GUERRE E DOPOGUERRE la soglia politica del futuro nella

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GUERRE E DOPOGUERRE la soglia politica del futuro nella
GUERRE E DOPOGUERRE
la soglia politica del futuro nella fantascienza dei fumetti, film e serials contemporanei
Gino Frezza
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1. Dopo l’11 settembre, lo scenario della fantascienza statunitense, nel cinema, in televisione e
nei fumetti, segue fili costruttivi che prendono di petto la questione stessa dell’immaginario
americano. Quel che è stato, per l’800 e buona parte del ‘900, il territorio di una Nuova Speranza,
oggi ancor più che nel passato rivela l’altra faccia sottesa all’idea del Nuovo Mondo: non l’armonia fra
uomo e natura (tanto tenacemente cercata quanto mai trovata) bensì dolore, aggressione, violente
differenze sociali e culturali fra classi e ceti sociali, guerra contro il nemico esterno e, ancor di più,
verso il nemico interno. L’immaginario statunitense è diviso, più acutamente di prima (tornano
“fantasmi” o paure vissuti nel corso del maccartismo e della guerra fredda, con maggiori spinte ad
acutizzare i conflitti), fra istanze di liberalismo democratico e istanze volte ad affermare una
supremazia ruotante attorno al valore della sicurezza.
Quest’ultima è principalmente intesa come guerra al terrorismo, lotta costante al caos proveniente
da modelli sociali, religiosi ed etnici antagonisti. Riguardo alla sicurezza l’immaginario americano
svela una dialettica irrisolta, se non originariamente conflittuale, alla disperata ricerca di una
ricomposizione. Buona parte della fiction contemporanea statunitense fissa i propri significati
narrativi, simbolici e metaforici attorno alla duplicità e ai dilemmi che investono la sicurezza, ovvero
se esso sia o no il valore più importante.
La duplicità si avvera nei significati messi in posizione alternativa l’uno rispetto all’altro in
molteplici narrazioni audiovisive:
a) riaffermare con prontezza i supremi principi della Costituzione Americana (un’ottica
garantista, che difende intoccabili principi di libertà contro ogni apparenza e ribadendo la presunzione
di innocenza); ovvero
b) difendere e garantire la sicurezza del popolo anche a prezzo del venir meno dei principi
fondativi della democrazia statunitense (un’ottica poliziesca, da servizi segreti, in cui il tasso di
velocità dei conflitti con il diverso e il differente è incrementato ad alto grado).
Cinema, televisione e fumetti negli USA esprimono in forme diversificate l’esigenza di dare voce,
espressione, rappresentazione, alle questioni risalenti ai temi della democrazia e della sicurezza, al
punto da intaccare i contorni dell’identità americana. Si va da Terminal (2004) di Steven Spielberg a
fiction tv come Lost (2004-2007) e Jericho (2006), a fumetti come The Avengers o X-Men. Ciò non
avviene solo nella fantascienza; ma, ancora una volta, questo genere trans-mediale appare il più
sensibile – da sempre preso dal compito di immaginare il futuro scientifico e tecnologico della società
del presente – a dispiegare in chiaro la complessità richiamata dal valore della sicurezza nel suo teso
rapporto con i diritti di libertà.
La fantascienza ripensa radicalmente i fondamenti dell’immaginario americano dopo l’11
settembre. Essa propone storie in cui la psicosi ossessiva del complotto terroristico e, in
corrispondenza, la strategia di difesa spionistica (eco della cospiracy theory1 gettata sull’immaginario
della fantascienza) diviene esplicita, oppure implicita, subdola, “interna”.
