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1 Narrativa latino-americana THELMA E LOUISE A BAIRES, IN FUGA D’AMORE “Addio Hemingway” del cubano Leonardo Padura Fuentes, “El niño pez” dell’argentina Lucía Puenzo, “Entre canibales” della cilena Lyuba Yez. Tre romanzi (gli ultimi due inediti in Italia) per fare il punto sui nuovi autori sudamericani oscillanti tra il giallo metaletterario, il realismo magico e la denuncia politico-sociale. ****** di Agnese Codebò Dopo il boom editoriale che seguì la pubblicazione di Cent’anni di solitudine l’interesse per il romanzo latino americano sembra oggi ridursi al periodico acquisto dei ben confezionati prodotti che puntualmente sfornano Coelho e Allende. Se abbandoniamo le suggestioni del marketing potremmo accorgerci che oggi la letteratura latino americana è più che mai viva. Da qui muove la scelta di proporre al lettore una breve analisi di tre romanzi esclusi dal grande circuito editoriale che pur esprimendo punti di vista particolari, risalenti alla diversa nazionalità dei loro autori, riescono a trasferire nella narrativa aspetti comuni all’intera società latino americana. Il punto d’incontro tra i tre narratori in questione è la loro scelta di una scrittura comunicativa tesa a riprodurre il dialogo dell’oralità quotidiana. Il tenente Mario Conde ritorna nelle pagine del romanzo dello scrittore cubano Leonardo Padura Fuentes, Addio Hemingway, dopo il fortunato successo della serie poliziesca delle “Quattro stagioni” inaugurata da Passato remoto (Leonardo Padura Fuentes, Adiós, Hemingway, Tusquets Editores, Barcelona 2006; versione in italiano Addio Hemingway, Tropea 2002, p.192, € 13,00). Nella memoria di Mario Conde è ancora vivo il ricordo di una sua passeggiata con il nonno a Cojímar. Quel pomeriggio del 1960, nel piccolo paesino di pescatori, il bimbo Conde vide per prima ed unica volta Hemingway ed attratto dal suo fascino, si azzardò a salutarlo. Quarant’anni dopo, abbandonato il suo lavoro di tenente della polizia all’Avana e dedito alla vendita di libri di seconda mano, Mario Conde torna a Finca Vigía, la casa museo di Hemingway nei dintorni della capitale cubana, dove si trova di fronte ad uno strano caso. Nel giardino della proprietà sono stati ritrovati i resti di un uomo che, in base all’autopsia, era stato ucciso quarant’anni prima con due colpi di pistola nel petto. Vicino al cadavere viene rinvenuto anche un distintivo dell’FBI. Mentre Conde cerca di chiarire gli avvenimenti che si svolsero tra il 2 e il 3 di ottobre del 1958, il romanzo ci fa assistere agli ultimi anni di vita dello scrittore nordamericano, alle sue ossessioni e paure e ci trasporta nell’ambiente dell’Avana, dove appaiono strani oggetti come il revolver calibro 22 che lo scrittore custodiva avvolto nella biancheria intima di Ava Gardner. 2 Addio Hemingway non rientra a pieno titolo nel genere poliziesco, sono sì presenti un cadavere ed un detective, ma con funzioni alterate rispetto al giallo classico. Conde stesso non si identifica totalmente con la figura del poliziotto. Ciò che lo definisce come personaggio è infatti il suo senso dell’amicizia, il completarsi nell’altra persona, un’idea che è strettamente legata al sentimento di fratellanza presente a Cuba. In Addio Hemingway, il crimine è letterario piuttosto che reale poiché il romanzo crea un gioco tra la finzione di ciò che è accaduto la notte tra il 2 e il 3 di ottobre del 1958 in casa di Hemingway e la vera vita dello scrittore nordamericano in quel periodo, quando era già malato, vecchio e stanco. Così scoprire o meno chi è l’assassino non altera la stima che Conde nutre nei confronti di Hemingway. Nel romanzo, se mettessimo su una bilancia ciò che avviene nella casa di Hemingway con ciò che succede nella vita dello scrittore, quest’ultimo aspetto appare molto più importante rispetto al primo. L’Hemingway qui rappresentato non è quello degli scenari letterari, ma l’individuo che si trova di fronte a due grandi timori: l’impossibilità di scrivere e la morte. Il romanzo non critica tanto lo stile di vita violento e pieno di eccessi di Hemingway, ma piuttosto analizza i sentimenti che logorano lo scrittore nei