novit%E0 febbraio 2014

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novit%E0 febbraio 2014
Peppino puoi incontrarlo ogni notte sugli
autobus di Roma, con un bustone in mano e la
faccia da bambino. È sardo, ma vive a Roma,
anzi a Pomezia. Ha trentotto anni, ma è
sempre stato un po' "lentarello". La sua voce
ingenua, comica, sgangherata descrive il
mondo scintillante e decadente delle sue notti,
ma anche l'irresistibile compagnia di ultimi
del mondo in mezzo a cui è cresciuto e vive:
ciascuno aggrappato a un sogno o a un dolore,
a un tentativo come un altro per non essere
invisibile. Un eroe stralunato racconta tutta la
crudeltà di esistere, con uno sguardo infantile
e sghembo che diventa l'unica forma di
resistenza al male.
Come Forrest Gump seduto sulla panchina
raccontava a chiunque la sua storia, Peppino
sull'ultimo sedile dell'autobus non fa che
parlare. Da solo, come i pazzi: così pensano
tutti. Perché non sanno che parla a Marisa.
Che a Marisa è intrecciato il suo destino.
Le donne della famiglia Jackson, Indiana e
Amanda, madre e figlia, sono molto legate
pur essendo diverse come il giorno e la notte.
Indiana, che esercita come medico olistico, è
una donna libera e fiera della propria vita
bohémienne. Sposata e poi separatasi molto
giovane dal padre di Amanda, è riluttante a
lasciarsi coinvolgere sentimentalmente, che
sia con Alan, ricco erede di una delle famiglie
dell'élite di San Francisco, o con Ryan,
enigmatico e affascinante ex navy seal
dell'esercito americano, ferito durante una
delle sue ultime missioni. Mentre la madre
vede soprattutto il buono nelle persone,
Amanda, come suo padre, capo ispettore della
sezione omicidi della polizia di San
Francisco, è affascinata dal lato oscuro della
natura umana. Brillante e introversa,
appassionata lettrice, dotata di un eccezionale
talento per le indagini criminali, si diletta a
giocare a Ripper, un gioco online ispirato a
Jack the Ripper, Jack lo squartatore, in cui
bisogna risolvere casi misteriosi. Quando la
città è attraversata da una serie di strani
omicidi, Amanda si butta a capofitto nelle
indagini, scoprendo, prima che lo faccia la
polizia, che i delitti potrebbero essere
connessi fra loro. Ma il caso diventa fin
troppo personale quando sparisce Indiana. La
scomparsa della madre è collegata al serial
killer? Ora, con la madre in pericolo, la
giovane detective si ritrova ad affrontare il
giallo più complesso che le sia mai capitato,
prima che sia troppo tardi.
Linda ha trent'anni e la sua vita è bloccata. È
divisa tra un marito sposato senza grandi
slanci e il fuoco di un amore clandestino che
troppo in fretta ha perso calore. È stretta in
una quotidianità borghese, in una vita sterile,
nella finzione di un'esistenza che obbliga ad
anestetizzare le domande, i tormenti, gli
"astratti furori". E, improvvisamente, dopo un
aborto spontaneo e una furiosa lite con il
marito, decide di lasciare tutto. Per
abbandonarsi al richiamo di un Sud oscuro,
mitico, ancestrale. Non lascia nessuna notizia
di sé, getta via telefonino, carte di credito,
documenti, e parte verso la Calabria e la
Sicilia. Ancora non sa cosa c'è dietro a questa
"discesa", dietro al suo bisogno di perdersi,
all'impulso di degradarsi, di toccare con mano
la sporca e vitale sostanza del mondo. Ma da
questa fuga, che presto diventa un viaggio
profondo, una sfida con se stessa, nascono
incontri sorprendenti - storie di dolore, di
solitudine, di violenza, d'inaspettata dolcezza.
Linda affronterà il freddo, la fame, la paura e
conoscerà la solitudine. Ma, al tempo stesso,
troverà solidarietà e ascolto dove non avrebbe
mai pensato. Fino all'approdo nella Palermo
caotica e incantatrice che fa da sfondo a
questa storia di amori senz'amore, di
maternità e paternità che si sfiorano. Lontana
dal conforto narcotizzante della modernità
quotidiana, Linda scoprirà la sua anima
segreta nel cuore di una terra dove
sopravvive, sia pure in agonia, un selvaggio
melodramma senza lacrime e senza retorica.
"L'albero e la vacca" racconta la storia di un
bambino, Adamo, che assiste da sopra a un
albero alla separazione dei genitori. Seduto
sul ramo del tasso, dopo aver mangiato le sue
velenosissime bacche, Adamo vede apparire
una placida vacca che rasserena l'orizzonte.
L'irresistibile comicità di Bravi nasce dai
serissimi sforzi dei suoi personaggi per
risolvere situazioni spinose. L'autore riesce a
far ridere restando serio, come il grande
comico americano Buster Keaton. Al suo
protagonista bastano poche bacche velenose e
una mansueta allucinazione per affrontare il
dolore, sbarcare nell'età adulta e lasciarsi la
famiglia alle spalle. Con la sua prosa comica e
visionaria, Adrián N. Bravi racconta il
quotidiano, trasformandolo in un'avventura
fantastica, e viceversa.
Lucio Battistini ha una vita come tante, a
parte quel nome insolito, dovuto alla passione
della madre per Acqua azzurra, acqua chiara,
che ha sancito un'adolescenza da sfigato. Oggi
ha un lavoro, una squadra di pallanuoto da
allenare due pomeriggi a settimana, seppur
con miseri risultati, due figli e una moglie che
ama. Peccato che lei lo abbia appena sbattuto
fuori di casa perché ha scoperto che l'ha
tradita. Lui ripara nel retro-bottega del
suocero, pasticciere famoso in tutta Roma per
le sue ciambelle, e proprio allora l'amico Fritz
viene a fargli visita, senza alcuna intenzione
di andarsene. Anzi, a doversene andare sarà
proprio Lucio, e per sempre. "Amico Fritz" è
il nome con cui Lucio chiama il cancro che lo
sta uccidendo: ha solo tre mesi di vita davanti
a sé. "Stavo per vincere e invece mi hanno
dato un rigore contro al 90º". Dopo l'iniziale
disperazione, Lucio decide di vivere i cento
giorni che gli restano fino in fondo. Per
riconquistare la moglie, insegnare a nuotare a
suo
figlio,
dimagrire
e
presentarsi
all'appuntamento con la fine in forma
smagliante. Soprattutto, vuole fare un viaggio
con la sua famiglia, una seconda luna di miele
in compagnia dei figli. Per dare un ultimo
gustoso morso alla vita. Per lasciare a chi
resta una traccia di sé: della felicità che
esistere, nonostante tutto, ha saputo regalargli.
Cento giorni per scoprire che la vita è buffa e
ti sorprende sempre. Cento giorni nei quali
Lucio decide di impegnarsi nella cosa più
difficile di tutte: essere felice. Perché, come
scriveva Nicolas de Chamfort, "la più perduta
delle giornate è quella in cui non si è riso".
Kay Scarpetta è finalmente tornata a casa sua
a Cambridge, dopo l'ultimo difficile caso,
quando riceve una telefonata dal suo storico
compagno di lavoro, Pete Marino, il quale la
informa che il corpo di una giovane donna è
stato ritrovato sul campo da baseball del
Massachusetts Institute of Technology. Ben
presto si scopre che si tratta di Gail Shipman,
un ingegnere informatico che ha in corso una
causa milionaria contro una società di
intermediazione finanziaria che l'ha mandata
sul lastrico. Kay Scarpetta dubita che si tratti
di una coincidenza e ha anche il timore che
questo caso sia in qualche modo collegato a
sua nipote Lucy. A un primo sguardo, la
causa della morte di Gail Shipman non è
chiara: il suo cadavere è avvolto in un telo ed
è stato composto in una posa particolare.
