DIRITTO CIVILE Prof. GIOVANNI FURGIUELE Lezioni a cura della
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DIRITTO CIVILE Prof. GIOVANNI FURGIUELE Lezioni a cura della
DIRITTOCIVILE Prof.GIOVANNIFURGIUELE LezioniacuradellaDott.ssaGiuliaTesi (Continua:CAPITOLO2–LADESTINAZIONE) 3.1.Considerazionisulcontenutodell’articolo2645terdelcodicecivile……..pag.107 4.Ifondicomunid’investimento………………………………………………………………..pag.113 5.Lagiurisprudenzainmateriadidestinazione………………………………………….pag.115 5.1. Destinazione del padre di famiglia: analisi della sentenza della Cassazione n. 13534del2011…………………………………………………………………………………………pag.115 5.2. Il fondo patrimoniale e la concezione dei bisogni della famiglia: Tribunale di Lecce24agosto2012………………………………………………………………………………...pag.119 5.3.L’interpretazionegiurisprudenzialedell’attodidestinazione……………….pag.127 5.4. La soggettività dei fondi comuni di investimento: analisi della sentenza della Cassazionen.16605del2010……………………………………………………………………pag.136 CAPITOLO3 LAFIDUCIA 1.Ilnegoziofiduciario……………………………………………………………………………….pag.144 106 (Continua:CAPITOLO2–LADESTINAZIONE). 3.1. Considerazioni sul contenuto dell’articolo 2645 ter del codicecivile. Come già visto nel paragrafo precedente l’articolo 2645 ter c.c. sanziona l’esistenza del cosiddetto atto di destinazione. La norma poneunaseriediproblemicontenutistici. Riproponiamo,quindi,ilcontenutodell’articolo2645ter,ilqualecosì Art.2645terc.c. recita: “Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscrittiinpubbliciregistrisonodestinati,perunperiodononsuperiorea novantaannioperladuratadellavitadellapersonafisicabeneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascrittialfinedirendereopponibileaiterziilvincolodidestinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasiinteressatoanchedurantelavitadelconferentestesso.Ibeni conferitieilorofruttipossonoessereimpiegatisoloperlarealizzazione delfinedidestinazioneepossonocostituireoggettodiesecuzione,salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contrattipertalescopo”. Inprimoluogo,siponeunproblemaperquantoconcernegliinteressi chedevonoessereperseguiticonl’attodidestinazione.Essipossono essere, innanzitutto, propri di “persone con disabilità” – in tal caso l’atto è volto a soddisfare le esigenze, di vita o di attività, che sono proprie della persona disabile – od interessi propri di “pubbliche amministrazioni”. Nella lettera dell’articolo c’è, poi, un’apertura, per così dire, Art.1322/2c.c. generalizzata; si dice, infatti, che l’atto di destinazione può essere 107 finalizzato,anche,allarealizzazionediinteressimeritevolidituteladi “entiopersonefisicheaisensidell’articolo1322,secondocomma”. Abbiamo già avuto modo di sottolineare la vaghezza della formula adottata dall’articolo 1322/2 c.c. e, nonostante i vari tentativi interpretativi che sono stati fatti nel corso degli anni, ancora non è chiaro cosa il legislatore, effettivamente, intenda con la dicitura “interessimeritevoliditutelasecondol’ordinamentogiuridico”. Pertanto, il riferimento, contenuto nell’ambito dell’articolo 2645 ter c.c.,all’interessedicuiall’articolo1322/2c.c.,accordaunapossibilità di selezione all’interprete senza, però, dire cosa ammettere e cosa, viceversa,escludere. È evidente che il legislatore dando, nell’articolo 2645 ter c.c., una rilevanza all’interesse privato amplia le cose in maniera, sotto certi aspetti, preoccupante rendendo l’atto di destinazione estensibile a svariateipotesi. Cerchiamo, adesso, di chiarire meglio la natura dell’atto di destinazione.Essoèunattounilaterale.Puòessereuntestamento? Per quanto concerne la possibilità di stipulare il testamento sotto Lanaturagiuridica dell’attodi destinazione forma di atto di destinazione, si pongono dei problemi di forma rilevanteaifinidellatrascrizione.Comesisailtestamento,cometale, non può essere trascritto quindi siamo di fronte ad un problema aperto rispetto al quale verrà, nel proseguo della trattazione, analizzata una sentenza che esclude la possibilità di procedere alla costituzionediunvincolodidestinazioneattraversountestamento. È possibile chiedersi se sia possibile la stipulazione dell’atto di destinazioneinformabilateraleattraverso,peresempio,unaccordo Possibilitàdi accordobilaterale fraconferenteebeneficiario. Talepossibilità,anchesenondeveesseretotalmenteesclusa,suscita delle perplessità. È difficile che nell’ambito della materia della 108 destinazione si possa parlare di contratto in senso stretto in quanto l’intesacontrattuale,cherisultadall’articolo1321delc.c.,nonèfacile chesirealizziconfinalitàdidestinazione. Nella materia dell’atto di destinazione si può, tutt’al più, avere un meccanismodicaratterecontrattuale,intesoinsensolato,fratitolare del bene e beneficiario dell’atto di destinazione; ciò, in quanto la destinazioneimplical’eserciziodifacoltàcheappartengonoallasfera giuridica del conferente – titolare del bene e non di facoltà che appartengoallasferagiuridicadelbeneficiariodell’atto. Abbiamo detto nel paragrafo precedente che l’articolo 2645 ter c.c. prescrive, per l’atto di destinazione, la forma pubblica. Vediamo, Mancanzadella formapubblica adesso, quali sono le conseguenze giuridiche in caso di atto di destinazionenonredattoinformapubblica.Nell’ambitodiun’ipotesi di questo genere sicuramente non si ha la trascrizione; non si dà luogoaciòdacuiscaturiscelapossibilitàditrascrivere. Aldilàdelmeccanismodellatrascrizione,però,occorredomandarsi come, la mancanza dell’atto pubblico, incide sul meccanismo della destinazione. Si può parlare, in tal caso, di un atto di destinazione efficace? Non avendo la trascrizione, evidentemente, non si realizza ciò che è previsto nella parte finale dell’articolo 2645 ter del codice civile.Si può parlare di un qualcosa che, comunque, realizza il rapporto che intercorre fra proprietario del singolo bene e beneficiario? Può il beneficiario trarne l’esistenza di un suo diritto di godimento sullo specificobene? L’atto pubblico è un requisito di validità dell’atto, oppure, è un requisito richiesto solo ai fini della trascrizione?L’articolo 2645 ter c.c. tace in ordine a questo problema.Se la forma pubblica viene considerata solo requisito utile ai fini della trascrizione, l’atto di 109 destinazione comunque esiste purché sussista quel minimo che è necessario,afiniformali,perl’esistenzadell’atto(purchésussistaciò cheèprevistodall’articolo1350c.c.inmateriadiformascritta).Pur in mancanza di forma pubblica, l’esistenza dell’atto di destinazione (non trascrivibile) implica la sussistenza di un interesse giuridico finalizzatoincapoalterzobeneficiario,inquantoesso,perrealizzare un suo interesse, non ha bisogno della trascrizione che, viceversa, esplica i suoi effetti nell’ambito dei rapporti tra conferente e terzi creditori. Altro problema, che in parte abbiamo già accennato, riguarda la possibilitàdistipulareunattodidestinazioneaventeadoggettobeni mobili.Sullabasedeirequisitigeneraliquando,intalcaso,sihal’atto Attodi destinazione aventeadoggetto benimobili didestinazione?Sesipuòparlarediattodidestinazione,nonsoltanto per i beni immobili o mobili registrati, ma, anche, in riferimento ai beni mobili, naturalmente, per quest’ultimi per il perfezionamento dell’atto non è necessaria la forma scritta e può darsi luogo alla destinazione a favore del terzo beneficiario con un atto redatto in qualunqueforma. Daquantodettofinora,emerge,conchiarezza,chel’articolo2645ter c.c.è,nellasostanza,unsaltonelvuoto. Tale norma, infatti, rispetto all’atto di destinazione, esaurisce solamente il problema della trascrizione e non si preoccupa di risolverelequestionirelativeallasostanzadell’attodidestinazione. Altra questione riguarda l’eventuale mancanza della trascrizione. Evidentementese,nell’ambitodiquestaipotesi,mancalatrascrizione vienemenolapossibilitàdirealizzazionediquegliinteressispecifici proprideicreditori. Veniamo,ora,adesaminareilrapportochesussistefral’articolo2645 terel’articolo2740delcodicecivile. 110 L’articolo 2740 – “Responsabilità patrimoniale” – così recita: “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi benipresentiefuturi. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabilitidallalegge”. L’articolo 2645 ter c.c. rientra, evidentemente, fra le ipotesi eccezionali dell’articolo 2740/2 c.c. in cui la responsabilità patrimoniale in senso pieno, prevista, dal primo comma dello stesso articolo,vieneridotta. L’atto di destinazione è, nella sostanza, un’ipotesi eccezionale di carattereriduttivodelprofiloattinenteallaresponsabilità. Passiamoaconsiderarequalisono,aldilàdeiproblemisopraesposti, effettidell’attodidestinazionetrascritto. Sono effetti di carattere obbligatorio o sono effetti di carattere reale?Perquantoconcernel’attodidestinazione,ilterzobeneficiario halapossibilitàdigodere,anchedirettamente,dicertibenie,laddove non abbia tale possibilità, il conferente dovrà porre in essere una controprestazione. Si tratta, quindi, di una situazione destinata a reagire a vantaggio del terzo avendo riguardo, anche, alla posizione deicreditori. Pertanto,aldilàdidistinzionecategoricafraleduesuddettetipologie dieffetti,l’attodidestinazionepuòprodurre,inunacertamisura,sia effettirealisiaeffettiobbligatori. Continuando a parlare degli effetti dell’atto di destinazione è interessante chiedersi se esso possa essere, o meno, suscettibile di revocadapartedicoluicheloabbiapostoinessere. Come risulta dall’articolo 2645 ter c.c. la destinazione di beni può avvenire per un determinato periodo il quale non può essere Revocaattodi destinazione “superioreanovantaannioperladuratadellavitadellapersonafisica 111 beneficiaria”.E’possibileche,duranteilsuddettoperiodo,ilsoggetto che ha posto in essere l’atto di destinazione proceda alla revoca di esso. Larispostaatalequesitononpuòessereinrealtàunivocanelsenso che, per poter rispondere in senso affermativo o negativo, bisogna stabilire quale è la situazione generale che nel caso concreto scaturiscedall’attodidestinazione. E’ammissibilelarevocadell’attodidestinazionesemprecheessanon produca determinati effetti pregiudizievoli per soggetti terzi. In sostanza,èammissibilelarevocadell’attodidestinazionepurchéessa noncomportidanniperiterzi. Pertanto, se nello specifico caso, un atto di destinazione produca effetti a vantaggio di un terzo, non risulterebbe corretto ammettere cheilsoggettochehapostoinesserel’attodidestinazionesialibero direvocarlo. Sempre a proposito degli effetti dell’atto di destinazione è bene precisare che, accanto agli effetti reali, possono scaturire, da esso, anchedeterminatieffettiobbligatori. Infine, è necessario ricordare che per quanto riguarda la tutela dei creditori del soggetto che realizza un atto di destinazione l’ordinamento prevede che essi possano ricorrere a taluni mezzi di tutelatracui,peresempio,l’azionerevocatoria. 112 4.Ifondicomunidiinvestimento. L’argomentocheandremoatrattarediseguitodeveessere,inprimo Premessa luogo, collocato nell’ambito di una serie di altri fenomeni che caratterizzano attività di carattere speculativo, o per meglio dire, di investimento. Il fenomeno è particolarmente ampio con la conseguente necessaria analisidiunapluralitàdiistituti(peresempio,tuttalacategoriadegli investimentiimmobiliari,ilmontetitoli).Generalmente,talifenomeni rientrano,percosìdire,nell’ambitodicompetenzadelcommercialista ma, in certi casi, essi possono porre dei problemi che suscitano l’attenzione del privatista. Vedremo nella sentenza che verrà analizzatanelparagrafosuccessivocome,inrealtà,ifondicomunidi investimento pongono, per esempio, tutta una serie di problemi concettuali, nuovi rispetto al passato, che necessitano di una riflessioneditipogiuridico. L’argomento dei fondi comuni di investimento meriterebbe una trattazionepiùampiarispettoaquellacheverrà,diseguito,proposta. Inquestasede,infatti,cilimiteremoaproporredelleosservazionidi carattere generale sui fondi comuni di investimento senza, però, analizzare la molteplicità di profili ed aspetti che caratterizzano tale figura. A tal proposito, occorre considerare il contenuto dell’articolo 36 del Articolo36T.U.F. T.U.F. (“Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”) – “Fondi comuni di investimento – il quale, al primo comma,stabiliscecheilfondocomunediinvestimento“ègestitodalla società di gestione del risparmio che lo ha istituito o dalla società di gestione subentrata nella gestione, in conformità alla legge e al regolamento”. 113 Al quarto comma del medesimo articolo si aggiunge: “Ciascun fondo comune di investimento, o ciascun comparto di uno stesso fondo, costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimoniodellasocietàdigestionedelrisparmioedaquellodiciascun partecipante,nonchédaognialtropatrimoniogestitodallamedesima società;delleobbligazionicontrattepercontodelfondo,laSgrrisponde esclusivamente con il patrimonio del fondo medesimo. Su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori della società di gestione del risparmio o nell'interesse della stessa, né quelle dei creditori del depositario o del sub depositario o nell'interesse degli stessi. Le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse soltanto sulle quote di partecipazione dei medesimi. La società di gestione del risparmio non può in alcun caso utilizzare, nell'interesse propriooditerzi,ibenidipertinenzadeifondigestiti”. Pertanto,ilfondocomunediinvestimentorilevagiuridicamentesulla base del riferimento alla destinazione e costituisce, quindi, un patrimonio autonomo, nel senso che è differenziato rispetto al patrimonio dei soggetti partecipanti al fondo ed al patrimonio della societàdigestione. I fondi comuni di investimento rappresentano, nella sostanza, una modalità specifica di destinazione che deriva dall’investimento realizzato dai soggetti partecipanti , con la conseguenza che, come abbiamo detto sopra, il patrimonio autonomo del fondo costituisce un’entità a sé stante. L’utilizzazione di tale massa patrimoniale è finalizzataadinterventinelsettoredellagestionedelrisparmio. Pertanto,lamateriadeifondicomunidiinvestimento,perquelcheci interessa in questa sede, rientra nell’ambito del fenomeno della destinazione:lamassapatrimoniale,nonrilevatantocomestrumento 114 peracquistareunbene,marilevainterminididestinazione,essendo lastessafinalizzataallosvolgimentodiattivitàdiinvestimento. 5.Analisigiurisprudenzialedelfenomenodelladestinazione. Dopo aver visto quali sono le forme di destinazione rilevanti, procediamoconl’analisigiurisprudenzialedelfenomeno. Di seguito, infatti, verrà proposta l’analisi di alcune delle più significativesentenzeinmateriadidestinazione. 5.1. Destinazione del padre di famiglia: analisi della sentenza dellaCassazionen.13534/2011. LaprimapronunciadicuiproponiamolostudioèquelladellaCortedi Cass.n.13534/11 Cassazione, n. 13534, del 20 giugno 2011 in materia di destinazione delpadredifamiglia. In questo caso, un soggetto – proprietario di una strada privata – agisce, in negatoria servitutis, nei confronti di due soggetti che pretendevanodiavereunaservitùdipassaggiosullastradasuddetta. Iduesoggetticonvenutirispondevanosostenendodiaveracquistato la servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia ex articolo1062delcodicecivile. Il Tribunale rigetta la domanda dell’attore che, viceversa, viene accoltadallaCorted’AppellodiTorino. Inparticolare,ilgiudicedisecondogradoricostruiscetuttiipassaggi intermedidelfondoinquestionefinoallasituazioneattualeediceche l’attore(proprietariooriginariodeiduefondiserventeedominante) aveva,inprimoluogo,conunattonotariledel1982,concessoadun 115 soggetto (dante causa dei convenuti) un diritto personale di parcheggiosullastradainquestione.Dirittoche,inquantotale,risulta intrasmissibile mortiscausa, non cedibile a terzi e di durata limitata allavitadell’acquirente. In secondo luogo, l’attore, con un atto notarile del 1962, aveva trasferito a terzi un ulteriore porzione del fondo e, contestualmente, aveva espressamente concesso agli acquirenti una servitù di passaggio. Sullabasediciò,laCorted’AppellodiTorinoritieneche,nelcasodi specie, si debba escludere l’esistenza della servitù di passaggio perché, se questa fosse stata esistente, sarebbe stato superfluo prevedere il diritto di parcheggio, in quanto quest’ultimo sarebbe statoricompresenellaconcessionedeldirittodipassaggio. A fronte della decisione d’appello, i due soggetti che sostenevano l’esistenzadellaservitùdipassaggioricorronoperCassazione. Innanzitutto,essisostengonocheilparcheggioècosadiversarispetto alla servitù di passaggio perché il passaggio è indipendente dal parcheggio. Pertanto, il silenzio del proprietario originario dei fondi, inmeritoallacostituzionedellaservitùdipassaggio,nell’attonotarile del1982,nonescludelacostituzionedellastessaperdestinazionedel padre di famiglia secondo quanto previsto dall’articolo 1062 del codicecivile. In secondo luogo, i ricorrenti richiamano le norme relative all’interpretazione del contratto (articoli 1362 e 1363 c.c.) e ritengonochelaCorted’Appellononhaconsideratoilfattochel’atto divenditadel1982,nelsuocomplesso,nonescludel’imposizionedi unaservitùdipassaggio. Infine, i ricorrenti dicono che il confronto fra i due atti (quello del 1962 e quello del 1982) fatto dal giudice di secondo grado non ha 116 nessunrilievoperché,almomentodell’attodel1962,lastrada,sucui essisostengonodiaverelaservitùdipassaggio,nonesisteva. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. La motivazione della sentenza, in particolare, si fondo sul contenuto dell’articolo 1062, comma2,codicecivile. Nello specifico, al secondo comma dell’articolo 1062 c.c. si stabilisce che se “i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende stabilitaattivamenteepassivamenteafavoreesopraciascunodeifondi separati”. Pertanto, se vi è una “disposizione relativa alla servitù” questa impedisce lo stabilirsi della servitù per destinazione del padre di famiglia,nonostantelostatodifattopreesistente. Il punto centrale della questione consiste, quindi, nell’interpretare e nello stabilire cosa debba intendersi per “disposizione relativa alla servitù”. Tale disposizione non può essere desunta da comportamenti concludenti, ma deve sostanziarsi in una clausola in cui si stabilisce espressamente di voler escludere il sorgere della servitù per destinazionedelpadredifamiglia;oppureinunaqualsiasiclausolail cuicontenutosiaincompatibileconilsorgeredellaservitù. Partendodaquestapremessagenerale,laCassazioneritieneche,nel caso in esame, il giudice di secondo grado abbia basato l’esclusione dell’esistenza della servitù di passaggio su tre elementi specifici, nessunodeiqualirisultaperòdeterminante. Il primo elemento utilizzato dalla Corte d’Appello era rappresentato dallaclausoladell’attodel1982che,comaabbiamovisto,attribuivail dirittopersonalediparcheggio. 117 Tale clausola, però, per la Cassazione non è di per sé incompatibile con la costituzione della servitù di passaggio ex articolo 1062 del codicecivile.Conessasiattribuisce,infatti,undirittodiparcheggioal quale può aggiungersi una servitù di passaggio: il diritto di parcheggio andrebbe ad attribuire al titolare un’utilità aggiuntiva, consistentenellapossibilitàdilasciareunveicoloinsostasullastrada. IlsecondoelementoutilizzatodallaCorted’Appelloerarappresentato dal contenuto del precedente atti del 1962, con il quale, espressamente,venivaattribuitaunaservitùdipassaggioadunterzo soggetto. Questa circostanza è, per la Cassazione, di per sé priva di rilievo.Essa,innanzitutto,èclausolainseritainunaltrocontrattoed, in secondo luogo, non ha neppure rilievi in riferimento alla valutazione del comportamento del proprietario del fondo. Essa, infatti,cidicesemplicementecheilproprietarioeraconsapevoledella differenzatraservitùdipassaggioedirittodiparcheggiomaciònonè incompatibile con la costituzione della servitù per destinazione del padredifamiglia. Infine, il terzo elemento utilizzato dalla Corte d’Appello consisteva nella considerazione di un dato di fatto perché il giudice di secondo grado riteneva che, se le parti non avessero voluto escludere la costituzione della servitù di passaggio, non ci sarebbe stata la necessità di prevedere il diritto di parcheggio. Anche tale considerazione, però, non è determinante al fine di escludere la servitùperdestinazionedelpadredifamiglia.Sitratta,infatti,diuna valutazionecheriguardalemotivazionidiconvenienzadell’attoeche, quindi,rientranellasferainternaesoggettivadelleparti.Inseconda battuta, poi, come abbiamo detto, si tratta di una valutazione di un dato di fatto, mentre, per escludere la costituzione di una servitù ex 118 articolo 1062 c.c., è, quantomeno, necessaria la sussistenza di una clausolaincompatibile. La Cassazione, quindi, non rinvenendo, in nessuno degli elementi considerati nella sentenza di secondo grado, l’esistenza di una clausola incompatibile con la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia, accoglie il ricorso e ritiene sussistente,exarticolo1062c.c.,laservitùdipassaggio. 5.2. Il fondo patrimoniale e la concezione dei bisogni della famiglia:TribunalediLecce24agosto2012. Inquestoparagrafocioccuperemodellagiurisprudenzainmateriadi fondo patrimoniale. In particolare, verrà analizzata la sentenza del Tribunale di Lecce del 24 agosto 2012, la quale propone un’interpretazione particolare dell’istituto del fondo patrimoniale e deibisognidellafamiglia. Il punto di partenza fattuale è rappresentato, nel caso in esame, da unacondannapenaleacaricodiuncommercialistache,inqualitàdi Trib.Lecce 24/08/2012 sindaco di una società per azioni, viene condannato per reati di bancarotta. Il curatore del fallimento della suddetta S.p.A. – che, evidentemente, a causa delle vicende bancarottiere è arrivata al fallimento – in forza della sentenza penale agisce contro il soggetto/sindaco al fine di ottenere il risarcimento dei danni, per lo stessofine,pignoraunbenedelsoggettoinquestione. Ilsindacoesuamogliesollevanoun’eccezione,sostenendocheilbene pignorata costituiva oggetto di un fondo patrimoniale e, perciò, non potevaessereaggreditoperdebitiestraneiaibisognidellafamiglia. 119 A seguito di ciò, la procedura esecutiva viene sospesa e, contro tale sospensione, insorge il creditore, il quale propone opposizione e la sentenzadelTribunalediLeccehaadoggettoladecisionesulricorso peropposizionepresentatodalcuratorefallimentare. Ilproblemachesipone,quindi,consistenellostabilireselapresenza di un vincolo di destinazione (strutturato, nel caso di specie, nella forma del fondo patrimoniale) sia tale da impedire, o meno, il pignoramentodell’immobileavantaggiodelcreditore. IlgiudicedelTribunalediLecceritiene,comevedremonellospecifico, il bene pignorabile e fonda la sua decisione su una serie di argomentazioniche,diseguito,analizzeremo. La prima argomentazione sostenuta dal giudice di Lecce riguarda il concetto, problematico, di bisogni della famiglia. Ad avviso del giudice, tale formula si presta “ad enunciazioni spesso astratte e generalizzanti”,soprattuttoperchésiponeilproblemadidistinguere (ammesso che sia possibile una tale distinzione) fra bisogni della famigliacomeistituzione,ossiacomesoggettosuperioreebisognidei singolicomponentidellafamigliastessa. La suddetta distinzione rappresenta, nella sostanza, il centro del problema del fondo patrimoniale: l’obbiettivo, perseguito attraverso l’istituto, è quello di valorizzare l’ente familiare rispetto ai singoli soggettichelocompongono. Viceversa, attraverso una diversa concezione, si potrebbe sostenere che la famiglia non sia altro che l’insieme dei soggetti che la compongono. Nell’ambitodiquestedueopposteconcezioni,siinserisceilconcetto dibisognidellafamigliaelaconseguentedifficoltàdidifferenziazione fra esigenze della famiglia in senso lato ed esigenze dei singoli soggetti. Esigenze che, comprensibilmente, possono confondersi: 120 nellamaggiorpartedeicasi,infatti,leesigenzedelgruppocoincidono conleesigenzedeisingoli. Il Tribunale di Lecce, consapevole di questa diversità di significati, cerca di chiarire il concetto di bisogni della famiglia attraverso un’ampia serie di riferimenti storici. Il giudice cerca, infatti, di ricostruire come il concetto di bisogni della famiglia sia stato utilizzatoneidecenni. Il punto di partenza della suddetta ricostruzione storica è rappresentato da quei meccanismi di destinazione che esistevano prima dell’introduzione – con la riforma del diritto di famiglia del 1975–delfondopatrimoniale. Primadelfondopatrimonialeesistevanoaltridueistituti:ladote1eil patrimoniofamiliare.2 La giurisprudenza elaborata in materia dotale aveva chiarito che, innanzitutto, i bisogni della famiglia non sono solo i bisogni di sussistenza ma ricomprendono un concetto più ampio al cui interno possono rientrare sia ai debiti di natura risarcitoria che derivino da rapporti posti in essere al fine di garantire ed incrementare la fruttuosità dei beni dotali, sia operazioni economiche tese ad incrementarelaproduttivitàdeibenimedesimi. 1La dote, già esistente nell’ambito del diritto romano, era costituita da un patrimonio di proprietà della moglie che veniva amministrato dal marito, vincolato al soddisfacimento degli oneri matrimonialie,quindi,nonalienabilenépignorabileperscopidiversi. Generalmenteessaprovenivadalpadredellasposa,ilqualeeraobbligatoafornirla.Inmancanzadiun padrecapacedidotarelafiglia,sopperivanoicosiddettimontidotali,ossiaentipubblicichefornivano ladoteallasposa. 