MUGIL CEPHALUS: UN CAMPANELLO D`ALLARME DELLA

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MUGIL CEPHALUS: UN CAMPANELLO D`ALLARME DELLA
Biol. Mar. Medit. (2005), 12 (1): 195-197
M. Mancuso, V. Basile1, G. Innella1, F. Marino2, S. Cavaleri3, R. Zaccone
CNR, Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, Spianata S. Raineri, 86 - 98122 Messina, Italia.
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Corso di perfezionamento in “Applicazioni Biotecnologiche in Maricoltura”
(PON 2000-2006 Prog. N° 12745)
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Dip. di Sanità Pubblica Veterinaria, Sez. Patologia, Univ. di Messina, Italia.
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ASL n° 1, Agrigento, Italia.
MUGIL CEPHALUS: UN CAMPANELLO D’ALLARME DELLA
COMPARSA DI FOCOLAI DI PSEUDOTUBERCOLOSI IN
SPIGOLE ALLEVATE IN GABBIE OFF-SHORE
MUGIL CEPHALUS: A SENTINEL TO PREVENT PSEUDOTUBERCULOSIS SPREADING IN SEA-BASS REARED IN OFF-SHORE CAGES
Abstract
On summer 2003 high mortalities occurred in sea-bass (Dicentrarchus labrax) reared in an off-shore
farm in Sicily. Samples were collected from farmed fish, as well as from wild adult subjects of striped
mullet (Mugil cephalus). Bacteriological and immuno-histochemical analyses were carried out and resulted
positive for Photobacterium damsela subsp. piscicida. Our results confirmed how this disease could be
easily transmitted from feral to farmed animals.
Key-words: aquaculture, fish, bacteria, diseases, pseudotubercolosis.
Introduzione
Photobacterium damsela subsp. piscicida è l’agente causale della pseudotubercolosi (Gauthier et al., 1995; Thyssen et al., 1998; Osorio et al., 1999). In Italia,
il settore dell’acquacoltura ha subito pesanti perdite a causa di questa patologia
(Ceschia, 1992). La malattia è stata diagnosticata in allevamenti intensivi, dove
spigole (Dicentrarchus labrax) e in misura minore orate (Sparus aurata) sono risultate le specie più sensibili (Ceschia et al., 1990; Romalde, 2002). Tra le specie
selvatiche, i mugilidi sono i più suscettibili all’infezione (Ercolini et al., 1991; Piccoli et al., 1992). Il decorso e la gravità della malattia sono variabili in funzione
dell’età: generalmente le forme giovanili sviluppano forme setticemiche ad andamento iperacuto, gli adulti sviluppano una forma tendente alla cronicizzazione.
La malattia può anche manifestarsi in forma sub-clinica (Ghittino et al., 1993).
Materiali e metodi
Nell’estate del 2003 dalla zona sud-occidentale della Sicilia sono stati segnalati
alcuni casi di cefali selvatici (Mugil cephalus) rinvenuti morti nei pressi di gabbie
per l’ingrasso di un impianto di spigole (Dicentrarchus labrax). E’ stato quindi
effettuato un campionamento di 3 di questi soggetti i quali sono stati inviati al
CNR - Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (IAMC) - Sezione di Messina
per l’espletamento degli esami batteriologici finalizzati all’isolamento di eventuali
agenti patogeni, ed al Dipartimento di Sanità Pubblica della Facoltà di Medicina
Veterinaria dell’Università di Messina per l’allestimento dei preparati istologici per
la microscopia ottica. Dopo circa una settimana, una nuova segnalazione riguardava il ritrovamento di alcune spigole decedute nelle gabbie di un impianto sito
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M. Mancuso, V. Basile, G. Innella, F. Marino, S. Cavaleri, R. Zaccone
nella stessa area. Si è ritenuto opportuno, quindi, procedere ad un sopralluogo al
fine di accertare la natura di questi decessi ed effettuare nuovi campionamenti.
Gli esami microbiologici sono stati condotti su campioni di sangue prelevati da
soggetti moribondi, milza e rene, previa cauterizzazione e dissezione degli organi
avvenuta in condizioni di sterilità. I campioni sono stati seminati sui seguenti terreni di coltura: BHI e BHIA + 1,5% NaCl, Marine Agar 2216 E, Agar Sangue
+ 1,5% NaCl, TCBS + 1,5% NaCl ed incubati a 24 °C per 24-48 h. Dopo tale
periodo le colonie “sospette” di colore grigiastro, piccole e aderenti all’agar, presentavano inoltre attività α-emolitica su A. S., sono state isolate in coltura pura.