Questo fa pensare che chi l'ha uccisa non sia
un killer alle prime armi. Sul corpo vengono
inoltre ritrovate tracce di polvere fluorescente
rosso sangue, verde smeraldo e blu zaffiro.
Tutti questi elementi collegano il fatto a una
serie di omicidi a sfondo sessuale perpetrati a
Washington
da
un
serial
killer
soprannominato Capital Killer. La famosa
anatomopatologa e i suoi collaboratori si
ritrovano ben presto di fronte a uno scenario
molto più inquietante di un semplice caso di
omicidi seriali, un mondo sinistro che ha a
che fare con le droghe sintetiche e la nuova
tecnologia dei droni, che vede coinvolti il
crimine organizzato e le più alte sfere
governative.
È il sottomarino più letale e veloce che sia
mai stato realizzato, e lo sta mettendo a punto
la Difesa statunitense. Manca solo un ultimo
elemento per far funzionare il prototipo, ma lo
scienziato che l'ha creato è morto.
Contemporaneamente, in mezzo all'oceano,
cominciano a sparire delle navi. Incaricato del
recupero dei relitti, Dirk Pitt scopre nelle
profondità degli abissi alcuni corpi inceneriti.
Che cosa è successo alle navi? E che cosa
c'entrano questi misteriosi affondamenti con
un sottomarino italiano scomparso negli stessi
fondali nel 1943? Toccherà a Pitt collegare
tutti i pezzi del rompicapo, aiutato dai suoi
figli, i gemelli Dirk e Summer e da
un'affascinante agente del NCIS.
Nel tepore ingannevole di un maggio malato,
il raccogliticcio gruppo di investigatori
comandato da Gigi Palma si trova a
fronteggiare un crimine terribile: un bambino
di dieci anni, nipote di un ricco imprenditore,
è stato rapito. Le indagini procedono a
tentoni, mentre il buio si impadronisce
lentamente dei cuori e delle anime e la morsa
di una crisi di cui nessuno intravede l'uscita
stravolge le vite di tanti, spegnendo i
sentimenti più profondi. Anche un banale
furto in un appartamento può nascondere le
peggiori sorprese. I Bastardi dovranno essere
più uniti che mai, per trovare insieme la forza
di sporgersi su un abisso di menzogne e
rancori dove non balena alcuna luce. Intanto,
nel commissariato più chiacchierato della
città, i rapporti di lavoro e quelli personali si
complicano, e il vecchio Pisanelli prosegue la
sua battaglia solitaria contro un serial killer
alla cui esistenza nessuno vuole credere.
Nel gennaio del 1748 una donna cammina da
sola per le strade polverose di Siviglia. È una
ex schiava proveniente dai territori della
colonia spagnola di Cuba. Caridad ora non ha
più un padrone che decide della sua vita, ma
neanche più una casa. Lungo il suo
peregrinare incontra Milagros Carmona, una
giovane gitana nelle cui vene scorre il sangue
della ribellione. Le due donne stringono
un'amicizia sincera e incrollabile. Milagros
confessa il suo amore per l'arrogante Pedro
Garcìa, dal quale la separano antichi odi tra le
due famiglie. Dal canto suo Caridad si sforza
di nascondere il sentimento che sta nascendo
in lei nei confronti del nonno di Milagros, un
uomo rude e seduttore, ma di principi ferrei
quando si tratta di difendere la sua famiglia e
lo stile di vita dei gitani. Quando un editto
regio bandisce i gitani come fuori legge, la
vita di Milagros e Caridad ha una tragica
svolta. Le loro strade si separano, ma il
destino vorrà farle incontrare di nuovo a
Madrid, cuore pulsante della nuova Spagna in
fermento.
Elena e Lila, le due amiche la cui storia i
lettori hanno imparato a conoscere attraverso
L’amica geniale e Storia del nuovo cognome,
sono diventate donne. Lo sono diventate
molto presto: Lila si è sposata a sedici anni,
ha un figlio piccolo, ha lasciato il marito e
l’agiatezza, lavora come operaia in condizioni
durissime; Elena è andata via dal rione, ha
studiato alla Normale di Pisa e ha pubblicato
un romanzo di successo che le ha aperto le
porte di un mondo benestante e colto.
Ambedue hanno provato a forzare le barriere
che le volevano chiuse in un destino di
miseria, ignoranza e sottomissione. Ora
navigano, con i ritmi travolgenti a cui Elena
Ferrante ci ha abituati, nel grande mare aperto
degli anni Settanta, uno scenario di speranze e
incertezze, di tensioni e sfide fino ad allora
impensabili, sempre unite da un legame
fortissimo, ambivalente, a volte sotterraneo a
volte riemergente in esplosioni violente o in
incontri che aprono prospettive inattese.
Il ritrovamento del cadavere di Stéphane
Campana, fervente indipendentista corso
fulminato con due pallettoni da caccia nello
stomaco, offre all'antropologo Théodore
Moracchini l'occasione di ripercorrerne la
carriera, dagli esordi di giovane e timido
aspirante nazionalista fino a capo del
movimento clandestino. La storia di Stéphane
Campana si interseca con quella di Khaled e
di sua sorella Hayet, immigrati marocchini
approdati in Corsica alla ricerca di una vita
migliore, e con quella dello stesso Moracchini
e di altri personaggi. Così il panorama delle
vicende, via via ricomposto da una memoria
alla ricerca di se stessa, si sposta
continuamente dall'interno della Corsica al
paesino del Marocco occidentale, famoso per
la spianata a bordo oceano detta appunto
Balco Atlantico, in un crescendo di amore,
morte e incredulità che ruota intorno all'ormai
famoso bar di Marie-Angele e di sua figlia
Virginie, innamorata fin da bambina
dell'"eroe" Stéphane Campana al punto da
abbandonarsi, anima e corpo, ai suoi più
strani desideri.
I destini si compiono senza mai chiedere il
permesso, lasciandoci il dubbio che il libero
arbitrio sia solo un’illusione della nostra
volontà. Scritto con stile magistrale da Jérôme
Ferrari, premio Goncourt 2012, il romanzo ha
la stessa ambientazione e molti degli stessi
personaggi di Sermone sulla caduta di Roma,
di cui, da un punto di vista narrativo, è
cronologicamente precedente.
Due eserciti contrapposti si fronteggiano ogni
domenica su un campo dominato da violenza
e frustrazione: sono gli ultra del Genoa e le
forze dell'ordine. Ciascun gruppo è più
sfaccettato di quanto sembri. Tra gli ultrà ci
sono i vecchi destrorsi duri e puri, ma anche i
reduci del G8 di Genova che allo stadio
vogliono combattere il sistema, e gli
adolescenti eccitati dalla scarica adrenalinica
che gli scontri accendono. Tra i poliziotti c'è
chi lavora solo per mandare avanti la baracca,
chi non riesce a liberarsi da un rimorso troppo
grande, chi prova a scrivere un saggio sul
fanatismo sportivo. Riccardo Gazzaniga,
Premio Calvino 2012, è un poliziotto e questo
mondo lo conosce dall'interno. Nel suo
romanzo d'esordio sa restituirlo con
precisione disarmante, rivelando luci e ombre
di celerini e tifosi. Attraverso la molteplicità
dei punti di vista, con una narrazione al
cardiopalma e una scrittura lucida e asciutta,
ci racconta una storia universale di rabbia e
amicizia, dove ciascun personaggio si trova
ogni giorno a scegliere tra lealtà e omertà, tra
giustizia e tradimento.
