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Il tema di B@bel
B @bel
Gaspare Mura
Mistica, mistero e filosofia
Abstract:
Christian mysticism, with its particular characteristics, is different from other
mystical experiences, as it is intimately linked to the Christian Mystery. Christian mysticism is intimate partecipation to the divine life, but unlike other mystical experiences,
which do not refer to the doctrines of Creation and the Incarnation, it doesn’t annihilate
the human person. Without thinking of the Christian Mystery – writes de Lubac – the
mystic can exert a subtle influence on philosophy, generating a rationalism with an
ambiguous dialectical connection between Being and Nothingness. In the mystic experience of Chiara Lubich there are precious suggestions for the philosophy and, as it’s
written in Fides et ratio, they can be qualified as «philosophari in Maria».
Key-words: Mysticism; Mystery Christian; Person; Rationalism; Philosophari
in Maria
Unione intellettuale e unione d’amore
Filosofia e mistica, un tema di grande fascino. Filosofia, secondo l’etimo del nome, è ‘amore della sapienza’,
sulla cui vetta è posta la conoscenza di Dio. È questo il
magistero non solo di Platone e di Aristotele, e poi di tutti
i filosofi cristiani, da Agostino a Tommaso, da Rosmini a
Maritain ma, pur tra inquietudini ed oscurità, anche della
maggior parte dei pensatori della modernità, da Cartesio a
Leibniz, e da Kant ad Hegel. Persino nelle varie filosofie
cosiddette ‘atee’, perché negatrici di Dio, è possibile rintracciare una ‘invocazione’ silenziosa di Lui, anche se nelle forme del rifiuto e dell’imprecazione, come riconoscono
alcuni dei maggiori studiosi dell’ateismo, da Bonhöffer
a Gilson, da Guardini a Berdiaiev1. Nel suggestivo testo
1
Per un’esposizione sintetica delle varie forme dell’ateismo e delle
Editoriale
Il tema di B@bel
Spazio aperto
Ventaglio delle donne
Filosofia e...
Immagini e Filosofia
Giardino di B@bel
Ai margini del giorno
Libri ed eventi
Il tema di Babel
L’eclissi di Dio, Martin Buber ci invita per questo a capire che anche
quando Dio sembra eclissarsi, nella cultura e nell’esistenza, in realtà si sta
preparando la strada per essere riscoperto come il Dio-Tu, come «Colui
che gli sta veramente di fronte [sein wahres Gegenüber], il quale non è
delimitabile quale Esso, come tutti i principi e gli ideali, ma da invocare e
da raggiungere quale Tu»; il Dio-Tu della preghiera «continuerà a vivere
intangibile dietro il muro di oscurità» che l’ateismo ha sollevato, perché
sebbene l’uomo elimina, dalla filosofia e dalla scienza, il nome di Dio,
tuttavia quel nome «continuerà a vivere nella luce della sua eternità»2.
Ma se la filosofia, nel suo vertice, è ricerca intellettuale dell’essere di Dio e del suo rapporto con l’uomo e la natura, la mistica è «la
percezione […] quasi sperimentale di Dio presente»; ciò significa che
«mentre le altre conoscenze dei misteri divini si hanno attraverso la
mediazione dei concetti», viceversa «la mistica può definirsi come una
esperienza di Dio presente infinito, provocata nell’anima da una speciale
mozione dello spirito Santo» 3.
E qui entriamo subito in uno dei nodi insieme teoretici e teologici
che dovrà affrontare il nostro tema. Il teologo Ermanno Ancilli infatti,
uno dei maggiori esperti di spiritualità e di mistica 4, nella sua definizione della mistica introduce un elemento che fa riferimento essenzialmente all’esperienza cristiana: «La mistica cristiana – egli scrive – è perciò
intrinsecamente soprannaturale, completamente agganciata all’ordine
della grazia […] non ci si muove nel mondo di Dio se non siamo portati
dal suo amore e dalla sua soccorrevole misericordia» 5. Di conseguenza,
«la distinzione tra unione intellettuale e unione d’amore deve essere
diverse interpretazioni del fenomeno, rimando alla voce ‘ateismo’ da me curata in
Dizionario interdisciplinare di scienza e fede: cultura scientifica, filosofia, teologia,
a cura di G. Tanzella, A. Strumia, II voll., Urbaniana University Press-Città Nuova,
Città del Vaticano-Roma 2002 <www.disf.org> (ultimo accesso 03.10.2016).
2
M. Buber, L’eclissi di Dio. Considerazioni sul rapporto tra religione e filosofia,
Mondadori, Milano 1990, p. 36.
3
E. Ancilli, Introduzione a H. de Lubac, Mistica e mistero cristiano, Jaca Book, Milano
1979, p. XVIII.
4 Tra le numerose opere di Ermanno Ancilli dedicate ai temi della teologia spirituale
ed alla mistica, ricordiamo il Dizionario: La mistica: fenomenologia e riflessione teologica, a cura di E. Ancilli, M. Paparozzi, Città Nuova, Roma 1984 e il Dizionario
enciclopedico di spiritualità, II ed. aggiornata ed ampliata, Città Nuova, Roma 1995.
5
Ancilli, Introduzione, cit., p. XIX.
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Il tema di Babel
ritenuta fondamentale quando si tratta di esperienze profonde» 6.
Da questa definizione di mistica sorgono subito diversi problemi,
sui quali vorrei riflettere:
1) quali sono le caratteristiche peculiari della mistica cristiana, che
la rendono diversa da altre esperienze mistiche?
2) se la mistica è intima partecipazione alla vita divina, che influsso
esercita sulla persona umana? Non si rivela forse qui la grande differenza tra la mistica cristiana, che nell’unione d’amore con Dio
non annulla la persona, ma la eleva ad un’unione ‘sponsale’, ed altre esperienze di mistica, le quali annullano la persona, perché non
fanno riferimento alle dottrine della Creazione e dell’Incarnazione?
3) che influsso ha esercitato la mistica sulla ricerca filosofica? Non è
forse vero, come scrive de Lubac, che senza il riferimento al Mistero cristiano la mistica può esercitare un influsso subdolo sulla
filosofia, ingenerando un razionalismo in cui prevale l’ambigua
connessione dialettica tra Essere e Nulla? L’esempio cui fa riferimento de Lubac, sulla scia di Scholem, ovvero quello del rapporto
tra la dialettica Essere-Nulla dei Kabalisti e l’affermazione di Hegel: Das reine Sein und das reine Nichts ist also dasselbe 7, appare
qui molto significativo. E inoltre, può esistere una mistica atea?
4) infine, riferendomi ad un’autentica esperienza di mistica cristiana,
cercherò di indicare alcune suggestioni che la mistica può offrire
alla riflessione filosofica.
Mistica e mistero cristiano
Henri de Lubac, nel testo Mistica e mistero cristiano, ha posto alcuni interrogativi intorno alla mistica che vanno presi del tutto sul serio.
