Abitudine al fumo

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Abitudine al fumo
ABITUDINE AL FUMO
Il fumo di tabacco è il principale fattore di rischio per
patologie croniche, quali le malattie cardiovascolari, le
malattie respiratorie e il cancro. Ad esso gli esperti
attribuiscono il 12% degli anni di vita in buona salute
persi a causa di morte precoce o disabilità (Daly).
Negli ultimi quarantʼanni la percentuale di fumatori
negli uomini si è via via ridotta, mentre è cresciuta tra
le donne, fino a raggiungere nei due sessi valori tra
loro paragonabili. Inoltre lʼabitudine al fumo è in
aumento nei giovani.
Dallʼindagine condotta tra i dipendenti della nostra Azienda emerge che il 36,6% di essi
dichiara di fumare abitualmente. Questo dato è lievemente superiore a quanto riscontrato
nella popolazione generale della ASL RM A attraverso il Sistema di Sorveglianza PASSI
(dati 2007-2010: fumano il 33% degli intervistati).
Egualmente rappresentata tra i dipendenti la categoria dei non fumatori: 36,3% degli
operatori (i non fumatori rappresentano il 49% nella popolazione generale della ASL RM A,
secondo i dati PASSI).
Gli ex fumatori rappresentano il 27% dei dipendenti intervistati, contro il 18% della
popolazione generale residente nel nostro territorio.
ABITUDINE AL FUMO NEI DIPENDENTI DELLA ASL RM A
Fumatori
Ex fumatori
36,6 (31,6-41,9)
1
di cui Fumatori in astensione
Non fumatore
1.
2.
% (IC 95%)
27,0 (22,6-32,0)
2
1,1 (0,4-3,1)
36,3 (31,4-41,6)
chi ha fumato più di 100 sigarette nella propria vita e attualmente ha smesso di fumare
chi ha fumato più di 100 sigarette nella propria vita e attualmente ha smesso di fumare da meno di sei mesi
Analizzando i dati suddivisi per sesso, troviamo che tra i dipendenti dellʼAzienda fuma il
37,4% delle donne e il 35,5% degli uomini, anche se tale differenza non risulta
statisticamente significativa.
Gli anni di esposizione al fumo variano da uno a cinquanta, con una media di 24,8 anni e
una mediana di 27, senza una differenza significativa tra i due sessi.
Tra i dipendenti che abitualmente fumano, oltre il 95% fuma sigarette, con una media di 13
sigarette fumate al giorno (si va da un minimo di una a un massimo di quaranta, con una
mediana di 10 sigarette/die). Anche in questo caso la differenza tra i due sessi non è
statisticamente significativa.
Indagando tra le motivazioni di chi è dedito al fumo, emergono lʼabitudine e la tensione
nervosa.
Studiando il comportamento dei dipendenti affetti da alcune patologie correlate con un
aumento del rischio cardiovascolare, troviamo che lʼabitudine al fumo è estremamente
diffusa, anche se ciò influisce negativamente sul rischio.
Fuma il 39,5% dei dipendenti che si dichiarano ipertesi, con una media di 13,5 sigarette
fumate al giorno (minimo 3, massimo 30, mediana 11) e il 35,3% degli operatori che
riferiscono di essere affetti da una malattia cardiaca, con una media di 11,5 sigarette
fumate al giorno (minimo 6, massimo 20, mediana 10).
Anche il 37,5% dei dipendenti che riferiscono di essere diabetici è dedito al fumo, con una
media di 13,3 sigarette al di (minimo 5, massimo 20, mediana 12,5).
Inoltre, tra i dipendenti che riferiscono di essere affetti da bronchite, enfisema o asma, il
52,2% fuma, con una media di 16,9 sigarette fumate al giorno (minimo 7, massimo 40,
mediana 15).
FUMO PASSIVO
Il fumo passivo è la principale fonte dʼinquinamento dellʼaria
negli ambienti confinati. Lʼesposizione in gravidanza può
contribuire a causare basso peso alla nascita e morte
improvvisa del lattante; nel corso dellʼinfanzia può provocare
malattie quali otite media, asma, bronchite e polmonite; in
età adulta, infine, il fumo passivo può causare malattie
ischemiche cardiache, ictus, tumore del polmone. Altri effetti
nocivi del fumo passivo sono probabili, ma non ancora
pienamente dimostrati. Secondo il Ministero della Salute,
ogni anno in Europa muoiono 19.000 soggetti non fumatori
a causa dellʼesposizione al fumo passivo, in casa o sul
luogo di lavoro.
