COME IN UNO SPECCHIO Biblioterapia 2012

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COME IN UNO SPECCHIO Biblioterapia 2012
Biblioterapia. Come curarsi (o ammalarsi) coi libri, 2012
Come in uno specchio. Leggere sé, narrare l‟altro / leggere l‟altro, narrare sé
Ideazione e cura
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Redazione web
Assistenza tecnica
Oriana Maroni
Lorella Barlaam
Nadia Bizzocchi
Emilio Salvatori
Patrizia Bebi, Anna Mazzavillani, Grazia Tonni
Cesare Novara, Anna Morri
Cesare Banducci, Silvia Renzini
Maurizio Fantini
Finito di stampare ottobre 2012
Come in uno specchio
leggere sé, narrare l‟altro / leggere l‟altro, narrare sé
Adesso noi vediamo come in uno specchio,
in maniera confusa; allora vedremo faccia a faccia
(Paolo di Tarso, Prima lettera ai Corinzi, Capitolo 13, Verso 12)
I libri parlano sistematicamente di noi, e ogni lettura altro non è che la
decifrazione di una parte diversa di noi stessi
(M. Bettini, Con i libri)
Subito lo specchio cominciò a versare sopra di lei una luce che parve
fissarla; parve un acido destinato a corrodere ciò che non era essenziale,
ciò che era superficiale, per lasciare solo la verità
(V. Woolf, La signora nello specchio)
”Come in uno specchio. Leggere sé, narrare l‟altro / leggere l‟altro,
narrare sé” è il titolo della quarta edizione di “Biblioterapia. Come
curarsi (o ammalarsi) coi libri”, il ciclo di conversazioni e letture
promosso dalla Biblioteca Gambalunga in collaborazione con
l‟Istituzione Musica Teatro Eventi, con il sostegno della Provincia di
Rimini e il patrocinio dell‟IBC Emilia Romagna. Sette incontri, che si
svolgeranno tra ottobre e dicembre, con un appuntamento teatrale e
una “drammaturgia sul doppio” in parole e musica dedicata ai lettori.
Il tema di quest‟anno è la riflessione sulla scrittura e la lettura come
forma di costruzione e disvelamento di identità, incontro e confronto
con l‟altro da sé, occasione di riconoscimento del proprio destino di
uomini.
«Chi sono io?»; «Donde vengo, e dove vado?»; «Come vivere?»
sono le nostre domande di sempre. La lettura e la scrittura, pur
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mettendo in conto il fallimento, sono un tentativo di risposta. «La
lettura» scrive Alberto Manguel, «non consola. Invece può,
misteriosamente, fungere da specchio, acquisire per un determinato
lettore il valore di traduzione di una precisa sensazione, di
un‟intuizione, di una trovata».
Così come l‟ordine narrativo dell‟esistenza nasce da quel
riconoscersi «come in uno specchio» che può diventare scrittura
letteraria. Secondo Ezio Raimondi: «se l‟uomo comune è per
definizione un narratore, un narratore che si guarda allo specchio e
diventa coscienza di sé – e la coscienza di sé ha sempre una parte
narrativa -, lo scrittore è un uomo particolare, capace, nella sua
narrazione, di far brillare una luce che riguarda tutti».
Insomma: lo scrittore e il lettore si pongono di fronte alla pagina
come dinanzi a quel «fenomeno-soglia» che «marca i confini tra
immaginario e simbolico» che per Umberto Eco è lo specchio.
Se con Borges ammettiamo che «la storia universale è forse la storia
della diversa intonazione di alcune metafore», quella “originaria”
dello specchio, nella cultura occidentale è fin dall‟antichità associata
all‟invito socratico del Conosci te stesso perché è «il solo che riveli
direttamente all‟uomo la sua immagine, il suo doppio, il suo
fantasma, il suo simulacro, le sue perfezioni e imperfezioni fisiche»,
spiega Jurgis Baltrušaitis. E la psicoanalisi contemporanea,
attraverso Lacan, ha rivelato uno «stadio dello specchio (uno stadio
dell‟uomo-bambino) come formatore della funzione dell‟Io». Ma,
davanti allo specchio, facciamo esperienza anche di quell‟altro che
ancora non è.