Implicitamente, l’ossessione vige in Lost, cumulando presagi e timori sulla base di un progetto
oscuro trapelato fra universi paralleli, tuttavia non sempre fungibili (un mondo “normale” nel quale si
aprono varchi spaziotemporali che fanno accedere all’isola dove accadono fatti misteriosi fra scenari
naturali e siti tecnologici). Serie televisiva che intacca la rete del presente e del passato,
proiettandosi in un futuro costituito da strati paralleli tutti apparentemente equiprobabili, Lost muove
in cifra allegorica una riflessione politica interna al modello di comunità fra individui, che possono
riappropriarsi del destino comune o con strategie di solidarietà o con azioni fortemente segnate dalla
violenza e dal conflitto.
1
Il tema del complotto e un’atmosfera da cospiracy theory sono variamente presenti nel cinema e nella fiction televisiva
almeno dagli anni sessanta. Una recente analisi, che riepiloga la vastità dell’argomento relativo a complotto-congiuracospirazione fra letteratura, teatro e cinema, è in Micali 2003; una puntualizzazione del tema su un singolo film è in
particolare in Masecchia 2003.
Esplicitamente, invece, il timore ossessivo di un terrorismo esterno e/o interno contro gli Stati
Uniti, con una vibrazione ancora più diffusamente collettiva, si staglia nelle pieghe narrative di
Jericho, serie tv incentrata su un’America sopravvissuta a un attacco atomico. Qui (esattamente
come in una delle matrici originarie di questa fiction, ossia il film Red Dawn, Alba Rossa, 1984, di
John Milius), è in discussione il modello comunitario statunitense, collocato in territori ai margini del
West dove il conflitto con nemici esterni o interni vincola gli individui a poche strutture ordinamentali
della società, messe alla prova nella capacità di resistere a ogni attacco. Nella serie di Jericho,
avanza l’ipotesi di un immaginario “post-sociale” nel quale la famiglia, oltre ogni tradizione, di là da
ogni formulazione ratificata per abitudine, o anche superando pregiudizi razziali, etnici o di classe, si
riafferma su una essenziale base sentimentale e sulla estrema abilità di resistere all’isolamento e al
caos.
2. L’immaginario americano di fantascienza tecnologica e sociologica è rimesso pesantemente
in gioco nelle attuali saghe dei fumetti. Nelle serie della Marvel Comics edite nel 2006-2007, sono
intervenuti non solo grandi cambiamenti (alla maniera con cui, nei primi anni novanta, avveniva una
stringente riformulazione dell’universo dei supereroi della casa concorrente, la D.C. – Batman,
Superman, Wonder Woman, Hawkman e tanti altri in saghe come The Dark Knights Return, La morte
di Superman o Crisis on infinite earths).
Attorno alla saga di CIVIL WAR – una guerra civile fra supereroi capitanati da un lato da Iron
Man/Tony Stark e dall’altro da Captain America/Steve Rogers – varie testate a fumetti della Marvel
hanno accentuato i poli opposti di una divisione – che appare non più ricomponibile, se non a prezzo
di imprevedibili conseguenze… – fra i protagonisti delle più note serie mensili di questa cruciale casa
editrice statunitense. Dualità e divisione sono causate da posizioni non conciliabili che i supereroi
Marvel assumono davanti alla legge – chiamata Atto di Registrazione – approvata dal Congresso e
proposta dal Governo americano dopo una strage di civili (fra i quali molti bambini) avvenuta per
colpa di un piccolo gruppo di giovani supereroi – i New Warriors – nella cittadina di Stamford nel
Connecticut.
L’Atto di Registrazione pretende che ogni supereroe fornisca le proprie generalità e si dichiari al
Governo Americano. Dalla fazione filo governativa – guidata da Iron Man – l’Atto è visto come unica
scelta per garantire la sicurezza dei cittadini e il favore della popolazione nei riguardi dei supereroi,
mentre dalla parte avversa (con l’eccezionale rilievo assunto da un eroe della Seconda Guerra
Mondiale come Steve Rogers/Captain America che si schiera apertamente contro il suo stesso
governo!) l’atto è considerato un concreto e negativo assalto ai supremi principi di libertà che hanno
reso l’America una terra in cui vale la pena vivere e per la quale si può morire.
