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Una fossa nell’aria Anna Ruchat Una fossa nell’aria Non esiste in natura un vero nome, una cosa isolata. Le cose non sono che i punti terminali o meglio i punti d’incontro delle azioni, sezioni intersecanti le azioni. Caro scopritore, cerca dappertutto, in ogni centimetro di terra. Qui sotto sono sepolti una decina di documenti diversi, miei e di altri, che faranno luce su tutto ciò che è accaduto in questo luogo. Vi è sepolta anche una grande quantità di denti. Noi, lavoratori del Kommando, li abbiamo sparsi apposta nel terreno, quanti più abbiamo potuto, perché il mondo potesse trovare le tracce concrete dei milioni di uomini ammazzati. Esprima il futuro il suo giudizio su di noi in base alle mie annotazioni e che possa il mondo dare uno sguardo almeno su una goccia, su un frammento del mondo tragico in cui abbiamo vissuto. in ordine di apparizione Salmen Gradowski Victor Klemperer Paul Celan Primo Levi Jean Améry Elie Wiesel Giobbe Nelly Sachs Hannah Arendt Tadeusz Borowski Jureck Becker Ruth Klüger Rosetta Loi Lo Ching Kathrin Schmidt Heiner Müller Jerom Rothenberg Stefan Hyner www.orasesta.it 1 Una fossa nell’aria Anna Ruchat 30 marzo 1933, giovedì Ieri a cena dai Blumenfeld con i Dember. L’atmosfera, quella che precedeva i pogrom nel più profondo Medioevo o nel cuore della Russia zarista. Nel corso della giornata era uscito l’appello al boicottaggio dei nazionalsocialisti. Siamo degli ostaggi. Prevale la sensazione (tanto più ora, dopo che la sommossa dello Stahlhelm è stata soffocata) che questo regime del terrore non durerà a lungo, ma che cadendo ci seppellirà. Medioevo fantastico: «Noi», gli ebrei minacciati. In effetti provo più vergogna che paura, vergogna per la Germania. Davvero, io mi sono sempre sentito un tedesco. E mi sono sempre illuso che il XX secolo e la Mitteleuropa fossero una cosa diversa dalla Romania del Trecento. Errore! Nero latte dell’alba lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo la notte noi beviamo e beviamo scaviamo una fossa nell’aria là non si sta stretti Nella casa abita un uomo si diverte con le serpi e scrive e scrive quando vien buio in Germania Qui noi stiamo tutti bene. Abbiamo lavoro e siamo trattati bene. Aspettiamo il vostro arrivo. 20 aprile 1933, giovedì sera È forse la suggestione di una propaganda colossale: filmati, radio, giornali, bandiere, feste sempre nuove (oggi la festa del popolo, il compleanno di Adolf, il Führer)? O è la paura da schiavi tutt’intorno che ci fa tremare? Ora comincio a credere che non vedrò la fine della tirannia. E ormai sono quasi abituato a questa condizione di illegalità. Non sono né tedesco né ariano, ma ebreo, devo dunque essere loro grato per il solo fatto che mi lasciano in vita. Eccomi dunque sul fondo. A dare un colpo di spugna al passato e al futuro si impara assai presto, se il bisogno preme. Dopo quindici giorni dall’ingresso già ho la fame regolamentare, sconosciuta agli uomini liberi, che fa sognare di notte e siede in tutte le membra dei nostri corpi; già ho imparato a non lasciarmi derubare e se anzi trovo in giro un cucchiaio, uno spago, un bottone di cui mi possa appropriare senza pericolo di punizione, li intasco e li considero miei di pieno diritto. […] Intorno tutto ci è nemico. Sopra di noi si www.orasesta.it 2 Una fossa nell’aria Anna Ruchat rincorrono le nuvole maligne, per separarci dal sole; da ogni parte ci stringe lo squallore del ferro in travaglio. I suoi confini non li abbiamo mai visti, ma sentiamo, tutto intorno, la presenza cattiva del filo spinato che ci segrega dal mondo. Sax e contrabbasso 17 settembre 1933, domenica sera Ieri pomeriggio dalla signora Schaps. Addio ai Sebba che ora si trasferiscono davvero a Haifa. I loro mobili sono già per mare, quanto a loro partono oggi per Trieste e da lì proseguono. Ho scambiato alcune parole molto cordiali con Jule Sebba. Si è evitato ogni sentimentalismo e quando poi ci siamo seduti tutti insieme abbiamo chiacchierato piacevolmente. Ma sotto sotto c’era in tutti noi una profonda tristezza, amarezza, amore e odio. Jule Sebba diceva di essersi sempre sentito un ebreo orientale e quindi senza radici e privo di legami con la natura tedesca. Nella casa abita un uomo si diverte con le serpi e scrive e scrive quando vien buio in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete 24 febbraio 1934 La signora Schaps ci ha letto delle lettere da Haifa. Sotto una coraggiosa ironia si nascondono molte difficoltà. Arduo e insensato l’apprendimento dell’ebraico – solo la bambina a scuola impara rapidamente (costretta com’è ad assimilare un’identità fittizia). La casa piccolissima (tre stanze), i mobili rovinati dall’acqua; Jule impartisce lezioni di violoncello per poche sterline e prende parte ai concerti del conservatorio; il suo progetto iniziale di darsi al commercio sembra fallito. Un giorno, mentre stavo per entrare in Sinagoga, vidi, seduto su una panca vicino alla porta, Moishé lo Schammàsh. Raccontò la sua storia e quella dei suoi compagni. Sax e contrabbasso Il treno dei deportati aveva