programma di sala - Società del Quartetto

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programma di sala - Società del Quartetto
pianoforte
Sala Verdi del Conservatorio
Martedì 25 gennaio 2005, ore 20.30
S TA G I O N E 2 0 0 4 • 2 0 0 5
Andrea Lucchesini
12
Consiglieri di turno
Sig.ra Luciana Pestalozza
Dott. Enzo Beacco
Avv. Gian Battista Origoni della Croce
Sponsor istituzionali
Con il patrocinio e il sostegno di
Con il sostegno di
FONDAZIONE CARIPLO
Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione
e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si prega di:
• spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici;
• limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse ...);
• non lasciare la sala prima del congedo dell’artista.
Si ricorda inoltre che registrazioni e fotografie non sono consentite.
Andrea Lucchesini
pianoforte
Luciano Berio
(Oneglia 1925 - Roma 2003)
Rounds
Sei Encores: Brin, Leafs
Erdenklavier, Wasserklavier
Luftklavier
Feuerklavier
Domenico Scarlatti
(Napoli 1685 - Madrid 1757)
Sonata in re maggiore K 491
Sonata in do maggiore K 454
Sonata in fa minore K 239
Sonata in la maggiore K 342
Sonata in sol maggiore K 146
Intervallo
Fryderyk Chopin
(Zelazowa Wola, Varsavia 1810 - Parigi 1849)
Ventiquattro Preludi op. 28
Luciano Berio
Rounds
Domenico Scarlatti
Sonata in re maggiore K 491
Luciano Berio
2 Encores: Brin, Leafs
Domenico Scarlatti
Sonata in do maggiore K 454
Luciano Berio
2 Encores: Erdenklavier, Wasserklavier
Domenico Scarlatti
Sonata in fa minore K 239
Luciano Berio
1 Encore: Luftklavier
Domenico Scarlatti
Sonata in la maggiore K 342
Luciano Berio
1 Encore: Feuerklavier
Domenico Scarlatti
Sonata in sol maggiore K 146
Di rado un programma di concerto è impaginato in modo tanto stimolante, anzi
intrigante, come quello che stasera ci propone Andrea Lucchesini. Non è soltanto l’interpretazione assai creativa del tema di stagione (“Dialoghi e contrasti”) che stupisce e piace. È lo stimolo a leggere in altro modo i luoghi comuni
della storia della musica che fa la differenza. Non è vero, ricorda Lucchesini, che
la musica per pianoforte inizia con Mozart a fine Settecento e finisce con
Debussy a inizio Novecento. Ci sono autori che fanno da cerniera, che anticipa-
no e completano un grande periodo storico, che anzi ne orientano il corso, stemperano le discontinuità con il passato e inventano le radici del futuro. E fra questi autori, per la proprietà transitiva, non può non esserci omogeneità di spirito
inventivo, che si traduce in compatibilità di stile. Ecco che si spiega l’ardita
intersezione che ascolteremo stasera fra due poli estremi nella storia della letteratura per tastiera come Domenico Scarlatti e Luciano Berio.
Certo, la differenza fra i due è enorme, non solo per il doppio secolo che anagraficamente li separa. Contano molto anche diverse intenzioni che guidano le
singole esperienze creative. Cominciamo con Scarlatti, una delle figure più schive e misteriose dell’intera storia della musica. Intitolò Essercizi per gravicembalo l’unica edizione a stampa (1738 circa) di suoi pezzi per cembalo pubblicati
in vita. È una definizione modesta, che amplifica più del dovuto una componente didattica pur presente. Ma che bisogna avere sempre bene in mente, se si vuol
capire il significato delle Sonate di Scarlatti. Che sonate non sono di certo. Non
lo sono nel senso moderno, anzi classico, e si capisce subito il perché: hanno un
solo tempo e non tre, o quattro; e quell’unico tempo è così lontano dalla dialettica della forma sonata che a noi è diventata familiare. Non lo sono in senso barocco, perché troppo innovative e diverse rispetto alle composizioni che portano lo
stesso nome nell’Italia del primo Settecento. Le Sonate di Scarlatti sono entità
diverse, frutto di misteriosi itinerari artistici maturati nei lunghi anni di esilio in
Portogallo prima e in Spagna poi. Sono fusione fra non dimenticata scuola italiana e tradizione colta iberica. Sono un ampliamento della bipartizione barocca
verso la tripartizione classica. Hanno straordinarie libertà formali e ritmiche e
armoniche, ma restano fedeli a un solo tema, così che la dialettica di sonata non
trova spazio praticabile. Presentano soluzioni di tecnica cembalistica assolutamente rivoluzionarie. Ormai è luogo comune definirle "pre-pianistiche". Molti
hanno cercato filiazioni nell’età del pianoforte romantico, talvolta convincendo.
