La mistagogia - diocesi di Cremona

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La mistagogia - diocesi di Cremona
Diocesi di Cremona
INIZIAZIONE CRISTIANA DEI RAGAZZI
Itinerario di tipo catecumenale
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QUARTO TEMPO
La mistagogia
Guida per gli accompagnatori
e i genitori
Queriniana
Sussidio a cura
degli Uffici Catechistico, Culto divino
e Pastorale familiare della diocesi di Cremona.
Hanno collaborato
Baronio Ottorino
Bedani Chiara
Bislenghi Antonio
D’Agostino Marco
Facchinetti Antonio
Marinoni Gianmario
Nevi Giuseppe
Oratori Diocesi Lombarde (ODL)
Unità pastorale “Beato Vincenzo Grossi”
Coordinatore editoriale
Daniele Piazzi
© 2010 by Editrice Queriniana, Brescia
via E. Ferri, 75 – 25123 Brescia (Italia/UE)
tel. 030 2306925 – fax 030 2306932
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È pertanto vietata la riproduzione, l’archiviazione o la trasmissione, in qualsiasi forma e con
qualsiasi mezzo, comprese la fotocopia e la digitalizzazione, senza l’autorizzazione scritta
dell’Editrice Queriniana.
ISBN 978-88-399-40
Stampato dalla Tipolitografia Queriniana – Brescia
Introduzione
1. Obiettivi, metodi e formatori
Alla celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione fa seguito la ‘mistagogia’ in tre fasi,
che dura circa due o tre anni, durante la quale i ragazzi sono chiamati ad approfondire
i misteri celebrati, si consolidano nella vita cristiana e si inseriscono pienamente nella
comunità.
A) G LI OBIETTIVI
Il tempo della mistagogia (= vivere i sacramenti celebrati), tappa dell’iniziazione
cristiana (quarto tempo), comincia dunque subito dopo la celebrazione dei sacramenti:
il periodo pasquale può essere utile per confermare l’impegno del cristiano alla partecipazione comunitaria del giorno del Signore (la domenica). Dopo l’estate riprende il
cammino educativo per portare a compimento l’integrazione nella comunità cristiana.
Ecco dunque gli obiettivi:
• Vivere le conseguenze dell’essere diventati cristiani, soprattutto nella testimonianza della carità in famiglia, a scuola, nel quartiere, partecipando stabilmente a iniziative di solidarietà personali e di gruppo. Il battesimo e la confermazione esigono
testimonianza e coerenza, l’eucaristia condivisione e dono di sé verso gli altri.
• Diventare abituali frequentatori della Messa domenicale, apprendendo a parteciparvi attivamente con la preghiera, il canto, i vari ministeri, la comunione eucaristica.
• Accostarsi abitualmente al sacramento della riconciliazione o penitenza, accogliendola come opportunità di celebrare la misericordia di Dio che guarisce le
nostre fragilità.
• Aprirsi alla comunità parrocchiale, al di là del gruppo di appartenenza, scegliendo
un servizio da svolgere a favore degli altri.
• Inserirsi in un gruppo di adolescenti continuando il cammino formativo. L’Oratorio
potrà essere concretamente il luogo del loro inserimento.
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La mistagogia
Iniziazione cristiana It
Schema g
1. PRIMO TEMPO: LA PRIMA EVANGELIZZAZIONE
Fasi
I. L’accoglienza
II. In ascolto di Gesù
III. La buona notizia
Obiettivi
Contenuti
a) Formazione del gruppo
- Vangelo di Marco
b) Scoperta e incontro con Gesù - Catechismo Io sono con voi
Cristo
c) Scelta di continuare il cammino
2. SECONDO TEMPO: VERSO I SACRAMENTI
Fasi
I. Fase biblica
Obiettivi
Contenuti
a) Entrare nella storia della sal- Vangelo di Luca e Atti degli
vezza come protagonisti
apostoli
b) Professare la fede in Dio, Pa- - Catechismo Sarete miei testidre e Figlio e Spirito santo
moni (i primi tre capitoli)
c) Atteggiamenti di fiducia, amo- - Catechismo Venite con me (i
re e obbedienza al Padre
fuori testo biblici)
II. Fase liturgico-comunitaria a) Scoprire l’amore del Padre
- Prima lettera di Giovanni
manifestato in Gesù
- Brani dai vangeli di Luca, Matb) Vivere l’amore a Dio con la
teo e Giovanni
preghiera e la vita di comunità - Catechismo Venite con me (in
c) Imparare a celebrare feste e
riferimento all’amore da vivere
sacramenti cristiani
e da celebrare nei sacramenti
d) Graduale ma costante ape nell’anno liturgico: unità
proccio alla celebrazione
2.3.6.11)
eucaristica nel giorno del
Signore
III. Fase esistenziale
(fino all’inizio
dell’ultima Quaresima)
a) Convertirsi, prendendo il van- - Libro di Giona (appello alla congelo come annuncio e regola
versione); il Decalogo (Es 20);
di vita nuova
Lc 10 (il Samaritano) e 15 (il
b) Impegnarsi a diventare cristia- Padre misericordioso); Mt 5–7
ni per seguire Gesù e vivere
(il Discorso della montagna)
come lui
Introduzione
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a Itinerario sperimentale
a generale
Attività
- Leggere in famiglia il vangelo
- Imparare il segno della croce
- Esperienze di comunione nel
gruppo
Attività
- Saper leggere la Bibbia in famiglia
- Interpretare la propria vita come progetto di Dio
- Fare l’esame di coscienza
Celebrazioni
Celebrazione per l’inizio del
gruppo (VENTURI, Celebrazioni,
n. 1)
Celebrazioni
- Presentazione alla comunità
(l’ingresso nel cammino verso
cresima-eucaristia) (VENTURI,
Celebrazioni, n. 2)
- Traditio e redditio del Credo
(VENTURI, Celebrazioni, n. 3)
Itinerario famiglie
a) Formare il gruppo
b) Motivarsi per un cammino di
fede riletto a partire dall’esperienza coniugale
c) Riappropriarsi dell’educazione
religiosa dei figli
Itinerario famiglie
a) Avere attenzione per eventuali
situazioni matrimoniali particolari (separati, conviventi,
risposati)
b) Raccontare la storia della salvezza in casa
c) Cominciare a valorizzare la
liturgia domestica con segni
d) Motivarsi a una partecipazione assidua all’eucaristia
e) Preghiera ed esame di coscienza serale
- Preghiera abituale in famiglia e Traditio e redditio della preghiera a) Celebrare le feste della Chiesa
in casa, in famiglia
nella comunità
del Signore: il Padre nostro (VENb) Il racconto della storia della
- Partecipazione a momenti ce- TURI, Celebrazioni, n. 4)
salvezza
lebrativi dell’anno liturgico nella
c) Partecipare con i figli alla vita
parrocchia
dell’Oratorio
d) Fare esperienza di campiscuola insieme
e) Inserire esperienze di carità
più strutturate
f) Preghiera, esame di coscienza
e partecipazione a qualche
liturgia comunitaria
- Nel gruppo, alcune esperienze - Consegna dei comandamenti
significative di amore, perdono, (VENTURI, Celebrazioni, n. 6)
- Traditio e redditio del Precetto
solidarietà
del Signore (VENTURI, Celebra- Verifica da parte dei genitori dei
zioni, n. 5)
criteri morali con cui i ragazzi
agiscono quotidianamente
a) Verifica dell’educazione morale
b) Insistenza sulla responsabilità
educativa
c) Verificare come coppia la propria adesione all’amore di Dio
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La mistagogia
Fasi
Obiettivi
Contenuti
c) Vivere ogni giorno l’amore cri- - Catechismo Venite con me
stiano verso tutti
(unità 5: «Maestro, che cosa
devo fare?»); e Vi ho chiamato
amici (unità 5: «Non più servi,
ma amici»)
3. TERZO TEMPO: ELEZIONE AI SACRAMENTI
Tempi
Obiettivi
Ultima Quaresima
Contenuti
a) Disporsi ad accogliere il dono - I testi biblici della Veglia padi Dio nei sacramenti
squale
b) Prepararsi spiritualmente nella - I vangeli domenicali dell’anno A
preghiera e nel silenzio
(battesimo)
c) Ascesi e rinuncia
- Gv 6 e Lc 24 (eucaristia)
- Catechismo Venite con me
(unità 7 e 9: Battesimo ed eucaristia); e Sarete miei testimoni (unità 6: Confermazione)
SACRAMENTI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA:
CRESIMA ED EUCARISTIA
4. QUARTO TEMPO: LA MISTAGOGIA
Fasi
I. Immersi nella Pasqua:
domenica e eucaristia
II. L’uomo nuovo:
conversione e Penitenza
II. La vita nuova:
testimoni nella Chiesa
e nel mondo
Obiettivi
Contenuti
Costruire l’uomo nuovo:
a) Partecipazione abituale ai
sacramenti della vita cristiana
(eucaristia domenicale, penitenza)
b) Conformazione della propria vita al vangelo, vivendo
i sacramenti nella coerenza
quotidiana
c) Ricerca di un modo per rimanere nella comunità, in altra
forma diversa dal gruppo
d) Leggere alla luce del vangelo
le problematiche educative
e formative della preadolescenza
- Vangelo di Giovanni (capp.
20–21: accogliere il Risorto nella nostra vita); Prima lettera ai
Corinzi (come vivono i cristiani
nella Chiesa); Mt 18 (fare comunità nel perdono reciproco)
- Catechismo Venite con me
(unità 10: Perdonaci, Signore);
Sarete miei testimoni (unità
4-5: La Chiesa); Vi ho chiamato
amici (unità 3 e 6: La vita nuova
nella Chiesa)
Introduzione
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Attività
Attività
Celebrazioni
Itinerario famiglie
Prima celebrazione
della Penitenza (VENTURI, Celebrazioni, n. 7)
d) Inserire esperienze spirituali di
coppia
e) Aprire la famiglia a esperienze
comuni di carità
f) Assumersi alcune responsabilità in parrocchia
g) Continua l’esperienza della
preghiera comune
Celebrazioni
Itinerario famiglie
a) Prepararsi insieme come famiElezione ai sacramenti
glia
Nelle domeniche celebrazioni
per riscoprire il battesimo (VENTU- b) Sceglie una forma di penitenRI, Celebrazioni, n. 8, 1-5)
za comune
c) Intensificare la preghiera
d) Coinvolgere parenti e amici
perché vivano insieme questa
preparazione
- Intensificare la preghiera in
casa
- Ritiro spirituale con il gruppo
- Ascesi, per apprendere le virtù
cristiane della vita
celebrati nella VEGLIA PASQUALE
o in una domenica di Pasqua
Attività
- Presenza della famiglia alle celebrazioni dei sacramenti nella
comunità
- Pieno inserimento nella parrocchia (oratorio, gruppi adolescenti, volontariato ecc.)
Celebrazioni
Ottava di Pasqua o domenica
successiva a quella della celebrazione dei sacramenti:
- Consegna del giorno del Signore (VENTURI, Celebrazioni,
n. 9)
Altre celebrazioni (VENTURI, Celebrazioni, nn. 10-14):
- Mandato missionario
- Consegna delle beatitudini
- Inno della carità
- Anniversario del battesimo
Alla fine del percorso:
- Consegna del Catechismo dei
giovani
Itinerario famiglie
a) Ora la condivisione si fa più
profonda
b) Cercare di motivare ulteriormente le ragioni della vita cristiana in famiglia
c) Anche la comunicazione di
fede tra figli e genitori si fa più
intensa
d) La partecipazione all’Oratorio
e alla parrocchia sono più responsabili
e) Eucaristia e penitenza sono i
pilastri della vita cristiana
f) I genitori spingono i figli ad
assumersi personalmente
l’impegno di vita cristiana
g) La coppia o i singoli genitori
maturano scelte di servizio e
di ministerialità dentro o fuori
la propria comunità
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B) LA NOVITÀ
La mistagogia
DELLA VITA CRISTIANA
Durante la mistagogia la novità cristiana, che scaturisce dal leggere la nascita, la vita
e la morte dall’evento pasquale, va tradotta per i ragazzi in stimoli interiori e comunitari,
nella maturazione di una progressione personale nella fede e nell’esperienza di concrete attività di testimonianza cristiana.