Nei sette albi di CIVIL WAR, con Iron Man si schiera Reed Richards/Mr. Fantastic, leader dei
Fantastic Four, a prezzo di una sofferta e drammatica rottura con la moglie Sue/La Donna Invisibile e
con il cognato Johnny Storm/La Torcia, rottura che sta disperdendo lo storico gruppo di questi eroi
fantastici a meno di radicali e inaspettate ricomposizioni; il solo Ben Grimm/La Cosa sceglie di star
fuori dalla querelle, recandosi a Parigi, in Europa; da par suo, l’Uomo Ragno/Peter Parker dapprima
si schiera con Iron Man, dichiarando in tv la sua identità segreta, poi comprende l’errore commesso e
cambia partito, approvando esplicitamente in televisione il punto di vista di Captain America, in nome
del rispetto del diritto alle differenze sancito dalla Costituzione Americana.
Il conflitto è acceso a tal punto che i due principali responsabili dello schieramento filogovernativo
– Iron Man/Tony Stark e Mr. Fantastic/Reed Richards – si fanno ideatori e promotori di una prigione
virtuale, parallela al mondo reale, inaccessibile se non da un gate ermetico e quasi non violabile, una
prigione detta Zona Fantasma, nella quale vengono rinchiusi i supereroi ribelli all’Atto di
registrazione, appena sono catturati da Iron Man e dalle sue gigantesche Sentinelle d’Acciaio. La
violenza e l’odio fra ex fratelli occupano uno spazio acceso da furori; antiche solidarietà si dissolvono
sotto i loro colpi…
Captain America, costretto a entrare in clandestinità, promuove una ribellione segreta con altri
colleghi (vi si riconcilia – come detto sopra – Spiderman/Peter Parker) opportunamente disposta a
contrastare i piani di Iron Man e Mr. Fantastic fino allo scontro finale. Importanti eroi del Multiverso
fumettistico della Marvel, come Pantera Nera e Namor, dopo alcuni tentativi di mediazione e di
dialogo, resisi conto della situazione e della necessità di prendere partito mantenendo la propria
coerenza in base a ideali non corrompibili, si affiliano ai ribelli di Capitan America.
Il Multiverso Marvel è – per tutti questi motivi – in fibrillazione generale, in una pulsazione tellurica
che ne altera totalmente i connotati. Il raggio dei cambiamenti nei fumetti Marvel è proiettato nello
spazio e nel tempo; va oltre l’America (interessando territori come l’africana terra dei Wakanda dove
vive un eroe rispettato come Pantera Nera/T’Challa, oggi sposato con l’X-woman Tempesta/Ororo)
ma anche oltre la rete fra presente, futuro e passato (richiamando la prossimità con le crisi generate
dalla differente biopercezione dell’ambiente da parte di supereroi come Namor/Submariner, principe
della sommersa Atlantide). La vastità dei moti tellurici rinfocola set di avversità fra mondi di terra e
mondi oceanici, fra il nostro pianeta e la parte nascosta della Luna, dove vivono Gli Inumani; riscrive
amicizie, rivalità e ostilità sedimentate in oltre cinquant’anni di storie a fumetti, con la opportuna
ricomparsa e con la pungente valorizzazione di deuteragonisti che vivono ai limiti fra la Legge e il
Crimine (come The Punisher) o di vilains come Norman Osborn/Goblin, il Teschio Rosso, Dottor
Destino, e vari altri.
È una complessiva ri-delineazione temporale degli obbiettivi e degli interessi che hanno
caratterizzato le diverse serie dei vari personaggi terrestri ed extraterrestri (la guerra civile non solo
comporta un esteso conflitto fra eroi americani, ma anche un rischio per gli equilibri planetari
delicatamente messi in piedi nei riguardi degli Inumani o degli Atlantidei). L’esistenza dei gruppi e
delle associazioni dei supereroi – The Avengers/I Vendicatori, in primis – è soggetta a variazioni
improvvise: ogni mossa dell’uno ricade sulla consistenza politica di uno schieramento o dell’altro,
vecchi amici (gli stessi Capitan America, Iron Man, Reed Richards e Peter Parker) si trasformano in
tenaci nemici, vincoli matrimoniali e familiari intrecciati da decenni sono sciolti da divergenze
insanabili nel seno stesso delle diverse famiglie.