Nel quadro di Magritte che abbiamo scelto come “icona” di questa
edizione della Biblioterapia, nello specchio ci sono un uomo e un
libro. Il riflesso del libro – Le avventure di Gordon Pym di E. A. Poe –
obbedisce alle leggi della catottrica. La riproduzione dell‟uomo,
invece, che appare di spalle, sembra interdetta. «La reproduction
interdite di Magritte» chiosa Tagliapietra, «gioca sulla differenza
strutturale tra la duplicazione del rispecchiamento e l‟inclusione nel
rispecchiamento di colui che si guarda». Posto di fronte allo
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specchio, l‟uomo (il lettore?) può dir di no alla coazione meccanica,
narcistica del riflesso, e accogliere l‟enigma dell‟identità e della
differenza, che si esplica attraverso il rapporto dell‟altro e dello
stesso. La scrittura e la lettura investono sempre l‟autorappresentazione, i luoghi e le pratiche di incontro con l‟altro, il cui
sguardo è necessario per porre il soggetto come Io. Nello specchio
del libro si apre la possibilità di leggere sé e narrare l‟altro e,
specularmente, di leggere l‟altro e narrare sé.
«Allegoria della visione esatta» aggiunge Jurgis Baltrušaitis, «lo
specchio lo è anche del pensiero profondo e del lavoro dello spirito
che esamina attentamente i dati di un problema. “Reflectere” non
significa forse “rinviare indietro”, “rispecchiare” e “rifletteremeditare”?»
Così, “come in uno specchio”, la riflessione della Biblioterapia di
quest‟anno interrogherà i diversi linguaggi della filosofia, del mito,
della narrativa, della psicoanalisi, della poesia, del teatro.
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Riflettere, riflettersi: una mappa
«Una domanda» secondo H.G. Gadamer, «non è mai un quesito cui
si sa già dare una risposta». Così l‟interrogativo “tu chi sei?” apre un
percorso che spiazza ogni concettualizzazione filosofica, come sostiene il filosofo Franco Rella, che sabato 20 ottobre con L‟enigma
nello specchio aprirà il ciclo di incontri, proponendo un viaggio
attorno all‟Io e alla sua molteplicità. Che ci rende «un grumo, un
intreccio di storie, e forse il nostro compito è solo di dare un seguito
ai racconti che si sono depositati in noi: di continuare la narrazione».
Il bisogno vitale di narrare, di condividere delle storie in cui riconoscersi non è in fuga dal reale ma una chiave di lettura per interpretarlo e conferirgli un senso.
E ciò avviene fin dalle prime narrazioni, quei mythoi attraverso i quali
l‟uomo dischiuse l‟origine del mondo, ne pose la fondazione e al
contempo l‟interpretazione. Se è vero che il riflesso, sdoppiando per
la prima volta il divino agli occhi dell‟uomo, ha permesso il sorgere
della domanda metafisica, ciò che il mito mostra ininterrottamente è
lo stesso uomo che guarda. A indagare gli antichi specchi della
narrazione umana sarà Giulio Guidorizzi, grecista e filologo italiano,
che sabato 27 ottobre ci guiderà Nello specchio del mito.
Sono le parole dell‟arte, della letteratura e della poesia a
consegnarci le domande «che investono la passione del soggetto,
l‟amore, l‟odio, ma soprattutto il senso della sofferenza e del dolore».
