La montagna nell`immaginario letterario e nella

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La montagna nell`immaginario letterario e nella
La montagna nell'immaginario letterario e nella riflessione
filosofica
Dalla lettera del Petrarca dedicata all'ascensione compiuta sul Mont Ventoux, fino agli
intensi romanzi di Mario Rigoni Stern, attraverso Cino da Pistoia ("Io fui 'n su l'alto e 'n
sul beato monte"), Torquato Tasso ("L'ascensione al Monte Oliveto"), Pietro
Metastasio ("La neve è alla montagna"), Emily Dickinson ("Scalando il Chimborazu"),
Hermann Hesse ("Montagnola"), Mario Luzi ("L'ultima poesia"), Romano Oldrini ("Sul
Bernina", Inchiostri segreti), la letteratura ha spesso attinto a piene mani al mondo
della montagna e dell'alpinismo, mutuandone immagini, espressioni linguistiche,
metafore.
Ciò che forse è meno noto è il fatto che il mondo della montagna e dell'alpinismo ha
esercitato un'influenza molto importante anche sulla filosofia, ispirando ai pensatori
significative metafore, soprattutto quando il percorso di ascesa verso la vetta è stato
proposto come similitudine per indicare un itinerario di elevazione spirituale e di
crescita conoscitiva (penso ai mistici, da San Bonaventura a Mastro Eckhart).
Sotto l'influsso di Platone ("il rischio è bello") e di Nietzsche ("Filosofia è la libera scelta
di vivere tra i ghiacci e le alte cime"), ma aperto alle suggestioni del Buddhismo e del
Taoismo, per non parlare della mistica tedesca (frequenti le citazioni da Mastro
Eckhart) si colloca il bel libro di Francesco Tomatis FILOSOFIA DELLA MONTAGNA.
"In una caleidoscopica visione composta di ottantun brevi capitoli, l'autore
accompagna il lettore in altrettanti passi differenziati, a ripercorrere sentieri e luoghi,
esperienze e riflessioni, domande, gioie e disperazioni che egli stesso ha provato in
montagna.
E' un cammino che, nel considerare situazioni marginali o estreme della vita in
ambiente alpino, ritrova una dimensione di libertà e pace, d'amore tra ogni forma di
realtà e vita, capace di porre in dialogo differenti culture: cinese e greca, buddista e
cristiana, e altre ancora. In un linguaggio quotidiano e simbolico, concreto e
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sperimentale, la "filosofia della montagna" rivela un tangibile significato spirituale in
tutto ciò che è naturale: dai fiori coloratissimi delle Alpi alla fatica alpinistica, dalla neve
su cui scivolare alla laboriosità frugale delle popolazioni montane. Al lettore parrà
d'aver percorso alcune tappe d'un pensante cammino.
Ma forse sarà anche così entusiasta dell'esperienza compiuta, da lasciare la propria
guida (filosofica, mistica, alpina) e intraprendere lui stesso una personale via naturalmente in montagna!"
Si tratta in effetti di 81 posizioni che sempre prendono le mosse dalla montagna e
sempre ritornano a essa, intesa non solo come vetta alpinistica ma come ambiente,
cultura, civiltà, modo di abitare il mondo: si va dalle visioni estatiche dei pendii innevati
o dei laghi alpini ghiacciati a considerazioni affatto concrete sulle pratiche alpinistiche,
da dense riflessioni ontologiche all'analisi di problematiche storico-politiche, dai passi
dei grandi mistici occidentali e orientali all'ascesa-ascesi, "passo dopo passo", lungo
sentieri e vie "alpi-mistiche".
Il comune denominatore di approcci tanto vari e imprevedibili alla dimensione
montana è appunto la disposizione filosofica, o per meglio dire metafisica: la
incessante apertura del dato fisico a ciò che lo trascende e lo mette in dialogo con una
dimensione ulteriore, in un continuo scambio e rispecchiamento tra finito e infinito, tra
natura e spirito, in "un cammino alpino e mistico, fisico e metafisico" (pag. 12).
L'assunto di Tomatis è che la montagna sia l'ambiente naturale più adatto a tale
reciproco incrementarsi dei due piani, poichè essa è vero luogo della verità, dove ogni
elemento è portato alle estreme conseguenze, alla sua nuda essenza, è insomma
dimensione "purificativa e selettiva, ponendo sempre in costante giudizio ogni singolo
e comunitario uomo" (pag. 169).
La montagna - osserva Reinhold Messner nella postfazione al libro di Tomatis - è anche
esercizio dell'uomo al pericolo e al continuo rischio: "Senza il pericolo la montagna non
è montagna, ma è un gioco sterile. All'alpinismo è necessaria la difficoltà, l'esposizione,
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l'essere fuori nella wilderness, in un ambiente selvaggio e desolato, e anche il rischio. Il
fascino della montagna è dato dal fatto che sono belle, grandi, pericolose".