"Un romanzo estremamente preciso nel
raccontarci le gradazioni che può assumere da
una parte il fanatismo per lo sport e dall'altra
il lavoro di poliziotto". (Fabio Geda)
Il 14 giugno 2007, il re e il primo ministro
della Svezia scompaiono durante un
ricevimento ufficiale al Castello Reale. Si
diffonde la voce che entrambi non si
sentissero bene, ma la verità è diversa. La
vera storia è molto più complicata e molto più
inaspettata. Tutto è iniziato un giorno nel
1961 con la nascita di una ragazza di nome
Nombeko in una baracca a Soweto. Tutto
lasciava immaginare che avrebbe vissuto nel
ghetto per un po' e poi sarebbe morta di
droga, alcool o semplicemente disperazione.
Se non fosse stata la persona che era. Una
persona capace di lasciare il ghetto, lavorare
come
donna
delle
pulizie
e,
imprevedibilmente, diventare il consigliere n.
1 del capo di uno dei progetti più segreti del
mondo, legato agli armamenti nucleari. A
causa di alcuni missili sudafricani, Nombeko
finisce per emigrare dall'altra parte del
mondo, il più a nord possibile, ed è così che
l'equilibrata, neutrale, anti-nucleare Svezia si
trasforma in una vera e propria centrale
nucleare. Che influenzerà il futuro del mondo.
Il tutto grazie a Nombeko - l'analfabeta che
sapeva contare - e ad altri eccentrici
personaggi: un Americano disertore in
Vietnam leggermente "toccato", due fratelli
gemelli che sono ufficialmente una sola
persona, tre cinesi negligenti, una donna
arrabbiata, una baronessa coltivatrice di patate
e, come detto all'inizio, il Re svedese e il
Primo Ministro.
Ambra Negri Della Valle, la collega carogna
per antonomasia, la ragazza perfetta che non
fa che mettere la pasticciona e simpaticissima
Alice Allevi di fronte ai suoi numerosi limiti è
scomparsa. Alice e Claudio Conforti (il
perfido e affascinante ricercatore in medicina
legale, ex di Ambra e legato ad Alice da un
complicato e sfuggente rapporto) temono il
peggio quando vengono chiamati dalla
procura per esaminare un cadavere ritrovato
in un campo. Per fortuna non si tratta di
Ambra, ma di una giovane archeologa
scomparsa anni prima, mentre stava per
partire per una missione di scavo nei territori
palestinesi. Chi l'ha uccisa e sepolta come in
un rituale con accanto una coroncina da
principessa?
Dall'idrolitina ai calendarietti profumati dei
barbieri, dal temibile gioco del traforo alle
cabine telefoniche, passando per i bordelli, le
letterine di Natale piene di buoni propositi da
mettere sotto il piatto del babbo, le osterie
(quelle vere, senza la h davanti per darsi un
tono) e molto altro, Guccini torna a scavare
nel passato che ha vissuto in prima persona
per riportarcelo intatto e pieno di sapore.
Pagine poetiche, capaci di dare voce alla
poesia delle cose e alla malinconia per il
tempo che scorre, ma anche piene di ironia.
L’Overlook Hotel non esiste più. Raso al
suolo da un incendio causato da una caldaia
difettosa, l’albergo più inquietante della storia
letteraria e cinematografica di tutti i tempi è
ora soltanto un cumulo di cenere e macerie.
In tre sono sopravvissuti al disastro: la moglie
e il figlioletto del custode ubriacone Jack
Torrance e il cuoco dell’albergo, Richard
Halloran. In seguito all’esplosione i due adulti
hanno riportato gravi ferite, mentre il
bambino, illeso fisicamente, si è ritrovato con
una
psiche
completamente
devastata.
Doctor Sleep racconta cosa è accaduto dopo
quell’esperienza terribile e narra la storia di
Dan, il piccolo bambino che nel film di
Kubrick vagava, smarrito, per i corridoi
dell’Overlook, cercando di sfuggire alla furia
di
Jack.
Nel sequel lo ritroviamo che combatte ancora
con i demoni della sua mente: i maledetti
fantasmi che continuano a tormentarlo fino a
farlo cadere nell’alcool e a imprigionarlo in
una
forma
di
depressione
acuta.
Questa sorta di autodistruzione si conclude
quando, all’alba dei quarant’anni, Dan chiede
aiuto agli alcolisti anonimi che lentamente lo
riportano alla vita. In quegli anni il ragazzo
decide di sfruttare il dono dello shinning per
curare, insieme ad un gatto dai poteri
paranormali, i malati terminali di un ospizio:
è il Doctor Sleep di cui parla il titolo.
Nel frattempo incontra Abra, l’altra grande
protagonista del libro, una ragazzina dotata
dello stesso potere, la luccicanza, e per questo
inseguita da una banda di malvagi: i True
Knot, vampiri dello shining alla ricerca dei
bambini con questo dono per poterli uccidere
e assorbirne il potere. Questo nuovo romanzo
vive da sé grazie ai diversi temi che affronta:
è soprattutto un libro sulla sensibilità che
diventa condanna e sulle dipendenze, famiglia
in primis. L’autore torna a parlarci dei sogni
che generano mostri: Danny è costretto a
fronteggiare da una parte i demoni della
stanza 217 dell’Overlook Hotel, e dall’altra
gli spietati True Knot. La scrittura di King è
sempre avvincente e anche quando tende
troppo alla suspense o al paranormale non
perde mai di vista il pathos e l’aspetto umano.
La storia, che si risolve nella lotta epica tra il
Bene e il Male, si sviluppa attraverso registri
narrativi che fondono insieme realismo e
fantasia. Alla fine della lettura il romanzo ci
restituisce la sensazione che è impossibile
sfuggire
ai
propri
demoni
e
la
consapevolezza, in parte nichilista, che
nessuno è davvero innocente, nessuno si salva
davvero e nemmeno al piccolo bambino che
vagava con il triciclo è concesso avere una
vita ordinaria.
Due sorelle, Angela e Michela Cipriani,
diversissime fra loro e segnate da un segreto
che le rende complici e rivali. Un padre
sopravvissuto per miracolo al bombardamento
di Bari del '43, ma cui quel disastro sembra
avere lasciato in eredità una specie di
infezione che ha danneggiato per sempre lui e
la sua genia. Votandola al tradimento verso
gli altri e verso se stessi. Tra una Bari che,
dietro un'apparente rinascita, "brucia" e si
sgretola come il suo Petruzzelli, e una Roma
sfibrata, temporaneo rifugio, la vita delle due
giovani - ragazze e poi donne - è condizionata
dalla bellezza di Angela e dalla timidezza
aggressiva di Michela. Un conflitto che non si
scioglie nemmeno quando la prima svanisce e
l'altra assapora la possibilità di diventare
padrona del campo. In un balletto atroce e
divertentissimo di bugie, accuse e finzioni e
crudeltà "Prima che tu mi tradisca" mette in
scena tutto l'amore e lo squallore che si
annida nelle relazioni di una famiglia in cui si
conosce un solo modo per stare insieme, farsi
del male.
Fernande e André sono una giovane coppia in
fuga dai nazisti, che insieme ad alcuni amici
ebrei trascorre il periodo della guerra in un
beato ma angoscioso isolamento. La promessa
che si fanno è quella di tornare un giorno alla
Casa del sogno: una villa a picco sul mare, in
Riviera, sotto un faro. E se molti saranno
destinati agli atroci viaggi nei treni piombati,
alle camere a gas, loro due ce la faranno.
