novit%E0 febbraio 2014
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novit%E0 febbraio 2014
Peppino puoi incontrarlo ogni notte sugli autobus di Roma, con un bustone in mano e la faccia da bambino. È sardo, ma vive a Roma, anzi a Pomezia. Ha trentotto anni, ma è sempre stato un po' "lentarello". La sua voce ingenua, comica, sgangherata descrive il mondo scintillante e decadente delle sue notti, ma anche l'irresistibile compagnia di ultimi del mondo in mezzo a cui è cresciuto e vive: ciascuno aggrappato a un sogno o a un dolore, a un tentativo come un altro per non essere invisibile. Un eroe stralunato racconta tutta la crudeltà di esistere, con uno sguardo infantile e sghembo che diventa l'unica forma di resistenza al male. Come Forrest Gump seduto sulla panchina raccontava a chiunque la sua storia, Peppino sull'ultimo sedile dell'autobus non fa che parlare. Da solo, come i pazzi: così pensano tutti. Perché non sanno che parla a Marisa. Che a Marisa è intrecciato il suo destino. Le donne della famiglia Jackson, Indiana e Amanda, madre e figlia, sono molto legate pur essendo diverse come il giorno e la notte. Indiana, che esercita come medico olistico, è una donna libera e fiera della propria vita bohémienne. Sposata e poi separatasi molto giovane dal padre di Amanda, è riluttante a lasciarsi coinvolgere sentimentalmente, che sia con Alan, ricco erede di una delle famiglie dell'élite di San Francisco, o con Ryan, enigmatico e affascinante ex navy seal dell'esercito americano, ferito durante una delle sue ultime missioni. Mentre la madre vede soprattutto il buono nelle persone, Amanda, come suo padre, capo ispettore della sezione omicidi della polizia di San Francisco, è affascinata dal lato oscuro della natura umana. Brillante e introversa, appassionata lettrice, dotata di un eccezionale talento per le indagini criminali, si diletta a giocare a Ripper, un gioco online ispirato a Jack the Ripper, Jack lo squartatore, in cui bisogna risolvere casi misteriosi. Quando la città è attraversata da una serie di strani omicidi, Amanda si butta a capofitto nelle indagini, scoprendo, prima che lo faccia la polizia, che i delitti potrebbero essere connessi fra loro. Ma il caso diventa fin troppo personale quando sparisce Indiana. La scomparsa della madre è collegata al serial killer? Ora, con la madre in pericolo, la giovane detective si ritrova ad affrontare il giallo più complesso che le sia mai capitato, prima che sia troppo tardi. Linda ha trent'anni e la sua vita è bloccata. È divisa tra un marito sposato senza grandi slanci e il fuoco di un amore clandestino che troppo in fretta ha perso calore. È stretta in una quotidianità borghese, in una vita sterile, nella finzione di un'esistenza che obbliga ad anestetizzare le domande, i tormenti, gli "astratti furori". E, improvvisamente, dopo un aborto spontaneo e una furiosa lite con il marito, decide di lasciare tutto. Per abbandonarsi al richiamo di un Sud oscuro, mitico, ancestrale. Non lascia nessuna notizia di sé, getta via telefonino, carte di credito, documenti, e parte verso la Calabria e la Sicilia. Ancora non sa cosa c'è dietro a questa "discesa", dietro al suo bisogno di perdersi, all'impulso di degradarsi, di toccare con mano la sporca e vitale sostanza del mondo. Ma da questa fuga, che presto diventa un viaggio profondo, una sfida con se stessa, nascono incontri sorprendenti - storie di dolore, di solitudine, di violenza, d'inaspettata dolcezza. Linda affronterà il freddo, la fame, la paura e conoscerà la solitudine. Ma, al tempo stesso, troverà solidarietà e ascolto dove non avrebbe mai pensato. Fino all'approdo nella Palermo caotica e incantatrice che fa da sfondo a questa storia di amori senz'amore, di maternità e paternità che si sfiorano. Lontana dal conforto narcotizzante della modernità quotidiana, Linda scoprirà la sua anima segreta nel cuore di una terra dove sopravvive, sia pure in agonia, un selvaggio melodramma senza lacrime e senza retorica. "L'albero e la vacca" racconta la storia di un bambino, Adamo, che assiste da sopra a un albero alla separazione dei genitori. Seduto sul ramo del tasso, dopo aver mangiato le sue velenosissime bacche, Adamo vede apparire una placida vacca che rasserena l'orizzonte. L'irresistibile comicità di Bravi nasce dai serissimi sforzi dei suoi personaggi per risolvere situazioni spinose. L'autore riesce a far ridere restando serio, come il grande comico americano Buster Keaton. Al suo protagonista bastano poche bacche velenose e una mansueta allucinazione per affrontare il dolore, sbarcare nell'età adulta e lasciarsi la famiglia alle spalle. Con la sua prosa comica e visionaria, Adrián N. Bravi racconta il quotidiano, trasformandolo in un'avventura fantastica, e viceversa. Lucio Battistini ha una vita come tante, a parte quel nome insolito, dovuto alla passione della madre per Acqua azzurra, acqua chiara, che ha sancito un'adolescenza da sfigato. Oggi ha un lavoro, una squadra di pallanuoto da allenare due pomeriggi a settimana, seppur con miseri risultati, due figli e una moglie che ama. Peccato che lei lo abbia appena sbattuto fuori di casa perché ha scoperto che l'ha tradita. Lui ripara nel retro-bottega del suocero, pasticciere famoso in tutta Roma per le sue ciambelle, e proprio allora l'amico Fritz viene a fargli visita, senza alcuna intenzione di andarsene. Anzi, a doversene andare sarà proprio Lucio, e per sempre. "Amico Fritz" è il nome con cui Lucio chiama il cancro che lo sta uccidendo: ha solo tre mesi di vita davanti a sé. "Stavo per vincere e invece mi hanno dato un rigore contro al 90º". Dopo l'iniziale disperazione, Lucio decide di vivere i cento giorni che gli restano fino in fondo. Per riconquistare la moglie, insegnare a nuotare a suo figlio, dimagrire e presentarsi all'appuntamento con la fine in forma smagliante. Soprattutto, vuole fare un viaggio con la sua famiglia, una seconda luna di miele in compagnia dei figli. Per dare un ultimo gustoso morso alla vita. Per lasciare a chi resta una traccia di sé: della felicità che esistere, nonostante tutto, ha saputo regalargli. Cento giorni per scoprire che la vita è buffa e ti sorprende sempre. Cento giorni nei quali Lucio decide di impegnarsi nella cosa più difficile di tutte: essere felice. Perché, come scriveva Nicolas de Chamfort, "la più perduta delle giornate è quella in cui non si è riso". Kay Scarpetta è finalmente tornata a casa sua a Cambridge, dopo l'ultimo difficile caso, quando riceve una telefonata dal suo storico compagno di lavoro, Pete Marino, il quale la informa che il corpo di una giovane donna è stato ritrovato sul campo da baseball del Massachusetts Institute of Technology. Ben presto si scopre che si tratta di Gail Shipman, un ingegnere informatico che ha in corso una causa milionaria contro una società di intermediazione finanziaria che l'ha mandata sul lastrico. Kay Scarpetta dubita che si tratti di una coincidenza e ha anche il timore che questo caso sia in qualche modo collegato a sua nipote Lucy. A un primo sguardo, la