Per progressione personale nella fede si intende: la capacità di saper leggere l’evoluzione della propria emotività/interiorità; la scoperta del proprio corpo in sviluppo; il rilancio della ricerca esperienziale di Dio e di Gesù; la graduale conoscenza del progetto
di sé alla luce della vocazione cristiana.
Si deve, inoltre, portare a compimento il definitivo inserimento dei ragazzi nelle
attività dell’Oratorio e nei gruppi di adolescenti della parrocchia, insieme a un corretto
coinvolgimento corresponsabile dei genitori. Concretamente:
• Ogni domenica si partecipa alla celebrazione dell’eucaristia, preparandola a casa
o nel gruppo, assumendosi dei servizi da svolgere (letture, offerte, distribuzione di
foglietti, accoglienza, ecc.) e imparando sempre meglio a viverla attivamente.
• Ci si orienta a celebrare comunitariamente il sacramento della Penitenza nel ritmo
dell’anno liturgico e pastorale (Avvento, Quaresima, festa patronale, ritiri, campi
estivi, ecc.) e personalmente in situazioni ordinarie e particolari del singolo ragazzo.
• Continua l’educazione alla preghiera cristiana nelle sue diverse modalità: ascolto
della Parola, preghiera personale, lode, ringraziamento, adorazione, intercessione,
domanda di perdono…
• Tenendo in debito conto le dinamiche di identità maschile o femminile, è il tempo
in cui impostare una direzione spirituale personale, semplice ma regolare, per favorire un interiore processo di personalizzazione della fede. È importante che maturi
una seria interazione tra preadolescente e adulti accompagnatori (presbiteri, religiose, formatori, educatori sportivi).
• Si trova il tempo per una seria riflessione sulle motivazioni della carità (riferimento
alla Parola, allo stile del cristiano, ecc.), si scelgono piccoli servizi all’interno della comunità (riordino e sistemazione degli ambienti, distribuzione di avvisi…), si
realizzano brevi esperienze di volontariato (guidate e a termine), si apre una corrispondenza con missionari, si attua un gemellaggio o uno scambio con altri gruppi di
coetanei (di altre città o stranieri); si educa all’apertura agli altri, alla mondialità, alla
pace, al coraggio di riconoscere l’ingiustizia e di renderla evidente, sfuggire al consumismo attraverso uno stile di vita sobrio, imparare a collaborare con chiunque.
• Si cerca di ‘aprire’ al gruppo e di far uscire il ragazzo da un esasperato individualismo, chiedendo di superare la pigrizia delle comodità domestiche (TV, internet,
videogiochi, ecc.), chiedendo di mantenere i rapporti anche con i coetanei che
hanno fatto scelte diverse dall’oratorio e inserendo nel gruppo anche chi fa maggiormente fatica (disabili, stranieri).
• Il gruppo catecumenale per intero partecipa a qualche iniziativa di altri gruppi
parrocchiali e diocesani per conoscerne le attività, per poter scegliere in quale inserirsi, per valutare come potrà continuare il cammino. Alcuni membri del gruppo,
partecipano a manifestazioni del paese o del quartiere, ad iniziative diocesane. Insieme, poi si verificheranno alla luce della parola di Dio, attraverso la revisione di
vita, i problemi e le scelte concrete operate nell’ambiente frequentato.
Introduzione
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• Si dà risalto e valore all’animazione del tempo libero (laboratori, feste, vacanze,
gite, estate), non soffocando, ma sostenendo l’inventiva dei ragazzi, scegliendo e
valutando le proposte, perché siano sempre educative e sinergiche, qualificando e
coinvolgendo maggiormente i diversi educatori.
• Si valorizza la proposta sportiva, sia continuativa che occasionale, come esperienza di gioco, di collaborazione, di servizio, di sacrificio, di spirito di gruppo, di continuità, di accettazione del limite e della sconfitta, di scoperta del proprio corpo e
di rispetto delle regole e dell’autorità.
C) FORMATORI
E LUOGHI EDUCATIVI
1. La Famiglia
È ormai acquisizione comune che la famiglia sia un riferimento essenziale all’azione
pastorale. A essa, in primo luogo, spetta il diritto/dovere di educare. Nel momento provvidenziale della preadolescenza dei figli tale compito si specifica in modo particolare
nell’impegno di garantire l’unitarietà delle molteplici relazioni educative. I figli, infatti,
cominciano a vivere esperienze diversificate in molteplici ambienti, dalla parrocchia
alla scuola, dall’oratorio all’associazione, dal gruppo alla società sportiva, ecc. per cui il
compito educativo della famiglia si presenta sempre più complesso e difficile.
Mentre da una parte la famiglia riafferma l’unitarietà del proprio indirizzo educativo
a partire dal proprio interno, dall’altra instaura con la comunità cristiana un importante
rapporto di collaborazione la cui rilevanza è sempre più evidente in questa stagione della vita dei figli. Gli educatori diventano così degli interlocutori privilegiati con i quali interagire per garantire continuità nello stile educativo di crescita dei propri figli preadolescenti. Non solo, ma diventa indispensabile una solidarietà tra famiglie che la comunità
cristiana può offrire proprio ora, dopo un cammino formativo che ha coinvolto i genitori
stessi e li ha abituati a parlare lo stesso ‘linguaggio’.
Il gruppo dei genitori dovrà gradualmente cambiare lo stile della sua presenza e
aprirsi all’intera comunità cristiana. Ai genitori dovrà essere offerto un graduale inserimento nei servizi e ministeri che sostengono la vita catechistica, liturgica e caritativa
della parrocchia. Possono anche essere orientati a forme associative di vita laicale, di
volontariato o missionarie presenti sul territorio. Le scelte di servizio dei genitori non
solo li faranno crescere personalmente, ma costituiranno una preziosa testimonianza
verso i figli, che – proprio in questa età – dovranno maturare una personale adesione al
vangelo e alla comunità.
Individualità e autonomia
I tratti essenziali della preadolescenza sono molteplici. Ci soffermiamo su due di essi
che la caratterizzano in modo speciale: l’iniziale scoperta della personale identità e l’affermazione della propria autonomia. Tali processi iniziano ora e si perfezionano nella
stagione adolescenziale.
Crearsi una propria individualità, crearsi una propria immagine, riconoscibile, ben
delineata, significa trovare delle differenze tra sé e gli altri, in primo luogo tra sé e i genitori; significa anche trovare altri e molteplici esempi con cui identificarsi.
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La mistagogia
Da una parte madre e padre restano figure importanti a cui si deve riconoscenza: c’è
affetto profondo per loro, c’è il ricordo recente dell’attaccamento, c’è la paura e contemporaneamente il senso di colpa del distacco, c’è il bisogno di aiuto perché si è deboli di fronte alla vita; dall’altra c’è il fascino dell’autonomia che si concretizza nell’attrattiva nei confronti del diverso, del gruppo dei pari in cui ci si allena alla relazione, alla
solidarietà incondizionata, al riconoscimento chiaro del proprio ruolo, con la possibilità
della condivisione che l’omogeneità della composizione del gruppo garantisce.
I genitori rischiano di sentirsi traditi, non capiti, negati nelle loro aspettative, sembra
che quelli che essi scoprono quasi all’improvviso preadolescenti non siano i bambini
sognati, ma figli ingrati della fatica e delle ansie sofferte per crescerli. Essi si rendono
conto di perdere l’immagine di infallibilità avuta fino ad allora e si sentono guardati dai
propri figli col realismo dei propri limiti.
In questo momento i genitori sono chiamati a testimoniare davvero i fondamenti
valoriali della loro vita e del loro comportamento, gli stessi fondamenti su cui vanno
costruendo l’azione educativa nei confronti dei loro figli. Essi devono saper esporre
chiaramente i propri ideali e dimostrare concretamente di viverli non limitandosi a imporli ai membri della famiglia. Bisogna saper essere una ‘fermata’ necessaria nel viaggio
dei desideri dei figli; bisogna saper essere un sicuro riferimento in caso di bisogno, saper
tenere sempre vivo il dialogo, saper essere genitori anche nel momento della crisi. Saper
scegliere come adulti dei valori, dei principi di vita a cui attenersi, saper dimostrare con
i fatti che si è coerenti con tali principi. Parlare ai figli di questi valori e principi, parlare
con loro anche di cose che sembrano molto grandi, molto profonde È necessario svelarsi
ai loro occhi e dimostrare che li si rende partecipi della condivisione di delicati principi
che coinvolgono la vita in tutti i suoi momenti. Accettare che i figli diventino grandi, che
assumano una propria identità, che si differenzino dai propri genitori. Accettare che i
figli possano cercare altrove il sostegno e la solidarietà alle proprie scelte; accettare che,
in certi casi, addirittura gli amici dei propri figli diventino più importanti, anche questo è
fare i genitori. Non delegare ad altri il ruolo di guida avuto fino ad ora, non modificare i
propri orientamenti per evitare che i figli si oppongano, accettare anche la discussione,
non cadere nella trappola di voler assumere il ruolo comodo di amici dei propri figli,
accettare di non essere uguali ai coetanei dei propri figli, questo preserva da facili scelte
che si rivelerebbero ben presto scelte sbagliate.
Un patto educativo
Nel campo educativo è indispensabile creare sinergie e rapporti che permettano di
arginare la logica individualista e relativistica che presiede anche il discorso educativo.
L’educazione deve esprimersi sempre più a partire da un patto condiviso, promosso e
seriamente perseguito. Perciò ogni parrocchia dovrà formulare un progetto educativo
per i preadolescenti che trovi nell’Oratorio il luogo fisico e umano in cui incarnarsi.
Tale progetto risulterà da una collaborazione comune tra famiglie e Oratorio e sarà
comunque fondato su una visione antropologica tipicamente cristiana. Il centro di ogni
azione educativa ecclesiale, infatti è aiutare ogni ragazzo a diventare della ‘statura’ di
Cristo. A partire da qui si potranno formulare percorsi educativi globali, che terranno
presente tutte le dimensioni del ragazzo, sapendo tuttavia che solo inserendolo in un
rapporto con Cristo egli potrà trovare il senso pieno della propria esistenza.
Introduzione
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2. Il gruppo
I ragazzi, nella preadolescenza, hanno una propensione naturale a intrecciare
nuovi rapporti con i coetanei, perché cercano nei pari quel sostegno affettivo che fino
a qualche anno prima era la famiglia a dare. Ecco allora la necessità per il preadolescente di trovarsi con qualcuno che condivida i suoi stessi ideali, il suo stesso lessico,
i suoi stessi interessi, qualcuno da cui sentirsi sostenuto e a cui sentire di appartenere.
Il gruppo offre quindi al preadolescente una struttura per iniziare a emanciparsi, per
conoscere nuove regole, per acquisire nuove forme di linguaggio, di costume e un
nuovo status cui riferirsi. É la condizione necessaria e ideale per cominciare a confrontarsi con un altro, trovare somiglianze e differenze e iniziare, insieme ad altri, per la
prima volta scelti in qualità di amici, il proprio percorso di crescita.
In questa fase evolutiva i membri del gruppo si associano stabilmente, perché diventano gli uni per gli altri punto di riferimento e modello di comportamento. Il gruppo svolge un’importante funzione di sostegno ai compiti di sviluppo del preaadolescente per una maggiore conoscenza e ricerca di sé: se accettato, il ragazzo vi troverà
un supporto emotivo alle proprie ansie e incertezze; se rifiutato, vivrà l’esperienza
dell’impotenza, dell’esclusione sociale, che finirà con l’influire notevolmente sull’immagine di sé che egli sta costruendo.
È al gruppo che si propongono le attività e spesso è il gruppo che, nella sua totalità,
decide di prendervi parte, prima ancora dei singoli membri. I ragazzi non accettano
più di vivere proposte pensate per delle ‘classi’, essi aspirano a vivere in modo più intenso la dimensione del gruppo, a condividere proposte con persone che sentono loro
affini per interessi e obiettivi. Questo succede, se ben ci si pensa, anche in tutti i gruppi
di adulti che si incontrano nei nostri oratori e nelle nostre realtà parrocchiali: catechistico, teatrale, sportivo, ‘della cucina’, ‘dell’informatica’, ‘extra-scuola’, scout,
associativo. Essi si definiscono ‘gruppi’, perché condividono finalità di lavoro, metodo
e obiettivi; pertanto possono fare da ‘specchio’ al gruppo dei preadolescenti che si sta
strutturando. Per somiglianza o per antitesi, i preadolescenti possono prenderli a modello per ciò che vorranno o non vorranno essere ‘da grandi’.
