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arskey/Politiche Culturali | Restauro
anche, da ultimo, la vicenda che a partire dal 2011
oppone davanti a una corte californiana da Robert J.
Lang a Sarah Morris e altri. Sei artisti, creatori e studiosi di origami, hanno citato in giudizio Sarah Morris
per asserita violazione di copyright. I ricorrenti, infatti, sostengono che la Morris abbia sostanzialmente
utilizzato, per proprie opere, i disegni che gli stessi
hanno creato come base per poi realizzare complessi
origami tridimensionali. Tali disegni sarebbero non
solo protetti da copyright, o sottoposti a relativa
domanda di protezione, ma altresì già oggetto di pubblicazione su libri, riviste, internet, nonché oggetto di
esibizioni.
Sempre secondo la tesi dei ricorrenti, Sarah Morris,
nel realizzare la sua famosa serie di circa 37 dipinti
denominata “Origami series” del 2007, in almeno 28 di
questi, si sarebbe limitata a utilizzare disegni per origami dei ricorrenti medesimi e a riempire di differenti
colori gli spazi tra le linee geometriche tracciate negli
stessi. Il processo è tuttora pendente.
Sempre nel 2011, è stata la volta del fotografo David
LaChapelle, contro l’altresì nota cantante pop
Rihanna. LaChapelle ha ritenuto che la cantante avesse utilizzato per il video della sua canzone “S&M”
varie immagini fotografiche realizzate dallo stesso. In
tale caso, LaChapelle ritiene che il video di Rihanna
sia suscettibile di copiare elementi inconfondibilmente riconducibili alle sue immagini, non tanto per la
tipologia dei soggetti ritratti o per l’uguaglianza dei
concetti sottesi, ma quanto per elementi estremamente specifici quali ad esempio il set, gli oggetti utilizzati e l’angolazione.
.
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ogni CReazione
aRtiStiCa potReBBe
eSSeRe ComunQue
ConSideRaBiLe Come
'deRivata' o 'iSpiRata' a
LavoRi di pReCedenti
aRtiSti
ReStauRo
Seppur a livello di decisione su istanza preliminare, il
giudice ha respinto la tesi della difesa della cantante
pop facente riferimento al fair use.
In attesa dell’esito delle citate controversie tuttora
pendenti, rimane estremamente interessante la considerazione della possibilità di utilizzo, da parte di
artisti contemporanei, di soluzioni tecnologiche
prima sconosciute. Basti pensare all’evoluzione delle
tecniche di digitalizzazione ed elaborazione, ma non
solo, delle immagini. Proprio questo aspetto potrebbe incidere, nella pratica, su una restrizione del concetto di fair use nelle possibilità di ispirazione, rielaborazione e appropriazione artistica dell’opera creativa altrui. Infatti, tale dottrina di utilizzazione lecita
si è sviluppata nella considerazione di tecniche artistiche 'tradizionali' che imponevano all’artista un
agire creativo limitato o, comunque, condizionato da
valutazioni critiche e curatoriali consolidate, a tal
punto da rendere più immediate e riconoscibili situazioni di vero e proprio plagio o di appropriazione
comunque illecita. Oggi, invece, gli artisti contemporanei, nello sviluppo e nella realizzazione del loro
intento creativo, più o meno consapevolmente, proprio avvalendosi delle enormi possibilità tecniche
odierne, spesso possono pensare di operare nel
solco di un concetto di fair use che nella realtà della
giurisprudenza dei tribunali si trova ad avere un’applicazione oramai più restrittiva. A maggior ragione
quando i giudici sono chiamati a valutare il comportamento di affermati artisti, le cui opere hanno anche
un’elevata valutazione economica.
Quando i BatteRi diventano
'viRtuoSi'
.
.
di Catterina Seia, Letizia Becagli
se, che frequentemente si sviluppano in
Nell’immaginario i batteri sono cause di degraambiente urbano. Una metodologia efficiente e
do dei Beni Culturali. La ricerca in Italia ha
rispettosa dei materiali originali, dell’ambiente
cambiato il loro ruolo. Recenti sperimentazioni
e della salute dell’operatore, sperimentata con
evidenziano come i microrganismi possano
successo su edifici e opere di interesse storicomettersi al lavoro come agenti di pulitura, preartistico. Il primo intervento, che è diventato
diligendo affreschi alterati e le incrostazioni sui
caso di studio internazionale presentato a
materiali lapidei esposti all’ambiente esterno.
