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46 Roma cronaca il Giornale 쐌 Domenica 2 luglio 2006 Uno studio promosso dalla Provincia mette in evidenza come, negli anni, animali selvatici o esotici si siano insediati persino nei parchi cittadini Orsi, lupi e volpi: Roma bioparco naturale Lo rivela il primo «Atlante faunistico» della Capitale in pubblicazione. Tante le sorprese: istrici e daini anche in piena città Gian Piero Milanetti 쎲 Nell’hinterland della Capitale, vivono animali rari come gatti selvatici, lupi, orsi e «alieni» come i visoni americani. A ridosso del Raccordo anulare pascolano cervi e caprioli e, in parchi storici, come Villa Ada, prosperano conigli selvatici e volpi. Lo rivela il primo «Atlante dei mammiferi della provincia di Roma». «Una tale ricchezza di fauna si spiega con l’estensione del territorio, con la grande varietà degli ambienti e con la presenza di animali esotici liberati dalle gabbie e ambientatisi nei parchi cittadini» spiegano i due autori, il biologo Giovanni Amori e il naturalista Corrado Battisti. «L’atlante - spiegano i due studiosi - servirà per una corretta gestione e pianificazione del territorio, anche al fine di individuare aree da destinare a parco». La pubblicazione riporta oltre 40 (sulle 104 presenti in Italia) specie di mammiferi terrestri, dai minuscoli toporagni ai cervi. Il più raro è certamente l’orso marsicano. «Questo plantigrado - spiega Giovanni Amori, dell’Istituto per lo studio degli ecosistemi del Consiglio nazionale delle Ricerche - è presente in pochi esemplari che, in alcuni casi, fanno la spola tra il Parco Nazionale d’Abruzzo e il Parco Regionale dei Simbruini». Pochi anni fa, un esemplare erratico fu avvistato più volte nel Parco dei Monti Lucretili, alle spalle di Tivoli. Più diffuso, anche se ancora vittima di avvelenamenti e caccia di frodo, l’animale simbolo di Roma: il lupo. «Il più grande predatore italiano - spiegano gli autori - ha una distribuzione abbastanza ampia nella provincia. È presente sui monti Simbruini, sui Lepini e ci risulta una popolazione stabile anche sui monti della Tolfa». Il lupo, poi, effettua rapide incursioni anche sui Monti Ruffi e Prenestini. Ma a colpire di più è la ricchezza di fauna dei parchi storici romani e il ritorno di cervi ai confini della Capitale. L’atlante registra, a Roma, ben 37 specie di mammiferi. «A Villa Ada, ad esempio, ci sono colonie di conigli selvatici, favorite dal suolo, morbido da scavare - dice Amori -. Una presenza, questa, di notevole importanza, se si pensa che questi animali (di origine iberica e nord-africana) nel resto della città e nella cinta periferica non ci sono». I conigli di Villa Ada, però, devono guardarsi dalle volpi, forse i mammiferi più diffusi nella Capitale (esclusi i topi), che entrano in città, come gli istrici, lungo i binari della ferrovia e gli argini di Tevere e Aniene. «Tra l’Appia Antica e la Cassia, dove sono ancora presenti boschetti, sugherete, querceti e coltivi, vive la volpe. Questo mammifero opportunista è presente all’Insugherata, all’Acquafredda, nella Tenuta dei Massimi, all’Infernaccio, alla Pisana, al Portuense e fa puntate, perfino, al Villaggio Olimpico e a Pa- lazzo di Giustizia, su piazzale Clodio». Ancora più sorprendente, il ritorno di cervi, sterminati in epoca storica. «Nel Parco di Decima Malafede, che confina con il Gra e la via Pontina - spiega ancora Battisti - c’è ancora qualche esemplare introdotto negli anni Ottanta dall’Ufficio caccia della Provincia e poi, in gran parte catturati di nuovo, quando questi ungulati hanno cominciato a rappresentare un pericolo di incidenti sulle strade». A Decima Malafede, inoltre, vivono e si moltiplicano decine di daini, insidiati dai bracconieri che ogni anno - come denuncia Romanatura - ne uccidono una cinquantina. Un branco