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Mente Sociale e Gruppo Sociale: come il mirroring
connette le persone
Malcolm Pines
Narrare i gruppi
Etnografia dell’interazione quotidiana
Prospettive cliniche e sociali, vol. 8, n° 2, Novembre 2013
ISSN: 2281-8960
Rivista semestrale pubblicata on-line dal 2006 - website: www.narrareigruppi.it
Titolo completo dell’articolo
Mente Sociale e Gruppo Sociale: come il mirroring connette le persone
Autore
Ente di appartenenza
Malcolm Pines
Istituto di Gruppoanalisi di Londra
To cite this article:
Pines M., (2013), Mente Sociale e Gruppo Sociale: come il mirroring sviluppa connessione tra le persone, in
Narrare i Gruppi, vol. 8, n° 2, Novembre 2013, pp. 189-199, website: www.narrareigruppi.it
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gruppi nel sociale
gruppi nel sociale
Mente Sociale e Gruppo Sociale: come il mirroring connette le persone
Malcolm Pines
Riassunto
Teoricamente all’interno di un gruppo possono verificarsi una serie infinita di scambi. Il
mirroring è una possibile forma di scambio e, oltre ad essere uno strumento di comunicazione
tra gli individui, soddisfa anche la funzione di base di sviluppare conoscenza e connessione tra
le persone. Recenti scoperte nel campo delle neuroscienze hanno dimostrato l’esistenza di
"neuroni specchio" nel sistema neurale dei primati e degli esseri umani. Questi neuroni rendono possibili gli scambi tra le persone, lo sviluppo della psiche e dei relativi processi intersoggettivi che sono condizione fondamentale per conoscere gli altri e sviluppare una sfera relazionale.
Adam Smith (1759, 1776) sostiene che la società rappresenti uno specchio per la persona e se
l’individuo ne è escluso, non ha la possibilità di conoscere se stesso. Il mirroring visivo e acustico [risonanza] è dunque responsabile delle connessioni tra le persone (nodi) nelle reti sociali.
L’enfasi di Adam Smith per l’empatia e il mirroring avvicina l’economia alla gruppoanalisi, sottolineando come le relazioni interpersonali, il rispecchiamento e la risonanza, siano fattori intrinseci di entrambe le discipline. Infatti, siamo tutte persone incomplete che cercano la propria
integrità, attraverso la conferma nello sguardo, nei gesti e nelle risposte verbali degli altri. La
teoria economica mette in rilevo altri fattori di scambio tra gli individui come il capitale sociale,
che rappresenta una fonte di benefici a disposizione di tutta la Comunità, al di là
dell’abbondanza e della scarsità di risorse fruibili. Grazie alla convergenza delle scienze economiche e sociali, il nostro patrimonio di conoscenze, il nostro capitale intellettuale e sociale sono
in continua crescita. Si dice, infatti, che per consumare capitale sociale sia necessario produrlo,
che esso non si logori con l'uso, ma piuttosto con il disuso, e che, come la fiducia, esso cresca
ed aumenti con il consumo.
Parole chiave: neuroni specchio, gruppoanalisi, capitale sociale
Social Brain and Social Group: how mirroring connects people
Abstract
A theoretically infinite range of exchanges may take place within the group. This chapter will examine mirroring as one type of exchange group. It will be shown that mirroring, besides being a tool for communication between individuals, also corresponds to the basic function of developing knowledge and connection between people. Recent findings in the field of
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the neurosciences have shown the presence of ‘mirror neurons’ in the neural system of primates and humans. These neurons make possible exchanges between people, the development
of the psyche and the inter-subjective processes that are a basic condition for knowledge acquisition from others, and for development of relational life.
Adam Smith (1759, 1776) wrote that Society is a Mirror for the person, that with ought that
mirror the person will never come to know herself. Visual mirroring and acoustic mirroring
[resonance] connect people in social networks. Persons are formed as nodes in these networks.
Smith’s emphasis on sympathy and mirroring brings economics close to group analysis, where
interpersonal relations, mirroring and resonance, are intrinsic to the enterprise translation
which Foulkes had emphasized from the start. We are all incomplete persons who seek our
wholeness, our validation from the gaze, gestures and verbal responses of others. Economic
theory emphasizes factors such as social capital the source of benefit for a community which
may be rich or scanty, available to all to benefit from. Through the convergence of these sciences, our wealth of knowledge, our intellectual and social capital is increasing. It is said of social capital that to consume it is to produce it, that social capital does not wear out with use, rather
with disuse, that like trust it grows, rather than diminishes with consumption.