suoi ultimi mesi di vita; soprattutto rende omaggio al ‘Papa’, così chiamavano Hemingway i pescatori di Cojímar, amato e a volte criticato da molti cubani. Attraverso i riferimenti allo scrittore nordamericano Addio Hemingway si apre all’intertestualità e alla metaletteratura, senza alcun timore di nutrirsi di cose già scritte perché tratto fondante della letteratura è la capacità di riflettere su se stessa. Dentro queste coordinate, l’originalità consisterà nella forma e nello stile che il singolo scrittore darà alla propria opera. L’intertestualità è la chiave per rappresentare una Cuba mitica che trascende i diversi regimi politici che hanno governato l’isola. Lo scrittore vede Cuba come l’avrebbe vista Hemingway, attraverso il filtro della nostalgia. Lucía Puenzo ha studiato lettere presso l’Università di Buenos Aires e cinema nel Centro di Sperimentazione Cinematografica dell’INCAA. Oggi scrive sceneggiature per il cinema e la televisione. Ha partecipato alla creazione di lungometraggi, documentari e fiction. El niño pez è il suo primo romanzo (Beatriz Viterbo Editora, Rosario 2004, p. 160). Dal mondo pervaso dalla memoria di Hemingway approdiamo, con El niño pez, ad una realtà osservata dal basso attraverso gli occhi di Serafín, il cane narratore, portatore di un linguaggio giovane e contemporaneo. Lingua e stile ricordano l’abilità di Manuel Puig nel riprodurre, sulle pagine dei suoi romanzi, l’oralità quotidiana. A metà lettura del romanzo si passa dagli interni di una casa di una famiglia medio-alta di Buenos Aires a uno scenario da film “on the road” tra l’Argentina e il lago di Ypacaraí in Paraguay. Il susseguirsi vertiginoso delle azioni avvicina ulteriormente il testo al genere del viaggio. Succede di tutto: una ragazza, Lala, si innamora di Guayi, la domestica diciassettenne, uccide suo padre e fugge. Anche sua mamma scappa, ma in India con il suo amante. Il fratello è un perditempo che dedica le sue energie alla fruttuosa coltivazione di piante di cannabis sul terrazzo di casa. Il padre è un famoso intellettuale di prestigio ed è anche colui che ruba l’amore, o per lo meno il sesso, alla giovane figlia. Ed è questa mancanza 3 di rispetto che innesca la tragedia e il viaggio. Se El niño pez fosse un film si avvicinerebbe molto a Thelma e Louise. Due ragazze, appartenenti a classi sociali distinte, unite dalla passione, dalla fuga e dal susseguirsi di avvenimenti in cui sono coinvolte. Nel romanzo, sono presenti anche ingredienti riconducibili alla cultura della televisione odierna e soprattutto delle telenovelas, nate in Sudamerica ma che godono di notevole successo anche da noi. In una perfetta sceneggiatura da soap-opera s’inserisce il racconto del passato di Guay, che da ragazzina era stata la fidanzata di Nestor Socrates, oggi famoso attore della televisione paraguaiana. Tutto fa pensare ad una strada deserta percorsa da una decapottabile rossa con a bordo due donne coi capelli al vento. Ma qui, nel romanzo di Lucia Puenzo e nel percorso che unisce Buenos Aires al lago Ypacaraí, non si trovano né macchine decappottabili né deserti. Ci sono però altri elementi che riconducono il libro al genere soap: le risa, i pianti, la vendetta, il rischio, il sesso e il sangue. L’originalità dell’opera della Puenzo non la si riscontra nella sua tendenza all’azione, né nella storia d’amore tra due persone dello stesso sesso e neanche nella prospettiva canina. Ciò che rende interessante questa narrazione è la distanza sociale tra la ragazza di Buenos Aires e la domestica paraguaiana. I tratti distintivi della classe sociale alta e di quella bassa si scambiano di posto all’interno della relazione tra le due. Così la razionalità e l’intelligenza, opposte alla passione e all’irrazionalità, sono doti attribuite, contraddicendo gli stereotipi, al personaggio della classe inferiore. Ciò nonostante ciascuna delle due ragazze mantiene le caratteristiche del proprio ambiente d’origine. Al principio e alla fine di questa storia, nel fondo del lago, c’è il bimbo pesce (“el niño pez”), una figura mitica che aggiunge magia e colore alla narrazione e avvicina il romanzo alla tradizione del realismo magico inaugurato