di daini vive anche nella Riserva della Marcigliana, tra la Bufalotta e il comune di Mentana. In questo parco, a ridosso del Gra, tra aziende agricole e discariche, sopravvive una ventina di ungulati (di cui uno albino), discendenti da una coppia fuggita anni fa da una vicina tenuta di caccia. «Questi animali però non appartengono alla nostra fauna, procurano dei danni e andrebbero eradicati e sostituiti magari con una specie italica, come i caprioli». Anch’essi scappati da un recinto dell’azienda faunistico venatoria di un principe, sono i mufloni che vivono al Sasso, nella zona di Furbara e Bracciano. «Ma sono troppo pochi per riprodursi - fa notare Amori - e, anche questi, non sono originari della nostra fauna: sono di origine mediorientale». Tipicamente italiani, invece, i caprioli reintrodotti sui monti Lucretili. Questi piccoli cervidi hanno «attecchito» bene e non è raro avvistarli sul monte Catillo, alle spalle di Tivoli. LA STORIA Erasmo Intreccialagli accanto al monumento dedicato al cane Tocco, che Monteporzio Catone ha voluto dedicare al più particolare (e simpatico) dei suoi cittadini. Tocco, fu adottato quando aveva pochi mesi, nel 1984, proprio da Erasmo, e negli anni successivi da tutto il paese. Le sue abitudini hanno scandito anni di vita del paese castellano Un monumento per un cane? Così Monte Porzio Catone ricorda il bastardino-mascotte FORZA LUPI. Un esemplare di lupo, che oltre a essere il simbolo della capitale, è anche una presenza reale nel territorio della provincia, sui monti Simbruini, sui Lepini e nella Tolfa «Tocco» in paese era amato da tutti A inaugurare la scultura pure il celebre «Rex» televisivo LA CURIOSITÀ E i visoni «trovano l’America» da noi 쎲Hanno trovato l’America in Italia. A Tivoli, per l’esattezza, dove un angolo di montagne roccioseè diventato la loro casa. I visoni nordamericani, gli animalida pelliccia per antonomasia,hanno messo su dimora lungo il torrente Fiumicino, affluente del fiumeAniene. Si tratta diunodeipochi casiinItalia. Il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio segnala altri nuclei di visone in libertà in Italia centrale(suifiumiRoncoeBidente)einItalianordorientale. Sui monti Prenestini, però, questi preziosi parentidelladonnolae dellafainahannomesso alla luce dei piccoli visoni italoamericani. Un evento sicuramenteraro.Manonesattamentelieto.«Pernoi questi elegantissimi mustelidi sono pur sempre degli“alieni”.Ovverodegli animaliestraneiallanostra fauna. A volte graziosi come gli scoiattolini asiatici tamias di Villa Ada-Savoia, altre, come in questo caso, potenzialmente dannosi per l’ecosistema», spiega Giovanni Amori, biologo del consiglio nazionaledellericerche.Ivisoni,infatti, sonodeiformidabili predatori. Divorano non solo rane e topi, ma anche uccelli acquatici, uova, serpenti, scoiattoli e perfino conigli. Sono poi abili nuotatori, capaci di scendere fino a 5 metri di profondità e di nuotare in immersione per 15. «Lungo l’Aniene fanno danni agli allevamenti di pesci», fa notare Amori, coautore, con il naturalista Corrado Battisti, dell’atlante dei mammiferi della provincia. Importati in Italia negli anni Cinquanta e allevati per la pelliccia, molti Nell’area di Tivoli hanno preso dimora esemplari del roditore da pelliccia. Ma l’ecosistema è a rischio visoni (animali poco più piccoli di un gatto) sono fuggiti dalle gabbie o sono stati liberati una volta diminuita la richiesta di pelli di animale. «Nel Nord dellapenisolanehannoliberatiamigliaia.Diquesti, il 98 per cento si presume che siano morti, anche perchémolti hannoperso del tutto l’istintopredatorio e, tornati in natura, non riescono neanche più a mangiare se l’uomo non li nutre. In provincia, sull’Aniene, hanno trovato invece condizioni climatiche e ambientali davvero ideali. Così si è formata