Keywords: mirror neurons, group analysis, social capital
1. Microcredito e Gruppoanalisi
L’enfasi di Smith (1759, 1776) sui concetti di “simpatia” e di “mirroring” connette l’Economia alla Gruppoanalisi, ambito in cui le relazioni interpersonali, il rispecchiamento e la risonanza con l’altro, sono idee cruciali su cui si basa l’intera opera di
Foulkes1. Secondo il gruppoanalista siamo tutte persone incomplete alla ricerca della
nostra integrità e della conferma di noi stessi attraverso lo sguardo, i gesti e le risposte
verbali degli altri.
Similarmente, la teoria economica mette in luce il valore intrinseco del capitale sociale,
che, sia esso scarso o cospicuo, rappresenta una fonte di beneficio per l’intera comunità.
Un altro aspetto in comune alle due discipline è rappresentato dalla distinzione tra i
“beni posizionali” e i “beni relazionali”. I “beni relazionali” si ottengono quando le
persone entrano in relazione tra loro generando fiducia, amicizia, cooperazione, sostegno reciproco e legami sociali. Essi, a differenza di altre tipologie di beni, non si consumano con l’uso, ma aumentano attraverso l'esperienza di scambio e la cooperazione.
Questi ultimi sono in contrasto con i c.d. “beni posizionali” rappresentati dalla gerarchia, dalla scala del successo, dalla piramide o albero della cuccagna, da situazioni in
cui l’affermazione di sé è raggiunta solo attraverso la rivalità, i trionfi e i fallimenti, la
gelosia e l’invidia.
Un esempio lampante del valore economico insito nei “beni relazionali” è la Banca di
Microcredito Grameen in Bangladesh fondata da Muhammad Yunus, Professore di
Economia presso l’Università di Dhaka.
Yunus si rese conto che alla base delle condizioni di estrema povertà in cui versavano
la maggior parte delle famiglie nelle aree rurali del Bangladesh, vi era l’impossibilità di
accedere al credito. I contadini locali, esclusi dai tradizionali circuiti bancari, si rivolgeSiegfried Heinrich Foulkes (1898-1976) è stato il fondatore della Gruppoanalisi, una forma specifica di
terapia di gruppo, e della Group Analytic Society, London, che vanta una membership internazionale con
diversi Paesi nel mondo.
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vano ai moneylenders dei villaggi i cui tassi di interesse penalizzanti contribuivano ad
acuire la loro condizione di povertà.
Il dispositivo del microcredito prevede la possibilità di prestare piccole quantità di denaro sufficienti ad acquistare sementi per le colture, macchine per la tessitura e altre
semplici necessità, offrendo ai contadini l’opportunità di spezzare il circolo vizioso
della povertà.
L’aspetto più rivoluzionario dell’esperienza di Yunus consiste nell’aver scelto di adottare il gruppo dei pari come strumento di base del modello; i programmi di microcredito non si rivolgono semplicemente al singolo individuo, ma ad un intero gruppo di
persone al fine di sfruttare tutte le forze dinamiche e relazionali che lo caratterizzano.
I “beni relazionali” rappresentano lo strumento necessario per sviluppare una tecnologia sociale così evoluta e tesa ad assicurare il pieno sviluppo degli individui e della
comunità a cui appartengono.
I paragrafi seguenti tenteranno di dimostrare come l’essere umano sia strettamente
connesso all’ambiente sociale a cui appartiene e come, grazie alle connessioni sociali e
alle relazioni con gli altri, sia stato in grado di superare il golfo solipsistico assicurando
la sopravvivenza e l’evoluzione dell’intera specie.
2. Il Cervello Sociale
Siamo animali sociali incorporati in reti di relazioni senza le quali non possiamo
sopravvivere. Gli esseri umani hanno una maggiore capacità, rispetto a tutti gli animali,
di creare e controllare il loro ambiente, la loro “porzione” di natura. Gli esseri umani
sono animali colti che hanno la capacità cerebrale di sviluppare comunità culturali.