Scrivere, parlare, dare voce, continuare un dialogo sono gli unici
modi che ha l‟uomo per sporgersi sul nulla. Lo specchio della
scrittura sarà il tema affrontato dall‟anglista Roberto Bertinetti con
C'est moi? Lettura e scrittura in Jane Austen e Virginia Woolf
(sabato 3 novembre), entrando nell‟officina di scrittrici prodigiose,
che nella scrittura hanno colto il riflesso della loro anima.
Specchi dell‟anima, specchi della memoria. Se le parole sono la sola
forma di restituzione che ci è consentita per riannodare i vuoti, i
silenzi che la morte lascia alla vita, il continuo esercizio della memo-
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ria consegnato alla scrittura è l'unico modo per ingannare il dolore,
sublimandolo in arte, letteratura. Dal fitto dialogo con i legami di una
vita - la sorella Yuki, il padre Fosco, l‟amico carissimo Pier Paolo
Pasolini, gli amori Alberto Moravia e Giuseppe Moretti - è nato il libro
La grande festa, a partire dal quale Dacia Maraini, la scrittrice
italiana più tradotta nel mondo, sabato 17 novembre avvierà la sua
riflessione sul rapporto fra vita e letteratura, memoria e scrittura: “La
grande festa”. Nello specchio della scrittura.
Labirinto di specchi, l‟io è impensabile come idea o sistema, ma può
essere mostrato, narrato, offerto all‟altro, nella sua molteplicità.
Montaigne, prima di Freud, aveva affermato che per conoscerci
dobbiamo inseguirci continuamente, perché l‟Io è multiplo e la vita
un movimento irregolare, ineguale. Il filosofo e psicanalista Romano
Màdera sabato 24 novembre ci introdurrà al Labirinto del riconoscimento a partire dal “Libro rosso” di Carl Gustav Jung, lo
straordinario diario attraverso cui lo psicanalista sperimentò un
dialogo serrato con la propria anima, la testimonianza del processo
di rinnovamento e di rinascita di sé, elaborato nel contesto di una
personale riflessione cosmologica.
Con Paul Valéry invece la domanda sull‟io si apre all‟arte del vedere:
come per Mallarmé, conoscersi significa vedersi o, come per
Baudelaire, «si guarda vedere; si guarda per vedersi guardare.»
D‟altronde, tutte le metafore della conoscenza in Occidente si sono
costituite sullo sguardo, e la theoria, in principio, non è altro che
visione. Scrive Valèry: «Chi mi guarda dallo specchio mentre mi
guardo allo specchio? Chi è quel signore che avanza l‟inammissibile
pretesa di essere me?» Di tali interrogativi, su cui il poeta francese
indagò tutta la vita, parlerà Valerio Magrelli, poeta e scrittore, sabato
1 dicembre: Paul Valery. Vedersi vedersi.
Lo Zodiaco del vivere, dialogo semiserio fra lo scrittore Ermanno
Cavazzoni e il semiologo Paolo Fabbri, sabato 15 dicembre
completerà la nostra biblioterapica speculazione. A chiudere il
percorso, non poteva mancare quello specchio celeste del nostro
terrestre destino che è lo Zodiaco, uno tra i tanti specchi naturali e
simbolici di cui l‟antica sapienza ha disseminato il nostro vivere.
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Punto di partenza del vertiginoso gioco affabulatorio, quel «che
succederebbe se…» che è il punto d‟origine di ogni labirinto narrativo.
Ad al(a)ta voce
Anche quest‟anno, la Biblioterapia intreccerà il suo percorso con
Tracce D Nuovo Teatro, con la messa in scena di L'uomo della
sabbia / Capriccio alla maniera di Hoffmann della compagnia
Menoventi, mercoledì 14 novembre al Teatro degli Atti.
«Ispirato al celebre racconto di E.T.A. Hoffmann – citato anche da
Freud nel suo saggio sul perturbante – lo spettacolo mescola
l‟immaginario fantastico e inquietante del primo Ottocento con le
incrinature novecentesche di Philip K. Dick e Adolfo Bioy Casares.