causa della morte di Gail Shipman non è chiara: il suo cadavere è avvolto in un telo ed è stato composto in una posa particolare. Questo fa pensare che chi l'ha uccisa non sia un killer alle prime armi. Sul corpo vengono inoltre ritrovate tracce di polvere fluorescente rosso sangue, verde smeraldo e blu zaffiro. Tutti questi elementi collegano il fatto a una serie di omicidi a sfondo sessuale perpetrati a Washington da un serial killer soprannominato Capital Killer. La famosa anatomopatologa e i suoi collaboratori si ritrovano ben presto di fronte a uno scenario molto più inquietante di un semplice caso di omicidi seriali, un mondo sinistro che ha a che fare con le droghe sintetiche e la nuova tecnologia dei droni, che vede coinvolti il crimine organizzato e le più alte sfere governative. È il sottomarino più letale e veloce che sia mai stato realizzato, e lo sta mettendo a punto la Difesa statunitense. Manca solo un ultimo elemento per far funzionare il prototipo, ma lo scienziato che l'ha creato è morto. Contemporaneamente, in mezzo all'oceano, cominciano a sparire delle navi. Incaricato del recupero dei relitti, Dirk Pitt scopre nelle profondità degli abissi alcuni corpi inceneriti. Che cosa è successo alle navi? E che cosa c'entrano questi misteriosi affondamenti con un sottomarino italiano scomparso negli stessi fondali nel 1943? Toccherà a Pitt collegare tutti i pezzi del rompicapo, aiutato dai suoi figli, i gemelli Dirk e Summer e da un'affascinante agente del NCIS. Nel tepore ingannevole di un maggio malato, il raccogliticcio gruppo di investigatori comandato da Gigi Palma si trova a fronteggiare un crimine terribile: un bambino di dieci anni, nipote di un ricco imprenditore, è stato rapito. Le indagini procedono a tentoni, mentre il buio si impadronisce lentamente dei cuori e delle anime e la morsa di una crisi di cui nessuno intravede l'uscita stravolge le vite di tanti, spegnendo i sentimenti più profondi. Anche un banale furto in un appartamento può nascondere le peggiori sorprese. I Bastardi dovranno essere più uniti che mai, per trovare insieme la forza di sporgersi su un abisso di menzogne e rancori dove non balena alcuna luce. Intanto, nel commissariato più chiacchierato della città, i rapporti di lavoro e quelli personali si complicano, e il vecchio Pisanelli prosegue la sua battaglia solitaria contro un serial killer alla cui esistenza nessuno vuole credere. Nel gennaio del 1748 una donna cammina da sola per le strade polverose di Siviglia. È una ex schiava proveniente dai territori della colonia spagnola di Cuba. Caridad ora non ha più un padrone che decide della sua vita, ma neanche più una casa. Lungo il suo peregrinare incontra Milagros Carmona, una giovane gitana nelle cui vene scorre il sangue della ribellione. Le due donne stringono un'amicizia sincera e incrollabile. Milagros confessa il suo amore per l'arrogante Pedro Garcìa, dal quale la separano antichi odi tra le due famiglie. Dal canto suo Caridad si sforza di nascondere il sentimento che sta nascendo in lei nei confronti del nonno di Milagros, un uomo rude e seduttore, ma di principi ferrei quando si tratta di difendere la sua famiglia e lo stile di vita dei gitani. Quando un editto regio bandisce i gitani come fuori legge, la vita di Milagros e Caridad ha una tragica svolta. Le loro strade si separano, ma il destino vorrà farle incontrare di nuovo a Madrid, cuore pulsante della nuova Spagna in fermento. Elena e Lila, le due amiche la cui storia i lettori hanno imparato a conoscere attraverso L’amica geniale e Storia del nuovo cognome, sono diventate donne. Lo sono diventate molto presto: Lila si è sposata a sedici anni, ha un figlio piccolo, ha lasciato il marito e l’agiatezza, lavora come operaia in condizioni durissime; Elena è andata via dal rione, ha studiato alla Normale di Pisa e ha pubblicato un romanzo di successo che le ha aperto le porte di un mondo benestante e colto. Ambedue hanno provato a forzare le barriere che le volevano chiuse in un destino di miseria, ignoranza e sottomissione. Ora navigano, con i ritmi travolgenti a cui Elena Ferrante ci ha abituati, nel grande mare aperto degli anni Settanta, uno scenario di speranze e incertezze, di tensioni e sfide fino ad allora impensabili, sempre unite da un legame fortissimo, ambivalente, a volte sotterraneo a volte riemergente in esplosioni violente o in incontri che aprono prospettive inattese. Il ritrovamento del cadavere di Stéphane Campana, fervente indipendentista corso fulminato con due pallettoni da caccia nello stomaco, offre all'antropologo Théodore Moracchini l'occasione di ripercorrerne la carriera, dagli esordi di giovane e timido aspirante nazionalista fino a capo del movimento clandestino. La storia di Stéphane Campana si interseca con quella di Khaled e di sua sorella Hayet, immigrati marocchini approdati in Corsica alla ricerca di una vita migliore, e con quella dello stesso Moracchini e di altri personaggi. Così il panorama delle vicende, via via ricomposto da una memoria alla ricerca di se stessa, si sposta continuamente dall'interno della Corsica al paesino del Marocco occidentale, famoso per la spianata a bordo oceano detta appunto Balco Atlantico, in un crescendo di amore, morte e incredulità che ruota intorno all'ormai famoso bar di Marie-Angele e di sua figlia Virginie, innamorata fin da bambina dell'"eroe" Stéphane Campana al punto da abbandonarsi, anima e corpo, ai suoi più strani desideri. I destini si compiono senza mai chiedere il permesso, lasciandoci il dubbio che il libero arbitrio sia solo un’illusione della nostra volontà. Scritto con stile magistrale da Jérôme Ferrari, premio Goncourt 2012, il romanzo ha la stessa ambientazione e molti degli stessi personaggi di Sermone sulla caduta di Roma, di cui, da un punto di vista narrativo, è cronologicamente precedente. Due eserciti contrapposti si fronteggiano ogni domenica su un campo dominato da violenza e frustrazione: sono gli ultra del Genoa e le forze dell'ordine. Ciascun gruppo è più sfaccettato di quanto sembri. Tra gli ultrà ci sono i vecchi destrorsi duri e puri, ma anche i reduci del G8 di Genova che allo stadio vogliono combattere il sistema, e gli adolescenti eccitati dalla scarica adrenalinica che gli scontri accendono. Tra i poliziotti c'è chi lavora solo per mandare avanti la baracca, chi non riesce a liberarsi da un rimorso troppo grande, chi prova a scrivere un saggio sul fanatismo sportivo. Riccardo Gazzaniga, Premio Calvino 2012, è un poliziotto e questo mondo lo conosce dall'interno. Nel suo romanzo d'esordio sa restituirlo con precisione disarmante, rivelando luci e ombre di celerini e tifosi. Attraverso la molteplicità dei punti di vista, con una narrazione al cardiopalma e una scrittura lucida e asciutta, ci racconta una storia universale di rabbia e amicizia, dove ciascun personaggio si trova ogni giorno a scegliere tra lealtà e omertà, tra giustizia e tradimento. "Un romanzo estremamente preciso nel raccontarci le gradazioni che può assumere da una parte