatico.
Di particolare rilevanza appare la gestione delle vie aeree
che seguirà un percorso “normale”, intendendo come tale
una progressione peggiorativa delle condizioni respiratorie o neurologiche nel caso delle intossicazioni accidentali non traumatiche, contrariamente ai casi di intossicazione secondaria ad evento traumatico in cui l’algoritmo
procedurale deve seguire altri criteri.
Se il valore di GCS (Glasgow Coma Score) dovesse essere
inferiore a nove la protezione delle vie aeree diviene mandatoria. In caso di concomitante sospetto di inalazione di
fumi (espettorato fuligginoso) o la presenza di ustioni cervico-facciali o al volto l’intubazione preventiva dell’edema
Soccorso extraospedaliero del paziente intossicato da CO
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della glottide è consigliata. L’abituale riferimento alla saturimetria transcutanea al dito è ingannevole, infatti nonostante una più alta affinità dell’emoglobina per il CO che
per l’ossigeno, la saturazione di ossigeno misurata con l’ossimetria transcutanea resterà il più delle volte normale. Infatti, l’HbCO assorbe la luce quasi alla stessa lunghezza
d’onda dell’ossiemoglobina, cosa che non permette la messa
in evidenza della riduzione della saturazione di ossigeno.
Il cardine del trattamento è comunque l’erogazione di ossigeno ad alti flussi (15 litri/minuto) mediante mascherina
tipo Venturi con reservoir oppure attraverso tubo orotracheale e ventilazione automatica. In alcuni casi l’ipossia
tissutale può precipitare patologie preesistenti. È il caso
di dolori anginosi, infarti del miocardio, insufficienza respiratoria, problemi neurologici, convulsioni, ecc. In questi casi si applicheranno gli algoritmi specifici: trasmissione ECG, accesso venoso, infusione di farmaci specifici
da protocollo (MANO), ecc.
La valutazione secondaria testa-piedi e la raccolta di tutti
i dati utili (allergie, terapie in atto, patologie preesistenti,
ecc.) completano il quadro. Durante il trasporto si dovrà
costantemente rivalutare l’ABC, segnalando tempestivamente alla centrale operativa 118 se vi è peggioramento
dei parametri vitali. In alcune realtà è richiesta l’esecuzione in loco di un prelievo venoso per gas-analisi che,
conservato al freddo e al buio, sarà consegnato al Pronto
Soccorso di destinazione. Questo al fine di documentare
il grado d’intossicazione che potrebbe essere al suo livello
massimo. La Centrale 118, in base alle criticità del paziente ed alle risorse disponibili, indirizzerà il paziente
verso una struttura munita di camera iperbarica.
Ad arricchire il monitoraggio del paziente sono attualmente disponibili pulseCOossimetri transcutanei che mostrano risvolti interessanti e che, grazie al loro piccolo ingombro sono di facile impiego soprattutto in emergenza.
Tali strumenti permettono eseguire una valutazione non
invasiva del tasso ematico di CO, misurazione continua
SpO2 e SpCO2 unitamente a FC, eliminano il rischio di
misconoscere l’intossicazione, facilita il triage del paziente,
possono associare l’analisi della metaemoglobina e indice
di perfusione, di facile impiego per i non sanitari. Molti
AA si sono proposti di valutare la precisione di tali strumenti transcutanei con le metodologie invasive rilevando
un’ottima corrispondenza per quanto attiene alla Metaemoglobina, mentre per quanto riguarda il CO, sembra esserci maggiore coincidenza per crescenti valori percentuali di SpCO (+/–3%).
Conclusioni
La sicurezza è un aspetto di vitale importanza, durante
tutto lo svolgimento di un soccorso. L’individuare rapidamente un pericolo derivato dal monossido di carbonio,
può evitare conseguenze per le persone coinvolte, soccor-
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Medicina Subacquea e Iperbarica
ritori compresi. Una raccolta dati ben eseguita può metterci sulla buona strada, mentre concentrarci unicamente
sulle patologie rilevabili può fuorviarci. Ne consegue che
è un buon soccorritore, colui che riesce a cogliere ogni
particolare saliente dello scenario d’intervento. Per giungere a questo è necessaria un’ottima formazione, un continuo addestramento e… un pizzico d’esperienza.
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2007.
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Medicina Subacquea e Iperbarica
La intossicazione acuta da CO
nelle età estreme della vita
D.F. Manelli, L. Caberti, L. Cantadori, M. Mordacci, G. Vezzani
AUSL Parma, P.O. Vaio-Fidenza
U.O. Anestesia-Rianimazione, Terapia Iperbarica e Antalgica
SUMMARY
Acute carbon monoxide poisoning, as the result of prolonged exposure to the products of organic matter incomplete combustion, is the most common poisoning
in industrialized countries. This work assesses mortality and morbidity resulting from such acute poisoning
in early and very late stages of life. Both in the case of
very old patients, over eighty years of age, and of very
young ones, from 0 to 5 years of age, the therapeutic
approach with hyperbaric treatment is quite complex
even though essential for prognostic purposes. In such
age brackets, mortality and morbidity are the same as
in the rest of the patients. CO-induced hypoxic/
ischemic phenomena are connected to multisystemic
symptomatology, which results in gastro-intestinal
symptoms for infants and cardiac symptoms (rhythm
disturbances) for adults, accompanied by neurological
disorders. To assess the severity of the event, it is imperative to perform a blood-gas analysis on admission.
Introduzione
L’intossicazione acuta da monossido di carbonio (CO) costituisce il quadro più comune di avvelenamento nei paesi
industrializzati. L’incidenza, nella letteratura mondiale è
così rappresentata:
Indirizzo per la richiesta di estratti:
D.F. Manelli
Ospedale di Vaio-Fidenza ASL Parma
Servizio di Anestesia,
Rianimazione e Terapia Iperbarica
via Don E. Tincati, 5 - 43036 Fidenza (Pr), Italy
La intossicazione acuta da CO nelle età estreme della vita
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– USA 50.000 visite, per intossicazione acuta da CO,
all’anno (Hampson NB, Weaver LK 2007)
– GB 200 gravi intossicazioni acute da CO di cui 50 deceduti all’anno (Blumenthal 2001)
– FRANCIA 18 casi/100.000 abitanti di cui 200 decessi
all’anno (Annane et al. 2001)
– ITALIA 6000 ricoveri/anno di cui 350 decessi (Lanza
et al. 2001)
Scopo del presente lavoro è quello di valutare mortalità e
morbilità, nell’intossicazione acuta da CO, nei piccoli pazienti in età compresa tra 0 e 5 anni e negli adulti al di sopra degli 80 anni.
Materiali e Metodi
Il periodo analizzato decorre dal 1990 al 2007, in tale
epoca sono stati trattati:
– 55 adulti di cui: 30 uomini con età media di 83.6 anni
e 25 donne con età media di 82.5 anni
– 104 piccoli pazienti di cui: 56 maschi con età media 3.4
anni (1 paziente di 3 mesi)
– 48 femmine con età media di 3.7 anni (1 paziente di 3
mesi)
Per quantizzare la gravità dell’intossicazione, si è utilizzata la “Classificazione Clinica” proposta da Wattel & Mathieu che prevede:
CLASSE 0
CLASSE 1
coscienza normale, non perdita di
coscienza, iniziale esame obiettivo
neurologico normale
coscienza normale, non perdita di
coscienza iniziale, segni obiettivi
all’esame neurologico
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CLASSE 2
coscienza normale, perdita di coscienza iniziale
CLASSE 3
coma GCS > 8
CLASSE 4
coma GCS < 8
sequele minori cefalea residua, disturbi della memoria, del sonno e dell’umore
sequele maggiori sindrome extrapiramidale, stato confusionale e demenziale
Il riscontro di acidosi metabolica con aumentati valori
della lattacidemia contribuiscono alla definizione del livello di gravità dell’intossicazione e sono utili indicatori
al trattamento iberbarico. Si sono inoltre ricercati i segni
clinici più evidenti, legati all’interessamento di organi ed
apparati più sensibili all’ischemia, in funzione dell’età,
dopo esposizione acuta al CO.
Il tempo di esposizione è stato valutato fra 3 e 9 ore.
