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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
Una fossa nell’aria
Non esiste in natura un vero nome, una cosa isolata. Le cose non
sono che i punti terminali o meglio i punti d’incontro delle azioni,
sezioni intersecanti le azioni.
Caro scopritore, cerca dappertutto, in ogni centimetro di terra. Qui
sotto sono sepolti una decina di documenti diversi, miei e di altri, che
faranno luce su tutto ciò che è accaduto in questo luogo. Vi è sepolta
anche una grande quantità di denti. Noi, lavoratori del Kommando,
li abbiamo sparsi apposta nel terreno, quanti più abbiamo potuto,
perché il mondo potesse trovare le tracce concrete dei milioni di
uomini ammazzati.
Esprima il futuro il suo giudizio su di noi in base alle mie
annotazioni e che possa il mondo dare uno sguardo almeno su una
goccia, su un frammento del mondo tragico in cui abbiamo vissuto.
in ordine di apparizione
Salmen Gradowski
Victor Klemperer
Paul Celan
Primo Levi
Jean Améry
Elie Wiesel
Giobbe
Nelly Sachs
Hannah Arendt
Tadeusz Borowski
Jureck Becker
Ruth Klüger
Rosetta Loi
Lo Ching
Kathrin Schmidt
Heiner Müller
Jerom Rothenberg
Stefan Hyner
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
30 marzo 1933, giovedì
Ieri a cena dai Blumenfeld con i Dember. L’atmosfera, quella che precedeva i pogrom nel più profondo
Medioevo o nel cuore della Russia zarista. Nel corso della giornata era uscito l’appello al boicottaggio
dei nazionalsocialisti. Siamo degli ostaggi. Prevale la sensazione (tanto più ora, dopo che la sommossa
dello Stahlhelm è stata soffocata) che questo regime del terrore non durerà a lungo, ma che cadendo ci
seppellirà. Medioevo fantastico: «Noi», gli ebrei minacciati. In effetti provo più vergogna che paura,
vergogna per la Germania. Davvero, io mi sono sempre sentito un tedesco. E mi sono sempre illuso che
il XX secolo e la Mitteleuropa fossero una cosa diversa dalla Romania del Trecento. Errore!
Nero latte dell’alba lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo
la notte
noi beviamo e beviamo
scaviamo una fossa nell’aria là non si sta
stretti
Nella casa abita un uomo si diverte con le serpi
e scrive
e scrive quando vien buio in Germania
Qui noi stiamo tutti bene. Abbiamo lavoro e siamo
trattati bene. Aspettiamo il vostro arrivo.
20 aprile 1933, giovedì sera
È forse la suggestione di una propaganda colossale: filmati, radio, giornali, bandiere, feste sempre
nuove (oggi la festa del popolo, il compleanno di Adolf, il Führer)? O è la paura da schiavi tutt’intorno
che ci fa tremare? Ora comincio a credere che non vedrò la fine della tirannia. E ormai sono quasi
abituato a questa condizione di illegalità. Non sono né tedesco né ariano, ma ebreo, devo dunque essere
loro grato per il solo fatto che mi lasciano in vita.
Eccomi dunque sul fondo. A dare un colpo di spugna al passato e al futuro si
impara assai presto, se il bisogno preme. Dopo quindici giorni dall’ingresso
già ho la fame regolamentare, sconosciuta agli uomini liberi, che fa sognare di
notte e siede in tutte le membra dei nostri corpi; già ho imparato a non
lasciarmi derubare e se anzi trovo in giro un cucchiaio, uno spago, un bottone
di cui mi possa appropriare senza pericolo di punizione, li intasco e li
considero miei di pieno diritto. […] Intorno tutto ci è nemico. Sopra di noi si
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
rincorrono le nuvole maligne, per separarci dal sole; da ogni parte ci stringe
lo squallore del ferro in travaglio. I suoi confini non li abbiamo mai visti, ma
sentiamo, tutto intorno, la presenza cattiva del filo spinato che ci segrega dal
mondo.
Sax e contrabbasso
17 settembre 1933, domenica sera
Ieri pomeriggio dalla signora Schaps. Addio ai Sebba che ora si trasferiscono davvero a Haifa. I loro
mobili sono già per mare, quanto a loro partono oggi per Trieste e da lì proseguono. Ho scambiato
alcune parole molto cordiali con Jule Sebba. Si è evitato ogni sentimentalismo e quando poi ci siamo
seduti tutti insieme abbiamo chiacchierato piacevolmente. Ma sotto sotto c’era in tutti noi una
profonda tristezza, amarezza, amore e odio. Jule Sebba diceva di essersi sempre sentito un ebreo
orientale e quindi senza radici e privo di legami con la natura tedesca.
Nella casa abita un uomo si diverte con le serpi
e scrive
e scrive quando vien buio in Germania i tuoi capelli
d’oro Margarete
24 febbraio 1934
La signora Schaps ci ha letto delle lettere da Haifa. Sotto una coraggiosa ironia si nascondono molte
difficoltà. Arduo e insensato l’apprendimento dell’ebraico – solo la bambina a scuola impara
rapidamente (costretta com’è ad assimilare un’identità fittizia). La casa piccolissima (tre stanze), i
mobili rovinati dall’acqua; Jule impartisce lezioni di violoncello per poche sterline e prende parte ai
concerti del conservatorio; il suo progetto iniziale di darsi al commercio sembra fallito.
Un giorno, mentre stavo per entrare in Sinagoga, vidi, seduto su una panca
vicino alla porta, Moishé lo Schammàsh.