il fanatismo per lo sport e dall'altra il lavoro di poliziotto". (Fabio Geda) Il 14 giugno 2007, il re e il primo ministro della Svezia scompaiono durante un ricevimento ufficiale al Castello Reale. Si diffonde la voce che entrambi non si sentissero bene, ma la verità è diversa. La vera storia è molto più complicata e molto più inaspettata. Tutto è iniziato un giorno nel 1961 con la nascita di una ragazza di nome Nombeko in una baracca a Soweto. Tutto lasciava immaginare che avrebbe vissuto nel ghetto per un po' e poi sarebbe morta di droga, alcool o semplicemente disperazione. Se non fosse stata la persona che era. Una persona capace di lasciare il ghetto, lavorare come donna delle pulizie e, imprevedibilmente, diventare il consigliere n. 1 del capo di uno dei progetti più segreti del mondo, legato agli armamenti nucleari. A causa di alcuni missili sudafricani, Nombeko finisce per emigrare dall'altra parte del mondo, il più a nord possibile, ed è così che l'equilibrata, neutrale, anti-nucleare Svezia si trasforma in una vera e propria centrale nucleare. Che influenzerà il futuro del mondo. Il tutto grazie a Nombeko - l'analfabeta che sapeva contare - e ad altri eccentrici personaggi: un Americano disertore in Vietnam leggermente "toccato", due fratelli gemelli che sono ufficialmente una sola persona, tre cinesi negligenti, una donna arrabbiata, una baronessa coltivatrice di patate e, come detto all'inizio, il Re svedese e il Primo Ministro. Ambra Negri Della Valle, la collega carogna per antonomasia, la ragazza perfetta che non fa che mettere la pasticciona e simpaticissima Alice Allevi di fronte ai suoi numerosi limiti è scomparsa. Alice e Claudio Conforti (il perfido e affascinante ricercatore in medicina legale, ex di Ambra e legato ad Alice da un complicato e sfuggente rapporto) temono il peggio quando vengono chiamati dalla procura per esaminare un cadavere ritrovato in un campo. Per fortuna non si tratta di Ambra, ma di una giovane archeologa scomparsa anni prima, mentre stava per partire per una missione di scavo nei territori palestinesi. Chi l'ha uccisa e sepolta come in un rituale con accanto una coroncina da principessa? Dall'idrolitina ai calendarietti profumati dei barbieri, dal temibile gioco del traforo alle cabine telefoniche, passando per i bordelli, le letterine di Natale piene di buoni propositi da mettere sotto il piatto del babbo, le osterie (quelle vere, senza la h davanti per darsi un tono) e molto altro, Guccini torna a scavare nel passato che ha vissuto in prima persona per riportarcelo intatto e pieno di sapore. Pagine poetiche, capaci di dare voce alla poesia delle cose e alla malinconia per il tempo che scorre, ma anche piene di ironia. L’Overlook Hotel non esiste più. Raso al suolo da un incendio causato da una caldaia difettosa, l’albergo più inquietante della storia letteraria e cinematografica di tutti i tempi è ora soltanto un cumulo di cenere e macerie. In tre sono sopravvissuti al disastro: la moglie e il figlioletto del custode ubriacone Jack Torrance e il cuoco dell’albergo, Richard Halloran. In seguito all’esplosione i due adulti hanno riportato gravi ferite, mentre il bambino, illeso fisicamente, si è ritrovato con una psiche completamente devastata. Doctor Sleep racconta cosa è accaduto dopo quell’esperienza terribile e narra la storia di Dan, il piccolo bambino che nel film di Kubrick vagava, smarrito, per i corridoi dell’Overlook, cercando di sfuggire alla furia di Jack. Nel sequel lo ritroviamo che combatte ancora con i demoni della sua mente: i maledetti fantasmi che continuano a tormentarlo fino a farlo cadere nell’alcool e a imprigionarlo in una forma di depressione acuta. Questa sorta di autodistruzione si conclude quando, all’alba dei quarant’anni, Dan chiede aiuto agli alcolisti anonimi che lentamente lo riportano alla vita. In quegli anni il ragazzo decide di sfruttare il dono dello shinning per curare, insieme ad un gatto dai poteri paranormali, i malati terminali di un ospizio: è il Doctor Sleep di cui parla il titolo. Nel frattempo incontra Abra, l’altra grande protagonista del libro, una ragazzina dotata dello stesso potere, la luccicanza, e per questo inseguita da una banda di malvagi: i True Knot, vampiri dello shining alla ricerca dei bambini con questo dono per poterli uccidere e assorbirne il potere. Questo nuovo romanzo vive da sé grazie ai diversi temi che affronta: è soprattutto un libro sulla sensibilità che diventa condanna e sulle dipendenze, famiglia in primis. L’autore torna a parlarci dei sogni che generano mostri: Danny è costretto a fronteggiare da una parte i demoni della stanza 217 dell’Overlook Hotel, e dall’altra gli spietati True Knot. La scrittura di King è sempre avvincente e anche quando tende troppo alla suspense o al paranormale non perde mai di vista il pathos e l’aspetto umano. La storia, che si risolve nella lotta epica tra il Bene e il Male, si sviluppa attraverso registri narrativi che fondono insieme realismo e fantasia. Alla fine della lettura il romanzo ci restituisce la sensazione che è impossibile sfuggire ai propri demoni e la consapevolezza, in parte nichilista, che nessuno è davvero innocente, nessuno si salva davvero e nemmeno al piccolo bambino che vagava con il triciclo è concesso avere una vita ordinaria. Due sorelle, Angela e Michela Cipriani, diversissime fra loro e segnate da un segreto che le rende complici e rivali. Un padre sopravvissuto per miracolo al bombardamento di Bari del '43, ma cui quel disastro sembra avere lasciato in eredità una specie di infezione che ha danneggiato per sempre lui e la sua genia. Votandola al tradimento verso gli altri e verso se stessi. Tra una Bari che, dietro un'apparente rinascita, "brucia" e si sgretola come il suo Petruzzelli, e una Roma sfibrata, temporaneo rifugio, la vita delle due giovani - ragazze e poi donne - è condizionata dalla bellezza di Angela e dalla timidezza aggressiva di Michela. Un conflitto che non si scioglie nemmeno quando la prima svanisce e l'altra assapora la possibilità di diventare padrona del campo. In un balletto atroce e divertentissimo di bugie, accuse e finzioni e crudeltà "Prima che tu mi tradisca" mette in scena tutto l'amore e lo squallore che si annida nelle relazioni di una famiglia in cui si conosce un solo modo per stare insieme, farsi del male. Fernande e André sono una giovane coppia in fuga dai nazisti, che insieme ad alcuni amici ebrei trascorre il periodo della guerra in un beato ma angoscioso isolamento. La promessa che si fanno è quella di tornare un giorno alla Casa del sogno: una villa a picco sul mare, in Riviera, sotto un faro. E se molti saranno destinati agli atroci viaggi nei treni piombati, alle camere a gas, loro due ce la faranno. Dopo la guerra Fernande vive intensamente, fra Parigi e la Casa del sogno. Ma il matrimonio con André diventa un rapporto di confidenza e intimità, di quelle che si riservano agli amici. Fernande incontra il Poeta, che le dipinge i muri di casa, si stabilisce da lei e le regala una