Eppure le Sonate di Scarlatti non hanno insegnato nulla — o quasi — ai grandi
della tastiera che sono venuti dopo. Un identikit degli allievi potenziali è impossibile. Finisce con l’avere ragione W. S. Newmann che, nella sua monumentale
Storia dell’idea dì sonata scrive: «(Scarlatti) deve essere considerato più un’affascinante digressione che non un tema principale, o una transizione, o uno sviluppo, o magari una coda della “forma sonata” così come l’intendiamo».
Invece potrebbe considerarsi meta-allievo di Scarlatti il nostro contemporaneo
(e caldamente rimpianto) Luciano Berio, che scrisse relativamente poco per pianoforte, ma dello strumento padroneggiava bene la tecnica, imparata al
Conservatorio di Milano. Così, le poche volte che le sue poliedriche attività e
soprattutto la passione per il teatro gli hanno lasciato il tempo e dato l’idea di
scrivere per pianoforte, sono nati altrettanti capolavori, anzi microcosmi, in
quanto nessun brano supera la dimensione dell’aforisma. Sono quasi improvvisazioni, scritte di getto sotto lo stimolo di circostanze esterne, diversissime fra
loro per struttura e ambizione. Escludendo le giovanili Petite Suite (1947), le
Cinque variazioni (1952-53) oltre che la famosa Sequenza IV (1965-66) e la
recentissima Sonata (2001), i sette brani che ascolteremo stasera sono la sua
intera produzione per pianoforte solo, e in tutto durano poco più di un quarto
d’ora. Ascolteremo prima Rounds (il più lungo della serie, oltre quattro minuti)
scritto nel 1969 in versione clavicembalistica e poco dopo riscritto per pianoforte con dedica all’amico compositore e direttore d’orchestra Marcello Panni. Brin
(Refolo) e Leafs (Foglie), entrambi del 1990, sono due studi su un accordo tenuto e sulle risonanze che attorno si possono generare. Seguono le musiche degli
elementi. Erdenklavier, che ha anche il sottotitolo “Pastorale”, è legata a un
ricordo di tipo "paesaggistico", un omaggio alla terra sarda, aspra e brulla.
Wasserklavier, con dedica ad Antonio Ballista, è il risultato musicale di una discussione con amici sull’op. 117 n. 2 di Brahms e sull’op. 142 n. 1 di Schubert. Sia
Feuerklavier (una commissione del pianista Peter Serkin) che Luftklavier
esplorano le caratteristiche dell’ostinato. I momenti di composizione sono lontani e non correlati, dato che Wasserklavier e Erdenklavier sono del 1965 e 1969
rispettivamente, mentre gli altri due brani sono stati scritti negli anni Ottanta e
anche riutilizzati nel Concerto e in Points on the Curve to find per pianoforte e
strumenti. Le tecniche pianistiche sono di regola differenti, ma le difficoltà esecutive (l’alta velocità, gli sbalzi dinamici) danno a tutti i pezzi un certo substrato comune, in particolare a Feuerklavier e Luftklavier. Alla fine sembra che l’unico legame sia la sequenza dei titoli: Terra e Acqua, Fuoco e Aria. Come dev’essere in ogni ciclo di Klavierstücke che si rispetti. Comunque funzionano benissimo da collante/zeppa fra le Sonate di Scarlatti, proprio perché l’imprevedibilità del loro stile post-pianistico bene si sposa con il rivoluzionario linguaggio prepianistico del maestro settecentesco. Si rinnova in questo modo la felicissima
esperienza che lo stesso Berio battezzò Rendering e che consiste nell’interpolazione di invenzioni musicali sue fra i tanti frammenti che Schubert aveva abbozzato in vista della composizione di un nuova sinfonia. All’insegna, appunto, della
compatibile integrazione degli estremi, e della trasformazione dei contrasti in
dialoghi.