Nel gruppo, col gruppo e nella relazione con gli altri gruppi, i preadolescenti
iniziano a sperimentare e a comprendere il significato della comunità cristiana più
allargata: esso diviene l’ambito propedeutico dove, nel micro e attraverso le esperienze,
i ragazzi iniziano a riflettere e a capire il senso dello stare con, dello stare in comunità, le
dinamiche, i tempi, i limiti e le risorse.
L’esperienza di gruppo può divenire anche una risorsa per un’apertura interculturale,
visto il numero crescente di ragazzi stranieri che frequentano l’oratorio e le proposte
pastorali. Il gruppo diventa teatro di confronto per individuare un codice comune e negoziare le diverse prospettive, valori, idee, richiami culturali. È necessario che ci sia apertura
verso l’altro che viene incontro, che abita gli stessi luoghi del preadolescente, condividendone sì le caratteristiche, ma portando anche una propria identità.
Un modo per far emergere le potenzialità del gruppo è comprendere il dinamismo
fondamentale che il gruppo attiva per la crescita delle persone. Usiamo la parola dinamismo nel suo senso etimologico di sviluppo: ogni gruppo ha un codice interno, un gergo,
delle regole, dei tempi e degli obiettivi che mutano con il suo inevitabile cambiamento,
vuoi per nuovi componenti che si aggiungono, vuoi per le esperienze di crescita che il
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La mistagogia
gruppo fa, vuoi per le ragioni più svariate. Un gruppo è vivo se ha la capacità di trasformarsi, di reinventarsi, di aprirsi all’esterno, anche se staziona sempre sulla stessa panchina. Riconoscere ai preadolescenti il loro divenire significa legittimarli, riconoscere una
valenza sociale al gruppo e quindi a ciascuno di loro come individui. È importante, infatti, che le figure educative rivolgano l’attenzione al gruppo nella sua totalità, ma anche al
singolo nella sua unicità.
Nella relazione tra educatore e preadolescente è fondamentale che l’educatore entri
a fare parte del gruppo, sia ammesso, con una funzione ‘altra’ rispetto ai suoi membri, sia
accettato perché possa interagire in questi e altri modi, con ciò che i ragazzi vivono, coltivando profondamente la relazione con loro. Solo allora per l’educatore sarà possibile
comprendere le reali richieste dei ragazzi, al di là di quelle che palesano verbalmente.
Un’esigenza che emerge forte, in questi anni della preadolescenza, è quella di avere
un gruppo che si fa risposta ad un bisogno di amicizia, di ‘nascita sociale’, di identità
sessuale. Non a caso sono molto rari i gruppi eterogenei per sesso, tipici invece dell’adolescenza. II preadolescente sente la necessità, prima di aprirsi all’altro, di trovare un modo
per individuarsi e ha bisogno di modelli simili a lui per farlo: ecco allora la netta distinzione tra gruppi maschili e femminili, gli uni più incentrati su una scoperta dell’esterno,
gli altri ripiegati più su se stessi e sul ‘mondo interno’.
In questa fase, più che il confronto a partire da stimoli verbali, è importante che si
usi il ‘fare’ come mediatore relazionale, l’esperienza come veicolo del protagonismo di
ciascuno e come mezzo perché ciascuno, mettendosi in gioco, possa acquisire competenze su di sé, sugli altri e sul gruppo in generale. Le attività, che hanno come fine
ultimo il raggiungimento di un risultato ottenuto dal gruppo stesso, sono delle ottime
occasioni per ogni percorso educativo in oratorio.
3. La comunità adulta e l’équipe
L’educazione è sempre frutto di percorsi nati all’interno di relazioni significative.
Nessuno si educa da sé. Senza togliere l’importanza dell’autoeducazione, siamo
consapevoli della necessità di un maieuta, un maestro, un compagno di viaggio che
indichi la strada e sostenga i passi nel percorrerla. Anche per il preadolescente questo è vero. A maggior ragione, nel momento della crescita e del passaggio dall’età
infantile all’età giovanile, tutte le sicurezze e i punti di riferimento vengono messi in
discussione o certamente vissuti in modo radicalmente nuovo, in primis la famiglia. È
allora essenziale trovare altre figure educative che si mettano a fianco del ragazzo per
introdurlo, con tatto e decisione, nella nuova fase di vita che lo aspetta.
Oggi più che mai l’azione formativa appare frammentata. La complessità del nostro tempo vede rompersi il patto educativo che, in passato, aveva visto con forza collaborare tra loro le varie agenzie educative, a cominciare dalla famiglia e dalla scuola
fino ad arrivare all’oratorio e allo sport. Sarebbe – e purtroppo a volte è – deleteria la
situazione in cui diversi educatori viaggiano su binari paralleli o peggio separati e
non dialogano tra loro per fare sintesi sulle proposte da offrire ai ragazzi.
La formazione dell’uomo richiede il concorso di un contesto più ampio, che non
può essere una semplice collettività, ma deve assumere i caratteri di una comunità, di
un insieme strutturato di soggetti (personali e istituzionali) legato da una comunanza di
Introduzione
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valori, di approccio alla realtà, di forme di vita e finalizzato al processo di personalizzazione dell’uomo. É la necessità di una rete, cioè il cercare quelle sinergie e quei
rapporti che permettono di arginare una logica individualista e promuovere una logica
che connota l’impegno educativo come impresa comune. Non si impara da soli, ma
neppure si educa da soli.
L’équipe raccoglie la sfida di essere una microcomunità nella quale tutta la comunità cristiana afferma il suo impegno per l’educazione. Il mandato di essere annunciatori di Cristo, portatore di un messaggio di novità e di speranza, di vita e di bene, non
può essere relegato ad alcuni, a uno solo, perché – oltre a essere umanamente impossibile educare da soli – è contro la logica del vangelo.
L’équipe è anche il luogo dello scambio fraterno e libero di esperienze, di ricchezze e di difficoltà, di intuizioni e di dubbi; e, non ultimo, luogo di sostegno e di
incoraggiamento reciproco. Ancora, essenziale in ogni tappa di crescita, nella fascia
preadolescenziale il gruppo educatori ha la grande funzione di porsi come sintesi vitale
nel disorientamento dei ragazzi. Essi non si riconoscono più in un’identità propria
e dell’ambiente circostante, che già conoscevano bene. Hanno quindi più che mai
bisogno di trovare unità e stabilità all’esterno di sé e le proposte educative congiunte
possono giocare un forte ruolo rassicurante in questa fase.
È importante attivare processi di confronto, di collaborazione e di condivisione, di
preghiera comune, di conoscenza reciproca e di scambio di esperienze, di quel ‘pensare insieme’ che è il presupposto per ogni azione che abbia la connotazione di una
corresponsabilità educativa esplicita.
Perciò diventa indispensabile un’autentica formazione. A un’équipe di educatori
dei preadolescenti spetta il compito mai finito di una formazione a 360 gradi, per
essere formati come persone, come discepoli, come apostoli e come educatori. Solo
così potranno, a loro volta, essere strumento per la crescita dei ragazzi. Predisporre un
percorso di autoeducazione all’interno dell’équipe è veramente uno dei compiti più
importanti.
L’équipe degli educatori allora rappresenta una strada da percorrere per la pastorale e l’educazione in generale all’interno delle nostre comunità cristiane. Mentre le
forze educative in essa coinvolte studiano, approfondiscono, pregano, progettano,
esse contribuiscono a costruire la comunità stessa. Si ha un’azione circolare, ricorsiva,
che nell’esercizio dell’ascolto, della ricerca, della testimonianza reciproca, cementa
la comunità. Come dire, a beneficiare dell’équipe educativa non saranno solo i suoi
membri e i preadolescenti, ma tutta la comunità cristiana sarà più comunità se al suo
interno alcuni adulti giocheranno la sfida di costituirsi come gruppo educatori, secondo lo stile presentato.
In base a queste riflessioni non ci può essere un criterio unico circa la composizione
dell’équipe che accompagna la mistagogia. Sarà compito della comunità parrocchiale
decidere di volta in volta se: mantenere l’équipe delle fasi precedenti, allargarla o sostituirla. Di certo deve aprirsi alle altre figure educative dell’oratorio, della parrocchia dei
movimenti e delle associazioni ecclesiali.
14
La mistagogia
4. L’oratorio
Le ricerche elaborate in questi anni1 hanno confermato il dato esperienziale: l’oratorio è un luogo che si determina come un ambiente educativo. L’intenzionalità educativa
è custodita dalla comunità cristiana che pensa e costruisce-mantiene l’oratorio per i propri figli e incarica alcuni di occuparsene dietro un preciso mandato.
La presenza di persone con ruoli e competenze diversi rende l’oratorio una casa
di molti. Si promuove, così, una pluralità di sguardi e di azioni, un sistema educativo
integrato dove le diverse componenti della comunità mettono al centro i più piccoli. In
oratorio si educa attraverso l’esperienza della vita fraterna, del dialogo, della preghiera,
del gioco e di mille altre cose ancora.
Le opportunità con i preadolescenti
L’oratorio, che si esprime come luogo di accoglienza e di accompagnamento nel
divenire grandi, ha già in sé alcuni elementi che lo caratterizzano come potenzialmente
adatto per i preadolescenti. In questa età di transito, fuggente come lo sono 3-4 anni di
vita, ma altresì determinante per il futuro prossimo e remoto, l’oratorio diventa un luogo
da scoprire, da vivere in modo nuovo insieme ai coetanei e ai ‘fratelli maggiori’.
L’oratorio si mostra come un’occasione per comprendere qualcosa in più di sé e di
quello che si vuole diventare da grandi attraverso una serie di incontri, di proposte, di
esperienze che aprono alla consapevolezza della scelta, a quella liberta pratica che da
forma alla morale cristiana. In oratorio i preadolescenti sono invitati a seguire la catechesi ordinaria e altri percorsi strutturati, così come a stare insieme nel tempo libero in
modo informale.
Le opportunità per la comunità
La comunità cristiana che apre l’oratorio ai preadolescenti compie un atto di cura
prezioso corrispondendo all’insegnamento del Signore che invita ad accogliere i più
piccoli e a porli al centro (Lc 18,15-17). Questa apertura non può essere incondizionata,
né definita una volta per tutte: necessita di una vigilanza attenta su chi accoglie e chi
viene accolto. La presenza dei ragazzi provoca a un’accoglienza capace tanto di propositività come di ascolto.
Gli adulti, che a diverso titolo incontrano i preadolescenti, sono invitati a mettersi in
gioco e a formarsi secondo le indicazioni della pedagogia moderna. Accanto ai ragazzi,
la parrocchia incontra e sostiene le loro famiglie. Prima che delle riflessioni-incontri con
esperti, offre loro una lettura positiva di questa età, condividendo con i genitori una prospettiva ricca di speranza sui loro figli.
D E,
1
O RATO RI DIOCESANI LOMBARDE , Educare oltre, in Gli sguardi di Odl 2 (2007); O RATO RI DIOCESANI
E-state in oratorio 1 e 2, in Gli sguardi di Odl 3-4 (2007).
LOMBAR
-
Introduzione
15
5. La pastorale interparrocchiale
• I ragazzi d’oggi hanno un bisogno sempre maggiore di incontrare altri coetanei, di
intrecciare amicizie, anche con chi non abita nelle vicinanze, di ricercare nuovi volti.
L’esperienza del passaggio dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado comporta già per molti ragazzi di piccoli paesi di aprirsi a nuove relazioni. È possibile corrispondere a questo desiderio di ‘altrove’? È possibile trovare in questa voglia di incontro
alcuni elementi significativi per un percorso educativo e per un’esperienza di comunione ecclesiale, anche se in erba, come lo sono i ragazzi stessi?
• Una soluzione che può incrociare alcune esigenze pratiche e pastorali potrebbe
essere quella di mettere in calendario degli incontri o attività interparrocchiali a cadenza più o meno regolare (mensile? bimestrale? trimestrale?).