trasgressione venata di dolcezza. Il passato però resta sempre lì. Non è neanche un'eco, piuttosto una presenza costante, incancellabile, terribilmente dolorosa. Qualcosa che "non passa, non passa, non passa per nessuno di noi". Perché ciò che è accaduto è inestirpabile: tutti i personaggi in qualche modo lo incarnano, lo rivivono anche se non ne parlano mai. "La lenta nevicata dei giorni" - che deve il titolo a un verso di Primo Levi è un romanzo capace di ricomporre lo specchio infranto che è la memoria di chi sopravvive. Finalista premio Campiello 2013. Immaginate un mucchio di bigliettini disordinati e sparsi in un cestino, appunti scaturiti dal riaffiorare di vecchi ricordi o da episodi dell’infanzia. Un po’ come gli scontrini o i foglietti di fortuna su cui all’occorrenza Montale andava annotando espressioni o immagini che più tardi sarebbero diventate il nucleo di alcune poesie, allo stesso modo le note sul padre che Valerio Magrelli ha trascritto nel corso degli anni sono rimaste a lungo in sospeso. Tuttavia, pulsanti “come il bandolo canoro di un’infinita matassa di storie”, dopo la scomparsa del padre questi brandelli di storie hanno dato vita ad un libro: ci sono voluti dieci anni - il tempo necessario a farne sedimentare i contenuti - affinché quella “cattiva infinità scrittoria” prendesse la forma di una biografia dedicata al genitore scomparso. Suddiso in ottantatre capitoli - corrispondenti agli anni di vita del padre scomparso - ma non necessariamente disposti in ordine cronologico, Geologia di un padre ricostruisce i tratti di un uomo visceralmente amato, una figura importante quanto problematica con cui fare conti: caratterizzato dalla forte personalità, iroso e testardo, colto ma del tutto privo di senso pratico, dolce e al tempo malinconico, Giacinto Magrelli è stato per il figlio “lo zenit della sua ammirazione infantile”. Solo da adulto Valerio ne ha ravvisato i primi segni di fragilità, i limiti che hanno reso quel padre dall’aura eroica umano, debole e indifeso, ed è in questi momenti che il figlio ha scorto riflessa sul suo volto l’immagine paterna e ne ha ravvisato i segni della comune appartenenza, di quello che lui stesso definisce come un “contagio”. Geologia di un padre è un libro intenso, coinvolgente ma anche estremamente lucido. Procrastinando come Sheherazade il congedo definitivo grazie al racconto, Magrelli, orfano ad honorem, non desiste e si maschera, fugge, si affida alla digressione per scendere ancora più in profondità e mostrare, oltre alle virtù del padre perduto, anche quei difetti che lo rendevano "un vecchio esacerbato e vulnerabile". Con il montaggio di elementi eterogenei (pagine di enciclopedia, versi, ricordi, brandelli di giornale), l'autore dà forma a un'opera sui generis che pur tacendo "tutta la verità", dimostra come il corpo di un padre e quello di un figlio siano in fondo tutt'uno. L’uso razionale e ragionato della parola che è una costante della produzione poetica dell’autore permane anche in quest’ultimo lavoro. La prosa è contratta (i capitoli sono quasi sempre brevissimi) e per questo particolarmente intensa, pervasa da un uso abbondante di immagini che trasportano il lettore in una dimensione lirica. D’altra parte Magrelli è e resta un poeta. Le teorie psicanalitiche insegnano che spesso i lutti producono un lavoro che coincide con l’elaborazione del lutto stesso. Si potrebbe dire altrettanto per Valerio Magrelli: Geologia di un padre è il prodotto del lutto, il superamento della morte del padre che è, per riflesso, anche morte di se stesso, un modo forse l’unico - per accorciare una distanza geologica da un uomo dai tratti primordiali. Così, il dettaglio biografico - la morte del padre e la percezione della sua assenza diviene per l’autore tutt’uno con una scrittura stratificata e intratestuale (Magrelli attinge in primis a brani di opere precedenti per rimaneggiarli e dare loro una nuova forma narrativa), prosastica e insieme lirica. In tal modo, grazie alla “carta moschicida del ricordo”, la perdita si trasforma in possesso. Platone è un bassotto dal pelo lungo e la coda a pennello. Un cane da salotto, di quelli nati per fare compagnia agli uomini. A Yuri, per esempio, studente di filosofia "con gli occhiali sempre appannati". Ma durante le vacanze Yuri segue Ada su una nave da crociera, lasciando il bassotto alle cure del portiere. E proprio nella solitudine della notte di Natale avviene per Platone l'incontro che gli cambierà la vita. Nella cantina del palazzo, il Tatuato nasconde scatoloni pieni di animali di contrabbando: scimmie, iguane, serpenti a sonagli, una vecchia tartaruga leopardo di nome Leo, e lei, la Regina, un'elegante levriera afghana, giovanissima, "poco più che un gomitolo di neve". Per Platone è il colpo di fulmine. Ma il cuore della Regina è altezzoso, e neanche le canzoni che il bassotto intona giorno e notte per tenerle compagnia riescono a sedurla. A raccontarci questa storia tenera e profonda, dal suo osservatorio speciale tra le foglie di un albero, un pappagallo che conosce tutte le lingue del mondo, e tutte le pieghe dell'anima. Una favola per chi crede che niente è impossibile. Una contadina analfabeta o una principessa illegittima? Un'indemoniata o la portatrice di un messaggio divino? Sono tanti i volti di Jeanne, forse troppi: è per questo che il tempo ha fatto di lei un archetipo femminile, in bilico tra identità e stereotipi, tra dovere e passione. Non c'è figura storica che più di Giovanna d'Arco rappresenti la donna di oggi, in bilico tra identità e stereotipi, tra dovere e passione. Questo, nel tempo, ha fatto di lei un archetipo, sacrificando la dimensione umana della sua storia. Sulle tracce di questa dimensione, di una più profonda comprensione ma anche di un racconto vivo, epico, pulsante si pone Marta Morazzoni. L'autrice segue, parallelamente al racconto della storia "ufficiale", anche un'altra intrigante pista, un'altra delle tante "Giovanne possibili". Che sarebbe stata la sorellastra di Carlo di Valois, portata via dalla corte alla nascita e affidata a Jacques d'Arc e a sua moglie, e che quindi non sarebbe morta sul rogo ma sarebbe stata salvata e condotta nello sperduto castello di Jaulny. Il romanzo moderno di una figura senza tempo, che ci restituisce non l'eroina ma la donna che "precedeva le fiamme cavalcando", come nella splendida canzone di Fabrizio de Andrè. Quindici storie che hanno fondato l'immaginario poetico di Alice Munro. "Vivevamo in una specie di piccolo ghetto di contrabbandieri, prostitute e scrocconi. Però era una vita interessante..." Lontana dal tumulto che incendiò il mondo durante gli anni Sessanta, la piccola città immaginaria di Alice Munro - che molto deve alla cittadina rurale dell'Ontario in cui è cresciuta - schiude ai lettori i suoi segreti più profondi. Conosciamo così, per la prima volta, i nuclei narrativi, i personaggi, i luoghi, le situazioni e le case, i sentimenti e le cose che, decennio dopo decennio, Munro ha continuato ad esplorare, ricostruendo un mondo la cui