2Il patrimonio familiare, introdotto nel 1939, è un istituto che, diversamente dalla dote, risulta più artificioso e meno radicato a livello storico. Esso, nella sostanza, rappresentava un tentativo di ricostruire una specie di dote più moderna. Si trattava, infatti, di un patrimonio destinato al soddisfacimentodeibisognidellafamiglia,nonalienabileopignorabileperscopiestranei,senza,però, alcunaprevisioneinordinaalrapportooalladiversitàfrauomoedonna.Taleistitutovenne,inrealtà, applicato in maniera irrisoria, in quanto, fino all’abolizione con la riforma del diritto di famiglia, i coniugipreferivanoutilizzarel’istitutotradizionaledelladote. 121 Pertanto, già ai tempi della dota, l’espressione bisogni della famiglia veniva interpretata in maniera ampia e, tendenzialmente, favorevole aicreditori. Lasuddettatendenzavieneportataavantianchedopolariformadel 1975, con la conseguente intensificazione della tutela giurisprudenzialedeicreditori. SecondoilgiudicediLecce,taleimpostazionehaunaspiegazione,di carattere storico, rappresentata dal passaggio da i due istituti precedenti al fondo patrimoniale. Quest’ultimo, infatti, viene regolamentato dal legislatore in modo tale da evitare che lo stesso fallissecomeeraaccadutoalpatrimoniofamiliare.Loscopoera,nella sostanza,quellodirendereilfondopatrimonialepiùappetibileperi coniugi. A tal proposito, con la riforma del 1975, è stato stabilito che, da un lato,iconiugipotesseroalienareibenidelfondo,nelfrattempo,però, venivamantenuto,dall’altrolato,ilvincolodipignorabilitàperidebiti estraneiaibisognidellafamiglia. Questa operazione ha determinato, però, un grave squilibrio perché, per un verso, i coniugi venivano avvantaggiati sul piano dell’alienabilità dei beni, ma, per altro verso, rimane il vincolo per i creditori. Pertanto, ciò ha prodotto una maggiore stipulazione di fondi patrimoniali, i quali, però, nella quasi totalità dei casi sono stati stipulatialloscopodifrodareicreditori. Lo squilibrio, creato dal legislatore del 1975, ha indotto la giurisprudenza ad un’interpretazione sempre più estensiva dei bisogni familiari, in modo tale da consentire ai creditori di espropriare,nellamaggiorpartedeicasi,ibenioggettodelfondo. 122 Atalproposito,nellasentenzaincommentovengonocitatiunaserie di passaggi giurisprudenziali che hanno, per esempio, esteso il concetto di bisogni della famiglia anche in riferimento all’attività lavorativa (sia dell’intera famiglia sia del singolo membro) e all’attivitàspeculativa(purchévifosseun’inerenzafrataleattivitàei bisognidellafamiglia). Viene richiamata, anche, la posizione sostenuta a livello dottrinale, dovesigiungefinoaritenerechealdifuoridelconcettoincommento visianosololespesesostenutepermotiviimmeritevoli(peresempio, idebitidigioco,olespesesostenutepercomprarsidroga). Secondo il Tribunale di Lecce, per raggiungere lo scopo suddetto, le normerilevantisonoquellecontenutenell’ambitodegliarticoli2e29 dellaCost.el’articolo143delc.c.,ilquale,inattuazionedeiprincipio costituzionali,individuagliobblighideiconiugi,traiquali–oltrealla fedeltà, all’assistenza, alla collaborazione, all’assistenza e alla coabitazione–vienesancitoanchel’obbligodi“contribuireaibisogni dellafamiglia”. Pertanto, secondo tale ragionamento, i redditi da lavoro dei coniugi sono finalizzati, per legge, al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, con la conseguenza che l’attività lavorativa dei coniugi sia collegata alle esigenze familiari. Quindi, tutti i debiti contratti nell’esercizio dell’attività lavorativa sono, comunque, inerenti ai bisogni familiari. Per dimostrare il contrario, secondo il giudice, i coniugi avrebbero dovuto dimostrare che esisteva, nella famiglia, un accordo ex articolo 144 c.c., in base al quale si stabiliva che, per qualche ragione, l’attività lavorativa dei soggetti rimanesse, totalmente,estranearispettoallavitafamiliare. Con questa prima argomentazione, il giudice di Lecce, dimostra l’inerenza dei debiti – contratti dal marito nello svolgimento 123 dell’attivitàdicommercialistaedisindacodiunasocietàperazioni– all’ambitofamiliare. La seconda argomentazione riguarda il problema della natura extracontrattuale della responsabilità del marito, per cui, nella pronuncia si discute del rapporto fra natura extracontrattuale della suddettaresponsabilitàefondopatrimoniale. Rispetto a ciò, la Cassazione, negli unici due casi in cui aveva avuto occasione di occuparsi della suddetta questione, aveva stabilito che, anche per quanto concerne la responsabilità aquiliana, occorre utilizzare il concetto di bisogni della famiglia e valutare se il fatto illecito fonte di responsabilità fosse, o meno, inerente all’esigenze familiari. IlTribunalediLecceritienedidoverdareunasoluzionediversa.Esso dice che, per quanto riguarda le obbligazioni di fonte extracontrattuale,ilfondopatrimonialenonèmaiopponibile. Tale soluzione si basa su tre argomenti. Innanzitutto, un primo argomentodicarattereletteralechefalevasulcontenutodell’articolo 170 c.c., il quale parla espressamente di debiti “contratti”, facendo riferimento,esclusivamente,allaresponsabilitàcontrattuale. Il secondo argomento, invece, è di carattere funzionale teleologico. Essofariferimentoaquellapartedell’articolo170c.c.,nellaqualesi stabilisce che il creditore non può aggredire i beni del fondo patrimonialequaloralostessofossestatoaconoscenzadelfattochei debitieranostaticontrattiperscopiestraneiaibisognidellafamiglia. Pertanto,secondoilgiudice,essendonecessarioilsuddettoelemento di consapevolezza, l’aggressione deve essere correlata a debiti collegati ad obbligazioni sorte volontariamente. Al contrario, il creditore per fatto illecito, chiaramente, non ha mai la volontà e la consapevolezzainordineall’insorgenzadell’obbligazione. 124 Infine, vi è un terzo argomento di carattere sistematico, in virtù del quale si sostiene che vi sia una regola generale relativa ai vincoli di destinazionedifontenegozialecheaffermaquantosopradetto.Atal proposito,ilgiudicediLeccerichiamatuttaunaseriedifattispeciedi destinazione negoziale, nelle quali vige il principio generale dell’inopponibilità del vincolo rispetto ai debiti di fonte extracontrattuale. Tale principio risulta, in particolare, espresso in maniera esplicita nell’ambito dell’articolo 2447 quinquies c.c., il quale, in materia di patrimonidestinatiadunospecificoaffare,fasalva“laresponsabilità illimitatadellasocietàperleobbligazioniderivantidafattoillecito”. Adavvisodelgiudice,laregolasancitadall’articolo2447quinquiesc.c. valecomeregolagenerale,valevolepertutteleipotesididestinazione difontenegoziale. L’ulteriore argomentazione sostenuta dal Tribunale di Lecce, concerneilfattocheildebitodelcommercialistaera,inconseguenza deisuoireati,sortoprimadellacostituzionedelfondopatrimoniali. Rispetto a tale questione, alcune pronunce della Cassazione hanno sostenuto l’irrilevanza dell’anteriorità del debito rispetto alla costituzione del fondo patrimoniale. Tale irrilevanza è determinata dal fatto che nella disciplina del fondo patrimoniale non è stata riprodotta quella specifica norma, prevista in materia di patrimonio familiare,chestabilivalanecessitàdell’anterioritàdelfondorispetto aldebitocontratto. Il giudice di Lecce, però, non condivide la suddetta ricostruzione. Esso, infatti, giustamente, ritiene che, da un lato, manca, vista l’assenza del fondo patrimoniale al momento della nascita dell’obbligazione, la consapevolezza del creditore in ordine al fatto che il debito fosse stato contratto per scopi estranei ai bisogni della 125 famiglia. Inoltre, dall’altro lato, accettare un meccanismo di retroattività del vincolo sarebbe, totalmente, lesivo dei principi generali della libera circolazione dei beni e della responsabilità patrimonialedicuiall’articolo2740delcodicecivile. L’ultima argomentazione, sostenuta dal Tribunale di Lecce, riguarda un aspetto formale ed, in particolare, il documento con cui i coniugi volevano far valere l’impignorabilità del bene. Essi, infatti, avevano prodottoingiudiziounestrattoperriassuntodelregistrodegliattidi matrimonio. Tale documento – che contiene l’annotazione del fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio – rilasciato dal comunenonvieneconsideratoidoneoaprovarel’esistenzadelfondo elaconseguenteimpignorabilitàdelbene. In particolare, il giudice ritiene che lo stesso sia idoneo sul piano formale, ma sia carente sul piano contenutistico perché tale estratto per riassunto non contiene tre elementi che, al contrario, risultano rilevantiperlaprovadelfondopatrimoniale.Nellospecifico,inesso nonsonoriportatelegeneralitàdelleparti,ilnomedelnotaiorogante ed,infine,ladatadell’annotazione. Tuttiiquattromotivi,sopraesposti,vannonellostessosenso,percui, ilTribunalediLecceritienechelaproceduraesecutivapossaandare avantiecheilbenesiapignorabile. 