`L Cimatti: non c`è parola che non abbia senso DC

Transcript

`L Cimatti: non c`è parola che non abbia senso DC
MERCOLEDÌ
2 FEBBRAIO 2005
23
Vola la pillola senza brevetto
DI STEFANO GULMANELLI
open source è stato finora
un termine spesso
confinato al mondo
informatico e a coloro che
gravitano attorno ad esso.
La pratica di costruire un
progetto in modo aperto a
chiunque voglia apportare un
contributo è infatti nato
nell’ambito dello sviluppo del
software – e lì è restato per molto
tempo. Adesso invece il «sorgente
aperto» sembra potersi insinuare
perfino in un settore da sempre
teso alla gelosa custodia del
segreto industriale quale la
ricerca farmaceutica. Questo
L’
medicina
Aumenta il consenso intorno all’«open source»:
la ricerca farmacologica volontaria e gratuita
risultati delle proprie ricerche o i
produzione. Verrebbero così
dati acquisiti su alcune patologie.
remunerati, come giusto, i
In particolare il focus è, come
produttori ma nessuno potrebbe
traspare dal nome del progetto,
vantare – e tanto meno
sulle malattie tropicali,
capitalizzare, con le relative
tradizionalmente «dimenticate»
ricadute sul prezzo – brevetti o
dalle grandi aziende
esclusive. Più o meno quello che
farmaceutiche al punto che solo
già oggi accade con i cosiddetti
l’1% dei nuovi farmaci riguardano
«farmaci generici». Per evitare
la cura di malattie tropicali, come
tentazioni di ogni sorta, infine,
la malattia del sonno africana, la
l’intenzione di Tdi è quella di
febbre di Dengue e le
pubblicare i risultati delle proprie
leishmaniosi. Una disattenzione
ricerche, rendendole di fatto di
che si spiega facilmente con lo
pubblico dominio. Già, ma
scarso potere di
perché un ricercatore dovrebbe
acquisto dei circa 500
devolvere lavoro e dedizione a
Il progetto, nato in ambito
milioni di esseri umani
progetti che poi non possono
informatico, comprende un
che sono affetti da
essere coperti da brevetti? In
nome di una remunerazione
«sito-laboratorio» in cui biologi quelle patologie. Gli
studi e le ricerche che
«intangibile» ma importante in
e chimici possono inserire
scaturissero da questo
questo come in altri campi,
approccio e
dicono i promotori dell’iniziativa;
le conoscenze acquisite
mostrassero delle
come già accade nell’informatica
e i risultati delle loro esperienze potenzialità
– dove l’open source ha dato vita a
verrebbero poi presi in
fenomeni anche di grande
almeno crede un crescente
carico dalle cosiddette «Virtual
rilevanza economica, si veda il
numero di membri della
Pharma» (società no-profit di
sistema operativo Linux – la
comunità scientifica che vedono
venture capital per progetti
moneta in questo caso sono
nell’innovazione open source una
farmaceutici) e infine appaltati –
l’apprezzamento e la
metodologia operativa che può
sulla base della migliore offerta
considerazione nel proprio
superare gli ostacoli posti dai
(quindi del minor costo) – ad
settore, l’affinamento delle
brevetti all’uso dei farmaci da
aziende farmaceutiche per la
proprie abilità e, elemento
parte di milioni di persone che
finalizzazione dello sviluppo e la
nient’affatto secondario, una
non possono permettersi i relativi
reputazione da
alti costi. Certamente lo credono
spendere presso
Stephen Maurer e Arti Rai,
potenziali datori
scienziati del diritto
di lavoro e
IL CASO
rispettivamente a Berkeley e alla
committenti. Ma il
Duke Law University, nonchè
metodo della
La «sorgente aperta» ci dà pure la birra
Andrej Sali, docente di Scienze
condivisione
biofarmaceutiche all’Università
Energetica (c’è il guaranà), fermentata in
potrebbe aprire
della California. I tre studiosi
modo convenzionale, colore pieno e un tasso
altri scenari
hanno infatti lanciato la Tropical
alcolico (6%) non irrilevante per una birra. Si
interessanti, oggi
Disease Iniziative (Tdi;
chiama «Vores Øl» e l’ha lanciata di recente
preclusi dalla
www.tropicaldisease.org) ovvero
un gruppo danese di studenti d’informatica
configurazione
un «sito-laboratorio» in cui
evidentemente amanti della bionda bevanda.
convenzionale del
biologi e chimici possono inserire
Al di là delle caratteristiche organolettiche,
settore
volontariamente e a beneficio di
«Vores Øl» (letteralmente «nostra birra») si
farmaceutico. In
tutti le proprie conoscenze, i
distingue per il fatto di essere la prima birra
particolare,
network open source di volontari
medici e pazienti, è la tesi di von
Hippel, può fornire dati ed
esperienze sugli usi «fuori
etichetta», creando di fatto un
corpo di test clinici che aiuti ad
ottenere, abbattendone i costi,
l’approvazione formale per
l’utilizzo di certi medicinali in
patologie diverse da quelle per
cui sono state originariamente
concepite. Rendendo così
legittimo ciò che oggi non è solo
e soltanto per mancanza di
convenienza da parte delle
società farmaceutiche.
l’approccio open source potrebbe
rivelarsi utile nel campo dei test
di farmaci non più coperti da
brevetto e usati per applicazioni
diverse da quelle per le quali si è
chiesta la registrazione. È
opinione di molti scienziati che
molti dei principi attivi esistenti
da tempo potrebbero rivelarsi
utilissimi anche per patologie
differenti da quelle per i quali
sono stati sviluppati.
