scheda di approfondimento - Camera del Lavoro Metropolitana di

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scheda di approfondimento - Camera del Lavoro Metropolitana di
04-12-2008
Gli ispettori del lavoro cambiano pelle
Direttiva del Ministero del Lavoro 18 settembre 2008 sui servizi ispettivi
a cura di IGOR GIUSSANI e TOMMASO PIZZO
La vigilanza sul lavoro e sulla sicurezza cambia rotta. E con essa anche il ruolo istituzionale degli ispettori, a cui
viene ora chiesto di esercitare con moderazione i poteri di controllo e di sanzione degli illeciti, dovendosi piuttosto
preoccupare di instaurare un “clima collaborativo” con l'azienda e i lavoratori ispezionati. Così ai datori
inadempienti, che però si ravvedono, verrà garantito un alleggerimento delle sanzioni, e maggiore sarà in generale la
comprensione dei comportamenti e delle logiche imprenditoriali. Resta il dubbio che, in un paese dove oltre il 25%
della ricchezza deriva da attività non dichiarate, possano non essere queste le politiche più adeguate di contrasto al
lavoro nero e all'evasione.
Il 18 settembre 2008, sulla scorta delle profonde novità normative introdotte dal decreto legge n. 112/2008
(c.d. Manovra estiva), il Ministro del Lavoro ha emanato una “storica” direttiva sui servizi ispettivi e le
attività di vigilanza in materia di lavoro e previdenza sociale. Il provvedimento si pone in continuità con la
riforma degli adempimenti amministrativi per i datori di lavoro, che ha visto la sostituzione di tutti i libri
contabili sinora obbligatori con il libro unico del lavoro. La direttiva indica agli ispettori il nuovo quadro di
compiti e le modalità con cui d'ora in avanti dovranno compiere gli accertamenti sulla regolarità dei
contratti e delle condizioni di lavoro.
Detto in premessa e fuor di metafora, questa direttiva evidenzia bene la scarsa considerazione e lo scarso
impegno che questo Governo ha nei confronti del lavoro nero, della sicurezza sui luoghi di lavoro e
dell’economia sommersa. La direttiva che Sacconi detta agli ispettori si incardina su due pilastri, entrambi
rivelatori della fragilità dell'intero impianto: nessuna risorsa in più per la lotta al lavoro nero e mano leggera
nei confronti del “trasgressore occasionale ed episodico”. Cercheremo, in questa scheda, di mettere in luce
quanto appena affermato analizzando le principali novità del provvedimento Ministeriale.
Finalità
La finalità dichiarata dalla direttiva è quella di rilanciare i servizi ispettivi agganciandoli ad un “logica
preventiva e promozionale” in cui gli ispettori dovrebbero interpretare “in modo moderno ed efficace” il
proprio ruolo.
Per far questo gli ispettori dovrebbero superare ogni “residua impostazione di carattere formale e burocratico
che intralcia inutilmente l’efficienza del sistema produttivo”: già dietro a questa prima affermazione si legge tutto
il fastidio nei confronti delle regole, tipica di questo esecutivo. Regole che, secondo il Ministro, non
costituirebbero altro che un intralcio alla efficienza del sistema produttivo.
La direttiva stabilisce che la nuova vigilanza debba ruotare attorno alla centralità della “persona che lavora”.
Che è, innanzitutto, il prestatore di lavoro, la cui tutela può essere maggiormente garantita da un'azione
ispettiva di qualità, che guardi cioè al prevenire gli abusi e a sanzionare i fenomeni di irregolarità sostanziale,
abbandonando ogni approccio di tipo formalistico (tali sono, evidentemente, molti degli obblighi esistenti).