De Lubac si riferisce inizialmente alla tesi di Jacques Maritain, secondo cui l’esperienza mistica naturale non sarebbe altro che un perfezionamento e un prolungamento della ricerca metafisica di Dio, ovvero
6
Ibid.,
7
p. XXIII.
G.W.F. Hegel, Wissenschaft der Logik, in Id., Werke, Bd. 5, Suhrkamp Verlag, Frankfurt
am Main 1969, p. 83.
111
Il tema di Babel
un’«esperienza intellettuale dell’esse sostanziale dell’anima per modo
di nescienza» 8. De Lubac tuttavia chiarisce subito come qui si tratti,
«nell’ipotesi più favorevole», solo di un «abbozzo o alba naturale della
mistica cristiana» 9. E rimandando alla più celebre mistica che realmente si può definire ‘esperienza intellettuale di Dio’, ovvero la mistica
neoplatonica, concorda con René Arnou il quale scrive che
«il sentimento angosciante dell’infima creatura di fronte al suo creatore, non sembra lo conosca, né la tenera pietà che permette la
fede nella paternità di Dio, né il grido di speranza dell’anima oppressa verso un redentore, né l’adorazione sommessa comandata
dalla sua infinita maestà, né la confessione dell’anima peccatrice
di fronte alla santità offesa»10,
ovvero non conosce la religione. De Lubac conclude per questo che
«il divino della mistica ha qualcosa di ambiguo», e che «esso è forse il
superlativo della religione: forse ne è il superbo antagonista» 11.
Il misticismo naturale, come si può riscontrare anche nella mistica
induista, «si prefigge la realizzazione da parte dell’uomo della sua verità
profonda, che non è diversa dal principio divino»12. Scrive Paul Claudel:
«È sorprendente […] vedere che nell’impresa di deificazione raccomandata dai Saggi dell’India e perseguita con coraggio eroico
da molti adepti con metodico ricorso alle loro forze, la purificazione morale non è tenuta in nessun conto. La nozione di un
dio buono e ai cui comandamenti noi dobbiamo ubbidire e al cui
modello dobbiamo conformarci, è estranea all’Induismo. Il suo
dio non è un Dio buono: egli trascende la nozione del Bene e
del Male […] E d’altronde, dice Ramakrisna, Dio è ugualmente
presente nel criminale come nel giusto[…]» 13;
8
J. Maritain, L’espérience mystique et le vide, in Id., Quatre essais sur l’ésprit dans
sa condition charnelle, DDB, Paris 1939 (trad. it. Quattro saggi sullo spirito umano
nella condizione di incarnazione, a cura di A. Pavan, Morcelliana, Brescia 1978), cit.
in Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 9.
9
Id., Mistica e mistero cristiano, cit., p. 9.
10
R. Arnou, Le désir de Dieu dans la philosophie de Plotin, Felix Alcan, Paris 1921, p.
49 (trad. it. Il desiderio di Dio nella filosofia di Plotino, Vita e Pensiero, Milano 1997).
11
Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 136.
12
J. Herbert, Spiritualité hindoue, Michel, Paris 1947, p. 35 (trad. it. L’india confina
con Dio: la spiritualità indu, Elvetica, Chiasso 1978).
13
P. Claudel, Emmaüs, Gallimard, Paris 1949, pp. 14-15.
112
Il tema di Babel
di conseguenza,
«essendo sparita la distinzione di Dio e del mondo non rimane
sia nell’anima che in Dio che un identico sentimento di pienezza
infinita, di vita illimitata, di gioia eterna che non ha più nulla in
comune con la religione» 14.
De Lubac conclude con una tesi importante:
«Se la vita mistica nel suo vertice consiste in una unione effettiva
con la divinità, essa non può realizzarsi che in forza di una grazia
soprannaturale, il cui luogo normale è la Chiesa, e le cui condizioni
normali sono la vita di fede e i sacramenti»15.
E propone una fondamentale distinzione tra la ‘mistica’ e il ‘mistero
cristiano’, perché, egli scrive, «la rassomiglianza divina dev’essere realizzata sotto l’azione dello Spirito Santo, in dipendenza dell’Incarnazione redentrice, mediante l’imitazione del Cristo, per mezzo dell’unione a
Cristo, dove si trova l’unione divina» 16.
Tuttavia è indubbio che esperienze mistiche sono riscontrabili anche
nei contesti delle religioni non cristiane. Come scrive Ermanno Ancilli,
«la chiesa, nella sua realtà mistica, va al di la delle frontiere della Chiesa
visibile […] lo spirito di Cristo, come ha chiaramente affermato il concilio Vaticano secondo, opera misteriosamente presso tutti gli uomini»17.
Come va interpretata allora la tesi di de Lubac, secondo cui la mistica
in senso proprio può darsi solo in ambito cristiano?
Spiritualità e mistica
Occorre precisare a questo punto che l’interesse per la mistica, sviluppatosi soprattutto in Francia dopo la Prima guerra mondiale, nel contesto
di un rinnovato studio nei confronti delle spiritualità nelle varie religioni
14
H. Delacroix, Essai sur le mysticisme spéculatif en Allemagne au quatorzième
siecle, Felix Alcan, Paris 1900, p. 17.
15
Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 9.
16
Ibid., p. 19.
17
Ancilli, Introduzione, cit., p. XXIV.
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Il tema di Babel
suscitato da autori come Louis Massignon, Louis Gardet, Henry Corbin, Simone Weil, René Guénon, ha presentato non poche ambiguità
teologiche, giungendo a sostenere in alcuni autori una «unità trascendentale delle religioni»:
«Ogni tradizione è forzatamente un adattamento, e chi dice adattamento dice limitazione […]. Non c’è che l’Esistenza infinita,
eterna e informale, che sia assolutamente pura e al di fuori di
ogni attingibilità e la Sua trascendenza deve essere resa manifesta attraverso la dissoluzione delle forme, nonché attraverso il
Suo irraggiare attraverso di esse» 18.
In altri termini, le religioni storiche limitano l’accesso all’Esistenza
infinita, ne sono una limitata irradiazione e devono essere superate per
giungere al suo reale attingimento mistico. Analogamente Simone Weil
sosteneva in quegli anni che «i mistici di quasi tutte le tradizioni religiose
si rassomigliano fin quasi a identificarsi»19. E a sua volta Henry Corbin,
iranista di fama internazionale, sosteneva «l’esistenza di una Ecclesia spiritualis che riunisce tutti i suoi membri nella forza e nel trionfo
di uno stesso paradosso» 20. Non a caso Henry Corbin, riscoprendo la
tradizione gnostica, aderirà all’esoterismo sciita, fonderà il Centro internazionale di ricerca spirituale comparata, il cui scopo è lo studio e
l’approfondimento della dimensione gnostica ed esoterica delle tre religioni monoteiste, elaborerà una ermeneutica spirituale del Testo sacro
alternativa ai dogmi e alla metafisica, e finirà per aderire alla massoneria con il programma di una ‘cavalleria spirituale’, membro della loggia
di Saint-Germain en Laye. In questo contesto di pensiero filosofico e
religioso qualche autore giungerà a scrivere che «i mistici orientali […]
danno dei giudizi, che coincidono quasi alla lettera con quelli di Dionigi
18
F. Schuon, De l’unité transcendante des religions, Gallimard, Paris 1948, pp. 103-114
(trad. it. Unità trascendente delle religioni, Mediterranee, Roma 1980).
