laboratorio di metallurgia - Gruppo di Scienza dei Metalli e Metallurgia

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LABORATORIO DI METALLURGIA
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LABORATORIO DI METALLURGIA
A ⎯ ANALISI METALLOGRAFICHE
A-1. Materiali e strumentazioni occorrenti:
Provini metallografici dimensionati, resina e pressa inglobatrice, spianatrice e lappatrice meccanica, reattivi per attacco chimico delle superfici, microscopio metallografico a luce riflessa, dispositivo d'acquisizione, elaborazione e registrazione immagini.
A-2. Richiami teorici:
La Metallografia è la branca della Metallurgia che si dedica allo studio delle caratteristiche strutturali e morfologiche dei materiali metallici, comprese le rilevazioni di proprietà non geometriche ma
intrinseche dei vari costituenti dei metalli. Gli scopi essenziali interessano:
— la comprensione delle caratteristiche e delle proprietà chimiche, fisiche, meccaniche e tecnologiche dei materiali metallici;
— la previsione del comportamento dei materiali metallici nelle condizioni d'esercizio;
— il controllo della rispondenza dei materiali alle specifiche richieste, e quindi formulare un giudizio sulla validità dei processi di lavorazione cui essi dovranno essere sottoposti o sono già stati
sottoposti;
— il riconoscimento delle eventuali anomalie e quindi individuazione delle cause connesse al ciclo
produttivo (metallurgico e tecnologico) o a quelle di funzionamento (chimiche, meccaniche e/o
termiche), che le hanno provocate.
Le determinazioni metallografiche traggono le loro possibilità operative dalla preliminare conoscenza dei diagrammi d'equilibrio delle leghe, quindi dalla preliminare conoscenza della composizione del materiale esaminato e dalla configurazione reticolare derivante dagli esami cristallografici. I primi stabiliscono i tipi e la natura delle fasi possibili in un materiale, noti la natura e la composizione specifica, i secondi permettono d'individuare i reticoli che ad esse competono. Tali reticoli, non direttamente riconoscibili dagli esami metallografici, sono indirettamente individuati con
tecniche semplici, appunto in base alle caratteristiche globali degli aggregati atomici costituenti i
materiali metallici policristallino.
Le diversità morfologiche dei singoli tipi di grani sono piuttosto limitate, pertanto l'esame metallografico può mostrare analogia d'aspetti anche su materiali di tipo diverso, i quali, per l'esatta caratterizzazione richiedono una preventiva qualificazione sulla base della loro peculiarità chimica.
Gli esami metallografici, pur essendo, per le ragioni anzidette, direttamente collegati con la preliminare analisi chimica, ne costituiscono un completamento indispensabile giacché quest'ultima può
solamente fornire dei valori compositivi medi sull’intera massa dell’oggetto considerato. Si pensi
ad esempio alla necessità di esaminare materiali che abbiano subìto modifiche superficiali, naturali
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o artificiali, o che presentino strutture granulari di grandi dimensioni, come nel caso dei materiali
sinterizzati o compositi.
Sotto l'aspetto generale dell'incidenza che i controlli esercitano sull'integrità dei materiali, va riconosciuto che gli esami metallografici possono, in genere, considerarsi distruttivi, in quanto normalmente le indagini sono condotte in zone interne agli oggetti, così da verificare la loro struttura
massiva. Il danneggiamento può essere anche legato alle dimensioni degli oggetti che, se di una
certa entità, richiedono un sezionamento preliminare. Essi possono essere invece non distruttivi o
solo parzialmente distruttivi qualora il controllo riguardi zone superficiali o quando le zone da esaminare sono costituite dalle superfici originarie degli oggetti.
Le metodiche metallografiche, in un primo tempo specifiche per i materiali metallici, sono state
gradualmente estese allo studio di materiali di natura differente, tanto che inizia a prospettarsi il
termine più generale di Materialografia.
A-2.1. Modalità di valutazione
I sistemi di valutazione sono suddivisi tradizionalmente in esami in "scopìa" ed esami in "grafìa".
L'esame in scopìa, che è condotto al fine d'orientamento preliminare e/o di scelta delle zone da documentare eventualmente in grafia. Esso può rappresentare una fase autonoma, quando si tratti di
controlli di routine in produzioni continue o di serie, ed interessi esclusivamente la verifica dell'omogeneità della produzione. È condotto direttamente dall'operatore, eventualmente con l'ausilio
della strumentazione di ripresa fotografica come telecamere che permettono esami contemporanei a
più persone ed offrono la possibilità di elaborazioni elettroniche atte a perfezionare le condizioni di
esame. Questa strumentazione consente inoltre la possibilità d'esami anche per oggetti non direttamente accessibili, per localizzazione, per dimensioni o per pericolosità (materiali radioattivi). L'esame in grafia costituisce la fase finale del controllo. L'esame per mezzo d'apparecchiature televisive si presenta poi di specifico interesse quando si studiano fenomeni dinamici, come le trasformazioni di fase.
A-2.2. Procedimenti per prelievo dei saggi e dei provini
Le normative, ai fini meccanici e metallografici (cfr. Figura 1), adottano la distinzione in:
⎯ prodotto metallurgico, l'elemento scelto in un'unità di collaudo, in vista dell’ottenimento dei
provini (ad esempio prodotto "piatto", una lamiera, prodotto "lungo", un tondo, una vergella,
etc.).
⎯ saggio, il materiale prelevato dal prodotto in quantità sufficiente per ricavare uno o più provini;
(in alcuni casi prodotto e saggio coincidono).
⎯ barrotto, una parte del saggio che ha subìto un trattamento meccanico, seguito eventualmente da
uno termico, destinato all’approntamento dei provini metallografici, di trazione, per prove di fatica, etc.
⎯ provetta o provino, una parte del saggio o del barrotto, di dimensioni definite, lavorato di macchina, portato allo stato voluto per subire una determinata prova. In alcuni casi il provino può essere costituito dallo stesso saggio o dal barrotto. L'esame può essere eseguito sia direttamente su saggi, costituiti dagli stessi prodotti o semilavorati, sia su provini ricavate dai medesimi.
Generalmente l'esame è effettuato su superficie longitudinali e/o normali al senso di laminazione. I
provini si ricavano dai saggi usando generalmente troncatrici o mole elastiche. Quest'operazione va
eseguita in ogni caso sotto un getto di soluzione lubro-refrigerante atta ad evitare alterazioni termi-
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che delle superfici da esaminare. È conveniente situare i piani di prelievo delle provette sufficientemente distanti dai tagli, in particolare qualora questi siano stati attuati mediante:
— cesoiatura, poiché falsa l'andamento delle fibrosità e delle segregazioni;
— ossitaglio, poiché provoca alterazioni strutturali o addirittura criccature localizzate.
Figura 1. Schema delle relazioni fra elementi di prelievo: A) unità di collaudo; B) prodottocampione; C) saggio (o campione); D) barrotto; E) provini/provette.