Ma la persona che lavora – sostiene la direttiva – è anche il datore di lavoro. Se ne deduce un tentativo
improprio di porre sullo stesso piano chi detiene l’impresa con i suoi dipendenti, invitando il personale
ispettivo ad assumere un comportamento “equidistante” tra le due parti. Compito dell'ispettore sarebbe
infatti tanto la tutela del lavoratore quanto la “garanzia di una leale concorrenza tra le imprese”, che si ottiene
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non solo con la repressione degli illeciti, ma anche “e forse soprattutto con la prevenzione degli stessi e con la
promozione di una più diffusa e radicata cultura della legalità”. L'ispettore dovrà quindi cambiare la logica del
proprio agire: non più esercizio di potere, ma resa di un servizio. Nei confronti dei lavoratori, ai
quali l'ispettore chiederà aiuto e collaborazione. E nei confronti dei datori di lavoro e dei loro consulenti,
con i quali l'ispettore deve instaurare un “clima collaborativo”.
Programmazione decentrata
L’attività ispettiva dovrà tendenzialmente attuarsi attraverso azioni ed ispezioni programmate dai diversi
organi ispettivi anche in un'ottica coordinata e sinergica. La novità è il decentramento della
programmazione. Il piano delle ispezioni dovrà infatti tener conto delle specifiche realtà territoriali e
perseguire obiettivi concreti e sostanziali di prevenzione e repressione delle violazioni. In quest’ottica le
singole Direzioni provinciali dovranno raccogliere e analizzare i dati in loro possesso per avviare degli
interventi mirati.
La nuova ispezione del lavoro si presenta dunque in chiave totalmente ribaltata rispetto a quanto fin qui
avvenuto. Da una assoluta prevalenza di accessi in azienda a seguito di “richieste di intervento” (cioè di
denunce), si passa a una riorganizzazione dei servizi ispettivi secondo due principali direttrici:
- “a vista”
- “programmata”, cioè indirizzata su singole aziende predeterminate.
Tra le due, la direttiva indica la necessità di privilegiare le ispezioni programmate rispetto a quelle a vista.
Nessun seguito alle denunce anonime
Accanto alle ispezioni “su iniziativa” l’ispettorato svolge la sua attività a seguito di richieste di intervento
provenienti da uno o più lavoratori o dalle organizzazioni sindacali.
In questi casi, si premura di sottolineare il Ministro, non deve essere dato corso a richieste anonime “anche
al fine di evitare la strumentalizzazione del ruolo dell’ispettore” e che “la semplice presentazione agli uffici di una
richiesta di intervento”, pur sottoscritta dal denunciante, non determina la necessità di intervenire a meno
che i fatti denunciati non abbiano natura penale (un riferimento, questo, assolutamente generico). Inoltre,
continua il documento, l’attività ispettiva andrà portata avanti solo quando la richiesta di intervento riguardi
altri lavoratori oltre al denunciante. In tutti i casi, comunque, viene data espressa disposizione agli ispettori
di valutare attentamente l'opportunità di accedere in un'azienda a seguito di una segnalazione. Per quale
ragione? Perché – secondo la direttiva – qualsiasi uscita “su richiesta” rischierebbe di avere una scarsa
efficacia: si sostiene infatti che il datore di lavoro possa facilmente immaginarsi un controllo ispettivo a
seguito di una rottura dei rapporti con il lavoratore denunciante, facendo scomparire presto la “polvere
sotto il tappeto” . Una previsione, questa, la cui fondatezza sarebbe tutta da dimostrare.
Non è così scontato inoltre che le ispezioni di iniziativa programmata produrranno sempre un effetto
sorpresa vero. Ciò sarà possibile solo se le Direzioni provinciali sapranno (e vorranno) operare nella
necessaria segretezza, in modo da non rendere prevedibili i propri interventi.
Quando non serve che si effettuino le ispezioni...
Arriviamo al primo dei punti davvero dolenti. La direttiva afferma che nell’attività ispettiva si “dovrà tener
conto, anche al fine di ottimizzare le risorse disponibili, della presenza di forme di controllo sociale (come gli enti
bilaterali) o … forme di controllo istituzionali alternative (come le sedi di certificazione dei contratti di lavoro e
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appalti)”. In altre parole questo Governo, a differenza del precedente 1 , non sembra intenzionato a
destinare risorse alla lotta del lavoro nero. In un quadro di “risorse scarse”, l’attività ispettiva dovrà
pertanto adeguarsi alla situazione data evitando di andare a verificare ciò che è già stato vagliato dalla
bilateralità o certificato dalle parti contraenti.