19 S. Weil, Lettre à un religieux, Gallimard, Paris 1951, p. 49 (trad. it. Lettera a un
religioso, a cura di G. Gaeta, Adelphi, Milano 1996); sull’esito gnostico del pensiero
di Simone Weil, cfr. G. Mura, Il Venerdì Santo della filosofia, in Persona e impersonale. La questione antropologica in Simone Weil, a cura di G.P. Di Nicola, A. Danese,
Rubbettino, Soveria Mannelli 2009, pp. 139-151.
20
H. Corbin, L’Imagination créatrice dans le soufisme d’Ibn’Arabi, Aubier, Paris 1958, p.
61 (trad. it. L’immaginazione creatrice: le radici del sufismo, Laterza, Roma-Bari 2005).
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Il tema di Babel
l’Areopagita, Mastro Eckhart, Caterina da Siena, Angelo Silesio, santa
Teresa o san Giovanni della Croce»21. E de Lubac commenta: «la tesi si
fonda su un esame superficiale dei testi, estrapolati dal contesto spirituale
in cui sono immersi, ed anche su una carenza d’attenzione alle differenze
qualitative delle religioni in cui si situano le esperienze descritte»22.
Non si può non citare a questo punto l’esponente di spicco della corrente neospiritualista e teosofica francese, la quale interpreta le diverse religioni, non solo quelle monoteiste, come diverse manifestazioni
dell’Intelletto divino, ovvero René Guénon:
«Tutto ciò che è, sotto qualsiasi modalità si trovi, – egli scrive
– avendo il suo principio nell’Intelletto divino, traduce o rappresenta questo principio secondo la sua maniera e secondo il suo
ordine d’esistenza; e, così, da un ordine all’altro, tutte le cose si
concatenano e si corrispondono per concorrere all’armonia universale e totale, che è come un riflesso dell’Unità divina stessa» 23.
La mistica, commenta de Lubac, è qui intesa come identificazione col
Principio supremo, ovvero, come scrive Guénon, come «coscienza dell’Identità dell’Essere che permane attraverso tutte le modificazioni indefinitamente multiple dell’unica Esistenza»24, analoga alle esperienze spirituali
delle Upanishad e del Brahman. La spiritualità mistica diviene qui alternativa e superiore alla religione ed alle religioni. Giacché mentre le religioni
non sono che una limitazione dello slancio interiore ed universale dell’uomo verso l’assoluto, il quale non ha limitazioni di dogmi, di tradizioni e in
molti casi nemmeno di morali 25, la mistica supererebbe ogni limitazione.
Commenta de Lubac: «che il mistico si perda nell’essere della divinità,
o che al contrario egli l’assorba, per così dire in se stesso, è certo che
ci troviamo in ogni caso molto lontani dall’atteggiamento cristiano»26.
De Lubac non intende negare valore alle esperienze spirituali al di
21
S.L. Frank, Dieu est avec nous: troi méditations, Aubier, Paris 1955, p. 97.
22
Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 13.
23
R. Guénon, Il Verbo e il Simbolo, gennaio 1926, ora in Id., Simboli della Scienza
sacra, Adelphi, Milano 1975, p. 22.
24
Id., Le symbolisme de la croix, Vega, Paris 1950, p. 214 (trad. it. Il simbolismo della
croce, Rusconi, Milano 1973).
25
Cfr. Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., pp. 131-133.
26
Ibid., p. 18.
115
Il tema di Babel
fuori del cristianesimo, ma vuole chiarire come in senso cristiano occorra
evidenziare «il rapporto che si instaura tra queste due cose: la mistica e il
mistero»27; giacché come si esprime San Paolo nella Lettera agli Efesini
parlando del mistero di Cristo, «sempre il mistero sovrasta il mistico;
comanda la sua esperienza, ne è la norma assoluta»28. E infatti
«l’esperienza mistica del Cristiano non è un approfondimento di
sé: Essa è, al cuore del suo essere, approfondimento della Fede.
L’interiorità cristiana non è mai […] interiorità pura: più essa si
approfondisce, più comporta quel movimento intenzionale che
conduce il mistico al di là di se stesso, nella direzione della sorgente che non cessa di colmare il suo vuoto. L’esperienza cristiana
[…] è partecipazione […] alla Realtà del Cristo»29.
Si può dire pertanto che in ambito cristiano «la mistica è l’interiorità
della fede attraverso l’interiorizzazione del mistero» 30.
In modo più risoluto si è affermata invece in ambito protestante la
«radicale inconciliabilità tra ogni misticismo e la fede cristiana»31, e tra il
profeta che «riceve e trasmette la parola di Dio, cui aderisce con la fede», e
il mistico che «è sensibile a una luce interiore che lo dispensa dal credere.
[…] Tra i due occorre scegliere: o l’Evangelo o la contemplazione, o la mistica o la parola»32. In modo emblematico Karl Barth giunge a scrivere
che «il misticismo è una forma larvata di ateismo» 33, perché entrambi
affermano o negano Dio partendo dall’uomo, mentre la fede consiste
nell’andare a Dio partendo da Cristo, accettando la sua Rivelazione e
obbedendo alla sua Parola.
La mistica e la persona umana
Tenendo conto della distinzione posta dal de Lubac tra mistica e
27
Ibid., p. 18.
28
Ibid., p. 21.
29
Ibid., p. 22.
30
Ibid., p. 24.
31
Ibid., p. 13.
32
Ibid., p. 15; cfr. E. Brunner, Die Mystik und das Wort, Mohr, Tübingen 1928.
33
K. Barth, Dogmatique (versione francese), vol. 4, Labor et Fides, Ginevra 1954, p. 111.
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Il tema di Babel
mistero cristiano, è possibile chiarire la diversa concezione del rapporto
tra la persona umana e la divinità che hanno rispettivamente la mistica
e il mistero cristiano, sia dal punto di vista filosofico che teologico. In
riferimento alle religioni della Cina, dell’India e del sufismo islamico,
Hans Urs von Balthasar scrive che nel contesto della mistica cristiana
«il suo presupposto non è più la negazione ascetica di quella finitezza come illusione e maya, ma l’unione d’amore con lo spirito
di Cristo […] La prima non può condurre che a un nirvana come
identità e il prezzo è la perdita di ogni realtà finita; la seconda
invece porta a una identità di pienezza e ricchezza, in cui ogni
finitudine è trasfigurata» 34.