Un grande scenario di identità individuale e collettiva è in questione. Le azioni di ciascuno non
sono più libere dall’interrogativo della responsabilità. La saga di CIVIL WAR dispiega, fra le tante
immaginate e disegnate dalla perspicace equipe creativa della Marvel, una non equivoca, dilagante,
narrazione politica sulla fase attuale dell’immaginario della fantascienza americana.
Altamente significativo è il fatto che tale riflessione politica sull’immaginario della fantascienza a
fumetti americana ruoti attorno al ruolo preso, nel corso di CIVIL WAR, da Captain America/Steve
Rogers. Costui non è un eroe qualsiasi; egli riconduce, non soltanto simbolicamente, a due delle
questioni principali dell’immaginario statunitense: a) la Seconda Guerra Mondiale, che risulta l’ultima
combattuta inequivocabilmente per una causa giusta (la lotta al nazismo, la difesa della libertà contro
le dittature) a fronte di guerre successive che, dal 1945 a tutt’oggi, dimostrano, viceversa, come le
scelte belliche statunitensi siano state piuttosto collegate a strategie di dominio planetario; b) la
supremazia dei simboli della democrazia su altre forme di convivenza sociale e politica, supremazia
già venuta meno negli anni sessanta e settanta quando Steve Rogers/Captain America, tornato in
vita per una lunga ibernazione (nelle importanti storie di Stan Lee e Jack Kirby) molti anni dopo la
fine della Seconda Guerra, dovette misurarsi con il persistere di varie dittature sul Pianeta e con
l’inquinamento del sistema di vita americano (la guerra in Vietnam, lo scandalo Watergate ecc.).
La riflessione politica che CIVIL WAR insedia nel proprio sottofondo narrativo si acutizza quando
un eroe del calibro di Spiderman/Peter Parker, tentando di capire qualcosa dello scenario mutato
all’interno del proprio paese, in un dialogo con Captain America apre una falda culturale e mentale
che riporta le scelte di questo eroe dei fumetti ai fondamenti dello spirito collettivo e pubblico della
democrazia statunitense (con le parole di Mark Twain, questo “spirito” è cosa ben diversa dal
governo presidenziale e dalle forze sociali che, in vari periodi, possono amministrare il potere).
Ancora Spiderman, nel corso di un altro stringente confronto di idee, mette alle corde Mr.
Fantastic/Reed Richards, rievocando un capitolo, amaro e spinoso, della democrazia americana: il
maccartismo, cumulo di ingiusta e intollerabile persecuzione al diritto di espressione e alla libera
opinione.
Ecco, di conseguenza, che il tema della responsabilità (evocato dal costante ritornello
promozionale di CIVIL WAR: “e tu da che parte stai?”) si coniuga con quello dell’accertamento delle
verità – in apparenza conclamate e invece tutte da provare – che starebbero dietro l’inizio e l’innesco
– e adesso anche dietro al finale – di questo problematico, complesso processo di rivoluzione interna
al Multiverso Marvel. La strage e i protagonisti dell’esplosione di Stamford sono, infatti, oggetto di
diverse e non omogenee ricerche, da parte di investigatori (S.h.i.e.l.d., FBI e altro) e di giornalisti
come Ben Urich (del Daily Bugle) e Sally Floyd (dell’Alternative) i quali scoprono trame sottese e
interessi scarsamente legittimi di alcuni protagonisti di CIVIL WAR (in testa, la figura di Iron
Man/Tony Stark, imprenditore-tecnologo vicino al Pentagono) che potrebbero strumentalmente usare
il disegno paranoico dell’Atto di Registrazione allo scopo di consolidare specifiche forme di potere e
di controllo della società americana dei supereroi.