In particolare la certificazione viene assunta come vero e proprio scudo contro le ispezioni. Se c'è infatti un
“sigillo” al contratto, questo non sarà oggetto di verifica se non su richiesta dello stesso lavoratore e, in
ogni caso, dopo il fallimento di un tentativo di conciliazione.
...E quando alle sanzioni si preferiscono interventi meno “dolorosi”
Gli strumenti che il Ministro suggerisce in questo capitolo, giudicandoli i più efficaci per la lotta al
sommerso in questa nuova strategia “a costo zero”, sono la conciliazione monocratica preventiva
(art. 11 del decreto legislativo n. 124/2004) e la diffida obbligatoria (art. 13): strumenti questi che
dovrebbero garantire “la tenuta complessiva dei livelli occupazionali e non il singolo lavoratore”.
Sfoceranno pertanto in una ispezione le sole richieste di intervento che risultano caratterizzate da:
- denuncia di irregolarità gravi, di rilevanza penale;
- i fatti denunciati interessano una pluralità di lavoratori;
- riguardano fenomeni di elusione particolarmente diffusi sul territorio di riferimento.
Le idee, o meglio i retropensieri, del Governo sono chiari: il lavoro nero è, in minime percentuali,
fisiologico, anzi forse anche necessario in alcune realtà. Pertanto l’ispettore non dovrà accanirsi contro
quegli imprenditori che “occasionalmente” o in modo “veniale” si pongono fuori dalla legge, ad evidente
scapito del singolo lavoratore che ha trovato il coraggio di denunciare.
Quanto agli spazi che la direttiva apre per il ricorso alla conciliazione e alla diffida, se da un lato possiamo
concordare sul fatto che la diffusione di una cultura della legalità possa passare anche attraverso l’utilizzo di
tali strumenti, dall’altro non possiamo condividere affermazioni come quella che, in sede di ispezione, si
debba distinguere il “contravventore o il trasgressore occasionale o episodico, da colui che persegue disegni
criminosi o elusivi su larga scala”;. o ancora che l’ispettore debba prestare “attenzione verso le problematiche
aziendali” al punto che, anche interrogando i lavoratori, debba far comprendere ad ogni lavoratore
interrogato “l’utilità dell’intervento ispettivo per la sua condizione di vita e per le caratteristiche del suo lavoro e dei
propri colleghi, nonché della stessa azienda”. Queste affermazioni sembrano, infatti, “scoraggiare” l’attività
ispettiva e la lotta al lavoro nero più che favorire una cultura della legalità.
Accesso ispettivo e verbalizzazione
Per effetto della direttiva, dopo l'accesso in azienda il datore di lavoro riceverà due soli provvedimenti:
- un verbale di primo accesso, mediante il quale l'ispettore “fotografa” la situazione che ha riscontrato
nell'azienda visitata e fa un resoconto delle prime operazioni compiute.
- un verbale di accertamento e notificazione, col quale il datore di lavoro ha notizia degli eventuali
addebiti a suo carico, delle prove in possesso degli organi di vigilanza e delle sanzioni cui verrà
sottoposto.
Il primo dei due verbali contiene il dettaglio delle attività svolte dai lavoratori trovati intenti al lavoro e una
descrizione dei luoghi di lavoro e dell'organizzazione produttiva dell'azienda. La direttiva sottolinea come la
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Nel 2007 é stato segnato, anche grazie alle politiche del precedente Governo, un + 22,90% di recupero di
contributi e premi evasi. Fonte Ministero del Lavoro.