Giustamente commenta de Lubac che ciò è dovuto al fatto che la mistica cristiana non è la mistica dell’Uno, ma «è una mistica trinitaria, poiché in Gesù Cristo, tutta la Trinità si rivela e si dona»35. Di conseguenza
«il nostro Dio non è quell’Infinito, tanto indifferente quanto illimitato, che rischia di perdersi per il nostro spirito in non si sa
quale spazio vuoto […] non è nemmeno l’Urgrund, abisso originario da cui emergerebbero le Persone, centro oscuro dell’essere
e del non essere. Il Dio che noi adoriamo, e vuole unirci a sé […]
non è un infinito di dispersione, ma di concentrazione: in Lui si
condensa il mistero dell’essere personale» 36.
È noto peraltro come nelle culture ispirate dalle religioni orientali
manca pressoché integralmente la concezione della persona umana, il
cui carattere sostanziale viene negato per la forte affermazione dell’Uno-Tutto: «Tutte le creature sono in me, recita la Bhagavad-Gita […].
Ed io sono l’Essere e il non-Essere, l’immortalità e la morte» 37; laddove
la concezione del valore e della dignità della persona umana, è sorta
unicamente nell’ambito della rivelazione biblica e cristiana, e ciò sia
perché biblicamente il Creatore dona un essere reale e non apparente
34
H.U. von Balthasar, Verbum Caro, Johannes, Einsiedeln 1960, p. 151 (trad. it.,
Verbum caro: saggi teologici, prefazione di D. Barsotti, Morcelliana, Brescia 1968,
p. 157).
35 Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 31.
36
Ivi.
37
Citato da A. Malraux, Antimemoires, Gallimard, Paris 1967, p. 287 (trad. it. Antimemorie, Bompiani, Milano 1968).
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Il tema di Babel
alla sua creatura, sia in riferimento al mistero trinitario, che è mistero
di un Dio in Tre persone, sia in riferimento al mistero dell’Incarnazione, così che la nozione dell’uomo come persona ha ricoperto un ruolo
centrale in tutte le filosofie di ispirazione cristiana 38. Giustamente de
Lubac conclude: «Questi sono i tratti fondamentali da cui si riconosce
la mistica cristiana. Sono i tratti che definiscono ogni realtà cristiana. In
Gesù Cristo noi abbiamo la rivelazione perfetta, definitiva dell’essere
umano come essere personale» 39, perché, aggiunge,
«tra l’anima umana e il suo Dio, come nelle nozze tra la Chiesa
e l’Agnello, si tratta sempre dell’unione, non dell’assorbimento
[…] se si vuole, di unificazione, ma non di identificazione. Si
tratta di mutuo amore» 40.
E Jean Daniélou, in accordo con de Lubac, scrive: «Per questo abbiamo
il diritto di dire che il cristianesimo è un umanesimo integrale, e cioè
che sviluppa l’uomo a tutti i livelli della sua esperienza» 41.
Misticismo, razionalismo e ateismo
A questo punto de Lubac introduce alcune riflessioni molto severe
circa il rapporto tra misticismo e filosofia. Se il termine misticismo viene
inteso nell’accezione precedentemente delineata, alternativa al ‘mistero
cristiano’, de Lubac non si esime da alcune critiche che nell’insieme possono sembrare provocatorie, ma che contengono un messaggio prezioso
che occorre comprendere e recepire. De Lubac non prende volutamente
in considerazione la tematica se possa esistere una ‘filosofia cristiana’
e quale possa esserne la natura, questione sulla quale esiste un ampio e
articolato dibattito tra gli studiosi 42. Viceversa, si chiede de Lubac:
38
Mi permetto di rimandare al mio: Le sfide del personalismo: la teologia, in Emmanuel Mounier: persona e umanesimo relazionale, a cura di M. Toso, Z. Formella, A.
Danese, LAS, Roma 2005, vol. II, pp. 375-384.
39
Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 31.
40
Ibid., p. 28.
41
J. Daniélou, Mythes païens, mystère chrétien, Fayard, Paris 1966, p. 103 (trad. it.
Miti pagani, mistero cristiano, Ed. Paoline, Catania 1968).
42
Sulla complessa tematica che concerne la nozione di ‘filosofia cristiana’ risultano
118
Il tema di Babel
«Se il razionalismo integrale è espressione di una ragione totalitaria, il misticismo integrale non è anch’esso espressione di uno spirito totalitario? L’uno e l’altro non sono forse due manifestazioni
parallele della medesima ‘insofferenza ai limiti’?»43.
I limiti del logos e, possiamo aggiungere, i limiti della ‘persona’, che
il misticismo annulla nell’Uno Tutto. Per questo de Lubac commenta:
«Sia l’uno che l’altro, nel loro sforzo anche di trascendenza a
partire da dati e da facoltà comuni, sono totalmente immanenti. Il
primo vuole arrivare a capire ogni cosa attraverso le sole risorse
di una ragione dominatrice; il secondo vuole procurare, parallelamente, la salvezza, o meglio la liberazione, da solo […]. In un
caso come nell’altro, che ci starebbe a fare la religione? Essa non
è più che un succedaneo. Essa non ha più che un ruolo subalterno
[…] un ruolo essoterico e popolare» 44.
Per questo de Lubac conclude, citando Eugène Ménégoz, che «il
misticismo non è che un razionalismo incosciente», e chiarisce: «al
contrario delle religioni positive, pensiero mistico e filosofia razionale
hanno […] un carattere aristocratico analogo; esse non sono, bene o
male, che l’espressione di una piccola élite» 45.
Ma de Lubac, nella sua analisi del ‘misticismo’, va ancora più in
là, e si chiede persino «se l’ateismo non sia la china di ogni misticismo
lasciato a se stesso» 46. E in effetti, si domanda: se «per la religione è
essenziale sottomettersi e adorare, come può il misticismo non essergli
ostile dal momento ch’esso finisce col dissolvere tutto in una ‘medesima
e grande identità» 47? E citando Lou Andreas-Salomé giunge a dedicare
un saggio a Nietzsche mistico, sostenendo la tesi che anche in un conteindispensabili i tre volumi: La filosofia cristiana nei secoli XIX e XX, a cura di E.
Coreth, W.M. Neidl, G. Pfigersdorffer, edizione italiana a cura di G. Mura, G. Penzo,
Città Nuova, Roma 1993-1995; gli importanti studi dei più eminenti filosofi e teologi
contenuti in quest’opera permettono non solo di approfondire la questione dell’origine
e della natura della ‘filosofia cristiana’, nonché della sua evoluzione nella storia, ma
anche di conoscere i suoi maggiori rappresentanti e approfondire la conoscenza delle
sue molteplici espressioni, le quali arricchiscono la conoscenza dell’unica Verità.
43
Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 141.
44
Ivi.
45
Ibid., p. 140.
46
Ibid., p. 135.
47
Ibid., p. 136.