varcato la frontiera ungherese in territorio polacco, era stato preso in carico dalla Gestapo. Là si era fermato. Gli ebrei dovettero scendere e montare su degli autocarri. Gli autocarri li portarono in una foresta dove li fecero di nuovo scendere. Poi fecero loro scavare delle grandi fosse. Appena finito quel lavoro gli uomini della Gestapo cominciarono il loro. Senza passione, senza odio, abbatterono tutti i prigionieri.. Questo avveniva nella www.orasesta.it 3 Una fossa nell’aria Anna Ruchat foresta di Galizia, presso Kolomaye. Com’è che lui, Moshé lo Shammàsh era riuscito a salvarsi? Sax e contrabbasso - fine Per credettero morto… Era cambiato, Moshé. Sax e contrabbasso I suoi occhi non riflettevano più la gioia. Non cantava più, non mi parlava più di Dio e della Cabala, ma solamente di ciò che aveva visto. La gente non solo si rifiutava di credere alle sue storie, ma anche di ascoltarle. Sax e contrabbasso - fine Anche se veniamo ricacciati nel ghetto, anche se siamo calpestati e oltraggiati, e nonostante i nostri figli non possiedano più una patria se solo possiamo concludere affari, «il punto critico è stato superato». È un’idea così infinitamente indecente e spudorata che si arrivi quasi a simpatizzare con i nazionalsocialisti. Eva dice poi che certa gente si lascia sbattere in faccia lo spazzolino del cesso senza prendersela a male. Nella casa abita un uomo si diverte con le serpi e scrive e scrive quando vien buio in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete scrive ed esce davanti a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi segugi e fischia ai suoi ebrei che escano e gli fa scavare una fossa nella terra e ci ordina ora suonate alla danza 12 luglio1938, martedì, compleanno di Eva Mi risulta molto difficile mostrare la necessaria gioia per la ricorrenza. Questa giornata mi ricorda con troppa evidenza la miseria della nostra situazione. Lissy Meyerhof scrive che Berthold ha trovato lavoro negli Stati Uniti; la signora Schaps racconta della sistemazione dei suoi figli a Londra e di aver preso contatto con il dentista Isakowitz; tutta questa gente si è costruita una nuova vita – e io non ci sono riuscito, siamo rimasti qui nel disonore e nella miseria, in qualche modo dei sepolti vivi, sotterrati, per così dire, fino al collo, stiamo aspettando giorno per giorno le ultime badilate. Nero latte dell’alba lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo la notte noi beviamo e beviamo scaviamo una fossa nell’aria là non si sta stretti www.orasesta.it 4 Una fossa nell’aria Anna Ruchat Lunedì sono stato alla Casa della comunità ebraica, accanto alla sinagoga distrutta dalle fiamme e demolita, per pagare le tasse e il soccorso invernale. Un gran daffare: staccavano dalle tessere annonarie i bollini per il panpepato e per la cioccolata «a favore di coloro che hanno parenti al fronte». Si sono dovute consegnare anche le tessere per il vestiario: gli ebrei riceveranno capi di vestiario solo inoltrando una richiesta speciale alla Comunità. Ma questi sono i piccoli fastidi che ormai non contano più. Poi il funzionario del partito che era presente mi ha voluto parlare: «L’avremmo comunque informata uno di questi giorni, entro il 1° di aprile Lei dovrà lasciare la Sua casa: la può vendere, affittare o semplicemente lasciare vuota, se la veda Lei, purché se ne vada. Le spetta una stanza. Visto che Sua moglie è ariana, cercheremo di assegnargliene due». 9 dicembre 1939, sabato (lento e scandito) E quando questa mia pelle sarà dilaniata contemplerò Dio senza la mia carne Disgusto sulla questione della casa. 29 aprile 1940 Estreicher, che finora è stato molto gentile, ci ha mostrato sabato due stanze in una villa della Caspar-David-Friedrich-Straße. Alla mia prima domanda Estreicher si è fatto estremamente arrogante, ha detto che ero irriconoscente e che avrei dovuto buttargli le braccia al collo e che dovevo decidermi subito e così via. Quindi ha cominciato a gridare minacciandomi, con il suo potere, di rifilarmi un monolocale impresentabile. Io sono stato preso dall’ira, mi sono alzato in piedi e ho battuto il pugno sulla scrivania e gli ho urlato che si doveva comportare correttamente. Dopo che ci siamo scatenati a lungo l’uno contro l’altro ho accettato le due stanze.- Sono stato ripetutamente messo in guardia contro Estreicher, da Neumann, da Feder, i quali dicevano che si lascia corrompere, che è una spia dei nazisti. Avevo sempre creduto di riuscire a domarlo con la gentilezza. Quell’uomo ieri ha detto che gli dovevo essere particolarmente grato perché lui quel paradiso avrebbe potuto darlo a un ortodosso e invece lo dà a me che sono l’ultimo arrivato nella comunità; poi quando siamo stati tra noi: «C’è gente qui che mi ha già pregato in ginocchio e mi ha offerto due o trecento marchi e io li ho buttati fuori, mentre Lei, per cui sto facendo tanto, è irriconoscente!», poi ha mostrato la sua vanità offesa: «Il sindaco di Dölzschen aveva ragione nel suo giudizio su di Lei al telefono – non sapeva che io sono ebreo. Lei vuole fare il grand’uomo, Lei è il grande intellettuale e io sono solo il piccolo Estreicher! – Ma io sono un funzionario e se non le facessi credito della Sua estraneità al mondo, se informassi la segreteria politica del circondario…». www.orasesta.it 5 Una fossa nell’aria Anna Ruchat Non avevo intenzione di portare avanti la lite. Ho detto che gli ero assolutamente obbligato e che soltanto non riuscivo a sopportare il suo tono. Lui ha fatto il nobile offeso avvezzo all’ingratitudine altrui, la persona onesta che nonostante tutto ha riguardo per l’intellettuale.