DisgeloBush-Chirac,intesasull`Iraqvicina

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DisgeloBush-Chirac,intesasull`Iraqvicina
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DOMENICA
6 GIUGNO 2004
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ANNO 129
N. 134
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L’America a Roma, l’Onu e il centrosinistra
Vertice in Francia dopo la visita a Roma. Il capo dell’Eliseo: bozza Onu da migliorare, ma spero sia firmata entro pochi giorni
CORREZIONE
DI ROTTA
DisgeloBush-Chirac,intesasull’Iraqvicina
di STEFANO FOLLI
C’è qualcosa di peggio
dello slogan oltraggioso
gridato a Roma contro i
carabinieri («dieci, cento,
mille Nassiriya...») ed è
l’assurda giustificazione
che ne dà il leader dei Cobas, Bernocchi: solo il
«crudele sfottò» escogitato da «un piccolo gruppo
di giovanissimi». Davvero
inquietante per una manifestazione pacifista. Ma
qui finisce l’aspetto grottesco e ignobile della vicenda. D’ora in poi sarebbe
meglio avvolgere nel silenzio questo brutto episodio
insieme alla bassezza morale di chi se n’è reso protagonista e al cinismo di
chi lo ha permesso. Quello che invece non si può fare è usare la frase infame
come arma elettorale contro l’opposizione di centro-sinistra. Se a destra
qualcuno è tentato, commette un errore. Non solo
per l’ovvia circostanza che
la condanna, nell’Ulivo e
a sinistra di esso, è stata
unanime e tempestiva, salvo le frange irriducibili di
cui si è detto (ma chi rappresentano e dove si collocano nel brodo mediatico?). Anche per un’altra
ragione.
Non si può ignorare
che i cortei di Roma sono
stati in concreto scoraggiati, se non sabotati, dalla Lista Prodi. Il che ha concorso al successo dell’ordine
pubblico, dovuto al ministro dell’Interno, al prefetto, alla professionalità di
chi ha gestito la situazione
con intelligente flessibilità. Ma si deve anche a
quanti, a destra e a sinistra, hanno saputo far prevalere le ragioni politiche
del buon senso trasversale. E la stessa sinistra parlamentare che ha scelto di
scendere in piazza (Bertinotti, Pecoraro Scanio, Occhetto, Giovanni Berlinguer) è stata bene attenta
a non fornire esche agli incendiari.
Si può obiettare che era
interesse comune evitare
violenze e disordini a una
settimana dalle elezioni.
Vero. Tuttavia non era così scontato che i moderati
del centro-sinistra, appena pochi giorni dopo il voto in Parlamento sul ritiro
dei soldati dall’Iraq, volessero sottrarsi in forme vistose all’abbraccio del pacifismo militante. Ma è
proprio quello che è accaduto, segno che il voto, dopo aver creato disagio nella Margherita e in una parte dei ds, non è servito
nemmeno a sanare la ferita fra le diverse anime della sinistra.
Non solo. Comincia a
esser chiaro che nella tasca di Bush c’è davvero
un’ipotesi di risoluzione
dell’Onu in grado di cambiare lo scenario iracheno. Del resto, l’obiettivo
del presidente americano
a Roma, oltre al piacere di
salutare l’amico Berlusconi e di garantirsene l’appoggio, era l’incontro con
il Papa. Ed è lì, nelle stanze del Vaticano, che si è
capito quanto sia rilevante la svolta della politica
americana, come tale incoraggiata a chiare lettere
dal Pontefice.
Rispetto a questi sviluppi, sanciti dal riavvicinamento di Bush a Francia e
Germania, la linea seguita
dal centro-sinistra rivela
tutte le sue incongruenze.
Aver chiesto il ritiro delle
truppe alla vigilia del ritorno sulla scena delle Nazioni Unite sembra un grave
errore di analisi, a meno
di non voler spiegare tutto
con il tatticismo elettorale. In realtà è già in corso
la correzione della linea.
Le plateali distanze dai
cortei «pacifisti» costituiscono il primo passo della
riconversione. Il secondo
è più difficile perché riguarda il rapporto con
l’Onu, che il centro-sinistra ha appena sfiduciato
in Parlamento.
D’Alema sostiene che
non è la sinistra a essere incoerente, ma è la maggioranza berlusconiana a
cambiare parere dopo
aver tanto sminuito, non
credendoci, il ruolo delle
Nazioni Unite. E’ esatto,
ma si tratta di una magra
consolazione. Nel caso di
Berlusconi, l’incoerenza
va tutta a suo vantaggio;
per la semplice ragione
che il governo si è da tempo issato sul carro di Bush
e logicamente ne segue
l’evoluzione pro-Nazioni
Unite. Rallegrandosene.
Invece il centro-sinistra
ha compiuto il percorso inverso e adesso si sforza di
ritrovare il punto d’equilibrio. Bene che vada, ha regalato all’avversario un cospicuo vantaggio.