• Pertanto è doveroso:
- sostenere la necessità di un qualificato cammino formativo interparrocchiale
degli accompagnatori e degli educatori, per giungere a una competenza più
approfondita dell’intero progetto di iniziazione, anche al fine di una comune
progettazione;
- dare rilevanza a territori pastorali più ampi per realizzare una concreta comunione ecclesiale, cercando di salvaguardare la dimensione parrocchiale del
cammino dei ragazzi anche nelle parrocchie più piccole dove rischia di divenire fragile;
- gettare significative basi per un successivo progetto pastorale condiviso tra più
parrocchie riguardante adolescenti e giovani, considerando le esperienze di
pastorale giovanile già in essere;
- offrire ai ragazzi celebrazioni e ritiri spirituali interparrocchiali per valorizzare
i loro linguaggi;
- vivere momenti di festa e di animazione comune, specialmente in estate
(GREST, vacanze).
2. Le dimensioni in gioco
Quali sono le esperienze da far vivere ai ragazzi in questo tempo dell’iniziazione? Le
elenchiamo e le descriviamo qui, ma andranno articolate in concreti progetti e programmi formativi. La sussidiazione di questa Guida, infatti, propone tematiche abbastanza
esaurienti per il cammino catechistico e di formazione umana, ma lascia alle singole
comunità di articolare le altre dimensioni non meno importanti per una crescita globale
del preadolescente.
A) LA CATECHESI
La mistagogia è il tempo prezioso in cui far comprendere ai ragazzi che ciò che hanno conosciuto (fase biblica), sperimentato insieme (fase comunitaria), calato nella propria vita (fase esistenziale) nel secondo tempo (Verso i sacramenti), deve diventare scelta
quotidiana e impegno effettivo nella propria vita.
16
La mistagogia
La struttura delle schede fornite nel presente sussidio mantiene – riformulandola a
seconda degli autori della sussidiazione delle tre fasi – l’impostazione di fondo del cammino di ispirazione catecumenale, ovvero: l’attenzione all’ascolto della Parola; l’invito
alla riflessione in gruppo o da soli; proposte di attività; suggerimenti per la preghiera
insieme.
Tutte queste dimensioni tipicamente catechistiche richiedono in ogni caso una modalità attuativa che sia esperienziale ed esistenziale. Si tratta di ‘imparare’ vivendo.
B) LA FORMAZIONE
UMANA DEL PREADOLESCENTE
Proponiamo come parte integrante della mistagogia il progetto educativo che l’ODL
(Oratori diocesi lombarde)2 ha elaborato partendo dalla tradizione oratoriana delle nostre parrocchie. Mentre stiamo concludendo l’iniziazione, non possiamo dimenticare
che i nostri ragazzi stanno crescendo e, perciò, dobbiamo occuparci anche del loro sviluppo umano.
L’oratorio ha già in se alcuni elementi che lo caratterizzano come potenzialmente
adatto per i preadolescenti (11-14 anni). In questa età di transito, determinante per il
futuro prossimo e remoto, l’oratorio diventa un luogo da scoprire e da vivere in modo
nuovo insieme ai coetanei, agli educatori adulti e con gli altri adolescenti e giovani.
L’oratorio si mostra come un’occasione per comprendere se stessi e quello che si vuole
diventare da grandi. Attraverso una serie di incontri, di proposte, di esperienze i preadolescenti si aprono alla consapevolezza della scelta e a quell’esercizio di libertà che dà
forma concreta alla morale cristiana. In oratorio sono invitati a seguire sia la catechesi
sia altri percorsi formativi.
È necessario che la comunità cristiana trovi dentro di sé e negli uomini e nelle donne
di buona volontà la speranza e la rinnovata passione per far crescere e maturare le nuove generazioni.
C) LA FORMAZIONE
AL SERVIZIO
Percorrere un cammino di fede in una parrocchia richiede ad ogni persona una apertura di sguardi e di impegno sui bisogni degli altri dentro e fuori la comunità. Anche il
preadolescente, che percorre questo cammino dopo aver ricevuto i sacramenti, deve maturare la consapevolezza che è giunto il tempo di cominciare a ‘dare oltre che a ricevere’.
In altre parole è questo il tempo in cui i ragazzi vanno inseriti progressivamente in
alcuni servizi importanti e significativi nella vita della comunità. È evidente che questo
va fatto con progressività e secondo le attitudini di ciascuno, ma senza dimenticare che
il servizio richiede a volte di superare il primo apparente disagio per buttarsi poi nella
donazione agli altri libera e disinteressata.
II servizio va certamente calibrato sulle capacità di ciascuno e vissuto con entusiasmo. Lo stile positivo con cui lo si vive è la prima testimonianza che i ragazzi comincia2
O RATO RI
2009.
DIOCESI LOMBARDE
, Preadolescenti in Oratorio. Quaderno di progettazione, NEC, Cremona
Introduzione
17
no a realizzare. Ci possono essere diversi settori di impegno nella comunità. Di seguito
ne esemplifichiamo alcuni. Ogni realtà ne può offrirne altri e variegati.
Servizi liturgici: sono tutti quelli che direttamente o indirettamente sono legati alla
vita celebrativa della comunità. Si può parlare di ministranti, di lettori, di addetti alla
sistemazione della Chiesa, di cantori o altro. L’aspetto liturgico della comunità richiede
l’impegno di questi ragazzi visto che, tra l’altro, la loro partecipazione a questi momenti
dovrebbe diventare costante.
Servizi catechistici: i cammini catecumenali vedono il coinvolgimento di tutta la
comunità in uno sforzo educativo di notevoli proporzioni. Questi ragazzi vanno progressivamente educati ad acquisire consapevolezza che saranno loro i protagonisti del
domani di questo cammino di formazione cristiana. Possiamo inizialmente coinvolgerli
come supporto o aiuto per i giochi e i momenti aggregativi dei piccoli. Successivamente
potranno far parte integrante delle équipe per l’annuncio.
Servizi caritativi: il settore caritativo è senza dubbio quello che offre una vasta gamma di possibilità e di attenzione agli altri (anziani, ammalati, vicini in difficoltà, coetanei
disabili…). Far sperimentare ai ragazzi servizi di questo genere è certamente fondamentale, in ogni caso accompagnati da un adulto.
Servizi manuali: qui si apre un settore che potrebbe sembrare ‘banale’, ma che non
lo è affatto. Ci sono tante piccole cose nella vita di una comunità e di un oratorio che
richiedono attenzione, cura e disponibilità. Che si tratti di ordine e pulizia, di consegna
di lettere nelle case, di distribuzione del giornalino parrocchiale o altro ancora, occorre
comunque far percepire ai ragazzi che sono le piccole cose che li arricchiscono e li fanno crescere.
Questi sono solo suggerimenti. L’importante è che il servizio sia periodicamente verificato con il sacerdote o con gli educatori dell’équipe nel suo aspetto pratico (che venga
fatto bene!) e in quello contenutistico (far riflettere il ragazzo su cosa insegna quel determinato servizio e quali impressioni muove in lui).
D) EDUCARE
A ‘ STARE INSIEME
’
Da sempre i nostri oratori sono fucine di disparate proposte aggregative: dal teatro
alla danza, dalla recita ai musical, dallo sport alla cultura… In questo settore pensiamo
che le tradizioni di ogni singola comunità siano preziosa miniera a cui attingere con fantasia idee e progetti.
Innanzitutto non dimentichiamo che tutte le occasioni aggregative sono strumento
prezioso per costruire relazioni. Sarà capitato a tutti di fare esperienze belle e di successo e poi vedere nel giro di poco tempo sciogliersi tutto come neve al sole. Perché? Perché non si erano costruite relazioni autentiche. Sono principi che tutti conosciamo, ma
che ci fa bene ricordare.
Non dimentichiamo poi che queste proposte di solito valorizzano le diverse attitudini del singolo. Stiamo attenti, dunque, a potenziare queste capacità e nello stesso tempo
a non escludere chi a un primo sguardo potrebbe non averne… Dobbiamo in questo
diventare un po’ tutti talent scout, cercatori di quei talenti che Dio ha messo in ciascuno
dei ragazzi.
18
La mistagogia
Nel tempo mistagogico le tre tematiche della domenica, della conversione e della
vocazione possono offrire spunti di vario genere per proposte aggregative e di animazione. Non è possibile in un sussidio come questo suggerire tutte le possibili attività aggregative adatte a preadolescenti. Lasciamo quindi spazio alla tradizione e alla creatività di
ciascun oratorio.
E) LA DIREZIONE
SPIRITUALE
Proponiamo ai sacerdoti di iniziare durante la mistagogia un cammino spirituale
personale con ciascun ragazzo. È certo un impegno davvero oneroso. Incontrare periodicamente i ragazzi per strutturare con loro un cammino di fede personale, un servizio
alla comunità cristiana, una maturazione del senso di conversione che li conduca al sacramento della Riconciliazione, richiede una scelta consapevole e tempo da dedicare a
tutto questo. Chiediamoci, però, se non sia prioritario nel ministero del presbitero.
Il sacerdote è chiamato ad entrare in relazione con i ragazzi con un unico e chiaro
obiettivo: far maturare un incontro personale con Gesù. Ma non l’hanno già avuto questo
incontro, nel catechismo e nei sacramenti? Forse avranno incontrato la storia di Cristo, la
sua parola, i suoi insegnamenti; forse avranno apprezzato i suoi prodigi e miracoli; forse
avranno scoperto la bellezza del vivere insieme nella comunità esperienze di fede e di
gruppo. E ci auguriamo che assieme alle loro famiglie continuino a farlo. Ma qui lo snodo
è un altro e ben più importante: hanno davvero incontrato Cristo nella loro storia quotidiana come amico di riferimento per ogni scelta e atteggiamento? Hanno il Signore come
punto di riferimento? Hanno la vita eterna come prospettiva e attesa per il domani?
Sono obiettivi alti o discorsi prematuri? Non ci sembra proprio. È questo il tempo
delle grandi domande che via via crescono nell’animo dei ragazzi, spinti e provocati anche da una società che insinua dubbi e contraddizioni, critiche feroci sul cristianesimo
ed enormi falsità… Da qui la necessità di entrare nel cuore di ognuno, di far diventare
davvero l’educazione «cosa del cuore» (don Bosco). Crediamo allora che l’incontro personale del prete con il ragazzo sia un impegno da non eludere, costi quel che costi.
In un successivo capitolo di questa Guida troveremo alcune indicazioni utili per i
sacerdoti in ordine alla direzione spirituale.
3. L’attenzione all’età evolutiva
La riflessione circa l’impegno educativo della comunità cristiana con i preadolescenti prende il via dalle provocazioni lasciateci dal Convegno ecclesiale di Verona del
2006. «È proprio il tema dell’educazione a emergere come una sorta di filo conduttore
(pur attraverso flessioni e accenti differenziati) lungo tutto il lavoro di riflessione e di
valutazione sull’esperienza, compiuto nei diversi gruppi di studio sulla tradizione. Ed è
importante sottolineare che la preoccupazione formativa ed educativa non ha riguardato solo i contenuti da trasmettere ma anche, e in certi casi soprattutto, le modalità e le
forme con le quali si comunica»3.
3
Ibid., 690.
Introduzione
19
«Ciascuno di noi constata ogni giorno quanti siano gli ostacoli che l’ambiente sociale e culturale in cui viviamo frappone al cammino verso la santità. Tutto ciò rende ancora più necessaria e importante l’opera formativa che le nostre comunità sono chiamate a
compiere e che si rivolge, senza dualismi, alla persona concreta dell’uomo e del cristiano, con l’intero complesso delle sue esperienze, situazioni e rapporti»4.
«La pastorale è quell’ambito di sapienza pratica in cui la comunità cristiana si mette
in dialogo con se stessa e il mondo contemporaneo per discernere i segni dei tempi e
per compiere l’annuncio del vangelo. Ha un carattere tenace di cura, di custodia della
vita nella sua interezza e quindi ha sempre una prospettiva educativa. In queste linee
progettuali sulla preadolescenza intendiamo rinnovare l’alleanza tra pastorale e pedagogia in una sintesi quanto più organica e coerente.
La forza misteriosa e dirompente della crescita puberale, come il processo di identità, rende il ragazzo come foglio sparso di un libro in balia di un vento impetuoso [...].
Ma chi crede di poterlo usare con ordine e puntualità, con precisione e metodo, non
potrà che cozzare contro una realtà che non ubbidisce a un perentorio comando. E non
si tratta di ribellione cosciente, ma di incapacità di coordinamento e di riordinamento
dei significati del proprio crescere vorticoso. Bisogna credere che anche dentro questo
crescere disordinato c’e la forza della vita che viene da Dio e che risponde a un orientamento che per il momento, con la pazienza di Dio, l’educatore assume come impegno
di presenza e di accompagnamento, con la possibilità di orientare progressivamente
queste energie verso l’energia spirituale della fede».