Dopo la guerra Fernande vive intensamente,
fra Parigi e la Casa del sogno. Ma il
matrimonio con André diventa un rapporto di
confidenza e intimità, di quelle che si
riservano agli amici. Fernande incontra il
Poeta, che le dipinge i muri di casa, si
stabilisce da lei e le regala una trasgressione
venata di dolcezza. Il passato però resta
sempre lì. Non è neanche un'eco, piuttosto
una presenza costante, incancellabile,
terribilmente dolorosa. Qualcosa che "non
passa, non passa, non passa per nessuno di
noi". Perché ciò che è accaduto è
inestirpabile: tutti i personaggi in qualche
modo lo incarnano, lo rivivono anche se non
ne parlano mai. "La lenta nevicata dei giorni"
- che deve il titolo a un verso di Primo Levi è un romanzo capace di ricomporre lo
specchio infranto che è la memoria di chi
sopravvive.
Finalista
premio
Campiello
2013.
Immaginate un mucchio di bigliettini
disordinati e sparsi in un cestino, appunti
scaturiti dal riaffiorare di vecchi ricordi o da
episodi dell’infanzia. Un po’ come gli
scontrini o i foglietti di fortuna su cui
all’occorrenza Montale andava annotando
espressioni o immagini che più tardi
sarebbero diventate il nucleo di alcune poesie,
allo stesso modo le note sul padre che Valerio
Magrelli ha trascritto nel corso degli anni
sono rimaste a lungo in sospeso. Tuttavia,
pulsanti “come il bandolo canoro di
un’infinita matassa di storie”, dopo la
scomparsa del padre questi brandelli di storie
hanno dato vita ad un libro: ci sono voluti
dieci anni - il tempo necessario a farne
sedimentare i contenuti - affinché quella
“cattiva infinità scrittoria” prendesse la forma
di una biografia dedicata al genitore
scomparso.
Suddiso in ottantatre capitoli - corrispondenti
agli anni di vita del padre scomparso - ma non
necessariamente
disposti
in
ordine
cronologico, Geologia di un padre
ricostruisce i tratti di un uomo visceralmente
amato, una figura importante quanto
problematica con cui fare conti: caratterizzato
dalla forte personalità, iroso e testardo, colto
ma del tutto privo di senso pratico, dolce e al
tempo malinconico, Giacinto Magrelli è stato
per il figlio “lo zenit della sua ammirazione
infantile”. Solo da adulto Valerio ne ha
ravvisato i primi segni di fragilità, i limiti che
hanno reso quel padre dall’aura eroica umano,
debole e indifeso, ed è in questi momenti che
il figlio ha scorto riflessa sul suo volto
l’immagine paterna e ne ha ravvisato i segni
della comune appartenenza, di quello che lui
stesso definisce come un “contagio”.
Geologia di un padre è un libro intenso,
coinvolgente ma anche estremamente lucido.
Procrastinando come Sheherazade il congedo
definitivo grazie al racconto, Magrelli, orfano
ad honorem, non desiste e si maschera, fugge,
si affida alla digressione per scendere ancora
più in profondità e mostrare, oltre alle virtù
del padre perduto, anche quei difetti che lo
rendevano "un vecchio esacerbato e
vulnerabile". Con il montaggio di elementi
eterogenei (pagine di enciclopedia, versi,
ricordi, brandelli di giornale), l'autore dà
forma a un'opera sui generis che pur tacendo
"tutta la verità", dimostra come il corpo di un
padre e quello di un figlio siano in fondo
tutt'uno.
L’uso razionale e ragionato della parola che è
una costante della produzione poetica
dell’autore permane anche in quest’ultimo
lavoro. La prosa è contratta (i capitoli sono
quasi sempre brevissimi) e per questo
particolarmente intensa, pervasa da un uso
abbondante di immagini che trasportano il
lettore in una dimensione lirica. D’altra parte
Magrelli
è
e
resta
un
poeta.
Le teorie psicanalitiche insegnano che spesso
i lutti producono un lavoro che coincide con
l’elaborazione del lutto stesso. Si potrebbe
dire altrettanto per Valerio Magrelli: Geologia
di un padre è il prodotto del lutto, il
superamento della morte del padre che è, per
riflesso, anche morte di se stesso, un modo forse l’unico - per accorciare una distanza
geologica da un uomo dai tratti primordiali.
Così, il dettaglio biografico - la morte del
padre e la percezione della sua assenza diviene per l’autore tutt’uno con una scrittura
stratificata e intratestuale (Magrelli attinge in
primis a brani di opere precedenti per
rimaneggiarli e dare loro una nuova forma
narrativa), prosastica e insieme lirica. In tal
modo, grazie alla “carta moschicida del
ricordo”, la perdita si trasforma in possesso.
Platone è un bassotto dal pelo lungo e la coda
a pennello. Un cane da salotto, di quelli nati
per fare compagnia agli uomini. A Yuri, per
esempio, studente di filosofia "con gli occhiali
sempre appannati". Ma durante le vacanze
Yuri segue Ada su una nave da crociera,
lasciando il bassotto alle cure del portiere. E
proprio nella solitudine della notte di Natale
avviene per Platone l'incontro che gli
cambierà la vita. Nella cantina del palazzo, il
Tatuato nasconde scatoloni pieni di animali di
contrabbando: scimmie, iguane, serpenti a
sonagli, una vecchia tartaruga leopardo di
nome Leo, e lei, la Regina, un'elegante
levriera afghana, giovanissima, "poco più che
un gomitolo di neve". Per Platone è il colpo di
fulmine. Ma il cuore della Regina è altezzoso,
e neanche le canzoni che il bassotto intona
giorno e notte per tenerle compagnia riescono
a sedurla. A raccontarci questa storia tenera e
profonda, dal suo osservatorio speciale tra le
foglie di un albero, un pappagallo che
conosce tutte le lingue del mondo, e tutte le
pieghe dell'anima. Una favola per chi crede
che niente è impossibile.
Una contadina analfabeta o una principessa
illegittima? Un'indemoniata o la portatrice di
un messaggio divino? Sono tanti i volti di
Jeanne, forse troppi: è per questo che il tempo
ha fatto di lei un archetipo femminile, in
bilico tra identità e stereotipi, tra dovere e
passione. Non c'è figura storica che più di
Giovanna d'Arco rappresenti la donna di oggi,
in bilico tra identità e stereotipi, tra dovere e
passione. Questo, nel tempo, ha fatto di lei un
archetipo, sacrificando la dimensione umana
della sua storia. Sulle tracce di questa
dimensione,
di
una
più
profonda
comprensione ma anche di un racconto vivo,
epico, pulsante si pone Marta Morazzoni.
L'autrice segue, parallelamente al racconto
della storia "ufficiale", anche un'altra
intrigante pista, un'altra delle tante "Giovanne
possibili". Che sarebbe stata la sorellastra di
Carlo di Valois, portata via dalla corte alla
nascita e affidata a Jacques d'Arc e a sua
moglie, e che quindi non sarebbe morta sul
rogo ma sarebbe stata salvata e condotta nello
sperduto castello di Jaulny. Il romanzo
moderno di una figura senza tempo, che ci
restituisce non l'eroina ma la donna che
"precedeva le fiamme cavalcando", come
nella splendida canzone di Fabrizio de Andrè.
Quindici
storie che
hanno
fondato
l'immaginario poetico di Alice Munro.
"Vivevamo in una specie di piccolo ghetto di
contrabbandieri, prostitute e scrocconi. Però
era una vita interessante..." Lontana dal
tumulto che incendiò il mondo durante gli
anni Sessanta, la piccola città immaginaria di
Alice Munro - che molto deve alla cittadina
rurale dell'Ontario in cui è cresciuta - schiude
ai lettori i suoi segreti più profondi.
