scheda Elephant - Museo Nazionale del Cinema
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scheda Elephant - Museo Nazionale del Cinema
ELEPHANT REGIA: Gus Van Sant DURATA: 81’ TITOLO ORIGINALE: Elephant ANNO: 2003 PAESE DI PRODUZIONE: USA TRAMA Un giorno come tanti in un liceo di Portland nell’Oregon. John va a scuola accompagnato dal padre, Elias, fotografo dilettante, convince a far posare una coppia di punk. Nathan, dopo l’allenamento del football, raggiunge la sua ragazza Carrie. Acadia si reca a una riunione per i diritti delle minoranze. Brittany, Jordan e Nicole si incontrano nella caffetteria. Michelle va in biblioteca a dare una mano come assistente. Intanto, a casa, Alex ed Eric si preparano per una giornata diversa. I due ordinano delle armi su internet, guardano in televisione un vecchio filmato di propaganda nazista e ne subiscono il fascino. In auto, i due ragazzi pensano che la cosa importante è che quella sia una giornata divertente. Una volta arrivati al liceo, Alex ed Eric entrano carichi di armi e munizioni. I due incrociano John che esce e lo mettono in guardia: tra poco nella scuola succederà il caos, gli consigliano di tenersi alla larga. Insospettito, John cerca di allontanare dal liceo tutti i ragazzi che stavano per entrarvi. Intanto, dentro la scuola, Eric ed Alex, freddi e spietati, compiono il massacro. Da Film-tutti i film della stagione 66_2003 p. 22-23 IL TITOLO Si riferisce alla parabola di una famiglia che si ritrova in salotto un elefante e continua a far finta di niente. In breve, si tratta di simboleggiare quella specie di processo di rimozione che scatta in ognuno di noi di fronte ad una cosa troppo grande o troppo difficile. Con la scelta coraggiosa di questo titolo, Van Sant ha deciso, e in questo sta la forza assoluta della sua opera, di cambiare prospettiva dell’oggetto: il titolo non sta a indicare i rapporti 1 Scheda e traduzione a cura di Roberta Ramundo, Liceo Linguistico Majorana (Moncalieri) realizzata nell’ambito del progetto formativo di Alternanza Scuola Lavoro a cura del Museo Nazionale del Cinema - A.S. 2015/2016 (narrativi) fra i ragazzi “nel” film, ma lo scambio, la corrispondenza, puramente emozionale, “tra” il film e lo spettatore. In questo, Elephant (vincitore della Palma d’Oro e del premio per la miglior regia al Festival di Cannes) è avanti molti anni luce nella galassia del cinema. Da Film-Tutti i film della stagione 66_2003 p.23 LE TEMATICHE E I PERSONAGGI “Mai ho visto un giorno così brutto e così bello” – Alex Frost (uno dei due carnefici) Le tematiche affrontate da Gus Van Sant nei suoi film sono da analizzare attentamente, poiché di un certo spessore. Anzitutto la morte è uno dei temi principali delle sue produzioni, tra Elephant, Restless, Paranoid Park ed altri film, che sia casuale, violenta o scritta nel destino. Gus Van Sant sembra non aver paura di affrontare tali argomenti nelle sue pellicole, ma, anzi, li tratta con grande delicatezza, presentandoli allo spettatore senza troppi “effetti speciali”. Ad esempio, in Elephant, il massacro degli studenti nella scuola superiore non viene presentato come un pandemonio. La scena finale è abbastanza crudele poiché l’assassino (Alex Frost) uccide una coppia di ragazzi che tentano di fuggire dalla carneficina e, pur non essendoci una grande dinamicità, lo spettatore rimane scioccato in pochi istanti di sole immagini e di silenzio che riescono comunque a coinvolgerlo emotivamente. In questo film l’omosessualità rappresenta una delle sottotematiche, poiché posta in secondo piano: la si può individuare nella scena in cui viene mostrata allo spettatore la riunione di alcuni studenti per discutere dei diritti delle minoranze sessuali in cui emergono degli interventi non particolarmente sensati da parte dei ragazzi e, soprattutto, in una delle scene più importanti del film, ovvero quella che precede il massacro, in cui i due protagonisti (Alex ed Eric) si trovano sotto la doccia e si scambiano un bacio. Questa scena può assumere agli occhi dello spettatore anche una sorta di significato allegorico, come se il gesto di lavarsi sotto la doccia rappresentasse un lavare le colpe, una depurazione del proprio corpo e del proprio spirito prima di eseguire una strage. Infine, un’altra tematica particolarmente importante dei film di Gus Van Sant è il disagio giovanile, presentato in