mappa imperfetta contiene il movimento del tempo e la cruda bellezza di ogni vita. Dalla vicenda raccontata ne "La pace di Utrecht", "la prima storia che dovevo assolutamente scrivere", in cui la Munro affronta il faticoso rapporto con la madre malata di Parkinson, a quella brutale, poi spesso rivisitata, che si svolge in una fattoria adibita all'allevamento delle volpi ("Maschi e femmine"), fino al racconto che dà il titolo alla raccolta, in cui l'esecuzione del brano di Gluck accompagna l'irrompere di un miracolo, impensabile quanto inutile, nella più grigia e desolata quotidianità. “Lo spettro" si chiudeva con una scena pietrificante. Harry Hole che, centrato al petto da tre colpi di pistola, cadeva pensando: "È finita, finalmente è tutto finito". "Polizia" ricomincia da lì, qualche mese dopo, con un uomo in coma piantonato giorno e notte in ospedale. E Oleg, il ragazzo che gli aveva sparato, spedito a disintossicarsi in una clinica svizzera, e poi Rakel, fidanzata storica di Harry, con un lavoro a Ginevra. Oslo nel frattempo è stata sconvolta dai delitti bestiali di un serial killer che si accanisce proprio contro la polizia. Il macellaio dei poliziotti, l'hanno soprannominato. Perché, dopo averli attirati sul luogo di omicidi irrisolti, letteralmente ne spappola i corpi. La polizia ha perso Harry Hole, il suo esperto in fatto di assassini seriali. E anche ammesso che Harry sia ancora vivo, sarebbe disposto a occuparsi del caso? Nessuno si sarebbe mai più trovato in situazioni limite, questo Harry aveva promesso a Rakel. E una volta tanto sembrava deciso a mantenere la promessa. Ma l'amore di una donna è sufficiente a salvare un uomo da se stesso e dai propri fantasmi? Fare il nodo ai lacci delle scarpe, colorare dentro i contorni, memorizzare le sillabe in fila, lavare bene i denti anche quelli in fondo, salire scale sempre nuove senza stringere per forza il corrimano. E poi: avere lo sguardo lungo, separare l'ansia dal pericolo vero, vincere, perdere, aspettare, agire, confidarsi, farsi valere, rassegnarsi. Ogni giorno è tempo di imparare, e a dover imparare, in questo libro, sono una donna e un bambino che hanno un grosso problema da affrontare, tanta paura e molte armi. Le armi, per quanto strano possa sembrare, sono le stesse della letteratura: nominare le cose, percorrerle, trasfigurarle, lasciarle andare. Perché lei sa moltissimo, ma niente che serva nella vita di adesso, mentre lui per capire mira all'essenziale; lei ha occhi per ogni cosa, ma dietro gli occhiali lui le insegna il mondo a due dimensioni. Si muovono tra fisioterapisti, insegnanti e compagni di classe, neurologi, burocrati, barcollando o danzando, tra le mani una parola difficile che comincia per "H" e che sembra impossibile far germogliare. La scrittura di Valeria Parrella dice il momento in cui la relazione tra ogni madre e ogni figlio si strappa, il binomio si scompone, e ci si guarda finalmente da lontano, finalmente per intero. È un'abbagliante mattina di luglio quando Emma, neolaureata in Lettere, riceve una telefonata inattesa: l'anziana prozia Carolina, che lei a malapena conosce, la invita a casa sua perché, dice, ha un regalo per lei. La curiosità di Emma si tramuta in stupore quando - tra le mura solenni del palazzo di via dei Mille, a Napoli, teatro di tutte le vicende della sua famiglia - la zia le affida un astuccio che contiene un anello: una meravigliosa corniola ovale con una figura incisa sostenuta da una catena liberty d'oro rosso. Un oggetto prezioso, appartenuto in origine a Giulia, la mitica bisnonna capostipite della famiglia. L'anello, la cui pietra somiglia a un cuore pulsante, sembra lanciare un richiamo al quale la nuova proprietaria non riesce a sottrarsi: abbandonato ogni progetto di vacanza estiva, Emma si dedica alla ricostruzione di una storia famigliare che si rivela coinvolgente oltre ogni sua previsione. Dalle carte rese fragili dal tempo emergono parole piene di passione, le foto ingiallite mostrano volti fieri e misteriosi, la voce di zia Carolina narra di amori e tradimenti, di guerre, speranze e sconfitte - ma a tratti si indurisce in una reticenza impenetrabile. Le vite degli uomini bellissimi e infedeli e delle donne volitive della famiglia Cortesi offrono a Emma chiavi preziose per capire se stessa; ed è sempre più chiaro che all'anello è legato un segreto bruciante... Sono migliaia le sudamericane arrivate negli ultimi anni in Italia per lavorare come badanti e collaboratrici domestiche. Hanno lasciato la famiglia oltreoceano e promesso a mariti e figli di tornare presto, ma spesso il rientro in patria, anche solo per una vacanza, è difficile sia per i costi del viaggio sia per la mancanza di un regolare permesso di soggiorno in Italia. È questa la situazione di Lita, che ha lasciato in Bolivia le figlie ancora bambine, affidandole alla nonna. Quattro anni sono lunghi: le figlie crescono sentendosi abbandonate, soprattutto la maggiore, ormai adolescente con gravi problemi di relazione; la vecchia madre è malata e stanca. Ma, lontana com'è, Lita ha difficoltà a comprendere pienamente la gravità della situazione. Sapendo però che i suoi datori di lavoro, Marina e Piero Colnaghi, partono per una vacanza in Bolivia, li convince a recapitare alla sua famiglia dei regali. Il viaggio mette a contatto i due italiani con la difficile situazione economica latinoamericana che sta alla base dell'emigrazione e sui costi umani che una famiglia paga quando uno dei suoi membri emigra. Chi rimane in patria, infatti, impara sulla propria pelle che il termine emigrazione ha sempre un altro nome, più preciso, più duro: si chiama abbandono, separazione, lacerazione. E la vicenda della famiglia di Lita si rivela terribilmente simile a quella delle vedove bianche e degli "orfani della Merica" abbandonati cent'anni fa in Italia, ai tempi in cui erano i nostri giovani a emigrare... I funerali di Berlinguer e la scoperta del piacere di perdere, il rapimento Moro e il tradimento del padre, il coraggio intellettuale di Parise e il primo amore che muore il giorno di San Valentino, il discorso con cui Bertinotti cancellò il governo Prodi e la resa definitiva al gene della superficialità, la vita quotidiana durante i vent'anni di Berlusconi al potere, una frase di Craxi e un racconto di Carver... Se è vero che ci mettiamo una vita intera a diventare noi stessi, quando guardiamo all'indietro la strada è ben segnalata, una scia di intuizioni, attimi, folgorazioni e sbagli: il filo dei nostri giorni. Francesco Piccolo ha scritto un libro che è insieme il romanzo della sinistra italiana e un racconto di formazione individuale e collettiva: sarà impossibile non rispecchiarsi in queste pagine (per affinità o per opposizione), rileggendo parole e cose, rivelazioni e scacchi della nostra storia personale, e ricordando a ogni pagina che tutto ci riguarda. "Un'epoca quella in cui si vive - non si respinge, si può soltanto accoglierla". Quando Giulia, una mattina in cucina, dice al suo compagno Glauco Revelli che non ama più