Il valore dell’HbCO, riscontrato all’EGA, risultava così
costituito:
– al PS di primo ricovero: dal 7,3% al 53% (media 29,54%)
– al centro OTI: dal 1,5% al 35% (media 16,92%)
Nell’infante da 0 a 5 anni
L’intossicazione acuta da CO in età infantile costituisce
una forma di esposizione a tossici esogeni particolarmente
complessa in quanto i sintomi presentati sono spesso sfumati o tali da richiamare all’attenzione problematiche differenti da quelle dell’inalazione. A queste problematiche
bisogna aggiungere che il bambino può non essere in grado
di riferire esattamente i sintomi lamentati, le caratteristiche fisiologiche tipiche dell’età pediatrica di cui: maggior
fabbisogno e consumo metabolico rispetto all’adulto, la
presenza di HbF nei primi mesi di vita. L’HbF è presente
in circolo in percentuale variabile, essa lega in modo avido
al CO, pertanto l’indicazione al trattamento iperbarico
deve essere applicato su scala più ampia rispetto al paziente adulto. Riportiamo nella tabella a seguire i valori
normali riscontrabili:
ETÀ
alla nascita
< 2 anni
> 2 anni
HbF% valori normali
50 - 90
0-4
0-2
Dei pazienti ultra ottantenni, 5 sono stati sottoposti ad
IOT, all’arrivo al centro iperbarico, data la gravità dell’intossicazione, prima del trattamento; di questi 1 è deceduto in rianimazione per IMA *, e i restanti, avendo avuto
miglioramento clinico dopo terapia, sono stati trasferiti ai
reparti di provenienza. Riportiamo a seguire i valori della
carbossiemoglobina riscontrati all’EGA:
PS di primo ricovero
HbCO
BE
51%
- 7,3
33,9%
- 14,7
31%
- 4,4
39,4% *
39,9%
- 16,4
centro OTI
HbCO
BE
35%
- 6,1
1,5%
- 1,6
1,7%
- 3,5
12,5%
- 6,5
L’HbF persiste con valori normali fino al 20% di Hb nei
primi 4 mesi e fino al 5% al 6° mese di vita. La persistenza
di tale tipo di emoglobina favorisce lo spostamento a sinistra della curva di dissociazione ossigeno-emoglobina:
Conclusione
Risulta difficoltoso il trattamento iperbarico riservato al
“grande vecchio” per la presenza di limiti legati all’età che
possiamo così riassumere: difficoltà di adattamento, difficoltà di compensazione, preesistenti patologie respiratorie e cardio-vascolari. Non è documentabile una maggiore mortalità o morbilità nella intossicazione acuta da
CO nel vecchio > 80 anni, rispetto a quelli di altre fasce
di età; tuttavia ciò che si mette in evidenza è la netta prevalenza di sintomatologia cardiologica specie rappresentata dai disturbi del ritmo. Si ricorda che la mortalità da
noi registrata, per il paziente che arriva al centro OTI incubato è del 15%; mentre il riscontro di PAE è dell’11%;
non ci sono state sindromi post-intervallari.
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curva di dissociazione
ossigeno-emoglobina
2,3-DPG ź
TC° ź
pCO2 ź
pH Ÿ
HbF Ÿ
COHb Ÿ
MetHb Ÿ
2,3-DPG Ÿ
TC° Ÿ
pCO2 Ÿ
pH ź
FSHb Ÿ
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Risultati e conclusioni nel “grande vecchio”:
STADIAZIONE CLINICA
CLASSE DI SEDAZIONE
N° PAZIENTI
SEQUELE
classe 0
14 (25%)
minori
classe 1
7 (13%)
cefalea, vertigine, confusione
classe 2
26 (47%)
perdita di coscienza iniziale
classe 3
2 (4%)
GCS > 8
classe 4
6 (11%) *
GCS < 8
* un paziente ha sviluppato EPA
** una paziente, deceduta dopo il ricovero, non trattata, con PaO2/FiO2 60
ALTERAZIONI ECG
angor
5 (14%)
alterazioni ST }~
12 (31%)
37/55 pazienti (pari al 67%) presentava aritmie
fibrillazione atriale
4 (11%)
cardiache
flutter atriale
1 (3%)
tachicardia SV
4 (11%)
ritardi della conduzione
11 (30%)
Stadiazione clinica
Classe di sedazione
N. pazienti
classe 0
33 (32%)
classe 1
38 (36%)
classe 2
33 (32%)
classe 3
0
classe 4
0
Sintomi gastro-enterici insorti in corso
di intossicazione acuta da CO
nausea
34 (40%)
vomito
40 (47%)
diarrea
3 (4%)
algia addominale
8 (9%)
La tachicardia sinusale è sempre presente, si è manifestato
un caso di BPSV e due casi di alterazione del tratto ST sovra/sotto slivellato.
Anche per i piccoli pazienti, il tempo di esposizione è stato
valutato tra le 3 e 9 ore. Il valore dell’HbCO, all’EGA eseguito al centro di primo ricovero, presentava valori tra
l’1,5% e il 45,8% (media 18,58%). Dei 104 piccoli pazienti, 18 sono stati trattati con O2 normobarico in quanto
si presentavano asintomatici o con lieve nausea, classe di
sedazione O ed HbCO al di sotto del 10% (media 5,1%).
I restanti sono stati trattati in camera iperbarica. Il “device” utilizzato per ridurre al minimo lo spazio morto, prevede la presenza di maschera per l’erogazione dell’ossigeno con valvola unidirezionale; nei bambini al di sotto
dei 15 mesi di vita, la ventilazione è stata effettuata mediante casco, in cui il piccolo veniva introdotto fino all’al-
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tezza del diaframma rivestito con solo tessuto di cotone
(meglio goretex).
Una presentazione caratteristica, più tipica dei primi mesi
di vita, è costituita dai cosiddetti Apparent Life Threatening Event (A.L.T.E.), con quest’acronimo si raggruppano
sintomi quali comparsa improvvisa di cianosi, apnea, ipotonia, pallore, vomito, perdita di coscienza che possono
riconoscere cause diverse, come ad esempio, malattie cardiovascolari, neurologiche, respiratorie e soprattutto digestive, ed in particolare la sindrome da reflusso gastroesofageo. Da quanto su esposto la possibilità di eseguire
una corretta diagnosi differenziale si fonda sull’esecuzione
di EGA a volte ripetute per i casi dubbi.
Conclusione
Anche per i piccoli pazienti c’è grande difficoltà al trattamento iperbarico data la scarsa collaborazione; la compressione avviene lentamente, con diverse soste prima di
giungere alla pressione terapeutica (nella nostra esperienza, non siamo mai ricorsi alla miringotomia e non abbiamo mai riportato danni all’orecchio medio). Dal nostro lavoro emerge la netta prevalenza di sintomi gastroenterici da presumibile ipossia intestinale; fra i sintomi
neurologici si registra netta prevalenza dello stato di sopore a fronte della cefalea.
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Sofferenza mitocondriale miocardica
in corso di intossicazione acuta da CO
Monica Rocco
Centro Iperbarico Policlinico Umberto I - Roma
ABSTRACT
L’intossicazione da monossido di carbonio (CO) determina un danno cellulare diretto, un danno legato
alla riperfusione e allo stress ossidativi. Numerosi lavori pubblicati nella recente letteratura internazionale
dimostrano l’effetto tossico del CO sulla mioglobina
che peggiora la condizione di ipossia diminuendo la
funzione contrattile delle miocellule.
Viene ad essere compromessa la funzionalità mitocondriale che anche in assenza di patologie coronariche
determina una sintomatologia nota come “stunned miocardico”. Vengono riportati i risultati di due studi che
dimostrano con l’ausilio della microscopia elettronica
e della scintigrafia con sestaMIBI il danno mitocondriale e con l’ausilio della risonanza cardiaca la possibilità di migliorare la performance del cuore stunned
utilizzando un calcio sensibilizzante di ultima generazione: levosimendan.
Carbon monoxide (CO) poisoning is the most common
unintentional poisoning in the USA and Europe (1); its
toxicity results from direct cellular damage, reoxygenation injury and oxidative stress. In addition to cerebral
impairment, CO can cause cardiac dysfunction secondary to myocardial ischemia (2) or to stunned myocardium
syndrome with normal perfusion (3), usually treated with
conventional inotropes.
Piantadosi (4) demonstrated that an important target of
the carbon monoxide intracellular toxicity was myoglobin.
Indirizzo per la richiesta di estratti:
Monica Rocco
Centro Iperbarico Policlinico Umberto I
Viale del Policlinico
Roma
Moreover, the carbon monoxide-myoglobin binding affinity with the associated hypoxic condition worsens the
further contractile efficiency of myocardial cells. Therefore, acute carbon monoxide poisoning may caused alteration of mitochondrial function in the absence of coronary narrowing, directly predisposed the myocardial cells
to a temporary contractile dysfunction (5, 6). This dysfunction is a histotoxic hypoxia (7) due to inhibition of
the cytochrome chain (4, 8). This condition should be differentiated by ischemia, in which oxygen deprivation is
associated with insufficient washout of metabolites related
to reduced perfusion (9). For these reasons, ischemic myocardial damage, unlike anoxic or hypoxic injury, is accompanied by a rapid decrease of intracellular pH. This
phenomenon is often related to electrophysiologic impairment, which was not ever documented (3).
We have recently described (3) a case of a reversible myocardial damage induced by acute carbon monoxide intoxication documented by morphologic data. We documented a specific electron microscopy findings correlated
to functional evidence of primary mitochondrial impairment. Clinical data showed evidence of a temporary, low
cardiac output syndrome that lasted several days. When
cardiac failure was reversed, little myocardial damage was
documented by functional and electron microscopy findings. These data could suggest the presence of myocardial
ischemic damage. However, coronary angiography excluded the presence of coronary artery disease, and myocardial biopsy showed reversible lesions. Electron microscopy mainly showed swollen mitochondrial and slight intracellular edema (10 -13). The more severe lesions (contracture bands, myofibrillar disarray, changes of mitochondrial cristae) were occasionally found and only focally distributed. In the present case, the myocardial damage was
caused by impairment of oxygen utilization rather than
by absence of oxygen supply.