126 5.3.L’interpretazionegiurisprudenzialedell’attodidestinazione. Passiamo, adesso, ad analizzare alcune importanti pronunce in materiadiattodidestinazione. La prima sentenza che proponiamo è quella del Tribunale di Reggio Emiliadel10marzo2015. La suddetta sentenza propone il problema del cosiddetto vincolo di Trib.Reggio Emilia 10/03/2015 destinazione puro a cui viene ricollegata un’interpretazione restrittivadegliinteressimeritevoliditutelaexarticolo1322,comma 2,delcodicecivile. Nelcasoinesame,unasocietàdileasingvantauntitoloesecutivonei confronti di un certo soggetto. In virtù di tale titolo esecutivo, la societàdileasingavviaun’azioneesecutivasudiunbeneimmobile,a seguitodellaquale,procedealpignoramentodelmedesimobene. Ilbeneimmobilepignoratorisulta,però,vincolatodall’apposizionedi unvincolodidestinazioneexarticolo2645terdelcodicecivile. Nellospecifico,ilsoggettoproprietariodell’immobilepignoratoaveva apposto sullo stesso (prima del pignoramento) un vincolo di destinazione, vincolando il bene medesimo al soddisfacimento delle esigenze abitative e, in generale, dei bisogni della famiglia, ponendo come termine finale dello stesso il compimento del quarantesimo annodietàdellafiglia. In ragione di ciò, il soggetto pignorato propone opposizione all’esecuzionefacendovalereilcontenutodell’articolo2645terc.c.e sostenendo che l’immobile in questione è, sostanzialmente, impignorabileperchéibenioggettodell’attodidestinazionepossono essere aggrediti soli per debiti contratti per lo scopo della destinazione. 127 In particolare, essendo il debito in questione stato contratto con la societàdileasingperscopiestraneialladestinazione,lacreditricenon potevapignorareilbeneimmobile. Il Tribunale di Reggio Emilia rigetta la tesi dell’opponente. Nello specifico,duesonolequestionesucuisibasalapronunciadelgiudice emiliano: in primo luogo, l’ammissibilità, o meno, di un negozio destinatorio puro ed, in secondo luogo, l’interpretazione del riferimentoall’articolo1322/2c.c.contenutonell’ambitodell’articolo 2645terdelcodicecivile. Inriferimentoall’ammissibilità,omeno,diunvincolodidestinazione autoimposto,comeabbiamogiàavutomododidire,vistal’assenzadi unapronunciadellaCortediCassazionesulpunto,lagiurisprudenza maggioritaria di merito ritiene che l’articolo 2645 ter c.c. non riconosca la possibilità di costituire un vincolo di destinazione puro avente,cioè,adoggettounbenegiàdiproprietàdellaparte. Nella sentenza, in sostanza, viene ribadita quell’interpretazione restrittiva dell’articolo 2645 terc.c. (proposta dallo stesso Tribunale di Reggio Emilia con una pronuncia del 2012), in virtù della quale, l’atto di destinazione è limitato alle sole ipotesi di destinazione traslativa collegata ad una fattispecie negoziale – tipica o atipica – dotatadispecificacausa. A ciò si aggiunge che una diversa interpretazione dell’atto di destinazione ed, in particolare, l’ammissibilità del vincolo di destinazione autoimposto, oltre alle argomentazioni già proposte nelle precedenti pronunce, si porrebbe in contrasto con il principio dellaresponsabilitàpatrimonialeillimitatadicuiall’articolo2740del codicecivile. Ad avviso del giudice, infatti, la costituzione di un negozio destinatorio puro consentirebbe al debitore, attraverso un atto 128 unilaterale non traslativo, di sottrarre porzioni rilevanti del suo patrimonioallagaranziadeicreditori. La suddetta valutazione ci introduce la seconda questione affrontata dalla sentenza, la quale si sofferma sull’interpretazione del riferimento, contenuto nell’articolo 2645 ter c.c., agli interessi meritevoliditutelasecondol’ordinamentogiuridicodicuiall’articolo 1322,comma2,delcodicecivile. Il giudice emiliano, infatti, sostiene che, nel caso di specie, anche volendo ammettere, in linea teorica, l’ammissibilità di un negozio destinatorio puro, sarebbe, comunque, necessario indagare, in manieraapprofondita,sullameritevolezzadelnegoziomedesimo. In altri termini, il richiamo, contenuto nell’articolo 2645 ter c.c., all’articolo1322/2c.c.eagliinteressimeritevoliditutelafasicheper la legittimità di un atto di destinazione, non è sufficiente la liceità dello scopo, ma occorre che l’interesse tutelato sia, effettivamente, meritevole di tutela, ovvero sia prevalente rispetto agli interessi dei creditoriestraneialvincolo. Secondoquestainterpretazione,vistalapotenzialitàlesivadell’attodi destinazione nei confronti dei creditori, il legislatore avrebbe, con il richiamo all’articolo 1322/2 c.c., subordinato l’efficacia dell’atto medesimoallameritevolezzadegliinteressiperseguitidallaparte. Per il Tribunale di Reggio Emilia, nel caso in esame, il vincolo di destinazione autoimposto non è, sostanzialmente, meritevole di tutela. Da un lato, infatti, pur essendo il fine di far fronte ai bisogni della famiglia astrattamente meritevole di tutela, il soggetto avrebbe dovutoindicarechiaramenteleragionichel’hannoportatoaporrein esserel’attodidestinazioneinquestione,spiegandoancheperchéla 129 costituzione del vincolo sul bene sia lo strumento più adeguato per tutelareilnucleofamiliare. Al contrario, nel caso di specie, il soggetto si è limitato a destinare l’immobile al soddisfacimento delle esigenze abitative e dei bisogni della famiglia, individuando come termine finale del vincolo il compimentodelquarantesimoannodietàdellafiglia. Pertanto, per un verso, l’idea che un immobile possa soddisfare le esigenzeabitativedellafamigliaè,secondoilgiudice,ovvioeretorico. Inpiù,parlaredibisognidellafamigliaingenereè,appunto,generico edinidoneoaspiegarelanecessitàdellacostituzionedelvincolo. Per altro verso, l’apposizione di un termine finale fissato al compimento dei quaranta anni della figlia è, per il tribunale, irragionevole e tale da porre in luce l’intento fraudolento verso i creditori, in quanto si presume e si spera che un figlio possa raggiungerel’autosufficienzaeconomicaprimadeiquarantaanni. In conclusione, secondo il Tribunale di Reggio Emilia, da un lato, è inammissibile un vincolo di destinazione puro e, dall’altro lato, pur volendo ammettere la validità di un vincolo autoimposto, l’atto di destinazioneinquestionenonpersegueunfinemeritevoleexarticolo 2645 terdel codice civile. Pertanto, il reclamo deve essere rigettato, conlaconseguentepienapignorabilitàdelbene. In materia di atto di destinazione, la seconda sentenza di cui proponiamolostudioèquelladelTribunalediRavennadel22aprile Trib.Ravenna 22aprile2015 2015. Lafattispecie,oggettodellasuddettasentenza,riguardaun’ipotesidi concordato preventivo. 3 In particolare, la causa prende le mosse 3Com’è noto, il concordato preventivo è una procedura alternativa al fallimento. In base a tale procedura, invece di procedere alla nomina di un curatore ed al successivo fallimento, si può, in via 130 dall’esame, da parte del Tribunale di Ravenna, di una proposta di concordatopreventivopresentatadaunaSRL. Laproposta,conilmeccanismodellacontinuitàaziendale,prevedeva che la parte sana dell’impresa avrebbe continuato le sue attività anche in futuro e che si sarebbe proceduto al soddisfacimento dei creditori,inparte,attraversolavenditadialcunibeniaziendalied,in parte, grazie all’utilizzo di alcuni beni personali dei soci della SRL.Il giudice deve, quindi, stabilire se ritenere fattibile e legittima questa propostadiconcordato. Uno dei creditori (una banca) si oppone, sostenendo che il meccanismo sarebbe, da una parte, invalido e, da una parte, comunquenonfunzionante. Perquantoriguardailprofilodivaliditàdelconcordato,vadettoche ilpuntocentraledellavicendaèchelasuddettamessaadisposizione, dapartedeisingolisoci,diimmobilipersonaliavvieneattraversoun vincolodidestinazione.Nellospecifico,isocivorrebberoimporreun vincolo di destinazione ex articolo 2645 ter c.c. su alcuni loro beni immobili, destinandoli al soddisfacimento di parte delle pretese dei creditoridellaSRL. Afrontediciò,labancasostienechel’operazionesopradescrittanon sia ammissibile perché realizzerebbe un’ipotesi di autodestinazione; un vincolo di destinazione puro (o autoimposto). I soci, infatti, non cedonoibenielidestinano;ibenirimangonodiproprietàdeisociche li mettono a disposizione del concordato attraverso l’atto di destinazione. consensuale, prevenire il fallimento e alle operazioni di soddisfacimento dei creditori si procederà senzaspossessarel’imprenditoredell’impresa. 