Fryderyk Chopin
Ventiquattro Preludi op. 28
1.
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23.
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Agitato (do maggiore, 1838)
Lento (la minore, 1828)
Vivace (sol maggiore, 1838)
Largo (mi minore, 1838)
Allegro molto (re maggiore, 1838)
Lento assai (si minore, 1838)
Andantino (la maggiore, 1836)
Molto agitato (fa diesis minore, 1831)
Largo (mi maggiore, 1838)
Allegro molto (do diesis minore, 1829)
Vivace (si maggiore, 1838)
Presto (sol diesis minore, 1830)
Lento (fa diesis maggiore, 1838)
Allegro (mi bemolle minore, 1839)
Sostenuto (re bemolle maggiore, 1839)
Presto con fuoco (si bemolle minore, 1839)
Allegretto (la bemolle maggiore, 1837)
Allegro molto (fa minore, 1838)
Vivace (mi bemolle maggiore, 1838)
Largo (do minore, 1838)
Cantabile (si bemolle maggiore, 1838)
Molto agitato (sol minore, 1829)
Moderato (fa maggiore, 1838)
Allegro appassionato (re minore, 1838)
Dire che la raccolta dei Ventiquattro Preludi op. 28 è centrale per l'arte e la vita
di Chopin è ovvio e banale, ma solo fino a un certo punto. Di sicuro è centrale la
data di pubblicazione, il 1839, situata una decina di anni dopo l'esordio del musicista sulla scena musicale internazionale, una decina d'anni prima della morte.
Ma i tempi della creazione sono diversi. Buona parte dei preludi fu composta alla
spicciolata, senza un piano preciso. Alcuni appaiono addirittura come scarti:
pezzi di terza scelta, che non avevano trovato posto nelle grandi raccolte di studi
op. 10 e op. 25, fra notturni e mazurke dell'età giovanile o della prima maturità.
Altri sono frutti evidenti di annotazioni estemporanee, messe su carta per fissa-
re un’idea improvvisa, in attesa di trovare una forma e uno sviluppo adeguato.
Una breve scorsa alla data di composizione stimata di ciascuno (sopra fra parentesi) darà un'idea precisa del grado di dispersione temporale e della disomogeneità cronologica. Si scopre anche che il nucleo principale fu composto nel 1838.
C'era una ragione precisa, che aveva poco a che fare con l'arte. Nell'autunno di
quell'anno Chopin era senza soldi e doveva finanziare la famosa (famigerata)
vacanza programmata alle Baleari per quell'inverno. Promise quindi all'editore
Camille Pleyel di ricavare una raccolta organica dai suoi tanti pezzi e pezzettini
ancora inediti in cambio di 2000 franchi di cui 500 anticipati. Mantenne la parola, ma con molto affanno. Può venire il sospetto che molte miracolose concisioni
siano dovute alla fretta. Gli inserimenti conclusivi e le limature finali sono del
gennaio 1839.
Il momento della definizione architettonica della raccolta e della composizione
del corpus principale è anche centrale e critico per la vicenda personale di
Chopin. Coincise con un drammatico peggioramento delle sue condizioni di salute e con il punto di crisi della turbinosa vicenda sentimentale con George Sand;
tante biografie serie o romanzate, con relative versioni cinematografiche, ci
hanno narrato l'infelicissima e impropria luna di miele vissuta dai due amanti
sotto la pioggia della Certosa di Valdemosa, sull'isola di Majorca, nell'inverno
del 1838.