da García Marquez. Lyuba Yez è nata in Cile, a Santiago nel 1979. Laureata in giornalismo presso la Cattolica di Santiago, insegna comunicazione presso la stessa università e scrive sceneggiature per il cinema. Ha pubblicato i suoi primi racconti sulla rivista El Mercurio all’età di quindici anni e successivamente in diverse antologie, come “Con Presión” e “En Crisis”. Ha partecipato ai corsi di scrittura di Pía Barros e Carlos Franz prima di pubblicare il romanzo La ciudad está sola nel volume “Impropias” (Editorial Asterión, 2003). Entre Canibales è la sua seconda opera di narrativa. Da una realtà difficile semplificata attraverso gli occhi di un cane-narratore arriviamo ad un libro che esprime una visione ben più cruda. Entre canibales (Aguilar Chilena de Ediciones 2005, p. 289) è ambientato da Lyuba Yez a Santiago e rappresenta il mondo corrotto e privo di scrupoli che circonda la protagonista Emilia Duarte. A pochi mesi dalle elezioni parlamentari, la protagonista e narratrice Emilia, giornalista e giovane sposa del tesoriere del rispettato Partito Conservatore, decide di mettere fine ad una lunga catena di favori e tradimenti che hanno destabilizzato il suo mondo e distrutto il suo matrimonio. Mossa dal desiderio di vendetta verso l’ambiente spietato che la circonda, Emilia sfida il potere, la sua stessa ambizione e il destino, organizzando un pericoloso piano per distruggere le persone che fino allora le erano state vicino. La Yez cala il Lettore nella storia cruda di una donna che dovrà lottare contro tutto per una rivendicazione che crede necessaria e davanti alla quale non è disposta a transigere. 4 Pagina dopo pagina i cannibali del titolo coincidono con le figure dei giornalisti e dei politici arrivisti ed opportunisti, tasselli di un mosaico che caratterizza buona parte della società contemporanea. I primi fanno parte del passato di Emilia e sono incarnati dai cronisti senza pietà che affollano la hall dell’ospedale quando Miguel Ossandón, il cognato della protagonista, è ferito da una pallottola. Fra di loro risalta soprattutto il capo redattore Pancho Ramírez, il cui perenne ghigno esprime tutta la falsità del giornalista impegnato unicamente a “succhiare” quante più informazioni possibili. I politici rappresentati alla perfezione dal presidente del Partito Conservatore, Eugenio Aldunate, maestro nella corruzione e nel negare qualsiasi cosa anche l’evidenza, sono invece il presente che Emilia vuole cancellare. La migliore definizione del ruolo dei cannibali in questo romanzo la dà la stessa protagonista: “Noi giornalisti siamo capaci di divorarci a vicenda. Siamo cannibali… I conservatori neanche a parlarne, ti distruggeranno…” (p.60). Entre canibales è un romanzo che, inserendosi all’interno del filone della narrativa di indagine sfocia nell’inchiesta giornalistica, svelando i lati oscuri del potere e della società e collocandosi di diritto nella tradizione latino americana dei giornalisti-scrittori. Una curiosa suddivisione dell’opera in due parti, la prima intitolata “i favori” e la seconda “i debiti”, trascende l’utilità della partizione per significare che una volta pagati gli ultimi si è liberi. Libertà intesa come possibilità reale di scegliere e decidere. Si può iniziare a dimenticare, superare l’abbandono per poi ricominciare. Così la protagonista, con un passato da persona arrivista e bugiarda, riesce ad ottenere ciò che realmente vuole, nonostante questo significhi avere l’opportunità di iniziare di nuovo con una borsa piena di colpe, responsabilità e dolorosi ricordi. L’industria editoriale segue la logica del mercato e tralascia l’originalità e una certa letteratura latino americana che è ancora capace di produrre quadri vivaci della società. Questa tendenza è dimostrata dalla sorte che tocca a libri come quelli che ho appena descritto. Gli ultimi due romanzi analizzati non sono, infatti, ancora stati tradotti mentre il primo è stato pubblicato in italiano da un piccola casa editrice. Per fortuna produzioni letterarie escluse dal circuito del marketing editoriale riescono a conquistare una propria visibilità grazie a spazi editoriali indipendenti ed a pubblicazioni come questa.