Raccontò la sua storia e quella dei suoi compagni. Sax e contrabbasso Il treno dei
deportati aveva varcato la frontiera ungherese in territorio polacco, era stato
preso in carico dalla Gestapo. Là si era fermato. Gli ebrei dovettero scendere e
montare su degli autocarri. Gli autocarri li portarono in una foresta dove li
fecero di nuovo scendere. Poi fecero loro scavare delle grandi fosse. Appena
finito quel lavoro gli uomini della Gestapo cominciarono il loro. Senza
passione, senza odio, abbatterono tutti i prigionieri.. Questo avveniva nella
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
foresta di Galizia, presso Kolomaye. Com’è che lui, Moshé lo Shammàsh era
riuscito a salvarsi? Sax e contrabbasso - fine Per credettero morto…
Era cambiato, Moshé. Sax e contrabbasso I suoi occhi non riflettevano più la
gioia. Non cantava più, non mi parlava più di Dio e della Cabala, ma solamente
di ciò che aveva visto.
La gente non solo si rifiutava di credere alle sue storie, ma anche di ascoltarle.
Sax e contrabbasso - fine
Anche se veniamo ricacciati nel ghetto, anche se siamo calpestati e
oltraggiati, e nonostante i nostri figli non possiedano più una patria se
solo possiamo concludere affari, «il punto critico è stato superato». È
un’idea così infinitamente indecente e spudorata che si arrivi quasi a
simpatizzare con i nazionalsocialisti. Eva dice poi che certa gente si
lascia sbattere in faccia lo spazzolino del cesso senza prendersela a
male.
Nella casa abita un uomo si diverte con le serpi
e scrive
e scrive quando vien buio in Germania i tuoi capelli
d’oro Margarete
scrive ed esce davanti a casa e brillano le stelle
e fischia ai suoi segugi
e fischia ai suoi ebrei che escano e gli fa scavare una fossa
nella terra
e ci ordina ora suonate alla danza
12 luglio1938, martedì, compleanno di Eva
Mi risulta molto difficile mostrare la necessaria gioia per la ricorrenza. Questa giornata mi ricorda con
troppa evidenza la miseria della nostra situazione. Lissy Meyerhof scrive che Berthold ha trovato
lavoro negli Stati Uniti; la signora Schaps racconta della sistemazione dei suoi figli a Londra e di aver
preso contatto con il dentista Isakowitz; tutta questa gente si è costruita una nuova vita – e io non ci
sono riuscito, siamo rimasti qui nel disonore e nella miseria, in qualche modo dei sepolti vivi,
sotterrati, per così dire, fino al collo, stiamo aspettando giorno per giorno le ultime badilate.
Nero latte dell’alba lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo
la notte
noi beviamo e beviamo
scaviamo una fossa nell’aria là non si sta
stretti
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
Lunedì sono stato alla Casa della comunità ebraica, accanto alla sinagoga distrutta dalle fiamme e
demolita, per pagare le tasse e il soccorso invernale. Un gran daffare: staccavano dalle tessere
annonarie i bollini per il panpepato e per la cioccolata «a favore di coloro che hanno parenti al fronte».
Si sono dovute consegnare anche le tessere per il vestiario: gli ebrei riceveranno capi di vestiario solo
inoltrando una richiesta speciale alla Comunità. Ma questi sono i piccoli fastidi che ormai non contano
più. Poi il funzionario del partito che era presente mi ha voluto parlare: «L’avremmo comunque
informata uno di questi giorni, entro il 1° di aprile Lei dovrà lasciare la Sua casa: la può vendere,
affittare o semplicemente lasciare vuota, se la veda Lei, purché se ne vada. Le spetta una stanza. Visto
che Sua moglie è ariana, cercheremo di assegnargliene due».
9 dicembre 1939, sabato
(lento e scandito)
E quando questa mia pelle sarà dilaniata
contemplerò Dio senza la mia carne
Disgusto sulla questione della casa. 29 aprile 1940 Estreicher, che finora è stato molto gentile, ci ha
mostrato sabato due stanze in una villa della Caspar-David-Friedrich-Straße. Alla mia prima
domanda Estreicher si è fatto estremamente arrogante, ha detto che ero irriconoscente e che avrei
dovuto buttargli le braccia al collo e che dovevo decidermi subito e così via. Quindi ha cominciato a
gridare minacciandomi, con il suo potere, di rifilarmi un monolocale impresentabile. Io sono stato
preso dall’ira, mi sono alzato in piedi e ho battuto il pugno sulla scrivania e gli ho urlato che si doveva
comportare correttamente.
Dopo che ci siamo scatenati a lungo l’uno contro l’altro ho accettato le due stanze.- Sono stato
ripetutamente messo in guardia contro Estreicher, da Neumann, da Feder, i quali dicevano che si
lascia corrompere, che è una spia dei nazisti. Avevo sempre creduto di riuscire a domarlo con la
gentilezza. Quell’uomo ieri ha detto che gli dovevo essere particolarmente grato perché lui quel
paradiso avrebbe potuto darlo a un ortodosso e invece lo dà a me che sono l’ultimo arrivato nella
comunità; poi quando siamo stati tra noi: «C’è gente qui che mi ha già pregato in ginocchio e mi ha
offerto due o trecento marchi e io li ho buttati fuori, mentre Lei, per cui sto facendo tanto, è
irriconoscente!», poi ha mostrato la sua vanità offesa: «Il sindaco di Dölzschen aveva ragione nel suo
giudizio su di Lei al telefono – non sapeva che io sono ebreo. Lei vuole fare il grand’uomo, Lei è il
grande intellettuale e io sono solo il piccolo Estreicher! – Ma io sono un funzionario e se non le facessi
credito della Sua estraneità al mondo, se informassi la segreteria politica del circondario…».