Divertendosi nel costruire cornici multiple sempre più raffinate e
scatole cinesi sempre più acute, Menoventi con L‟uomo della sabbia
raggiunge una summa del proprio procedere artistico, aggredendo i
meccanismi della rappresentazione».
.
(http://santarcangelofestival.com/sa2012/menoventi/)
Dedicato ai lettori
È ad ingresso libero e dedicato ai lettori Io, l‟altro drammaturgia sul
doppio a cura di Lorella Barlaam, con letture di Matteo Castellucci e
Giorgia Bondi e musiche eseguite da Marco Anghileri e Nicola
Matteini (sabato 10 novembre).
Il tema dello sdoppiamento, della scissione, della metamorfosi è una
costante che attraversa epoche e culture, dando adito a infinite
letture antropologiche e psicoanalitiche. E la figura del doppio,
messa in crisi dell‟idea unitaria dell‟Io, ossessiona da sempre la
letteratura. Così che la dualità, la gemellarità, la “binità” divengono
una formidabile macchina generatrice di racconti, che permette di
accostarne la valenza perturbante. Ma lo sdoppiamento non è forse
anche il procedimento principe della lettura e della scrittura?
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Scrivere come crearsi un altro Io. Leggere come identificarsi in
soggettività altre. Come scrive Peter Bichsel: «solo chi vive la lettura
come un mondo opposto diventa un lettore».
PROFILI
Lorella Barlaam ha frequentato la facoltà di Lettere classiche a
Bologna. Scrive su "Chiamami Città" e altri periodici, fa parte del
comitato di redazione della rivista d'arte "Aracne" (www.aracnerivista.it), svolge lavoro di addetta stampa e redazionale freelance.
Collabora con il Laboratorio Stabile Alcantara come drammaturga e
con la Biblioteca Gambalunga di Rimini, in cui coordina il Gruppo di
Lettura del Sabato. Ha pubblicato In corpore vili. Anatomia di una
lettrice (Guaraldi, 2010).
Roberto Bertinetti, oltre ad essere docente di Letteratura inglese
all‟università di Trieste, scrive per “Domenica” (supplemento
culturale del Sole 24 Ore), per “Il Venerdì di Repubblica”, “il
Messaggero”, la rivista “Il Mulino” e collabora con Radio3 Rai. Tra i
suoi volumi: Le rovine circolari: immagini dell‟artista nel XIX secolo
(ETS, 1982); Virginia Woolf, l‟avventura della conoscenza (Jaca
book, 1985); Ritratti di signore. Saggio su Jane Austen (Jaca book,
1987); Verso la sponda invisibile. Il viaggio nella letteratura inglese
da Dickens a Woolf (Feltrinelli, 1995); Dai Beatles a Blair: la cultura
inglese contemporanea (Carocci, 2001). Da Einaudi: Londra. Viaggio
in una metropoli che non si ferma mai (2007). Sempre per Einaudi
ha curato nuove edizioni di Ragione e sentimento e di Persuasione
di Jane Austen, per Fazi la prima traduzione in Italia di Doppia
menzogna di William Shakespeare, per Bur Rizzoli i Romanzi di
Virginia Woolf. Nel 2012 ha curato per Bur Rizzoli Consigli a un
aspirante scrittore di Virginia Woolf.
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Ermanno Cavazzoni insegna Poetica e Retorica all‟Università di
Bologna ed è scrittore di romanzi e racconti. Nella sua narrativa
predomina il gusto del paradosso e l‟attenzione a figure marginali ed
eccentriche, che meglio rappresentano la visionarietà dell‟esistenza
umana. Il suo romanzo Il poema dei lunatici (Bollati Boringhieri,
1987) ha dato luogo alla collaborazione con Federico Fellini per la
sceneggiatura del suo ultimo film La voce della luna. È autore di
racconti contenuti in Narratori delle riserve a cura di Gianni Celati
(Feltrinelli, 1992), degli scherzi letterari di I Sette cuori (Bollati
Boringhieri, 1992) e della traduzione scherzosa e infedele de Le
leggende dei santi di Jacopo da Varagine (Bollati Boringhieri, 1993)
e della raccolta di racconti Vite brevi di idioti (Feltrinelli, 1994). È
stato curatore della rivista “Il semplice” con Gianni Celati. Con Vite
brevi di idioti ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti e ha
occupato un posto di rilievo nella narrativa italiana contemporanea.