Gli esempi in questo
Un metodo per superare
senso non mancano
ma nessuno si
i copyright delle industrie
sobbarca l’onere della
e permettere l’accesso alle cure,
prova perché poi le
possibilità di
soprattutto di malattie tropicali,
proteggere la
«scoperta» sarebbero
a milioni di persone che non
minime. Da qui l’idea
possono sostenere alti costi
di un professore della
Sloan School of
Management del
Massachusetts
LA STORIA
Institute of
Technology, Eric
von Hippel, di
MEDICINE CHE NON VUOL NESSUNO
sfruttare
l’esperienza
Il fenomeno delle «Virtual Pharma» nasce negli
empirica costruita
anni Novanta, quando enti benefici e governi
giorno per giorno
iniziano a finanziare organizzazioni -– a metà
da migliaia di
fra il filantropico e il commerciale – che hanno
medici e pazienti
il compito di individuare e supportare la ricerca
che,
privata ed accademica in progetti farmaceutici
rispettivamente,
che, pur promettenti, non suscitano interesse
prescrivono e
nelle aziende farmaceutiche convenzionali
prendono
dato il ristretto numero di potenziali utenti o il
medicinali per usi
loro basso potere d’acquisto. Esempi di «Virtual
diversi da quelli
Pharma» sono l’Institute for One World Health
riportati sul
(www.iowh.org), società farmaceutiche no«bugiardino», ma
profit finanziate da privati come la Gates
per i quali ormai è
Foundation e la Drugs for Neglected Diseases
assodata l’efficacia
Initiative (www.dndi.org), organizzazione no(per certe malattie
profit ideata per mobilitare risorse per la
si stima che questo
ricerca sui nuovi farmaci per le malattie
sia il caso per la
dimenticate. (S. Gul)
metà delle
prescrizioni). Un
«open source». La sua ricetta – reperibile su
www.voresoel.dk – è infatti rilasciata sotto
licenza «Creative Commons.Attribution.
Share Alike», il che significa che chiunque può
apportare modifiche o crearne derivati, col
solo vincolo di citare gli autori originari e
mettere la sua variazione sotto lo stesso tipo
di licenza. (S.Gul)
neuroscienze
Quanto pesa un’idea?
Ma la mente non esiste
fuori dal linguaggio
e il materialismo non
basta a spiegare l’uomo
DI ANDREA LAVAZZA
i che colore è un pensiero?
Quanto pesa? Sono domande
spiazzanti anche per la scienza
cognitiva più avanzata, quella che cerca
di rendere conto della nostra mente
scendendo nelle profondità del cervello.
La quale probabilmente tenderebbe, più
che a cercare risposte, a eliminare i quesiti, perché senza senso. Non accorgendosi che è proprio il senso – nell’accezione immediata e colloquiale – ciò che
D
APPUNTAMENTI
BUGIE VERDI A MONZA
◆ Il Centro culturale Talamoni di
Monza propone domani alle 21
(Sala decanale, piazza Duomo 8)
un incontro dibattito con il
giornalista di «Avvenire» Riccardo
Cascioli e lo storico Antonio
Gaspari, nostro collaboratore,
autori del libro «Le bugie degli
ambientalisti. I falsi allarmismi dei
movimenti ecologisti» (Piemme).
ISLAM OLTRE IL MURO
◆ «L’islam contro l’Occidente?» è
la domanda cui tenta di rispondere
Mohammed Arkoun, già
professore di Storia del pensiero
islamico alla Sorbona di Parigi, in
un incontro proposto dall’Istituto
Scienze Religiose alle 21 alla Sala
Manzoni di Rimini: è possibile
«una politica della speranza, oltre
il muro delle ostilità»?
SOCIETÀ
E CULTURA
Ultimo banco
di Sandro Lagomarsini
Mensa scolastica:
anche il menu
mostra i suoi tabù
hi appartiene alla mia generazione, affacciatasi al
mondo nei pressi della
seconda guerra mondiale, sa
che ogni madre di quell’epoca
era orgogliosa di poter dire:
«Mio figlio mangia di tutto». Anche per questo, forse, faccio fatica a capire la «nevrosi alimentare» di molte madri odierne. Come è logico, in questa nevrosi
resta coinvolta la scuola e, subito dopo, le amministrazioni locali. La cronaca abbonda di esempi. Un piccolo comune
montano decide di adottare per
le mense scolastiche un menù
«certificato» e le famiglie ne ricevono un aggravio economico.