Scrivendo a proposito delle origini evolutive del nostro cervello sociale, Merlin Donald (1991), ricercatore influente e scrittore afferma che:
“Gli esseri umani sono entità culturali. Condividiamo la mente. Costruiamo collettività cognitive
chiamate culture simboliche. Se cresciamo in condizioni di isolamento dalla collettività sviluppiamo
una mente con capacità simboliche limitate. La mente degli esseri umani culturalmente isolati non è
molto diversa da quella dei loro antenati antropoidi. Tuttavia, se incorporati nella rete culturale sin
dalla nascita, gli esseri umani sviluppano qualcosa di unico nel mondo biologico; simboleggiano intelletti vincolati ad una comunità di menti”, (Donald, 1991: 215).
Il suo libro “Origins of the Modern Mind” ha rappresentato, e tuttora rappresenta, un importante stimolo alla riflessione sull’evoluzione del cervello sociale umano. Donald ribadisce il fatto che la cultura sia di fondamentale importanza nella formazione del cervello e della mente sociale. La nostra mente umana si è evoluta passando attraverso tre
grandi adattamenti che hanno contribuito a modificare i sistemi di rappresentazione
responsabili delle nostre capacità di simbolizzazione.
La prima progressione è costituita dal passaggio dalla comunicazione tra primati allo sviluppo di strutture gestuali, linguistiche e di pensiero più complesse. In questa prima
fase di “mimica” della comunicazione gestuale, la cooperazione e il coordinamento
delle azioni sociali sono state al centro delle strategie di sopravvivenza della specie. Le
culture mimetiche consentono alle persone di creare strutture di gruppo con ruoli e
norme sociali che permettono alla conoscenza di essere trasmessa, distribuita, riconosciuta e condivisa.
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La seconda progressione è costituita dal passaggio da culture mimetiche a culture mitiche.
La trasmissione di conoscenza collettiva relativa alla sopravvivenza della specie umana
si realizza attraverso un vasto patrimonio culturale costituito da tradizione orale, arte
totemica, canzone mimetica, danza e rituali. Il linguaggio assume la forma di una narrazione e l'arte simbolica fa la sua apparizione.
Grazie a questa fase gli esseri umani ora sono in grado di coniugare l’arte simbolica
sintetizzata e il linguaggio simbolico. Emerge pertanto la scrittura, che consente alla
memoria storica di essere trattenuta in sistemi di immagazzinamento esterni; la conoscenza può essere così recuperata e criticamente esaminata consentendo lo sviluppo di
una cultura teorica.
L’evoluzione sociale e culturale degli esseri umani attraverso questi stadi, si rispecchia
ugualmente nel processo di encefalizzazione, ossia del progressivo sviluppo delle dimensioni del cervello. Le strutture cerebrali si modificano grazie all’adozione di comportamenti sociali come il rafforzamento delle relazioni familiari e dell’apprendimento
sociale.
La biologia e la tecnologia moderna rappresentano il terzo passaggio di questo unico continuum
evolutivo.
In studi recenti Merlin Donald afferma che:
“[…] la diffusione di conoscenza, l’estensione delle reti che coinvolgono altre menti, e la connessione
tra di esse, si concretizzano attraverso l’utilizzo della tecnologia. L’intero mondo del web rappresenta
l'ultima di queste fasi evolutive di encefalizzazione, la più piccola e la più lenta. Grazie ad essa la
mente umana si ingrandisce e diventa più potente per mezzo della sua capacità di connessione alle reti
di comunità”, (Donald, 1991: 215).
Donald non si riferisce espressamente agli studi di Norbert Elias (1987) sulle “reti di
dipendenza”, ma esprime idee analoghe sostenendo che per noi esseri umani è difficile
accettare il bisogno di dipendenza: la nostra grande “illusione di individualismo” è definita dalla nostra esigenza di ricoprire ruoli fissi all’interno di una specifica rete di comunità. Noi guadagniamo uno status intellettuale solo quando siamo connessi e vincolati ad una mente di comunità.
Il lavoro di Dunbar (1998) consiste, invece, nel collegare le dimensioni del cervello e la
capacità dell’uomo di vivere in grandi gruppi complessi. Egli utilizza il volume della
neocorteccia come misura della dimensione del cervello, perché essa testimonia
l’evoluzione del cervello nei primati. La misura della complessità sociale del gruppo di
appartenenza correla positivamente con il volume della neocorteccia. Le dimensioni
della neo-corteccia impongono un limite massimo al numero di relazioni che i singoli
primati sono in grado di sostenere nel loro modello mentale di mondo sociale.