diverse forme: la bulimia, l’emarginazione, il disagio familiare ecc. Il primo viene inserito nella pellicola con tre ragazze ossessionate dal proprio corpo e dall'apparire, Brittany, Nicole e Jordan che, pur di avere una forma perfetta e seguire i canoni di bellezza dettati dalla società, ricorrono a questo sistema per non prendere peso. Il secondo può essere rappresentato dal personaggio di Michelle, una ragazza 2 Scheda e traduzione a cura di Roberta Ramundo, Liceo Linguistico Majorana (Moncalieri) realizzata nell’ambito del progetto formativo di Alternanza Scuola Lavoro a cura del Museo Nazionale del Cinema - A.S. 2015/2016 che si vergogna del proprio corpo (di carattere opposto ai tre personaggi sopracitati) e che per questo motivo rifiuta di mostrarlo davanti ai suoi compagni, in particolare nelle ore di educazione fisica quando viene obbligata ad indossare i pantaloncini. Infine, il disagio familiare viene presentato con il personaggio di John, uno dei pochi che si riesce a salvare dalla strage, poiché avvertito fuori dalla scuola dagli assassini di quello che sarebbe accaduto. In una delle scene iniziali vediamo John in compagnia di suo padre, ubriaco e alla guida di una vettura: un padre assente e di cattivo esempio per un’adolescente, che si ritrova a dover essere più responsabile del genitore nonostante la giovane età. “Elephant i ragazzi non li spiega, non ce li fa capire perché non c’è niente da capire: piuttosto ne percepisce la presenza tangibile proprio perché sono sfuggenti, introversi, reticenti. E li descrive da una distanza sufficientemente ravvicinata, che consente di riflettere l’interno attraverso l’esterno, il contenuto attraverso il contenente.” Da Cineforum 426_2003 p.10 DALLA CRITICA “L’accesso che ci viene negato alla psicologia dei giovani e dei due assassini suggerisce anzitutto la possibilità che chiunque dei protagonisti avrebbe potuto impazzire da un momento all’altro e che, quindi, l’imprevedibilità delle stragi sia totale. (…) Viene messa in scena una catastrofe sociale (anzi civile) senza vie d’uscita, osservata da un punto di vista alieno e destrutturato, dove ciò che più intensamente viene restituito è il senso di derealizzazione della morte nel sistema psicologico dei protagonisti. E’, in fondo, una tesi cara alla sociologia repressiva a buon mercato dei dibattiti televisivi, quella che troppi videogame facciano dimenticare il senso della vita.(…) Chi incolpare specificamente per questa tragica derealizzazione interessa poco a Van Sant: l’elefante che nessuno vuole guardare,in fondo, siamo noi.” (Roy Menarini). Da Segnocinema 124_2003 p. 41-42 3 Scheda e traduzione a cura di Roberta Ramundo, Liceo Linguistico Majorana (Moncalieri) realizzata nell’ambito del progetto formativo di Alternanza Scuola Lavoro a cura del Museo Nazionale del Cinema - A.S. 2015/2016 IL CINEMA DI GUS VAN SANT Lunghi PIANI SEQUENZA trasmettono il passare del tempo Soffermarsi e pedinare i ragazzi e le ragazze con lunghe ed estenuanti carrellate in avanti o all’indietro “Elephant non è un esercizio di stile, anche se il bisogno di infischiarsene della funzionalità narrativa costituisce negli Stati Uniti la premessa necessaria per connotare il tasso di indipendenza artistica” Osservazione della vicenda da diversi punti di vista “Anche questa è una decisione presa dai ragazzi del cast. Mi sono fatto raccontare da ognuno di loro come avrebbero raffigurato una determinata situazione. E poi ho sempre pensato che non esista un’unica realtà. (…) I personaggi dei miei film precedenti esprimono una visione soggettiva della realtà.” MUSICA “La musica classica riesce a trasmettere sentimenti profondi, anche ignoti e misteriosi.” “Nessun film di Van Sant è senza un contrappunto musicale all’immagine che ne destabilizzi il racconto. La musica è pensata come una superficie di attrito tra ciò che si vede e ciò che si sente: una cassa di risonanza dei viaggi interiori dei suoi personaggi. 