131 Si rientrerebbe, quindi, nell’ambito di quella fattispecie, già menzionatanellasentenzaprecedentementevista,delcosiddettoatto didestinazionepuro. Labancafa,anche,presentelavolontàdiproporre,neiconfrontidella suddetta proposta di concordato preventivo, l’azione revocatoria, in quanto la banca stessa è, anche, creditrice dei soci singolarmente considerati. Questo è il caso, vediamo adesso come si è pronunciato il giudice di Ravenna. Innanzitutto, nella sentenza viene riepilogato l’orientamento maggioritario,secondocuil’articolo2645terc.c.presupporrebbe,per ragioni testuali e teleologiche, un meccanismo di eterodestinazione correlato,quindi,dallacessionedelbenesulqualesiimponeilvincolo di destinazione. Inoltre, sempre secondo tale orientamento maggioritario,lameritevolezzacheèrichiamatadall’articolo2645ter c.c.èqualcosachevaoltrelameradiliceità,madovrebberichiedere, inqualchemodo,lasussistenzadiuninteresseparticolarmenteforte (anchealivellodiutilitàsociale)chegiustifichiilsacrificioimpostoai creditori. L’aspettointeressacheoccorresottolineareèche,inlineagenerale,il Tribunale di Ravenna non appartiene al suddetto orientamento maggioritario.UnasentenzadelTribunalediRavennadelmaggiodel 2014 rappresenta, infatti, una delle più rilevanti espressioni dell’orientamentominoritariocheammettel’autodestinazione. Nelcasodispecie,però,ilgiudicenonammettelavaliditàdell’attodi destinazione. Esso conferma che, secondo il suo precedente orientamento, la causa concordataria è tale da fornire la meritevolezza dell’interesse e che, sotto certi aspetti, è ammissibile 132 anche un vincolo di destinazione autoimposto. A ciò, però, aggiunge chenonèpossibileammetterequalsiasiautodestinazione. Inparticolare,secondoilgiudice,ciòchedistingueilcasodel2014(in cuisidissedisiall’autodestinazione)edilcasoodierno(incuisidice di no all’autodestinazione) è il modo in cui si realizza, nell’ultimo caso, il vincolo di destinazione. Nell’ipotesi presa in esame dalla sentenza in commento, infatti, manca un meccanismo giuridico che rendairreversibileladestinazione. Nel caso del 2014 in cui si ammise l’autodestinazione, i soggetti destinanti avevano previsto un mandato irrevocabile, in favore degli organidellaprocedura,avendereibenioggettodell’atto.Intalcaso,il mandato irrevocabile faceva si che la destinazione rimanesse irreversibileeciòrendevasoddisfacentelaprocedura. Viceversa, nel caso oggetto della sentenza in commento manca qualsiasiclausoladiirrevocabilità,percui,ibenidestinatirimangono suscettibili, in qualunque momento, di essere riportati nella libera disponibilità dei soci destinanti. Con questo meccanismo, ad avviso delTribunale,nonsigarantisceunabasesolidaallaprocedura. Pertanto, alla luce del contesto complessivo, la proposta di concordato non viene omologata perché si ritiene l’operazione non fattibile, in quanto l’autodestinazione, in questo caso concreto, non può funzionare perché manca un meccanismo di irreversibilità. L’operazione non è, neppure, economicamente fattibile perché è, pressoché, certo che la procedura verrà sottoposta all’azione revocatoriapropostadallabanca. L’ultimasentenzacheproponiamoinmateriadiattodidestinazioneè quelladelTribunalediPratodel12agosto2015. Trib.Prato12 agosto2015 133 Nel caso in esame la banca UNICREDIT era titolare di un credito nei confronti di due società. La prima società aveva un debito con la bancaperunvaloredicircaunmilioneemezzodieuro;l’altrasocietà (presumibilmentecollegataallaprima)avevaprestatofideiussionea garanzia del suddetto debito e, quindi, risultava anch’essa obbligata, versolabanca,perisuddettidebiti. Ad un certo punto, la società debitrice si viene a trovare in una situazione di crisi ed il 31 marzo del 2011 la banca iscrive ipoteca giudiziale (per un valore di ottocentomila euro) su alcuni beni immobilidiproprietàdellasocietàcheavevaprestatolafideiussione. Lasocietàdebitriceprincipalesitrovava,comeabbiamodetto,inuna situazionefinanziariacritica,quindi,labancasierarivoltaallasocietà cheavevaprestatolagaranzia. Pochi giorni prima dell’iscrizione ipotecaria (il 22 marzo 2011), la società aveva, con un atto di destinazione ex articolo 2645 ter c.c., apposto un vincolo di destinazione su alcuni beni immobili di sua proprietàalfinediconsentireall’altrasocietà(chesitrovavaincrisi finanziaria)dipresentareunconcordatopreventivo. L’attodidestinazioneera,quindi,strumentaleallapresentazionedel concordato preventivo: si riteneva che l’apposizione del vincolo di destinazionesualcuniimmobiliavrebbepermessoall’altrasocietàdi ottenere un parere favorevole, da parte degli organi competenti, in ordineallapropostadiconcordato. A questo punto, la banca agisce, presso il Tribunale di Prato, sostenendo la nullità dell’atto di destinazione, in quanto inidoneo al raggiungimentodelloscopoperilqualeèstatoeffettuato. In particolare, ad avviso della banca, esso era stato redatto per il soddisfacimento di interessi estranei a quelli indicati dall’articolo 2645terc.c.e,comunque,nonmeritevoliditutela. 134 La questione, quindi, consiste nello stabilire se l’atto di destinazione di cui all’articolo 2645 terc.c. debba essere costituito per realizzare solo interessi collegati alla tutela delle disabilità, oppure se possa essere costituito anche per il perseguimento di interessi diversi, anchedinaturapatrimoniale. Come si sa, nell’ambito dell’articolo 2645 ter c.c. c’è il richiamo espresso agli interessi meritevoli di tutela di cui all’articolo 1322/2 codicecivile. Pertanto,ilpuntodellaquestione,ancheinquestocaso,consistenella valutazione di quali siano gli effetti meritevoli di tutela che possono essereperseguiticonl’attodidestinazione. Il Tribunale di Prato, rispetto a ciò, adotta un’interpretazione ampia degliinteressichedevonoessereperseguiticonl’attodidestinazione. Nello specifico, nella sentenza in commento, si ritiene che l’atto di destinazione possa essere utilizzato anche per il perseguimento di interessipatrimonialicollegatiallacrisid’impresa. L’interesseperseguitoconl’attodidestinazioneinquestioneèquello del soddisfacimento dei creditori sociali e ciò rende tale interesse pienamentemeritevoleditutelaexarticolo1322/2codicecivile. Tra l’altro, secondo il Tribunale di Prato, una lettura diversa, che limiterebbel’utilizzabilitàdell’attodidestinazioneallesolefinalitàdi pubblica utilità, sarebbe contrastante con ciò che avviene in altri ordinamentieuropei:iltrust,comevedremo,nelmondoanglosassone è utilizzato per le più svariate finalità; lo stesso avviene in Francia dove l’istituto della fiducie può essere utilizzato per finalità anche commercialiefinanziarie. Pertanto, nel caso di specie, l’atto di destinazione è diretto a realizzareuninteressemeritevoleditutela,ossiaquellodiconsentire 135 all’altra società di presentare il concordato preventivo, il quale avrebbesicuramentemiglioratolaposizionedeicreditorisociali. Inconclusione,ilTribunalediPratorigettaladomandadellabancaed adotta, sostanzialmente, un’interpretazione ampia (diversa rispetto alle sentenze viste sopra) del riferimento ad interessi meritevoli di tutelaedellostessoarticolo2645terdelcodicecivile. 