Mentre Byrne e Whiten (1988) hanno presentato un modello teorico di insolita complessità, l’ipotesi dell’Intelligenza Machiavellica, che individua l'inganno tattico e la
formazione di coalizioni come elementi di base del mondo sociale dei primati; successivamente è stata ribattezzata “Ipotesi del cervello sociale” per evitare assonanze a
macchinazioni di tipo politico.
L’ipotesi dell’intelligenza machiavellica (Byrne & Whiten, 1988; Whiten, 1999b; Whiten & Byrne, 1997) o del cervello sociale (Dunbar, 1998, Dunbar et al. 2007) afferma
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che l’intelligenza dei primati, e quindi anche quella degli uomini, si sia evoluta principalmente per gestire problemi sociali complessi e non, come afferma l’alternativa ipotesi ecologica, per risolvere questioni pratiche come trovare il cibo o utilizzare utensili.
Secondo l’ipotesi dell’intelligenza machiavellica gli esseri umani hanno sviluppato una
sorta di specializzazione per le informazioni a contenuto sociale e in virtù di questo, le
persone prestano attenzione, ricordano e, tendenzialmente, trasmettono di più e con
migliore accuratezza i dettagli informativi che hanno una componente sociale.
Dunbar (2007) suggerisce che la narrazione e la religione sono entrambe conseguenze
dello sviluppo delle abilità di cognizione sociale: esse ci richiedono la capacità di immaginare mondi virtuali, che non hanno un contesto esperienziale immediato, ed impongono agli altri, a cui chiediamo di condividerli, di seguirci in questo viaggio. La capacità di operare in un mondo irreale e di immaginare l’esistenza di un altro universo,
richiede un’abilità cognitiva particolare, possibile solo per gli animali che hanno sviluppato un’ampia area neocorticale, come le grandi scimmie e gli esseri umani.
Leslie Brother (1997) psichiatra, neuro-scienziata e psicoanalista, cita l’immaginario
personaggio di Robinson Crusoe di Defoe che visse in isolamento per venticinque anni fino al momento in cui scoprì le impronte di un altro essere umano. Queste tracce
lo condussero alla conoscenza del nativo soprannominato dal protagonista Venerdì,
giorno in cui avvenne l’incontro. Brother utilizza Robinson Crusoe come una metafora delle ipotesi biologiche formulate nel 18° secolo sugli effetti dell’isolamento sociale
sulla mente umana. La Brother sottolinea che la cultura nasce da una rete di significati
intrecciata dall’interattività dei cervelli umani. I cervelli lavorano congiuntamente per
creare cultura e le conversazioni umane rappresentano una chiave per la mente stessa.
In questa direzione il cervello dei primati si è evoluto inviando e ricevendo gesti facciali, che successivamente hanno portato alla formulazione del “discorso”. E così lo
scambio di espressioni diviene una performance creata congiuntamente la cui natura è
essenzialmente pubblica. Il concetto di “persona” non ha significato in sé se non messa in riferimento ad una “rete di persone”.
Cozolino (2006) definisce “sinapsi sociale” quel particolare spazio interpersonale che
deve essere colmato e che ci connette con la società, con le famiglie, con la collettività. L'esperienza sensoriale della comunicazione sociale, profondamente intrecciata alla
nostra identità, aiuta a regolare il nostro equilibrio fisiologico ed emotivo. L'ambiente
sociale influenza i sensori neuronali e ormonali che regolano il nostro corpo e il nostro
comportamento, ed essi, a loro volta, creano cambiamenti nel nostro cervello sociale
che influenzano i processi neurali e ormonali.
La UCLA Loneliness Scale ci offre una misurazione del senso di interconnessione o l'isolamento di una persona. Una ricerca realizzata su soggetti giovani e anziani ha dimostrato che i più solitari avevano vissuto un maggior numero di situazioni stressanti
nella loro vita. Le conseguenze del loro comportamento di “auto-conservazione” nel
corso del tempo avevano evidentemente portato a problemi interpersonali e sociali
significativamente maggiori rispetto a quelli che avevano indicato maggiori connessioni sociali e maggior benessere psicologico. Le condizioni di stress cronico possono portare a vari tipi di danni fisiologici dimostrati dalla presenza di alti livelli di cortisolo.
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Cozolino scrive: “Il cervello è un organo di adattamento che costruisce le sue strutture attraverso
l'interazione con gli altri. Non esistono singoli cervelli, esistono solo menti sociali”, (Cozolino,
2006: 447).