gli uomini, a Glauco si presenta l'occasione per riannodare i fili della sua vita di uomo, di padre, di marito. Glauco Revelli è un uomo di circa quarant'anni, laureato in filosofia, che eredita dal padre un ristorante storico e tradizionale di Milano, che da anni ha la stessa clientela. Dopo una protratta adolescenza di vagabondaggio sessuale, conosce Giulia, redattrice, se ne innamora e inizia con lei una convivenza. È l'arrivo di una figlia, Alice, a stravolgere gli equilibri instabili della coppia. Giulia entra in una crisi profonda post partum, rifiutandosi al compagno. Glauco inizia a sperimentarsi padre fedele: a scontrarsi con gioie e dolori, contrattempi e insospettabili felicità, diurne e notturne, di un rapporto con la figlia; ma inizia anche a scoprirsi marito infedele. Intanto il ristorante rilevato dal padre, rivisitato alla luce di un nuovo gusto, affronta il crollo e la volatilità dei consumi; la crisi dei crediti delle banche sembra stringerlo in una morsa. Per Glauco, insomma, nella vita familiare e professionale, è il tempo delle scelte e della consapevolezza. Sono cresciuti nelle strade di Brooklyn, i tre fratelli Rico; e lì hanno cominciato, ciascuno a modo suo, a lavorare per l'" organizzazione ": Tony, il minore, si limita a guidare le macchine, Gino è diventato un killer e Eddie, il maggiore, un piccolo boss di provincia. Eddie vive in Florida, ha una bella casa, una bella moglie, tre belle figlie. Ha il controllo di un intero settore, dove tutti lo rispettano, dai gestori di sale da gioco agli sceriffi. È soddisfatto della sua vita, ed è certo di essersela meritata. E non gli è mai importato, neanche da ragazzino, che gli avessero affibbiato quel soprannome vagamente sprezzante, il ragioniere. Perché Eddie ha sempre fatto bene i suoi conti, non ha mai parlato troppo né ha mai mirato troppo in alto: ha sempre rigato dritto, insomma. Tutti lo sanno: i suoi capi come i suoi fratelli. Così, quando gli dicono che il fratello minore ha sgarrato, perché si è sposato senza chiedere il permesso e, dopo aver partecipato a un sanguinoso regolamento di conti, è scomparso dalla circolazione, e si sospetta che abbia deciso di collaborare con la polizia, Eddie non esita un istante a mettersi in viaggio per cercarlo. Loro gli hanno detto di suggerire a Tony di cambiare aria per un po', di andarsene in Europa, dai parenti siciliani. E lui ci ha creduto. In ogni caso, ha deciso di crederci. Anche se non può non sapere che loro lo stanno seguendo, e che il destino di Tony è segnato. Quando scendono dal treno nella stazione di una cittadina di provincia, si conoscono da un paio di mesi appena. Quel quarantenne un po' sciupato ma ancora di bell'aspetto, e con qualche pretesa di eleganza - un cappello a larghe tese, un bastone da passeggio con l'impugnatura d'oro -, che si fa chiamare De Ritter, Léa lo ha incontrato nella casa chiusa di Clermont-Ferrand dove lavorava; se lo ha seguito è solo perché lui le ha fatto baluginare la possibilità di una combine che frutterà loro parecchio denaro. Da subito, però, Léa sente che c'è qualcosa di poco chiaro, di inquietante perfino, nella scelta del luogo: perché mai De Ritter ha deciso di tornare proprio lì, in quel buco dov'è nato e che ha lasciato a diciott'anni, nella convinzione che avrebbe fatto grandi cose? Per di più, adesso che ci sono, di denaro non se ne vede, e lei riprende a rimorchiare gli uomini nei caffè - gli stessi caffè dove lui tiene banco con il racconto delle sue mirabolanti avventure in giro per il mondo. Quello che non dice è che in quei luoghi esotici, Tahiti, Giava, Rio de Janeiro, Bombay, ha vissuto di lavoretti umilianti, di piccole truffe; e che da Panama è stato perfino costretto a fuggire per evitare di farsi un paio d'anni di galera... In questo romanzo attraversato da oscure tensioni Simenon delinea magistralmente una febbrile ricerca del tempo perduto che non può sfociare in altro che nel disgusto di sé e nel delitto. Kindle County, 1982. Al termine di un party a casa di Zeus Kronon, influente membro della locale comunità greco-ortodossa, sua figlia Dita, bellissima e anticonformista, viene trovata uccisa nella sua camera da letto. La ragazza era fidanzata con Cass Gianis, il cui padre è l'acerrimo rivale di Zeus, e per questo motivo la loro unione era malvista da entrambe le famiglie. Cass, il cui fratello gemello Paul è agli inizi di una promettente carriera legale, si dichiara subito colpevole dell'omicidio e viene condannato a venticinque anni di reclusione. Allo scadere della pena, Cass è pronto a uscire di prigione, proprio mentre Paul, nel frattempo divenuto senatore, è il candidato favorito per la poltrona di sindaco della Kindle County. Ma il ritorno di Cass può trasformarsi per lui in un'arma a doppio taglio, specie quando il fratello di Dita chiede la riapertura delle indagini, accusando Paul di avere avuto un ruolo nell'omicidio della ragazza. Cosa è successo realmente quella notte di tanti anni prima? È stato davvero Cass a uccidere Dita? E perché? Quale segreto nascondono i due gemelli? A ricostruire la vicenda saranno Evon Miller, ex agente speciale dell'FBI ora a capo della sicurezza dell'azienda dei Kronon, e l'anziano investigatore Tim Brodie, che all'epoca si era occupato del caso. Quella dei Kronon e dei Gianis è la storia di una battaglia infinita e senza esclusione di colpi tra due famiglie che cercano la loro unica e illusoria verità inseguendo una giustizia sempre sfuggente. Una valle severa. In mezzo, il lento andare del fiume. Un uomo tira pietre piatte sull'acqua. Il figlio lo trova assorto, febbricitante, dentro quel paesaggio. è lì che ha cominciato a dipingere, per fare di ogni tela un possibile riscatto, e lì è ritornato ora che il male lo consuma. Ma il male è cominciato molto tempo prima, negli anni settanta, quando il padre-pittore ha abbandonato la sua valle ed è sceso in pianura verso una città estranea, dentro una stanza-cubicolo per dormire, dentro un reparto annebbiato dall'amianto. Fuori dai cancelli della fabbrica si lotta per i turni, per il salario, per ritmi più umani, ma nessuno è ancora veramente consapevole di come il corpo dell'operaio sia esposto alla malattia e alla morte. Lì il padre-pittore ha cominciato a morire. Il figlio ha ereditato un panico che lo inchioda al chiuso, in casa, e dai confini non protetti di quell'esilio spia, a ritroso, il tempo della fabbrica, i sogni che bruciano, l'immaginazione che affonda, il corpo subdolamente offeso di chi ha chiamato "lavoro" quell'inferno. Ci vuole l'incontro con Cesare, operaio e sindacalista, per uscire dalla paura e cominciare a ripercorrere la storia del padre-pittore e di tutti i lavoratori morti di tumore ai polmoni. È allora che il ricordo diventa implacabile e cerca colori, amore, un nuovo destino. Tim Kearney è un ex marine congedato con disonore e un piccolo criminale. Quando taglia la gola a un Hell's Angel e si ritrova a San Quentin, dove i compagni del morto non aspettano altro che potersi vendicare, la sola via di