A-3. Preparazione delle superfici per l'esame macroscopico
Il grado di preparazione dipende dalla definizione che si richiede all’esame macroscopico, può essere sufficiente una lavorazione con finitura non elevata (per esempio nel controllo corrente per
l’identificazione di difetti di solidificazione quale il cono di ritiro). Generalmente un tipo di preparazione più accurato definisce tanti più particolari, quanto migliore è stata la preparazione della superficie da osservare.
Le operazioni connesse con la preparazione della superficie da esaminare (spianatura, levigatura,
eventualmente lappatura) devono essere condotte in modo da evitare qualsiasi alterazione strutturale del materiale (per esempio da surriscaldo o da incrudimento). Nel caso sia sufficiente la sola lavorazione all'utensile, si deve curare che non restino rilievi troppo pronunciati provocati, per esempio, da una cattiva regolazione della macchina, da avanzamenti troppo elevati al tornio o alla limatrice. Nel caso in cui l'attacco sia utilizzato per la messa in evidenza d'eterogeneità strutturali o di
difetti di lieve entità, si raccomanda una preparazione della superficie di tipo accurato, che può
giungere fino alla lucidatura, per ottenere una buona definizione.
A-3.1. Procedimento per attacco chimico (macro)
La superficie da sottoporre ad attacco chimico va opportunamente sgrassata con solventi appropriati (per esempio acetone).
L'attacco chimico può essere eseguito per strofinamento e/o immersione. Il volume del bagno deve essere sufficiente a garantire un attacco omogeneo della superficie in esame: di solito un litro di
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reagente per ogni decimetro quadrato di superficie della provetta. Inoltre, il bagno deve un volume
sufficiente in modo che l'altezza del liquido sia almeno ca. 25 mm al disopra della faccia superiore
della provetta. Nel caso di prodotti o di provini aventi dimensioni molto grandi, e quindi tali da non
poter essere immersi, si deve versare la soluzione d'attacco sulla superficie da esaminare assicurando che si distribuisca in modo omogeneo e costante su tutta l'area da osservare. I reattivi chimici
tendono ad esaurirsi perdendo la loro efficacia con l'uso e, anche se non utilizzati, con il tempo.
Denominazione
Composizione
Preparazione e modalità d'uso
15 cm3 H2SO4, 85 cm3 H2O
Utilizzato caldo (60-80°C). Evidenzia
1. – Soluzione ac solforico
segregazioni, cricche, porosità
2.- Soluzione ac cloridrico
50 cm3 HCl, 50 cm3 H2O
Cfr. n. 1
3
3
Cfr.
n.1
HCl,
12
cm
H
SO
,
50
38
cm
2
4
3.- Soluzione solfocloridica
cm3 H2O
10cm3 HNO3, 10 cm3 H2O, 80 Usato freddo. Per giunti saldati per met4.- Soluzione ac nitrico
tere in risalto il grano ferritico
cm3 C2H5OH (etanolo)
Per la difettosità degli acciai inox auste3
3
5.- Acqua regia
75 cm HCl, 25 cm HNO3
nitici
90 g CuCl2, 120 cm3, HCl, 100 Attacco a temperatura ambiente. Evi6.- Cloruro rameico(Fry)
cm3 H2O
denzia tracce di deformazioni plastiche.
3
3
Trattamento a temperatura ambiente
CuCl
,
10
cm
MgCl
,
2,5
cm
2
2
7.- Cloruri magnesio-rameico (Stead)
5 cm3 HCl, 250 cm3 C2H5OH fino a comparsa di una leggera ramatu(etanolo)
ra. Evidenzia le segregazioni fosforose.
Trattamento a temperatura ambiente
3
3
1 cm CuCl , 0,5 cm , SnCl2, fino a comparsa di una leggera ramatu8.- Cloruri rameico- stannoso e ferrico 30 g FeCl , 250 cm3 HCl, 500
3
ra. Per segregazioni negli acciai; le par(Oberhoffer)
cm3 H2O, 500 cm3 C2H5OH ti più ricche in ferro sono scurite
(etanolo)
La soluzione dev'essere preparata al
10 cm3 (NH4)2S2O8, 90 cm3 momento. Evidenzia l'ingrossamento del
9.-Persolfato d'ammonio
H2O
grano cristallino, la ricristallizzazione
delle saldature, le linee di Lüders negli
acciai ad alto tenore d'azoto
Evidenzia segregazioni, dendriti, fibrosi3
3
10.- Soluzione iodica
20 cm KI, 80 cm H2O
tà che anneriscono.
Tabella I. Composizione e modalità d'uso dei reagenti d'attacco macro per acciai.
Per ogni tipo di reagente la durata dell’attacco varia in funzione della concentrazione, della temperatura di prova, della qualità d'acciaio ed anche della natura dell’esame. Nel prospetto di Tabella I è
riportata una lista dei reagenti d'uso comune e delle loro rispettive regole d'impiego. La scelta dei
reagenti dipende dal materiale e dallo scopo dell’esame.
Nel caso d'esami molto delicati, si può adoperare alcune soluzioni nitriche a bassa concentrazione, utilizzate a freddo, che si avvicinano ai reagenti usati per gli esami micrografici.
A-3.2 Osservazioni macroscopiche delle superfici
L'esame macroscopico preceduto da attacco chimico è eseguito generalmente su sezioni di prodotti
o semilavorati con lo scopo di rivelare la macrostruttura del materiale, nonché la presenza di eterogeneità chimiche (segregazioni), di varietà strutturali intenzionali, quali, per esempio, quelle procurate da trattamenti termici particolari, da processi di saldatura, da deformazioni plastiche (fibrosità),
o di difformità strutturali accidentali quali, per esempio, decarburazione superficiale, etc. La verifica permette inoltre di esaltare l'eterogeneità fisiche quali fessurazioni e/o porosità (cfr. Figura 2).
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Figura 2. Sezione longitudinale di una testa di chiodo. Sono evidenti le fibrosità derivanti dal processo di stampaggio.
Il reagente chimico agisce di norma attraverso una dissoluzione preferenziale, creando così differenze d'attacco che permettono la successiva osservazione. La sensibilità dell'attacco può essere
graduata regolando la composizione del reagente, la sua concentrazione e la temperatura.
A-4. Preparazione di sezioni metallografiche per la rilevazione della microstruttura
I provini da sottoporre ad analisi microstrutturali mediante microscopi ottici o elettronici devono
essere assoggettati ad una preventiva preparazione che include le operazioni di:
⎯ taglio e dimensionamento;
⎯ montaggio in resina (eventuale);
⎯ spianatura e lucidatura;
⎯ attacco chimico, fisico o elettrochimico delle superfici lucidate.
La progressione degli interventi è indicata nello schema di Figura 3. Le lavorazioni meccaniche interessano il taglio la spianatura e lucidatura dei provini. Il taglio può essere eseguito anche a mano
con lame dentate di metallo duro. Di solito, si ricorre al taglio mediante troncatrici elettriche a disco o a nastro la cui lama in metallo è dotata d'abrasivo ceramico nella parte tagliente. I dischi da
taglio possono essere anche costituiti interamente con un impasto di resine con granuli abrasivi. Per
le operazioni di spianatura, si usano macchine utensili oppure carte o tele con una superficie spalmata con l'impasto d'abrasivi.