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
Non avevo intenzione di portare avanti la lite. Ho detto che gli ero assolutamente obbligato e che
soltanto non riuscivo a sopportare il suo tono. Lui ha fatto il nobile offeso avvezzo all’ingratitudine
altrui, la persona onesta che nonostante tutto ha riguardo per l’intellettuale.- Quell’uomo è un essere
ripugnante, più di qualunque nazi. Eva dice che le ha fatto subito una brutta impressione, con quella
linea contratta intorno alla fronte e agli occhi. - Naturalmente la cosa che mi lascia più scontento sono
io, è il mio stesso comportamento. Dapprima eccessivamente brusco e poi troppo condiscendente.
Oh, i camini
sulle ingegnose dimore della morte,
quando il corpo di Israele si disperse in fumo
per l’aria –
e lo accolse, spazzacamino, una stella
che divenne nera
o era forse un raggio di sole?
Oh, i camini!
Vie di libertà per la polvere di Giobbe e Geremia –
chi vi ha inventato e pietra su pietra ha costruito
la via per i fuggiaschi di fumo?
Oh, le dimore della morte,
invitanti per la padrona di casa
altrimenti ospite –
Oh, dita
che posate la soglia
come un coltello tra la vita e la morte –
Oh, camini,
oh, dita,
e il corpo di Israele in fumo per l’aria!
Casa degli ebrei, Caspar-David-Friedrich-Straße 15b
26 maggio 1940, domenica mattina
Una villa graziosa, ma angusta e costruita in modo troppo «moderno», piena zeppa di gente che
condivide tutta uno stesso destino. La villa è sistemata in modo splendido nel giardino. Un antico
parco parcellizzato. Dietro la linea degli alberi iniziano i prati e i campi; quando siamo sul balcone che
non dà sulla strada, a destra, lo sguardo finisce contro un muro di detriti, a sinistra addosso a una
clinica. La strada è piuttosto stretta, anche dall’altra parte vi sono ville, giardini, sanatori, ancora
ville. Tutto questo in un bosco di lillà e castagni in fiore, la primavera si affaccia ovunque. E fin qui
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
tutto bene; per il resto la situazione è delle più spaventose, vi sono diversi momenti nella giornata in
cui vorremmo essere sotto terra. E frattanto oggi potrebbe cadere Calais e le prospettive di vittoria del
terzo Reich sono quantomeno molto alte.
Oh, le dimore della morte,
invitanti per la padrona di casa
altrimenti ospite –
Oh, dita
che posate la soglia
come un coltello tra la vita e la morte –
(canone a due voci)
All’uscita dal buio si soffriva per la riconquistata consapevolezza di
essere stati menomati. Non per volontà né per ignavia né per colpa.
avevamo tuttavia vissuto per mesi o anni ad un livello animalesco: le
nostre giornate erano state ingombrate dall’alba alla notte dalla fame,
dalla fatica, dal freddo, dalla paura e lo spazio di riflettere, per
ragionare, per provare affetti, Sax e contrabbasso era annullato. Avevamo
sopportato la sporcizia, la promiscuità e la destituzione soffrendone
assai meno di quanto ne avremmo sofferto nella vita normale perché il
nostro metro morale era mutato.
18 settembre 1941
La «stella ebraica», nera sulla stoffa gialla, sopra, in caratteri ebraicizzanti, la scritta «ebreo», va
portata sul petto a sinistra, dev’essere grande quanto il palmo di una mano: ci è stata consegnata ieri
per dieci pfennig, va portata da domani, 19 settembre.
Sax
Dai pioppi i nostri liuti
Dondolavano lungo le rive
Pretendevano da noi canti
I nostri carcerieri
Incitavano ad allietarli
Mentre i tormenti ne pativamo
- Su cantate per noi
Un canto di Sion! –
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
Ora la ghettizzazione era completa; in un primo tempo la parola ghetto
compariva solo per esempio sul timbro postale «ghetto di Litzmannstadt»,
era riservata ai territori nemici conquistati. In Germania c’erano singole «case
degli ebrei» in cui detti ebrei venivano concentrati e che talvolta venivano
contrassegnate dalla scritta Judenhaus, ma queste case sorgevano in un
quartiere «ariano» e addirittura non tutti gli inquilini erano ebrei; per cui su
altre case a volte si poteva leggere l’espressione: «Questa casa è
disebreizzata». La scritta, bella grossa e nera rimase a lungo su parecchi muri
finché questi non furono distrutti dalle bombe, mentre sparirono molto
presto (perché non ci furono più negozi di ebrei e più nulla da arianizzare) i
cartelli «negozio di pura razza ariana» e le scritte ostili sulle vetrine «negozio
ebraico» così come il verbo «arianizzare» e le dichiarazioni sulla porta del
negozio «impresa completamente arianizzata».
Ora, dopo l’introduzione della stella gialla, non aveva più importanza se le
case degli ebrei fossero sparse in giro per la città o riunite in un solo
quartiere, perché ogni ebreo con la stella portava con sé il proprio ghetto,
come la chiocciola la sua casa.