Electron microscopy also showed the presence of large
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deposits of glycogen associated with altered mitochondria. Abnormal accumulation of glycogen in myocardial
cells has been found in the following situations: a) several
chronic conditions (such as glycogenosis, myocardiopathy, and congenital cardiopathy) (14-16) that were excluded in our patient; or b) the hibernating heart (associated with a reduced amount of myofilaments) (17). We
suggest that these glycogen deposits associated with abnormal mitochondria may be signs of the incapability of
myocardial cells in utilizing energy substrata. Furthermore, ischemia usually induces a rapid depletion of glycogen, followed by mitochondrial structural alterations
(10). Therefore, it is likely that in the present case, the mitochondrial damage was primary (17) (as per direct action of carbon monoxide). The consequent blocking of
respiratory enzymatic chains may be morphologically
marked by the occurrence of abnormal glycogen deposits associated with altered mitochondria. Even if endomyocardial biopsy is not a primary clinical indication in carbon monoxide intoxication, according to current literature (18), this study allowed detection of mitochondrial
alterations specifically related to the effects of carbon monoxide in vivo.
We evaluated myocardial perfusion also through the use
of99m Tc sestaMIBI scintigraphy. Thallium is commonly
used to evaluate myocardial viability. However, sestaMIBI
also provides high-quality imaging characteristics for visualization of myocardial perfusion (19). In addition, unlike thallium, sestaMIBI is bound in a relatively stable
manner to mitochondria, and therefore, sestaMIBI seemed
to be indicated in carbon monoxide intoxication, where
an impairment of mitochondrial function was suspected.
SestaMIBI is a lipophilic cation that crosses the sarcolemma, thanks to passive transport (20), and it is held by
inner negativity of the muscular fibers(21, 22). In cell cultures and isolated rat hearts, the cytosol of myocardial
cells has a five-fold concentration of this radiopharmaceutical marker when compared with extracellular space (21).
In working mitochondria, this cation reaches a concentration of 300-fold (21). Therefore, scintigraphic data also
suggested that a primary impairment of mitochondrial
function (due to carbon monoxide poisoning) may have
induced a reversible depression of myocardial contractility.
The lack of99m Tc sestaMIBI uptake is usually secondary
to two main conditions: a) a permanent condition (myocardial necrosis); and b) a temporary condition (stunning
of myocardial fibers) (22, 23). The stunned myocardium,
probably secondary to free radical production and to an
altered calcium homeostasis (24, 25), is characterized by
the absence of diffuse ultrastructural signs of myocardial
irreversible injury. However, this condition has been linked
to transient postischemic ventricular dysfunction (17, 26,
27). Therefore, in the presence of normal myocardial perfusion, our findings are consistent with the presence of a
stunned myocardium-like syndrome. Stunned myocar-
dium can be forced or recruited to contract if necessary
(17, 28). Several studies have shown that inotropic stimulation with agents such as dopamine, isoproterenol,
epinephrine, hydralazine, and calcium can stimulate contraction of the stunned myocardium (29, 30). In the
present case, the early administration of inotropic drugs
(dopamine and dobutamine) led to an increase in contractility of the myocardium and of the ejection fraction, preventing cardiogenic shock. Early recognition and treatment of this clinical syndrome allows the prevention of
myocardial infarction (31, 32).
Myocardial stunning refers to a form of myocardial contractile dysfunction occurring in response to a transient,
but fully restored, episode of severe ischemia (33), probably related to altered calcium homeostasis, with a transient calcium overload on reperfusion and oxygen free
radical production (34) causing contractile depression due
to decreased sensitivity of the myofibrils to calcium (33).
As previously described CO poisoning impairs mitochondria function, inhibiting the cytochrome chain (35) and
predisposing to a temporary contractile dysfunction of
the myocytes (36) and a stunning-like syndrome. Full recovery of cardiac function is usually expected, but may
take considerable time. We recently described a case of
stunned myocardium, CO poisoning related, recovered
by levosimendan therapy and documented by a cardiac
magnetic resonance (CMR).
Levosimendan enhances cardiac contraction by improving the use of available calcium rather than by inundating
the cell with excessive calcium, as do traditional inotropes
(37), maintaining the energy cost of contraction at a nearnormal level.
Furthermore, it increases the coronary circulation, avoiding the risk of ischemia (37). In this situation, CMR imaging provides accurate evaluation of ventricular function
and may be a valuable non-invasive method of evaluating
cardiac function (38).
In conclusion, we suggest the usefulness of CMR for an
early diagnosis of stunned myocardium syndrome induced
by CO intoxication. Levosimendan improves the cardiac
performance of the patient, increasing the contractile reserve in only 24 h, and may be a safer alternative to increasing doses of dobutamine.
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19)
20)
21)
22)
23)
24)
25)
26)
27)
28)
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30)
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35) Marius-Nunez AL. Myocardial infarction with normal coronary arteries after acute exposure to carbon
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response to CO toxicity. Ann NY Acad Sci 1970;174
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37) Hasenfuss G, Pieske B, Castell M, Kretschmann B,
Maier LS, Just H. Influence of the novel inotropic
agent levosimendan on isometric tension and calcium
cycling in failing human myocardium. Circulation
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38) Pujadas S, Reddy GP, Webber O, Lee JJ, Higgins CB.
MR imaging assessment of cardiac function. J Magn
Res Imag 2004;19:789-99.
Sofferenza mitocondriale miocardica in corso di intossicazione acuta da CO
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Sofferenza Miocardica Contrattile in Corso
di Intossicazione Acuta da CO.
Dati preliminari
G. Rastelli, V. Brianti, A. Pizzola*, A. Caiazza
AUSL Parma, DEU, P.O. Fidenza-Vaio
U.O. di Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza
*U.O. Anestesia-Rianimazione e Terapia Iperbarica
SUMMARY
Acute carbon monoxide poisoning, as the result of prolonged exposure to the products of organic matter incomplete combustion, is the most common poisoning
in industrialized countries. This work assesses mortality and morbidity resulting from such acute poisoning
in early and very late stages of life. Both in the case of
very old patients, over eighty years of age, and of very
young ones, from 0 to 5 years of age, the therapeutic
approach with hyperbaric treatment is quite complex
even though essential for prognostic purposes. In such
age brackets, mortality and morbidity are the same as
in the rest of the patients. CO-induced hypoxic/
ischemic phenomena are connected to multisystemic
symptomatology, which results in gastro-intestinal
symptoms for infants and cardiac symptoms (rhythm
disturbances) for adults, accompanied by neurological
disorders. To assess the severity of the event, it is imperative to perform a blood-gas analysis on admission.
Benché l’intossicazione acuta da CO costituisca la causa
più frequente di intossicazione accidentale in adulti negli USA, sono scarsissime le segnalazioni in Letteratura
sulle manifestazioni cardiovascolari legate all’intossicazione da CO. Recentemente Enry e coll (JACC 2005),
valutando retrospettivamente 230 casi consecutivi di pazienti (pz) con un’intossicazione da CO di grado moderato-severo sottoposti a ossigenoterapia iperbarica,
Indirizzo per la richiesta di estratti:
G. Rastelli
U.O. di Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza
Via Don E. Tincati, 5
43036 Fidenza (Pr) Italy
hanno riscontrato la presenza di segni di danno miocardico nel 37% dei pazienti, sulla base di modificazioni
dell’elettrocardiogramma (ecg) di tipo ischemico (30%),
o di un rialzo dei marcatori cardiaci (35%). Inoltre, nel
sottogruppo dei pz sottoposto ad ecocardiografia, nel
57% dei casi sono state evidenziate alterazioni della contrattilità miocardica globale (LVEF) o della cinetica distrettuale. In un successivo studio prospettico gli stessi
Autori (JAMA 2006) hanno correlato il riscontro di
danno miocardico indotto da intossicazione da CO con
la mortalità a medio-lungo termine, rilevando nel followup un significativo incremento della mortalità nei pz con
riscontro di danno miocardico. Ancor più recentemente
Kalay e coll (Am J Cardiol 2007) hanno sottoposto a controlli ecocardiografici seriati una piccola coorte di pz con
intossicazione da CO, rilevando una ridotta e rapidamente reversibile nel tempo LVEF in quasi tutti i pz con
positività dei marcatori cardiaci.
Sulla scorta di questi riscontri della Letteratura, abbiamo
effettuato un’indagine retrospettiva su un piccolo campione di 16 pz consecutivi, giunti alla nostra osservazione
a partire dal 2005 per intossicazione da CO, con segni di
danno miocardico e sottoposti ad ossigenoterapia iperbarica, per i quali è stato possibile effettuare controlli ecocardiografici seriati. Al fine di valutare la prevalenza e l’entità del danno miocardico, abbiamo verificato la prevalenza di positività dei marcatori cardiaci e delle alterazioni
elettrocardiografiche di tipo ischemico, valutando inoltre
nel tempo le modificazioni della cinetica cardiaca, sia globale (LVEF) che distrettuale. L’età media dei pz era 45
anni. Nel 77% dei pz con positività dei marcatori cardiaci
sono state rilevate alterazioni elettrocardiografiche di tipo
ischemico e tra i pz con alterazioni elettrocardiografiche
di tipo ischemico l’85% presentava positivizzazione dei
marcatori cardiaci. Mentre solo 4 pz presentavano una
franca ipocinesia, la LVEF basale media era 46% ed incrementava significativamente già al controllo dopo 48
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Medicina Subacquea e Iperbarica
ore (52%), per aumentare ulteriormente dopo 2 settimane
(64%).