L'esperienza recente lascia tracce che modificano ciò che già esisteva in precedenza.
Le connessioni tra i neuroni sono definitivamente modificate dalle esperienze più vicine, pertanto il cervello deve essere necessariamente pensato come un organo altamente dinamico, in relazione permanente con l'ambiente e con le condizioni psichiche e
fisiche del soggetto. Il cervello non può più essere concepito come un organo fisso,
determinato e definitivo. La plasticità cerebrale, ovvero la capacità dell'encefalo di
modificare la propria struttura e la propria funzionalità a seconda della attività dei
propri neuroni, dimostra che la rete neuronale rimane aperta al cambiamento, alla contingenza, e che può essere modificata da eventi e da potenziali esperienze che possono
alterare la condizione precedente. La dinamicità, che ci consente di attraversare le fasi
della vita e fronteggiare i cambiamenti, è elemento di rinforzo agli effetti della psicoterapia, poiché offre una via d'uscita dalla ripetizione di modelli fissi: una biologia della
libertà.
3. Colmare il Golfo solipsistico
Gli esseri umani hanno imparato ad utilizzare meccanismi chimici (ossitocina,
vasopressina, endorfine, ecc.) per manipolare il proprio e l’altrui comportamento al
fine di costruire canali di comunicazione necessari al superamento del maggiore ostacolo alla creazione di società di persone: il “Golfo solipsistico” .
Attività come la musica, la danza e lo sport forniscono le tecniche archetipiche. I neuroni sono stati progettati dall'evoluzione biologica, per funzionare in coppia, in famiglia, nelle tribù, e, dalla evoluzione culturale, per lavorare nelle città, nelle nazioni e negli imperi.
Grazie a tali proprietà biologiche i cervelli si uniscono intenzionalmente per cooperare
insieme. L'intenzionalità è un tema centrale nella tesi di Freeman (1995), secondo cui,
essa rappresenta un processo cognitivo del cervello in azione dotato di molteplici abilità: come l’unità, la totalità e l’intenzione:
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la struttura intenzionale è un cervello vivente che ha la capacità di attualizzare queste
abilità con un comportamento intenzionale.
l’unità si riferisce ad uno stato di integrazione in cui è possibile distinguere il sé dal
non sé. Questa abilità caratterizza batteri, neuroni, cervello e sistema immunitario
degli animali multicellulari.
totalità si riferisce ad un processo di connessione attraverso cui il sé attualizza le
sue diverse forme di maturazione sino alla morte. Questa abilità caratterizza piante, animali, cervelli e corpi.
l’intento si riferisce ad una relazione in cui l'io si modifica in conformità con gli aspetti del non-io (l’altro).
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Freeman sostiene che la struttura stessa del cervello, il neuropil, è una dimostrazione
dell’esistenza di tale intenzionalità: esso, infatti, è costituito da cellule nervose, assoni,
e dendriti che sono costantemente alla ricerca di comunicazione tra un cervello e un
altro in una sorta di tensione intenzionale. Analogamente Piaget dimostra che i bambini imparano a conoscere il mondo usando i loro corpi per esplorarlo e tendendosi
verso di esso.
A tal proposito, Merleau-Ponty (1945) mostra che le attività mentali umane si modellano adattando i movimenti corporei verso obiettivi biologici nelle attività di ogni
giorno: “[…] percepire significa rendere se stessi presenti a qualcosa o qualcuno attraverso il corpo”,
(Merleau-Ponty, 1945: 158).
Merleau-Ponty descrive l'arco intenzionale come uno sforzo teso ad ottenere la massima
presa e il maggiore effetto.
“La vita della coscienza – vita conoscente, vita del desiderio, o vita percettiva – è sottesa da un «arco
intenzionale» che proietta attorno a noi il nostro passato, il nostro avvenire, il nostro ambiente umano,
la nostra condizione fisica, la nostra condizione ideologica, la nostra condizione morale, consentendo a
noi di situarci sotto a tutti questi rapporti”, (Merleau-Ponty, 1945: 158-191)
L’arco intenzionale si adatta ad un oggetto (ad esempio un nuovo utensile) e impara
tramite esso a modellare il corpo e a rimodellare o riposizionare l'oggetto. E per questo siamo mossi all’azione dal disequilibrio tra il sé e il mondo.
Freeman (2001) scrive che ognuno di noi è potenzialmente una fonte di significato,
una sorta di molla per l’innesco di nuove costruzioni all'interno dei nostri cervelli e dei
nostri corpi, purché venga preservato dall’isolamento.