Nella casa abita un uomo si diverte con le serpi
e scrive
e scrive quando vien buio in Germania i tuoi capelli
d’oro Margarete
scrive ed esce davanti a casa e brillano le stelle
e fischia ai suoi segugi
e fischia ai suoi ebrei che escano e gli fa scavare una fossa
nella terra
e ci ordina ora suonate alla danza
12 gennaio 1942, lunedì
È stato un tale shock, che solo oggi sono in grado di darne notizia. Giovedì pomeriggio alle quattro, 8
gennaio, torno a casa, dopo essermi recato fare la spesa in Chemnitzer Platz, in testa al 16. Al
tribunale, come sempre, la gente sale a frotte. Poco prima della stazione un giovanotto si gira verso di
me, un volto ben tagliato, gli occhi grigi e freddi, mi dice sottovoce: «Scendere alla prossima fermata!».
(a due voci)
Guarda dunque!
Guarda
Così irrompe l’uomo
Al centro della piazza
Senti battere il suo polso.
E io meccanicamente, visto che alla successiva dovevo cambiare, dico:
«Sì». Solo scendendo mi rendo conto che c’è qualcosa di strano. Mi metto
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
ad aspettare alla fermata del 14, ed ecco che mi si accosta: «Da dove
viene? Dove sta andando? Venga con me». In un primo momento non ho
nemmeno chiesto di mostrarmi un documento. Ci avviamo e lui dice:
«Polizia di stato. Vuole vedere la mia autorizzazione?». – «Non qui». Di
fronte alla stazione, dove un tempo usavo parcheggiare, tra gli alberghi,
un alto edificio occupato da uffici. Era questa dunque la casa della
Gestapo, di cui si raccontavano cose spaventose.
(a due voci)
E la grande città
Cinge il suo corpo
Con ruote di gomma
(ché il destino
ha camuffato
la ruota del tempo)
e sale
con il suo respiro.
L’uomo mi da del tu: «Togli la tua robaccia dal tavolo. Metti il cappello.
Usa così da voi, no? Quello che calpesti è suolo sacro». Quanti anni hai?
Sax e contrabbasso – fine. Pausa. Solo 60? Accidenti, devi averci dato dentro
bene per ridurti così!
– Perché vai a fare la spesa in Chemnitzer Platz?» – «Perché un tempo
abitavamo lì». – «Vai lì a fare la spesa perché ti danno più roba. Ma
adesso è finita. Da domani presenti i tuoi bollini al negozio più vicino. E
non ti fai più vedere qui sul tram. Puoi andare a piedi. E, se ti vediamo
ancora una volta in questa zona, parti. Sai bene per dove. Capito?»
(voce sola)
Vetrine
Infranti occhi di corvo
Si spengono –
(a due voci)
Me ne andai a casa molto lentamente. Nemmeno
ora mi sono ripreso del tutto. Ho presentato i miei
bollini con la Jot in Wasaplatz. Da quel momento
non sono più riuscito a liberarmi dell’idea della
morte.
(voce sola)
I comignoli imbandierano neri
La fossa dell’aria
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
24 marzo 1942, martedì
Quello che mi pesa di più è la mattinata. Soffro il freddo (nel locate non riscaldato), sono affamato e
per la stanchezza mi addormento spesso alla scrivania. Allora cerco di rubare un cucchiaio di
marmellata o un pezzettino di pane in cucina, da Kätchen Sara, ma lo posso fare solo se ce n’è
abbastanza perché lei non debba notare nulla. E comunque sono sempre preoccupato che mi possa
sorprendere. Anche di fronte a Eva conservo il mio penoso segreto.
Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un Signore in
Germania
ti beviamo la sera e al mattino beviamo e
beviamo
la morte è un Signore in Germania azzurri sono i suoi
occhi
Il tema è la speranza, dettata dalla paura,
la speranza intesa come principale mezzo
di adattamento.
Io sono su una cima solitaria
E intesso una stuoia di arcobaleni
Inspiro ed espiro il vento celeste
Cosa che non esitano a confermare fiumi e monti
In una regione selvaggia
divento la spada della fonte del drago
e squarcio la sete
l’arida terra spettegola per l’entusiasmo
28 aprile 1942
Non ho altra scelta
devo dare il meglio di me e colpire con tutte le mie forze
per scoprire negli strati nascosti della terra le fonti più interne più chiare
e risvegliare quelle che aspettano soltanto di cominciare a gorgogliare
Vi prego sfregatevi gli occhi e guardate –
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
È la speranza che comanda agli uomini di entrare indifferenti
nella camera a gas; che li trattiene dal progettare la rivolta: la
speranza li rende morti e ossuti…la speranza li spinge a lottare
per ogni giorno di vita in più, perché potrebbe essere proprio il
giorno successivo a portare la libertà. Mai come ora la speranza
è stata più forte dell’uomo, ma mai ha prodotto tanto male come
in questa guerra, in questo lager. Non ci hanno insegnato ad
abbandonare la speranza, per questo moriamo nel gas.
Sax
28 aprile 1942
Sentendo il discorso di Hitler siamo anche venuti a conoscenza del nuovo caso. Marito e moglie,
Feuerstein, in Altenzeller Straße sono stati saccheggiati e poi convocati alla Gestapo, e lì picchiati e
presi a calci; durante la notte i due sono stati trovati morti nella cucina satura di gas. Di giorno in
giorno aspetto che la perquisizione arrivi anche da noi. L’angoscia raggiunge il massimo livello sempre
la sera, tra le sette e le nove. Probabilmente a torto, perché sembra che le squadracce arrivino a
qualsiasi ora del giorno. Dicono che si portano via tutto; anche il cibo che è stato acquistato con i
bollini, la carta per scrivere, i bollini affrancati, le cartelle di pelle. Pare che si bevano il latte magro, e
così via.