La sofferenza miocardica si conferma una sequela frequente dell’intossicazione da CO e produce una prolungata riduzione della performance cardiaca prevalentemente di entità subclinica. Pertanto tutti i pz con intossicazione da CO dovrebbero essere sottoposti a screening
cardiovascolare, mediante l’esecuzione di ecg e marcatori
cardiaci, effettuando un esame ecocardiografico ai pz con
segni di danno miocardico.
Sulla scorta di questi riscontri della Letteratura, abbiamo
effettuato un’indagine retrospettiva preliminare su un piccolo campione di 16 pz consecutivi, per i quali è stato possibile effettuare controlli ecocardiografici seriati, giunti
alla nostra osservazione per intossicazione da CO, con segni di danno miocardico e sottoposti a trattamento con
ossigenoterapia iperbarica.
Metodi e Risultati
Dall’1 gennaio 2005 al 31 agosto 2007 sono stati trattati
presso la camera Iperbarica dell’Ospedale di Vaio (Fidenza) 121 pz per intossicazione da CO di grado mediosevero. Di questi abbiamo analizzato un piccolo gruppo
di 16 pz, ricoverati presso il Reparto di Medicina d’Urgenza durante il periodo di trattamento richiesto per effettuare il trattamento di ossigenoterapia iperbarica, per
i quali è stato possibile disporre dei dati elettrocardiografici, dei marcatori cardiaci seriati e dei riscontri ecocardiografici. Tutti questi pz, che avevano segni di danno
miocardico conseguente all’intossicazione da CO, rilevabile da alterazioni elettrocardiografiche di tipo ischemico
e/o positività dei marcatori cardiaci (livelli di troponinaI > 0.0.7 ng/ml e/o creatin kinasi-MB > 10 U/L), sono
stati sottoposti ad esame ecocardiografico, rispettivamente
dopo il primo trattamento iperbarico, a distanza di 48 ore
e di due settimane. Sono stati esclusi dall’analisi pz con
nota pregressa storia di cardiopatia ischemica e/o di scompenso cardiaco.
I dati rilevati nei pz sono stati globalmente riportati nella
sottostante tabella. L’età media dei pz era 45,5 ± 21.9 anni,
il livello di carbossiemoglobina medio all’accettazione
(COHb) 31,9 ± 6.8% e la durata media di esposizione al
CO era di 11 ± 4,5 ore.
Nel 77% dei pz con positività dei marcatori cardiaci sono
state rilevate alterazioni elettrocardiografiche di tipo ischemico (sottoslivellamento ST > 0,5 mm o inversione
dell’onda T ≥ in 2 derivazioni contigue, e/o sopraslivellamento del tratto ST), viceversa tra i 13 pz con alterazioni
elettrocardiografiche di tipo ischemico l’85% presentava
positivizzazione dei marcatori cardiaci.
Tramite ecocardiografia sono stati valutati convenzionalmente: il diametro telediastolico del VS, gli spessori parietali, la cinetica ventricolare globale (espressa come
frazione di eiezione del VS - LVEF) e la cinetica segmentaria del VS (valutata in base al regional wall motion
score index). La LVEF basale media era 46, 3 ± 6,5% ed
incrementava significativamente al controllo dopo 48 ore
(52,1 ± 6,9%, p< 0,05), per aumentare ulteriormente al
2° controllo, effettuato dopo 2 settimane, in tutti i pz in
modo significativo (64,3 ± 7,1%, p< 0,001), come evidenziato nella figura 1. Valori di LVEF < 40%, espressione di ipocinesia ventricolare del VS, sono stati rilevati in 4 pz ed erano correlati all’età (r = –0,54) ma non
al livello di carbossiemoglobina o alla durata dell’esposizione al CO. Nel 50% dei pz inoltre erano presenti alterazioni della cinetica regionale, anch’esse correlate solamente ed in modo ancor più significativo con l’età (r
= –0,67). Tutti i pz con LVEF < 40% e l’87% di quelli
con alterazioni della cinetica regionale avevano positività dei marcatori cardiaci.
Tabella 1.
Età
Sesso
CO%
Dur. Esposizione h
Alt ischem. Ecg
ST Ecg
Freq. Cardiaca
Tachic. Sinusale
Tn.I v.n.<0.07
Ck-MB m. v.n. <10
ECO-LVEF %*I
ECO-LVEF %*C-1
ECO-LVEF %*C-2
ECO Alt. Cin. Reg.
27
M
27
6
SI
SI
105
SI
0, 9
8
50
56
70
NO
61 42 27 77 81 63 18
M M
F
F
M
F
M
21 19 43 29 32 25 36
12 16
8
12 12 10
6
SI
SI NO SI
SI NO NO
NO SI NO NO NO SI NO
100 112 92 86 102 92 86
SI
SI NO NO SI NO NO
0, 8 1, 9 , 08 , 02 11 0, 4 0, 1
8, 6 80 7, 2 47 40
7 7, 2
35 48 46 40 48 42 54
39 54 58 45 53 49 59
48 72 70 55 64 68 69
NO SI NO NO SI NO NO
70 66 15 33 56 38 23
F
M
F
F
F
M M
33 30 30 34 38 42 37
8
10
6
8
12 23 16
NO SI
SI
SI
SI
SI
SI
NO NO NO NO SI
SI NO
94 96 100 104 120 116 102
NO SI
SI
SI
SI
SI
SI
, 02 , 14 , 24 , 28 2, 5 1, 5 1, 0
3, 3 5 9, 2 12 18 8, 9 8, 2
46 38 58 46 38 45 52
55 42 61 52 41 54 58
66 56 70 64 54 65 70
SI
SI
SI
SI
SI
SI NO
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#
*
Figura 1. # p < 0.05 - * p < 0.001.
Discussione
Il danno miocardico da intossicazione da CO è principalmente prodotto sia dall’ipossia cellulare, conseguente
alla 200-250 volte più elevata affinità della CO per l’emoglobina rispetto all’O2, che al danno cellulare diretto indotto sulla catena respiratoria mitocondriale dal legame
del CO con la citocromo-c ossidasi, che interferisce direttamente con la respirazione cellulare, inducendo uno
“stordimento” o stunning miocardico. Nella nostra revisione abbiamo selezionato un piccolo gruppo di pz con
un’intossicazione di entità medio-grave, che mostrava
segni di danno miocardico, rilevabile elettrocardiograficamente, come segni di ischemia, e/o tramite positivizzazione dei marcatori cardiaci. L’elemento più rilevante
che emerge dai nostri dati è che sebbene relativamente
pochi pz (4) avessero una riduzione  40% della LVEF,
rispondente ai canoni ecocardiografici richiesti per definire una ridotta cinetica ventricolare sx, nel suo com-
plesso il campione mostrasse in modo omogeneo una
LVEF abbastanza depressa (46 ± 6,5%), ai limiti inferiori della norma ma certamente inferiore a quella prevedibile per una popolazione di età mediamente non elevata (45,5 aa), ed esente da patologie cardiache in anamnesi. Questo suggerisce come una depressione di entità
variabile della cinetica ventricolare sx possa manifestarsi
in tutti i pz che mostrino segni di danno miocardico, rilevabili tramite ecg e/o marcatori cardiaci, conseguente
allo stunning miocardico secondario all’intossicazione
da CO.
Un’altra considerazione, che emerge dalla valutazione seriata degli esami ecocardiografici dei nostri pz, è che la
durata di questo stunning miocardico sia cospicua, poiché sebbene si assista ad un significativo incremento della
LVEF già dopo 48 ore, si rileva un ulteriore ed ancor più
significativo incremento della contrattilità miocardica a
distanza di due settimane dal ricovero.
Nel complesso questi dati confermano quindi che la sofferenza miocardica indotta da intossicazione da CO è rilevante e produce una prolungata riduzione della performance cardiaca sebbene di entità subclinica, sulla cui rilevanza prognostica occorreranno ulteriori studi di follow-up ad hoc.
Bibliografia
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Elevated Carboxyhemoglobin During General
Anesthesia: An Unsolved Mystery
Richard Moon
MD, FACP, FCCP - Professor of Anesthesiology, Professor of Medicine Department
of Anesthesiology Duke University Medical Center Durham, NC, USA
RIASSUNTO
Dal 1989 al 1991 si poté constatare alti valori di COHb
in pazienti sottoposti ad anestesia generale con impiego
di adsorbenti dell’anidride carbonica quali soda lime
o baralyme, dopo uso di anestetici alogenati e con fermo
macchina (respiratore) di uno o due giorni. Dopo questo periodo tale fenomeno sembra scomparso, soprattuto con l’immissione in commercio di adsorbenti composti soprattutto da Ca-idrossido, piuttosto che NaIdrossido. Tuttavia visto che il fenomeno in sé non è
stato spiegato, si invita a vigilare sulla percentuale di
COHb durante le anestesie generali con impiego di adsorbenti per anidride carbonica.
