I VULCANI

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I VULCANI
ITG A. POZZO
LICEO TECNOLOGICO
I VULCANI
INDIRIZZO: Costruzioni, Ambiente, Territorio - opzione B
GEOLOGIA E TERRITORIO
Classe 3^ - 3 ore settimanali
Schede a cura del prof. Romano Oss
C'è un'isola piccola piccola pochi chilometri a nord della Sicilia che ha dato
il nome a tutti i vulcani del mondo: l'isola di VULCANO.
Secondo gli antichi greci era su quest'isola che il Dio Vulcano abitava e
lavorava nella sua mitica fucina.
L'isola di Vulcano fa parte di
uno degli arcipelaghi più
spettacolari del pianeta:
L'arcipelago delle isole Eolie.
Un arcipelago formato da sette
distinte isole vulcaniche :
Alicudi, Filicudi, Panarea,
Lipari, Salina, Stromboli,
Vulcano.
Ma cosa sono i vulcani, come si formano, quali sono i meccanismi delle loro eruzioni?
Da molti anni l'uomo si interroga su queste domande e già nel 79 d.c. Plinio il Giovane
descrisse in due lettere a Tacito l'eruzione del Vesuvio che provocò una delle più famose
catastrofi naturali della Storia, quella di Ercolano e Pompei.
Plinio il Giovane trasformò queste due lettere in una descrizione estremamente dettagliata
dei fenomeni vulcanici da lui osservati tanto che molti dei termini scientifici usati oggi in
materia di vulcanologia derivano e traggono ispirazione da questo inestimabile manoscritto.
Vulcani e placche
Anche nella classificazione che ad oggi viene usata per distinguere i
diversi tipi di vulcani, introdotta dal geologo francese Lacroix nel 1908, si
usano alcuni termini di Plinio il Giovane.
Da Plinio il Giovane le Scienze delle Terra hanno fatto molta strada
fornendo teorie ormai dimostrate sullo sviluppo e sulla natura dei vulcani
e dei loro prodotti eruttivi. In realtà ancora oggi non siamo in grado di
avere certezze sulle modalità di innesco di un'eruzione.
Comunque quasi tutte le numerose teorie a riguardo si basano sul
trasporto gassoso (più o meno quello che succede quando si apre una
bottiglia di champagne).
Un vulcano è la via attraverso la quale il materiale fuso, chiamato magma,
dall'interno della Terra arriva in superficie, trabocca all'esterno e si raffredda
formando la roccia effusiva chiamata generalmente lava.
Nel corso di tale movimento porzioni di magma possono rimanere
intrappolate entro la crosta e non raggiungere mai la superficie.
In questo caso si raffreddano e formano roccia solida all'interno della crosta
stessa, dando origine alle rocce plutoniche o intrusive.
Se queste porzioni intrusive sono di grandi dimensioni prendono il nome di
batoliti. Vediamo che magmi diversi (per composizione chimica, per
temperatura o per contenuto in gas), che fuoriescono in situazioni
geologiche diverse (sul fondo del mare, o dopo aver attraversato la crosta
oceanica o quella continentale), danno origine a differenti tipi di eruzioni;
queste a loro volta, a secondo del modo di come avvengono, danno origine
a diversi prodotti vulcanici e a diversi vulcani.
Nello schema accanto le diverse
tipologie di vulcanismo
Tra i fattori che determinano la natura di un'eruzione, quelli principali sono:
la composizione chimica del magma, la sua temperatura e la quantità di
gas disciolti in esso. I primi due controllano principalmente la mobilità del
flusso di magma, chiamata più precisamente viscosità; quanto più questo
è viscoso tanto maggiore è la sua difficoltà a muoversi e scorrere. Una
delle differenze composizionali che più determinano differenti viscosità e
quindi differenti tipi di eruzioni è la quantità di silice (SiO2).
I magmi si differenziano quindi in due grandi categorie:
poveri di silice (detti anche basici) che danno origine alle rocce mafiche,
come il basalto, costituite per circa il 50% di silice
ricchi di silice (detti acidi), contenenti oltre il 70% di silice, che che danno
origine alle rocce sialiche, come i graniti e il loro corrispettivo effusivo le
rioliti.
La maggiore viscosità deriva da un maggior contenuto in silice in quanto
questo innesca, durante la risalita e il relativo raffreddamento, la
cristallizzazione di un tipo di minerali, i tectosilicati, che per la loro stessa
struttura ostacolano il flusso.
Un maggior contenuto di gas al contrario favorisce la fluidità del magma.
I principali gas contenuti in un magma sono sempre gli stessi, ovvero:
H2O, CO2, CO, H2, H2S idrogeno solforato e HCl.
In base alla maggiore o minore fluidità del magma vengono
individuati cinque stili eruttivi:
islandese, hawaiiano. stromboliano, vulcaniano e péeleano.
In generale si può affermare che la viscosità del magma aumenta
col crescere dell'acidità così come il carattere esplosivo delle
eruzioni.
Lo stile islandese è caratterizzato da effusioni di lava basaltica
molto abbondanti e molto estese, attività esplosiva assente,
assenza di un vero cratere (i materiali fuoriescono da fratture della
crosta estremamente allungate che congiungono più crateri
allineati), da plateaux basaltici.