Con Gli scrittori inutili (Guanda, 2010), affronta con ironia il tema
della scrittura e del mestiere di scrittore. Fra le pubblicazioni più
recenti: Storia naturale dei giganti (Guanda, 2007), Il limbo delle
fantasticazioni (Quodlibet, 2009), Guida agli animali fantastici
(Guanda, 2011).
Paolo Fabbri, semiologo, studia teoria dei linguaggio e pratiche della
comunicazione. Insegna Semiotica alla LUISS di Roma e allo IULM
di Milano. È stato presidente del DAMS di Bologna e direttore
dell‟Istituto di Cultura italiana a Parigi, Docteur honoris causa,
Chevalier des Palmes Académiques, Officier des Arts et des Lettres
della Repubblica Francese.
Nel 1996 ha pubblicato Tactica de los signos (Gedisa editore). Nel
1998 La svolta semiotica (Laterza). Nel 1999 per il suo 60°
compleanno Costa & Nolan ha pubblicato L‟eloquio del senso curato
da L. Corrain e P. L. Basso. Negli anni successivi ha pubblicato la
raccolta di saggi Elogio di Babele (Meltemi, 2000), ha curato con G.
Marrone Semiotica in nuce (Meltemi, 2000-2001), ha scritto Segni
del tempo: un lessico politicamente scorretto (Meltemi, 2004); ha
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curato Morfologia del semiotico, di R. Thom, (Meltemi, 2006);
Semiotica. Dizionario ragionato di teoria del linguaggio di A. J.
Greimas e J. Courtès, (B. Mondadori, 2007); Le istanze enuncianti
di J.-C. Coquet, (B. Mondadori, 2008); Essere di parola di É.
Benveniste, (B. Mondadori, 2009); Arte in teoria, arte in azione di
Nelson Goodman, (Et al., 2010); Ripensamenti in filosofia, altre arti e
scienze, di N. Goodman, (Et al., 2011); L'ansa e l'accesso, di F.
Jullien, (Mimesis, 2011). The Architectures of Babel, con T. Migliore,
(Olschki, 2011). Fra le ultime pubblicazioni si segnalano: Feno-
menologia di Umberto Eco. Indagine sulle origini di un mito intellettuale contemporaneo, con M. Cogo, (Baskerville, 2010), Fellinerie.
Incursioni semiotiche nell'immaginario di Federico Fellini (Guaraldi,
2011). Pinocchio. Nuove avventure tra segni e linguaggi con I.
Pezzini, (Mimesis, 2012).
Giulio Guidorizzi, grecista e filologo italiano, studioso di letteratura
greca, del mito e dell'antropologia del mondo antico, insegna Teatro
e Drammaturgia dell‟antichità all‟Università di Torino, dove dirige il
Centro studi per il teatro classico.
Si dedica da sempre allo studio della letteratura greca e dell‟antropologia del mondo antico. Ha pubblicato tra l‟altro un‟edizione
delle Baccanti di Euripide (Marsilio, 1989); ha tradotto: Biblioteca di
Apollodoro (1995); i Miti (2000), la Mitologia Astrale di Igino (2009)
per Adelphi e vari testi poetici e teatrali dal greco. Per la fondazione
Lorenzo Valla ha curato l'edizione delle Nuvole di Aristofane e
commentato l'Edipo a Colono. Ha scritto con Maurizio Bettini Il mito
di Edipo (Einaudi, 2004); Letteratura Greca (Mondadori, 2003); Ai
confini dell'anima. I Greci e la follia (Raffaello Cortina, 2010). Ha
curato i due volumi sul mito greco per I Meridiani (Mondadori, 2009,
2012).