Introduction
In 1989 several cases of high arterial blood carboxyhemoglobin (HbCO) were observed during general anesthesia
in three institutions: Duke University, Emory University,
and Northwestern University. These cases were detected
by chance because each institution routinely measured
HbCO on all blood gas analyses. A plot of blood HbCO
in 24 of these patients during general anesthesia at Duke
University is shown in Figure 1. Peak values in three cases
approached or exceeded 30%. Most of the cases occurred
in operating rooms that had been idle. Although the cause
was not obvious, a chemical reaction within the CO2 absorbent (soda lime or baralyme) canister was suspected.
Indirizzo per la richiesta di estratti:
Richard Moon
MD, FACP, FCCP - Professor of Anesthesiology,
Professor of Medicine Department
of Anesthesiology Duke University Medical Center
Durham, NC, USA
Studies
As result of these measurements, which were presented
at the American Society of Anesthesiologists in 1990, the
Centers for Disease Control initiated an investigation.
Their initial analysis found 15 cases out of 16.000 operations. Risk factors for high blood HbCO included the day
of the week (Monday or Tuesday were the most common)
and an unused operating room for 24 hours or more (1).
In parallel with this investigation, we began routinely
measuring carbon monoxide (CO) concentration within
the CO2 absorbent canisters each Sunday evening, using
a small portable CO electrochemical analyzer. The majority of canisters contained less than 10 ppm CO. However,
3.5% of canisters had concentrations that exceeded 100
ppm; in some cases the CO concentration was greater than
1000 ppm.
Several hypotheses were advanced. Initially it was felt that
the accumulation was due to the use of low fresh gas flow
in patients who were smokers. High oxygen concentrations could displace CO from hemoglobin, and in such a
situations the concentration of CO within the anesthesia
circuit would be expected to increase. Indeed, this was
first observed by Middleton, et al (2). It was hypothesized
that exhaled CO adsorbed to the soda lime, from which
it could later be eluted, perhaps by high temperature
caused by carbon dioxide absorption.
Another hypothesis was that volatile anesthetics may have
been reacting with the soda lime. CO can be produced
from some halogenated anesthetics by interaction with a
strong base such as sodium hydroxide. This had in fact
been described in the early part of the 20th century, with
chloroform. Similarly, trichlorethylene, when exposed to
sodium hydroxide, produced equimolar amounts of carbon monoxide and phosgene (3). We hypothesized that
dehydrated soda lime could have been the culprit. Indeed,
when we exposed enflurane, isoflurane or halothane to
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alytic properties that facilitated the reaction. Perhaps the
degree of catalysis varied from one area of the mine to another. If lime mined in 1989 and 1990 happened to have
a higher catalytic potency, this could have facilitated a reaction between anesthetics and soda lime or baralyme.
Conclusion
Fig. 1. Blood carboxyhemoglobin levels during general anesthesia in 24 patients.
dried soda lime, high concentrations of CO were produced. This reaction did not occur, however, unless the
soda lime had been dehydrated by blowing dry oxygen
through it for several hours, a situation unlikely to occur
during standard use of an anesthesia machine. However
it was conceivable that within soda lime granules, some
parts of the CO2 absorbent could have become dehydrated
to a degree necessary to allow the reaction to occur.
However, it appeared rather strange that this phenomenon should suddenly have appeared when it had not been
previously observed at any of the three institutions. It had
been the practice for many years before that to measure
HbCO as a matter of routine on all blood gas determinations. Why had it suddenly occur then? An analysis by the
manufacture of the soda lime used at Duke (WR Grace)
revealed trace amounts of heavy metals, such as manganese, zirconium, rubidium, vanadium, chromium and molybdenum. These heavy metals were presumably present
in the crude sodium hydroxide that came from a mine,
which was then refined, granulated, mixed with potassium
hydroxide and hydrated to produce commercial soda lime.
It was conceivable that some of these trace metals had cat-
Over a period of around two years from 1989-91 CO production occurred in CO2 absorbent canisters when fluorinated anesthetics incubated in unused anesthetic machines over 1-2 days. Following that period, the phenomenon disappeared spontaneously. A few similar cases were
observed in other institutions, but its explanation remains
incomplete.
In recent years a new absorbent, Amsorb® (Armstong
Medical), has been marketed. Amsorb® is manufactured
predominantly from calcium hydroxide rather than sodium hydroxide. Specific testing reveals that it is less likely
to produce CO when interacting with fluorinated anesthetics (3), and indeed no cases have been reported.
References
1) Centers for Disease Control (CDC). Elevated intraoperative blood carboxyhemoglobin levels in surgical patients - Georgia, Illinois, and North Carolina. MMWR
Morb Mortal Wkly Rep 1991;40:248-249.
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Carbon monoxide accumulation in closed circle anesthesia systems. Anesthesiology 1965;26:715-719.
3) Firth JV, Stuckey RE. Decomposition of trilene in
closed circuit. anaesthesia Lancet 1945;1:814-816.
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and compound a in swine in vivo. Anesthesiology 2002;
96:173-182.
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Hyperbaric Treatment in the Pregnant Patient
with Acute Carbon Monoxide Intoxication:
Outcome and Follow
up Neonatal and Pediatric
G. Vezzani, A. Pizzola, L. Cantadori, M. Mordacci, A. Nicoloupolou, D. Manelli, M. Valesi°
AUSL Parma, D.E.U.U.O. Anestesia-Rianimazione, Terapia Iperbarica e Antalgica P.O. Vaio-Fidenza
° Clinical Manager Centro Iperbarico Ospedale Fidenza, Parma, Italy
RIASSUNTO
Sono state trattate in camera iperbarica a 2.5 ATA per
80’, 35 pazienti gravide in diverse età gestazionali e appartenenti a diversi gradi di gravità di intossicazione
come descritto in Koren et al 1991. Alla nascita è stato
valutato l’apgar e quindi controllati vari parametri neurofisiologici: il primo sorriso, mantenere la posizione
seduta senza supporto, camminare senza aiuto, la prima
parola emessa. Si è constatato un ritardo nello sviluppo
neuropsicologico nelle gravide intossicate al primo trimestre di gravidanza, indipendentemente dal valore di
HbCO materno e dal tempo di esposizione. A 20 mesi
di osservazione tutti i parametri rientravano nella
norma.
Introduction
The pregnant with Carbon Monoxide (CO) intoxication
poses special problems in treatment. It is essential to explain that there may be negative consequences on the
continuation of pregnancy or on normal fetal development.
METHODS: we admitted 35 patients as follows: 1st trimester (1T) N=18, (2T) N=9, (3T) N=8. All patients had
hyperbaric treatment at 2.5 ATA for 80 minutes. We
stratified patients in 5 degrees of severity based upon
their consciousness level as in Koren (1991). For every
neonate we calculated the Apgar index and follow up of
Indirizzo per la richiesta di estratti:
G. Vezzani
Ospedale di Vaio-Fidenza ASL Parma
Servizio di Anestesia,
Rianimazione e Terapia Iperbarica
Via Don E. Tincati, 5 - 43036 Fidenza (Pr), Italy
Hyperbaric Treatment in the Pregnant Patient
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psychophysic development, we calculated: a)the first
smile (FS); b)maintaining the sitting position (SP) without support; c)independent walking (IW); d)the first
word (FW).
Results
The severity of the patients was equally distributed among
the three trimesters. Two spontaneous abortions in 2nd
and 3rd week pregnancy, and an elective abortion on the
6th week. We were able to follow 24 neonates distributed
as such: 11 from mothers with CO intoxication during 1T,
6 during the 2T, 7 during 3T. No correlation was found
between neonatal outcome and maternal COHb level. It
can be easily noticed that there is a significant delay in
psychophysic development of the neonates intoxicated
during the 1T, as compared to those intoxicated during
the 2T and 3T; p<0.01(Kruskal-Wallis test).
Discussion
We believe it is not necessary that there be a loss of consciousness or a high level of severity to induce embryonal
or fetal brain problems. In our cases, in 11 pregnant patients in the 1T, we had two spontaneous abortions, although the mothers were classified as second degree of
severity.
Conclusion
We suggest that only parameter which can be correlated
with intrauterine death or with a significant delay in psychophysical development, is gestational age.
Vezzani, Pizzola, Cantadori, Mordacci, Nicoloupolou, Manelli, Valesi
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Prognostic Value of the Base-excess
in Severe Carbon Monoxide
Intoxication:
Suicidal Patients vs Non-suicidal Patients
L. Caberti, A. Pizzola, M. Mordacci, L. Cantadori, D. Manelli, G. Vezzani
AUSL Parma, DEU, U.O. Anestesia-Rianimazione, Terapia Iperbarica e Terapia Antalgica,
P.O. di Fidenza
RIASSUNTO
Sono stati trattati 42 pazienti intossicati da monossido di carbonio (CO) tutti intubati per via orale e
sottoposti a ventilazione meccanica. 19 erano suicidi
e 23 intossicati accidentali. Sono stati valutati il Baseexcess (BE), CPK, CPK-MB, COHb età, sesso,
tempo di trasporto presso il centro iperbarico, quali
indici predittivi di mortalità, encefalopatia post-anossica, o sindrome post intervallare. Non è stata riscontrata nessuna differenza nella mortalità o nella
encefalopatia post-anossica fra i due gruppi, fra i sopravvissuti nessun paziente ha avuto sindrome post
intervallare. L’unico parametro che ha assunto valore predittivo, statisticamente significativo, di mortalità o di encefalopatia post anossica è stato il BE.