A-4.1. Natura degli abrasivi per il taglio, la spianatura e la lucidatura
Gli abrasivi che generalmente s'impiegano nelle operazioni di taglio e spianatura, sono a base di:
i) ossidi d'alluminio, detti anche corindoni denominati genericamente "alundum";
ii) carburo di silicio detti genericamente "carborundum";
iii) abrasivi speciali come nitruri di boro, diamanti artificiali, etc.
L'alundum si trova in commercio in diversi tipi: in alcuni, l’ossido d'alluminio cristallizzato è quasi
puro (~99%), mentre nella maggioranza dei casi il tenore medio si aggira sul 90÷94% e può scendere fino al 70%. I granuli d'ossido d'alluminio presentano bordi acuminati e, durante il lavoro, si
sfaldano in modo da presentare nuovi spigoli taglienti. Gli abrasivi a più basso tenore d'ossido d'alluminio, specie quelli contenenti cromo possiedono maggior tenacità. L'alundum si ottiene fonden-
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do in forni elettrici ad arco la bauxite (Al2O3·2 H2O) alla temperatura di circa 2.200°C. Aggiungendo alla bauxite del coke (riducente), dei carbonati alcalini (fondenti) e del minerale di ferro, si eliminano gli ossidi, metallici che sono ridotti, mentre la silice è trasformata in ferro-silicio magnetico.
Dimensioni
reali dei
granuli,
(μm)
5100-4000
4000-3500
3500-2830
2830-2380
2380-2000
2000-1680
1680-1410
1410-1190
1190-1000
1000-840
840-710
710-590
590-500
500-420
420-350
350-297
297-250
250-210
210-177
177-149
149-125
125-105
105-88
88-74
74-62
62-53
53-45
45-37
37-31
31-27
27-22
22-18
18-15
15-11
11-8
8-5
5-2
2-1
1-0,5
Classificazione
commerciale,
(grit)
4
5
6
8
10
12
14
16
20
-24
30
36
40
46
50
60
70
80
90
100
120
150
180
200
220
-240
280
320
-400
500
600
700
800
1000
2000
3000
4000
--
Classificazione secondo la Federazione Europea Produttori Abrasivi (F.E.P.A.)
Serie F
N°
230
240
280
320
360
400
500
600
800
1000
1200
μm
56,0 ± 3
49,3 ± 2
41,5 ± 1,5
34,4 ± 1,5
28,2 ± 1,5
23.0 ± 1,0
18,2 ± 1,0
14,3 ± 1,0
10,6 ± 1,0
7,8 ± 0,8
5,6 ± 0,5
8
10
12
14
16
20
(22)
24
30
36
(40)
46
50
60
70
80
90
100
120
150
180
200
220
240
Serie
D
N°
μm
240
280
320
360
400
500
600
58,5 ± 2
52,2 ± 2
46,2 ± 1,5
40,5 ± 1,5
35,0 ± 1,5
30,2 ± 1,5
25,7 ± 1,0
800
1000
1200
21,8 ± 1,0
18,3 ± 1,0
15,2 ± 1,0
Tabella II. Classificazione convenzionale, F.E.P.A. (Federazione Europea Produttori Abrasivi)
delle dimensioni degli abrasivi adoperati per la fabbricazione di mole e di carte per le
lavorazioni meccaniche di taglio e spianatura dei provini metallici.
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Seguono trattamenti per regolare il grado di purezza, la fragilità dei cristalli e la forma dei grani; si
ottengono così quattro tipi d'alundum facilmente riconoscibili dal colore: - 99,8% di Al2O3, bianco; - 98 % di Al2O3 rosa; - 95 % Al2O3 bruno; - 70% Al2O3 nero.
Figura 3. Sequenza delle principali operazioni di preparazione per provini metallografici.
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I primi tre tipi trovano applicazione nella fabbricazione delle mole (per lavorare acciai al carbonio
e legati, acciai rapidi di durezza HRC ≤ 65, stelliti, etc.), l'alundum nero serve per la preparazione
di carte e di tele abrasive. Il carborundum, dopo il diamante ed il nitruro di boro, è l'abrasivo con la
durezza più alta; possiede una buona conducibilità termica accompagnata da una notevole resistenza a1 calore.
Figura 3. Schema del cilindro/pistone di un dispositivo per il montaggio in resina termoindurente
di provini metallici.
Il carburo di silicio non esiste allo stato naturale e si presenta sotto due forme: amorfa e cristallina;
come abrasivo interessa solo in quest'ultima (quello amorfo è adoperato come refrattario). Si ottiene trattando una miscela di silice (sabbia bianca), carbonio (coke di petrolio in polvere o coke metallurgico), sodio cloruro e segatura di legno in forni elettrici ad arco con elettrodi di carbone, alla
temperatura di circa 2.300°C. La riduzione della silice segue la reazione: SiO2 + 3 C ' SiC + 2 CO
e la sua azione abrasiva è pressappoco cinque volte più alta di quella dell'alundum e permette d'abradere anche i carburi metallici sinterizzati e perfino gli acciai rapidi di durezza superiore a 65
HRC. La rottura dei granuli provoca la costante formazione di spigoli taglienti senza eccessiva usura delle mole. Il "borazon" è costituito da nitruro di boro cubico, con gli atomi di boro e d'azoto disposti a forma di rete che conferiscono proprietà simili a quelle del diamante. Il procedimento d'ottenimento contempla l'applicazione di pressioni dell'ordine di 700 kN/cm2 e di temperature di
1650°C al nitruro di boro esagonale. Dopo il diamante, è il materiale più duro, infatti, la durezza è
circa due volte maggiore del carborundum. Può sopportare, senza subire modifiche sostanziali,
temperature di 1270 °C e può essere usato nelle operazioni di rettifica ad alta velocità. I diamanti
industriali sono ottenuti artificialmente mediante raffreddamenti rapidi del carbonio fuso
(>3500°C), tenuto costantemente sotto pressioni elevate. Si producono, in tal modo, granuli di piccole dimensioni impiegati come abrasivi per seghe e dischi da taglio. Durante l'uso, richiedono un
efficiente sistema di raffreddamento per evitare la transizione a grafite. Le dimensioni dei granuli
abrasivi sono indicate convenzionalmente con un numero, che corrisponde alle dimensioni degli
orifizi del setaccio vibrante che il grano abrasivo è riuscito ad attraversare. I granuli più fini (polveri), sono classificati mediante flottazione idraulica e successiva sedimentazione (cfr. Tabella II). La
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grossezza dei grani abrasivi influisce sulla velocità con la quale il materiale può essere abraso e sulla finitura della superficie metallica.