A) PREADOLESCENZA : LINEE
D I LETTURA
Nell’orizzonte fin qui delineato è necessario trovare lo specifico della proposta oratoriana rivolta ai preadolescenti che stanno vivendo l’ultimo tempo dell’iniziazione cristiana. La finalità delle linee progettuali è quella di interrogarsi circa quale vita cristiana
è possibile offrire ai preadolescenti oggi, considerandone sia ricchezze e potenzialità,
sia limiti e fragilità.
Per rispettare la natura di questo scritto, che non è quella di essere un compendio
sulla preadolescenza, offriremo delle linee di lettura nelle quali riconoscere i ragazzi
nella loro pluralità di espressione. Di fronte alla realtà le categorie interpretative sono
sempre inadeguate, forse le seguenti lo sono meno. Rileggeremo la preadolescenza attraverso le dimensioni intellettiva; emotivo-affettiva; etico-morale; relazionale-sociale.
1. La dimensione intellettiva
La preadolescenza è un’età di squilibri su più livelli che impegnano gli anni immediatamente successivi per riallinearsi. Una delle principali fonti di instabilità è l’evoluzione della sfera cognitiva. Tra i 10 e gli 11 anni si inizia a pensare in modo diverso:
ipotesi, deduzioni, coerenza logica svelano una nuova capacita intellettiva, sorpren4
G. M O RAN TE, Preadolescenti-adolescenti e confermazione. Processi che favoriscono la crescita della
fede nell’ iniziazione cristiana... e dopo!, ElleDiCi, Leumann 2002, 52.
20
La mistagogia
dente e inquietante allo stesso tempo. Tutto ciò ha poi delle ricadute molto concrete
nel comportamento dei ragazzi che, bersagliati dai mass media, tendono allo zapping
superficiale anche nel consumo delle esperienze. Questo non fa altro che accentuare la
connaturale difficoltà di concentrazione e la tendenza alla distrazione. Il preadolescente si ritrova sempre più spesso con una sovrabbondanza di informazioni, prive di ordine
e di senso. Arriva all’incontro con la proposta formativa della scuola e dell’oratorio già
saturo di stimoli, senza curiosità. Di fronte alle proposte dell’adulto spesso rispondono:
«Lo sappiamo già!». Finiscono cosi per assommare tante nozioni senza un criterio di discernimento, senza veramente conoscere se stessi e il mondo.
2. La dimensione emotivo-affettiva
Un altro elemento che comporta una perturbazione degli equilibri infantili è lo sviluppo fisico e l’accentuazione dei caratteri sessuali. Il preadolescente sperimenta cosi
nuove sensazioni nel proprio corpo che parla una lingua sconosciuta. La differenziazione tra maschi e femmine, che determina anche ritmi diversi di crescita, rende evidente la
scoperta del genere di appartenenza che non è più solo un dato di fatto, ma un’esperienza che coinvolge tutto il sé in modo profondo e per la prima volta. I ragazzi e le ragazze
sperimentano che la propria sessualità ha delle energie potenti con emozioni forti e
reazioni contraddittorie: ha voglia di farsi vedere, destare attenzione. Concretamente si
assiste a una sorta di sovreccitazione emotiva, che li porta a urlare, ridere, fare casino.
3. La dimensione etico-morale
I preadolescenti sono particolarmente sensibili ai comportamenti trasgressivi che assumono facilmente come propri. Mettono tutto in discussione, pretendono spiegazioni
per ogni cosa, anche se se ne disinteressano subito dopo. Non vogliono essere trattati
come bambini, ma sono estremamente insicuri, mutevoli d’umore,senza riferimenti precisi per le scelte di ogni giorno. La famiglia diventa sempre meno il riferimento valoriale
dei loro pensieri e delle loro valutazioni, subentrano altri modelli e scuole di pensiero, il
mondo conosciuto si allarga a dismisura e mostrandosi in tutta la sua complessità e contraddittorietà. Cosi si osserva tra i preadolescenti un diffuso relativismo morale (mutuato
dal mondo adulto), che riporta ogni scelta alla logica del massimo guadagno per sé al
minore costo, anche se a scapito di altri.
4. La dimensione relazionale-sociale
Il preadolescente è ambiguo rispetto alle relazioni che scopre sempre più coinvolgenti, ma che rischiano anche di estraniarlo: è fanatico-geloso nelle amicizie, altresì
mutevole nella ricerca di momenti tutti per sé; chiassoso e solitario; è sentimentale e
litigioso; generoso e invidioso; ossessivo e distratto. In quest’età si accentuano anche le
differenze relazionali tra ragazze e ragazzi: le prime privilegiano le amicizie con poche
coetanee con le quali instaurare stretti legami, molto esclusivi (le amiche del cuore),
Introduzione
21
mentre i maschi si ritrovano in gruppo e hanno relazioni più incentrate su interessi comuni, sul fare qualcosa insieme. Questo determina un rapporto tra i sessi altalenante
tra attrazione e repulsione. Complessivamente si osserva una curiosità per lo stare in
gruppo, ma in modo discontinuo, soprattutto se è un gruppo strutturato. I ragazzi sperimentano appartenenze deboli e plurali in una continua reversibilità delle scelte. Il
distacco dalla famiglia determina nel preadolescente una nuova posizione sociale: è lui
stesso che si presenta al mondo con nome e cognome propri. La questione dell’identità
si gioca quindi, da subito, in relazione con la famiglia stessa, la scuola, l’oratorio e tutto
ciò che è socializzante. Nello stesso tempo il ragazzo fatica a comprendere quali appartenenze affermare e quali disconoscere.
B) A CCELERATORI
E AMPLIFICATORI
DEL CAMBIAMENTO
I nostri ragazzi assorbono moltissimo degli stimoli che ricevono dall’ambiente senza
filtri, né difese. Nell’attuale società dei consumi questi stimoli sono aumentati in modo
esponenziale, rendendo sempre più difficoltoso preservare i ragazzi da ciò che li circonda: la famiglia e gli altri ambiti educativi sono sommersi e sconfitti dall’assalto ripetuto
e su tutti i fronti. Chi ha una responsabilità educativa si percepisce come inadeguato,
ignorante di fronte a tutto questo nuovo che sembra, invece, cosi congeniale ai giovanissimi. Si tratta di una questione seria di discernimento, dove le posizioni estreme: «Va
bene tutto: te lo concedo» e «Non va bene niente: te lo nego» hanno gli stessi disastrosi
esiti. È necessario darsi dei criteri di conoscenza e di valutazione, senza perdere di vista
l’istanza pedagogica, ma nemmeno i tempi nuovi che i nostri ragazzi vivono.
Va osservato che la natura pervasiva dei mezzi di comunicazione sociale fa sì che i
preadolescenti entrino in contatto con una serie di informazioni, vissuti, immagini e modelli che sono caratteristici del mondo giovanile e adulto, favorendo in parte l’assunzione anticipata di comportamenti e atteggiamenti provocatori e trasgressivi. Si osserva nei
più giovani un’adultizzazione accelerata: solo apparendo come i grandi possono essere
riconosciuti, possono essere qualcuno.
È possibile riscontrare tutto ciò in una precocità sessuale, soprattutto nelle ragazze.
Il precario equilibrio che i preadolescenti vivono viene travolto da un’implicita autorizzazione ad affrancarsi dall’età infantile attraverso l’ostentazione della propria sessualità,
come se questa sola potesse traghettarli nell’età adulta. Da un punto di vista educativo
si capisce bene quali ferite possa riportare un ragazzo o una ragazza che non maturi a
partire da questa età, corrette e positive relazioni con l’altro sesso, il gruppo dei pari, la
relazionalità con gli adulti che incontra nei suoi ambienti di vita.
I mass media veicolano non solo contenuti spesso distorti e manipolatori nei confronti dei ragazzi, ma ne determinano anche le modalità di comunicazione. Si tratta
della cosiddetta cultura dello spot che influenza in modo considerevole termini e tempi
di approfondimento, comprensione e comunicazione e che quindi va messa in conto
in qualunque processo comunicativo, anche quello dell’annuncio cristiano. Per chi è
assuefatto a questo tipo di messaggi passa solo quello che colpisce ed è sufficientemente
breve: nessuna argomentazione, né problematizzazione, solo frasi concise e assertorie.
Un altro elemento che amplifica gli squilibri base della preadolescenza è l’utilizzo
senza criterio, a volte intensivo, di strumenti di comunicazione a distanza (cellulari,
22
La mistagogia
chat line, email, blog, realtà virtuale, giochi di ruolo, video game on line...) che permettono di interagire con altri, spesso sconosciuti, in spazi virtuali nascondendosi dietro
identità fittizie e senza mettersi in gioco di persona. Queste abitudini possono distorcere
il modo che i preadolescenti hanno di percepire se stessi, il proprio corpo, la dimensione spazio-temporale della vita, le relazioni amicali, in modo mai accaduto prima. Inoltre potenziano alcune facoltà senso-percettive e di pensiero, ma ne limitano altre.
C) ELABORATORI
D I CRESCITA
L’istanza educativa, per essere tale, necessita di un’intenzionalità, cioè di un pensiero e di un’azione che elaborino l’esperienza per farne la trama di un apprendimento. È
necessario fare qualcosa con i ragazzi, mettere in comune ciò che è concreto, tangibile
e poi rileggerlo, rielaborarlo, renderlo strumento di interpretazione del sé e del contingente. Cosi un’esperienza particolare può diventare, se accompagnata, uno stimolo
che permetta ai ragazzi e alle ragazze di elaborare il processo di crescita e il distacco
dall’identità infantile, e al formatore e alla formatrice di padroneggiare le difficili variabili di tale processo, cercando di accompagnare i giovani nella difficile avventura del
crescere. È necessario che sia un’esperienza pratica, che metta in gioco il più possibile
tutte le dimensioni del ragazzo, ma allo stesso tempo che abbia quel carattere di separatezza e di tutela che consenta e autorizzi la sperimentazione, l’opportunità di sbagliare.
Un elaboratore di crescita deve, anche, riuscire ad aprire uno spazio di tipo simbolico,
in cui prevale una dimensione immaginativa, creativa che permette la manipolazione
e l’elaborazione del contenuto reale dell’esperienza. Il poter essere ‘altrimenti’, in un
tempo ek-statico che moltiplica le possibilità di esperire il mondo. Va da sé che necessita
anche di regole, cosi come di tutta la flessibilità necessaria per far sentire a proprio agio
i ragazzi provocandoli, spingendoli a mettersi in gioco. Numerosi sono gli elaboratori di
crescita che possono avere queste caratteristiche: lo sport, i giochi di ruolo, la narrativa,
l’avventura. E molti altri possono essere individuati a favore della crescita dei nostri ragazzi.
4. Preadolescenti e vita spirituale
A)
Q UALE
SPIRITUALITÀ PER LA PREADOLESCENZA
?
Parlare oggi di spiritualità potrebbe apparire fuori moda e sembrare soprattutto un argomento a distanza siderale dal sentire comune. Spesso gli studi e i commenti sulla preadolescenza si esauriscono nelle scienze umane e in tematiche didattico-catechetiche.
La spiritualità non è semplicemente un insieme di pratiche devozionistiche, ma è il tentativo di incontrare nell’oggi l’evento Gesù Cristo, di trasferire nel vissuto le parole del
vangelo. In un’epoca nichilista dove il senso religioso e tutto ciò che a esso connesso è
stato estromesso dalla formazione dei ragazzi occorre ribadire una verità fondamentale
che:
Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da
Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l’uomo e soltanto in Dio l’uomo troverà
Introduzione
23
la verità e la felicità che cerca senza posa: «La ragione più alta della dignità dell’uomo
consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l’uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da
lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo riconosce liberamente e se non si affida al suo Creatore» (Gaudium et spes 19, 1).
Il preadolescente porta in sé questo desiderio di Dio e vuole darsi nuove ragioni
per alimentarlo. In questo compito trova come valida alleata la comunità cristiana che
consapevole della perdita di una visione cristiana della vita generata dalla modernità,
tuttavia si fa portatrice di una spiritualità che si appoggia sul legame Dio-uomo-mondo.