Introduction
The objective of this work was to evaluate the possible relationship between base excess and prognosis of patients
with acute intoxication from carbon monoxide.
Methods
We studied 42 patients with acute Carbon Monoxide (CO)
intoxication that arrived at the hyperbaric center already
Indirizzo per la richiesta di estratti:
L. Caberti
AUSL Parma, DEU, U.O. Anestesia - Rianimazione,
Terapia Iperbarica e Terapia Antalgica
Via Don E. Tincati, 5 - 43036 Fidenza (Pr), Italy
Prognostic
Value
the Base-Excess
Severe
Carbon
Monoxide
Perché trattare
la of
intossicazione
acutainda
CO con
ossigeno
iperbarico?
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intubated with mechanical ventilation. We distinguished
patients between S (suicidal n=19) and NS (non suicidal
n=23) since some previous publications had noted a difference in outcome between these patients. All patients
were treated in a multi-place chamber and mechanically
ventilated.
The hyperbaric treatment required exposure to 2.5 ATA
for 80 minutes with possible initial treatment of 30 minutes at 2.8 ATA, based upon clinical judgment. We
measured the value of base excess obtained from the
first arterial blood gas analysis measured before therapy. In the S group intoxication was due to car exhaust;
for the NS group intoxication was caused from malfunctioning heat systems. The outcome we considered
was: recovery (R), death in the hospital or within a
month of discharge (D), and post-anoxic acute encephalopathy (EPA).
Results
Referring to age, sex, COHb, time of transport, base excess, CPK, CPK-MB, Amylase and outcome, no significant differences were found between group S and NS.
Mean value of base excess in R-group was significantly
different compared with EPA-group and D-group. We
didn’t found a significant relationship between base excess and carboxyhemoglobin.
Conclusions
In this study cohort, we are unable to distinguish mortality between suicidal patients and non-suicidal patients. In
this review, base excess was a predictive index for death
and for major hypoxic sequelae.
Caberti, Pizzola, Mordacci, Cantadori, Manelli, Vezzani
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N. 2 - Giugno 2007 f 63
Medicina Subacquea e Iperbarica
Ruolo della Risonanza Magnetica cerebrale
nella intossicazione da CO
Andrea Saccani
U.O. di Radiodiagnostica Dipartimento di Emergenza-Urgenza e Servizi Diagnostici
Ospedale di Fidenza - Azienda U.S.L. di Parma
SUMMARY
Magnetic resonance imaging (MRI) clearly demonstrates various brain abnormalities following carbon
monoxide (CO) poisoning Bilateral symmetric white
matter hyperintensity in T2-weighted MRI could be a
good predictor of delayed encephalopathy after acute
CO intoxication. Diffusion imaging (DWI) is valuable
in the delineation of disease extent and in monitoring
the treatment response. A multiplanar MRI protocol
including DWI is a fast technique and is the best imaging tool in each stage of CO poisoning.
Keywords: Brain; Carbon Monoxide Poisoning; Magnetic Resonance Imaging; Diffusion MRI.
Introduzione
Le sequele neuropatologiche dell’intossicazione da monossido di carbonio (CO) sono ampiamente descritte negli studi anatomopatologici postmortem. La tomografia
computerizzata (TC) ha permesso di evidenziare solo parzialmente tali lesioni.
L’imaging con Risonanza Magnetica (MRI) ha dimostrato
una sensibilità ed una specificità molto superiori rispetto
alla TC.
Le lesioni più caratteristiche e frequenti sono a carico dei
globi pallidi (GP), interessati bilateralmente. Frequenti
sono anche le lesioni multifocali diffuse della sostanza
bianca (SB) cerebrale periventricolare. Meno frequenti
Indirizzo per la richiesta di estratti:
Andrea Saccani
Azienda U.S.L. di Parma - U.O. di Radiodiagnostica
Dipartimento di Emergenza - Urgenza e Servizi
Diagnostici Ospedale di Fidenza - Via Don E. Tincati, 5
43036 Fidenza (Pr), Italy
Ruolo della Risonanza Magnetica cerebrale nella intossicazione da CO
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sono le alterazioni di putamen, nucleo caudato, talamo,
substantia nigra, corpo calloso, ippocampo.
L’introduzione dello studio della diffusione protonica
(DWI) con calcolo delle mappe del coefficiente di diffusione apparente (ADC) e della spettroscopia dell’idrogeno
(1H-MRS) hanno ulteriormente esteso le possibilità diagnostiche dei sistemi di Risonanza Magnetica.
MRI
Il reperto più caratteristico è rappresentato dall’ischemia
dei GP, evidenziata da iperintensità di segnale nelle immagini pesate in T2, che in fase tardiva può essere circondata da un bordo ipointenso di tipo emosiderinico.
Nelle immagini pesate in T1 le lesioni dei GP possono variabilmente presentarsi ipointense, isointense o iperintense (probabilmente in relazione al variabile rapporto tra
fenomeni necrotici ed emorragici).
Nucleo caudato e putamen possono presentare lesioni iperintense nelle immagini pesate in T2, usualmente bilaterali, sia isolate che associate ad alterazioni dei GP.
Un ulteriore reperto frequente in T2 è l’iperintensità bilaterale confluente nella SB periventricolare e nei centri
semiovali. Essa riflette un danno mielinico diffuso ed è
descritta sia nella sindrome post-intervallare che in una
quota di pazienti asintomatici ma reduci da una grave intossicazione. Lo stato clinico e la prognosi, peraltro, sono
meglio correlati con le lesioni della SB che non con l’estensione del danno ai globi pallidi.
Le sequenze FLAIR (che prevedono la soppressione del
segnale del liquor) permettono una migliore valutazione
dell’iperintensità periventricolare, che talvolta può non
essere riconoscibile in immagini T2 convenzionali.
Meno frequenti sono le anomalie di segnale in corteccia
cerebrale, tra le quali il pattern più comune è rappresentato da iperintensità T2 nei lobi temporali.
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Nella sindrome post-intervallare è frequente la comparsa
di ulteriori iperintensità T2 (nelle capsule interne ed
esterne, nel corpo calloso, nelle fibre ad U sottocorticali),
associate ad ipointensità in talamo e putamen per verosimile deposito di ferro.
In fase cronica è spesso evidente un’atrofia cerebrale ippocampale o, più frequentemente, generalizzata.
RM pesata in diffusione (DWI)
Nella fase acuta dell’intossicazione si osserva una diffusa
simmetrica iperintensità nella SB sottocorticale e periventricolare, riferibile a diffusione ristretta per edema citotossico. La SB alterata può apparire normale in FLAIR. Frequentemente si rilevano lesioni simmetriche iperintense nei
GP. Il calcolo delle mappe ADC evidenzia ipointensità per
riduzione dei valori ADC. La DWI è, tra le metodiche di
imaging attualmente disponibili, la più precoce nell’evidenziare lesioni. La restrizione della diffusione può essere evidente già a poche ore dall’evento acuto.
Nei casi di insorgenza di sindrome post-intervallare le aree
di iperintensità DWI nella SB cerebrale persistono o si
estendono, coinvolgendo spesso anche territori apparentemente risparmiati nelle immagini T2. Analogamente, i
valori ADC permangono ridotti. Nella sindrome post-intervallare è ovviamente alterata la diffusione nella SB periventricolare bilaterale, ma sono frequentemente coinvolti anche lo splenio del corpo calloso, le capsule interne
ed il tronco encefalico. Al contrario, i globi pallidi spesso
non presentano in questa fase una significativa restrizione
della diffusione.
Nello stadio cronico dell’intossicazione si assiste ad un
aumento graduale dei valori ADC, coerente con l’evoluzione in encefalomalacia.
Si raccomanda l’impiego di una apparecchiatura RM ad
alto campo.
Lo studio della diffusione (DWI) è molto efficace nella ricerca di lesioni sia nella fase acuta dell’intossicazione che
nella sindrome post-intervallare.
La TC non è più indicata, salvo casi di indisponibilità di
un sistema RM o occasionali problematiche di diagnosi
differenziale.
Un protocollo di studio RM multiplanare comprensivo di
DWI necessita di un breve tempo di esame (inferiore a 15
minuti), è utile nell’inquadramento diagnostico in fase
acuta e permette di monitorare la progressione o la risoluzione delle lesioni nelle fasi successive.
Riassunto
La risonanza magnetica (MRI) è in grado di dimostrare
varie anomalie cerebrali dopo intossicazione da monossido di carbonio (CO). Nelle immagini pesate in T2, dopo
intossicazione acuta, le iperintensità bilaterali simmetriche nella sostanza bianca profonda possono predire la sindrome post-intervallare.
L’imaging in Diffusione (DWI) è utile nella quantificazione del danno encefalico e nella valutazione della risposta alla terapia. Un protocollo di studio MRI multiplanare
comprensivo di DWI è di rapida esecuzione ed è il miglior strumento di imaging oggi disponibile per lo studio
dell’intossicazione da CO.
Parole chiave: Encefalo; Intossicazione da Monossido di
Carbonio; Risonanza Magnetica; RM Pesata in Diffusione.