A-4.1. Montaggio in resina dei provini metallici
I provini metallici dopo essere ridotti a dimensioni opportune, sono di norma "inglobati" in formelle di resina. Lo scopo principale è di poterli bloccare efficacemente durante le operazioni di spianatura e lucidatura sia manuale che per mezzo d'apparecchiature automatiche. Per l'inglobatura "a
freddo" si adoperano resine che polimerizzano, a temperatura ambiente, in 20÷30 min.
Figura 4. Sezione di provini metallici inglobati in resine termoindurenti.
Valore dell'angolo, α
2°20'
2°50'
3°50'
5°40'
11°30'
30°
Rapporto sviluppo dello spessore originario
25:1
20:1
15:1
10:1
5:1
2:1
Tabella III. Ampliamento dello spessore in funzione dell'angolo di montaggio del provino.
Figura 5. Montaggio del provino inclinato per ampliare la superficie osservabile.
Si usano resine acriliche, poliestere o epossidiche che, al momento dell'uso, miscelate con un catalizzatore (indurente) producono un liquido viscoso che è colato in uno stampo contenente il provi-
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no. Queste resine sono preferite per inglobare metalli e leghe bassofondenti o materiali teneri oppure per leghe che possono subire trasformazioni strutturali alle temperature di polimerizzazione delle
resine termoindurenti. Il montaggio eseguito mediante resine termoindurenti (fenoliche, dialliliche,
etc.) richiede un riscaldamento sotto pressione (30÷40 MPa). Il provino è inserito con i granuli di
resina in un cilindro (ø = 25÷40 mm) di una pressa, e portato gradualmente alla temperatura di
160÷180°C (cfr. Figura 3) e lì mantenuto, sotto pressione, per ca. 10÷15 min.Per incrementare la
superficie osservabile di particolari molto sottili, come rivestimenti o riporti di piccolo spessore, è
possibile inglobare il provino con la superficie inclinata (cfr. Figura 5). Gli ingrandimenti così ottenibili sono riportati nella Tabella III.
a
b
Figura 6. Preparazione manuale dei provini metallografici: a) spianatura; b) lappatura.
L'arrotondamento dei bordi, che spesso si produce durante la lappatura finale, può essere limitato
usando resine addizionate con particelle dure (come Al2O3, MgO, fibre di vetro, etc.). Un secondo
metodo consiste nell'usare rivestimenti metallici duri, depositati per via galvanica o chimica sulla
superficie del provino, prima del montaggio in resina.
A-4.2. Spianatura e lappatura
La prima spianatura dei provini è eseguita mediante tornitura con appositi utensili, oppure per mezzo di mole o carte abrasive, alla presenza di liquidi lubro-refrigeranti che facilitano l’asportazione
dei detriti durante l'abrasione ed evitano nello stesso tempo alterazioni strutturali generati dal calore
prodotto per attrito fra utensili, abrasivi e provino metallico.
Figura 7. Schema dell'azione dei granuli abrasivi durante la lappatura.
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Denominazione
1) – Nital 2
Composizione chimica
Preparazione e modalità d'uso
D'uso generale per leghe ferrose. Per acciai a
2 cm3 HNO3, 98 cm3 C2H5OH (alcol bassa % di C, la quantità di HNO3 può essere
etilico).
cresciuta fino al 5%.
2) – Picral 4
4 g ac. picrico,
96 cm3 C2H5OH (etanolo).
Per leghe ferrose: attacca la martensite e le
strutture sferoidizzate. Adatto per ghise ad
eccezione di quelle ferritiche.
3) – Picrato di sodio
(alcalino)
2 g ac. picrico, 25 g NaOH,
100 cm3 H2O.
Valido per distinguere la ferrite (non attaccata), dalla cementite. Sciogliere la soda in acqua, poi aggiungere l'ac. picrico. Si usa a caldo
Adatto per acciai al Cr-Ni austenitici. Usare
10 cm3 HNO3. 20 cm3 HCl, 20 cm3 la soluzione bollente.
3
glicerina, 10 cm H2O2.
5) – Cloruro rameico 100 cm3 HCl, 5 g CuCl2, 100 cm3 eta- Per leghe ferrose: colora la ferrite e lascia
(Kalling)
nolo, 100 cm3 H2O.
inalterata cementite ed austenite
Reattivo d'uso generale per alluminio e leghe
3
3
6) – Soluzione fluori0,5 cm HF, 99,5 cm H2O.
Al-Si.
drica
3
3
Per alluminio e leghe polinarie del tipo Al-Cu7) – Reattivo di Keller
1 cm HF, 1,5 cm HCl,
Mg-Si
2,5 cm3 HNO3, 95 cm3 H2O.
50 cm3 ammonio idrossido (d=0,88), Reattivo d'uso generale per rame, ottoni e
8) – Soluzione ossi20-50 cm3 H2O2 (soluzione 3%), 50 bronzi. Produce un moderato contrasto ai
ammoniacale
cm3 H2O.
bordi del grano cristallino.
3
3 Per acciai inossidabili e per ottoni e bronzi.
9) – Cloruro ferrico
10 g FeCl3, 30 cm HCl, 120 cm
Annerisce la fase β negli ottoni. Usare concen(acido)
H2O.
trato per leghe Cu-Ni.
4) – Gliceregia
10) – Soluzione acetonitrica
3 cm3 ac. acetico glaciale,
4 cm3 ac. nitrico, 16 cm3 H2O.
11) – Soluzione solfocloro-nitrica
12) – Soluzione ossiammoniacale
13) – Cloral
14) – Soluzione idroiodica
25 cm3H2SO4, 10 cm3 HCl,
10 cm3 HNO3.
15) – Aceto-nitrico
16) – Idroacetico
17) – Soluzione al ferricianuro
18) – Soluzione ossifluoridrica
19) – Soluzione molibdo-citrica
20) – Soluzione cromica
Per piombo e sue leghe. Usare subito dopo la
sua preparazione.
Per tantalio e sue leghe. Usare subito dopo la
sua preparazione.
Per argento e sue leghe. Usare subito dopo la
5 cm3 NH4OH, 30 ÷ 50 cm3 H2O2.
sua preparazione.
1 cm3 HCl, 99 cm3 etanolo.
Per zinco e sue leghe.
Per leghe cadmio-bismuto. Usare subito dopo
10 g iodio crist. 30 g KJ,
100 cm3 H2O.
la sua preparazione.
50 cm3 ac. acetico glaciale,
Per nichel e sue leghe. Usare subito dopo la
50 cm3 ac. nitrico.
sua preparazione.
15 cm3 ac. acetico glaciale,
Per magnesio e sue leghe. Adatto soprattutto
85 cm3 H2O.
per leghe Mg-Al.
10 cm3 NaOH al 10% in acqua,
Per tungsteno e sue leghe. Colora in blù il
5 g ferricianuro di potassio.
bordo del grano cristallino.
Per titanio e sue leghe. Usare subito dopo la
3
3
5 cm HF, 50 cm H2O2.
sua preparazione.
Per leghe a basso tenore di piombo. Usato
25 g ac. citrico, 10 g ammonio molib- anche per pulitura chimica delle superfici fratdato, 100 cm3 H2O.
turate d’acciaio.