LʼItalia è stato uno dei primi Paesi dellʼUnione Europea a
regolamentare il fumo in tutti i locali chiusi pubblici e privati,
compresi i luoghi di lavoro e le strutture del settore
dellʼospitalità (Legge “Sirchia” n. 3 del 16 gennaio 2003, art.
51 “Tutela della salute dei non fumatori” entrata in vigore nel
gennaio 2005).
Il divieto di fumare trova applicazione non solo nei luoghi di lavoro pubblici, ma anche in
tutti quelli privati, che siano aperti al pubblico o ad utenti. Tale accezione comprende gli
stessi lavoratori dipendenti in quanto «utenti» dei locali nell'ambito dei quali prestano la
loro attività lavorativa.
Sullʼesempio dellʼItalia, negli anni successivi, molti altri Paesi europei ed extraeuropei
hanno introdotto leggi, talvolta anche più restrittive, per contrastare il fenomeno del fumo
passivo.
La legge si è rivelata un importante strumento di tutela della salute, producendo peraltro
una significativa riduzione dei ricoveri per infarto del miocardio.
E' interesse del datore di lavoro mettere in atto e far rispettare il divieto, anche per tutelarsi
da eventuali rivalse da parte di tutti coloro che potrebbero instaurare azioni risarcitorie per
danni alla salute causati dal fumo passivo.
Dallʼanalisi dei questionari risulta che il 20% dei dipendenti della ASL RM A ritiene che la
legge che vieta il fumo sui luoghi di lavoro dellʼAzienda non sia rispettata (per lʼ11% essa
viene rispettata solo a volte, mentre per il 9% non viene rispettata mai).
Esiste una differente percezione del rispetto della legge Sirchia tra soggetti fumatori e non
fumatori. Infatti, tra gli intervistati, solo lʼ11% di chi fuma ritiene che tale legge non venga
rispettata, percentuale che sale al 25% prendendo in considerazione i non fumatori.
Anche nella nostra Azienda i programmi di controllo e la vigilanza dovrebbero quindi
essere intensificati al fine di garantire il rispetto della legge e impedire che vi siano
persone esposte agli effetti nocivi del fumo passivo.
SMETTERE DI FUMARE
Non
fumare
rappresenta
una
scelta
fondamentale per uno stile di vita salutare.
Smettere di fumare consente di migliorare il
proprio stile di vita e di recuperare anni in buona
salute.
I benefici che ne derivano sono vari: da quelli
legati al miglioramento della forma fisica
generale o alla diminuzione del rischio di
sviluppare patologie (come il cancro, le malattie
cardiovascolari e quelle respiratorie), a benefici
di natura estetica (come un alito più fresco,
colorito più roseo e riduzione di borse e occhiaie).
Anche se gli ostacoli per chi vuole smettere di fumare sono spesso di natura psicologica,
la dipendenza dovuta alla nicotina contenuta nelle sigarette rappresenta lʼostacolo
principale. La sensazione di rilassamento che provoca il fumare è dovuta allʼeffetto della
nicotina sul cervello. Però già dopo una settimana dalla sospensione del fumo, si ha una
“reale” sensazione di calma non accompagnata da un senso di mancanza e frustrazione.
Secondo quanto dichiarato dagli intervistati, circa un terzo dei dipendenti dediti al fumo ha
tentato di smettere di fumare nellʼultimo anno. Circa le modalità di conduzione di tale
tentativo, il 92,9% lo ha fatto senza alcun aiuto e solo il 4,8% con lʼausilio di farmaci.
Anche il 94,8% degli ex fumatori è riuscita a smettere di fumare da solo. Solo il 2% lo ha
fatto partecipando a corsi e un altro 2% con lʼaiuto di farmaci.
Smettere di fumare da soli è possibile e tanti ci riescono con un adeguato sforzo di
volontà, ma chi intende abbandonare la dipendenza dal tabacco può contare anche sul
sostegno di professionisti ed esperti, che forniscono tutta lʼassistenza necessaria per
compiere questo passo decisivo verso la salute e il benessere.
NUMERI VERDI E CENTRI PER LA PREVENZIONE DEL TABAGISMO
Telefono
Telefono verde dellʼIstituto Superiore di Sanità
800 554 088
LILT numero verde antifumo
800 998 877