Le nostre azioni intenzionali dunque fluiscono continuamente nell’ambiente, cambiando il mondo e il rapporto tra i nostri corpi ed esso.
4. Neuroni sociali.
Presso l’Università di Parma ha avuto origine una delle più note scuole di Neuroscienze, guidata dal Professor Giacomo Rizzolatti. Nel 1992 Rizzolatti e colleghi sono stati i primi a isolare ed identificare i “neuroni specchio”, individuando la loro presenza inizialmente nell’area di Broca dei primati. Questi neuroni polivalenti si attivano
quando l'animale esegue un gesto motorio significativo come afferrare o strappare
qualcosa.
Lo stesso gruppo di neuroni si attiva nello spettatore che assiste all’esecuzione di tali
movimenti messi in atto dai propri simili. Pertanto il meccanismo dei neuroni specchio, che è sia uditivo sia visivo, è stato interpretato come il substrato neurologico adibito al riconoscimento delle intenzioni degli altri: il percorso neurologico
dell’intersoggettività, del superamento del gap solipsistico, della capacità dell’individuo
di superare l’isolamento della propria mente. A conferma di tale interpretazione convergono i risultati recenti che segnalano una carenza/disfunzione dei neuroni specchio
nei bambini autistici.
La disciplina delle Neuroscienze dispone attualmente delle tecniche necessarie per registrare e monitorare l’attività delle aree cerebrali deputate al processamento di simpatia, empatia, fiducia e sfiducia.
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Nelle aree del cervello tradizionalmente associate alle emozioni sono stati individuati i
singoli neuroni responsabili del “modulo sociale” ovvero il meccanismo cerebrale che
si è evoluto per rispondere a gesti significativi ed espressioni altrui.
In questo modo il cervello dei primati si è evoluto in un sistema specializzato per la
produzione di un comportamento mutualmente disciplinato in ambienti sociali complessi. Così i gesti degli altri sono inclusi nelle aree cerebrali che rimandano ad un collegamento alla risposta sociale appropriata. Da questo processo ne deriva la costruzione spontanea di una sorta di "alfabeto sociale". Ciò induce a pensare che il processo di
evoluzione del cervello sia avvenuto in un ambiente altamente sociale, e la percezione
della mente di altri esseri umani abbia sviluppato la capacità di riconoscersi reciprocamente all’interno di un ordine sociale condiviso.
5. I neuroni specchio come base per la cooperazione e la fiducia
Il biologo Patrick Bateson (1998), scrivendo sull'evoluzione biologica della cooperazione e della fiducia, ha suggerito che i segnali predittori delle azioni altrui e
l’attivazione dei meccanismi per fornire una risposta appropriata, sarebbero diventati
reciprocamente vantaggiosi per la specie rafforzando la coerenza di un comportamento funzionale altamente cooperativo.
Il mantenimento di sistemi sociali che promuovono la rapida interpretazione delle azioni altrui avrebbe dunque acquistato sempre più importanza. Allo stesso modo l'aumento della sensibilità e della consapevolezza di sé è diventato elemento di vantaggio
nello sviluppo di una cooperazione funzionale.
Sappiamo, infatti, che la sopravvivenza di un gruppo dipende dalla capacità di emissione e ricezione di segnali che favoriscono la cooperazione; la quale garantisce il potenziamento di caratteristiche adattative per la sopravvivenza ed è la base per lo sviluppo di sentimenti di fiducia.
Nel regno animale, solo nei primati si è evoluta l'intelligenza necessaria a riconoscere
la propria immagine riflessa in uno specchio (auto-riconoscimento). L’abilità di riconoscersi e di riconoscere potrebbe fondare la sua base biologica sulla presenza dei
neuroni specchio, che consentono il riconoscimento delle azioni di un altro membro
della stessa specie.
La personale capacità di mirroring (rispecchiamento) deriva dalle azioni degli altri, dalla loro empatia e dalla loro sensibilità contribuendo in modo importante allo sviluppo
del senso del sé, componente necessaria a veicolare il senso di solidarietà, di unicità,
che sono alla base di un' inter-soggettività relazionale (Ciaramicoli, 2000).
Come Bachtin (1993) e numerosi psicologi e filosofi hanno sottolineato, l' umana consapevolezza di sé si sviluppa grazie all’alterità; attraverso le relazioni con gli altri guadagniamo noi stessi e l’altro risiede sempre nel profondo di noi intimamente e inconsciamente.