Sui ceppi isolati sono stati effettuati i saggi biochimici (motilità, ossidasi,
catalasi, test 0/129), saggi fisiologici (crescita a varie salinità e temperature, colorazione di Gram) ed infine identificazione dei ceppi tramite il sistema miniaturizzato API 20E. A conferma dei risultati, sono state effettuate prove di sieroagglutinazione utilizzando il kit Bionor specifico contro P. piscicida (Romalde et
al., 1995). I preparati citologici sono stati allestiti a partire da impronte ottenute
per apposizione da milza, fegato e reni, di seguito colorate con Diff-Quik e May
Grumwald-Giemsa. Infine, per gli esami istologici sono state prelevate porzioni
di milza, fegato e reni da ciascun soggetto, fissate in formalina al 10% e successivamente processate con le metodiche di routine per l’inclusione in paraffina fino
ad ottenere sezioni dello spessore di 5 µm che in seguito sono state sottoposte
alle seguenti metodiche di colorazione: Ematossilina-Eosina, Giemsa, Diff-Quick,
Gram. I preparati così ottenuti sono stati montati su vetrini ed osservati al microscopio ottico a differenti ingrandimenti.
Risultati
I risultati delle analisi microbiologiche, unitamente ai saggi istochimici, hanno
permesso di identificare come causa dell’ingente episodio di mortalità P. damsela subsp. piscicida. Questa ipotesi trovava conferma anche nei dati ottenuti dall’osservazione macroscopica degli organi sede di lesione e dei preparati istologici
esaminati al microscopio ottico, così come riportato in letteratura (Magarinos et
al., 1996). All’esame esterno i pesci non presentavano alcuna lesione. All’apertura
della cavità celomatica, invece, si documentavano emorragie diffuse e congestione
a carico dell’intestino. La milza si presentava megalica e disseminata di caratteristici tubercoli miliari biancastri. Questi erano ben evidenti anche nel rene, testimoni del decorso cronico della malattia e del coinvolgimento di tutti gli organi del
sistema linfoide. L’osservazione dei preparati istologici colorati con EmatossilinaEosina ha permesso di evidenziare a livello dei diversi parenchimi analizzati la
presenza di aree focali di necrosi, talora mostranti tendenza alla circoscrizione da
parte del connettivo. Soprattutto a carico della milza, il tessuto appariva cosparso
da innumerevoli microgranulomi, di dimensioni variabili, con centro necrotico. A
forte ingrandimento si documentava il coinvolgimento degli elementi macrofagici,
che apparivano repleti di batteri. Questi ultimi, nelle sezioni colorate con Giemsa
o Diff-Quik presentavano la tipica colorazione bipolare.
Conclusioni
I risultati da noi ottenuti confermerebbero la possibilità di trasmissione della
malattia dai soggetti selvatici ai soggetti allevati, soprattutto in seguito a cambiamenti climatici repentini o comunque in presenza di una serie di fattori pre-
Mugil cephalus: focolai di pseudotubercolosi
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disponenti legati al management dell’impianto. Da quanto riportato dagli stessi
allevatori, i soggetti selvatici sono stati i primi a contrarre la malattia ed a manifestarne i sintomi che ne hanno provocato progressivamente il decesso. Durante tale
periodo essi hanno contribuito alla diffusione della patologia ed al suo ingresso
nell’impianto, cui ha fatto seguito una moria di spigole. La diagnosi repentina,
unitamente al carattere stagionale della malattia, hanno permesso di contenere i
danni dell’epidemia e di limitare le perdite economiche. Analisi successive hanno
permesso di isolare il patogeno anche in soggetti “apparentemente sani”, confermando che nei soggetti adulti, peso medio 1,5 Kg, la malattia tende alla cronicizzazione favorendo lo stato di “portatore sano”. Sembra chiaro, quindi, che
essendo i mugilidi molto sensibili all’infezione da P. damsela subsp. piscicida, il
monitoraggio dello stato di salute di questi pesci, soprattutto nelle condizioni in
cui si realizzano contatti tra selvatici e allevati, assume un ruolo fondamentale in
quanto “predittivo” di una possibile comparsa della malattia nell’impianto. Inoltre, non è da sottovalutare la possibilità che le spigole d’allevamento non decedute, sebbene clinicamente sane, possano, a loro volta, veicolare il patogeno ai
cefali, contribuendo al mantenimento dell’infezione nell’ambiente e rendendone
più difficile l’eradicazione.
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