Per formulare una spiritualità adeguata alla preadolescenza sembra utile confrontarsi
con alcuni punti cardinali che possono fornire un orientamento positivo:
Il tempo, la libertà, la felicità e l’amore questi sono i quattro punti cardinali che bisogna conoscere per poter indirizzare bene una spiritualità per i preadolescenti.
1. Il tempo
Esso è percepito come attimo e non come storia. In tal caso il tempo è chiuso in se
e si identifica esclusivamente con il presente. Passato e futuro non esistono, non hanno
alcun rapporto con il presente: «Io vivo adesso». Questo offre al giovane la possibilità di
non porsi domande sul senso dell’esistenza perché tutto si riduce a un eterno presente.
La vita ha valore a partire dalla quantità di cose che si riesce ad accumulare, dalla sua
qualità che si identifica sempre in esperienze piacevoli che eliminano il confronto con
la sofferenza e il dolore e dall’intensità. La vita, infatti, è l’occasione in cui cercare esperienze sempre più forti da vivere sempre al massimo. Il presente è come un limone da
spremere fino al suo esaurimento. Il tempo, in questa prospettiva, è quello dell’eterna
giovinezza, destinato a non finire mai, per cui il presupposto sul quale basare le scelte è
il vivere come se mai si dovesse morire.
La morte non esiste, è lasciata fuori dalla porta e il giovane di oggi si crede invulnerabile e invincibile proprio come gli eroi dei fumetti e dei film. La trasgressione del divertimento di molti giovani non è forse un’illusione di immortalità?
In una visione cristiana, invece, il passato, il presente e il futuro sono tra loro collegati, quindi dal loro rapporto nasce un’identità che si pone una domanda di senso e che
trova proprio nel percorrere il tempo una risposta. Dio si rivela nella storia, in una storia
precisa: Gesù Cristo. Il tempo è occasione di incontro con Dio che entra nella mia vita e
da senso a quella distanza che va dalla mia nascita alla mia morte. Il concepire il tempo
come storia permette al preadolescente di ritenere pertinenti alcune categorie come
vocazione, sacrificio e preghiera che sarebbero impensabili nella prospettiva del tempo
come attimo.
2. La libertà
La libertà oggi viene vista come infinità possibilità di ‘poter fare’, per cui l’impedimento viene visto come sopruso, come limitazione ingiusta della libertà. Questo è il
risultato di una visione antropologica che esclude il senso del peccato e pensa ad una
24
La mistagogia
natura umana sempre buona, che deve esprimersi con spontaneità per realizzare l’uomo
migliore. Ogni limite è naturalmente bandito.
La libertà del cristiano invece si caratterizza per la capacità di decidere di sé per il
bene evitando il male. L’uomo nasce nel peccato originale e viene salvato e liberato da
Cristo attraverso la sua morte e risurrezione per cui la vera libertà dell’uomo è la sua liberazione dalla schiavitù del peccato che lo rende capace di determinarsi per il bene. In
questo processo decisionale gioca un ruolo essenziale la grazia santificante, l’incontro
sanante con Dio.
Una sana pedagogia, perciò, educa il ragazzo a disporre in modo corretto della propria libertà, cercando costantemente il bene ed evitando il male. L’antropologia cristiana ci permette di poter ragionare con il preadolescente su argomenti come il discernimento e l’ascesi (= allenamento quotidiano al bene) e ci permette di riscoprire categorie
come le virtù e i vizi. Fuori dalla prospettiva della libertà come scelta per il bene queste
categorie rischierebbero di essere considerate retaggi di un passato da eliminare.
3. La felicità
La nozione di felicità risente dell’idea di tempo e di libertà che abbiamo delineato
e che la cultura contemporanea sponsorizza. Il preadolescente percependo lo scorrere
della propria esistenza come un eterno presente e la sua libertà come un’infinità possibilità di poter fare. Non potrà che dedurre una visione di felicità come possesso: «Sono
felice perché ho tante cose, sono infelice perché non ho niente». Questo tipo di felicità
è immaginato come un luogo dove potersi fermare per sempre. Un’oasi in mezzo ad un
deserto che rende invincibili di fronte alla sofferenza e alle insoddisfazione della vita.
Quest’idea è un’illusione e come tale porta l’uomo alla frustrazione per cui l’unica via
di salvezza diventa la ricerca di un mondo parallelo. L’idea di una felicità vista attraverso una dimensione statica, però, non è del tutto falsa. Essa rispecchia un desiderio che
l’uomo porta dentro se, è il desiderio del paradiso, della piena comunione con Dio, è la
percezione della beatitudine eterna. L’illusione consiste nel cercarla nella ‘realtà contingente’, quando invece essa è una ‘realtà trascendente’.
La felicità, allora, è una realtà dinamica che è in movimento verso la perfezione.
Non può essere ricercata nella solitudine, ma solo nella relazione. Un io e un Tu in perenne dialogo e in cammino verso la piena comunione che riempie di significato l’esistere umano. È da questa relazione significante che sgorga la felicità. Essa non è perfetta,
ma lo diventerà con il tempo, attraverso una storia che giungerà, attraverso una libera
adesione al bene, al suo compimento.
Questo umanesimo cristiano permette al preadolescente una visione positiva della
storia e del suo crescere. Termini come ‘maturazione’ e ‘adultità’ non sono più visti
come nemici, ma come una condizione da raggiungere e oltrepassare. È una visione positiva della vita e non illusoria: ogni stagione della vita può essere occasione di crescita
nella comunione con Dio.
Introduzione
25
4. L’amore
«Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato
voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Il riferimento significativo della
crescita nell’amore da parte di un preadolescente non può che essere Gesù e il dono
della sua vita. L’amore cristiano è esperienza divina: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia
la vita eterna» (Gv 3,16).
L’uomo entra a far parte di questa dinamica come destinatario, non ne ha merito.
Il dono che Dio ci ha fatto di suo Figlio, il dono gratuito della salvezza non può essere
contraccambiato, la nostra povertà esistenziale non ce lo permette, infatti, tutto ciò che
siamo e abbiamo è suo: la vita, l’intelligenza, la salute ecc… L’unica possibilità di una
risposta al suo dono, l’unico spazio che Dio ci ha lasciato è il ridonargli il suo stesso
amore per noi.
Solo nella consapevolezza che Dio ci ha amati per primo noi possiamo ridonare
amore consapevoli che il nostro amore non è sorgivo, ma rispondente. Questa risposta
si può quindi realizzare attraverso le due dimensione dell’amore quella verticale attraverso la preghiera e quello orizzontale attraverso il dono di sé ai fratelli.
Nella vita di un uomo non c’è inferno più grande che il non sentirsi amato. Aiutare i
preadolescenti a percepire il fatto che anzitutto sono amati da Dio è l’inizio di una vera
vita spirituale è l’energia che farà iniziare il cammino verso la sorgente dell’amore stesso: la Trinità.
B)
STRUMENTI
PER UNA SPIRITUALITÀ DEL PREADOLESCENTE
1. Finalità
L’incontro tra l’uomo e Dio non è mai un risultato matematico, una conseguenza
meccanicistica di alcune azioni. Appartiene alla sfera del mistero e come tale sfugge al
controllo e alla misurazione esteriore. La finalità del lavoro spirituale con il preadolescente è di creare i presupposti per un incontro, cioè condurre il ragazzo fino all’ingresso di una porta: l’oltrepassarla sarà una sua libera scelta. Una guida spirituale non può
mai obbligare, ma consigliare. Non può spingere il ragazzo al di là della soglia, ma lo
può aiutare a intuire il mistero affascinante che sta oltre. Il mistero non è mai una realtà
completamente sconosciuta, ma è un ‘non comprendere totalmente’.
Il compito della guida spirituale è aiutare il preadolescente nel discernere il mistero,
partendo da ciò che è manifesto e accettando ciò che di esso è incomprensibile.
Il difficile è accompagnare il ragazzo ad attingere Deum, alla percezione di Dio
presente nella sua vita e aiutarlo a riconoscere i moti dello spirito che avvengono in
lui. Dio si rivela nella storia di ciascuno di noi in modo unico, senza mai uscire da un
orizzonte riconoscibile. L’incontro con Dio non è mai semplice esperienza privata;
egli è presenza che si evidenzia in un contesto personale inserito in un corpo che è la
Chiesa.
La presenza dei santi è la dimostrazione di una relazione unica e personale inserita
in un orizzonte condiviso: la santità è la stessa, ma si declina in forme diverse. La santità
26
La mistagogia
è la vera finalità della spiritualità e le vie per raggiungerla sono molteplici proprio come
il numero dei santi passati e futuri.
2. Gli strumenti per il viaggio
La tradizione della Chiesa ci ha tramandato alcuni strumenti che possono aiutarci
nel compito di accompagnare i nostri ragazzi:
- L’eucaristia
- Il sacramento della Penitenza
- La direzione spirituale
- La preghiera
- L’esperienza di gruppo.
La saggezza dell’educatore consiste nel saper dosare questi strumenti, tenendo presente alcune varianti ineliminabili. La prima variante è la singolarità caratteriale di ogni
ragazzo, la seconda è legata all’età del preadolescente e la terza è che non esiste un sistema valido sempre e per tutti.
La prima variante è difficile da definire a livello nozionistico, il rischio è di scrivere
un casellario dove ogni ragazzo rischierebbe di essere classificato e con il risultato di
una descrizione non corrispondente al reale. La seconda variante è l’età che divideremo
in due fasce dai 10-11 anni e dai 12-13 anni.
La terza variante è che mai nessun manuale potrà sostituirsi al discernimento sulla
persona e alla fantasia pastorale che nasce dall’osservazione e dalla passione educativa.
L’ Eucaristia
Preadolescenti 10-11 anni. L’esperienza eucaristica a quest’età dev’essere vissuta
come una festa coinvolgente determinata dal clima accogliente, di gioia e di serenità.
Un incontro con una persona significativa per la vita non è mai vissuto con stanchezza
ma con trepidazione. Occorre però essere attenti a non puerilizzare la celebrazione.
Bisogna che i ragazzi si sentano inseriti in un ambiente che parla anche ai “più grandi”
questo da valore e importanza a ciò che stanno celebrando.
I preadolescenti possono essere coinvolti nel gruppo chierichetti o in altri ruoli e incarichi che li rendano partecipi della celebrazione eucaristica.
Un’attenzione particolare va rivolta al luogo in cui posizionare i ragazzi durante la
celebrazione. Il riservare un ‘loro posto’ è segno di sicurezza e al tempo stesso di identificazione come gruppo all’interno della comunità cristiana.
Preadolescenti 12-13 anni. Un obiettivo di fondo a quest’età è far percepire la presenza del mistero eucaristico. I molteplici luoghi che i ragazzi frequentano, sport, attività espressive, scuola, ecc. impongono per ciascuno regole e stili di vita completamente
diversi e a volte conflittuali. Il rischio è che i ragazzi acquistino una personalità che si
adatta all’ambito in cui si trovano di volta in volta costruendo un’identità ‘schizofrenica’. L’eucaristia può diventare una pietra angolare per la costruzione di un’identità. Oc-
Introduzione
27
corre sviluppare la percezione di una presenza che accompagna e che chiede di essere
se stessi in ogni dove: è la sperimentazione della presenza reale di Gesù nella storia di
ogni persona.
Bisogna far sentire l’importanza della loro presenza alla celebrazione della messa
affidando a loro piccole responsabilità: l’annuncio dei canti o la raccolta delle offerte;
continuare il servizio di chierichetto con ruoli di responsabilità e di guida verso i più
piccoli. Sono molto importanti le messe di gruppo durante i camposcuola e in varie occasioni durante l’anno pastorale.
Il sacramento della Penitenza
Preadolescenti 10-11 anni. In questo periodo è importante aiutare i ragazzi a vivere
l’esperienza del perdono come dono e incontro gioioso con Gesù. Il peccato che rende
tristi e infelici può essere vinto grazie al sacramento che ripristina la libertà di compiere
il bene ed evitare il male.
È essenziale il valore comunitario della riconciliazione; il ragazzo è chiamato a uscire dal proprio ego e a prendere consapevolezza che cresce grazie all’aiuto di chi gli sta
attorno e soprattutto che esiste un mondo dove il centro non è più lui. Esistono relazioni
da costruire anche fuori dalla propria famiglia e dove è necessario decentrarsi. L’aiuto al
discernimento, su ciò che è peccato, deve partire da questa prospettiva.