Il presidente Usa ringrazia Berlusconi: mi fido di te. Il premier: i nostri militari resteranno a Nassiriya
Il Cavaliere e il D-Day: «Noi esclusi? No, ho tolto dall’imbarazzo Parigi facendo venire qui George»
VERITA’ STORICHE E SGARBI ALL’ITALIA
di SERGIO ROMANO
GIANNELLI
Spiace dirlo, ma la
superiorità e la noncuranza con cui il
presidente del Consiglio Berlusconi ieri,
durante la sua conferenza stampa con George Bush, ha commentato l’assenza dell’Italia alle celebrazioni per lo sbarco in
Normandia non è del
tutto convincente.
Un ambasciatore,
Pietro Quaroni, diceva spesso che la politica estera italiana è
quasi sempre una «politica della sedia». La
presenza, per l’Italia,
ha sempre contato
più della effettiva e
sostanziale partecipazione all’evento.
Dopo mesi di incomprensioni, la Francia e gli
Stati Uniti sembrano più
vicini a un accordo sull’Iraq. «La bozza Onu è da
migliorare, ma spero che
sia firmata entro pochi
giorni», ha detto il presidente francese Jacques
Chirac nel corso dell’incontro con il presidente
Usa George Bush, arrivato ieri in Francia per celebrare il 60mo anniversario
dello sbarco in Normandia. Prima di volare a Parigi, Bush ha tenuto a Roma una conferenza stampa congiunta con Silvio
Berlusconi, in cui ha ringraziato il presidente del
Consiglio italiano: «Mi fido di te». Berlusconi ha ribadito che i nostri soldati
resteranno in Iraq. E ha
spiegato così la sua mancata partecipazione alle
celebrazioni normanne:
non siamo stati esclusi, sono io che ho tolto Chirac
dall’imbarazzo facendo
venire qui Bush.
CONTINUA A PAGINA 6
L’ULTIMO SALUTO
A LOS ANGELES
È morto Reagan, segnò un’epoca
È morto, nella sua casa di Los Angeles, l’ex presidente degli Stati
Uniti Ronald Reagan. Aveva 93 anni e da molto tempo combatteva
contro il morbo di Alzheimer, continuamente accudito dalla mo-
U Da pagina 2 a pagina 8
L’inchiesta sui tre giovani assassinati a Varese. Il pm: orrore senza precedenti
L’America
Satanismo, i verbali degli arrestati. E si indaga su altre morti che amiamo
di ENZO BIAGI
Staccarsi da tutto
anche dalla vita
di MAURO COVACICH
L’addio al cuoco ucciso
«Antonio, eroe di pace»
«Antonio è stato vittima del terrore, è
eroe della pace e dell'amore». Così il vescovo di Aversa ha celebrato i funerali di
Antonio Amato, il cuoco italiano ucciso
ad Al Khobar. Alla funzione anche il premier Berlusconi e il presidente della Camera Casini. Una delegazione di cuochi
guidata da Gianfranco Vissani ha portato la bara a spalla.
(foto Castano)
U A pagina 9 Bufi, Gallo, Roncone
I più sono «dormienti». Non ti accorgi di loro. Stanno seduti a testa china in metropolitana, hanno le urla di Marilyn Manson nelle orecchie. Senti solo gracchiare
le cuffie da fuori. Non danno nell’occhio più di tanto. Fino a mezz’ora prima possono aver fatto fotocopie dal commercialista oppure hanno appena consegnato l’ultimo pacco e chiuso il furgone.
Non ti sembrano neanche vestiti
in modo strano — ormai chiunque
è vestito in modo strano. Al massimo una spilla col teschio, o il triplo sei. Sono bravi ragazzi. Bravi
ragazzi satanisti. Loro non vanno
al centro sociale a preparare la
manifestazione, né vanno in parrocchia a distribuire vestiti ai
ghanesi. Non vanno a fare lo struscio in centro, né al concerto di Tiziano Ferro. Loro si tengono alla
larga dalla massa dei normali.
Sono di Fabio Tollis e di Chiara Marino i due corpi ritrovati
sepolti in un bosco di Somma
Lombardo (Varese). I due,
scomparsi nel ’98, sono stati uccisi a martellate.
R Nuovi misteri. Per un mistero che si chiude, altri se ne aprono: non ci sarebbe solo la morte
di Fabio e Chiara tra le imprese
della setta delle «Bestie di Satana» i cui componenti sono in
carcere a Busto Arsizio. La magistratura vuole riaprire casi archiviati come morti accidentali. Le indagini erano partite dalla morte di Mariangela Pezzotta, uccisa a Golasecca con un
colpo al volto e finita a badilate.
Per quel delitto sono in carcere
l’ex fidanzato della vittima, Andrea Volpe, e un amico.
R «Storia turpe». Il pm Pizzi afferma: «Mai incontrata una storia così turpe». Dai verbali degli
interrogatori emergono particolari raccapriccianti. «Abbiamo
ucciso Chiara perché in lei vedevamo impersonata la Madonna».