unapopolazioneabbastanzavitale».L’unica,appunto, in Italia. Ma, come detto, non ci sarebbe da stare troppo allegri. «In Inghilterra, dove questi “alieni” sono arrivati prima di noi - conclude Amori - nonostantesostanziosi investimenti non c’è stato modo di sradicarli. E ci si è accorti che dove si erano insediati i visoni le arvicole terrestri dei piccoli roditori diminuivano sensibilmente. La stessa cosa potrebbesuccedere da noi». Ma nonostantele minaccedi sfratto, i visoni tiburtini non danno alcun segno di voler abbandonare l’Aniene e di tornare negli States! [GPM] Un esemplare di visone americano. Si tratta di un animale insediato anche da noi, ma completamente estraneo al nostro habitat Flavio Martino 쎲Il monumento che i cittadini gli hanno dedicato rappresenta un baluardo contro il randagismo. «Lui» è un cane simpatico e anche una celebrità e tutti lo ricordano con affetto. Questa bella storia è balzata alla ribalta a Monte Porzio Catone, «Comune d’Europa» di 8.625 abitanti vicino Roma. Il cane si chiamava Tocco, era un meticcio nero noto persino dall’altra parte del mondo. La tv giapponese, infatti, gli ha dedicato un programma. In suo onore sono stati composti stornelli e Tullio Ricci, stimato scrittore della zona, gli ha dedicato un libro. Il monumento è molto fotografato dai turisti e si trova in piazza Borghese, zona più trafficata del paese, in prossimità del municipio e davanti alla scuola. Aveva pochi mesi quando, nel 1984, fu adottato da Erasmo Intreccialagli (all’epoca 12 anni), il quale aveva lo spazio per farlo vivere bene nel giardino di casa adiacente a «il Monticello», il ristorante di famiglia. Il cagnolino faceva parte di una cucciolata di bastardini venuta al mondo in campagna. Erasmo lo scelse tra gli altri. «Bello! Sembra un tocco di carne». In altre parole: «Sembra un pezzo di carne», esclamò il bambino stringendo a se il cucciolo, che era morbido e tutta ciccia e «Tocco» divenne così il suo nome. Viveva libero ed era un cittadino particolare. Grazie alla sua indole gioiosa divenne il cane del paese. Tutti gli vollero subito bene e fu perfino salvato dalla popolazione, che mise in fuga l’accalappiacani che lo stava catturando con il laccio per sopprimerlo nella camera a gas. Salutari passeggiate lo mantenevano in forma. Al bar era puntualissimo per la colazione: cappuccino e cornetto. Altre volte preferiva le ciambelle al vino, cotte nell’antico forno che si trova dopo l’arco. La domenica, al suono delle campane entrava in chiesa, si fermava davanti all’altare e aspettava le carezze dei parrocchiani. Seguiva la processione e si accodava alla banda musicale. Gli piaceva stare in comitiva, insieme agli altri paesani. Era un habitué dell’edicola di Romolo, dove arrivavano le riviste cinofile e il più affezionato cliente, non pagante, di Gianni il macellaio, che per lui teneva sempre qualcosa di speciale. Tocco aveva 15 anni, quando morì di vecchiaia nel 1999. Monte Porzio Catone pianse. Tre anni dopo il monumento. Il giorno dell’inaugurazione, il primo settembre del 2002, c’era la folla delle grandi occasioni con l’allora sindaco Sergio Urilli e un ospite d’eccezione, il pastore tedesco protagonista in televisione de Il commissario Rex. Una cerimonia per ricordarlo sempre. Oggi quel monumento è simbolo e speranza affinché il miglior amico dell’uomo non sia abbandonato a una sorte spesso crudele. ARCHITETTURA ALLA CECCHIGNOLA «Non scherzate con il fuoco» Legambiente pulisce il bosco «La capitale ha dimenticato il razionalismo» Rasponi, presidente del Cesar: nel dopoguerra progettate solo periferie degradate Sabrina Fantauzzi Un momento dell’iniziativa di Legambiente [FOTO: OMNIROMA] 쎲Con la pulizia del sottobosco e dei rifiuti in un’area verde della Cecchignola è ripartita ieri la campagna di Legambiente «Non scherzate con il fuoco» insieme al dipartimento della protezione civile. Dedicata alla salvaguardia delle aree boschive dal pericolo degli incendi, l’iniziativa, giunta alla sua quarta edizione, prevede oggi la pulizia del Fosso Maltempo, escursioni nel bosco Boano a Vallecorsa (Frosinone), sul monte Artemisio a Velletri, sul monte Appisolo, nei monti Lepini e sul monte San Biagio (Latina). A questa operazione partecipano anche l’associazione dei vigili del fuoco in congedo, gli scout dell’Agesci e l’associazione nazionale degli alpini. 