In tale prospettiva si scatena una guerra articolata su una doppia calibratura. Su un primo piano,
sono disposte le azioni dei gruppi pro e contro l’Atto (da parte di Iron Man e Mr. Fantastic, l’obbiettivo
è catturare ogni supereroe non assoggettato all’Atto; da parte di Captain America, si sceglie di
combattere nella clandestinità), azioni in genere finalizzate a smontare i piani dello schieramento
avverso (talvolta, tramite infiltrazioni o mascheramenti di supereroi amici che si svelano nei panni del
traditore), ovvero a dotarsi del quid in più di informazioni che consenta la vittoria (impossessarsi dei
codici di accesso ideati da Reed Richards/Mr. Fantastic per entrare nella Zona Fantasma e liberare i
supereroi prigionieri – Captain America si serve per tale scopo del contributo di The Punisher/Frank
Castle) o, perfino, a incamerare, in qualità di forze di guerra, quei supercriminali resisi conto della
comune sorte riservata dall’Atto a chiunque si muova entro i confini di una identità segreta
(situazione che scatena una crisi interna nel gruppo di resistenza di Captain America: The Punisher
spara e uccide repentinamente i due criminali seduti al tavolo di confronto e di negoziato con Captain
America, provocando l’immediata, dura, reazione di quest’ultimo nei riguardi del Punitore).
Su un secondo piano, sincronico al primo, si muove la guerra oscura delle informazioni celate, dei
piani segreti che potrebbero aver disposto, come sul tavolo di una scacchiera, lo scenario degli
eventi; piani tesi a realizzare progetti non dicibili o sostenere politiche “nere” sotto una patina di
conformismo e di paranoia divenuta cifra generalizzata con cui misurare le posizioni in campo; contro
tali oscuri progetti si muove, di conseguenza, la guerra tenace dei cercatori della verità, sotto forma
di giornalismo di inchiesta o di mosse tese a restituire la conoscenza profonda della realtà sviluppata
in questi frangenti nel Multiverso Marvel.
3. Al momento, la conclusione di CIVIL WAR si mostra ripiegata all’indietro rispetto alle
premesse: Steve Rogers/Captain America, resosi improvvisamente conto di combattere contro ex
amici senza più lo spirito di una causa universale, cessa il combattimento e ordina ai suoi di fermarsi,
facendosi imprigionare nei panni di Steve Rogers e non in quelli di Captain America; Sue e Reed
Richards appaiono diretti a una riconciliazione dopo il dissidio; Ben Grimm, poco prima degli ultimi
istanti del conflitto fra i supereroi torna nell’agone, sorprendendo la stessa Sue (“credevi davvero che
me ne sarei rimasto in disparte a mangiare croissant?”); Iron Man/Tony Stark si mostra – finora, ma è
tutto da verificare… – nelle vesti del vincitore indiscusso e, tuttavia, magnanimo, al quale il
Presidente degli USA conferisce ruoli di tutela della sicurezza nazionale e affida le scelte decisive al
nuovo posizionamento dei supereroi nel territorio americano.
La conclusione apparente della minisaga in sette episodi di CIVIL WAR segnala una sorta di
timidezza dei narratori della Marvel che li ha spinti a non condurre fino in fondo gli esiti del conflitto
interno ai supereroi; i fatti sembrano disporsi a favore dello schieramento filogovernativo come se
ogni tensione e lacerazione sia ricopribile senza ulteriori conseguenze. Illusione certamente amara,
ben presto soggetta a essere ulteriormente svelata come subdola, ingannatrice. Resta, a ogni modo,
l’esito di una sconfitta subita da quei ribelli – dei quali Captain America è indiscusso comandante –
mossi da una passione politica senza inquinamenti: la libertà individuale è il principio primo e la
motivazione forte di ogni appartenenza sociale, come di qualsiasi spinta a rappresentare – da
supereroi e mutanti – le emergenze più significative dell’epoca succeduta all’11 settembre.