25 cm3 ac. cromico, 40 cm3 HNO3, 35 Per rame, leghe Cu-Zn, CuSn e leghe Ag-Ni.
cm3 H2O.
( )
Tabella IV. Denominazione, composizione e modalità d'uso d'alcuni reattivi chimici per l'attacco delle superfici metalliche lucidate.
g. sambogna
12
LABORATORIO DI METALLURGIA
La spianatura prosegue in successione con passaggi su tele o carte abrasive di granulometria iniziale di ca 120÷150 grit, fino a 1500÷2000 grit (cfr. Tabella II e Figura 6a). La lucidatura (o
lappatura) finale è eseguita mediante macchine "lappatrici" dotate di piatti rotanti (a velocità
regolabile ~100÷600 giri/min) che sostengono dischi di tessuto (lino, cotone, nylon), capaci di
trattenere sulla superficie una sospensione (acquosa o alcolica) di polveri abrasive a base di
Al2O3, o SiC, o B4C, oppure granuli di diamante.
Figura 8. Andamento della rugosità superficiale durante il taglio, la spianatura e la lappatura.
Composizione
1)
– Ac. perclorico
(d=1,48) 22 cm3, Acido
acetico glaciale 78
cm3.
2) – Ac. ortofosforico (d=
1,35) 200 cm3, H2O
100 cm3
3) – Ac perclorico
(d=1,59) 180 cm3 , Anidride acetica 790
cm3, H2O 45 cm3.
4) – Ac ossalico 10 g,
H2O 100 cm3.
5) –Ac. nitrico 10 cm3
Alcol metilico 20 cm3.
6) - Acetato di piombo10
15 g, H2O 100 cm3.
7) – Ac. acetico glac. 70
cm3, Ac. perclorico(d=1,61) 30 cm3.
8) – Ammoniaca 25 cm3,
H2O 75 cm3.
Densità di
corrente,
(A/dm2)
Tensione,
(V)
Tempo
d'attacco, (s)
Modalità d'uso
Per alluminio e per leghe Al-Cu.
Poco adatto per leghe Al-Si.
6
60
900
(15')
5
2
30
Per rame e sue leghe. Posizionare
gli elettrodi orizzontalmente.
20÷30
40
480
(8')
Per titanio e Ti-Al. Tenere la soluzione in agitazione.
8÷10
6
10÷60
70
40
50
5
1,5÷2
40÷50
20÷25
25
5÷10
10
4÷6
5÷10
Per acciai inox. Distanza fra provino e catodo 25 mm. Rivela fasi e
carburi.
Per bronzi fosforosi, rame, nichel,
ottoni. Usare catodo d'acciaio
inox a 15-20 mm dall'anodo.
Per acciai inox. Colora la fase δ in
rosso-bruno e l'austenite in blu.
Per piombo e leghe Pb-Sn. Il catodo di Cu con gli elettrodi orizzontali.
Per acciai inox. Distingue i carburi
dalla fase δ.
Tabella V. Composizione e modalità d'uso di reattivi per l'attacco elettrolitico d’alcuni metalli e
leghe.
g. sambogna
LABORATORIO DI METALLURGIA
13
L'operazione, eseguita in progressione partendo da abrasivi con granulometria di 5÷6 μm sino a
0,20÷0,10 μm (cfr. Figura 7), termina quando la superficie metallica è completamente esente da rigature. La lucidatura, al pari della pulitura, può essere condotta anche per via elettrolitica collegando il provino spianato al polo negativo (anodo) di una cella a corrente continua con il reattivo d'attacco (cfr. Tabella IV), in continua agitazione.
A-4.4. Attacco delle superfici metalliche lucidate
L'attacco chimico o elettrochimico delle superfici metalliche lucidate, permette di evidenziare la
struttura cristallina per effetto della corrosione selettiva operata da soluzioni chimiche su zone superficiali dotate di maggiore energia. La composizione dei reattivi chimici è formulata in base alla
natura della lega metallica o delle fasi cui dedicare maggior risalto, (cfr. Tabella IV). Ogni specie
strutturale da far risaltare richiede un reattivo specifico. In ogni caso, il reattivo d’attacco svolge
una duplice funzione:
1) ossidante e/o complessante nei confronti di zone superficiali con maggiore contenuto energetico
come bordi di grano, fasi non coerenti, zone incrudite, inclusioni, etc.
2) lisciviante verso i prodotti d'ossidazione, allo scopo di staccarli ed allontanarli dai bordi di grano
o dalle superfici corrose.
L'azione lisciviante è svolta dai solventi come l'acqua, l'alcool etilico, gli alcoli superiori, etc. utilizzati nella preparazione dei reattivi chimici in concorso con i composti intermedi (ad es. aldeidi)
derivati dall'interazione fra ossidante e solvente. L'attacco delle superfici può essere realizzato anche a secco, producendo la loro ossidazione in aria, a caldo in un forno, come sarà meglio specificato in seguito. Un altro metodo sfrutta la reazione d'ossido-riduzione addotta dal passaggio di corrente, in una cella elettrolitica con la soluzione (cfr. Tabella V) in agitazione dove l'anodo è costituito dal provino metallico (cfr. Figura 7). Il metodo elettrolitico può essere utilizzato, anche per
una parziale lucidatura delle superfici metalliche. L'attacco chimico o elettrochimico delle superfici
lucidate rappresenta la fase finale della preparazione prima dell'osservazione con microscopi ottici.
L'uso di microscopi elettronici può richiedere ulteriori e/o differenti preparazioni secondo la tipologia dello strumento.
Un'avvertenza importante riguarda la preparazione e l'uso dei reattivi chimici ed elettrochimici,
che esigono tutte le precauzioni previste per la manipolazione di sostanze tossico-nocive.
A-4.5. Lucidatura e attacco simultaneo
La fase finale della lucidatura soprattutto di metalli teneri può essere accompagnata con un simultaneo parziale attacco. Il reattivo, miscelato con la sospensione d'abrasivi (cfr. Tabella V), è cosparso sui panni di lappatura e contribuisce alla lucidatura ed all'attacco del bordo dei grani.