Romano Màdera è filosofo, psicoanalista di formazione junghiana e
professore ordinario presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca
di Filosofia Morale e di Pratiche Filosofiche. Fa parte delle
associazioni di psicologia analitica AIPA (italiana) e IAAP
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(internazionale), del Laboratorio Analitico delle Immagini (LAI,
associazione per lo studio del gioco della sabbia nella pratica
analitica) e della redazione della Rivista di Psicologia Analitica.
È uno dei fondatori dei Seminari Aperti di Pratiche Filosofiche e della
Scuola Superiore di Pratiche Filosofiche “Philo”. Ha chiamato la sua
proposta nel campo della ricerca e della cura del senso “analisi
biografica a orientamento filosofico” formando la società degli
analisti filosofi (SABOF).
Tra le sue pubblicazioni: Identità e feticismo (Moizzi, 1977); Dio il
Mondo (Coliseum, 1989), L'alchimia ribelle (Palomar, 1997); C. G.
Jung. Biografia e teoria (Bruno Mondadori, 1988); L'animale
visionario (Il Saggiatore, 1999); La filosofia come stile di vita (con
L.V. Tarca; Mondadori, 2003); Il nudo piacere di vivere (Mondadori,
2006), La carta del senso. Psicologia del profondo e vita filosofica
(Cortina, 2012).
Valerio Magrelli è una delle voci più originali della poesia italiana
contemporanea. Insegna Letteratura francese all'Università di
Cassino, e ha svolto una mirata attività di traduzione. Ha diretto la
collana di poesia italiana e straniera "La Fenice" dell'editore Guanda,
e la serie trilingue della collana Einaudi "Scrittori tradotti da scrittori".
Ha pubblicato Ora serrata retinae (Feltrinelli, 1980), Nature e
venature (Mondadori, 1987), Esercizi di tipologia (Mondadori, 1992)
e presso Einaudi Poesie (I980-I992) e altre poesie (1996), comprensivo delle tre precedenti raccolte e di altri versi successivi e
Didascalie per la lettura di un giornale (1999). La sua ultima raccolta
di versi è Disturbi del sistema binario (Einaudi, 2006). Fra i suoi
lavori critici, La casa del pensiero. Introduzione all'opera di Joseph
Joubert (Pacini, 1995) e Vedersi vedersi. Modelli e circuiti visivi
nell'opera di Paul Valéry (Einaudi, 2002), Profilo del Dada (Laterza,
2006) e Nero sonetto solubile. Dieci autori riscrivono una poesia di
Baudelaire (Laterza, 2010). Nel 2003 ha pubblicato per Einaudi Nel
condominio di carne (2003), Addio al calcio (2010) e Il Sessantotto
realizzato da Mediaset (2011).
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Dacia Maraini è tra le più conosciute scrittrici italiane, e la più
tradotta nel mondo. È autrice di romanzi, racconti, opere teatrali,
poesie e saggi editi da Rizzoli e tradotti in venti paesi Si è dedicata e
continua a dedicarsi al teatro, che vede come il miglior luogo per
discutere col pubblico sui grandi temi dell‟attualità, politici e sociali.
Nel 1990 ha vinto il Premio Campiello con La lunga vita di Marianna
Ucrìa e nel 1999 il Premio Strega con Buio. Scrive sul “Corriere della
Sera”. Tra i suoi romanzi ricordiamo Memorie di una ladra (1973),
Isolina (1985), Bagheria (1993), Voci (1994), Dolce per sé (1997),
Colomba (2004) e Il treno dell‟ultima notte (2008). Nel 2009 ha
pubblicato i racconti La ragazza di via Maqueda e nel 2010 la
raccolta di scritti di viaggio La seduzione dell‟altrove. I suoi ultimi libri
sono La grande festa (2011), e L‟amore rubato (2012). Finalista nel
2011 per il Man Booker International Prize, nell‟estate 2012 le è
stato assegnato il Premio Campiello alla carriera.