Il criterio che deve guidare le nostre celebrazioni penitenziali, è quello di tenere
conto del luogo e della situazione vissuta dal ragazzo per aiutarlo a vivere l’esperienza del perdono. È importante nell’esame di coscienza abituare il preadolescente a verificare ogni aspetto della propria vita. Uno schema per l’esame di coscienza, il quale
prenda in esame i vari ambienti di vita, in questa età può aiutare il preadolescente a
una visione onnicomprensiva del vangelo. Durante il sacramento della riconciliazione la verifica personale dovrà recuperare il confronto degli impegni assunti davanti al
Signore e alla comunità, in una prospettiva di un progressivo ma deciso decentramento di sé.
Preadolescenti 12-13 anni. La scoperta di un mondo che va oltre la propria famiglia
pone in discussione le proprie sicurezze e dà l’avvio a quella tipica contrapposizione
tra i valori educativi proposti dalla famiglia e il vissuto dei compagni e della società.
L’obiettivo è quello di accompagnare il ragazzo alla scoperta della sequela personale di
Cristo, che lo ha scelto e che chiede a ognuno di crescere nella comunione con lui e di
assimilarne lo stile di vita. Bisogna aiutare il ragazzo a capire che la vita cristiana è una
sua responsabilità e che essa si dispiega in ogni scelta da lui compiuta.
L’esame di coscienza deve partire dalla parola di Dio e abituare i ragazzi a declinarla
in tutti i luoghi di vita da loro attraversati. É importante che l’esperienza sacramentale sia
vissuta con serenità e serietà. Nella programmazione catechistica annuale si prevedano
momenti dedicati alla celebrazione della Penitenza favorendo contemporaneamente
l’accesso spontaneo al sacramento qualora ce ne fosse necessità personale. Educare al
bisogno della riconciliazione come conseguenza di un rapporto quotidiano con Gesù è
sicuramente un obiettivo da perseguire.
28
La mistagogia
La direzione spirituale
Preadolescenti 10-11 anni. La direzione spirituale a questa età acquista valore e
forza grazie alle figure educative che il ragazzo incontra all’interno della comunità cristiana. Proprio in questa età inizia la formazione dell’idea di se, di una progettualità che
nasce da modelli appresi dal mondo adulto. La direzione spirituale diventa un incontro
tra persone vere in cui colui che dirige e colui che è diretto fanno esperienza di:
- vera accoglienza;
- rispetto dell’unicità e irripetibilità della persona;
- testimonianza che diviene orientamento e sostegno;
- stimolo perché la persona si esprima, prenda le sue decisioni, si inserisca nella volontà di Dio nella sua vita;
- approfondimento delle motivazioni per cui credere e agire.
Il cuore di ogni direzione spirituale è sicuramente la crescita personale della dimensione vocazionale della vita cristiana.
Attenzione particolare deve essere posta nelle attività catechistiche e ludico-formative a modelli concreti di vocazione. Il suscitare nei ragazzi l’idea di un progetto è fondamentale. Ogni occasione di dialogo personale deve essere sfruttata per iniziare al tema
di un Dio che chiama, di una vocazione da scoprire e da realizzare.
Preadolescenti 12-13 anni. In questa fase prende il via nel preadolescente la crisi
della confidenza con la famiglia. Questo è un passaggio difficile da accettare, soprattutto da parte dei genitori. Spesso essi investono nel figlio attese e pretese non appropriate.
A quest’età voler essere amici del proprio figlio è più un pericolo che una risorsa educativa. Per un genitore voler essere il confidente, ‘il miglior amico’ è quanto mai dannoso
perché, in realtà, non è una esigenza del ragazzo, ma è un bisogno di controllo genitoriale. Il figlio, in queste situazioni, aiuta spesso a distogliere l’attenzione dalle solitudini
affettive che nascono nel rapporto matrimoniale. Occorre da parte dell’adulto saper elaborare il “lutto del distacco”, che inizia proprio in questa fase. Il figlio compie qui una
tappa fondamentale per il cammino di formazione, è l’inizio del suo essere adulto che
lo porterà a staccarsi un giorno dai genitori.
Il sacerdote potrebbe acquistare una particolare importanza in questa fase. Infatti
egli non è direttamente coinvolto nell’esperienza quotidiana e familiare dei ragazzi.
Non è un loro amico, ma al tempo stesso è una persona qualificata e significativa. La
figura del prete rimanda a un ideale vita, a una scelta basata sul ‘senso dei sensi’: Il vangelo. Il riferimento esterno a una persona adulta per un confronto confidenziale è una
risorsa positiva. Il dialogo con un direttore spirituale dà la possibilità ai ragazzi di costruire una ricerca sincera del senso della vita. L’obiettivo è il confronto amicale sulle scelte
‘importanti della vita’. Inoltre, in questa fase, merita attenzione la crescita affettiva intesa
nella sua globalità spirituale e carnale, infatti è solo valorizzando la globalità della sua
persona che il preadolescente imparerà ad amare.
La preghiera personale
La preghiera è strumento indispensabile per costruire un solido rapporto personale
con Dio: la meditazione, l’adorazione eucaristica e i ritiri spirituali sono gli strumenti
Introduzione
29
che la rinvigoriscono e la rafforzano. È importante saper dosare nella programmazione
annuale tutte queste esperienze che devono aiutare il preadolescente a imparare l’esperienza spirituale.
Preadolescenti 10-11 anni. Risulta importante in questo periodo favorire una percezione del senso della presenza del Signore e, ogniqualvolta se ne presenta l’occasione,
far percepire ai ragazzi il valore intrinseco della presenza di Gesù che richiede fiducia,
abbandono e umiltà di atteggiamento. Occorre educare al silenzio per poter far comprendere la presenza del Signore; non un silenzio della bocca, ma di tutta la persona.
Oggi questo compito sembra impossibile ma proprio per questo è la base da cui iniziare
a costruire. Troppe volte i preadolescenti hanno nelle orecchie rumore inutile. Il silenzio, invece fa paura, mette di fronte a se stesso e invita a mettersi in sintonia con la propria interiorità.
Al preadolescente può essere proposta come attività meditativa iniziatica la lettura
della vita dei santi, far conoscere la storia di chi li ha preceduti e soprattutto affascinarli
con la vita di chi è riuscito a concretizzare il vangelo.
Preadolescenti 12-13 anni. In questa fase acquista importanza la preghiera spontanea, il ragazzo accetta positivamente questa tipologia perché esprime la sua personalità e lo libera dalla ripetizione infantile. Importante è la preghiera di adorazione: è la
scoperta dell’amore del Signore nel silenzio e nella quotidianità, essa esprime la nostra
totale dipendenza da Dio. Attraverso queste attenzioni il ragazzo, dopo aver scoperto
il Signore come amico, ora lo scopre come sostegno quotidiano su cui appoggiare le
proprie scelte. È facile che i ragazzi si lascino attrarre dall’atmosfera di adorazione, ma è
anche facile che si sentano a disagio e ridicolizzino l’esperienza. L’adorazione eucaristica potrebbe essere suggerita come culmine di alcuni momenti significativi come i ritiri
spirituali.
Un altro aspetto da coltivare è lo spirito di preghiera contemplativo, riscoprire la
bellezza e la perfezione in ciò che ci circonda, stupirsi di fronte al creato come opera
di Dio. Questi aspetti oggi non sono più così automatici nel ragazzo e oggi più che mai
vengono assopiti dalla nostra cultura. Occorre riattivare questa facoltà dell’anima e le
gite in montagna, in occasione dei campiscuola, devono essere sfruttate in questa direzione.
L’esperienza di gruppo
L’esperienza di gruppo è fondamentale e il collante che permette di vivere tutte le
esperienze sopracitate. L’inserimento nel gruppo, lo stile con il quale i ragazzi stanno
insieme è fondamentale per una crescita spirituale. L’esperienza di fede cristiana cattolica non è un’esperienza singolare-privatistica ma di popolo, di gruppo. È per questo che
già dalla preadolescenza occorre far percepire ai ragazzi che sono inseriti in mondo più
grande della famiglia e della loro compagnia e che questo mondo si chiama Chiesa. La
capacità di coinvolgere il gruppo e di farlo crescere spiritualmente è di primaria importanza.
Gli atteggiamenti su cui porre l’attenzione sono: L’accoglienza del e nel gruppo, la
sincerità-onestà e la disponibilità.
30
La mistagogia
L’accoglienza del gruppo verso nuovi amici e nel gruppo come apertura a tutti i suoi
membri è essenziale. La persistenza di un’atmosfera asfittica e chiusa all’interno di un
gruppo non aiuta una vera esperienza di fede.
La sincerità e onestà è da verificare costantemente. Un gruppo che non vive il rispetto al suo interno e che trama marachelle nel suo esterno non può essere ambiente di
crescita.
La disponibilità è l’aspetto decisivo: Occorre che questi ragazzi imparino, all’interno
di una parrocchia, la concretezza e la gratuità del servizio vera strada per la crescita spirituale. La dimensione di vita del cristiano non è solamente verticale, cioè rivolta a Dio,
ma è anche orizzontale cioè attenta ai fratelli. Non può esistere fede senza opere. Nel
servizio il ragazzo impara la fatica dell’amore disinteressato e questa è l’unica strada per
assaporare la bellezza del dono di sé e della pienezza di senso nella propria vita.
Prima parte
GUIDA PER GLI ACCOMPAGNATORI
Introduzione
Il quarto tempo in tre fasi:
dal progetto al programma
1 Tre fasi cicliche
Testi di riferimento
Per non moltiplicare i gruppi degli accompagnatori e per favorire un’integrazione tra ragazzi
Oltre le schede proposte in quedella stessa fascia di età, si può pensare a un
sta Guida, sono i catechismi:
biennio o triennio ciclico nel quale, man mano
Venite con me (unità 10: Perdoche i diversi gruppi celebrano i sacramenti, si
naci, Signore); Sarete miei testiinseriscono nel cammino già iniziato dagli altri.
moni (unità 4-5: La Chiesa);Vi ho
Prenderà così consistenza il gruppo dei preadochiamato amici (unità 3 e 6: La
lescenti.
vita nuova nella Chiesa).
In parallelo la stessa cosa avviene anche per
gli educatori delle équipe che vanno a formare il
gruppo educatori (dove poi ognuno sceglie se continuare il servizio in quel gruppo o in
altri settori della vita parrocchiale o ricominciando con un nuovo gruppo catecumenale).
2. Un itinerario a più dimensioni
Fase 1. Immersi nella Pasqua: domenica e eucaristia: approfondire la fede pasquale
e diventare veri protagonisti dell’eucaristia domenicale.
Fase 2. L’uomo nuovo: conversione e sequela: fare propria come permanente la
dimensione della conversione evangelica che ci fa diventare sempre più discepoli del
Signore. Si approfondirà anche il valore del sacramento della Penitenza solo accennato
nel cammino verso i sacramenti della Confermazione e dell’Eucaristia.
Fase 3. La vita nuova: testimoni nella Chiesa e nel mondo: scoprire la propria dimensione vocazionale e il proprio ruolo nella Chiesa e nella società.
Consigliamo di progettare questo tempo tenendo conto dei cinque settori di sviluppo
che, descritti ampiamente più sopra, potremmo semplificare così:
Settore catechistico: sviluppare i contenuti tematici previsti per le diverse fasi.
Settore formativo: privilegiare tematiche tipiche della preadolescenza che cominciano a essere oggetto di interesse. Fase per fase si consigliano alcuni temi educativi che
possono essere integrati da altri ritenuti urgenti per un particolare gruppo.
Settore aggregativo: favorire la socializzazione e l’aggregazione dei ragazzi attraverso proposte di animazione: aggregazioni laicali, sport, musica (recital), teatro, ecc.
Settore di servizio: fare in modo che ognuno si assuma piccoli servizi all’interno della parrocchia e dell’oratorio per farli sentire responsabili della vita della comunità.
Settore spirituale: riservato al sacerdote, con un incontro personale mensile che abbia come argomento il cammino spirituale personale, il sacramento della Penitenza e un
approfondimento della preghiera individuale.
I primi tre settori riguardano la programmazione delle attività del gruppo nel suo insieme, gli ultimi due vanno declinati, invece, personalmente, perché legati alle scelte di
ciascun ragazzo.