La sensazione di questo finale “ritorno indietro” di CIVIL WAR manifesta zone d’ombra che non
vengono risolte e chiarite. Il Multiverso Marvel ha ricevuto piegature tragiche che ne rivoluzionano in
origine l’andamento, e la sorte di alcuni supremi eroi non è pienamente precisata. Che cosa accadrà
adesso a Spiderman/Peter Parker? Come la prenderà Namor/Sub Mariner e come reagiranno gli
Atlantidei? Quali saranno d’ora in poi i rapporti fra supereroi e mutanti della Terra con quelli di pianeti
e satelliti vicini (Gli Inumani, ecc.?). E i Fantastici Quattro, in che maniera ricomporranno il gruppo
che si è profondamente diviso? (Per adesso, fra Reed e Sue Richards c’è un avvicinamento che,
nelle parole di Susan, non consente a ogni modo di tornare a prima come se nulla fosse accaduto. I
due scelgono di dedicarsi agli affetti familiari e prendersi una pausa, mentre al gruppo dei F. Q. si
aggiunge, in sostituzione almeno provvisoria della originaria coppia, il duo costituito da Pantera
Nera/T’Challa e Tempesta/Ororo). Infine: davvero Captain America si è arreso? (alla Torcia/Johnny
Storm che osserva “non avrei mai pensato che CAP potesse gettare la spugna”, Ben Grimm/La Cosa
risponde: “Se pensi che abbia gettato la spugna, non lo conosci affatto”).
4. Domande su domande si accavallano. Alcune ulteriormente si impongono per una
imprevedibile e sinistra conseguenza delle situazioni provocate dalla guerra civile: Capitan America,
nel giorno in cui la sua ribellione dovrebbe essere giudicata, in pubblico, da un tribunale, viene colpito
a morte davanti alla folla. L’ombra funesta del complotto (la morte di Captain America è ricondotta a
una manovra segreta del Teschio Rosso…) allunga la sua mano sugli eventi. Del pari, si estendono
le vibrazioni metaforiche della scomparsa, dall’universo simbolico-immaginario pubblico, di una icona
risalente ai principi fondamentali della democrazia statunitense. La scomparsa dell’eroe americano
per antonomasia determina storie nuove, che inquadrano con prospettive incognite i destini degli altri
supereroi.
Ma, contemporaneamente, già numerose e incisive sono le ripercussioni avvenute per effetto
della sola guerra civile e dell’Atto di Registrazione. Per prima, va sottolineata la sua preliminare e
radicale implicazione. L’Atto di Registrazione cancella ogni residuo di valore alla doppia identità dei
supereroi; esso chiede esplicitamente che il supereroe si dichiari, annullando ogni segreto o margine
di privacy o di autonomia gestibile in proprio, assoggettandosi al controllo del Governo (per mano di
Iron Man). A causa dell’Atto, il segreto della doppia identità si riposiziona, nel senso della sua
funzione e nel verso del suo significato. Con la saga di CIVIL WAR l’estrema sapienza degli
sceneggiatori della Marvel dà nuovo senso, non preesistente, alla questione della doppia identità e
alla capacità dei supereroi di rappresentare principi e idee collettive che i singoli possano adottare
anche nella percezione dell’alterità vissuta nei confronti dell’essere comune fondativo della società.
CIVIL WAR rifocalizza il merito di quel gesto supereroico che dà vitalità ai doppi e agli alter ego e
che fornisce motivazione generale alle duplicazioni e/o agli sdoppiamenti di personalità dei quali – da
sempre – si nutre il Multiverso Marvel. In quest’orizzonte di consapevole reinscrizione simbolica della
doppia identità, è esemplare la scelta di Spiderman/Peter Parker, quando, dapprima convinto delle
ragioni di Tony Stark/Iron Man e di Mr. Fantastic/Reed Richards, prendendo partito a favore dell’Atto
di Registrazione, davanti alle telecamere toglie la maschera e si mostra al pubblico col volto
denudato di Peter, poi, con gesto altrettanto sorprendente, si ripresenta negli studi televisivi
dichiarando di aver commesso un errore e, conseguentemente, cambia partito a favore dei ribelli
clandestini di Captain America. La duplicità delle scelte nell’epoca di CIVIL WAR rilancia, insomma,
imprevedibilmente il significato della doppia identità.