Conosciamo così, per la prima volta, i nuclei
narrativi, i personaggi, i luoghi, le situazioni e
le case, i sentimenti e le cose che, decennio
dopo decennio, Munro ha continuato ad
esplorare, ricostruendo un mondo la cui
mappa imperfetta contiene il movimento del
tempo e la cruda bellezza di ogni vita. Dalla
vicenda raccontata ne "La pace di Utrecht",
"la prima storia che dovevo assolutamente
scrivere", in cui la Munro affronta il faticoso
rapporto con la madre malata di Parkinson, a
quella brutale, poi spesso rivisitata, che si
svolge in una fattoria adibita all'allevamento
delle volpi ("Maschi e femmine"), fino al
racconto che dà il titolo alla raccolta, in cui
l'esecuzione del brano di Gluck accompagna
l'irrompere di un miracolo, impensabile
quanto inutile, nella più grigia e desolata
quotidianità.
“Lo spettro" si chiudeva con una scena
pietrificante. Harry Hole che, centrato al petto
da tre colpi di pistola, cadeva pensando: "È
finita, finalmente è tutto finito". "Polizia"
ricomincia da lì, qualche mese dopo, con un
uomo in coma piantonato giorno e notte in
ospedale. E Oleg, il ragazzo che gli aveva
sparato, spedito a disintossicarsi in una clinica
svizzera, e poi Rakel, fidanzata storica di
Harry, con un lavoro a Ginevra. Oslo nel
frattempo è stata sconvolta dai delitti bestiali
di un serial killer che si accanisce proprio
contro la polizia. Il macellaio dei poliziotti,
l'hanno soprannominato. Perché, dopo averli
attirati sul luogo di omicidi irrisolti,
letteralmente ne spappola i corpi. La polizia
ha perso Harry Hole, il suo esperto in fatto di
assassini seriali. E anche ammesso che Harry
sia ancora vivo, sarebbe disposto a occuparsi
del caso? Nessuno si sarebbe mai più trovato
in situazioni limite, questo Harry aveva
promesso a Rakel. E una volta tanto sembrava
deciso a mantenere la promessa. Ma l'amore
di una donna è sufficiente a salvare un uomo
da se stesso e dai propri fantasmi?
Fare il nodo ai lacci delle scarpe, colorare
dentro i contorni, memorizzare le sillabe in
fila, lavare bene i denti anche quelli in fondo,
salire scale sempre nuove senza stringere per
forza il corrimano. E poi: avere lo sguardo
lungo, separare l'ansia dal pericolo vero,
vincere, perdere, aspettare, agire, confidarsi,
farsi valere, rassegnarsi. Ogni giorno è tempo
di imparare, e a dover imparare, in questo
libro, sono una donna e un bambino che
hanno un grosso problema da affrontare, tanta
paura e molte armi. Le armi, per quanto strano
possa sembrare, sono le stesse della
letteratura: nominare le cose, percorrerle,
trasfigurarle, lasciarle andare. Perché lei sa
moltissimo, ma niente che serva nella vita di
adesso, mentre lui per capire mira
all'essenziale; lei ha occhi per ogni cosa, ma
dietro gli occhiali lui le insegna il mondo a
due dimensioni. Si muovono tra fisioterapisti,
insegnanti e compagni di classe, neurologi,
burocrati, barcollando o danzando, tra le mani
una parola difficile che comincia per "H" e
che sembra impossibile far germogliare. La
scrittura di Valeria Parrella dice il momento
in cui la relazione tra ogni madre e ogni figlio
si strappa, il binomio si scompone, e ci si
guarda finalmente da lontano, finalmente per
intero.
È un'abbagliante mattina di luglio quando
Emma, neolaureata in Lettere, riceve una
telefonata inattesa: l'anziana prozia Carolina,
che lei a malapena conosce, la invita a casa
sua perché, dice, ha un regalo per lei. La
curiosità di Emma si tramuta in stupore
quando - tra le mura solenni del palazzo di via
dei Mille, a Napoli, teatro di tutte le vicende
della sua famiglia - la zia le affida un astuccio
che contiene un anello: una meravigliosa
corniola ovale con una figura incisa sostenuta
da una catena liberty d'oro rosso. Un oggetto
prezioso, appartenuto in origine a Giulia, la
mitica bisnonna capostipite della famiglia.
L'anello, la cui pietra somiglia a un cuore
pulsante, sembra lanciare un richiamo al quale
la nuova proprietaria non riesce a sottrarsi:
abbandonato ogni progetto di vacanza estiva,
Emma si dedica alla ricostruzione di una
storia famigliare che si rivela coinvolgente
oltre ogni sua previsione. Dalle carte rese
fragili dal tempo emergono parole piene di
passione, le foto ingiallite mostrano volti fieri
e misteriosi, la voce di zia Carolina narra di
amori e tradimenti, di guerre, speranze e
sconfitte - ma a tratti si indurisce in una
reticenza impenetrabile. Le vite degli uomini
bellissimi e infedeli e delle donne volitive
della famiglia Cortesi offrono a Emma chiavi
preziose per capire se stessa; ed è sempre più
chiaro che all'anello è legato un segreto
bruciante...
Sono migliaia le sudamericane arrivate negli
ultimi anni in Italia per lavorare come badanti
e collaboratrici domestiche. Hanno lasciato la
famiglia oltreoceano e promesso a mariti e
figli di tornare presto, ma spesso il rientro in
patria, anche solo per una vacanza, è difficile
sia per i costi del viaggio sia per la mancanza
di un regolare permesso di soggiorno in Italia.
È questa la situazione di Lita, che ha lasciato
in Bolivia le figlie ancora bambine,
affidandole alla nonna. Quattro anni sono
lunghi: le figlie crescono sentendosi
abbandonate, soprattutto la maggiore, ormai
adolescente con gravi problemi di relazione;
la vecchia madre è malata e stanca. Ma,
lontana com'è, Lita ha difficoltà a
comprendere pienamente la gravità della
situazione. Sapendo però che i suoi datori di
lavoro, Marina e Piero Colnaghi, partono per
una vacanza in Bolivia, li convince a
recapitare alla sua famiglia dei regali. Il
viaggio mette a contatto i due italiani con la
difficile
situazione
economica
latinoamericana
che
sta
alla
base
dell'emigrazione e sui costi umani che una
famiglia paga quando uno dei suoi membri
emigra. Chi rimane in patria, infatti, impara
sulla propria pelle che il termine emigrazione
ha sempre un altro nome, più preciso, più
duro: si chiama abbandono, separazione,
lacerazione. E la vicenda della famiglia di
Lita si rivela terribilmente simile a quella
delle vedove bianche e degli "orfani della
Merica" abbandonati cent'anni fa in Italia, ai
tempi in cui erano i nostri giovani a
emigrare...
I funerali di Berlinguer e la scoperta del
piacere di perdere, il rapimento Moro e il
tradimento del padre, il coraggio intellettuale
di Parise e il primo amore che muore il giorno
di San Valentino, il discorso con cui
Bertinotti cancellò il governo Prodi e la resa
definitiva al gene della superficialità, la vita
quotidiana durante i vent'anni di Berlusconi al
potere, una frase di Craxi e un racconto di
Carver... Se è vero che ci mettiamo una vita
intera a diventare noi stessi, quando
guardiamo all'indietro la strada è ben
segnalata, una scia di intuizioni, attimi,
folgorazioni e sbagli: il filo dei nostri giorni.
Francesco Piccolo ha scritto un libro che è
insieme il romanzo della sinistra italiana e un
racconto di formazione individuale e
collettiva: sarà impossibile non rispecchiarsi
in queste pagine (per affinità o per
opposizione), rileggendo parole e cose,
rivelazioni e scacchi della nostra storia
personale, e ricordando a ogni pagina che
tutto ci riguarda. "Un'epoca quella in cui si
vive - non si respinge, si può soltanto
accoglierla".