- Quell’uomo è un essere ripugnante, più di qualunque nazi. Eva dice che le ha fatto subito una brutta impressione, con quella linea contratta intorno alla fronte e agli occhi. - Naturalmente la cosa che mi lascia più scontento sono io, è il mio stesso comportamento. Dapprima eccessivamente brusco e poi troppo condiscendente. Oh, i camini sulle ingegnose dimore della morte, quando il corpo di Israele si disperse in fumo per l’aria – e lo accolse, spazzacamino, una stella che divenne nera o era forse un raggio di sole? Oh, i camini! Vie di libertà per la polvere di Giobbe e Geremia – chi vi ha inventato e pietra su pietra ha costruito la via per i fuggiaschi di fumo? Oh, le dimore della morte, invitanti per la padrona di casa altrimenti ospite – Oh, dita che posate la soglia come un coltello tra la vita e la morte – Oh, camini, oh, dita, e il corpo di Israele in fumo per l’aria! Casa degli ebrei, Caspar-David-Friedrich-Straße 15b 26 maggio 1940, domenica mattina Una villa graziosa, ma angusta e costruita in modo troppo «moderno», piena zeppa di gente che condivide tutta uno stesso destino. La villa è sistemata in modo splendido nel giardino. Un antico parco parcellizzato. Dietro la linea degli alberi iniziano i prati e i campi; quando siamo sul balcone che non dà sulla strada, a destra, lo sguardo finisce contro un muro di detriti, a sinistra addosso a una clinica. La strada è piuttosto stretta, anche dall’altra parte vi sono ville, giardini, sanatori, ancora ville. Tutto questo in un bosco di lillà e castagni in fiore, la primavera si affaccia ovunque. E fin qui www.orasesta.it 6 Una fossa nell’aria Anna Ruchat tutto bene; per il resto la situazione è delle più spaventose, vi sono diversi momenti nella giornata in cui vorremmo essere sotto terra. E frattanto oggi potrebbe cadere Calais e le prospettive di vittoria del terzo Reich sono quantomeno molto alte. Oh, le dimore della morte, invitanti per la padrona di casa altrimenti ospite – Oh, dita che posate la soglia come un coltello tra la vita e la morte – (canone a due voci) All’uscita dal buio si soffriva per la riconquistata consapevolezza di essere stati menomati. Non per volontà né per ignavia né per colpa. avevamo tuttavia vissuto per mesi o anni ad un livello animalesco: le nostre giornate erano state ingombrate dall’alba alla notte dalla fame, dalla fatica, dal freddo, dalla paura e lo spazio di riflettere, per ragionare, per provare affetti, Sax e contrabbasso era annullato. Avevamo sopportato la sporcizia, la promiscuità e la destituzione soffrendone assai meno di quanto ne avremmo sofferto nella vita normale perché il nostro metro morale era mutato. 18 settembre 1941 La «stella ebraica», nera sulla stoffa gialla, sopra, in caratteri ebraicizzanti, la scritta «ebreo», va portata sul petto a sinistra, dev’essere grande quanto il palmo di una mano: ci è stata consegnata ieri per dieci pfennig, va portata da domani, 19 settembre. Sax Dai pioppi i nostri liuti Dondolavano lungo le rive Pretendevano da noi canti I nostri carcerieri Incitavano ad allietarli Mentre i tormenti ne pativamo - Su cantate per noi Un canto di Sion! – www.orasesta.it 7 Una fossa nell’aria Anna Ruchat Ora la ghettizzazione era completa; in un primo tempo la parola ghetto compariva solo per esempio sul timbro postale «ghetto di Litzmannstadt», era riservata ai territori nemici conquistati. In Germania c’erano singole «case degli ebrei» in cui detti ebrei venivano concentrati e che talvolta venivano contrassegnate dalla scritta Judenhaus, ma queste case sorgevano in un quartiere «ariano» e addirittura non tutti gli inquilini erano ebrei; per cui su altre case a volte si poteva leggere l’espressione: «Questa casa è disebreizzata». La scritta, bella grossa e nera rimase a lungo su parecchi muri finché questi non furono distrutti dalle bombe, mentre sparirono molto presto (perché non ci furono più negozi di ebrei e più nulla da arianizzare) i cartelli «negozio di pura razza ariana» e le scritte ostili sulle vetrine «negozio ebraico» così come il verbo «arianizzare» e le dichiarazioni sulla porta del negozio «impresa completamente arianizzata». Ora, dopo l’introduzione della stella gialla, non aveva più importanza se le case degli ebrei fossero sparse in giro per la città o riunite in un solo quartiere, perché ogni ebreo con la stella portava con sé il proprio ghetto, come la chiocciola la sua casa. Nella casa abita un uomo si diverte con le serpi e scrive e scrive quando vien buio in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete scrive ed esce davanti