119
Il tema di Babel
sto ateo si può fare l’esperienza mistica dell’approdo «sulle coste di un
mondo straniero, ancora senza nome, straordinario, del quale si sa solo
che deve trovarsi al di là di tutto ciò che può essere discusso e distrutto dal pensiero» 48. Commenta de Lubac: «Nietzsche ha inteso fondare
un buddhismo europeo» e per questo «ha cantato in modo ammirevole
il mistero della notte e il sonno metafora cara alla mistica indiana» 49.
Nietzsche, continua de Lubac, analogamente a Buddha, è «colui che
conosce in virtù di un’intuizione mistica e totale non il segreto di un
Essere che non c’è, bensì il segreto del divenire universale», divenendo
in tal modo il «protagonista di una mistica senza Dio» 50. E conclude:
«Razionalismo e misticismo hanno un bel farsi apparentemente
la guerra: l’uno si nutre dell’altro […]. La mistica è universale
quanto la filosofia. Sia l’una che l’altra devono essere spezzate
dalla croce di Gesù Cristo per essere riassunte nel Regno» 51.
Il più eminente filosofo ebraico del XX secolo, Emmanuel Lévinas,
consentirebbe a fondo con le tesi di de Lubac. In tutta la sua opera, e in
particolare in Du sacré au Saint 52 Lévinas propone «un’uscita non solo dal
Neutro dell’ontologia, ma anche dall’Essere Neutro che Heidegger chiama
Sacro e Nulla, per un ritorno al Santo biblico, il Dio della Parola, il Dio
della gloria che risplende nella povertà e nella nudità del volto dell’altro»53.
E non è senza significato il fatto che de Lubac, citando il celebre
testo di Gershom Scholem, Les grands courants de la mystique juive,
faccia riferimento al ‘Nulla mistico’, tema caro ai kabalisti, come il
«grande mistero della teosofia e il punto cruciale per la comprensione
48
L. Andreas-Salomé, Nietzsche. Una biografia intellettuale, Savelli, Roma 1979, p. 130.
49
Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 282. Il saggio su Nietzsche mistico è
stato pubblicato originariamente in Id., Affrointements mystiques, Temoignage Chretien,
Paris 1950.
50
Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 283. Sul tema della ‘mistica atea’, cfr.
G. Mura, Una mistica atea?: l’esperienza dell’“assenza” di Dio nel pensiero contemporaneo, in La mistica: fenomenologia e riflessione teologica, cit., II, pp. 1227-1267.
51 Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 139.
52
Cfr. E. Lévinas, Du sacré au Saint: cinq nouvelles lectures talmudiques, Editions
de Minuit, Paris 1977 (trad. it. Dal sacro al Santo: cinque nuove letture talmudiche,
Introduzione di S. Cavalletti, Città Nuova, Roma 1984).
53
G. Mura, Introduzione: La ‘provocazione’ etica di Emmanuel Lévinas, in E. Lévinas,
Etica e Infinito, Città Nuova, Roma 1984, p. 21.
120
Il tema di Babel
dello scopo della speculazione teosofica»54. Scrive Scholem: «La creazione del mondo, cioè a dire la creazione di tutte le cose fuori dal niente,
non è essa stessa che l’aspetto esteriore di tutto ciò che si situa in Dio
stesso» 55. Per la teosofia mistica dei kabalisti il ‘Nulla’ è in Dio stesso,
perché, spiega Scholem,
«il termine ebraico per Nulla, ain, ha le stesse consonanti del termine Io, ani, e come abbiamo visto l’Io di Dio è concepito come
la tappa finale delle Sephirot, questa tappa nella quale la personalità di Dio nella sintesi simultanea di tutte le tappe precedenti
si rivela alla sua propria creazione. In altri termini il passaggio
da ain a ani è simbolico della trasformazione mediante la quale
il Nulla passa attraverso la manifestazione progressiva della sua
essenza nelle Sephirot, nell’Io, processo dialettico in cui la tesi e
l’antitesi iniziano e finiscono in Dio» 56.
È noto come le Sephirot, o ‘Luci increate’, vengano intese dai kabalisti come ‘emanazioni divine’, attraverso le quali Dio si comunica
al mondo creato e agli uomini. E tuttavia, come affermano molti commentatori, le Sephirot appartengono intimamente alla ‘Mente suprema’,
e fanno quindi parte della stessa vita divina. Ne deriva che la dialettica
tra l’Essere e il Nulla è in Dio stesso. Infatti, scrive Scholem,
«è questo il ‘nulla’ mistico da cui emanano tutti gli altri gradi della
manifestazione progressiva di Dio nelle Sephiroth e che i kabalisti
chiamano la più alta Sephira, ovvero la più alta corona della Divinità. Per usare un’altra metafora, è l’abisso che diviene visibile
nelle brecce dell’esistenza. […] Niente può cambiare senza venire
in contatto con questa regione dell’Essere puramente Assoluto che
i mistici chiamano Nulla»57.
E
«ciò – continua Scholem – è sicuramente un esempio rimarchevole del pensiero dialettico. Qui come ovunque peraltro la mistica
inclinata a formulare i paradossi dell’esperienza religiosa utilizza i
54
G. Scholem, Les grands courants de la mystique juive, Payot, Paris 1960, p. 233 (trad. it.
Le grandi correnti della mistica ebraica, il Saggiatore, Milano 1965).
55
Ivi.
56
Ibid., pp. 233-234.
57
Ibid., p. 233.
121
Il tema di Babel
procedimenti dialettici per esprimere ciò che vuole dire. I kabalisti
non sono i soli partigiani di questa affinità tra il pensiero mistico e
la dialettica»58.
Scholem – sembra commentare de Lubac – alludeva evidentemente
alla dialettica essere-nulla del pensiero hegeliano. Il razionalismo, conclude de Lubac, mostra di essere ancora una volta frutto, erede e altro
volto del misticismo.
«Philosophari in Maria»
Quale esempio di un’esperienza spirituale radicata in quello che de Lubac ha chiamato il mistero cristiano, vorrei ora riflettere brevemente sull’esperienza mistica di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari,
anche per considerare quali ispirazioni ne possa trarre la filosofia.
Scrive Chiara: «Erano tre le nostre comunioni obbligatorie: con
Gesù Eucaristia, col fratello, con la Parola di Dio» 59; con queste espressioni Chiara Lubich narra il contesto di quella che verrà ricordata come
l’esperienza del Paradiso:
«Al mattino, alla S. Comunione […] ebbi l’impressione di trovarmi
in cima ad un’altissima montagna […] e in quell’istante mi fiorì
sulle labbra la Parola Padre […] mi ritrovai, come per una visione
vista con gli occhi dell’anima, entrata in sinu Patris, che a me si
mostrava come l’interno d’un sole tutto oro o fiamma d’oro […]
Ricordo che fu d’una luminosità straordinaria, ma mi mancano forse tutti gli elementi per poterla ora descrivere. Solo so che dalle
pareti del Sole fu pronunciata dal Padre la parola: Amore e questa
Parola, raccogliendosi nel cuore del Padre, era il Figlio»60.
Come scrive de Lubac:
«Se bisogna intendere per mistica una certa perfezione raggiunta
nella vita spirituale, una certa unione effettiva alla divinità, allora,
58
Ibid., p. 234.