Ma i Preludi sono centrali anche dal punto di vista stilistico. Tutti, o quasi, i
paradigmi compositivi di Chopin sono presenti. C'è lo studio, il notturno, la
mazurka, l'improvviso, la fantasia... Eccezion fatta per pochi casi, fra i quali
ovviamente spicca il quindicesimo Preludio, relativamente ampio e tripartito (e
diventato famoso con il sottotitolo apocrifo "Goccia d'acqua"), la dimensione è
minima, talvolta aforistica. Il che non significa rinuncia all'architettura; anzi
diventa stimolo per la ricerca di nuovi modelli formali basati su
combinazione/variazione di cellule strutturali. E le finissime strutture dei lavori scritti nel decennio successivo sono lì a dimostrare quanto sia stato fruttuoso
il "laboratorio" dei Preludi. Se però ogni singolo preludio si presta bene all'analisi e alla classificazione, ben più difficile è scoprire il disegno di fondo, quello che
tiene insieme l'intera raccolta. È esplicito solo il criterio ordinatore generale,
ispirato dal Clavicembalo ben temperato di Bach, che Chopin conosceva benissimo, anzi considerava suo "pane quotidiano". I ventiquattro pezzi sono distribuiti in ciascuna delle ventiquattro tonalità ammesse dal moderno sistema
armonico temperato, alternando il modo maggiore al relativo minore. A differenza di Bach, che procede secondo la scala cromatica, Chopin dispone i suoi
preludi con la sequenza delle quinte ascendenti. Pertanto, i numeri dispari, in
modo maggiore, iniziano con do e finiscono con fa; i numeri pari, in modo mino-
re, partono dal la e chiudono con re. Altro criterio evidente, anche se applicato
con minore rigore, è quello dell'alternanza fra movimento veloce e movimento
lento. Non ci sono invece regole apparenti nella distribuzione delle durate e dei
volumi relativi.
Qui l'interpretazione è libera, può puntare sull'esaltazione dei contrasti o sulla
ricerca dei punti di continuità, approfondire il dettaglio o schizzare un'ipotesi di
struttura globale. Si entra nel dominio della grande poesia musicale, che si
regge su forze autonome e misteriose, su emozioni e visioni che si accavallano e
scompaiono prima di diventare realtà.
Enzo Beacco
Andrea Lucchesini pianoforte
Nato nel 1965, Andrea Lucchesini ha studiato pianoforte con Maria Tipo. Nel
1976 ha meritato il premio “Alfred Cortot” e nel 1981 il “Premio Città di
Treviso”. Nel 1983 ha debuttato a Parigi con un recital al Théâtre des Champs
Elysées e si è aggiudicato al Teatro alla Scala il primo premio al concorso
internazionale “Dino Ciani”. Nel 1994 ha ricevuto il “Premio Internazionale
Accademia Chigiana” e nel 1995 il premio della critica “Franco Abbiati”.
Ospite delle più importanti istituzioni musicali e delle maggiori orchestre in
collaborazione con direttori quali Claudio Abbado, Semyon Bychkov, Roberto
Abbado, Riccardo Chailly, Dennis Russell Davies, Charles Dutoit, Daniele
Gatti, Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding, John Neshling, Gianandrea
Noseda e Giuseppe Sinopoli, si dedica inoltre con particolare passione al
repertorio cameristico in varie formazioni ospite di festival internazionali
quali Moritzburg e Lockenhaus. Con il violoncellista Mario Brunello ha dato
vita al progetto “Incontri con la musica da camera” in collaborazione con
l’Unione Musicale di Torino. Dall’autunno 1999 alla primavera 2004 ha eseguito presso le maggiori istituzioni musicali italiane un ciclo di concerti dedicati all’integrale delle Sonate e dei Concerti per pianoforte di Beethoven.