3. I tempi
Una delle tante possibili articolazioni temporali del percorso potrebbe prevedere:
• Un incontro mensile prolungato alla domenica o in altro giorno (tutto il pomeriggio, con la cena), sullo stile degli incontri catecumenali. Questo incontro si può svolgere
in parallelo genitori e figli. I genitori seguono il loro percorso mentre i ragazzi in questo
incontro sviluppano le tematiche catechistiche (naturalmente integrando con spazi e
momenti che possono prendere anche dalle altre dimensioni formative);
• Un incontro mensile in un pomeriggio infrasettimanale sull’aspetto formativo (non
più di un’ora e mezzo).
• Un incontro mensile in un pomeriggio infrasettimanale da dedicare ad attività di
animazione e aggregazione (non più di un’ora e mezzo).
• Incontro periodico personale con il sacerdote per la direzione spirituale.
• Il servizio personale declinato con modalità proprie da ogni ragazzo.
Da questo schema emerge che gli incontri sono settimanali (per esempio: due sabati e una domenica), lasciando però un fine settimana libero per impegni di famiglia.
A questa scansione si aggiunge il servizio personale e l’incontro con il sacerdote che
ognuno programma secondo i suoi tempi.
È comunque possibile strutturare il percorso per moduli tematici. Per esempio una
serie di incontro catechistici e poi una serie di incontri su una tematiche educative o
portare avanti con tutto il gruppo una attività concreta di animazione o di servizio.
4. Le celebrazioni
Si consiglia di non moltiplicare le celebrazioni: centrali dovranno diventare la celebrazione settimanale della Pasqua, la domenica, e la celebrazione annuale del Triduo
pasquale. Ogni anno nella Veglia pasquale si rinnovino gli impegni assunti nei sacramenti della iniziazione cristiana. I ragazzi siano invitati a parteciparvi, ma senza enfatizzare la loro presenza e abituandoli a vivere bene il ritmo celebrativo della Veglia stessa.
Si riservi molta attenzione alla celebrazione di apertura e a quella di chiusura della
mistagogia:
Celebrazione d’inizio della mistagogia: la celebrazione iniziale sia per tutti la consegna della domenica nella domenica successiva alla celebrazione dei sacramenti. Ogni
comunità valuti come iniziare le diverse fasi. Si eviti di sovraccaricare di celebrazioni
comunitarie questo quarto tempo. Si deve far diventare ordinaria l’eucaristia domenicale.
Celebrazione conclusiva della mistagogia: la celebrazione conclusiva deve indicare
il passaggio definitivo del gruppo dentro le realtà pastorali ordinarie della comunità. Si
preveda una celebrazione conclusiva interna al gruppo, o al massimo con i genitori, nella quale o si consegna il catechismo dei giovani o si fa una professione di fede.
Durante le diverse fasi, se lo si ritiene opportuno, si possono strutturare alcune celebrazioni della Parola che sintetizzino con letture e preghiere il significato delle proposte
catechistiche (vedi Appendice).
Si programmino, inoltre, per tempo i ritiri spirituali in Avvento e Quaresima e la partecipazione ad appuntamenti celebrativi parrocchiali (Via crucis, novene, tridui, feste
patronali, ecc.).
5. L’itinerario in sintesi
FASE 1
Settore catechistico: Immersi nella Pasqua: domenica e eucaristia
1. La domenica, giorno dell’azione di grazie
2. La domenica, giorno della Parola
3. La domenica, giorno della missione
4. La domenica, giorno del riposo e della carità
5. La domenica, giorno dell’Eucaristia
6. La domenica, giorno dell’incontro
Settore formativo
Come ampliamento dei contenuti catechistici si propongono questi temi educativi
proposti in O RATO RI DIOCESI LOMBARDE , Preadolescenti in oratorio. Quaderno di progettazione, NEC, Cremona 2009 e riportati in questa Guida:
a) Lo sport (p. 35)
b) La musica (p. 39)
c) La liturgia (p. 41)
Settore aggregativo
In questa fase si potrebbe proporre l’esperienza teatrale di un musical sulla domenica
o su alcuni problemi propri della preadolescenza.
Settore spirituale
Iniziare la ‘direzione spirituale’ personale.
36
La mistagogia
Settore di servizio
Ognuno sceglie un servizio annuale (caritativo, liturgico, catechistico e di animazione) nella comunità.
FASE 2
Settore catechistico: L’uomo nuovo: conversione e sequela:
1. IL sogno che Dio ha per me
2. Il sogno di Giuseppe
3. Il sogno che si trasforma in tristezza
4. Il Padre vede e non smette di sognare
5. Il sogno ricostruito
6. Chi sogna non ha paura dell’impossibile
7. Il sogno dell’uomo ricostruito: ritiro d’Avvento
8. Il sogno dell’uomo ricostruito: ritiro di Quaresima
9. Il sogno dell’uomo infranto: tracce per l’esame di coscienza
Settore formativo
Come ampliamento dei contenuti catechistici si propongono questi temi educativi
proposti in O RATO RI DIOCESI LOMBARDE , Preadolescenti in oratorio. Quaderno di progettazione, NEC, Cremona 2009:
a) Il corpo (p. 36)
b) I Mass media e le nuove tecnologie (p. 38)
Settore aggregativo
In questo anno si propone una esperienza che valorizzi il senso della conversione; si
suggeriscono incontri con realtà, gruppi o movimenti che vivono in particolare l’aspetto
della conversione (usare il canale della musica può essere una proposta).
Settore spirituale
Continuare la ‘direzione spirituale’ personale.
Settore di servizio
Ognuno sceglie un servizio annuale (caritativo, liturgico, catechistico e di animazione) nella comunità.
FASE 3
Settore catechistico: La vita nuova: testimoni nella Chiesa e nel mondo
1. Io e la mia storia
2. Io e i santi
3. Io e la mia parrocchia
4. Io e gli altri
Guida per gli accompagnatori
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5. Io e la mia fede
6. Io e la mia testimonianza
7. Io e il mio futuro
Settore formativo
Come ampliamento dei contenuti catechistici si propongono questi temi educativi
proposti in O RATO RI DIOCESI LOMBARDE , Preadolescenti in oratorio. Quaderno di progettazione, NEC, Cremona 2009:
a) La scuola (p. 33)
b) La carità (p. 43)
Settore aggregativo
In questa fase si propone una esperienza che valorizzi il senso della vocazione; si
suggeriscono incontri testimoni che raccontino la propria esperienza di vita.
Settore spirituale
Continuare la ‘direzione spirituale’ personale.
Settore di servizio
Ognuno sceglie un servizio annuale (caritativo, liturgico, catechistico e di animazione) nella comunità.
6. La mistagogia
Celebrati i sacramenti inizia il quarto tempo: la mistagogia con la consegna della domenica. L’équipe della diocesi di Cremona in sintonia con l’ODL (Oratori Diocesi Lombarde) e la FOCR (Federazione Oratori Cremonesi) sta elaborando con maggiore precisione
le proposte per un progetto organico di pastorale dei preadolescenti che hanno celebrato
confermazione e prima eucaristia. Progetto organico che deve accompagnarli pian piano
verso l’adolescenza e dentro la vita della comunità parrocchiale. Materiale e suggerimenti provvisori – in attesa del volume 6 – possono essere scaricati dalla sezione apposita
dell’Ufficio Famiglia nel sito della diocesi di Cremona: www.diocesidicremona.it.
Per quanto riguarda il Tempo pasquale che segue la Veglia o la domenica in cui sono
stati celebrati i sacramenti consigliamo di convocare il gruppo dei ragazzi per preparare
bene l’eucaristia domenicale nella quale dovranno essere coinvolti anche i genitori.
La celebrazione della Veglia di Pentecoste (o la solenne eucaristia del giorno) e un
momento conviviale insieme a ragazzi e famiglie possono chiudere l’anno catechistico
e la fase iniziale della mistagogia.
Seconda domenica di Pasqua
o domenica successiva ai sacramenti
Consegna del giorno del Signore
Apertura della mistagogia
Tema della celebrazione: ogni domenica Gesù risorto si fa presente nell’assemblea
e ci attende per farci dono della sua Parola e del suo Pane di vita. Ogni cristiano sente il
dovere di non mancare a questo appuntamento; perciò otto giorni dopo aver ricevuto i
sacramenti dell’iniziazione ciascuno ragazzo assume davanti a tutti l’impegno di partecipare all’eucaristia e di vivere la domenica come festa del cristiano.
Partecipanti: tutta la comunità.
Quando: quando i sacramenti sono celebrato nella Veglia questa consegna si fa nella
domenica seconda di Pasqua; quando sono celebrati nelle domeniche del Tempo pasquale può essere fatta opportunamente la domenica successiva.
Da preparare: libro dei vangeli sull’altare; ‘Messalini’ da consegnare ai ragazzi, o
una breve pubblicazione con il rito della messa e la descrizione dell’anno liturgico.
1. Riti d’inizio
I riti d’inizio e la liturgia della Parola si svolgono come di consueto. È opportuno sostituire l’atto penitenziale con l’aspersione. Orazioni e letture della domenica corrispondente. Nella processione d’ingresso si porta il libro dei vangeli che sarà usato come di
consueto per la proclamazione del vangelo e servirà ai riti di conclusione.
2. Liturgia della Parola
Le letture sono quelle della domenica corrente. Se la celebrazione si tenesse in una
domenica del Tempo ordinario è opportuno prendere le letture della Seconda domenica
di Pasqua dell’anno C. In questo caso si consiglia di sostituire il versetto del canto al vangelo con il seguente:
Guida per gli accompagnatori
C ANTO
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AL VANGELO
Alleluia. Alleluia (CdP 550 ritornello)
Il Signore è veramente risorto.
Oggi è apparso ai suoi discepoli.
Alleluia.
Nell’omelia si ricordino le dimensioni biblico-teologiche del giorno del Signore.
3. Liturgia eucaristica
È opportuno affidare ai ragazzi che hanno ricevuto i sacramenti la processione offertoriale e, se è possibile, il servizio all’altare.
Tranne che all’Ascensione e a Pentecoste, nella preghiera eucaristica si può usare il
Prefazio n. 10 Il giorno del Signore che qui riportiamo con apertura e conclusione propri
del Tempo pasquale:
V. Il Signore sia con voi.
R. E con il tuo spirito.
V. In alto i nostri cuori.
R. Sono rivolti al Signore.
V. Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.
R. È cosa buona e giusta.
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
proclamare sempre la tua gloria, o Signore,
e soprattutto esaltarti in questo tempo
nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.
Oggi la tua famiglia, riunita nell’ascolto della Parola
e nella comunione dell’unico pane spezzato,
fa memoria del Signore risorto
nell’attesa della domenica senza tramonto
quando l’umanità intera entrerà nel tuo riposo.
Allora noi vedremo il tuo volto
e loderemo senza fine la tua misericordia.
Per questo mistero,
nella pienezza della gioia pasquale,
l’umanità esulta su tutta la terra,
e con l’assemblea degli angeli e dei santi
canta l’inno della tua gloria.
40
La mistagogia
Riti di conclusione: consegna del giorno del Signore
Terminata l’orazione dopo la comunione, si colloca il libro dei vangeli sull’altare e
chi presiede dice:
Carissimi, avete ricevuto i sacramenti della confermazione e dell’eucaristia. Ora la
chiesa, fedele a quanto ha ricevuto dagli apostoli, vi indica un giorno in cui Gesù ci
aspetta sempre tutti. È la domenica, giorno in cui tutti i cristiani non mancano di riunirsi
per fare festa, ascoltare il vangelo, offrirsi al Signore, e ricevere il pane e il vino della
vita. Impegnatevi a celebrare il giorno del Signore e a custodire nel cuore la memoria
della Pasqua. Salite alla mensa dell’altare e toccate il libro dei vangeli, che proclama al
mondo il lieto annuncio del Signore, morto, sepolto e risorto.
Ogni ragazzo insieme ai genitori, al padrino/madrina sale all’altare e tocca il libro
dei vangeli, per sottolineare l’impegno che si prende, poi si avvicina a colui che presiede, riceve da lui il ‘Messalino’ o il testo del rito della messa con uno schema dell’anno
liturgico.
Chi presiede dice:
N., rendi gloria a Dio nel giorno che il Signore ha fatto per te e partecipa fedelmente
alla festa dei salvati in attesa della domenica senza tramonto.
Amen.
Intanto si può eseguire il canto: Surrexit Christus (CdP 157).
La celebrazione di chiude come di consueto con la benedizione e il congedo.