59
Ch. Lubich, Paradiso
’49. Entrata nel Padre, in «Nuova Umanità», XXX, 3, Città
Nuova, Roma 2008, p. 285.
60
Ibid., pp. 288-289.
122
Il tema di Babel
per un cristiano, non può trattarsi d’altro che dell’unione col Dio
Tripersonale della rivelazione cristiana, unione realizzata in Gesù
Cristo e per mezzo della sua grazia; dono ‘infuso’ di contemplazione
‘passiva’»61.
C’è un’espressione di Chiara che sembra confermare quanto scrive
de Lubac, e che è densa di contenuti non solo mistici, su cui mi sembra importante riflettere: narrando l’esperienza mistica di Dio Amore,
Chiara scrive che le sembrò «che anche esser dio, ma non trino, sarebbe
stato un inferno» 62. La mistica cristiana è essenzialmente una mistica che
manifesta «una conoscenza intima e profonda»63 del mistero cristiano del
Dio Uno e Trino.
Nella narrazione di Chiara è presente inoltre la decisa scelta di partecipare alla sofferenza manifestata dal grido di Gesù in croce64, nella consapevolezza che unirsi intimamente alla croce di Cristo fosse indispensabile per giungere all’unione d’amore profonda con Dio e con i fratelli: «In
Gesù Abbandonato erano tutti i dolori, tutti gli amori, tutte le virtù, tutti i
peccati (essendosi Lui fatto “peccato”) ed in Lui noi tutti ci si ritrovava in
ogni istante della vita»65. Chiara testimonia una vera esperienza mistica
del mistero cristiano, perché «il mistero è il Cristo. […] E tutta la mistica
consiste nel vivere il Cristo, compimento di tutta la Legge»66.
Non sta a me dare giudizi né illustrare come da questa particolare esperienza di unione in Cristo con Dio-amore Chiara abbia fatto derivare la
‘spiritualità dell’unità’, radicata nel comandamento nuovo consegnato da
Gesù ai discepoli prima di morire: «amatevi scambievolmente come io ho
amato voi»67. Vorrei invece proporre alcune riflessioni che, anche per testimonianza diretta, cercano di interpretare alcuni aspetti di questa esperienza
che potrebbero essere fruttuosi per la filosofia. A titolo di un primo commento preferisco rifarmi allora ad una pagina delle Meditazioni di Chiara
61
Lubac de, Mistica e mistero cristiano, cit., p. 7.
62
Lubich, Paradiso ’49, cit., p. 288.
63
Ancilli, Introduzione, cit., p. XVIII.
64
Cfr. Mt 27, 46.
65
Lubich, Paradiso ’49, cit., p. 286.
66
D. Barsotti, Vita mistica e mistero liturgico, citato
cristiano, cit., p. 20.
67
Gv 15, 12.
da de Lubac, Mistica e mistero
123
Il tema di Babel
Lubich che ritengo particolarmente significativa per il nostro tema:
«Sono entrata in chiesa un giorno e con il cuore pieno di confidenza
gli chiesi: “Perché volesti rimanere sulla terra, su tutti i punti della terra, nella dolcissima Eucaristia, e non hai trovato, Tu che sei
Dio, una forma per lasciarvi anche Maria, la mamma di tutti noi che
viaggiamo?” Nel silenzio sembrava rispondesse: “Non l’ho portata
perché la voglio rivedere in te. Anche se non siete immacolati, il
mio amore vi verginizzerà e tu, voi, aprirete braccia e cuori di madri
all’umanità, che, come allora, ha sete del suo Dio e della Madre di
Lui”»68.
Personalmente credo che questa illuminazione rivesta un particolare
significato per la filosofia, e vorrei interpretarla con le parole del filosofo
Maurice Blondel:
«Noi non entriamo in questa divina parentela, divinae consortes
naturae, che riproducendo in noi il mistero divino per eccellenza,
cioè generando il Figlio e respirandone lo Spirito, e così il cristiano è essenzialmente Madre di Dio (theòtokos), e Nostro Signore
considera come suoi fratelli, molto più, come madre, chi accoglie
e pratica la sua parola» 69.
Guardare a Maria come modello e rivivere Maria: ecco, questa è
stata la vocazione che Chiara ha tratto dall’esperienza del ’49.
Ma per sottolineare con maggiore precisione lo stretto legame che
esiste tra la vocazione di Chiara ad essere Maria e la filosofia, è necessario citare quanto ha scritto il più autorevole interprete del pensiero di
Chiara Lubich, ovvero don Pasquale Foresi, cofondatore con Chiara del
Movimento dei Focolari:
«Che cos’è la filosofia? È Maria, in quanto è la natura umana elevata al di divino. Ma, come non si può separare Maria da Gesù, così
non si può separare la filosofia dalla teologia, in quanto, pur dialetticamente disgiunte, risultano tributariamente unite. È una nuova
comprensione teoretica resa anch’essa possibile dall’incarnazione
del Verbo in Maria»70.
68
Ch.
69
Lubich, Meditazioni, Città Nuova, Roma 2012, p. 47.
M. Blondel-J.Wehrlé, Correspondance, 2, con commenti di H. de Lubac, Aubier
Montaigne, Paris 1969, p. 400.
70
P. Foresi, Note di filosofia, Città Nuova, Roma 2004, p. 200. Cfr. anche M. Mantovani,
124
Il tema di Babel
Foresi, con grande lucidità, e riferendosi all’esperienza mistica di Chiara, ha espresso quanto Giovanni Paolo II ha scritto nella Fides et ratio:
«Si può intravedere […] una profonda consonanza tra la vocazione della Beata Vergine Maria e quella della genuina filosofia. […] Questa verità l’avevano ben compresa i santi monaci
dell’antichità cristiana, quando chiamavano Maria ‘la mensa intellettuale della fede’. In lei vedevano l’immagine coerente della
vera filosofia ed erano convinti di dover philosophari in Maria».
Perché, continua la Fides et ratio,
«come la Vergine fu chiamata ad offrire tutta la sua umanità e femminilità affinché il Verbo di Dio potesse prendere carne e farsi uno
di noi, così la filosofia è chiamata a prestare la sua opera, razionale
e critica, affinché la teologia come comprensione della fede sia
feconda ed efficace.
E come Maria, nell’assenso dato all’annuncio di Gabriele, nulla perse della sua vera umanità e libertà, così
il pensiero filosofico, nell’accogliere l’interpellanza che gli viene
dalla verità del Vangelo, nulla perde della sua autonomia, ma vede
sospinta ogni sua ricerca alla più alta realizzazione»71.
E non è un caso che don Pasquale Foresi, che è stato anche il fondatore della Casa editrice Città Nuova di Roma, abbia voluto inaugurarla
con una collana patristica, in cui apparve tra i primi il testo I Padri
Apostolici (1966); furono i Padri infatti a tributare a Maria il titolo di
«Sede della Sapienza» 72.