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vigilanza di primo accesso si sia di fatto notevolmente semplificata in seguito all'introduzione – da parte del
precedente Governo Prodi – dell'obbligo di comunicazione preventiva delle assunzioni. La natura irregolare
di un rapporto di lavoro ispezionato viene infatti facilmente rilevata sulla base della mancata comunicazione
preventiva, prova della palese ed evidente volontà del datore di lavoro di eludere agli obblighi di legge per
l'avvio di un rapporto di lavoro regolare.
Col verbale di primo accesso, inoltre, gli ispettori procederanno a richiedere l'esibizione della
documentazione di lavoro, a partire dal libro unico.
I provvedimenti di sospensione dell’attività produttiva
La logica della “tolleranza” (poco incoraggiante per una efficace attività ispettiva) torna ancora quando si
parla di sospensione dell’attività imprenditoriale. Il Ministro, nel ribadire il carattere discrezionale del
provvedimento, sostiene che la sua adozione potrebbe essere fonte di “intollerabili discriminazioni” (ma non
si comprende il perché e tanto meno questa affermazione è sorretta da dati oggettivi) e/o ancora che
l’opportunità di adottarlo debba essere valutata “in modo da non punire esasperatamente le microimprese”.
Ebbene: chi fosse alla ricerca di un metro di misura delle nuove azioni ispettive sul lavoro, trova degli utili
indicatori proprio in questi passaggi della direttiva. In sostanza, l’ispettore, dovrebbe adottare il
provvedimento di sospensione solo nelle “condizioni di effettivo rischio e pericolo”. Si sostiene infatti che
quello della sospensione dell’attività d’impresa rappresenta un “provvedimento grave”.
Vale la pena ricordare le finalità del provvedimento sospensivo, previste dal nuovo Testo Unico sulla
sicurezza nei luoghi di lavoro. Essenzialmente due: quella di garantire la tutela della sicurezza dei lavoratori
e quella di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare. L’adozione del provvedimento è il
risultato di una valutazione discrezionale dell’ispettore, al quale questi “può” ricorrere ove riscontri
l’impiego di personale non risultante da scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o
superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonchè in caso di gravi e reiterate
violazioni in tema di tutela della salute e sicurezza.
Nel dare concreta applicazione al metro di misura proposto, la direttiva Sacconi suggerisce l’intensità d’uso
che l’ispettore può impiegare alla sua discrezionalità nell’adottare il provvedimento di sospensione: egli
deve limitarsi “alla verifica della sussistenza di requisiti di legge e delle condizioni di effettivo rischio e pericolo”. Poi
aggiunge di ritenere, con riguardo specifico alla circostanza della presenza di lavoro irregolare, che “nella
micro-impresa trovata con un solo dipendente irregolarmente occupato non siano di regola sussistenti i requisiti
essenziali di tutela idonei a sfociare in un provvedimento di sospensione”.
Su cosa debba intendersi per micro-impresa è intervenuta una successiva circolare del Ministero del
Lavoro (la n. 30 del 12 novembre 2008). Lì si precisa che la nozione di micro-impresa vada intesa in senso
“a-tecnico”, come la realtà organizzativa minima di azienda che occupa un solo dipendente. Gli ispettori
quindi non dovranno disporre un provvedimento di sospensione solo nei confronti delle imprese senza
dipendenti, il cui primo e unico lavoratore utilizzato non sia impiegato regolarmente. Viceversa, per quei
datori di lavoro che avessero già dipendenti in forza, il fatto di impiegare anche solo un lavoratore in nero
(nel caso rappresenti almeno il 20% del totale di quelli presenti nell’unità produttiva) non lo renderebbe
immune dalla possibilità di subire una sospensione.