Caracas nel 2008, poi Barcellona nel 2010 e
Le puliture meccaniche e chimiche per croste
Valencia nel 2011 (già oggetto di pubblicazioni
nere e depositi, a volte invasive, non sempre
scientifiche internazionali nel 2003, 2005 e nel
risultano efficaci. Tra il 2000 e il 2003 un team di
Operatori durante la fase di pulitura con i batteri sulla
2011), riguarda oltre 90mq di affreschi quattroricercatori di varie Università italiane - Claudia
scultura di Jacob Eberle
centeschi “Conversione di S.Efisio” e
Sorlini e Francesca Cappitelli (DISTAM,
“Battaglia” di Spinello Aretino, staccati dalle
Università di Milano), Elisabetta Zanardini
pareti nel 1944 per proteggerli dai bombardamenti e
(Università dell’Insubria), Giancarlo Ranalli (DISTAT,
oggi ricollocati e visibili presso il Campo Santo
Università del Molise) - ha sviluppato una valida alterMonumentale a Pisa. La superficie pittorica era
nativa e brevettato una metodologia per il recupero e
coperta da uno spesso strato di colla animale spalla conservazione di manufatti artistici basata su biomata al telo di garza per permetterne il distacco dal
tecnologie microbiche. Un processo innovativo che,
muro originario, divenuta con il tempo inattaccabile,
sfruttando l’attività di cellule microbiche vive come
ma ora totalmente e velocemente rimossa (12 ore di
agenti di pulitura, permette di rimuovere dalle supercontatto) con la biopulitura a base di una soluzione
fici lapidee quelle alterazioni chimiche, composte
acquosa contenenti cellule batteriche vive di
principalmente da solfati, nitrati e particelle carbonio-
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Operatori durante la fase di pulitura con i batteri sulla scultura di Jacob Eberle
Pseudomonas stutzeri ceppo A29, selezionate dai
ricercatori. I batteri non patogeni, non sporigeni, cioè
incapaci di vivere senza acqua, al termine del loro
lavoro muoiono e nelle successive fasi di restauro
sono completamente rimossi mettendo in sicurezza
l’opera d’arte recuperata. Numerose altre bioapplicazioni hanno riguardato una piccola porzione della facciata della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano,
una lunetta del Duomo di Milano, la parete laterale del
Duomo di Matera, un’area del basamento della “Pietà
Rondanini” di Michelangelo. Recentemente inoltre a
opera di Micro4you, lo spin-off universitario i cui soci
sono un gruppo di docenti, ricercatori ed ex ricercatori (Annalisa Balloi, Massimo Marzorati, Isabella
Tamagnini, Alberto Alma, Sara Borin, Daniele
Daffonchio) sono state avviate applicazioni su due statue dello scultore Jacob Eberle dell’arredo settecentesco del giardino del Castello del Buonconsiglio di
Trento, e sulla scultura l’”Allegoria della Morte” di
Giuseppe Lazzerini conservata presso il Cimitero degli
Inglesi di Firenze. La microflora è selettiva: agisce a
contatto con il substrato mantenendo intatta la patina
protettiva del tempo, cosiddetta 'patina nobile', che gli
abituali sistemi chimici avrebbero rimosso. Un buon
risultato il lavoro tecnico-estetico finale, apprezzato
anche dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Cosa
accade in pratica. I batteri vengono applicati sull’alterazione utilizzando un sistema veicolante gelatinoso.
Così inglobati nel gel aggrediscono i componenti chimici dell’alterazione (solfato o nitrato), de–strutturando l’alterazione stessa. Alla rimozione del sistema veicolante, dopo circa 8-10 ore di applicazione, la superficie trattata viene tamponata con un impacco a umido.
L’alterazione è eliminata riportando alla luce la naturale bellezza della pietra.
Tuttavia, nonostante gli autorevoli riconoscimenti e gli
ottimi risultati raggiunti nel collaudo su ampia scala e
sugli affreschi del Camposanto di Pisa, l’applicazione
di tale biotecnologia è rimasta fino a ora limitata a
superfici lapidee (pietra) di piccola estensione e
comunque riguarda la sola sperimentazione scientifi-
ReCenti
SpeRimentazioni
evidenziano Come i
miCRoRganiSmi poSSano
metteRSi aL LavoRo
Come agenti di
puLituRa, pRediLigendo
affReSChi aLteRati e Le
inCRoStazioni Sui
mateRiaLi Lapidei
eSpoSti aLL’amBiente
eSteRno
ca. La metodologia si è estesa oltre i confini nazionali. Nel maggio 2011, dietro invito dei colleghi accademici di Valencia, si è tenuto un corso di approfondimento teorico e pratico per restauratori. Dall'Italia
erano presenti gli esperti restauratori di Pisa Carlo
Giantomassi e Donatella Zari, oltre al prof. Ranalli.
Proprio nel secondo giorno si è tenuta una prova su
piccole superfici di biopuliture di efflorescenze. Qui
le prove sono state condotte dalla biologa Maria del
Pilar Bosch Roig che, avendo potuto studiare la tecnica nei laboratori di biorestauro a Pisa, ha applicato
i batteri direttamente on site sugli affreschi del XVII
secolo della Chiesa di Santos Juanes di Valencia per
rimuovere efflorescenze saline che impedivano la
corretta lettura dei dipinti murali. In questo caso i
batteri sono stati applicati e supportati con un sottile
gel di agar in grado di sostituire le strisce di cotone
rendendone quindi più facile e pratica l’applicazione.
Ottimi i risultati della tecnica adottata che in soli 90
minuti ha consentito di rimuovere i nitrati presenti.
È qui che si inserisce Micro4yoU. Considerate le
importanti prospettive di sviluppo e le conseguenti
implicazioni economiche ha acquisito in licenza
esclusiva il brevetto per la biopulitura in gel, con l’intento di avviare una linea di produzione di bioformulati per il restauro su scala industriale. Micro4Art
lavorerà all’ottimizzazione del processo produttivo
per poter garantire la possibilità di effettuare trattamenti anche su vasta scala.
Confortante, in momenti complessi come l’attuale, la
conferma, soprattutto attraverso la continua ricerca,
della leadership riconosciuta al nostro Paese nella
conservazione del patrimonio storico-artistico.
(SusaCulture project)