Maria è la Sede della Sapienza, la Sposa dello Spirito di Verità, la
Mediatrice di tutte le grazie. Possiamo riconoscere che rivivere Maria ha
significato per Chiara in particolare donare al mondo la Sapienza, Gesù,
Verbo incarnato, in un anelito di mediazione universale erga omnes. Scrive
Chiara: «Dio – per la spiritualità collettiva che Egli ci ha donato – chiede a
Philosophari in Maria, in «Nuova Umanità», XXV, 2003, pp. 333-350; S. de Flores,
Maria nostra filosofia, Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”, Roma 1998;
T. Radcliffe, La perenne sorgente della speranza, in «Religiosi d’Italia», 297, 1996,
pp. 633-656.
71 Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Fides et ratio, Città del Vaticano 1998, n. 108.
72
Il titolo «Sede della Sapienza» si fa risalire al medievale Rodolfo Ardente (+1101),
ma già Severo di Antiochia (+538) chiama Maria «Madre della Sapienza» (Rodolfo
Ardente, Omelia I sull’Assunzione, PL 155, 1423; Severo di Antiochia, Omelia XXXVI
sulla Natività, PO 36, 437).
125
Il tema di Babel
noi di guardare tutti i fiori perché in tutti è Lui e così, osservandoli tutti, si
ama più Lui che i singoli fiori»73. E ciò, visto in prospettiva filosofica,
innanzi tutto accogliendo e riconoscendo tutti i ‘semi del Verbo’ sparsi
nelle culture filosofiche e religiose dell’umanità, per aiutarli a maturare,
colmando le loro attese, col ‘generare’, come Maria, il loro incontro con
Cristo. Il Verbo, scrive Chiara, «dall’intimo detta ogni cosa, ci insegna –
Maestro eterno – 1’eterno e il contingente e a tutto dà valore»74. Chiara si
è ispirata profondamente a quello che viene comunemente chiamato il
Vangelo dell’Annunciazione, in cui Maria, scrive San Luca nell’episodio del ritrovamento di Gesù nel Tempio 75 conservabat in corde suo, in
cui il verbo greco διετήρει significa ‘riflettere attivamente’ e non solo
‘conservare’; e in Lc 2, 19, nell’episodio dell’Annunciazione, è detto
che Maria conferens in corde suo, in cui il termine greco συμβάλλουσα
non significa solo meditare, ma anche ‘mettere insieme, confrontare’ e
quindi ‘interpretare in modo veritativo’ tutti gli eventi del passato e del
presente per comprenderli alla luce della Verità ed essere pienamente
disponibile ad accoglierla in sé e, come Maria, generarla per amore
dell’umanità intera.
Per questo, come Maria, Chiara non rifiuta niente di ciò che di prezioso ha costruito l’amore umano della Sapienza – la filosofia – nel
corso della storia. E ciò a cominciare dalla tradizione metafisica dell’essere, iniziata nel mondo greco, la quale ha trovato riconoscimento e
compimento nella grande tradizione cristiana, da Agostino a Tommaso,
da Rosmini a Maritain, perché ha saputo riconoscervi l’anelito a incontrare Colui che ha detto: «Io sono la Via, la verità e la Vita» 76. Parlando
infatti del ‘mistero dell’essere’, Chiara scrive:
«Quale risposta Egli ci dà? Comunque la si voglia definire nei linguaggi delle diverse culture, l’affermazione originaria del pensiero
umano è: l’essere è. È il riconoscimento del grande mare dell’esistenza, in cui l’uomo si trova immerso in comunione con tutti e
con tutto. È questa la certezza primordiale unitaria e semplicissima, dalla quale si può partire per penetrare nelle pieghe molteplici
73
Ch. Lubich, Guardare tutti
74
Id., Resurrezione di Roma,
75
Cfr. Lc 2, 51.
76
Gv 14, 6.
126
i fiori, in «Nuova Umanità», XVIII, 1996, p. 133.
in «Nuova Umanità», XVII, 1995, p. 8.
Il tema di Babel
e complesse della realtà. Tutto può essere negato, ma l’essere no.
L’essere ci viene offerto da quanto ci è prossimo, accanto a noi
(le realtà varie) e in noi (la nostra interiorità). L’esistere delle
più piccole cose come delle più grandi dice con tutto se stesso:
l’essere è. Ed è questo essere – che è comune a tutte le realtà e
per il quale esse non sono un nulla – che rivela, in una manifestazione naturale, quell’Essere che nessuna di esse è, ma che in
tutte si annuncia. Il loro divenire, i loro limiti, lo stesso cessare di
esistere è il linguaggio nel quale viene detto che l’essere di tutto
quanto esiste ha la sua radice in un Essere che semplicemente e
assolutamente Ȼ77.
Sembra un commento a quanto scrive San Tommaso: Dio è l’Essere
che è, ovvero è l’Essere Sussistente, perché: «Colui che è il principio primo
dell’essere, lo possiede in modo eccellentissimo, […] dunque Dio è l’essere
sussistente. Ciò dev’essere ammesso assolutamente»78; e poiché, continua
Tommaso, «Dio è il suo proprio essere sussistente (suum esse subsistens),
resta provato che Dio è infinito e perfetto»79. E che Giovanni Paolo II, in
Memoria e identità conferma, denunciando il fatto che ‘nella logica del
cogito’, la quale ha ispirato la filosofia moderna, Dio «non poteva dunque
rimanere come l’Ens subsistens, l’Essere autosufficiente, come il Creatore,
Colui che dona l’esistenza, e anzi come Colui che dona se stesso nel mistero dell’Incarnazione, della Redenzione e della Grazia»80.
Nel testo Per una filosofia che scaturisca dal Cristo, Chiara aggiunge:
«Analogamente ciò si può dire della nostra interiorità. La coscienza che l’uomo ha di sé fin dagli inizi della riflessione filosofica, specialmente se illuminata dalla fede, è riconoscimento
dell’essere che nella coscienza è luce e, insieme, è confessione dell’Essere Assoluto, della Luce purissima che non conosce
ombra né errori, e che la luce stessa che brilla nella coscienza
dell’uomo invoca e cerca come sua garanzia e certezza, e approdo finale. Per l’uomo cioè dire “io” è aprirsi a poter dire, nella
comunione con l’essere di ogni cosa, che l’Essere Assoluto è» 81.
77
Ch. Lubich, Per una filosofia che scaturisca dal Cristo, in «Nuova Umanità», XIX,
1997, p. 370.
78
T. d’Aquino, In I Sententiarum, d. 8, q. 4, a. 1.
79
Id., Summa Theologiae, I, q. 7, a. 1.
80
Ioannes Paulus, II Memoria e identità, Introduzione di J. Ratzinger, BUR, Milano
2005, p. 35
81
Lubich, Per una filosofia che scaturisca dal Cristo, cit., p. 371.