a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi segugi e fischia ai suoi ebrei che escano e gli fa scavare una fossa nella terra e ci ordina ora suonate alla danza 12 gennaio 1942, lunedì È stato un tale shock, che solo oggi sono in grado di darne notizia. Giovedì pomeriggio alle quattro, 8 gennaio, torno a casa, dopo essermi recato fare la spesa in Chemnitzer Platz, in testa al 16. Al tribunale, come sempre, la gente sale a frotte. Poco prima della stazione un giovanotto si gira verso di me, un volto ben tagliato, gli occhi grigi e freddi, mi dice sottovoce: «Scendere alla prossima fermata!». (a due voci) Guarda dunque! Guarda Così irrompe l’uomo Al centro della piazza Senti battere il suo polso. E io meccanicamente, visto che alla successiva dovevo cambiare, dico: «Sì». Solo scendendo mi rendo conto che c’è qualcosa di strano. Mi metto www.orasesta.it 8 Una fossa nell’aria Anna Ruchat ad aspettare alla fermata del 14, ed ecco che mi si accosta: «Da dove viene? Dove sta andando? Venga con me». In un primo momento non ho nemmeno chiesto di mostrarmi un documento. Ci avviamo e lui dice: «Polizia di stato. Vuole vedere la mia autorizzazione?». – «Non qui». Di fronte alla stazione, dove un tempo usavo parcheggiare, tra gli alberghi, un alto edificio occupato da uffici. Era questa dunque la casa della Gestapo, di cui si raccontavano cose spaventose. (a due voci) E la grande città Cinge il suo corpo Con ruote di gomma (ché il destino ha camuffato la ruota del tempo) e sale con il suo respiro. L’uomo mi da del tu: «Togli la tua robaccia dal tavolo. Metti il cappello. Usa così da voi, no? Quello che calpesti è suolo sacro». Quanti anni hai? Sax e contrabbasso – fine. Pausa. Solo 60? Accidenti, devi averci dato dentro bene per ridurti così! – Perché vai a fare la spesa in Chemnitzer Platz?» – «Perché un tempo abitavamo lì». – «Vai lì a fare la spesa perché ti danno più roba. Ma adesso è finita. Da domani presenti i tuoi bollini al negozio più vicino. E non ti fai più vedere qui sul tram. Puoi andare a piedi. E, se ti vediamo ancora una volta in questa zona, parti. Sai bene per dove. Capito?» (voce sola) Vetrine Infranti occhi di corvo Si spengono – (a due voci) Me ne andai a casa molto lentamente. Nemmeno ora mi sono ripreso del tutto. Ho presentato i miei bollini con la Jot in Wasaplatz. Da quel momento non sono più riuscito a liberarmi dell’idea della morte. (voce sola) I comignoli imbandierano neri La fossa dell’aria www.orasesta.it 9 Una fossa nell’aria Anna Ruchat 24 marzo 1942, martedì Quello che mi pesa di più è la mattinata. Soffro il freddo (nel locate non riscaldato), sono affamato e per la stanchezza mi addormento spesso alla scrivania. Allora cerco di rubare un cucchiaio di marmellata o un pezzettino di pane in cucina, da Kätchen Sara, ma lo posso fare solo se ce n’è abbastanza perché lei non debba notare nulla. E comunque sono sempre preoccupato che mi possa sorprendere. Anche di fronte a Eva conservo il mio penoso segreto. Nero latte dell’alba ti beviamo la notte ti beviamo a mezzogiorno la morte è un Signore in Germania ti beviamo la sera e al mattino beviamo e beviamo la morte è un Signore in Germania azzurri sono i suoi occhi Il tema è la speranza, dettata dalla paura, la speranza intesa come principale mezzo di adattamento. Io sono su una cima solitaria E intesso una stuoia di arcobaleni Inspiro ed espiro il vento celeste Cosa che non esitano a confermare fiumi e monti In una regione selvaggia divento la spada della fonte del drago e squarcio la sete l’arida terra spettegola per l’entusiasmo 28 aprile 1942 Non ho altra scelta devo dare il meglio di me e colpire con tutte le mie forze per scoprire negli strati nascosti della terra le fonti più interne più chiare e risvegliare quelle che aspettano soltanto di cominciare a gorgogliare Vi prego sfregatevi gli occhi e guardate – www.orasesta.it 10 Una fossa nell’aria Anna Ruchat È la speranza che comanda agli uomini di entrare indifferenti nella camera a gas; che li trattiene dal progettare la rivolta: la speranza li rende morti e ossuti…la speranza li spinge a lottare per ogni giorno di vita in più, perché potrebbe essere proprio il giorno successivo a portare la libertà. Mai come ora la speranza è stata più forte dell’uomo, ma mai ha prodotto tanto male come in questa guerra, in questo lager. Non ci hanno insegnato ad abbandonare la speranza, per questo moriamo nel gas. Sax 28 aprile 1942 Sentendo il discorso di Hitler siamo anche venuti a conoscenza del nuovo caso. Marito e moglie, Feuerstein, in Altenzeller Straße sono stati saccheggiati e poi convocati alla Gestapo, e lì picchiati e presi a calci; durante la notte i due sono stati trovati morti nella cucina satura di gas. Di giorno in giorno aspetto che la perquisizione arrivi anche da noi. L’angoscia raggiunge il massimo livello sempre la sera, tra le sette e le nove. Probabilmente a torto, perché sembra che le squadracce arrivino a qualsiasi ora del giorno. Dicono che si portano via tutto; anche il cibo che è stato acquistato con i bollini, la carta per scrivere, i bollini affrancati, le cartelle di