Contrabbasso solo
– Ha mai notato Lei una sola volta con quali occhi mi chiedono notizie? No? e
sa Lei quanto bisogno hanno di una buona notizia? Lo sa Lei?
– Posso immaginarlo molto bene. E non dubito nemmeno che Lei sia mosso
dalle migliori intenzioni. Tuttavia, debbo…
– Ma mi liberi di questo suo «tuttavia»! Non le basta che non abbiamo da
masticare quasi niente, che ogni giorno cinque di noi muoiono assiderati
d’inverno, che ogni giorno mezza strada sia avviata alla deportazione? Tutto
questo non le basta ancora? E quando tento di sfruttare una possibilità estrema
che li trattenga dallo sdraiarsi subito per crepare, con le parole, capisce, con le
parole lo tento! Perché non ho altro! Ecco che viene Lei per dirmi che è vietato.
23 maggio 1942, sabato pomeriggio
Ieri mattina la notizia della morte di Ernst Kreidl, nel pomeriggio la tanto attesa perquisizione. Alle
quattro e un quarto sono andato ancora una volta (molto malvolentieri) da Steinitz – i soliti discorsi.
Alle sette e mezzo sono rientrato. La squadraccia era comparsa alle cinque e se ne era andata poco
prima del mio rientro. Prima di tutto ho visto, dalla porta d’entrata aperta, il caos al pian terreno.
Friedheim mi ha mostrato una parte del collo e il mento sanguinante per le percosse, s’è lamentato di
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
un calcio infertogli in corrispondenza della cicatrice di un’ernia. La signora Kreidl e la signora Pick
erano state picchiate anche loro. Da noi ho trovato Eva perfettamente padrona di sé. Diceva che tutto
s’era svolto come previsto. «Sei ariana? – Ehi, puttana degli ebrei, perché hai sposato un ebreo? Nel
Talmud sta scritto: “Ogni donna non ebrea per noi è una puttana”…» L’hanno mandata di sotto. Giù
si è presa un paio di ceffoni – «Più teatrali che altro»
stacco
Oggi pomeriggio Eva va a Pirna a prendere un po’ di soldi. Le do da portare le pagine di diario delle
ultime settimane. Dopo la perquisizione ho trovato sul tavolo alcuni libri che erano stati presi dallo
scaffale: se il vocabolario di greco fosse stato tra loro, se ne fossero caduti fuori i fogli di diario e
avessero suscitato un sospetto, sarei andato incontro a morte certa. Si viene uccisi per molto meno..
Così questi frammenti oggi se ne vanno. Ma –
27 maggio 1942, mercoledì a mezzogiorno
(con musica)
Eppure io continuo a scrivere. È questo il mio modo di essere eroico. Voglio testimoniare,
testimoniare nel dettaglio.
Inserto musicale sax e contrabbasso
la parola
che hai temuto
come la grandine
sul monte
& temuto
ciò che la induce a risplendere
ad essere vista
come il ventre di lei
come ganci
come il grano
sui nostri altari
tutto verrà mangiato
non sarà
un sacrificio
tra le nazioni
ma la maledizione
nel suo grembo
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
2 giugno 1942, martedì verso sera
Quante se ne sono viste in questi ultimi anni, di grandi e piccole! E talvolta una puntura di spillo è
anche più dolorosa del colpo di clava. Ora, per una volta, riassumo le disposizioni: 1) Dopo le otto o le
nove di sera bisogna essere a casa. 2) Buttati fuori di casa. 3) Divieto di possedere una radio, divieto di
possedere il telefono. 4) Divieto di recarsi a teatro, al cinema, al concerto, al museo. 5) Divieto di
abbonarsi o acquistare riviste. 6) Divieto di viaggiare. Vietati gli autobus, concessa soltanto la
piattaforma anteriore del tram; b) vietato in genere viaggiare con i mezzi pubblici, a meno che non li si
utilizzi per andare al lavoro; c) anche al lavoro a piedi, a meno che non si abiti a più di 7 km di
distanza o si sia malati Naturalmente è vietato anche il taxi. 7) Divieto di acquistare «merce rara». 8)
Divieto di acquistare sigari e ogni genere di tabacchi. 9) Divieto di acquistare fiori. 10) Sottratta la
tessera per il latte. 11) Divieto di recarsi dal barbiere. 12) Divieto di acquisto presso gli artigiani: per
ogni cosa è necessario presentare una richiesta alla Comunità. 13) Obbligo di consegnare le macchine
da scrivere. 14) Consegna di pellicce e coperte di lana. 15) Consegna di biciclette 16) Consegna delle
sedie a sdraio. 17) Consegna di cani, gatti, uccelli. 18) Divieto di lasciare il territorio urbano di
Dresda. 19) Divieto di entrare in stazione. 20) Divieto di recarsi sulla riva del Ministero e nei parchi.
21) Divieto di entrare nei mercati. 22) Dal 19 settembre la stella ebraica. 23) Divieto di tenere in casa
provviste di cibo24) Divieto di frequentare le biblioteche circolanti. 25) Con la stella ci sono preclusi
tutti i ristoranti. 26) Niente tessere per il vestiario. 27) Niente tessere per il pesce. 28) Niente
assegnazioni speciali come caffè, cioccolata, frutta o latte condensato. 29) Le tasse supplementari. 30)
La franchigia che si restringe sempre più. La mia dapprima 600, poi 320, ora 185 marchi. 31)
Restrizione dell’orario per gli acquisti a una sola ora al giorno (dalle tre alle quattro, il sabato dalle
dodici all’una). Credo che in questi 31 punti vi sia tutto. Ma sommati non sono nulla rispetto al
costante pericolo delle perquisizioni, dei maltrattamenti, della prigionia, dei campi di concentramento
e della morte violenta.