Lo stile hawaiiano è caratterizzato da espandimenti di lave
piuttosto fluide, da attività continua associata a rare esplosioni, da
formazione di laghi di lava con fontane e getti di qualche decina
di metri, da edificio vulcanico a scudo.
Lo stile stromboliano è caratterizzato da attività costante, esplosioni
più o meno frequenti di moderata intensità il cratere contiene lava
fluida in ebollizione con proiezione di gas e lapilli molti dei quali
ricadono nel cratere o debordano su di un fianco.
Lo stile vulcaniano è caratterizzato da attività discontinua e lava
meno fluida dei tipi precedenti, solidificazione rapida con
ostruzione del condotto che può chiudersi tra un'eruzione e l'altra;
emissione di vapori solforosi; una violenta esplosione, che
polverizza la lava presente nel camino riducendola in cenere, si ha
alla ripresa dell'attività; è presente il classico pennacchio di fumo
che ricade ad ombrello sul vulcano.
Lo stile peléeano è caratterizzato da lava molto viscosa, quasi
solida; attività discontinua con interruzioni molto lunghe e
contraddistinta da violente esplosioni; estrusione di materiali
semisolidi, emissioni violente di nubi ricche di gas e di ceneri
incandescenti, dette nubi ardenti, che scorrono sui fianchi del
vulcano.
VULCANO
ERUZIONE
ATTIVITA’
MAGMA
HAWAIANA
EFFUSIVA
FLUIDO
STROMBOLI
MISTA
SEMI
FLUIDO
VULCANO
MISTA
VISCOSO
PELEANA
MISTA
MOLTO
VISCOSO
fontana di lava lungo
una fessura, durante una
fase d'attività del
vulcano Kilauea, Hawaii
"nube ardente" che
scende lungo le pendici
del vulcano Ngauruhoe,
Nuova Zelanda
Quando il magma raggiunge una zona prossima alla superficie la
pressione di confinamento, che le rocce intorno forniscono, diminuisce
notevolmente e questo provoca una liberazione dei gas che prima erano
disciolti nel magma.
Nei magmi sialici, a causa dell'alta viscosità, la fuoriuscita dei gas avviene
sempre in modo violento tanto che le eruzioni di questo tipo sono sempre
esplosive e distruttive.
Il magma mafico al contrario, grazie alla bassa viscosità, favorisce una
emissione gassosa sempre calma. Alcuni esempi possono essere le
eruzioni dell'Etna, o quelle delle Hawaii, alimentate da magmi basaltici, che
sono relativamente tranquille mentre quelle di vulcani come il Vesuvio
sono invece di tipo esplosivo catastrofico.
Le caratteristiche di una eruzione vulcanica hanno conseguenze anche
sulla struttura che lo stesso vulcano assume via via nel tempo. Un cono
vulcanico ben definito è infatti una prova di eruzioni di magmi mafici.
Schema dell'evoluzione dell'Etna ricostruita attraverso una serie di sezioni
geologiche riferite a vari momenti della storia di questo vulcano multiplo
Sotto una parte del "batolite" (corpo igneo intrusivo) della
Sierra Nevada, che si estende per circa 40 Km e si è
formato circa 130 milioni di anni fa.
Se guardiamo la distribuzione dei vulcani nel mondo, notiamo che questa segue un certo
ordine. La maggior parte di essi infatti si trova in corrispondenza dei contatti tra le varie
placche che formano la crosta, e in particolare lungo i margini di subduzione (dove una
placca sprofonda sotto l'altra). Alcuni invece si possono trovare lontani da questi margini
attivi, come quelli dell'arcipelago delle Hawaii, che sono associate agli hot spots ,
fessurazioni della crosta attraverso le quali il magma risale direttamente dal mantello.
In figura sotto la distribuzione dei vulcani nel mondo
La vita di questo enorme vulcano fu sconvolta nel 1980 da una gigantesca
esplosione che ha determinato la sua quasi totale distruzione.
Tutto ebbe inizio il 20 Marzo
1980, con una serie di piccoli
terremoti localizzati sotto la
montagna. La prima prova
concreta di attività vulcanica si
ebbe il 27 Marzo, quando dalla
sommità uscì una piccola quantità
di ceneri e vapori. Nelle settimane
seguenti si ebbero solo
sporadiche emissioni di piccola
intensità.
Prima dell'esplosione si pensava che il pericolo maggiore fosse rappresentato da eventuali
colate di fango prodotte dall'acqua che si sarebbe liberata a seguito della fusione del
ghiacciaio presente sulla sommità del vulcano, a causa del calore del magma.
L'unico segno che si potesse prima o poi verificare una pericolosa eruzione,
fu un rigonfiamento sul fianco settentrionale del vulcano.
Questo rigonfiamento aumentava lentamente, ma costantemente, di alcuni
metri al giorno. I vulcanologi che seguivano questa fase dell'attività del
vulcano, ritennero che un segno di eruzione imminente sarebbe stato
l'aumento sensibile della velocità di crescita del rigonfiamento; purtroppo
non si ebbe nulla del genere prima dell'esplosione, anzi nei due giorni che
precedettero l'esplosione, l'attività sismica diminuì!!