Particolarmente interessato al repertorio contemporaneo ha eseguito in tutto
il mondo, e registrato con la London Symphony, il Concerto II Echoing Curves
di Luciano Berio sotto la direzione dell’autore. Nel luglio 2001 ha eseguito in
prima mondiale a Zurigo la Sonata per pianoforte di Berio che ha eseguito in
prima esecuzione a Milano nel novembre 2002 per la nostra Società.
In campo discografico ricordiamo l’incisione di Pierrot Lunaire di Schönberg
e il Kammerkonzert di Berg con la Staatskapelle Dresden diretta da Giuseppe
Sinopoli. Dal novembre 2003 è disponibile l’integrale live delle Sonate per pianoforte di Beethoven.
È stato ospite della nostra Società nel 1984, 1991, 1997, 1999 e nel 2002 con il
Quartetto Arditti.
Prossimo concerto:
martedì 8 febbraio 2005, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Trio Beaux Arts
Nella strepitosa parata di grandi interpreti proposta dalla stagione di
quest’anno, la serata che vede protagonista il Trio Beaux Arts assume un ruolo
tutto particolare. È infatti l’omaggio a un complesso storico della musica da
camera di tutti i tempi, sulla breccia da un buon mezzo secolo e tantissime volte
nostro ospite. Ci presenterà il fiore del suo repertorio, con una sequenza che più
classica non si può: la fondazione del genere stesso con il maturo Mozart, un
Beethoven che comincia a sfumare le ansie dialettiche degli anni di mezzo, un
Dvorák che alla grande tradizione cameristica tedesca riesce ad aggiungere i
ritmi e i colori delle danze popolari della nativa Boemia.
^
Programma (Discografia minima)
L. van Beethoven
Trio n. 6 in mi bemolle
maggiore op. 70 n. 2
(Beaux Arts, Ph 458 411-2)
^
W. A. Mozart
Trio in si bemolle maggiore
K 502
(Beaux Arts, Ph 645 154-2)
A. Dvorák
Trio n. 4 in mi minore
op. 90 “Dumky”
(Beaux Arts, Ph 454 259-2)
“Giovane Europa in Musica”, biglietti omaggio per i Soci
Società del Quartetto di Milano, via Durini 24 - 20122 Milano
tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281
www.quartettomilano.it – e-mail: [email protected]
La Società del Quartetto e la Fondazione Giancarlo ed Etta Rusconi invitano i Soci ai concerti di “Giovane Europa in Musica”, il ciclo di concerti
dedicato a giovani musicisti emergenti, ospite per questa stagione del
Teatro Litta.
I biglietti omaggio riservati possono essere ritirati, fino ad esaurimento,
in sede da sei giorni prima di ogni concerto (ore 13.30 - 17.30).
Il prossimo appuntamento è previsto per lunedì 31 gennaio, ore 20.30 con
il percussionista francese Christophe Roldan e il flautista Andrea Manco
presentati in collaborazione con il Centre culturel français.
I Soci della Società del Quartetto al Festival di Lucerna
Nello sviluppo delle iniziative riservate ad esclusivo beneficio dei nostri
Soci, abbiamo ora il piacere di comunicare che un accordo privilegiato consentirà ai nostri Soci di accedere a un concerto straordinario nell’ambito
del prestigioso Festival di Lucerna.
Il 18 agosto 2005 abbiamo la splendida opportunità di ascoltare la
Lucerne Festival Orchestra
Claudio Abbado direttore
Renée Fleming soprano
in programma:
A. BERG - Cinque Lieder op. 4 per voce e orchestra
G. MAHLER - Sinfonia n. 7
Dato il prestigio dell’iniziativa è necessario un grande anticipo rispetto alla
data del concerto.
I posti sono in numero limitato e saranno assegnati entro venerdì 11 febbraio
rispettando la priorità di prenotazione.
Per informazioni per favore rivolgersi alla segreteria della Società.