Ora viviamo letteralmente di elemosine. […]
Fra le domande che ci vengono poste ce n’è una che non manca mai;
anzi, a mano a mano che gli anni passano, essa viene formulata con
sempre maggiore insistenza, e con sempre meno celato accento di
accusa. Più che una domanda singola è una famiglia di domande.
Perché non siete fuggiti? Perché non vi siete ribellati? Perché non vi
siete sottratti alla cattura “prima”?
Stacco musicale; musica anche sopra la lettura
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
7 luglio 1942, Sera
Kätchen racconta: l’istituto Henriette, circa cinquanta anziani, viene evacuato. Ed ecco che sua madre,
quell’indistruttibile ottantenne, deve partire anche lei per Theresienstadt; il fratello di Kätchen è stato
arrestato e quindi è un uomo morto. Questo Joachimsthal è un pessimo soggetto, con il quale lei ha già
litigato e che la ricatta – ma perché ora viene ucciso? Pare che «abbia nascosto la stella» o che sia stato
in giro dopo le nove di sera. Per questo la morte. Sono così inorridito, mi vedo sempre davanti i piccoli
buchi dell’urna.
Cosa si aspettavano da noi i Della Seta? L’ingegnere Levi e quel ragazzo
che amava suonare Chopin? Non avevano capito che l’inconcepibile
poteva diventare realtà perché riguardava oscuramente, fatalmente,
solo loro. I colpevoli senza colpa. […] Un doloroso, ineluttabile destino
li separava da noi.
Così è «nel mondo». Perché poi nelle strade tutto è stato diverso. C’è chi
gli ha voltato le spalle con stolida indifferenza e c’è chi li ha traditi e
venduti per cinquemila lire, tanto davano i tedeschi per ogni ebreo
denunciato; perché poi il prezzo scendeva a tremila lire se si trattava di
una donna, e a mille per un bambino. Ma c’è anche chi non ci ha
pensato due volte a rischiare la vita per salvarli.
Coro dei sopravvissuti
la parola
che hai temuto
come la grandine
sul monte
& temuto
ciò che la induce a risplendere
ad essere vista
come il ventre di lei
come ganci
come il grano
sui nostri altari
tutto verrà mangiato
non sarà
un sacrificio
tra le nazioni
ma la maledizione
nel suo grembo
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
25 luglio 42, sabato verso sera
Ieri sera Elsa Kreidl parla in modo abbastanza tranquillizzante dei suoi nuovi inquilini; il consigliere
forestale, un uomo molto gentile prenderà ora il primo piano, il consigliere della polizia giudiziaria
della Gestapo il piano terra, perché pare abbia figli e vuole avere l’uso del giardino… Sembrerebbe che
ora la Signora Kreidl si senta più sicura. Ma ecco che, nel bel mezzo di una conversazione tranquilla,
Eva le salta addosso: «Hanno ucciso Suo marito, hanno ucciso il suo amico Friedheim, Lei l’hanno
chiamata “puttana”, e ora loro convivranno con Lei in pace, e starete insieme in giardino, e qui
davanti si fermerà magari la vettura che ha trasportato i cadaveri degli uccisi!» altre date lette da due
voci sopra il testo Elsa Kreidl risponde a mezza voce, probabilmente in parte anche consapevole delle
proprie colpe: «Non me li posso mica scegliere i miei inquilini».
Una sera, in piena guerra, lei se lo figurava al fronte, aveva suonato alla
porta: un uomo agitato, confuso, le parole sfibrate. Lo aveva fatto entrare,
interrompendo di malavoglia ciò che stava facendo: lavorava a maglia per
il nipote Rudolph con della lana di risulta, allora lui tirò fuori dalla tasca
della giacca una serie di fotografie e le gettò sul tavolo e Therese vomitò
all’istante quando vide tutti quei cadaveri di bambini e i corpi delle donne
ammucchiati nelle fosse. In una delle fotografie, l’aveva scattata un suo
superiore, Fritz, con l’uniforme impeccabile teneva sottobraccio una
giovane donna dai capelli scuri, nuda, ripresa di lato. Sul margine destro
della fotografia il dolore deformava il volto di un bambino che urlava
perché il suo corpo veniva portato via in un’altra direzione. La madre stava
cercando di tendere all’indietro il braccio forse per chiamare ancora a sé il
bambino, ma qualcosa lo tirava e non lo lasciava andare. Kowno, mormorò
Fritz oltre il tavolo, e cadde a terra in uno stato di oscura incoscienza,
mentre Therese ripuliva il tavolo e il pavimento dal vomito cominciando ad
immergervi le fotografie. Non lo avresti dovuto fare, ragazzo, frignava lei
in direzione di quella poltiglia, non avresti dovuto fotografare. Spinse fuori
dalla porta quel figlio che si stava estinguendo e non lo volle più vedere e
in effetti non lo rivide mai più.
Stacco musicale - prima solo sax, quando entra il contrabbasso; canone a due voci
Sulla strada del miele di Ostrova
Dov’è finita la gente del miele?