Metallo o lega
Piombo
Rame
Titanio
Zinco
Ti 6Al 4V
Composizione del reattivo da associare alla sospensione di abrasivi
10% (84 ml glicerina, 8 ml ac. acetico, 8 ml ac. nitrico) + 90% sospens. colloidale SiC
10% (3 g FeCl3 2 ml HCl), + 90% sospensione colloidale SiC
60% (40 ml H2O2, 1 ml HNO3, 0,5 ml HF) + 40% sospensione colloidale SiC
10% (5 ml HCl, 95 ml alcol etilico) + 90% sospensione colloidale SiC
30% (H2O2) + 70% sospensione colloidale SiC
Tabella V. Reattivi per l'attacco nel corso della lappatura.
g. sambogna
LABORATORIO DI METALLURGIA
14
L'attacco dev'essere in ogni modo completato mediante l'uso dei reattivi tradizionali chimici o elettrochimici. Le operazioni d'attacco chimico o elettrochimico sono completate con un ciclo di lavaggio, comprendente le seguenti fasi:
— neutralizzazione degli eventuali residui acidi (vapori d'acidi forti come HF possono danneggiare
le lenti degli obiettivi) con una soluzione di carbonato di sodio;
— eliminazione del velo di rame, lasciato dagli attacchi contenenti suoi ioni, per mezzo di una soluzione d'idrossido d'ammonio (eventuale);
— lavaggio ripetuto con acqua;
— lavaggio con alcole etilico puro;
— essiccazione con aria calda o in stufa a 60÷100 °C
Figura 9. Schema di una cella utilizzata per la pulitura e per l'attacco elettrolitico delle superfici
metalliche.
g. sambogna
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a
b
c
d
Figura 10. Tipiche microstrutture rilevate da leghe ferrose: a ferrite. b perlite c austenite, d martensite
g. sambogna
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FACOLTÀ DI CHIMICA INDUSTRIALE
(CdS
Chimica
Industriale
⎯ Bologna)
LABORATORIO DI METALLURGIA
A ⎯ ANALISI METALLOGRAFICHE
STUDENTE/I(gruppo)
..……………………………………….…………………………………………………
……………………………………………….Matr.: ……………..……….…….....
1. Modalità di preparazione dei provini metallici:
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
2. Natura della soluzione d'attacco ed influenza dei suoi costituenti sulle superfici:
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
3. Osservazioni sulla struttura della lega metallica:
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………………………………………………………………………………………………………
g. sambogna
LABORATORIO DI METALLURGIA
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
4. Richiami a punti dei corrispondenti diagrammi d'equilibrio
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
5. Fasi presenti e forma dei grani cristallini:
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
6. Valutazione delle dimensioni medie (lineari e spaziali) dei grani cristallini:
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
7. Eventuali impurezze e loro origine:
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
8. Eventuali ulteriori analisi o prove per una qualificazione ottimale della lega metallica:
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
9. Possibili commenti sulla storia termica e meccanica della lega metallica esaminata:
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
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g. sambogna
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LABORATORIO DI METALLURGIA
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
(immagini e/o schemi)
Data: …………………………………...
Note:
g. sambogna
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LABORATORIO DI METALLURGIA
LABORATORIO DI METALLURGIA
B -MISURE DI MICRODUREZZA
B-1. Strumentazione e materiali occorrenti:
microdurometro Vickers/Knoop, provini metallografici lucidati o attaccati
B-2. Riferimenti teorici:
La durezza può essere definita in vario modo secondo il punto di vista con cui è trattato il concetto.
In base alla definizione mineralogica, la durezza evidenzia la resistenza alla scalfittura, mentre secondo la designazione fisico-meccanica specifica la resistenza alla deformazione elasto-plastica e,
facendo riferimento alla caratterizzazione tecnologica, indica la resistenza alla penetrazione di un
corpo duro.
In generale i metodi più usati, messi a punto da regolamenti standardizzati, si fondano nella produzione di un'impronta sulla superficie metallica comprimendovi contro, un penetratore costituito
da un corpo più duro mediante l'applicazione di un carico.
Il materiale del penetratore, nominalmente indeformabile (acciaio temprato, carburo di tungsteno,
diamante) può essere allestito in forma di sfera, o di piramide, oppure di cono. Le misure dell'impronta, ricavate con uno specifico penetratore correlato ad un carico predeterminato, forniscono un
criterio di valutazione sclerometrica dei materiali, infatti, vari metodi di determinazione di durezza
derivano appunto dal rapporto del carico applicato con le dimensioni dell'impronta ottenuta sulla
superficie del materiale.
Metodo di prova Carichi
per la misura di max
macrodurezza
BRINELL
fino a
30 kN
VICKERS
30 daN
ROCKWELL
fino a
150 daN
Materiale e geometria del penetratore
Abbreviazioni
normalizzate
sfera d'acciaio temprato o carburo di tungsteno
(ø = 10 mm)
HB
piramide in diamante (angolo penetrazione
136°±0,5°)
HV
cono in diamante (angolo penetrazione 120°) e
sfere d'acciaio temprato (ø = 1/16'' e 1/8'')
HR
pedici:
c=cono
b= ball
Note: come pedice dell'abbreviazione occorre indicare il carico in kg ed il tempo di permanenza del penetratore del provino, in s ed eventualmente anche il diametro della sfera del penetratore. Ad esempio, HB10/3000/30 indica che la prova è stata
condotta con un penetratore sferico di φ=10 mm, carico di 3000 kg, per un tempo di 30 s.
Tabella I. Principali metodi di prova per la rilevazione della macrodurezza.
g. sambogna
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LABORATORIO DI METALLURGIA
Le prove di durezza per penetrazione statica si dividono in:
i) prove di "macrodurezza" quando l'impronta generata dal penetratore coinvolge un cospicuo volume di materiale, e la resistenza del medesimo è causata dall'insieme dei cristalli appartenenti ai
vari costituenti della lega metallica, ciascuno dei quali contribuisce in modo differente.
I carichi applicati sul penetratore possono variare da 1 daN fino a 50 kN e l'impronta è visibile ad
occhio nudo. A questa categoria appartengono le prove riportate nella Tabella I.
ii) prove di "microdurezza" dove l'impronta prodotta dal penetratore interessa un piccolissimo volume di materiale o addirittura un solo grano cristallino. L'impronta è visibile soltanto tramite un
microscopio ed il carico applicato sul penetratore, in genere, non supera i 10N. Il basso valore del
carico rende "non trascurabile" il ritorno elastico del materiale, pertanto le prove di microdurezza
non sono normalizzate ed i valori ottenuti hanno validità solamente come dato di confronto.
B-3. Metodi di prova per misure di microdurezze
Le prove per misure di microdurezza rappresentano un'estensione ed un perfezionamento dei metodi per macrodurezza, ed in tutti i casi, la misura consiste nella determinazione dell'estensione dell'impronta prodotta dal penetratore. La geometria del penetratore, le prassi d'esecuzione della prova
contraddistinguono l'espressione di computo della microdurezza.
b)
a)
Figura 1. Strumenti di misura della microdurezza: a) microdurometro per prove
Vickers e b) schema che illustra il principio di funzionamento di un microdurometro.
B-3.1. Microdurezze Vickers e Knoop
Per la misura della microdurezza Vickers si adotta un penetratore con geometria simile a quella adoperata per la corrispondente macrodurezza, vale a dire una piramide a base quadrata con angolo
al vertice fra due lati di 136°±0,5° (cfr. Figura 2a) e le diagonali nominalmente uguali.
g. sambogna
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LABORATORIO DI METALLURGIA
Il valore della microdurezza Vickers è determinato da HV=1,854
P
, dove P rappresenta il carico
d2
in kg e d la lunghezza della diagonale (oppure la media fra la lunghezza delle due diagonali).
a)
b)
Figura 2. Geometrie e corrispondenti valori angolari di penetratori per microdurezze: a) Vickers,
b) Knoop.