pelle. Pare che si bevano il latte magro, e così via. Contrabbasso solo – Ha mai notato Lei una sola volta con quali occhi mi chiedono notizie? No? e sa Lei quanto bisogno hanno di una buona notizia? Lo sa Lei? – Posso immaginarlo molto bene. E non dubito nemmeno che Lei sia mosso dalle migliori intenzioni. Tuttavia, debbo… – Ma mi liberi di questo suo «tuttavia»! Non le basta che non abbiamo da masticare quasi niente, che ogni giorno cinque di noi muoiono assiderati d’inverno, che ogni giorno mezza strada sia avviata alla deportazione? Tutto questo non le basta ancora? E quando tento di sfruttare una possibilità estrema che li trattenga dallo sdraiarsi subito per crepare, con le parole, capisce, con le parole lo tento! Perché non ho altro! Ecco che viene Lei per dirmi che è vietato. 23 maggio 1942, sabato pomeriggio Ieri mattina la notizia della morte di Ernst Kreidl, nel pomeriggio la tanto attesa perquisizione. Alle quattro e un quarto sono andato ancora una volta (molto malvolentieri) da Steinitz – i soliti discorsi. Alle sette e mezzo sono rientrato. La squadraccia era comparsa alle cinque e se ne era andata poco prima del mio rientro. Prima di tutto ho visto, dalla porta d’entrata aperta, il caos al pian terreno. Friedheim mi ha mostrato una parte del collo e il mento sanguinante per le percosse, s’è lamentato di www.orasesta.it 11 Una fossa nell’aria Anna Ruchat un calcio infertogli in corrispondenza della cicatrice di un’ernia. La signora Kreidl e la signora Pick erano state picchiate anche loro. Da noi ho trovato Eva perfettamente padrona di sé. Diceva che tutto s’era svolto come previsto. «Sei ariana? – Ehi, puttana degli ebrei, perché hai sposato un ebreo? Nel Talmud sta scritto: “Ogni donna non ebrea per noi è una puttana”…» L’hanno mandata di sotto. Giù si è presa un paio di ceffoni – «Più teatrali che altro» stacco Oggi pomeriggio Eva va a Pirna a prendere un po’ di soldi. Le do da portare le pagine di diario delle ultime settimane. Dopo la perquisizione ho trovato sul tavolo alcuni libri che erano stati presi dallo scaffale: se il vocabolario di greco fosse stato tra loro, se ne fossero caduti fuori i fogli di diario e avessero suscitato un sospetto, sarei andato incontro a morte certa. Si viene uccisi per molto meno.. Così questi frammenti oggi se ne vanno. Ma – 27 maggio 1942, mercoledì a mezzogiorno (con musica) Eppure io continuo a scrivere. È questo il mio modo di essere eroico. Voglio testimoniare, testimoniare nel dettaglio. Inserto musicale sax e contrabbasso la parola che hai temuto come la grandine sul monte & temuto ciò che la induce a risplendere ad essere vista come il ventre di lei come ganci come il grano sui nostri altari tutto verrà mangiato non sarà un sacrificio tra le nazioni ma la maledizione nel suo grembo www.orasesta.it 12 Una fossa nell’aria Anna Ruchat 2 giugno 1942, martedì verso sera Quante se ne sono viste in questi ultimi anni, di grandi e piccole! E talvolta una puntura di spillo è anche più dolorosa del colpo di clava. Ora, per una volta, riassumo le disposizioni: 1) Dopo le otto o le nove di sera bisogna essere a casa. 2) Buttati fuori di casa. 3) Divieto di possedere una radio, divieto di possedere il telefono. 4) Divieto di recarsi a teatro, al cinema, al concerto, al museo. 5) Divieto di abbonarsi o acquistare riviste. 6) Divieto di viaggiare. Vietati gli autobus, concessa soltanto la piattaforma anteriore del tram; b) vietato in genere viaggiare con i mezzi pubblici, a meno che non li si utilizzi per andare al lavoro; c) anche al lavoro a piedi, a meno che non si abiti a più di 7 km di distanza o si sia malati Naturalmente è vietato anche il taxi. 7) Divieto di acquistare «merce rara». 8) Divieto di acquistare sigari e ogni genere di tabacchi. 9) Divieto di acquistare fiori. 10) Sottratta la tessera per il latte. 11) Divieto di recarsi dal barbiere. 12) Divieto di acquisto presso gli artigiani: per ogni cosa è necessario presentare una richiesta alla Comunità. 13) Obbligo di consegnare le macchine da scrivere. 14) Consegna di pellicce e coperte di lana. 15) Consegna di biciclette 16) Consegna delle sedie a sdraio. 17) Consegna di cani, gatti, uccelli. 18) Divieto di lasciare il territorio urbano di Dresda. 19) Divieto di entrare in stazione. 20) Divieto di recarsi sulla riva del Ministero e nei parchi. 21) Divieto di entrare nei mercati. 22) Dal 19 settembre la stella ebraica. 23) Divieto di tenere in casa provviste di cibo24) Divieto di frequentare le biblioteche circolanti. 25) Con la stella ci sono preclusi tutti i ristoranti. 26) Niente tessere per il vestiario. 27) Niente tessere per il pesce. 28) Niente assegnazioni speciali come caffè, cioccolata, frutta o latte condensato. 29) Le tasse supplementari. 30) La franchigia che si restringe sempre più. La mia dapprima 600, poi 320, ora 185 marchi. 