Vuota, vuota
Miodowa vuota
Forno vuoto & strada vuota per Varsavia
case gialle di legno & case di stucco intonacate
l’ombra di un nome vuoto ancora sulle porte
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
6 agosto 1942, giovedì mattina
Abitudine: sono passate un paio di settimane dall’assassinio di Joachimsthal, un paio di mesi dalle
perquisizioni. E io già vivo in uno stato di quiete vicino all’apatia. Abitudine: martedì parte un altro
trasporto da qui per Theresienstadt; e già mi sembra, sembra a tutti gli ebrei qui, una cosa ovvia.–
Così, nel mio ordine di valori ero diventato un rinnegato: consapevole delle
mie origini mi sentivo nondimeno a mio agio nella comunità di coloro che
per gli ebrei non provavano che disprezzo. Avevo la sensazione, non
formulata benché evidente, di essere passato nelle file della compatta e
invincibile maggioranza, di non appartenere più al campo dei perseguitati,
ma potenzialmente a quello dei persecutori.
a due voci
lei se lo figurava al fronte
l’uniforme impeccabile
/quel figlio che si stava estinguendo
inserto
14 agosto 1942
Ieri con Eva dai Marckwald. Abbiamo incontrato là un uomo secco, sui cinquant’anni, commerciante
di granaglie, ora infermiere della Comunità ebraica: Bernstein. Quell’uomo, di fronte al paralitico
Marckwald, si è espresso in toni ancora più disperati di quelli usati recentemente da Katz sull’ultimo
trasporto. I paralitici più gravi stipati come sardine sulle panche all’interno del camion, una guida
tutta a scossoni e senza riguardi, persino mentre venivano praticate le iniezioni, mancavano i
medicinali, per andare a prelevare la gente dalle case non erano consentite le ambulanze, portarsi le
sedie a rotelle escluso e così via… Ce ne siamo andati insieme e io gli ho chiesto perché avesse fatto una
descrizione così raccapricciante. Risposta: detto a quattr’occhi, lui a Marckwald consiglierebbe
senz’altro di suicidarsi. La brutalità del trasporto è inconcepibile. - Non c’è riguardo per nessuno,
né per l’età, né per la paralisi, anche se completa, né per il dolore. Ciò che in tutto questo mi
sembra superare di gran lunga analoghi orrori perpetrati dai russi è: non vi è nulla di
spontaneo qui, tutto è organizzato e sistemato con metodo, è un orrore «colto», e si finge che
tutto accada in nome della cultura e non si fa che mentire. Da noi non si uccide.
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
Nessuno c’impasta di nuovo, da terra e fango
Nessuno insuffla la vita nella nostra polvere
Nessuno
Che tu sia lodato
Nessuno
Bach - Suites per violoncello
8 settembre 1942
La signora Ziegler è tornata questa mattina dalla Comunità, dove durante la notte si era occupata del
gruppo destinato al prossimo trasporto. Diceva che il momento peggiore è stato quello in cui sulla
gente stipata nei camion hanno calato i teloni e chiuso sui quattro lati. «Al buio, come il bestiame.»
Ho venerato la grande invenzione di Dio, e anche del cielo e
dell’inferno (una rimunerazione mortale, un’immortale
punizione).
Sono
ammirevoli
e
curiosi
disegni
dell’immaginazione umana.
Ha raccontato di una vecchia signora alla quale stavano consegnando una
lettera quando è sopraggiunto un commissario. La lettera era del tutto innocua.
Ma la fotografia della nipotina che conteneva le è stata strappata di mano:
«Non potete portarvi nessuna fotografia.» E nella lettera c’era una frase: «Forse,
mammina, ci vedremo ancora, lo sai, i miracoli accadono a volte.» Il
commissario che leggeva a voce alta ha commentato: «A voi di miracoli non ne
accadono, non fatevi illusioni.»
Accusiamo ricevuta della vostra ordinazione di cinque forni tripli, compresi due ascensori
elettrici per portare su i cadaveri e un ascensore di emergenza. L’ordinazione include
un’installazione pratica per la riserva di carbone e un’altra per il trasporto delle ceneri.
canone a due voci
Quel che ora penso veramente è che il male non è mai
«radicale» ma soltanto estremo e che non possegga né
profondità né una dimensione demoniaca. Questa è la sua
«banalità».
Con eco della seconda voce
8 aprile 1944, domenica verso sera
[…] Conversazione con Stühler senior: «Voglio testimoniare.» – «Quello che scrive Lei sono tutte cose
note, mentre i grandi eventi, Kiew, Minsk ecc., Lei non li conosce.» – «Il problema non sono i grandi
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
eventi, bensì la tirannia nella sua quotidianità, che verrà dimenticata. Migliaia di punture di zanzara
sono peggio di un colpo sulla testa. Io osservo e prendo nota delle punture di zanzara…» Stühler, dopo
un momento: «Ho letto una volta che la paura di una cosa è sempre peggiore dell’evento stesso. Che
orrore avevo delle perquisizioni. E quando la Gestapo è venuta sono stato assolutamente freddo e
caparbio. E come abbiamo apprezzato il cibo subito dopo! Tutte quelle buone cose che noi avevamo
nascosto e che loro non avevano trovato!» – «Lo vede, sono questi i fatti di cui prendo nota!»
La lingua madre svuotata
Come vuote sono le strade su cui camminiamo
Facendoci largo tra le folle di bambini
Tra vecchie donne che prendono il fresco davanti al municipio
Vecchi contadini che portano vuoti carri giù per le vuote strade
sax
20 settembre 1941
Il tempo, dopo le ultime settimane di pioggia, è migliorato (ma è autunno e fa freddo). E ciò significa
che I tedeschi possono avanzare in Russia, che le patate non marciscono, significa grandi probabilità
di vittoria per Hitler.
canone a due voci
Vecchi contadini che portano vuoti carri giù per le vuote strade
Che non si disperdono ma producono un vuoto
Un sapore di miele vuoto
Panini vuoti in cui puoi affondare le dita
Vuota zuppa di acetosella che gocciola dalle loro bocche vuote
Definendo un’altra Polonia
Persa a noi stessi come la luna
È persa a noi
14 settembre 1944, giovedì mattina
[…] Siamo travolti dal presente, non esiste più una suddivisione temporale, tutto è accaduto
un’infinità di tempo fa, ogni cosa si fa attendere all’infinito, non c’è ieri né domani, solo
un’eternità.
sovraponendosi
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‘Majakowski perché
Quella fine di piombo?