salvezza è accettare una proposta della Dea: impersonare Bobby Z, leggendario spacciatore di cui da tempo si sono perse le tracce, e farsi consegnare a un boss del narcotraffico messicano che tiene prigioniero un agente. Lo scambio avviene con successo ma, nel bunker di Don Huertero, Kearney troverà molto più di quello che aveva immaginato: soprattutto una ragione per rischiare tutto e, forse, cominciare finalmente a vivere. profonda esperienza di terapeuta e di osservatore della nostra società. Cosa dovrebbero fare, allora, i genitori per far crescere meglio i loro figli? Dovrebbero trovare un punto d'unione con tutte le figure che li affiancano: i nonni, le babysitter, le insegnanti dei nidi e delle scuole per l'infanzia. Solo attraverso una comunicazione profonda e fertile con loro sarà possibile evitare, per il bene dei bambini, la moltiplicazione degli stili educativi. Maleducati. Trasgressivi. Immaturi. Le ricette salva figli sono ormai diventate argomento quotidiano di discussione e confronto fra genitori in crisi e insegnanti rinunciatari. C'è chi grida alla sconfitta dell'antiautoritarismo. Chi invoca un ritorno alla disciplina tra le mura domestiche. Chi accusa la scuola di aver abbandonato il suo ruolo pedagogico. Per Vittorino Andreoli, da sempre attento osservatore del disagio psicologico degli adolescenti e dei loro compagni più adulti, invece il fallimento educativo è un malessere profondo che riguarda tutti, genitori e no, e che può essere risolto solo con uno sforzo comune. Il primo sintomo va ricercato senz'altro nella morte della famiglia tradizionale. I bambini avrebbero bisogno di un'unica figura che si occupi di loro: la madre. L'aumento delle figure di riferimento necessario, per molte ragioni, nella nostra società crea un disaccordo educativo, ed è la vera causa della loro inquietudine e disobbedienza. Cosa dovrebbero fare, allora, i genitori per far crescere meglio i loro figli? Dovrebbero ritrovare un punto d'unione con tutte le figure che li affiancano: i nonni, le babysitter, le insegnanti dei nidi e delle scuole per l'infanzia... Educare vuol dire trasformare un figlio in un uomo o una donna capaci a loro volta di diventare padri e madri. E per farlo dobbiamo tenere conto dei sentimenti che sono parte indispensabile di ogni processo di crescita. È questa la tesi sostenuta da Vittorino Andreoli in questo libro breve e lucido sui problemi (e i disastri) dell'educazione, e sulle strategie possibili per porvi rimedio. È una tesi fondata sulla sua Negli ultimi cinque anni Mario Calabresi ha raccolto una serie di interviste ai più grandi fotografi della scena internazionale. Il risultato dei suoi incontri è questo libro: un appassionante tuffo nella storia attraverso le immagini e le parole di grandi testimoni che hanno immortalato e vissuto alcuni dei momenti più intensi e drammatici del nostro passato. Con una prosa in grado di restituire la forza e le emozioni dei protagonisti Calabresi porta il lettore in un viaggio nel tempo, offrendogli contemporaneamente una prospettiva privilegiata: gli occhi di fotoreporter che hanno creato la comune memoria storica. Ecco allora Paul Fusco che racconta i funerali di Bob Kennedy o Josef Koudelka che descrive i primi istanti dell'ingresso dei carri armati a Praga. E poi ancora Salgado, Erwitt, McCullin, Webb, Abbas, Pellegrin, Scianna e Basilico. Infine un capitolo dedicato a tre giovani fotoreporter Alessio Romenzi, Fabio Bucciarelli, Pietro Mastrurzo. "Io vi maledico" c'è scritto sulla lapide di marmo che un operaio dell'Ilva di Taranto ha voluto mettere per strada, sotto casa sua. E "Io vi maledico", dice la figlia dell'imprenditore che si è ucciso strozzato dall'usura bancaria. Sono due delle storie che compongono il ritratto corale di un Paese disorientato, in cui rabbia e frustrazione possono trasformarsi in malattia sociale o in vento di cambiamento. C'è il ragazzo sardo che voleva partecipare a X Factor, non l'hanno preso ed è tornato in miniera. C'è Michele, 4 anni, che ha fatto il test per misurare la rabbia e doveva prendere delle medicine, ma sua madre ha deciso di no. La fatica dei genitori, la sazietà disillusa dei figli. Emanuela che ha scritto due volte a Marchionne e che sa - glielo ha spiegato suo padre - cosa significa "comportarsi da uomo". C'è Milagros che racconta che gli indignados sono orfani delle carte di credito e figli degli sfratti. C'è la rabbia degli adolescenti, cui i professori non sanno dare risposte. Ci sono cinque donne sindaco del Sud, dove le teste di maiale non son maschere da indossare alle feste. E c'è Atesia, dove le donne del call center rispondono la notte ai maniaci per non perdere 80 centesimi lordi. Un ritratto scritto con parole dure come la pietra. O come la verità. Unico antidoto alla rabbia di chi è stanco di non essere ascoltato. Questo libro stabilisce un collegamento costante tra la storia della famiglia e la più ampia e drammatica storia della prima metà del Novecento. Usando un criterio di analisi storico-culturale e uno biografico-narrativo, l'autore concentra la sua indagine su cinque paesi: la Russia, nel passaggio dall'impero allo Stato sovietico; la Turchia, dall'impero Ottomano alla Repubblica; l'Italia fascista; la Spagna della Rivoluzione civile; e la Germania, da Weimar allo stato nazionalsocialista. Analizza poi nel dettaglio la struttura, i lavori, le mansioni e le credenze delle famiglie di quegli anni. Costruendo ogni capitolo come una piccola biografia di un personaggio emblematico, Ginsborg parla del vivace dibattito sul futuro della famiglia in Russia, della rivoluzione turca, della rigida educazione militarista e razzista che il nazismo prevedeva per le nuove generazioni. Sullo sfondo la vita familiare (o la sua assenza) degli stessi grandi dittatori - Stalin e Hitler ma anche Ataturk, Franco e Mussolini. Allo stesso tempo c'è la ricostruzione costante della storia sociale di famiglie "normali" famiglie che, anche quando sembrano totalmente schiacciate dai regimi dittatoriali, provano a mantenere le loro lealtà, affetti e individualità. Il risultato è un libro di grande leggibilità che - impreziosito dalle immagini che accompagnano i capitoli - racconta le vite di uomini e donne memorabili e li fa interagire con la Storia, restituendola al lettore in tutta la sua complessità. L’economia in recessione, la società in frantumi, la politica che degenera: la crisi iniziata nel 2008 sta segnando profondamente il nostro paese. Le politiche europee e italiane hanno protetto la finanza e imposto l’austerità ai cittadini, ridotto i redditi e tagliato la spesa pubblica con il risultato di aver perso in capacità produttive, un debito che si aggrava, disoccupazione record. L’Italia sta scivolando nella periferia dell’Europa e non trova la strada per riprendersi. Eppure una strada c’è ed è quella indicata dalla campagna “Sbilanciamoci!” in Italia e dalle esperienze europee che in questi anni hanno proposto alternative alle politiche di Bruxelles e Berlino. Per trovare la via d’uscita