Nei gruppi gruppoanalitici, è attraverso il rispecchiamento e la risonanza che l'alterità
presente in noi stessi può diventare cosciente, ed essa è la condizione essenziale per
l'integrazione del sé, a cominciare da un lento processo di scambio, di sviluppo personale attraverso l'interazione soggettiva (Brown, 2000).
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gruppi nel sociale
Brown ci ha mostrato 3 fasi del processo di sviluppo personale nel corso di un’ analisi
di gruppo:
(i) una piena scoperta del sé nel mondo, (ii) che permette di scoprire la differenza tra
le vecchie relazioni oggettuali interne e quelle nuove, e crescendo, (iii) ci consente di
imparare a sintonizzarci con l'esperienza di altre persone, così come con la nostra.
Così possiamo dire di entrare in risonanza con il nostro mondo interno e d esterno. La
risonanza è una forma di rispecchiamento acustico, Foulkes la descrive come risposte
individuali che i membri del gruppo danno per condividere degli eventi, ciascuno in
base al proprio livello di sintonia con il sentimento predominante nel gruppo. La presenza di neuroni specchio acustici oltre che visivi è stata individuata all’interno della
struttura neurologica che generalmente attiva un processo di risposta ai suoni e, di
conseguenza, alle parole degli altri.
A livello psicodinamico, possiamo osservare risposte di rispecchiamento e risonanza, e
di mancanza di rispecchiamento e risonanza nei partecipanti dei piccoli gruppi.
La mancanza di risonanza si manifesta nel gruppo come l'incapacità di prendere parte
a uno scambio e ad un dialogo. Ciò può essere osservato in pazienti per cui il linguaggio delle emozioni è una lingua aliena come i pazienti borderline, i pazienti psicosomatici e i pazienti con deficit emotivi. Per un gruppoanalista è affascinante assistere a
progressi graduali che possono verificarsi nei pazienti con incapacità di ascoltare e di
farsi ascoltare, essi si manifestano con lo svilupparsi di un linguaggio che consente di
cogliere sottili stati emotivi e di entrare in sintonia con la vita emotiva di altri.
Nel gruppo gruppoanalitico privo di risonanza e di rispecchiamento non è raro assistere all’ingresso o al rientro dei pazienti in un mondo inter-soggettivo.
Russell Mears (2000) ha descritto la non-risonanza come un processo che subentra se
il bambino non è in grado di sviluppare un senso di interiorità. Ciò deriva da una
mancata corrispondenza tra sentimenti interiori e risposte esterne. Quando le protoconversazioni e gli altri processi di condivisione, di sintonia e di sensibilità emotiva,
sono stati “sufficientemente buoni”, il senso di stima interiore diventa parte del nucleo
stesso. E si realizza una conversazione intima tra domande e risposte delle parti del sé
che consente di mantenere un senso di adattamento con il mondo.
“Il piacere generato dal senso di stima deriva da un’armonia, o risonanza, tra stati interiori e mondo
esterno. Questo tipo di relazione, che è più di una semplice congruenza, è condizione essenziale per
uno sviluppo soddisfacente”, (Mears, 2000: 68).
Quando le risposte degli altri risuonano con ciò che viene percepito e sentito dalla nostra esperienza personale, sopraggiunge una sensazione di benessere, un senso del valore che si sviluppa quando ci sentiamo compresi e quindi valorizzati.
Questo scambio rappresenta lo strumento di base, responsabile dei progressi
dell’analisi di gruppo costituita da persone che risuonano le une con le altre, e i cui
processi interni siano resi visibili e udibili attraverso i fenomeni di rispecchiamento e
di risonanza.
In conclusione la rassegna di questi studi ci ha consentito di identificare i tre fattori
responsabili del potere terapeutico del gruppo: la neuro- dinamica, la psicodinamica e
la teoria economica.
Per finire direi che gli approfondimenti sull’intreccio e lo scambio tra la scuola di Rizzolatti, la scuola di Foulkes, e la scuola di Adam Smith possono arricchire ulteriormente il nostro patrimonio di conoscenze e il nostro capitale intellettuale e sociale.
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Bibliografia
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www.narrareigruppi.it – Etnografia dell’interazione quotidiana. Prospettive cliniche e sociali, vol. 8, n° 2, Novembre 2013