127
Il tema di Babel
Si può commentare pertanto che non solo la filosofia dell’essere, ma
anche le filosofie della coscienza e dell’interiorità del logos, le quali hanno
esplorato la ricchezza dello spirito dell’uomo nella sua apertura all’Infinito,
e nella sua apertura al dialogo ed al rapporto con l’‘altro’, vengono apprezzate quali preziosi cammini verso la comunione con Dio. In particolare
che c’è in Chiara Lubich un apprezzamento speciale nei confronti delle
filosofie del dialogo e della persona, in intima consonanza con quanto ha
scritto Karol Wojtyla in Varcare la soglia della speranza: in queste filosofie
è l’uomo stesso che diviene la via privilegiata per fare ‘esperienza’ di Dio:
«A questa esperienza – scrive Karol Wojtyla – hanno contribuito
moltissimo i filosofi del dialogo, come Martin Buber o il già citato
Lévinas. […] Da dove hanno imparato ciò i filosofi del dialogo? Lo
hanno appreso prima di tutto dall’esperienza della Bibbia. L’intera
vita umana è un “coesistere” nella dimensione quotidiana – “tu” e
“io” – e anche nella dimensione assoluta e definitiva: “io” e “Tu”.
La tradizione biblica ruota intorno a questo Tu, che è dapprima il
Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, il Dio dei Padri, e poi il Dio
di Gesù Cristo e degli apostoli, il Dio della nostra fede. La nostra
fede è profondamente antropologica, radicata costitutivamente
nella coesistenza, nella comunità del popolo di Dio, e nella comunione con questo eterno Tu. Una simile coesistenza è essenziale
per la nostra tradizione giudeo-cristiana e proviene dall’iniziativa
di Dio stesso. Essa sta nella linea della creazione, di cui è il prolungamento, ed è – come insegna san Paolo (cf. Ef. 1, 4-5) – al tempo
stesso “l’eterna elezione dell’uomo nel Verbo che è il Figlio”»82.
Ed è proprio per questa via, continua Karol Wojtyla, che è anche
derivata una rivalutazione della metafisica, ed anche una sua intima – e
cristiana – trasformazione:
«ci troviamo ormai molto vicini a san Tommaso, ma la strada
passa non tanto attraverso l’essere e l’esistenza, quanto attraverso le persone e il loro incontro: attraverso l’“io” e il “tu”. Questa
è una fondamentale dimensione dell’esistenza dell’uomo, che è
sempre una coesistenza» 83.
Il riferimento a Maria, Sede della Sapienza, può significare allora
82
K. Wojtyla, Varcare la soglia della speranza, a cura di V. Messori, Mondadori,
Milano 1994, pp. 37-38.
83
Ibid., p. 37.
128
Il tema di Babel
imparare ad amare ed apprezzare tutti i cammini dell’uomo che conducono alla pienezza della Verità che è Cristo. La ‘spiritualità dell’unità’,
riconosciuta come il carisma di Chiara Lubich, pone al suo fondamento
la parola: «Dove due o più sono uniti nel mio nome Io sono in mezzo
ad essi» 84, e pertanto essa ha al suo centro la Verità che è Cristo. Per
questo, ispirandomi a questa spiritualità, scrissi il testo: Ermeneutica
e “Gesù in mezzo”: Emmaus 85, perché mi parve di comprendere che
nel viaggio dei discepoli da Gerusalemme ad Emmaus, fossero presenti
alcune importanti indicazioni anche per la filosofia. «È il Risorto che,
accompagnandosi ai discepoli, dierméneusen, dice Luca (24, 27), ossia
spiegò, interpretò la Scrittura, e donò le regole di interpretazione della
Scrittura» 86. Abbiamo qui per la prima volta il termine dierm»neusen,
dierméneusen, ‘interpretare’, nel Nuovo Testamento.
Il Risorto che interpreta la Scrittura «dimostra […] che Egli stesso, che è la Verità umana e divina, è presente in ogni ricerca autentica e sincera della verità che compie l’uomo, si accompagna
ad ogni viaggio verso la pienezza della Verità» 87.
La ricerca dell’unità, che si estende alle culture, alle filosofie ed alle
religioni, non significa quindi un sincretismo relativistico, né una traduzione ideologica della fede o dello stesso carisma, ma il saper scorgere in
ogni cultura, filosofia, religione un barlume della stessa luce del Verbo,
ed operare concretamente per il suo compimento e la sua pienezza nella
Verità. E in fatti il viaggio verso Emmaus – che è anche il viaggio del discepoli nella storia in compagnia del Risorto – si conclude allo ‘spezzare
il pane’, indicando che «l’ermeneutica di Emmaus è eminentemente una
ermeneutica eucaristica»88.
E qui vorrei concludere con una personale annotazione. Due dei
maggiori filosofi che hanno segnato e interpretato il cammino della
filosofia nel XX secolo, ovvero Hans-Georg Gadamer e Paul Ricœur,
84
Mt
85
18, 20.
Cfr. G. Mura, Ermeneutica e “Gesù in mezzo”: Emmaus, in «Nuova Umanità», n. 30,
1983, pp. 71-85.
86
Ibid., p. 71.
87
Ibid., p. 77.
88
Ibid., p. 81.
129
Il tema di Babel
hanno sostenuto la tesi, pur da prospettive diverse, secondo cui la cultura
filosofica odierna è profondamente segnata dal problema del linguaggio.
«L’essere che può essere compreso è linguaggio [Sein das verstanden
werden kann, ist Sprache]», scrive Gadamer 89, affermazione che ha
radice nel Verbum come fondamento del linguaggio, e delle culture,
dell’uomo 90; a sua volta Paul Ricœur scrive: «Il linguaggio si riconosce
nell’essere […] il linguaggio si coglie come venuto al discorso dell’essere, discorso che è oggetto del linguaggio» 91. I problemi tradizionali
della filosofia, e lo stesso problema dell’essere e dell’interiorità, devono
essere allora ripensati e aggiornati anche alla luce di una rinnovata filosofia
del linguaggio.
E allora un possibile suggerimento ai filosofi cristiani è quello di
aspirare ai carismi «delle lingue e della interpretazione delle lingue» 92,
al fine di muoversi sui cammini di un’‘interpretazione veritativa’ della
complessità e della molteplicità delle culture, anche scientifiche, delle
filosofie e anche delle religioni che arricchiscono il mondo contemporaneo. Perché l’uomo – come animal rationale – realizza pienamente
se stesso se «decide di radicarsi nella verità, costruendo la propria casa
all’ombra della Sapienza e abitando in essa» 93.
89
H.-G. Gadamer, Verità e metodo 2, a cura di R. Dottori, Bompiani, Milano 1996, p. 478.
90
Sulla radice teologica della concezione gadameriana del linguaggio, cfr. G. Moretto,
La dimensione religiosa in Gadamer, Queriniana, Brescia 1997.
91
P. Ricœur, La metafora viva, Jaca Book, Milano 1981, p. 403.
92
1 Cor 12, 10.
93
Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Fides et ratio, Città del Vaticano 1998, n. 107.
130