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La Chiesa cattolica in Nord Africa di Federico Tagliaferri
Missione Oggi - dicembre 2013
Il cristianesimo si diffuse rapidamente nell'Africa romana, dove i vescovi giunsero ad essere
700. Tra i protagonisti della vita cristiana dei primi secoli, Tertulliano (160-225), S. Cipriano
(martirizzato nel 258) e S. Agostino (345-430). Fu ai tempi di quest'ultimo che la Chiesa raggiunse il suo apogeo, ma lo scisma donatista e l'invasione dei vandali, che imposero con la forza l'eresia ariana durante il loro dominio (439-533), la divisero e indebolirono. Furono i bizantini, che regnarono in nord Africa dal 533 al 646, a liberare la Chiesa dal giogo dei vandali e a
consentire ai vescovi di costruire numerose chiese. Tuttavia la Chiesa continuò a soffrire di profonde divisioni a causa dei donatisti, e delle ribellioni e dei saccheggi di tribù berbere. Fu questo cristianesimo indebolito che si trovarono di fronte gli invasori arabi musulmani, che, scon fitti definitivamente i bizantini nel 649, dominarono il Nord Africa per molti secoli. Dal VII al XII
secolo la Chiesa sopravvisse con elementi sparsi. Poi, poco a poco, essa sparì come elemento
autoctono. L'invasione degli Almohadi, provenienti dal Marocco, nel XII secolo pose fine alle comunità cristiane delle regioni costiere. La situazione non cambiò con il dominio ottomano nel
XVI secolo. Dal XII al XIX secolo la Chiesa fu presente solo con elementi stranieri. Nel corso del
XIX secolo la Francia colonizzò la Tunisia, l'Algeria e il Marocco: la Chiesa rinacque al seguito
del dominio coloniale a servizio degli stranieri, ma non coinvolse i musulmani.
TUNISIA
Cattolici 25 mila
Vescovi 1
Parrocchie 10
Sacerdoti (diocesani e religiosi) 34, religiose 117
Prima dell'indipendenza (1956), la Chiesa in Tunisia aveva una forte presenza, identificata con
il potere coloniale, ricca di sacerdoti, di fedeli e di chiese. Papa Leone XIII ripristinò la sede vescovile di Cartagine (1884), e la affidò al cardinal Lavigerie, già arcivescovo di Algeri (1867) e
fondatore dei Padri Bianchi (1868). I cattolici diminuirono dopo l'indipendenza, con la nazionalizzazione delle terre e la partenza degli stranieri. Tra la S. Sede e la Tunisia è in vigore un accordo, denominato modus vivendi, che regola l'attività della Chiesa. Si tratta del primo esem pio del genere in un paese musulmano. L'accordo, firmato nel 1964 su richiesta tunisina, prevede che la Chiesa locale non svolga attività politiche, garantisce la libertà di culto e la libera
circolazione del personale religioso. Secondo l'accordo la Chiesa ha dovuto cedere allo Stato la
quasi totalità dei beni. Cinque chiese, tra cui la cattedrale di Tunisi, permettono lo svolgimento
del culto. L'accordo consente alla Chiesa di conservare le scuole, i servizi di assistenza, la clinica e l'ambulatorio, e ha contribuito a creare un clima di benevolenza nei confronti della comu nità cristiana, sia a livello ufficiale, sia a livello popolare. La Chiesa tunisina è composta quasi
unicamente da stranieri e da gente di passaggio. La Tunisia era una prelatura nullius dal 1964,
ma nel 1995 fu elevata al rango di diocesi di Tunisi, l'unica di tutto il paese. Mons. Fouad Twal,
giordano, nominato nel 1992, è stato il primo vescovo arabo in Maghreb. Il 14 aprile 1996
Papa Giovanni Paolo II ha compiuto una visita in Tunisia. Dal 2013 è vescovo di Tunisi mons.
Ilario Antoniazzi, del clero latino di Gerusalemme.
MAROCCO
Cattolici 29.000
Diocesi 2 (Rabat e Tangeri)
Sacerdoti 73, religiosi 72, religiose 295.