Verifiche sui contratti atipici e l’organizzazione dell’orario di lavoro
In relazione alle collaborazioni, anche a progetto, e i contratti di associazione in partecipazione il messaggio
è chiaro: l’accertamento ispettivo ci potrà essere “esclusivamente” per i contratti non certificati a norma
dell’art. 76 del D. Lgs. n. 276/2003 “salvo che non si evinca con evidenza immediata e non controvertibile la
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palese incongruenza tra il contratto certificato e le modalità concrete di esecuzione del rapporto di lavoro”. Nel
caso in cui la verifica di una collaborazione certificata sia stata sollecitata dal lavoratore si potrà intervenire
con attività propriamente ispettiva solo dopo il fallimento del preventivo tentativo di conciliazione
monocratica. Insomma, se da un lato si pigia sull’acceleratore delle procedure di certificazione, dall’altro si
predispone un vero e proprio percorso ad ostacoli verso la legalità.
Tali “indicazioni” vengono estese anche alla modalità di “verifica dei rapporti di lavoro flessibile” (lavoro a
tempo determinato, a tempo parziale, intermittente, occasionale) ma anche alla verifiche in materia di
“appalti illeciti” e “sull’organizzazione dell’orario di lavoro”. Su quest’ultimo tema (orario di lavoro) vi è
l’immancabile riferimento al contratto aziendale in coerenza con la già collaudata logica che vuole spostare
il baricentro della contrattazione verso il basso. Altro passaggio degno di nota è quello in cui il nuovo
titolare del dicastero si preoccupa di dire agli ispettori di non tenere conto della circolare n. 4/2008 in cui,
invece, erano stati ben messi in luce gli elementi che consentivano di distinguere un contratto a progetto
legittimo da uno illegittimo sulla scorta di quanto stabilito dalla giurisprudenza in questi ultimi anni.
Per quanto riguarda i “lavoratori svantaggiati” (disabili, minori, stranieri, donne in stato di gravidanza, ecc.) la
direttiva si limita a suggerire ad ogni DPL di costituire una apposita “articolazione organizzativa” dedicata alla
vigilanza su queste materie. Tra queste materie rientrerebbe anche la vigilanza sulle c.d. “dimissioni in
bianco”: fenomeno su cui questo Governo si è subito preoccupato (con L. 133/2008) di abrogare una legge
del precedente che aveva posto un freno efficace a questa deprecabile prassi.
Verifiche sui sussidi ai lavoratori
Tralasciando alcuni aspetti quali la volontà di richiamare l’attenzione del personale ispettivo sulla diffida
accertativa di cui all’art. 12 del D. Lgs. n. 124/2004, o sull’importanza di istituti come l’interpello, o ancora
sul condivisibile impegno che si chiede nelle azioni di prevenzione e promozione (prese in considerazione
poco più sopra) il capitolo che più desta sconcerto è quello dedicato ai “sussidi e indennità pubbliche”.
Se da un lato ci sembra legittimo pretendere che un lavoratore non possa godere degli ammortizzatori
sociali nel caso in cui abbia rifiutato una offerta formativa, o un percorso di reinserimento o ancora un
congrua offerta di lavoro dall’altro non comprendiamo perché si chieda agli ispettori, secondo una logica di
due pesi e due misure, di operare “con assoluta severità … nei confronti di quei lavoratori che percependo
trattamenti assistenziali, assicurativi o previdenziali si lascino occupare 2 in nero presso datori di lavoro conniventi”.
Riteniamo quantomeno “stridente” chiedere, da un lato, tolleranza nei confronti dei datori di lavoro che
occasionalmente trasgrediscono e, dall’altra, l’assoluta severità nei confronti dei lavoratori che “si lascino”
(le parole hanno un peso) occupare in nero.
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Per concludere: non passa giorno senza sentire, dai telegiornali, di un infortunio mortale (e tutti sanno del
binomio stretto che c’è tra lavoro nero e sicurezza); se questa è la ricetta del Governo: nessuna risorsa
per l’attività ispettiva, mano leggera sui piccoli imprenditori che competono sui costi e colpevolizzazione
dei lavoratori, siamo davvero fuori strada.
A questo proposito, ma è poco più che una curiosità, l’attuale Presidente del Consiglio aveva consigliato proprio
questo ai lavoratori in mobilità qualche anno fa.
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