Quando Giulia, una mattina in cucina, dice al
suo compagno Glauco Revelli che non ama
più gli uomini, a Glauco si presenta
l'occasione per riannodare i fili della sua vita
di uomo, di padre, di marito. Glauco Revelli è
un uomo di circa quarant'anni, laureato in
filosofia, che eredita dal padre un ristorante
storico e tradizionale di Milano, che da anni
ha la stessa clientela. Dopo una protratta
adolescenza di vagabondaggio sessuale,
conosce Giulia, redattrice, se ne innamora e
inizia con lei una convivenza. È l'arrivo di una
figlia, Alice, a stravolgere gli equilibri
instabili della coppia. Giulia entra in una crisi
profonda post partum, rifiutandosi al
compagno. Glauco inizia a sperimentarsi
padre fedele: a scontrarsi con gioie e dolori,
contrattempi e insospettabili felicità, diurne e
notturne, di un rapporto con la figlia; ma
inizia anche a scoprirsi marito infedele.
Intanto il ristorante rilevato dal padre,
rivisitato alla luce di un nuovo gusto, affronta
il crollo e la volatilità dei consumi; la crisi dei
crediti delle banche sembra stringerlo in una
morsa. Per Glauco, insomma, nella vita
familiare e professionale, è il tempo delle
scelte e della consapevolezza.
Sono cresciuti nelle strade di Brooklyn, i tre
fratelli Rico; e lì hanno cominciato, ciascuno
a modo suo, a lavorare per l'" organizzazione
": Tony, il minore, si limita a guidare le
macchine, Gino è diventato un killer e Eddie,
il maggiore, un piccolo boss di provincia.
Eddie vive in Florida, ha una bella casa, una
bella moglie, tre belle figlie. Ha il controllo di
un intero settore, dove tutti lo rispettano, dai
gestori di sale da gioco agli sceriffi. È
soddisfatto della sua vita, ed è certo di
essersela meritata. E non gli è mai importato,
neanche da ragazzino, che gli avessero
affibbiato quel soprannome vagamente
sprezzante, il ragioniere. Perché Eddie ha
sempre fatto bene i suoi conti, non ha mai
parlato troppo né ha mai mirato troppo in alto:
ha sempre rigato dritto, insomma. Tutti lo
sanno: i suoi capi come i suoi fratelli. Così,
quando gli dicono che il fratello minore ha
sgarrato, perché si è sposato senza chiedere il
permesso e, dopo aver partecipato a un
sanguinoso regolamento di conti, è scomparso
dalla circolazione, e si sospetta che abbia
deciso di collaborare con la polizia, Eddie non
esita un istante a mettersi in viaggio per
cercarlo. Loro gli hanno detto di suggerire a
Tony di cambiare aria per un po', di andarsene
in Europa, dai parenti siciliani. E lui ci ha
creduto. In ogni caso, ha deciso di crederci.
Anche se non può non sapere che loro lo
stanno seguendo, e che il destino di Tony è
segnato.
Quando scendono dal treno nella stazione di
una cittadina di provincia, si conoscono da un
paio di mesi appena. Quel quarantenne un po'
sciupato ma ancora di bell'aspetto, e con
qualche pretesa di eleganza - un cappello a
larghe tese, un bastone da passeggio con
l'impugnatura d'oro -, che si fa chiamare De
Ritter, Léa lo ha incontrato nella casa chiusa
di Clermont-Ferrand dove lavorava; se lo ha
seguito è solo perché lui le ha fatto baluginare
la possibilità di una combine che frutterà loro
parecchio denaro. Da subito, però, Léa sente
che c'è qualcosa di poco chiaro, di inquietante
perfino, nella scelta del luogo: perché mai De
Ritter ha deciso di tornare proprio lì, in quel
buco dov'è nato e che ha lasciato a
diciott'anni, nella convinzione che avrebbe
fatto grandi cose? Per di più, adesso che ci
sono, di denaro non se ne vede, e lei riprende
a rimorchiare gli uomini nei caffè - gli stessi
caffè dove lui tiene banco con il racconto
delle sue mirabolanti avventure in giro per il
mondo. Quello che non dice è che in quei
luoghi esotici, Tahiti, Giava, Rio de Janeiro,
Bombay, ha vissuto di lavoretti umilianti, di
piccole truffe; e che da Panama è stato perfino
costretto a fuggire per evitare di farsi un paio
d'anni di galera... In questo romanzo
attraversato da oscure tensioni Simenon
delinea magistralmente una febbrile ricerca
del tempo perduto che non può sfociare in
altro che nel disgusto di sé e nel delitto.
Kindle County, 1982. Al termine di un party a
casa di Zeus Kronon, influente membro della
locale comunità greco-ortodossa, sua figlia
Dita, bellissima e anticonformista, viene
trovata uccisa nella sua camera da letto. La
ragazza era fidanzata con Cass Gianis, il cui
padre è l'acerrimo rivale di Zeus, e per questo
motivo la loro unione era malvista da
entrambe le famiglie. Cass, il cui fratello
gemello Paul è agli inizi di una promettente
carriera legale, si dichiara subito colpevole
dell'omicidio e viene condannato a
venticinque anni di reclusione. Allo scadere
della pena, Cass è pronto a uscire di prigione,
proprio mentre Paul, nel frattempo divenuto
senatore, è il candidato favorito per la
poltrona di sindaco della Kindle County. Ma
il ritorno di Cass può trasformarsi per lui in
un'arma a doppio taglio, specie quando il
fratello di Dita chiede la riapertura delle
indagini, accusando Paul di avere avuto un
ruolo nell'omicidio della ragazza. Cosa è
successo realmente quella notte di tanti anni
prima? È stato davvero Cass a uccidere Dita?
E perché? Quale segreto nascondono i due
gemelli? A ricostruire la vicenda saranno
Evon Miller, ex agente speciale dell'FBI ora a
capo della sicurezza dell'azienda dei Kronon,
e l'anziano investigatore Tim Brodie, che
all'epoca si era occupato del caso. Quella dei
Kronon e dei Gianis è la storia di una
battaglia infinita e senza esclusione di colpi
tra due famiglie che cercano la loro unica e
illusoria verità inseguendo una giustizia
sempre sfuggente.
Una valle severa. In mezzo, il lento andare del
fiume. Un uomo tira pietre piatte sull'acqua. Il
figlio lo trova assorto, febbricitante, dentro
quel paesaggio. è lì che ha cominciato a
dipingere, per fare di ogni tela un possibile
riscatto, e lì è ritornato ora che il male lo
consuma. Ma il male è cominciato molto
tempo prima, negli anni settanta, quando il
padre-pittore ha abbandonato la sua valle ed è
sceso in pianura verso una città estranea,
dentro una stanza-cubicolo per dormire,
dentro un reparto annebbiato dall'amianto.
Fuori dai cancelli della fabbrica si lotta per i
turni, per il salario, per ritmi più umani, ma
nessuno è ancora veramente consapevole di
come il corpo dell'operaio sia esposto alla
malattia e alla morte. Lì il padre-pittore ha
cominciato a morire. Il figlio ha ereditato un
panico che lo inchioda al chiuso, in casa, e dai
confini non protetti di quell'esilio spia, a
ritroso, il tempo della fabbrica, i sogni che
bruciano, l'immaginazione che affonda, il
corpo subdolamente offeso di chi ha chiamato
"lavoro" quell'inferno. Ci vuole l'incontro con
Cesare, operaio e sindacalista, per uscire dalla
paura e cominciare a ripercorrere la storia del
padre-pittore e di tutti i lavoratori morti di
tumore ai polmoni. È allora che il ricordo
diventa implacabile e cerca colori, amore, un
nuovo destino.