Mal di cuore, Wladimir?
«Gli si è
Forse negata
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
Una dama
Oppure
S’è concessa
Ad un altro?»
Prendete
La baionetta
Che ho tra i denti
Compagni!
Rappreso è il sangue
Divenuto medaglia di latta
Stanno i muri
Muti e freddi
Nel vento
Cigolano le bandiere
27 settembre 1944, mercoledì mattina
Oggi pomeriggio Eva intende andare a Pirna. L’ultima volta è stata là l’8 di luglio. In questi tre mesi
c’è stato tutto il crollo a occidente, sono seguiti l’attentato a
Hitler e il festino delle impiccagioni, sono andati perduti i
Balcani e la Finlandia. Guardando indietro è davvero molto in
pochissimo tempo. Eppure, per noi che ci troviamo in mezzo, la
nota che caratterizza tutte le giornate è: troppo lento, troppo
stagnante! – A dire il vero il fatto di portare i manoscritti a
Pirna ha qualcosa di ingenuo e di piccoloborghese.
I miei diari e le mie annotazioni! Mi continuo a dire: non ne va
soltanto della mia vita se qualcuno li scopre, ma della vita di
Vuote strade
Infranti occhi di corvo
Le parole che hai temuto
Dai pioppi in nostri liuti
Eva e di parecchi altri che ho citato per nome, che ho dovuto
citare per nome se voglio che i diari acquistino un valore
documentario. Ne ho il diritto, sono tenuto a farlo, o si tratta
di una forma criminale di presunzione? E ogni volta mi dico: da dodici anni non ho più pubblicato
niente, non ho più potuto portare a termine niente, non ho fatto altro che immagazzinare e
immagazzinare. Ha forse un senso, riuscirò a finire qualcosa di tutto questo? Gli inglesi, la Gestapo,
l’angina, i miei sessantatré anni? E anche se dovessi finire, e se dovesse avere successo, e se io dovessi
«continuare a vivere nella mia opera» – che senso avrebbe tutto questo «per me».
Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un Signore in Germania
ti beviamo la sera e al mattino beviamo e
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
beviamo
la morte è un Signore in Germania azzurri sono i suoi
occhi
ti colpiscie con palla di piombo ti colpisce preciso
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
e ci aizza contro i segugi e ci regala una fossa
nell’aria
testo in tedesco
6- 17 febbraio 1945
A Klotzsche cominciai per la prima volta a riflettere su quanto era andato perduto [nella distruzione di
Dresda]. Tutti i miei libri, i dizionari, le mie stesse opere. Se a Pirna capita una disgrazia, tutto il mio
lavoro, a partire dal 1933, va distrutto. Ogni volta che pensavo e penso a quei mucchi di macerie,
avevo e ho anch’io quel sentimento atavico: Jahve!
O sciocco goy, hai sparato all’ebreo ma la pallottola ha colpito anche te!
E ora chi ti aiuterà a costruire le tue nazioni? Chi ti darà tanto cuore e
tanta anima?
«E Giacobbe si svegliò dal suo sonno e disse: “In verità EGLI è
presente in questo luogo e io non lo sapevo!”». Ed ebbe paura e
disse: “Com’è terrificante questo luogo!”»
Accendete un grande rogo e saltateci dentro; strappatevi i capelli:
c’è un Dio! Che ingiustizia! Che beffa! Che vergogna!
‘Majakowski perché
Quella fine di piombo?
Mal di cuore, Wladimir?
Nero latte dell’alba
27 settembre 1944, mercoledì mattina
la parola
che hai temuto
come la grandine
sul monte
& temuto
ciò che la induce a risplendere
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Una fossa nell’aria
Anna Ruchat
che tu sia lodato Nessuno
Oh, le dimore della morte,
invitanti per la padrona di casa
altrimenti ospite –
Oh, dita
che posate la soglia
come un coltello tra la vita e la morte –
Vecchi contadini che portano vuoti carri giù per le vuote strade
Che non si disperdono ma producono un vuoto
Un sapore di miele vuoto
a voci alternate
Sono morto in quei giorni milioni di volte
fucilato, impiccato, gassato, calpestato,
tutte le variazioni di questa
specialità dell’Homo SS
& e adesso mi vuoi interessare
alla lingua tedesca, caro Walter
Jens, alla retorica da palasport, a quella lingua
che premurosamente ha preso congedo da tutti gli orrori,
per una SOLUZIONE FINALE di
civile dabbenaggine.
La mia lingua, Walter, è il terreno
sul quale cammino, è cielo & terra, animali &
piante, andare & venire
è fatta di respiro e non
di pensieri, cambia
come tutto il resto.
La mia lingua, Walter, è un dinosauro
sul punto di estinguersi, ma non ingabbiato
o addirittura sepolto vivo nei circoli
accademici
La mia lingua è il mio originario
parlare, più del significato delle parole è nuova
giorno per giorno. Non manca molto, Walter
& I genitori racconteranno dei poeti ai loro bambini
come delle tigri dai denti a sciabola, ben che
vada mentre lo faranno correrà loro
un brivido lungo la schiena
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