쎲 Una volta era considerato argomento per tecnici. Appassionava gli specialisti, i cultori della materia. Studiato all’estero, è stata per decenni ignorata a Roma e in tutta Italia dove ha subito una vera e propria censura ideologica. Oggi è diventato un tema all’ordine del giorno. È l’architettura razionalista che vanta espressioni come l’Eur e il Foro Italico, città cosiddette «di fondazione» come Latina e Sabaudia, nuclei sparsi un po’ in tutto lo Stivale e anche Oltralpe. Un patrimonio da tutelare. Non a caso la Regione Lazio, nella scorsa legislatura, approvò una legge, su proposta di Fabio Rampelli (An), sulla tutela delle Città di Fondazione. Promotore di questo rinnovato interesse, il Centro Studi Architettura Razionalista (Cesar) una fondazione presiduta dall’architetto. Cristiano Rosponi, in seno all’Eur Spa amministrato da Mauro Miccio. Reduce da un faccia a faccia tra due architetti antagonisti come Leon Krier e Peter Eisenman, Rosponi sta ora pensando alle prossime iniziative. Durante l’ultimo convegno, il Cesar, ha parlato dell’Eur come città ideale, a misura d’uomo. È la solita provocazione? «No. L’Eur rappresenta sintesi della Città ideale soprattutto se si mette a confronto con le periferie degradate costruite nel dopoguerra. Mentre l’architettura degli anni Trenta ci ha lasciato periferie e quartieri popolari come Garbatella, noi ci ritroviamo Corviale e Tor Bella Monaca. Anche il problema del traffico è strettamente connesso allo sviluppo urbanistico». Rutelli e Veltroni hanno preferito architetti ipermodernisti come Meier per la nuova Ara Pacis, Piano per l’Auditorium e Purini con il suo grattacielo proprio nel cuore del razionalismo romano. C’è evidentemente qualcosa che non va? «Manca il dibattito. Merito dell’Eur Spa è quello di aver capito che è fondamentale per il futuro di Roma aprire il confronto. Come ha detto Krier, senza confronto c’è la guerra. Il Cesar si occupa di promuovere questo dialogo tra le tante impostazioni culturali e i tanti stili architettonici anche invitando personaggi fieramente antagonisti, come Krier ed Eisenmann appunto. Perché allora fu possibile trovare una sintesi tra le diverse correnti, quella classica di Piacentini e quella razionalista di Terragni? Perché ci fu un confronto. Lo stesso che il Cesar vuole stimolare con la prossima iniziativa, altrettanto provocatoria: un convegno sull’abbattimento di edifici di scarsa qualità e la loro sostituzione. Tema che riguarda da vicino l’Eur con le anonime Torri di Ligini. Si tratta di un discorso che rappresenta una vera e propria polveriera a Roma, dove l’unico abbattimento che c’è stato non ha riguardato la periferia, ma il centro storico: la teca di Morpurgo. È un caso che si trattasse di un’opera razionalista»? Lei cosa abbatterebbe? «Corviale, per sostituirlo con una nuova Garbatella». Perché oggi l’architettura appassiona un pubblico sempre più vasto? «Perché è strettamente connessa alla qualità della vita. Se crei quartieri dormitorio, non puoi lamentarti poi dell’intasamento stradale, dell’inquinamento e della bassa qualità della vita. Le grandi città come Roma allontanano sempre di più gli anziani e i bambini. Non sono i piccoli interventi a risolvere il problema, ma è una politica urbanistica che veda la città come un insieme di comunità di quartiere».