basta poco, bisogna solo sbilanciarsi verso politiche nuove – concrete e realizzabili – che potrebbero ridare un futuro all’Italia e costruire un blocco sociale fondato su uguaglianza e solidarietà, anziché su privilegio e individualismo. I quattro capitoli del volume fanno il punto della crisi europea e italiana, spiegano i limiti delle politiche realizzate; propongono dieci cambiamenti concreti, da una spesa pubblica di qualità alla tassazione della ricchezza, da produzioni sostenibili alle misure per i giovani; discutono le basi sociali di questo cambiamento di rotta; disegnano la nuova politica che ci vorrebbe per percorrere questa strada. Il volume sviluppa le analisi e le proposte della campagna “Sbilanciamoci!” L'agenzia Grazia Neri è stata una delle più importanti agenzie fotografiche d'Italia e del mondo. Questo molti lo sanno, e sanno che in quella agenzia sono passati i più grandi nomi della fotografia. Eppure sono pochi a sapere che Grazia Neri non è una fotografa. Forse è anche per questa confusione che Grazia Neri ha deciso di raccontare in cosa consiste il suo lavoro, quanta passione e quanta esperienza ha macinato nel costruire un archivio che per più di quarant'anni ha servito con eleganza, efficacia e tempestività la stampa italiana. In questo volume, Grazia Neri racconta come si è mossa, con autorevolezza e levità, nell'ambiente dell'arte e della cultura; racconta gli incontri eccellenti, le amicizie professionali, l'amore per la fotografia di attualità, la lettura dei ritratti, le sue passioni letterarie. Racconta, con un tocco di humour e nostalgia, l'infanzia solitaria e piena di libri, l'euforia del dopoguerra, la Milano borghese e imprenditoriale degli anni cinquanta. Come accade nelle ricognizioni narrative di chi ha molto vissuto, ci si trova, progressivamente, dettaglio per dettaglio, a navigare dentro uno scenario amplissimo che è certamente una storia finalmente sprovincializzata degli italiani, e insieme la storia dell'età dell'oro della fotografia. Il volume è accompagnato da novantacinque fotografie, alcune celeberrime, tutte significative, che Grazia Neri rilegge con la straordinaria sensibilità estetica di un sismografo sociale.. Molte delle innovazioni tecnologiche più celebri sono nate con uno scopo diverso da quello per cui le ricordiamo: il torchio riproduceva miniature in latino; il telegrafo lanciava sos; la radio era un "telegrafo senza fili"; Arpanet, l'antenata di internet, una difesa in caso di attacco militare. E stato con il "mutamento dei contenuti" che è avvenuta la rivoluzione. Quando Gutenberg stampò testi in volgare, quando il telegrafo trasmise le corrispondenze degli inviati del "Times", quando Hitler usò la radio per fare propaganda. "Oggi siamo a questo passaggio dell'era cibernetica". Eppure, anche se abbiamo creato gli strumenti del domani, vi travasiamo ancora i vecchi contenuti (l'editoria che, con gli e-book, cerca una soluzione alla crisi, la scuola che si mette online... ). "Il XXI secolo sarà l'epoca degli individui - dice Riotta -, leader politici, tecnici specializzati e artigiani del web che creeranno i contenuti di una rivoluzione attesa da tempc e la cui battaglia per l'egemonia è appena iniziata". Manlio lavora in fabbrica fin da ragazzo; Livia studia per diventare insegnante. Quando si incontrano e si innamorano decidono di condividere tutto. Anche la mattina del 28 maggio 1974 sono insieme. Per puro caso, però, quando la bomba scoppia, Manlio sopravvive. Livia no. Da quel giorno, per Manlio Milani, inizia una seconda vita tra aule di tribunali, aspettando una giustizia che non è mai arrivata, collezionando frammenti di una verità sempre incompleta. Benedetta Tobagi - il cui padre è stato ucciso esattamente sei anni dopo la strage di Brescia - decide di sedersi accanto a Manlio, per provare, udienza dopo udienza, a raccontare la sua vita e quella di chi, come lui, ha vissuto quella stagione di lotte politiche e di risate, di discussioni estenuanti e di scioperi, di serate fra amici, di bombe e sotterranei tentativi di golpe, di paura e speranze. E quando trentasei anni dopo ascolta con Manlio l'ennesima sentenza di assoluzione, capisce cosa vuol dire provare rabbia e impotenza verso chi ha nascosto e manipolato la verità. Benedetta Tobagi compie un viaggio nei misteri recenti della storia italiana, rivisitando il capitolo rimosso della violenza neofascista, pronta, ancora una volta, a cercare di capire cosa furono quegli anni e a fare in modo che una strage non si riduca semplicemente a un luogo e una cifra: il numero dei morti. È necessario continuare a interrogarsi su come è possibile sopravvivere alla ferita dell'ingiustizia che si somma alla violenza, e al senso di colpa che tormenta, paradossalmente, i sopravvissuti ma non i carnefici. La banalizzazione dell'arte e della letteratura, il successo del giornalismo scandalistico e la frivolezza della politica sono i sintomi di un male maggiore che ha colpito la società contemporanea: l'idea temeraria di convertire in bene supremo la nostra naturale propensione al divertimento. In passato, la cultura era stata una specie di coscienza che impediva di ignorare la realtà. Ora, invece, agisce come meccanismo di intrattenimento, persino di distrazione. Inoltre, gli intellettuali sono scomparsi e anche se alcuni di loro firmano sporadici manifesti e prendono posizione su eventi e persone di fatto non esiste più un vero e proprio dibattito. Il Premio Nobel per la Letteratura, in questa durissima radiografia del nostro tempo, riflette sulla metamorfosi che la cultura ha subito in questi anni, nell'inquietante remissività generale, e invita gli scrittori "a coniugare la comunicazione col rigore, l'originalità e l'impegno creativo, per costruire nuove forme d'arte" e poter salvare, cosi, la cultura. Un Paese pregiudica la propria rispettabilità non solo quando i politici mentono, ma anche quando i cittadini tollerano quelle menzogne. Non raramente i cittadini tollerano la menzogna del politico sperando nella sua tolleranza verso le proprie menzogne: è il caso, ad esempio, dell'evasione fiscale. La società diventa così complice della cattiva politica. Le rivolte rancorose sono la risposta sbagliata; promuovono un nuovo inizio solo apparente e aprono un varco attraverso il quale le cattive abitudini passano, con vesti diverse, da una fase all'altra della storia del Paese. I cittadini devono sconfiggere la menzogna e i suoi corollari, chiedendo la verità ai politici, anche e soprattutto ai propri, esigendo che siano controllati, chiedendo conto delle scelte adottate, togliendo decisamente la fiducia quando vengono meno agli impegni. La globalizzazione dell'informazione produce una quantità impressionante di notizie. Mai come oggi è tanto difficile quanto necessario scoprire la menzogna o avvertirne la gravità. Mai come oggi dobbiamo mettere a punto delle regole nuove che garantiscano un'informazione pluralista, indipendente e credibile, e contribuiscano alla fondazione di un'etica pubblica condivisa.