La profondità dell'impronta Vickers rappresenta ca. 1/7 della misura della diagonale e lo spessore
minimo del provino, o dello strato superficiale, di cui si vuole misurare la microdurezza non dovrà
essere inferiore a 1,5 volte la diagonale d'impronta.
Metodo di prova Carichi
per la misura di max
microdurezza
VICKERS
fino a
10 N
KNOOP
fino a
10 N
Materiale e geometria del penetratore
Abbreviazioni
normalizzate
Piramide a base quadrata in diamante (angolo penetrazione 136°±0,5°)
HV(*)
Piramide a base rombica in diamante (angoli penetrazione 172°36' e 130°)
HK(*)
Note: come pedice dell'abbreviazione occorre indicare il carico in kg ed il tempo di permanenza del penetratore sul provino, in s. Ad esempio, HV0,1/15 indica che la prova di microdurezza è stata condotta con un carico di
100 gf ,applicato sul provino per un tempo di 15 s.
Tabella II. Principali metodi di prova per la rilevazione della microdurezza.
Nel caso della microdurezza Knoop, il penetratore è costruito in diamante con le diagonali di lunghezza differente che generano un'impronta a forma romboedrica secondo lo schema di Figura 2 b.
g. sambogna
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LABORATORIO DI METALLURGIA
Il valore della microdurezza Knoop è determinato da HK=14,228
P
, dove P rappresenta il carico
D2
in kg e D la lunghezza della diagonale maggiore.
La profondità dell'impronta Knoop è ca. 1/30 della diagonale maggiore.
a
b
Figura 3. Aspetto delle impronte di microdurezza Vickers e Knoop su superficie acciaio.
La Tabella II riassume i parametri essenziali dei due principali metodi di misura della microdurezza.
NORMATIVE DI RIFERIMENTO:
• UNI EN ISO 6507-1
Metodo Vickers con le tabelle di calcolo della microdurezza in base alla
misura della diagonale dell'impronta e del carico.
• UNI EN ISO 6507-2
Metodologie di controllo del microdurometro.
• ISO 4545
Misurazioni di microdurezza secondo la prova Knoop.
• ISO 4546
Metodologie di controllo del microdurometro.
• ISO 10250
Il metodo Knoop con le tabelle di calcolo della microdurezza in base alla diagonale
maggiore dell'impronta e del carico.
g. sambogna
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FACOLTÀ DI CHIMICA INDUSTRIALE
(CdS
Chimica
Industriale
⎯ Bologna)
LABORATORIO DI METALLURGIA
B ⎯ MISURE DI MCRODUREZZE
STUDENTE/I(gruppo)
..……………………………………….…………………………………………………
……………………………………………….Matr.: ……………..……….…….....
1. Modalità d'esecuzione delle misure μHV:
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
2. Tipo, forma e dimensioni del grano cristallino:
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………….……………
3. Trattamento termico e meccanico subito dal materiale:
………………………………………………………………………………………………………
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LABORATORIO DI METALLURGIA
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………..……
4. Conformità con altre prove effettuate sullo stesso materiale:
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
(immagini e/o graficii
Data: …………………………………...
Note: ………………………………..……………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
Allegati: …………………………………………………………………………………………
g. sambogna
LABORATORIO DI METALLURGIA
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LABORATORIO DI METALLURGIA
C⎯PROVE DI TRAZIONE STATICA
C-1. Strumentazioni e materiali occorrenti:
provini normalizzati di trazione in lega metallica, macchina di trazione universale.
C-2. Riferimenti teorici:
In generale, le proprietà meccaniche dei materiali rappresentano la resistenza che questi oppongono
alle sollecitazioni, in altre parole la resistenza all'insieme dei carichi esterni che agiscono sui materiali medesimi.
Figura 1. Diagramma riassuntivo "carichi-allungamenti" nella prova di trazione statica.
g. sambogna
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La prova di trazione statica rappresenta il principale esame meccanico di tipo convenzionale col proposito d'accertare la resistenza, la deformabilità e l'elasticità del materiale metallico allo scopo di procedere al riconoscimento, al collaudo, alla selezione. Le misure,
per quanto convenzionali, infatti, sono regolate dalle norme UNI 10002-1/92 e UNI
EN1706, consentono la formulazione di giudizi relativi allo stato del metallo, alle condizioni del suo impiego e costituiscono il mezzo di riscontro dei processi tecnologici che
permettono di offrire al progettista criteri di valutazione per il calcolo ed il dimensionamento degli organi di macchine.
C-2.1. Parametri delle prove di trazione statica
Le misurazioni che individuano le proprietà meccaniche di resistenza di deformabilità e di elasticità
di un materiale sottoposto a sollecitazione di trazione statica, si stabiliscono osservando il diagramma delle deformazioni di Figura 1, riferito ad un acciaio dolce allo stato ricotto, dove sono distinguibili tre tipi di comportamenti. Nel primo stadio i grani cristallini si deformano elasticamente
ossia la deformazione è di tipo reversibile, (cfr. Figura 2). Il lavoro assorbito per la deformazione
elastica resta disponibile per produrre la modificazione inversa.
a)
b)
Figura 2. Curve σ−ε: a) comportamento indicativo nel campo elastico di acciaio ed alluminio, b)
curva di trazione per una lega di alluminio della serie AA 7075.
In questa condizione esiste una proporzionalità diretta fra i carichi e gli allungamenti, valere a dire
che il tratto OA di Figura 1 è rappresentato da una retta corrispondente al campo di validità della
legge di Hooke: σ
= Eε o meglio
ΔL
Fi
=E
dove ΔL delinea l'allungamento elastico, S0 è l'area
So
Lo
della sezione iniziale e L0 la lunghezza iniziale della provetta. Fi è un carico qualsiasi compreso en-
g. sambogna
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LABORATORIO DI METALLURGIA
tro i limiti di elasticità, E rappresenta il modulo di elasticità normale, detto modulo di Young, valore caratteristico di ogni materiale E=
σ
= tgβ, (cfr. Tabella I).
ε
Materiali
Cemento
Ossa
Magnesio
Vetro
Alluminio
Titanio
Rame
Nichel
Acciaio
Diamante
E, MPa
14·103
21·103
45·103
71·103
74·103
110·103
124·103
207·103
210·103
1200·103
Tabella I. Valori approssimati del modulo di Young per alcuni materiali policristallini, a temperatura ambiente.
Con l'aumento del carico, si passa al regime elasto-plastico dove il materiale è sottoposto a deformazioni sia elastiche sia plastiche, ossia gli allungamenti si sviluppano più rapidamente dei carichi
ed in conseguenza di ciò la legge di Hooke non è più rispettata.