4 Scheda e traduzione a cura di Roberta Ramundo, Liceo Linguistico Majorana (Moncalieri) realizzata nell’ambito del progetto formativo di Alternanza Scuola Lavoro a cura del Museo Nazionale del Cinema - A.S. 2015/2016 INTERVISTE A GUS VAN SANT - - - - Com’è nata l’idea del film e perché il titolo Elephant? Dopo Gerry [il precedente film di GVS n.d.r.], volevo realizzare un’opera a basso budget, con attori non professionisti. Ho pensato ad Elephant come ad un work in progress, con una sceneggiatura molto aperta, da rivedere continuamente con l’apporto del giovane cast. Come Gerry, infatti, anche Elephant è stato girato consequenzialmente. Il titolo proviene dall’omonimo film di Alan Clark del 1989 sugli scontri politici in Irlanda del Nord. A Cannes la critica, in particolare quella americana, ha insistito in modo polemico sul taglio sociologico del film. Pensi che Elephant sia un film a tesi, contro l’uso indiscriminato delle armi da fuoco negli Stati Uniti?” Si è discusso molto della strage di Columbine, anche perché non è stata l’unica strage compiuta da ragazzi all’interno di una scuola. Sono fatti che hanno sconvolto l’opinione pubblica, e, infatti, nel periodo di pre-produzione del film, quando il direttore del casting cercava un gruppo di ragazzi adatti ad interpretare i ruoli principali, abbiamo distribuito un questionario per sapere cosa ne pensavano della strage di Columbine e dei loro autori. Alla base, quindi, c’è stata forse anche un’indagine sociologica, ma poi è prevalsa la volontà, da parte mia, di raccontare i ragazzi nella loro vita quotidiana, senza dare risposte su nulla, tantomeno sull’improvvisa esplosione della violenza. Ritenevo che il tema di Columbine si legasse bene con la vita quotidiana di un gruppo di studenti di una scuola superiore, ma è loro che ho voluto raccontare, i loro umori, le loro ansie. Anzi sono loro ad essersi raccontati in Elephant. Da Cineforum 430_2003 P. 8-9 Cosa l’ha invogliata a girare questo film? Tutto è partito dal massacro nel piccolo liceo americano di Columbine. La copertura mediatica è stata enorme. (…) Ho pensato che la risposta più razionale fosse quella di fare un film in quel momento sull’incidente: quello che è veramente successo, cosa ha influenzato i due assassini, chi erano, chi erano gli altri ragazzi, a cosa assomigliava la scuola. Ma le catene a cui proponevo il film (ABC, CBS, NBC) erano ancora più puntate dalle accuse di sfruttamento delle immagini rispetto a me. Secondo loro, fare un film in rapporto con la Columbine sarebbe stato un po’ come giocare con il fuoco. Un po’ più tardi HBO ha reagito un po’ diversamente: erano d’accordo per un film ispirato a questo genere di evento, ma non realmente sulla storia di Columbine. 5 Scheda e traduzione a cura di Roberta Ramundo, Liceo Linguistico Majorana (Moncalieri) realizzata nell’ambito del progetto formativo di Alternanza Scuola Lavoro a cura del Museo Nazionale del Cinema - A.S. 2015/2016 - Cosa l’ha interessato della tragedia di Columbine? Per me questo fatto riconduceva il mondo esterno a questo piccolo “isolotto” protetto che può essere un qualunque liceo americano. Essendoci passato io stesso, so che in un liceo gli alunni mimano il mondo esterno, riproducono con rabbia ciò che osservano intorno a loro. E’ interessante. Ero intrigato dal fatto che i due assassini fossero dei buoni studenti: Columbine rappresenta anche come dei buoni alunni possano diventare cattivi. Gli assassini non erano i più violenti. Non erano particolarmente emarginati, diciamo che forse gli altri se ne fregavano un po’ di loro. Un bel giorno non hanno più creduto nel futuro e, in una sorta di patto del suicidio, hanno deciso di dichiarare guerra alla scuola. - Lei non soltanto non spiega niente, ma, in più, non rassicura nessuno. Nel caso di Columbine ci sono troppe spiegazioni. Perché due ragazzi si mettono a massacrare i loro compagni? Se si comincia a cercare, ci sono senza dubbio venticinque motivi. E il film parla anche sicuramente di altre cose oltre che di un massacro in un liceo. Si potrebbe per esempio fare un parallelismo con la situazione attuale nel mondo: gli aerei che hanno colpito le Torri Gemelle sarebbero come i pezzi di cartapesta che i compagni lanciano a uno degli assassini. (…) Vi do quindi io una spiegazione dato che penso che sia la mancanza di queste che dà la sua energia e la sua bellezza al film. Trattandosi di cinema, che racconta delle storie, il desiderio di capire è immenso. Io vado contro questo desiderio, ci gioco insieme. Da Cahiers du Cinéma 579_2003 6 Scheda e traduzione a cura di Roberta Ramundo, Liceo Linguistico Majorana (Moncalieri) realizzata nell’ambito del progetto formativo di Alternanza Scuola Lavoro a cura del Museo Nazionale del Cinema - A.S. 2015/2016