Bibliografia
Spettroscopia
Esami 1H-MRS seriali eseguiti dopo la comparsa di sindrome post-intervallare evidenziano, in corrispondenza
delle aree di SB anomale in DWI, un aumento persistente
del rapporto Cho/Cr. Si osserva inoltre una progressiva
riduzione del rapporto NAA/Cr ed un incremento del
Lac/Cr.
La spettroscopia è in grado di fornire informazioni prognostiche precoci.
Conclusioni
La Risonanza Magnetica è il migliore strumento di imaging oggi disponibile.
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Medicina Subacquea e Iperbarica
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Current Prospective in Smoke-Inhalation:
Acute Lung Injury
R.A. Karlnoski, E. Elamin, E.M. Camporesi
Department of Anesthesiology and Critical Care Medicine, University of South Florida
Tampa, FL USA
RIASSUNTO
Il danno polmonare da inalazione di fumi è una grave
complicanza negli ustionati ed è dovuta alla aspirazione
di gas surriscaldati, vapori o prodotti nocivi formatisi
per combustione incompleta. Gli studi si sono indirizzati alla riduzione sia dell’ostruzione delle vie aeree
che dell’alterazione del rapporto ventilazione-perfusione nei polmoni lesionati. Si è dimostrato che la somministrazione di Eparina per via sistemica o aerosolica
riduce la formazione di stenosi tracheo-bronchiali, aumenta l’ossigenazione, riduce il barotrauma e l’edema
polmonare sia in modelli animali sia in pazienti adulti
che pediatrici.
Uno studio retrospettivo su 47 pazienti pediatrici con
ALI, ha mostrato che il trattamento con ventilazione
meccanica, Eparina nebulizzata (5.000 UI) e N-acetilcisteina (3 ml di soluzione aerosolizzata al 20%) ogni
4 ore per 7 giorni, riduce la frequenza di reintubazione,
dell’incidenza di atelettasia e della mortalità, rispetto
al gruppo di controllo.
Introduction
Acute lung injury (ALI) is a pathological condition resulting from the aspiration of superheated gases, steam, or
noxious products of incomplete combustion. ALI carries
a serious health threat to burns victims. The association
Indirizzo per la richiesta di estratti:
R.A. Karlnoski
Dpt. of Anesthesiology and Critical Care
Medicine, University of South Florida,
12901 Bruce B. Downs Blvd., Tampa, FL USA
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of ALI with cutaneous burns is known to adversely complicate the outcome of those victims. When associated
with pneumonia, ALI added to burn induced morbidity
and increased expected mortality by 20-80% (1-2). In addition, about 70% of all fire victims who die within the
first 12 hours post burns, died from ALI related complications (3). ALI involves the entire respiratory system,
from the upper airway to the alveoli. The extent of injury
depends on the toxic composition of the inhaled smoke
(CN, NO2, and SO2), the inhalant’s water solubility, the
patient’s underlying respiratory function, and the duration of exposure.
Systemic and Inhalation Burns
In general, burns induce the classic complement cascade
followed with intrapulmonary leukocyte, especially neutrophils, aggregation and the release of oxygen free radicals with subsequent pulmonary edema (2). One of the
key elements produced by this inflammatory cascade is
nitric oxide (NO) (4). At lower levels, NO halts neutrophil
adhesion, production of cytokines, and inhibits platelet
aggregation. However, at higher levels, it functions as a
free radical and combines with different elements especially superoxide (O-) to form preoxynitrite (ONNOO-);
a very potent oxidant that plays an essential role in ALI
induced cellular injury (4).
Polymorphonuclear leukocytes (PMNs) also play an important role in the inflammatory processes of thermal
burn and ALI. Endothelial damage by these activated
cells is believed to increase microvascular permeability
and edema. Activated neutrophils accumulate in the lung
as a consequence of cytokine stimulation or ischemiareperfusion. There are several possible reasons for this
process, but the most likely cause is due to the fact that
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the pulmonary vascular bed is extremely large with narrower pulmonary capillaries compared to systemic capillaries. In addition, there is more cytokine production
in the lung secondary to the presence of alveolar macrophages (4).
Activated neutrophils adhere to the activated endothelial
cells and injure them, resulting in an increase in pulmonary
vascular permeability. The exuded plasma contains coagulation factors such as fibrinogen and/or prothrombin. In
addition to the exudation, pulmonary epithelial cells and
alveolar macrophages express tissue factor. Tissue factor is
an initiator of the extrinsic pathway of coagulation and is
known to cause fibrin deposition (clots) in the alveolar
space. Fibrin formation and deposition in the alveolar space
is considered to be a hallmark of ALI and acute respiratory
distress syndrome (ARDS). Fibrin is also known to inhibit
various surfactant activities.
The pathophysiology of ALI includes variable degrees of
airway edema from direct thermal injury, bronchospasm
from aerosolized irritants, alveolar flooding from epithelial disruption, and small airway occlusion from sloughed
endobronchial debris (“casts”). These casts cause atelectasis in the occluded lung and hypoxia and barotrauma to
the ventilated areas. Within the first 24 hrs, the clinical
consequences are usually airway obstruction and bronchospasm, while intrapulmonary shunting, diminished
compliance, and pulmonary infection develop over the
subsequent several days.
Recommended Treatment
There is no specific treatment for inhalation injury, management involves providing the degree of support required
to compensate for decrements in gas exchange while the
injured endobronchial and alveolar mucosa regenerate
(5). Treatment consists of intubation for standard indications, positive pressure ventilation, pulmonary toilet, and
antibiotics for established infection. There is no value to
prophylactic intubation, steroids, or antibiotics (6). In
practical terms, one can only support such patients while
they go through a predictable 7- to 21-day period of endobronchial slough, secondary failure of gas exchange and
compliance, infection, and healing.
There are, however, clinical problems that may need to
be addressed in patients with inhalation injury. Intense
bronchospasm from aerosolized irritants occurs during
the first 24 to 48 hours, especially in young children. This
is managed with nebulized beta2 agonists, although some
will require intravenous bronchodilators such as terbutaline, aminophylline, or racemic epinephrine infusions (7).
Steroids are only indicated in the initial 24 hours after inhalation injury.
Approximately half of those with ALI can be expected to
develop pulmonary infection, either pneumonia or puru-
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lent tracheobronchitis (8). Infection typically occurs toward the end of the first week following injury. It is common to see patients with serious inhalation injuries deteriorate at this time. Treatment begins with preventionmeticulous nursing care with respect to cleanliness, pulmonary toilet, early removal of central lines, and early extubation. White blood cell count, sputum culture, and
chest x-ray must be closely monitored in susceptible individuals to combat infection.
Carbon monoxide poisoning commonly occurs in conjunction with inhalation injury. Its primary pathophysiology involves the reversible displacement of oxygen on the
hemoglobin molecule. Some investigators recommend hyperbaric oxygen as a means of improving the prognosis
of those suffering serious CO exposures and to prevent
the development of neurologic sequelae.
Small airway obstructions, caused by the formation of
casts, may occur as necrotic endobronchial debris slough.
Studies have shown that the obstructing material is composed mainly of fibrin that has entrapped migrated neutrophils, shed bronchial epithelial cells, and thicken mucus (4). In many cases, the cast is solid and hard to remove
secondary to ALI induced damage to the ciliary transport
function (9). Toilet bronchoscopy can greatly facilitate
clearance of the airways. Vigilant pulmonary toilet is an
essential component of the management of patients with
inhalation injury. Nebulized heparin and N-acetylcysteine
has been proposed as an adjunct to prevent small airway
obstructions and improve pulmonary toilet in patients
with inhalation injury. These data are described in more
detail below.
Heparin
Research in lung inhalation injury has focused on reducing
airway obstruction and progressive ventilation/perfusion
mismatch by preventing the formation of casts. Administration of nebulized or systemic heparin has been shown to
decrease tracheobronchial cast formation and pulmonary
edema in smoke inhalation injury.
Activation of the tissue factor-induced coagulation pathway in the alveolar compartment, accompanied by inhibition of the regional fibrinolytic system promotes the deposition of fibrin in alveoli and contributes to the formation
of casts and the functional impairment of the lung. Microscopic evaluation of airway obstruction in sheep with ALI,
showed that aerosolized heparin significantly prevented
cast formation, edema, cellular infiltrates, and congestion
(10). A retrospective comparison of 47 consecutive pediatric patients with smoke inhalation injury treated with mechanical ventilation plus nebulized heparin (NH) (5, 000
IU) and the mucolytic agent N-acetylcysteine (NA) (3ml of
20% aerosolized solution), every 4 hours for the first 7 days
after injury, revealed a significant decrease in reintubation
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rates, incidence of atelectasis, and mortality in patients
treated with nebulized heparin and N-acetylcysteine compared to controls (11).
The beneficial effect of NA is related to its mucolytic effect. On the other hand, NH benefits are related to its ability to prevent fibrin formation and its deposition in the alveolar space. This effect can be crucial in halting the development of ALI/ARDS or damage to the surfactant. The
concentration of NH used in this study did not change
platelet count or the partial thromboplastin time (PTT) in
the pediatric patients (11).