Menoventi nasce nel 2005 a opera di Consuelo Battiston, Gianni
Farina e Alessandro Miele. Insieme realizzano: In Festa (2006),
Semiramis (2007), InvisibilMente (2008), Postilla (2009) e Perdere la
faccia, realizzato per Santarcangelo 41 (2011). È del 2011 il Premio
Rete Critica e del 2012 il Premio Hystrio-Castel dei Mondi e il Premio
“Lo Straniero”.
Franco Rella, filosofo e docente di Estetica presso la Facoltà di
Design e Arti dello IUAV Venezia, è stato coordinatore del Comitato
scientifico MART, Museo d'arte moderna di Trento e Rovereto, ha
collaborato a mostre e curato convegni presso Istituzioni, Gallerie
private e Fondazioni. Ha collaborato al progetto "Anversa: capitale
europea della cultura 1993". Ha diretto collane editoriali (Bertani,
Feltrinelli, Cluva, Pendragon) è stato redattore o ha collaborato a
numerose riviste, tra cui, con particolare interesse all‟architettura,
Casabella, Lotus, Assemblage, Substance, Utopica. È autore di
numerosi saggi, tradotti in più lingue, ed ha curato varie edizioni
italiane di classici del pensiero, dell'arte e della letteratura. Fra le sue
pubblicazioni recenti: Figure del male (Feltrinelli, 2002), Scritture
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estreme. Proust e Kafka (Feltrinelli, 2005), L'enigma della bellezza,
(Feltrinelli, 2006), Micrologie. Territori di confine (Fazi, 2007), La
responsabilità del pensiero. Il nichilismo e i soggett i, (Garzanti, Milano 2009), Soglie. L'esperienza del pensiero (Anterem, 2011 Premio
Montano 2011), Interstizi tra arte e filosofia (Garzanti, 2011), Ai confini del corpo, (Garzanti, nuova ed. 2012).
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“Conosci te stesso”… è possibile senza guardarsi?
Non c‟è conoscenza senza theoría; conoscere è
vedere. Ma il nostro occhio lo possiamo vedere
soltanto allo specchio. Abbiamo bisogno dell‟‟aiuto‟
dello specchio per conoscerci; dunque, non siamo
abbastanza „potenti‟ da soli per compiere il comando
del dio. Ma, inoltre, di quale specchio disponiamo per
vedere l‟anima? […] Lo specchio ‟ buono‟ a rivelare
l‟enigma è la pupilla: Kore. Vi è affinità elettiva tra
Anima e Pupilla, fanciulle entrambe, nuda la prima e
vicina all‟origine, o l‟origine stessa; incapace di
menzogna l‟altra, cristallina, diafana. Ma la pupilla che
può essermi specchio per conoscermi non sarà mai la
mia. Devo fissare lo sguardo nella pupilla di un altro
per vedermi. Dunque, l‟unico specchio che mi rivela a
me stesso è l‟altro, anzi: la parte „migliore‟ dell‟Altro, la
sua pupilla, ciò che massimamente gli appartiene, ciò
che dell‟altro è più suo, non mio, l‟alterità dell‟Altro.
Non possiamo perciò conoscerci in uno specchio
semplicemente, né possiamo vedere la nostra pupilla
se non nella pupilla di un Altro […]. Per conoscerci non
abbiamo altra méthodos: affrontare lo sguardo
dell‟Altro, anzi: l‟abisso della sua pupilla.
(Massimo Cacciari, Della cosa ultima, pp. 114-116)