Istituti d'insegnamento o di beneficenza 77
I francescani tradizionalmente presenti nel paese hanno avviato molte opere sociali: biblioteche, insegnamento, corsi per giovani, assistenza agli studenti cattolici provenienti dall'Africa
subsahariana. Nel paese è consentito l'insegnamento cattolico privato. Anche quella marocchi-
na è una Chiesa di stranieri. Vi sono due vescovi con le rispettive diocesi: vescovo di Rabat è
mons. Vincent Landel,vescovo di Tangeri è mons. Santiago Agrelo Martínez, francescano. I
francescani spagnoli gestiscono due parrocchie, a Casablanca (dal 1868) e a Rabat (dal 1890).
Con una "lettera patente" del 1985, indirizzata a Papa Giovanni Paolo II, l'allora re Hassan II
ha assicurato uno statuto giuridico riconosciuto alla Chiesa e alle sue istituzioni sociali (scuole,
ospedali, ambulatori). Il 19 agosto 1985 Papa Giovanni Paolo II ha compiuto una visita nel
paese, incontrando nello stadio di Casablanca 100 mila giovani musulmani.
LIBIA
Cattolici circa 13 mila
Vicariati apostolici 3 (Bengasi, Derna, Tripoli); Prefettura apostolica 1 (Misurata)
Sacerdoti 9, parrocchie e quasi parrocchie 7; religiose 49
Centri di assistenza sociale e sanitaria 14
Alla vigilia della colonizzazione italiana (1911), in Libia si contavano circa 10 mila cattolici, as sistiti da religiosi francescani. Dal 1911 al 1943 (anno delle sconfitta delle forze dell'Asse in
Nord Africa) e fino al 1969 (rivoluzione libica e presa del potere da parte di Gheddafi), la Chie sa era strutturata in due diocesi, Tripoli e Bengasi, alle quali si erano aggiunte il Vicariato apo stolico di Derna e la Prefettura apostolica di Misurata. A partire dal 1970, quasi tutti gli italiani
e i missionari furono costretti a lasciare il paese, e molte chiese vennero chiuse. Si instaurò un
modus vivendi che portò successivamente a un accordo con la S. Sede, con il quale veniva legittimata la presenza di un massimo di 10 sacerdoti e due chiese, una a Tripoli e l'altra a Ben gasi. Vicario apostolico di Tripoli e Bengasi (dal 1985) era mons. Giovanni Martinelli, francescano, coadiuvato da un gruppo di religiosi francescani polacchi, dislocati in varie località. A seguito di un lungo processo di normalizzazione, il 10 marzo 1997 hanno avuto inizio le relazioni diplomatiche tra la S. Sede e la Libia. Sono stati ripristinati i due vicariati apostolici di Tripoli e di
Bengasi. A Bengasi è stato nominato mons. Sylvester Carmel Magro (dal 1997), anch'egli francescano.
SAHARA OCCIDENTALE
Cattolici 220
Prefettura apostolica 1
Sacerdoti 2, parrocchie e quasi parrocchie 2
ALGERIA
Cattolici circa 10 mila
Diocesi 4 (Algeri, Orano, Costantina, Laghouat)
Sacerdoti 73, parrocchie e quasi parrocchie 37; religiose 158
Nel 1838 fu eretta la diocesi di Algeri. Considerata la particolare situazione dell'Algeria, vero e
proprio territorio metropolitano francese, il cattolicesimo giunse a raggruppare 900 mila fedeli
in quattro diocesi. Tra i protagonisti del dialogo durante la sanguinosa guerra d'indipendenza
(1954-62), mons. Leon Etienne Duval, arcivescovo di Algeri dal 1954. Dopo l'indipendenza, la
quasi totalità dei cattolici lasciò il paese, in cui la Costituzione garantisce la libertà religiosa. È
consentita l'attività di due associazioni cattoliche riconosciute, che possono essere proprietarie
di edifici, come le chiese. La Chiesa è sotto la tutela del ministero dei culti (che controlla le moschee del paese, gli impiegati delle moschee stesse e i sermoni del venerdì), che provvede anche a pagare i sacerdoti: dopo l'indipendenza (1962) a chi ha scelto di restare è stata conferita
la cittadinanza algerina. Così i preti e i vescovi sono di cittadinanza algerina e possono svolgere
varie attività sociali e assistenziali. Negli anni della guerra civile (1993-2005) la Chiesa d'Algeria ha pagato un alto prezzo di sangue: numerosi sacerdoti e religiosi sono stati assassinati, tra
cui, nel 1996, i sette monaci trappisti di Thibirine e il vescovo di Orano, mons. Pierre Claviere.
Fonte dati: Annuario Pontificio 2013