31) Restrizione dell’orario per gli acquisti a una sola ora al giorno (dalle tre alle quattro, il sabato dalle dodici all’una). Credo che in questi 31 punti vi sia tutto. Ma sommati non sono nulla rispetto al costante pericolo delle perquisizioni, dei maltrattamenti, della prigionia, dei campi di concentramento e della morte violenta. Ora viviamo letteralmente di elemosine. […] Fra le domande che ci vengono poste ce n’è una che non manca mai; anzi, a mano a mano che gli anni passano, essa viene formulata con sempre maggiore insistenza, e con sempre meno celato accento di accusa. Più che una domanda singola è una famiglia di domande. Perché non siete fuggiti? Perché non vi siete ribellati? Perché non vi siete sottratti alla cattura “prima”? Stacco musicale; musica anche sopra la lettura www.orasesta.it 13 Una fossa nell’aria Anna Ruchat 7 luglio 1942, Sera Kätchen racconta: l’istituto Henriette, circa cinquanta anziani, viene evacuato. Ed ecco che sua madre, quell’indistruttibile ottantenne, deve partire anche lei per Theresienstadt; il fratello di Kätchen è stato arrestato e quindi è un uomo morto. Questo Joachimsthal è un pessimo soggetto, con il quale lei ha già litigato e che la ricatta – ma perché ora viene ucciso? Pare che «abbia nascosto la stella» o che sia stato in giro dopo le nove di sera. Per questo la morte. Sono così inorridito, mi vedo sempre davanti i piccoli buchi dell’urna. Cosa si aspettavano da noi i Della Seta? L’ingegnere Levi e quel ragazzo che amava suonare Chopin? Non avevano capito che l’inconcepibile poteva diventare realtà perché riguardava oscuramente, fatalmente, solo loro. I colpevoli senza colpa. […] Un doloroso, ineluttabile destino li separava da noi. Così è «nel mondo». Perché poi nelle strade tutto è stato diverso. C’è chi gli ha voltato le spalle con stolida indifferenza e c’è chi li ha traditi e venduti per cinquemila lire, tanto davano i tedeschi per ogni ebreo denunciato; perché poi il prezzo scendeva a tremila lire se si trattava di una donna, e a mille per un bambino. Ma c’è anche chi non ci ha pensato due volte a rischiare la vita per salvarli. Coro dei sopravvissuti la parola che hai temuto come la grandine sul monte & temuto ciò che la induce a risplendere ad essere vista come il ventre di lei come ganci come il grano sui nostri altari tutto verrà mangiato non sarà un sacrificio tra le nazioni ma la maledizione nel suo grembo www.orasesta.it 14 Una fossa nell’aria Anna Ruchat 25 luglio 42, sabato verso sera Ieri sera Elsa Kreidl parla in modo abbastanza tranquillizzante dei suoi nuovi inquilini; il consigliere forestale, un uomo molto gentile prenderà ora il primo piano, il consigliere della polizia giudiziaria della Gestapo il piano terra, perché pare abbia figli e vuole avere l’uso del giardino… Sembrerebbe che ora la Signora Kreidl si senta più sicura. Ma ecco che, nel bel mezzo di una conversazione tranquilla, Eva le salta addosso: «Hanno ucciso Suo marito, hanno ucciso il suo amico Friedheim, Lei l’hanno chiamata “puttana”, e ora loro convivranno con Lei in pace, e starete insieme in giardino, e qui davanti si fermerà magari la vettura che ha trasportato i cadaveri degli uccisi!» altre date lette da due voci sopra il testo Elsa Kreidl risponde a mezza voce, probabilmente in parte anche consapevole delle proprie colpe: «Non me li posso mica scegliere i miei inquilini». Una sera, in piena guerra, lei se lo figurava al fronte, aveva suonato alla porta: un uomo agitato, confuso, le parole sfibrate. Lo aveva fatto entrare, interrompendo di malavoglia ciò che stava facendo: lavorava a maglia per il nipote Rudolph con della lana di risulta, allora lui tirò fuori dalla tasca della giacca una serie di fotografie e le gettò sul tavolo e Therese vomitò all’istante quando vide tutti quei cadaveri di bambini e i corpi delle donne ammucchiati nelle fosse. In una delle fotografie, l’aveva scattata un suo superiore, Fritz, con l’uniforme impeccabile teneva sottobraccio una giovane donna dai capelli scuri, nuda, ripresa di lato. Sul margine destro della fotografia il dolore deformava il volto di un bambino che urlava perché il suo corpo veniva portato via in un’altra direzione. La madre stava cercando di tendere all’indietro il braccio forse per chiamare ancora a sé il bambino, ma qualcosa lo tirava e non lo lasciava andare. Kowno, mormorò Fritz oltre il tavolo, e cadde a terra in uno stato di oscura incoscienza, mentre Therese ripuliva il tavolo e il pavimento dal vomito cominciando ad immergervi le fotografie. Non lo avresti dovuto fare, ragazzo, frignava lei in direzione di quella poltiglia, non avresti dovuto fotografare. Spinse fuori dalla porta quel figlio che si stava estinguendo e non lo volle più vedere e in effetti non lo rivide mai più. Stacco musicale - prima solo sax, quando entra il contrabbasso; canone a due voci Sulla strada del miele di Ostrova Dov’è finita la gente del miele? Vuota, vuota Miodowa vuota Forno vuoto & strada vuota per Varsavia case gialle di legno & case di stucco intonacate l’ombra di un nome vuoto ancora sulle porte www.orasesta.it 15 Una fossa nell’aria Anna Ruchat 6 agosto 1942, giovedì mattina Abitudine: sono passate un paio di settimane dall’assassinio di Joachimsthal, un paio di mesi dalle perquisizioni. E io già vivo in uno stato di quiete vicino all’apatia. Abitudine: martedì parte un altro trasporto da qui per Theresienstadt; e già mi sembra, sembra a tutti gli ebrei qui, una cosa ovvia.