Alla dimensione dell'alpinismo orizzontale, dell'escursionismo orizzontale, che è poi
un'escursionismo di tipo naturalistico, storico, etnografico, oltre che di rilassamento
ricreativo e di valore sportivo (in sintonia con l'art. 1 dello Statuto del Club Alpino
Italiano che stabilisce: "Il Club Alpino ha per iscopo di far conoscere le montagne e di
favorire le escursioni, le salite e le esplorazioni scientifiche") si collega il libro di Paolo
Rumiz: LA LEGGENDA DEI MONTI NAVIGANTI. Feltrinelli (collana I narratori).
E' un viaggio speciale quello che Paolo Rumiz ci propone in questo suo nuovo libro fatto
di racconti sui popoli e sulle regioni d'Italia, e delle nazioni che la circondano. Speciale
perchè si muove sulle montagne, lungo le Alpi e la dorsale degli Appennini, ma al
tempo stesso parte dal mare della Dalmazia di fronte a Fiume, per concludersi nel
punto più meridionale d'Italia, sulla spiaggia di Melito di Porto Salvo, in Calabria.
L'inviato di Repubblica si sposta come un navigante che veleggia tra le montagne
emerse e ciò spiega il titolo, curioso, La leggenda dei monti naviganti, perchè - scrive
Rumiz - "per le avventure ci si imbarca, anche quando sono avventure di terra".
Rumiz viaggia in bicicletta, o a bordo della mitica Fiat Topolino 500, quella della
canzone di Paolo Conte, incontra storie, personaggi e identità sperdute tra le pieghe
dello Stivale, si sofferma su aspetti nascosti che sfuggono agli occhi del turismo di
massa, ma anche di quello più elitario. Eremi, santuari, fonti, boschi millenari: un
viaggio antropologico variegato che attraversa le vallate subalpine, i passi appenninici,
coglie la bellezza dei laghi lombardi e dei colli toscani, si trattiene all'interno di
necropoli antiche e si scioglie al sole accecante delle spiagge levantine. La narrazione è
intrisa di considerazioni su usi e costumi dell'italica gens, è ricca di incontri umani
toccanti, con figure affascinanti di pastori e viandanti, con guide alpine e montanari
saggi e isolati, con scrittori come Mario Rigoni Stern, con l'alpinista Walter Bonatti,
anche con i cantautori "in cerca di radici" Francesco Guccini e Vinicio Capossela.
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"E' un viaggio ammirato e nostalgico, colmo di stupori e di felici scoperte, d'improvvise
illuminazioni e fulminei resoconti, di ricordi, eventi decisivi e storici, verità imbarazzanti
e dolorose, capace di mostrare l'incredibile ricchezza di un paese sommerso e
dimenticato, ancora in grado di avanzare in un tempo parallelo, più lento e profondo
rispetto a quello di città e pianure".
Come non ricordare le atmosfere rarefatte di ASPETTANDO L'ALBA o di UOMINI,
BOSCHI E API di Mario Rigoni Stern?
Alla dimensione dell'alpinismo eroico si ricollegano tanto il romanzo di Roger FrisonRoche, PRIMO DI CORDATA (L'Arciere - Vivalda, 1° ed. 1995), quanto lo zibaldone di
testi raccolti dopo la morte di Emilio Comici - pioniere dell'alpinismo solitario e celebre
per aver osato scalare da solo la parete nord della Cima Grande di Lavaredo - dal
comitato per le onoranze e intitolato appunto ALPINISMO EROICO (sempre nella
collana "I Licheni" delle edizioni L'Arciere-Vivalda), nonchè il primo libro dell'alpinista
britannico Joe Simpson, LA MORTE SOSPESA, da segnalare anche per l'urgenza del
problema etico (la liceità del taglio della corda in caso di morte imminente).
All'alpinismo d'alta quota, alle atmosfere rarefatte dove "il vento soffia violento senza
sosta e l'aria gelida ingolfa i polmoni" è riconducibile il bel testo narrativo di Erri De
Luca, SULLA TRACCIA DI NIVES, peraltro ascrivibile al genere "Alpinismo femminile", di
cui Nives Meroi (per le sue numerose salite classiche invernali e su ghiaccio sulle Alpi e
spedizioni alpinistiche in Sud America, Himalaya e Karakorum, nel testo rievocate in
un'avvincente forma dialogica) è insigne rappresentante.
Un confronto fatto di sensazioni vissute su roccia e ghiaccio - osserva Davide Squarcina
nella sua recensione per Infolibro.it - ricordando nevi trascorse e compagni di scalata,
discorrendo di piccozze brandite mentre l'elettrica scossa della tempesta intimorisce, di
lunghi cammini in valli nepalesi, di abbracci in vetta, di faticosi ritorni ma anche di
esperienze semplici vissute lontano dalle vette.
Giovanni Luigi Rodari
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