L’atto di Registrazione disfa e riaggrega l’essere del gruppo solidale dei supereroi (affinità e
amicizie che, nell’era ingenua dell’immaginario dei fumetti di supereroi fra anni sessanta e settanta,
motivava il costituirsi degli Avengers, della Justice League ecc., fra universi Marvel e D.C.). Le
opzioni di gruppo sono riconnesse alle scelte responsabili dei singoli. Non ultima fra tali
conseguenze, la solidarietà reciproca fra Mutanti – come per gli appartenenti al gruppo degli X-Men
di Charles Xavier – è in uno stato di sospensione critica; pur schierati come individualità –
Ororo/Tempesta sceglie di stare con i ribelli senza che ciò diffonda uguali decisioni nei suoi
compagni di squadra – i mutanti vivono, dal di dentro del gruppo, e dall’interno della loro specifica
condizione genetica, minacce e trasformazioni che ne pongono a rischio l’esistenza, in serie
appositamente scritte2…
Tutto si rimodula nel Multiverso Marvel. La stabilità generale del multiverso, nell’apparenza dei
suoi legami di continuità – narrativa, cronologica e simbolica – mostra vibrazioni sottili, eppur
rilevanti, che ne scompaginano l’assetto. In CIVIL WAR il multiverso Marvel raggiunge una diversa
qualità della dimensione narrativa, rispetto alla sua abituale continuity o alla fitta rete dei crossover –
un effetto già palesato nelle serie di House of M o quasi scontato in X-Men. E is for extinction.
Ciò significa addio alla continuity e ai cross over? Forse, ma nessuno può dirlo davanti agli eventi
che incombono sul Multiverso Marvel… Certo è che non bastano più e non solo gli intrecci multipli né
gli attraversamenti casuali o necessari. Si impone un superiore livello della temporalità e della
spazialità, che squaderna e riaggrega i segni e le tipologie narrative dei personaggi. E provoca una
densa rifrazione di conseguenze fra le serie principali e le serie derivate, con la quale si perviene a:
1) una sincronicità prismatica (un irraggiamento di storie sincroniche che costituiscono un “intero”
aperto”, sempre suscettibile di rigenerarsi daccapo);
2) una diacronicità multipla, ovvero un decorso temporale stagliato su zone disposte come su fili
molteplici degli accadimenti.
2
Negli albi della serie House of M, l’universo dei mutanti è sconvolto, nelle sue fondamenta, nel giorno del cosiddetto MDay, ovvero dal repentino cambiamento causato dai poteri di Scarlet, alias Wanda Maximof (figlia di Magneto). Scarlet,
normalmente capace di alterare gli stati di realtà, caduta preda di un grave esaurimento nervoso trasforma in profondità
l’universo dei mutanti, generando un altro Mondo governato da un caos estremamente drammatico nel corso del quale
alcuni eroi mutanti perdono la vita, mentre tutti gli altri perdono i loro poteri, ritrovandosi d’improvviso senza gene
mutante…
Il passato è devastato da costanti accessi dei diversi presenti incombenti, e il futuro è una
ragnatela allestita secondo disegni da osservare con regolare costanza per scrutarne un senso
nascente, sempre sul punto di dissolversi e riformularsi. Il Multiverso Marvel manifesta, in tali
condizioni, un Modello di Realtà compresenti e interagibili l’una con l’altra, dove è difficile individuare
quella prioritariamente affidabile o che valga la pena d’essere vissuta meglio e prima delle altre.
Riferimenti biblio-fumetto-grafici
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