– Così, nel mio ordine di valori ero diventato un rinnegato: consapevole delle mie origini mi sentivo nondimeno a mio agio nella comunità di coloro che per gli ebrei non provavano che disprezzo. Avevo la sensazione, non formulata benché evidente, di essere passato nelle file della compatta e invincibile maggioranza, di non appartenere più al campo dei perseguitati, ma potenzialmente a quello dei persecutori. a due voci lei se lo figurava al fronte l’uniforme impeccabile /quel figlio che si stava estinguendo inserto 14 agosto 1942 Ieri con Eva dai Marckwald. Abbiamo incontrato là un uomo secco, sui cinquant’anni, commerciante di granaglie, ora infermiere della Comunità ebraica: Bernstein. Quell’uomo, di fronte al paralitico Marckwald, si è espresso in toni ancora più disperati di quelli usati recentemente da Katz sull’ultimo trasporto. I paralitici più gravi stipati come sardine sulle panche all’interno del camion, una guida tutta a scossoni e senza riguardi, persino mentre venivano praticate le iniezioni, mancavano i medicinali, per andare a prelevare la gente dalle case non erano consentite le ambulanze, portarsi le sedie a rotelle escluso e così via… Ce ne siamo andati insieme e io gli ho chiesto perché avesse fatto una descrizione così raccapricciante. Risposta: detto a quattr’occhi, lui a Marckwald consiglierebbe senz’altro di suicidarsi. La brutalità del trasporto è inconcepibile. - Non c’è riguardo per nessuno, né per l’età, né per la paralisi, anche se completa, né per il dolore. Ciò che in tutto questo mi sembra superare di gran lunga analoghi orrori perpetrati dai russi è: non vi è nulla di spontaneo qui, tutto è organizzato e sistemato con metodo, è un orrore «colto», e si finge che tutto accada in nome della cultura e non si fa che mentire. Da noi non si uccide. www.orasesta.it 16 Una fossa nell’aria Anna Ruchat Nessuno c’impasta di nuovo, da terra e fango Nessuno insuffla la vita nella nostra polvere Nessuno Che tu sia lodato Nessuno Bach - Suites per violoncello 8 settembre 1942 La signora Ziegler è tornata questa mattina dalla Comunità, dove durante la notte si era occupata del gruppo destinato al prossimo trasporto. Diceva che il momento peggiore è stato quello in cui sulla gente stipata nei camion hanno calato i teloni e chiuso sui quattro lati. «Al buio, come il bestiame.» Ho venerato la grande invenzione di Dio, e anche del cielo e dell’inferno (una rimunerazione mortale, un’immortale punizione). Sono ammirevoli e curiosi disegni dell’immaginazione umana. Ha raccontato di una vecchia signora alla quale stavano consegnando una lettera quando è sopraggiunto un commissario. La lettera era del tutto innocua. Ma la fotografia della nipotina che conteneva le è stata strappata di mano: «Non potete portarvi nessuna fotografia.» E nella lettera c’era una frase: «Forse, mammina, ci vedremo ancora, lo sai, i miracoli accadono a volte.» Il commissario che leggeva a voce alta ha commentato: «A voi di miracoli non ne accadono, non fatevi illusioni.» Accusiamo ricevuta della vostra ordinazione di cinque forni tripli, compresi due ascensori elettrici per portare su i cadaveri e un ascensore di emergenza. L’ordinazione include un’installazione pratica per la riserva di carbone e un’altra per il trasporto delle ceneri. canone a due voci Quel che ora penso veramente è che il male non è mai «radicale» ma soltanto estremo e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Questa è la sua «banalità». Con eco della seconda voce 8 aprile 1944, domenica verso sera […] Conversazione con Stühler senior: «Voglio testimoniare.» – «Quello che scrive Lei sono tutte cose note, mentre i grandi eventi, Kiew, Minsk ecc., Lei non li conosce.» – «Il problema non sono i grandi www.orasesta.it 17 Una fossa nell’aria Anna Ruchat eventi, bensì la tirannia nella sua quotidianità, che verrà dimenticata. Migliaia di punture di zanzara sono peggio di un colpo sulla testa. Io osservo e prendo nota delle punture di zanzara…» Stühler, dopo un momento: «Ho letto una volta che la paura di una cosa è sempre peggiore dell’evento stesso. Che orrore avevo delle perquisizioni. E quando la Gestapo è venuta sono stato assolutamente freddo e caparbio. E come abbiamo apprezzato il cibo subito dopo! Tutte quelle buone cose che noi avevamo nascosto e che loro non avevano trovato!» – «Lo vede, sono questi i fatti di cui prendo nota!» La lingua madre svuotata Come vuote sono le strade su cui camminiamo Facendoci largo tra le folle di bambini Tra vecchie donne che prendono il fresco davanti al municipio Vecchi contadini che portano vuoti carri giù per le vuote strade sax 20 settembre 1941 Il tempo, dopo le ultime settimane di pioggia, è migliorato (ma è autunno e fa freddo). E ciò significa che I tedeschi possono avanzare in Russia, che le patate non marciscono, significa grandi probabilità di vittoria per Hitler. canone a due voci Vecchi contadini che portano vuoti carri giù per le vuote strade Che non si disperdono ma producono un vuoto Un sapore