Lo scatenarsi dell'eruzione fu segnato da una scossa sismica di 5.1 Richter
le cui vibrazioni fecero franare il pendio settentrionale del cono vulcanico,
eliminando così il sovraccarico che tratteneva il sottostante magma.
Si ritiene che proprio in conseguenza della diminuzione di carico, il magma,
ricco di acqua liberatosi quasi istantaneamente come vapore dal ghiacciaio,
si sia aperto improvvisamente un varco, come farebbe il vapore in una
caldaia in pressione.
L'eruzione si aprì il varco in corrispondenza del rigonfiamento, a qualche centinaio di metri al
di sotto della cima; di conseguenza sfogò la sua violenza lateralmente e non verso l'alto,
provocando molti più danni.
Alle 8.32 del 18 Maggio 1980 una
delle maggiori eruzioni vulcaniche
verificatesi in tempi recenti nel
Nord America trasformò il
pittoresco vulcano di St. Helens,
che sorge nella parte occidentale
degli Stati Uniti, in un cratere
dall'aspetto "lunare".
Quel mattino il vulcano esplose con una violenza di un paio di centinaia di volte maggiore
di quella della bomba atomica sganciata su Hiroshima durante la seconda Guerra
Mondiale. L'esplosione ha disintegrato tutto il fianco settentrionale del vulcano, creando al
suo posto una cavità; così, quello che una volta era un vulcano alto più di 2900 m, collassò
e si abbassò di circa 450 m.
Vapori e gas fuoriuscirono con tremenda forza trascinando con se una gran quantità di
detriti e formando nubi caldissime, dette nubi ardenti, con temperature di circa 300°C in
quota e circa 800°C al suolo, che, viaggiando alla velocità di 400 Km/ora, distrussero tutto
in un'area di 400 Km quadrati. La violenza dell'esplosione è stata tale da abbattere delle
sequoie a 25 Km di distanza dal centro del vulcano.
Fortunatamente alcune precauzioni furono prese e "solo" 60 persone persero la vita. Le
colate di fango che seguirono trascinarono giù, lungo il versante per 29 Km, fino al fiume
Toutle, ceneri, alberi, e detriti saturi d'acqua riempiendo il fiume e alzandone il livello anche
di 60 m.
E' stato calcolato che l'esplosione iniziale abbia proiettato nell'atmosfera da 3 a 4 Km cubi di
ceneri e frammenti di roccia, e la nube che poco dopo si innalzò dal St Helens arrivò a
18.000 m di quota (stratosfera).
Nelle ore e giorni seguenti, questo materiale venne trasportato intorno al globo dalle forti
correnti atmosferiche che vi sono a quelle altitudini (dette correnti a getto): sensibili
spessori di ceneri si depositarono anche a più di 2500 Km di distanza dal vulcano. Al tempo
stesso le ceneri che si depositarono nelle sue immediate vicinanze formarono uno strato di
oltre 3 metri di spessore, e l'aria sopra Yakima, una cittadina a circa 130 Km di distanza,
divenne così carica di ceneri che si fece buio in pieno giorno. Per la caduta delle ceneri si
ebbero danni alle colture fino a 900 Km di distanza dal vulcano.
SERIE MAGMATICHE
Fino a non troppo tempo fa la petrografia, la scienza che studia la
genesi e l'evoluzione delle rocce, riteneva che le rocce ignee, definite
come primarie, derivassero tutte da un medesimo magma basaltico,
definito appunto primario, e interpretava le loro diversità solamente
come la conseguenza di diversi stati di solidificazione. Questa ipotesi
si basava sul fatto che il tipo di rocce ignee di gran lunga più diffuso
sulla crosta terrestre è di natura basaltica. Si arrivò solo alla fine
dell'ottocento a dimostrare l'esistenza di più magmi "primari", cioè
non modificati da successivi processi di differenziazione durante il
raffreddamento. La composizione di questi resta comunque di natura
basaltica, e la loro differenziazione si basa sulla presenza di particolari
elementi chimici dal momento che questi hanno un'importanza
decisiva sulla successiva linea di evoluzione dei magmi.
Furono così classificati diversi tipi di magmi in associazioni chiamate
"serie". L'appartenenza di un particolare magma ad una "serie " viene
comunemente fatta in petrologia attraverso lo studio delle fasi presenti e le
loro relazioni, e mediante l'analisi delle variazioni in quantità degli elementi
chimici maggiori.
Un parametro molto semplice da usare è il contenuto in silice (SiO2) che
presenta notevoli variazioni nelle diverse serie magmatiche. Il numero delle
serie è cambiato nel tempo, così come i parametri utilizzati.
Una prima grossa distinzione si effettua sulla base dell'abbondanza degli
"alcali"; questi non sono altro che gli ossidi degli elementi "alcalini", come
sodio e potassio ( Na2O, e K2O). La concentrazione di questi due ossidi
influisce drasticamente sulla natura dei futuri minerali che
costituiranno la futura roccia.