Considering the anatomical and histological differences
between the pediatric and adults airways, nebulized
heparin and N-acetylcysteine has been tested in adult patients with ALI. In a retrospective review, daily lung injury scores generated from the averaged scores of chest
roentgenograms, PaO2 to FiO2 ratios, positive end expiratory pressure requirements (PEEP), and respiratory compliance showed that nebulized heparin and N-acetylcysteine significantly reduced lung injury scores and significantly reduced mortality within the first week of treatment compared to the control group (12).
Systemically administered heparin has also been shown
to ameliorate ALI. Cox et al. (13), compared adult sheep
with smoke inhalation injury treated with mechanical
ventilation plus continuous heparin infusion to sheep
treated with mechanical ventilation alone. The heparin
group received a 400 unit per kilogram bolus of heparin
followed by a continuous infusion to maintain the activated clotting time between 250 to 300 seconds. The
control group received a saline solution vehicle. Heparintreated sheep showed improved PaO2 to FiO2 ratios,
lower PEEP requirements, fewer casts, and less pulmonary edema.
Drug treatment for lung injury after smoke inhalation is
being addressed in clinical trials and animal models. Presently, we do not know the mechanism of action for heparin
in smoke inhalation injury. The inhibition of clot formation in the blood vessels by heparin is common knowledge, but the inhibition of cast formation in the airway by
heparin is a novel idea. Experiments have shown that
heparin decreases tracheobronchial cast formation, improves oxygenation, minimizes barotrauma and reduces
pulmonary edema in ovine models of severe smoke inhalation injury and in adult and pediatric patients with inhalation injury. In light of the high mortality associated
with inhalation injury, the risk/benefit of heparin appears
very favorable.
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References
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Medicina Subacquea e Iperbarica
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La sindrome post-intervallare: ipotesi patogenetica
G. Vezzani
AUSL Parma - D.E.U. U.O. Anestesia-Rianimazione, Terapia Iperbarica e Antalgica
P.O. Vaio-Fidenza, U.O. Anestesia-Rianimazione. P.O. Vaio-Fidenza
SUMMARY
Carbon monoxide poisoning causes adduct formation between myelin basic protein (MBP) and malonylaldehyde,
a reactive product of lipid peroxidation, resulting in an
immunological cascade. MBP loses its normal cationic
characteristics, and antibody recognition of MBP is altered. Immunohistochemical evidence of degraded MBP
occurs in brain over days, along with influx of macrophages and CD-4 lymphocytes. Lymphocytes from COpoisoned rats subsequently exhibit an auto-reactive proliferative response to MBP, and there is a significant increase in the number of activated microglia in brain. Rats
rendered immunologically tolerant to MBP before CO
poisoning exhibit acute biochemical changes in MBP but
no lymphocyte proliferative response or brain microglial
activation. CO poisoning causes a decrement in learning
that is not observed in immunologically tolerant rats.
These results demonstrate that delayed CO-mediated
neuropathology is linked to an adaptive immunological
response to chemically modified MBP (da SR Thom,
2004).
La Sindrome Post Intervallare (SPI) è un insieme di sintomi che si presenta da 4 giorni a 4-5 settimane dopo un
episodio di intossicazione acuta da monossido di carbonio. Va distinta dalla encefalopatia anossica acuta che è
una diretta continuazione dell’episodio tossico senza un
intervallo libero da sintomi, che è invece caratteristica tipica e fondamentale per porre diagnosi di SPI. La perIndirizzo per la richiesta di estratti:
G. Vezzani
Ospedale di Vaio-Fidenza ASL Parma
Servizio di Anestesia,
Rianimazione e Terapia Iperbarica
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La sindrome post-intervallare: ipotesi patogenetica
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centuale di frequenza della SPI è variamente valutata dal
23% al 76%, ma in altre grandi casistiche di intossicati
tutti trattati con Ossigeno Terapia Iperbarica (OTI), ad
esempio la nostra, non si registrano casi di SPI, almeno in
forme così severe da ricorrere al medico. I sintomi più frequenti sono: attacchi improvvisi di cefalea, difficoltà di
concentrazione, turbe della memoria recente, difficoltà di
apprendimento, alterazione della personalità, demenza,
segno della ruota dentata, incontinenza sfinterica (Mathieu et al. 1996; Raphael et al. 1989; Scheinkestel et al.
1999; Thom et al. 1995; Weaver et al. 2002).
Tuttora non è ben chiarito attraverso quale meccanismo
possa realizzarsi un danno cerebrale così devastante a distanza di settimane dall’episodio acuto, e quale ruolo possa
giocare la OTI nel prevenire la SPI.
In un lavoro pubblicato nel 2004 (1) si documenta la comparsa di alterazioni della Proteina Mielinica di Base (PMB)
che rappresenta il 30% in peso del cervello, dovuta all’interazione con prodotti della lipoperossidazione. Tali modificazioni suscitano una riposta immunitaria verso PMB
che può essere causa di gravi disfunzioni neurologiche.
Linfociti di ratti precedentemente esposti al CO proliferano intensamente se messi a contatto con PMB, la microglia di ratti esposti al CO incrementa fortemente la sua
attività. Tuttavia ratti resi immunologicamente tolleranti
alla PMB prima dell’esposizione al CO, subiscono le alterazioni di PMB dovute all’interazione con i prodotti
della lipoperossidazione, ma non vi è risposta in linfoproliferazione o attivazione della microglia cerebrale. Ratti
esposti al CO documentano minor capacità di apprendimento a muoversi in un labirinto radiale, rispetto a ratti
intossicati ma resi prima immunologicamente tolleranti
verso PMB.
Dunque viene valutato il comportamento di PMB mediante cromatografia (Fig. 1), e Western blot (Fig. 2), la
proliferazione linfocitaria viene studiata mediante incorporazione di tracciante radioattivo, [3H-] Timidina (Fig.
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Medicina Subacquea e Iperbarica
3), l’attivazione microgliale mediante la determinazione
di proteine di superficie espresse da Major Histocompatibility Complex II (MHC II) o CD40 proteina di superficie interessata, fra l’altro, nella sintesi di specie radicaliche dell’ossigeno e nella linfoproliferazione B (Fig. 4). La
capacità di apprendimento è valutata mediante “performance” nel labirinto radiale (Fig. 5).
Figura 3.
Figura 1.
La proliferazione linfocitaria fu studiata con due modelli
di stimolazione sia nei controlli esponendo linfociti a 5 µg
di 18 kDa di MBP o la frazione (Fxn 5) della cromatografia, sia nei ratti intossicati (CO) e nei ratti intossicati e
quindi trattati con OTI (CO+HBO), in cui si vede la drastica riduzione della risposta in proliferazione (1) semplificato.
Curva cromatografica di materiale acido solubile cerebrale
da omogenato di ratto: si notano 5 picchi nella risposta
normale (controllo), scomparsa dei medesimi nei ratti intossicati da CO, nessuna modifica nei ratti intossicati e
trattati con ossigeno normobarico (CO+ 100% O2), nel
gruppo di ratti intossicati da CO e trattati con OTI (HBO)
la curva cromatografica si avvicina alla normalità, in compressione normossica (CO+sham/pressure), la curva cromatografica non si discosta da quella dei ratti intossicati,
vale a dire che l’effetto manifestato dipende dalla presenza
dell’ossigeno e non dalla pressione (1).
Figura 4.
Figura 2.
Valutazione del rapporto PMB/GLUT-3 (proteina trasportatrice) a sinistra e il rapporto PMB/Actina a destra
mediante Western blot nell’omogenato cerebrale di ratto.
Si nota in entrambi i casi come l’applicazione di OTI
(HBO) sia dopo 90’ che dopo 5 giorni porti alla normalizzazione del rapporto (1).
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Lo studio delle alterazioni microgliali fu condotto valutando la codificazione di MHC II (Major Histocompatibily Complex II) verso proteine di membrana molto attive nei fenomeni di cooperazione cellulare nell’ambito
della risposta immunitaria e verso la determinazione di
CD40, proteine di membrana attive nella stimolazione
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Medicina Subacquea e Iperbarica
della proliferazione di linfociti B. La valutazione è stata
eseguita in sezioni cerebrali di ratti dopo 21 giorni dall’intossicazione da CO. È essenziale notare come il trattamento con OTI (HBO) riesca a impedire la risposta immunitaria da MHC II e da CD40 (1).
Figura 5.
Conclusione
Secondo Weaver (2) i fattori di rischio nei confronti della
sindrome post-intervallare sono l’età superiore a 36 anni
e la lunga esposizione al CO (uguale o superiore a 24
ore).
Indubbiamente secondo Thom la OTI (HBO) è in grado
di prevenire la sindrome post intervallare, fatto che sembra ben documentato sperimentalmente in questo lavoro
complesso e che già lo stesso autore aveva affrontato sotto
il profilo clinico (3).
[1]
Bibliografia
Valutazione della performance nel labirinto radiale. Controllo: barre chiare. Ratti intossicati: barre scure. Ratti intossicati e trattati con OTI barre grigie. In alto numero di
tentativi “entra e ripeti”, in basso tempi di durata della performance. Si osserva come già a partire dall’ottavo giorno
vi sia una riduzione significativa sia dei tentativi “entra e ripeti” che del tempo di apprendimento sia per i controlli
che per i ratti intossicati e trattati con OTI (1).
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after carbon monoxide poisoning: prevention by
treatment with hyperbaric oxygen. Ann Emerg Med
1995;25:474-480.
Vezzani
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