Figura 3. Forme delle curve carichi-allungamenti per materiali differenti.
g. sambogna
LABORATORIO DI METALLURGIA
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Al cessare del carico le deformazioni permanenti sono molto limitate ed il punto B rappresenta il
carico limite d'elasticità R1e,sotto il quale le deformazioni sono praticamente nulle. Oltre il carico
limite d'elasticità B, gli spostamenti degli elementi reticolari diventano così ampi che, al cessare
delle sollecitazioni non tornano nella posizione primitiva, poiché hanno trovato un nuovo stato d'equilibrio scorrendo plasticamente su differenti posizioni reticolari.Il punto C rappresenta il carico
di snervamento superiore ReH ossia il valore oltre il quale si passa dalle piccole alle grandi deformazioni. Nel tratto CD, lo sforzo subisce modificazioni aperiodiche d'ampiezza e frequenza dipendenti dalla natura del materiale e dal suo stato termico e meccanico. Il punto D riproduce il carico
di snervamento inferiore ReL, in altre parole il valore più basso del carico durante la deformazione
plastica, nel corso dello snervamento. Nel tratto DE, gli allungamenti crescono in proporzioni notevoli ed apparentemente sono distribuiti su tutta la lunghezza della provetta. Al punto E, il carico
raggiunge il valore massimo Rm, tollerato dalla provetta nel corso della prova. Nel tratto EF avviene un allungamento localizzato (strizione), tanto più esteso quanto più duttile è il materiale, fino a
giungere rottura nel punto F.
Le varie fasi delle deformazioni possono essere definite in base alla natura ed allo stato termico e
meccanico dei materiali e, per alcuni di loro non v'è soluzione di continuità tra le piccole e le grandi deformazioni, (cfr. Figure 2 e 3).
Le prove di trazione effettuate a temperatura ambiente sono normalizzate, quelle eseguite a temperatura differente sono disciplinate da normative specifiche.
C-3. Determinazione delle fasi d'allungamento
C-3.1. Carico unitario di snervamento
Il fenomeno dello snervamento si manifesta nel corso della prova, quando si presenta una deformazione plastica che continua a prodursi anche quando il carico permane all'incirca costante. La crescita dell'allungamento, a carico pressoché costante, indica un rapido scorrimento dei cristalli per
effetto della tensione tangenziale critica. Il carico di snervamento superiore ReH, è definito dal valore del carico unitario nell'istante in cui ha inizio la deformazione plastica in corrispondenza del
primo massimo, mentre il carico di snervamento inferiore ReL è il valore più basso del carico unitario durante la deformazione plastica nel corso dello snervamento.
Figura 4. Designazione del carico di scostamento dalla proporzionalità.
g. sambogna
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LABORATORIO DI METALLURGIA
C-3.2. Carico unitario di scostamento dalla proporzionalità Rp
Rappresenta il carico unitario al quale corrisponde un allungamento non proporzionale (allungamento elastico+plastico) pari ad una percentuale prescritta della lunghezza Lo. È determinato mediante tracciatura di una retta parallela alla parte rettilinea della curva di trazione, ad una distanza
da questa pari alla percentuale di allungamento non proporzionale, prescritta dalle norme, (cfr. Figura 4), (ad es. 0,2% 0,02% etc.) Rp0,…=
Fp0,.....
.
Sο
C-3.3. Carico unitario di rottura Rm (resistenza a trazione)
È definito come il carico unitario massimo sopportato nel corso della prova riferito all'area iniziale
So della provetta Rm =
Fm
So
C-3.4. Carico unitario ultimo di rottura Ru (tensione di frattura)
Rappresenta il carico unitario ultimo sopportato dalla provetta al momento della rottura finale
Ru=
Fu
.
So
a
b
Figura 5. Rappresentazione delle curve di trazione: a) di un metallo caratterizzato da rottura a trazione di tipo fragile e di uno contrassegnato da rottura duttile. Le aree tratteggiate rappresentano la quantità d'energia assorbita (tenacità) dal materiale prima della rottura;
b). sezioni della provetta soggetta a frattura duttile nel corso della prova di trazione.
g. sambogna
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LABORATORIO DI METALLURGIA
C-3.5. Allungamento percentuale dopo rottura, A%
L'allungamento è mostrato dall'espressione A= 100
Lu − L o
, dove Lu è la lunghezza ultima deLo
terminata tra i riferimenti dopo la rottura della provetta e dopo la sua ricostruzione misurata dopo
aver riportato a contatto in modo scrupoloso, Lο è la lunghezza iniziale tra i riferimenti (tratto utile)
prima dell'applicazione del carico. Per le prove di trazione, s'impiegano di norma "provette proporzionali" che restano fedeli ad un rapporto costante fra l'area della sezione della parte calibrata e la
lunghezza fra i riferimenti, allo scopo di ottenere entro certi margini, valori confrontabili d'allungamento. La relazione fra lunghezza e sezione è: Lο=K Sο essendo per acciai K=5,65 corrispondente a provette di sezione circolare con una lunghezza fra i riferimenti pari a Lο =5dο. Se la
lunghezza iniziale fra i riferimenti è diversa da 5,65 Sο il simbolo A dev'essere integrato con un
pedice indicante la lunghezza utilizzata.
C-4. Aspetti morfologici delle superfici dopo frattura
La frattura è la separazione di un materiale sotto sforzo in due o più parti. In generale la frattura
può essere classificata in duttile oppure fragile oppure in una miscela dei due tipi, (cfr. Figura 6).
La frattura duttile in un metallo avviene dopo un'estesa deformazione plastica ed una lenta propagazione della frattura.
La frattura fragile procede lungo particolari piani cristallografici, possiede una scarsa deformazione sotto sforzo e procede con rapida velocità di propagazione.
a
b
c
Figura 6. Micrografie di fratture riprese mediante un microscopio elettronico a scansione: a) duttile, b) fragile intergranulare, c) fragile per clivaggio.
C-5. Provette metalliche
Le provette di geometria unificata sono ricavate mediante lavorazioni meccaniche a freddo in modo
da non alterare le proprietà originarie del materiale. Nelle provette si distinguono la lunghezza utile
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L0, la lunghezza della parte calibrata Lc e le teste d'afferraggio sagomate in modo adatto ai dispositivi di serraggio delle macchine di prova (cfr. Figure 7 e 8).
Figura 7. Forme di provette di trazione: a) piatta a teste semplici, b) a teste forate, c) cilindrica a
teste semplici, d) cilindrica a teste filettate, e) con teste d'appoggio.
Figura 8. Forma e dimensioni di provetta normalizzata in ghisa grigia.
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C⎯Istruzioni per l'uso della macchina di trazione LBG
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FACOLTÀ DI CHIMICA INDUSTRIALE
(CdS
Chimica
Industriale
⎯ Bologna)
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C ⎯ PROVE DI TRAZIONE STATICA
STUDENTE/I(gruppo)
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……………………………………………….Matr.: ……………..……….…….....
1. Natura del materiale, forma e dimensioni caratteristiche delle provette metalliche:
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2. Descrizione della curva di trazione:
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3. Determinazione del modulo d'elasticità:
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4. Determinazione del carico unitario di scostamento della proporzionalità Rp0,2
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immagini e/o schemi)
Data: …………………………………...
Note: ………………………………..……………………………………………………
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Allegati: …………………………………………………………………………………………
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