5.4. La soggettività dei fondi comuni di investimento: analisi dellasentenzadellaCassazionen.16605/2010. Perquantoconcernelarilevanzagiurisprudenzialedeifondicomuni Cass.n.16605/2010 di investimento, è opportuno analizzare la sentenza della Corte di Cassazione,n.16605,del15luglio2010. La vicenda inizia di fronte al Tribunale di Bari nell’ambito di una proceduraconcorsuale.Insedefallimentareilgiudicedelegatovende all’asta un certo immobile, appartenente alla società fallita, ad una societàdigestionedelrisparmiolaqualeloacquistapercontodiun suofondo. Nell’ambito della suddetta vendita immobiliare si pone, però, il problema di stabilire il soggetto nei confronti del quale deve essere fatto il decreto di trasferimento. Nella sostanza, occorre stabilire se l’aggiudicazione debba essere fatta nei confronti della società di gestionedelrisparmio,oppure,neiconfrontidelfondocomune. La sentenza in commento, quindi, affronta il problema della natura giuridica del fondo comune di investimento che implica delle riflessionicircaiconcettichedevonoessereutilizzati. Posto il problema del soggetto aggiudicatario, sia il Giudice delegato del fallimento, sia il Tribunale di Bari negano che il decreto di 136 trasferimento dell’immobile sia imputato direttamente nei confronti delfondocomunediinvestimento. In particolare, nella sentenza di merito si legge che il fondo e la societàsonosoggettidistinti,però,avendolasocietàagitonell’ambito dellaprocedurapercontodelfondomanoninnomediesso,nonera possibile fare un’intestazione immediata dell’immobile al fondo comune. Nella sostanza, quindi, l’immobile doveva essere intestato alla società di gestione la quale, a sua volta, doveva ritrasferirlo al fondo comune di investimento attraverso il meccanismo tipico del mandatosenzarappresentanza. La società di gestione, contro il suddetto provvedimento di merito, propone ricorso in Cassazione. In particolare, in sede di ricorso, la società ritiene che, nel caso di specie, non sarebbero necessari i due passaggi di proprietà, prospettati dal Tribunale di Bari, potendo l’immobile essere intestato immediatamente al fondo. Interessante appare, anche, il controricorso presentato dalla curatela del fallimento la quale sostiene che la società di gestione non sia legittimata a proporre in proprio ricorso per Cassazione, in quanto essa ha partecipato alle fasi di merito del procedimento, non in proprio,maqualegestoredelfondocomunediinvestimento. LaCortediCassazionerigettasiailricorsoprincipaledellasocietàdi gestione,siailcontroricorsopresentatodallacurateladelfallimentoe riforma la motivazione del provvedimento di merito adottando una decisioneoppostarispettoalTribunalediBariilqualeritenevachela societàdigestioneedilfondofosseroduesoggettidistinti. Nello specifico, i giudici di Roma, ritengono che si abbia un unico soggettogiuridicocheèappuntolasocietàdigestionedelrisparmio. Mentreilfondocomunenonèunsoggettogiuridicomaèunicamente un patrimonio destinato sottoposto ad un vincolo specifico per 137 quanto concerne, nella sostanza, la sua aggredibilità da parte dei creditori. PerargomentarelasuaposizionelaCassazione,innanzitutto,esclude chel’idea,giàemersainpassato,cheilfondocomuned’investimento sia un’ipotesi particolare di comunione. Ciò, perché i soggetti investitori non sono dei comproprietari ma sono, in realtà, dei creditoridellasocietàdigestione. Aseguitoditaleesclusionerimangono,quindi,percorribilisoltantole due alternative del riconoscimento, o meno, della soggettività giuridica del fondo.La soggettività giuridica del fondo comune era statainpassatoaffermatadalConsigliodiStatoinunpareredel1999 nelquale,appunto,siritenevachesocietàdigestioneefondofossero duesoggettidistinti. La Cassazione, di fronte alle due alternative, decide di negare la soggettività al fondo: esiste un unico soggetto giuridico, la società, all’internodellaqualesipuòriscontrarelapresenzadiunpatrimonio separatorappresentatodalfondocomunediinvestimento. LasceltadellaCortesibasasutregruppidiargomentazioni. In primo luogo, un’argomentazione di tipo letterale secondo cui i termini (“autonomia”; “separazione”; “distinzione”), utilizzati frequentemente dal legislatore nella disciplina dell’istituto, piuttosto che essere chiari indici della soggettività del fondo, sono, secondo la Cassazione, il frutto di una poca attenzione del legislatore che li ha usati indistintamente senza prestare attenzione al loro reale significatotecnico. In secondo luogo, la Corte utilizza un’argomentazione legata alla struttura dell’istituto. Secondo essa, infatti, il fondo non è dotato di una propria autonomia nel senso che non ha un suo potere di 138 autodeterminazione essendo la sua gestione rimessa esclusivamente allasocietàdirisparmio. Allo stesso modo, il fondo non ha, neppure, una struttura organizzativa in grado di interagire con i terzi i quali possono rapportarsi,esclusivamente,conlasocietàdigestione. Interzoluogo,l’argomentazionepiùdecisivaappareesserequellache si fonda sulla ratio della normativa in materia di fondi comuni di investimento. Ebbene, la normativa, alla quale abbiamo fatto riferimento nel paragrafoprecedente,haloscopoditutelaregliinvestitorifacendosì che coloro che investono in un fondo non debbano subire conseguenze negative da attività, estranee al fondo, poste in essere dallasocietàdigestione. La ratio della normativa, quindi, consiste nel dare una tutela, attraversolaseparazionepatrimoniale,agliinvestitori. Il riconoscimento di due distinti soggetti giuridici sarebbe controproducente rispetto alla suddetta ratio di tutela in quanto, dinanzi a due soggetti distinti, gli investitori potrebbero aggredire solamenteilfondoenonancheilrestantepatrimoniodellasocietàdi gestione. Pertanto, parlare di due soggetti diminuisce la tutela degli investitori contrastando con la ratio della normativa in materia di fondicomunidiinvestimento. Per tutte le suddette ragioni, la Cassazione ritiene che non sia ammissibilericonoscereunapropriasoggettivitàgiuridica,distintada quelladellasocietà,alfondo. Pertanto, essa ritiene che non sia possibile procedere ad un’intestazione diretta dell’immobile al fondo comune di investimentoche,comegiàdetto,perlaCorteèprivodisoggettività giuridica.AdavvisodellaCassazionesipotrebbe,casomai,trascrivere 139 il decreto di trasferimento nei confronti della società ed aggiungere un’annotazione dalla quale risulta l’esistenza del vincolo di destinazione derivante dall’esistenza del fondo comune di investimento. Sulla sentenza in commento possono essere fatte alcune brevi considerazioni. Innanzitutto, con tale decisione, la Corte di Cassazione sembra intendere il fenomeno della destinazione in modo restrittivo. Essa, infatti, ha, in qualche modo, escluso che dalla destinazione possa derivarel’esistenzadiduesoggettidistintiportandoilfenomenoalle sueestremeconseguenze. Inaltreparole,laCortehavolutometterealprimopostolatuteladei creditori(investitori)richiamando,indirettamente,l’articolo2740del codicecivile. In conclusione, dall’impostazione della sentenza, viene fuori che il nostro ordinamento, ad oggi, non accetta che si possa elevare a soggettodidirittounmeropatrimonioche,nellasostanza,nonsvolge alcunaattività. L'impostazione, quindi, seguita dal nostro ordinamento per tali fenomeni è diversa e si fonda sulla separazione patrimoniale e sulla valorizzazionedelloschemadelcontrattofiduciario. La Cassazione chiaramente esprime una linea di ragionamento che, comeabbiamodetto,negalasoggettivitàgiuridicaalfondocomunedi investimento. Si può, però, ragionare in termini diversi. La ricerca di un soggetto, chiaramente,deveaverriguardoperesserecredibileadunaseriedi aspetti – l’intestazione, l’autonomia organizzativa, i rapporti con i terzi,l’attivitàsvolta. 140 Se ci poniamo nell’ambito della logica da cui scaturiscono i fondi comunidiinvestimento,ilmododiragionareespressodallaCortedi Cassazioneèesattoodistorsivo? Nel caso di specie, la società di gestione del risparmio non è proprietario del fondo comune di investimento: essa, per l’utilizzazionedelfondostessodovrà,comunque,farriferimentoallo specificofinediinvestimentochesièprefissata.Nellosvolgimentodi taleattivitàcomeagiscelasocietàdigestione? Per rispondere a tale interrogativo si deve considerare il contenuto dell’articolo36n.4en.5delTUinmateriafinanziaria. Intalinormesilegge:“Nell’eserciziodellerispettivefunzioni,lasocietà promotrice, il gestore e la banca depositaria agiscono in modo indipendenteenell’interessedeipartecipantialfondo”. Ed ancora: “La società promotrice e il gestore assumono solidamente verso i partecipanti al fondo gli obblighi e le responsabilità del mandatario”. Dalla prima norma emerge la finalità dell’istituto: la società di gestione,ilgestoreelabancadepositariadevonoagirenell’interesse deldestinatarioche,intalcaso,ècoluichehainvestitonelfondo. La seconda norma, invece, contiene una, significativa, indicazione circa la natura giuridica del rapporto che lega la società di gestione delrisparmioegliinvestitori. Gli investitori formano, per così dire, un super patrimonio ed il rapporto che intercorre tra di essi e la società di gestione del risparmio con un certo sforzo di fantasia può essere ricostruito attraverso la categoria del contratto di mandato in virtù del quale, quindi,colorocheeffettuanoiversamenticonferisconoallasocietàdi gestioneilmandatodiagirenellorointeresse. 