CONTINUA A PAGINA 12
ALL’INTERNO
IL PAPA A BERNA
«Giovani,
spendetevi
come me»
U A pagina 18
Accattoli
ELEMENTARI
Addio
all’esame
di quinta
U Alle pagine 12 e 13
U A pagina 20
Del Frate, Fasano
Foschini, Offeddu
Cavadini
Ricerca inglese ricostruisce le relazioni tra odori e memoria
«Conti pubblici in ordine, dire il contrario è suicida» Così il cervello ricorda con i profumi
Rivoluzione e tradizione
Novanta capolavori
raccontano la più
straordinaria
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COMUNE
DI FERRARA
PROVINCIA
DI FERRARA
«Il Paese è messo meglio di quanto sembri».
Da Santa Margherita Ligure, al convegno dei
giovani della Confindustria, Giulio Tremonti
assicura che i conti pubblici italiani non sono «a
rischio». Secondo il ministro dell’Economia «la situazione, anche per il debito, non è così drammatica, nonostante il modo
suicida con cui alcuni
giornali parlano di conti
a rischio». Tremonti conferma il piano di riduzione delle tasse e la riduzione dell’Irap sulla ricerca. E rivela che il governo sta studiando
l’istituzione di un fondo
per ogni neonato, per finanziare l’istruzione dei
giovani e la loro formazione professionale, alimentato dallo Stato e
da rimborsare in tempi
lunghi.
U A pagina 21
Marro, Polato, Sensini
UNA GIORNATA
CON
Fini: abbiamo smontato
l’asse Lega-Tremonti
di ALDO CAZZULLO
«Abbiamo smontato l’asse
nordista», quello tra la Lega e
Giulio Tremonti. Così dice
Gianfranco Fini, che tuttavia
è attento a
evitare qualsiasi attrito
con gli alleati. Per Bossi
ha parole affettuose. E
sottolinea
che la campagna elettorale di An per le
Europee punta «a rafforzare il
partito ma anche il governo».
di MASSIMO
PIATTELLI PALMARINI
Con un titolo proustiano («Alla ricerca dell’odore perduto») nel suo ultimo numero la rivista Neuron svela i meccanismi
neurobiologici che spiegano il riconoscimento degli odori e il loro ruolo nel
creare e ricreare ricordi.
Una settimana prima,
sempre su Neuron, i biologi del Baylor College of
Medicine, di Houston, si
erano concentrati sul moscerino dell’aceto, la benemerita drosofila, cui
tanto devono generazioni
di genetisti. Spruzzando
intorno all’insetto odori
nuovi e dando subito dopo un lieve choc elettrico,
l’équipe di Ronald L. Davis ha seguito, neurone
per neurone, la formazione di connessioni nuove e
la loro stabilizzazione.
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IL CUBISMO
STRETTAMENTE
PERSONALE
«Sì,massacrammoqueiragazzi»
Tremonti: niente drammi. Il Tesoro studia un fondo «per il futuro di ogni neonato»
In autunno a Ferrara
glie Nancy. Era stato il quarantesimo presidente degli Stati Uniti,
dal 1981 all’89.
Nella foto Ap: Nancy e Ronald Reagan
U Alle pagine 10 e 11 M. Caprara
Caretto, Farkas, Gaggi, Riotta
Non ho mai scritto, in senso dispregiativo, Amerika:
niente kappa. Amo
quel Paese che è venuto a liberarci e a
sfamarci due volte.
Lo conosco: c’ero —
stavo sul Mississippi — anche il
giorno in cui uccisero John Kennedy. Ho conosciuto Robert, il
fratello, di temperamento severo
e anche duro, che rimase sorpreso quando, presentandolo durante un comizio, fu annunciato come «il nostro amato Bob». «Amato — mi disse — non me lo aveva
mai detto nessuno».
Sono stato a Cuba dal marinaio che accompagnava Hemingway; sul comodino accanto al letto dello scrittore c’era la copia di
Epoca col suo romanzo Il vecchio
e il mare. Feci compagnia a Faulkner durante una giornata milanese; quando andai a Oxford, nella
sua casa, mi venne incontro un
contadino nero con un secchio
pieno di mais. Tornai anni dopo
per vedere quello che era rimasto
di lui; visitai anche la sua tomba:
sulla lapide stava scritto: «Amato, vai con Dio». Il suo nome figurava ancora nell’elenco del telefono, ma al 719 della Garfield Avenue non abitava più nessuno. Le
assi del piccolo patio di legno
scricchiolavano, la cassetta della
posta era arrugginita, il recinto
dei cavalli marciva. Nel 1950 aveva vinto il Nobel. Non amava i
suoi compatrioti e solo il droghiere, un lindo e sorridente ometto,
riceveva le sue pacate confidenze
e poteva addirittura chiamarlo
Bill.
Mister Bush, io amo l’America, per quello che è e per quello
che ha fatto per noi. E per quello
che ci ha dato: scrittori, scienziati, libertà. «Happy day», mister
Bush. La sua patria ha rappresentato la speranza e il modello per
molti di noi. Ma questa immagine
non può essere sporcata dalle
«gravi violazioni dei diritti umani», dalle imprese dell’Iraq: uccisioni arbitrarie, torture. Non è
questa la nostra America, quella
che amiamo. Lei ha il potere,
provveda e punisca.
40 6 0 6
U A pagina 15
CONTINUA A PAGINA 29
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