Un grosso comune del Nord
coinvolge tutte le scuole in un
programma di educazione alimentare; alla fine dell’anno, il
succo del corso viene presentato
con un’azione teatrale in cui il
bambino «Pappatutto», rozzo e
arretrato, viene istruito dalla
«fatina Mangiabene». Non chiedetemi di applaudire. Invece di
trasmettere ai ragazzi una moderata preoccupazione «politica» perché la produzione e il
commercio del cibo avvengano
nel rispetto di leggi generali giuste e sagge, la scuola si lascia arruolare in progetti e finalità estranee ai suoi compiti. Non temo di sbagliarmi se affermo che
certe scorciatoie «illuminate e
virtuose» tendono a creare una
nuova classe di aristocratici del
«viver sano», mentre
la massa dei plebei condizionati
dal portafoglio dovrà
accontentarsi di quello che
passa il convento globale.
Io, per ora, sto con i plebei.
C
Cimatti: non c’è parola che non abbia senso
essa esclude. Cancellando il senso, si annullano i pensieri; tolti i pensieri, anche
la mente evapora. E dell’umano, nella
scienza, non rimane nulla. Non perché
essa sia disumana in quanto tecnologia
fredda e impersonale, o perché abbia
conseguenze eticamente negative, semplicemente perché "spegne la luce" su
tutto ciò che è rilevante per noi – la nostra natura di esseri parlanti, religiosi ed
artistici – appiattendoci su quelle caratteristiche che condividiamo con gli animali non-umani.
La mente non sta fuori dal mondo, non
è un ente "innaturale" che va riportato
nell’ambito fisico: la mente è senso all’interno del linguaggio, il quale costituisce la nostra caratterizzazione biologica
e si esercita solo all’interno delle relazioni con i nostri simili dentro i "giochi linguistici". Wittgenstein aveva ragione e
torto hanno coloro – dal comportamen-
tista Skinner al linguista Chomsky al filosofo Fodor – che vogliono a tutti costi
trovare un fondamento materiale e una
spiegazione causale nei termini delle leggi fisiche. Non c’è niente che esprima il
senso al di fuori del linguaggio, nemmeno il senso pre-esiste al linguaggio. Si nasce da esso e dentro di esso, tutto lo presuppone; così come la vita: si nasce da
viventi, che a loro volta sono stati generati e non si dà un altro orizzonte.
Tutto questo dice in un libro importante (Il senso della mente. Per una critica
del cognitivismo, Bollati Boringhieri, pp.
230, euro 21) Felice Cimatti, docente di
Filosofia della mente all’università della
Calabria. L’alternativa non è tra naturalismo e antinaturalismo, tra scienza ed
ermeneutica: a parere dell’autore, entrambi falliscono l’obiettivo di cogliere
l’elemento che ci distingue. Siamo ben
radicati nella natura, ma abbiamo una
nostra natura, un nostro quid biologico
specifico, né misterioso, né riducibile a
un substrato materiale.
«Il senso – scrive Cimatti – esiste, come
fatto della mia vita di parlante, solo quando parlo e ascolto un altro umano che ascolta e che parla. Solo a questo livello vive e prospera il senso» (ecco allora il motivo per il quale non si può "ridurre" il
senso; non se ne può dare che una definizione circolare e ne abbiamo una comprensione mediata dall’uso). «Se mi sposto da questo piano e scendo nel cervello dei parlanti, lì il senso letteralmente
scompare, e trovo solo cose… Il senso è
presupposto tutte le volte che comincio
a parlare, è qualcosa che sono, non qualcosa che ho e che sia da qualche parte…
Io sono, in quanto animale, quel certo animale che vive nella dimensione del
senso, ossia, quell’animale la cui dotazione biologica lo rende tutt’uno con il
linguaggio».
Una volta trovata l’arma, si potrebbe sfidare lo scientismo sul terreno dei suoi
paradossi: ad esempio, i neo-positivisti
ritenevano da rigettare la metafisica in
quanto "insensata"; ma, si argomenta
nel libro, il riduzionismo è sensato per la
mente di chi lo adotta e, privati del senso, crolla l’intero edificio.
La partita però non è chiusa. Cimatti cita il Wittgenstein delle Osservazioni sulla filosofia della psicologia: «Ho visto quest’uomo anni fa, ora lo vedo di nuovo, lo
riconosco, mi ricordo il suo nome. E perché nel mio sistema nervoso deve esserci una causa di questo ricordare? Perché
una cosa, quale che sia, dev’essere stata
immagazzinata là in una qualunque forma? Perché deve aver lasciato necessariamente una traccia? Perché non dovrebbe esserci una regolarità psicologica cui
non ne corrisponde una fisiologica?». Il
Ludwig Wittgenstein
problema sta nel fatto che la memoria è
scritta nei neuroni, come ha dimostrato
il premio Nobel Eric Kandel. La neurobiologia non s’arrende facilmente, e tenta di "spiegare" anche il senso riportando le ragioni alle cause (si veda il recente L’uomo di verità, di Jean-Pierre Changeux, Feltrinelli). Il confronto, tuttavia,
non può che giovare alla ricerca a aiutarci nella comprensione (del senso).