Tim Kearney è un ex marine congedato con
disonore e un piccolo criminale. Quando
taglia la gola a un Hell's Angel e si ritrova a
San Quentin, dove i compagni del morto non
aspettano altro che potersi vendicare, la sola
via di salvezza è accettare una proposta della
Dea: impersonare Bobby Z, leggendario
spacciatore di cui da tempo si sono perse le
tracce, e farsi consegnare a un boss del
narcotraffico messicano che tiene prigioniero
un agente. Lo scambio avviene con successo
ma, nel bunker di Don Huertero, Kearney
troverà molto più di quello che aveva
immaginato: soprattutto una ragione per
rischiare tutto e, forse, cominciare finalmente
a vivere.
profonda esperienza di terapeuta e di
osservatore della nostra società. Cosa
dovrebbero fare, allora, i genitori per far
crescere meglio i loro figli? Dovrebbero
trovare un punto d'unione con tutte le figure
che li affiancano: i nonni, le babysitter, le
insegnanti dei nidi e delle scuole per
l'infanzia. Solo attraverso una comunicazione
profonda e fertile con loro sarà possibile
evitare, per il bene dei bambini, la
moltiplicazione degli stili educativi.
Maleducati. Trasgressivi. Immaturi. Le ricette
salva figli sono ormai diventate argomento
quotidiano di discussione e confronto fra
genitori in crisi e insegnanti rinunciatari. C'è
chi grida alla sconfitta dell'antiautoritarismo.
Chi invoca un ritorno alla disciplina tra le
mura domestiche. Chi accusa la scuola di aver
abbandonato il suo ruolo pedagogico. Per
Vittorino Andreoli, da sempre attento
osservatore del disagio psicologico degli
adolescenti e dei loro compagni più adulti,
invece il fallimento educativo è un malessere
profondo che riguarda tutti, genitori e no, e
che può essere risolto solo con uno sforzo
comune. Il primo sintomo va ricercato
senz'altro nella morte della famiglia
tradizionale. I bambini avrebbero bisogno di
un'unica figura che si occupi di loro: la madre.
L'aumento delle figure di riferimento necessario, per molte ragioni, nella nostra
società crea un disaccordo educativo, ed è la
vera causa della loro inquietudine e
disobbedienza. Cosa dovrebbero fare, allora, i
genitori per far crescere meglio i loro figli?
Dovrebbero ritrovare un punto d'unione con
tutte le figure che li affiancano: i nonni, le
babysitter, le insegnanti dei nidi e delle scuole
per l'infanzia... Educare vuol dire trasformare
un figlio in un uomo o una donna capaci a
loro volta di diventare padri e madri. E per
farlo dobbiamo tenere conto dei sentimenti
che sono parte indispensabile di ogni processo
di crescita. È questa la tesi sostenuta da
Vittorino Andreoli in questo libro breve e
lucido sui problemi (e i disastri)
dell'educazione, e sulle strategie possibili per
porvi rimedio. È una tesi fondata sulla sua
Negli ultimi cinque anni Mario Calabresi ha
raccolto una serie di interviste ai più grandi
fotografi della scena internazionale. Il
risultato dei suoi incontri è questo libro: un
appassionante tuffo nella storia attraverso le
immagini e le parole di grandi testimoni che
hanno immortalato e vissuto alcuni dei
momenti più intensi e drammatici del nostro
passato. Con una prosa in grado di restituire la
forza e le emozioni dei protagonisti Calabresi
porta il lettore in un viaggio nel tempo,
offrendogli contemporaneamente una
prospettiva privilegiata: gli occhi di
fotoreporter che hanno creato la comune
memoria storica. Ecco allora Paul Fusco che
racconta i funerali di Bob Kennedy o Josef
Koudelka che descrive i primi istanti
dell'ingresso dei carri armati a Praga. E poi
ancora Salgado, Erwitt, McCullin, Webb,
Abbas, Pellegrin, Scianna e Basilico. Infine
un capitolo dedicato a tre giovani fotoreporter
Alessio Romenzi, Fabio Bucciarelli, Pietro
Mastrurzo.
"Io vi maledico" c'è scritto sulla lapide di
marmo che un operaio dell'Ilva di Taranto ha
voluto mettere per strada, sotto casa sua. E "Io
vi maledico", dice la figlia dell'imprenditore
che si è ucciso strozzato dall'usura bancaria.
Sono due delle storie che compongono il
ritratto corale di un Paese disorientato, in cui
rabbia e frustrazione possono trasformarsi in
malattia sociale o in vento di cambiamento.
C'è il ragazzo sardo che voleva partecipare a
X Factor, non l'hanno preso ed è tornato in
miniera. C'è Michele, 4 anni, che ha fatto il
test per misurare la rabbia e doveva prendere
delle medicine, ma sua madre ha deciso di no.
La fatica dei genitori, la sazietà disillusa dei
figli. Emanuela che ha scritto due volte a
Marchionne e che sa - glielo ha spiegato suo
padre - cosa significa "comportarsi da uomo".
C'è Milagros che racconta che gli indignados
sono orfani delle carte di credito e figli degli
sfratti. C'è la rabbia degli adolescenti, cui i
professori non sanno dare risposte. Ci sono
cinque donne sindaco del Sud, dove le teste di
maiale non son maschere da indossare alle
feste. E c'è Atesia, dove le donne del call
center rispondono la notte ai maniaci per non
perdere 80 centesimi lordi. Un ritratto scritto
con parole dure come la pietra. O come la
verità. Unico antidoto alla rabbia di chi è
stanco di non essere ascoltato.
Questo libro stabilisce un collegamento
costante tra la storia della famiglia e la più
ampia e drammatica storia della prima metà
del Novecento. Usando un criterio di analisi
storico-culturale e uno biografico-narrativo,
l'autore concentra la sua indagine su cinque
paesi: la Russia, nel passaggio dall'impero
allo Stato sovietico; la Turchia, dall'impero
Ottomano alla Repubblica; l'Italia fascista; la
Spagna della Rivoluzione civile; e la
Germania,
da
Weimar
allo
stato
nazionalsocialista. Analizza poi nel dettaglio
la struttura, i lavori, le mansioni e le credenze
delle famiglie di quegli anni. Costruendo ogni
capitolo come una piccola biografia di un
personaggio emblematico, Ginsborg parla del
vivace dibattito sul futuro della famiglia in
Russia, della rivoluzione turca, della rigida
educazione militarista e razzista che il
nazismo prevedeva per le nuove generazioni.
Sullo sfondo la vita familiare (o la sua
assenza) degli stessi grandi dittatori - Stalin e
Hitler ma anche Ataturk, Franco e Mussolini.
Allo stesso tempo c'è la ricostruzione costante
della storia sociale di famiglie "normali" famiglie che, anche quando sembrano
totalmente schiacciate dai regimi dittatoriali,
provano a mantenere le loro lealtà, affetti e
individualità. Il risultato è un libro di grande
leggibilità che - impreziosito dalle immagini
che accompagnano i capitoli - racconta le vite
di uomini e donne memorabili e li fa
interagire con la Storia, restituendola al lettore
in tutta la sua complessità.