di miele vuoto Panini vuoti in cui puoi affondare le dita Vuota zuppa di acetosella che gocciola dalle loro bocche vuote Definendo un’altra Polonia Persa a noi stessi come la luna È persa a noi 14 settembre 1944, giovedì mattina […] Siamo travolti dal presente, non esiste più una suddivisione temporale, tutto è accaduto un’infinità di tempo fa, ogni cosa si fa attendere all’infinito, non c’è ieri né domani, solo un’eternità. sovraponendosi www.orasesta.it ‘Majakowski perché Quella fine di piombo? Mal di cuore, Wladimir? «Gli si è Forse negata 18 Una fossa nell’aria Anna Ruchat Una dama Oppure S’è concessa Ad un altro?» Prendete La baionetta Che ho tra i denti Compagni! Rappreso è il sangue Divenuto medaglia di latta Stanno i muri Muti e freddi Nel vento Cigolano le bandiere 27 settembre 1944, mercoledì mattina Oggi pomeriggio Eva intende andare a Pirna. L’ultima volta è stata là l’8 di luglio. In questi tre mesi c’è stato tutto il crollo a occidente, sono seguiti l’attentato a Hitler e il festino delle impiccagioni, sono andati perduti i Balcani e la Finlandia. Guardando indietro è davvero molto in pochissimo tempo. Eppure, per noi che ci troviamo in mezzo, la nota che caratterizza tutte le giornate è: troppo lento, troppo stagnante! – A dire il vero il fatto di portare i manoscritti a Pirna ha qualcosa di ingenuo e di piccoloborghese. I miei diari e le mie annotazioni! Mi continuo a dire: non ne va soltanto della mia vita se qualcuno li scopre, ma della vita di Vuote strade Infranti occhi di corvo Le parole che hai temuto Dai pioppi in nostri liuti Eva e di parecchi altri che ho citato per nome, che ho dovuto citare per nome se voglio che i diari acquistino un valore documentario. Ne ho il diritto, sono tenuto a farlo, o si tratta di una forma criminale di presunzione? E ogni volta mi dico: da dodici anni non ho più pubblicato niente, non ho più potuto portare a termine niente, non ho fatto altro che immagazzinare e immagazzinare. Ha forse un senso, riuscirò a finire qualcosa di tutto questo? Gli inglesi, la Gestapo, l’angina, i miei sessantatré anni? E anche se dovessi finire, e se dovesse avere successo, e se io dovessi «continuare a vivere nella mia opera» – che senso avrebbe tutto questo «per me». Nero latte dell’alba ti beviamo la notte ti beviamo a mezzogiorno la morte è un Signore in Germania ti beviamo la sera e al mattino beviamo e www.orasesta.it 19 Una fossa nell’aria Anna Ruchat beviamo la morte è un Signore in Germania azzurri sono i suoi occhi ti colpiscie con palla di piombo ti colpisce preciso nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete e ci aizza contro i segugi e ci regala una fossa nell’aria testo in tedesco 6- 17 febbraio 1945 A Klotzsche cominciai per la prima volta a riflettere su quanto era andato perduto [nella distruzione di Dresda]. Tutti i miei libri, i dizionari, le mie stesse opere. Se a Pirna capita una disgrazia, tutto il mio lavoro, a partire dal 1933, va distrutto. Ogni volta che pensavo e penso a quei mucchi di macerie, avevo e ho anch’io quel sentimento atavico: Jahve! O sciocco goy, hai sparato all’ebreo ma la pallottola ha colpito anche te! E ora chi ti aiuterà a costruire le tue nazioni? Chi ti darà tanto cuore e tanta anima? «E Giacobbe si svegliò dal suo sonno e disse: “In verità EGLI è presente in questo luogo e io non lo sapevo!”». Ed ebbe paura e disse: “Com’è terrificante questo luogo!”» Accendete un grande rogo e saltateci dentro; strappatevi i capelli: c’è un Dio! Che ingiustizia! Che beffa! Che vergogna! ‘Majakowski perché Quella fine di piombo? Mal di cuore, Wladimir? Nero latte dell’alba 27 settembre 1944, mercoledì mattina la parola che hai temuto come la grandine sul monte & temuto ciò che la induce a risplendere www.orasesta.it 20 Una fossa nell’aria Anna Ruchat che tu sia lodato Nessuno Oh, le dimore della morte, invitanti per la padrona di casa altrimenti ospite – Oh, dita che posate la soglia come un coltello tra la vita e la morte – Vecchi contadini che portano vuoti carri giù per le vuote strade Che non si disperdono ma producono un vuoto Un sapore di miele vuoto a voci alternate Sono morto in quei giorni milioni di volte fucilato, impiccato, gassato, calpestato, tutte le variazioni di questa specialità dell’Homo SS & e adesso mi vuoi interessare alla lingua tedesca, caro Walter Jens, alla retorica da palasport, a quella lingua che premurosamente ha preso congedo da tutti gli orrori, per una SOLUZIONE FINALE di civile dabbenaggine. La mia lingua, Walter, è il terreno sul quale cammino, è cielo & terra, animali & piante, andare & venire è fatta di respiro e non di pensieri, cambia come tutto il resto. La mia lingua, Walter, è un dinosauro sul punto di estinguersi, ma non ingabbiato o addirittura sepolto vivo nei circoli accademici La mia lingua è il mio originario parlare, più del significato delle parole è nuova giorno per giorno. Non manca molto, Walter & I genitori racconteranno dei poeti ai loro bambini come delle tigri dai denti a sciabola, ben che vada mentre lo faranno correrà loro un brivido lungo la schiena www.orasesta.it 21