141 Il legame tra le due figure è abbastanza evidente: quando si ha una società di gestione del risparmio, per forza di cose, nelle attività che vengono effettuate dalla società stessa colui il quale si pone in rapportoconessanonpuòignorarechetalesoggettoagisce. Sipresuppone,nonavendoilconfortodelleazioni,che,nelcasopreso in esame dalla sentenza, la società abbia dichiarato, in qualche maniera,cheessaagivapercontodelfondocomunediinvestimento da essa gestito. Se così è stato, evidentemente, il rapporto intercorrente tra questi due soggetti, anche se è caratterizzato in manierafunzionale,sicollocaall’internodellafiguradelmandato. Sequestoèilragionamento,forse,loschema,daseguirepervalutarei rapporti intercorrenti nell’ambito dei fondi comuni, non è ricostruibilemoltiplicandolecategoriesoggettive. Il fondo comune è qualcosa all’interno del quale deve ricadere, nel caso di specie, la presenza del bene immobile con conseguente modificadelcapitaledelfondostesso. Valutandolecoseinquestamaniera,quindi,lacategoriadeisoggetti, pur avendo certi riferimenti, non può essere la modalità attraverso cui fornire una risposta al problema sollevato in sede giurisprudenziale. Pertanto, per quanto concerne i fondi comuni di investimento la categoria soggettiva ha una rilevanza molto limitata in quanto essa deveessereintegrataconriferimenticoncettualiulteriori. Infine,perquelcheriguardailcollegamento,primaprospettato,conil contratto fiduciario esso, come si è tentato di spiegare nei paragrafi precedenti, tende a limitare l’efficacia della norma giuridica la quale nonprendeinconsiderazioneilfenomenofiduciarioperchéloritiene estraneoasestessa.Nullavietacheinfuturosipossariconoscerela validitànormativadelfenomenofiduciario. 142 Ciò implica una moltiplicazione delle figure soggettive ed il superamento del paradigma ottocentesco del numero chiuso dei dirittireali. 143 CAPITOLO3 LAFIDUCIA 1.Ilnegoziofiduciario. Primadientrarenelmeritodellatrattazionedell’argomento,occorre, preliminarmente, sottolineare che la fiducia (e, successivamente, il trust)vengonoaffrontatinelcorsoperchécollegatialfenomenodella destinazione ed è, quindi, partendo da questo presupposto che si procederàall’analisidellamateriaoggettodiquestocapitolo. Innanzitutto,ènecessariopremetterecheilriferimentoche,inquesta sede, viene effettuato rispetto alla fiducia vuole essere relativo alla fiducia in senso romanistico nella sua duplice veste di fiducia cum amicoefiduciacumcreditore. Un’ipotesi di negozio caratterizzato da una situazione di fiducia cum amico può essere quello che si realizza con un atto di disposizione Lafiduciacum amico posto in essere nei confronti di un determinato acquirente (che diventa pertanto proprietario del bene) al quale, nel contempo , vengono addossati una serie di obblighi di comportamento che esso saràtenutoarispettareinseguito. E’necessario,inquestocontesto,richiamareallamenteilconcettodi proprietà, quale diritto di godere e di disporre in modo pieno di un determinatobene,pervedereseinquestocasoècorrettoaffermare cheildestinatariodell’attodidisposizionedivieneilproprietariodel beneoggettodell’attostesso. La realizzazione di un negozio fiduciario, come quello che abbiamo appena descritto, implica che, a carico del destinatario di esso, vengano previsti determinati obblighi come, ad esempio, quello di ritrasferire il bene al soggetto alienante (es. Tizio trasferisce un determinato bene a Caio con la previsione che quest’ultimo sarà 144 tenuto, in un determinato momento, a ritrasferirglielo), oppure di trasferireilbeneadundeterminatosoggettoterzo. Alla luce di ciò, se, per certi versi, si può, al limite, sostenere che il destinatariodell’attoacquistiildirittodigoderedelbene,nonsipuò certoaffermarecheessoabbiaallostessomodoildirittodidisporre delmedesimobene.Diconseguenza,ilruolodelcosiddettofiduciario si riduce sostanzialmente ad una sorta di anello di tramite di un’operazione la quale o riconduce al soggetto stesso da cui era partita, oppure ad un altro soggetto preventivamente individuato da quest’ultimo. La fiducia cum creditore è, invece, sottesa a negozi che hanno una configurazione diversa da quello appena visto: un soggetto, debitore Lafiduciacum creditore neiconfrontidiunaltrodiunacertaprestazione,realizzaunattodi disposizione di un certo bene a vantaggio del suo creditore, per cui, quest’ultimo diventa proprietario del bene stesso. A tale contratto è, tuttavia,sottesounaccordosecondoilqualeseildebitoreprovvede poi al pagamento del debito allora il creditore sarà tenuto a ritrasferirgli il bene, altrimenti esso tratterrà il bene diventandone pieno proprietario nel senso che potrà disporne e goderne liberamente non essendo più tenuto ad ottemperare all’ obbligo di ritrasferimentoassuntoneiconfrontideldebitore. Inquesteipotesicitroviamodifronteadunmeccanismodigaranzia delcreditodiversodaquelliordinariamenteprevistidallaleggeossia ilpegnoel’ipoteca. Tuttavia,unasituazionediquestogeneredàluogoadunaviolazione del cosiddetto “divietodelpattocommissorio” di cui all’articolo 2744 delcodicecivile. 145 In conclusione, si può affermare che il negozio fiduciario è ammissibile nei limiti in cui esso non sia luogo ad una situazione contrariaaciòcheèconsentitodallalegge. Abbiamo visto come un’ipotesi di fiducia cum creditore non sia ammissibile alla luce del divieto ex articolo 2744 c.c., ma anche le ipotesi di negozi caratterizzati da fiducia cum amico potrebbero andareincontroadunasituazionediinammissibilità.Poniamoilcaso che tra due soggetti venga stipulato un contratto di locazione di un immobilemaadessosiasottesounaccordo,percui,ciòcheinverità si realizza è un vero e proprio atto di disposizione: è questa una situazione ammissibile? Per rispondere a tale quesito è necessario esaminareladisciplinaspecialeinmateriadilocazione:sesiponein essere un contratto di locazione da cui però non scaturiscono le conseguenze proprie del rapporto di locazione come previste per legge,alloraquestaparticolareipotesidifiduciacumamicofinisceper entrareinconflittoconnormeimperativedell’ordinamentogiuridico percuiessarisultainammissibile. Torniamo, dunque, a ribadire che per esprimere valutazioni di ammissibilitàinordinealnegoziofiduciarioènecessarioconfrontare ilcasoconcretoconlenormedell’ordinamentovigenterelativeaivari negoziinmododaaccertarechenonsivengaacreare,pereffettodel negoziofiduciario,unasituazionecherisultiinammissibile. Aprescinderedallesingoleipotesi,qualeèlavalutazionecheilnostro ordinamento riserva al negozio fiduciario? Il codice civile, in realtà, contiene un solo riferimento ad un’ipotesi che può ricondursi ad un Articolo627c.c. Disposizione fiduciaria atto a cui sia sottesa una situazione di fiducia: si tratta dell’articolo 627c.c.dettatoinmateriadisuccessionitestamentarie.Lanormain esame – rubricata “Disposizione fiduciaria” – prevede che non sia possibile agire in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a 146 favorediunapersonadichiarataneltestamentosianosoloapparenti e che riguardino in realtà altre persone. Dalla norma emerge che, nonostante la rubrica dell’articolo, risulta piuttosto difficoltoso ricondurrequestasituazioneaquellacheabbiamofinoraesaminato, ossia ad un accordo fiduciario tra soggetti che, nel caso dell’articolo 627 c.c., dovrebbero essere il testatore, la persona nominata e un terzosoggetto.E’evidenteche,datoancheilparticolareambitoincui essasitrova,lafattispeciedescrittaall’articolo627c.c.costituiscauna situazionemoltoparticolareespecifica. Riprendendoildiscorsogeneralesulnegoziofiduciario,percosìdire, tipico – ossia un soggetto che trasferisce un bene ad un altro con Fiduciae simulazione l’accordo che quest’ultimo provvederà a ritrasferirlo a lui o ad un altro predeterminato soggetto – occorre chiedersi se esso possa essereconsideratocomeunnegoziodialienazioneinsensoproprioo debba piuttosto ritenersi una situazione di mera apparenza di trasferimentodatocheildestinatariodiessononvieneadacquistare il pieno diritto di proprietà sul bene (inteso appunto come piena possibilitàdigodereedidisporredelbenemedesimo). Per rispondere a questa domanda occorre chiedersi se, e come, la situazionechescaturiscedaunnegoziofiduciariodifferiscadaquelle derivantedaunnegoziosimulato. Per una trattazione più esaustiva del rapporto fra fiducia e simulazione, si rinvia a quanto verrà detto nel capitolo dedicato al fenomenodellasimulazione 147