L’economia in recessione, la società in
frantumi, la politica che degenera: la crisi
iniziata nel 2008 sta segnando profondamente
il nostro paese. Le politiche europee e italiane
hanno protetto la finanza e imposto l’austerità
ai cittadini, ridotto i redditi e tagliato la spesa
pubblica con il risultato di aver perso in
capacità produttive, un debito che si aggrava,
disoccupazione record. L’Italia sta scivolando
nella periferia dell’Europa e non trova la
strada per riprendersi. Eppure una strada c’è
ed è quella indicata dalla campagna
“Sbilanciamoci!” in Italia e dalle esperienze
europee che in questi anni hanno proposto
alternative alle politiche di Bruxelles e
Berlino. Per trovare la via d’uscita basta poco,
bisogna solo sbilanciarsi verso politiche
nuove – concrete e realizzabili – che
potrebbero ridare un futuro all’Italia e
costruire un blocco sociale fondato su
uguaglianza e solidarietà, anziché su
privilegio e individualismo. I quattro capitoli
del volume fanno il punto della crisi europea
e italiana, spiegano i limiti delle politiche
realizzate; propongono dieci cambiamenti
concreti, da una spesa pubblica di qualità alla
tassazione della ricchezza, da produzioni
sostenibili alle misure per i giovani; discutono
le basi sociali di questo cambiamento di rotta;
disegnano la nuova politica che ci vorrebbe
per percorrere questa strada. Il volume
sviluppa le analisi e le proposte della
campagna “Sbilanciamoci!”
L'agenzia Grazia Neri è stata una delle più
importanti agenzie fotografiche d'Italia e del
mondo. Questo molti lo sanno, e sanno che in
quella agenzia sono passati i più grandi nomi
della fotografia. Eppure sono pochi a sapere
che Grazia Neri non è una fotografa. Forse è
anche per questa confusione che Grazia Neri
ha deciso di raccontare in cosa consiste il suo
lavoro, quanta passione e quanta esperienza
ha macinato nel costruire un archivio che per
più di quarant'anni ha servito con eleganza,
efficacia e tempestività la stampa italiana. In
questo volume, Grazia Neri racconta come si
è mossa, con autorevolezza e levità,
nell'ambiente dell'arte e della cultura; racconta
gli incontri eccellenti, le amicizie
professionali, l'amore per la fotografia di
attualità, la lettura dei ritratti, le sue passioni
letterarie. Racconta, con un tocco di humour e
nostalgia, l'infanzia solitaria e piena di libri,
l'euforia del dopoguerra, la Milano borghese e
imprenditoriale degli anni cinquanta. Come
accade nelle ricognizioni narrative di chi ha
molto vissuto, ci si trova, progressivamente,
dettaglio per dettaglio, a navigare dentro uno
scenario amplissimo che è certamente una
storia finalmente sprovincializzata degli
italiani, e insieme la storia dell'età dell'oro
della fotografia. Il volume è accompagnato da
novantacinque fotografie, alcune celeberrime,
tutte significative, che Grazia Neri rilegge con
la straordinaria sensibilità estetica di un
sismografo sociale..
Molte delle innovazioni tecnologiche più
celebri sono nate con uno scopo diverso da
quello per cui le ricordiamo: il torchio
riproduceva miniature in latino; il telegrafo
lanciava sos; la radio era un "telegrafo senza
fili"; Arpanet, l'antenata di internet, una difesa
in caso di attacco militare. E stato con il
"mutamento dei contenuti" che è avvenuta la
rivoluzione. Quando Gutenberg stampò testi
in volgare, quando il telegrafo trasmise le
corrispondenze degli inviati del "Times",
quando Hitler usò la radio per fare
propaganda. "Oggi siamo a questo passaggio
dell'era cibernetica". Eppure, anche se
abbiamo creato gli strumenti del domani, vi
travasiamo ancora i vecchi contenuti
(l'editoria che, con gli e-book, cerca una
soluzione alla crisi, la scuola che si mette online... ). "Il XXI secolo sarà l'epoca degli
individui - dice Riotta -, leader politici, tecnici
specializzati e artigiani del web che creeranno
i contenuti di una rivoluzione attesa da tempc
e la cui battaglia per l'egemonia è appena
iniziata".
Manlio lavora in fabbrica fin da ragazzo;
Livia studia per diventare insegnante. Quando
si incontrano e si innamorano decidono di
condividere tutto. Anche la mattina del 28
maggio 1974 sono insieme. Per puro caso,
però, quando la bomba scoppia, Manlio
sopravvive. Livia no. Da quel giorno, per
Manlio Milani, inizia una seconda vita tra
aule di tribunali, aspettando una giustizia che
non è mai arrivata, collezionando frammenti
di una verità sempre incompleta. Benedetta
Tobagi - il cui padre è stato ucciso
esattamente sei anni dopo la strage di Brescia
- decide di sedersi accanto a Manlio, per
provare, udienza dopo udienza, a raccontare la
sua vita e quella di chi, come lui, ha vissuto
quella stagione di lotte politiche e di risate, di
discussioni estenuanti e di scioperi, di serate
fra amici, di bombe e sotterranei tentativi di
golpe, di paura e speranze. E quando trentasei
anni dopo ascolta con Manlio l'ennesima
sentenza di assoluzione, capisce cosa vuol
dire provare rabbia e impotenza verso chi ha
nascosto e manipolato la verità. Benedetta
Tobagi compie un viaggio nei misteri recenti
della storia italiana, rivisitando il capitolo
rimosso della violenza neofascista, pronta,
ancora una volta, a cercare di capire cosa
furono quegli anni e a fare in modo che una
strage non si riduca semplicemente a un luogo
e una cifra: il numero dei morti. È necessario
continuare a interrogarsi su come è possibile
sopravvivere alla ferita dell'ingiustizia che si
somma alla violenza, e al senso di colpa che
tormenta, paradossalmente, i sopravvissuti ma
non i carnefici.
La banalizzazione dell'arte e della letteratura,
il successo del giornalismo scandalistico e la
frivolezza della politica sono i sintomi di un
male maggiore che ha colpito la società
contemporanea: l'idea temeraria di convertire
in bene supremo la nostra naturale
propensione al divertimento. In passato, la
cultura era stata una specie di coscienza che
impediva di ignorare la realtà. Ora, invece,
agisce come meccanismo di intrattenimento,
persino di distrazione. Inoltre, gli intellettuali
sono scomparsi e anche se alcuni di loro
firmano sporadici manifesti e prendono
posizione su eventi e persone di fatto non
esiste più un vero e proprio dibattito. Il
Premio Nobel per la Letteratura, in questa
durissima radiografia del nostro tempo,
riflette sulla metamorfosi che la cultura ha
subito in questi anni, nell'inquietante
remissività generale, e invita gli scrittori "a
coniugare la comunicazione col rigore,
l'originalità e l'impegno creativo, per costruire
nuove forme d'arte" e poter salvare, cosi, la
cultura.
Un Paese pregiudica la propria rispettabilità
non solo quando i politici mentono, ma anche
quando i cittadini tollerano quelle menzogne.
Non raramente i cittadini tollerano la
menzogna del politico sperando nella sua
tolleranza verso le proprie menzogne: è il
caso, ad esempio, dell'evasione fiscale. La
società diventa così complice della cattiva
politica. Le rivolte rancorose sono la risposta
sbagliata; promuovono un nuovo inizio solo
apparente e aprono un varco attraverso il
quale le cattive abitudini passano, con vesti
diverse, da una fase all'altra della storia del
Paese. I cittadini devono sconfiggere la
menzogna e i suoi corollari, chiedendo la
verità ai politici, anche e soprattutto ai propri,
esigendo che siano controllati, chiedendo
conto delle scelte adottate, togliendo
decisamente la fiducia quando vengono meno
agli
impegni.
La
globalizzazione
dell'informazione produce una quantità
impressionante di notizie. Mai come oggi è
tanto difficile quanto necessario scoprire la
menzogna o avvertirne la gravità. Mai come
oggi dobbiamo mettere a punto delle regole
nuove che garantiscano un'informazione
pluralista, indipendente e credibile, e
contribuiscano alla fondazione di un'etica
pubblica condivisa.