Frammenti di memoria - Patronato Acli Lombardia

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Frammenti di memoria - Patronato Acli Lombardia
SOMMARIO
SOMMARIO
Presentazione
Introduzione
1. Un po’ di storia
Febbraio 1945: nasce il Patronato Acli
Un buon modello organizzativo per un rapido
avvio delle attività
Nascono gli “addetti sociali”
Il Patronato Acli estende la sua presenza
L’assistenza agli emigrati e alle loro famiglie
Ottobre 1946: Il Patronato Acli consolida la sua
organizzazione
Il riconoscimento giuridico del Patronato Acli
Il Patronato Acli negli anni ‘50 e ‘60
Verso la crisi degli anni ‘80
Il progetto di rilancio e di sviluppo verso il futuro
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2. La figura dell’addetto sociale
L’addetto sociale responsabile e animatore del
Segretariato del popolo
La scelta e la formazione degli addetti sociali
Chi erano i primi addetti sociali
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3. Gli strumenti degli addetti sociali
Il Segretariato del Popolo
La Giornata dell’Assistenza Sociale
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4. Frammenti di memoria
Il decalogo dell’addetto sociale
L’addetto sociale è necessario sappia che ....
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Appendice
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BLOC NOTES / N. 8-2003
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BLOC NOTES / N. 8-2003
PRESENT
PRESENTAZIONE
PRESENTAZIONE
AZIONE
Da addetti sociali a “promotori sociali” significa avere memoria di un percorso
storico che si intreccia con la storia del nostro servizio, della nostra associazione ed
anche del nostro Paese. E’ per questa ragione che abbiamo chiesto ad Attilio Beltramino
- che ringraziamo vivamente - di ripercorrere le vicende del Patronato e di leggere
alla luce di esse l’evoluzione organizzativa dei “segretariati del popolo” e soprattutto
la funzione centrale in essi svolta dall’attività degli addetti sociali.
Ne è emersa una pubblicazione ricca di contenuti documentali che crediamo
possa arricchire la conoscenza storica delle stesse ACLI, stante per altro l’intreccio
intimo – che per i più giovani potrebbe essere sorprendente – della prima attività del
Patronato con lo sviluppo dell’associazione. Per il Patronato siamo riusciti a mettere
una prima pietra intorno alla conoscenza della nostra storia che deve essere cultura
generale anche per le giovani generazioni che nel servizio si sono affacciate negli
ultimi anni.
Lo sviluppo organizzativo dei primi anni, l’impostazione operativa, le dinamiche di approccio al servizio di patrocinio delle origini emergono con sorprendente
attualità.Verrebbe quasi da dire che non si inventa mai niente di nuovo. Eppure quel
mondo è del tutto cambiato. Forse la somiglianza di questo rilancio della funzione del
patrocinio con l’impostazione delle origini sta nella esigenza e nella capacità di dotarsi di un nuovo spirito pionieristico, come le sfide dei tempi attuali richiedono.
Ecco allora che anche la storia ci insegna l’importanza di salvaguardare lo spirito delle origini, fatto di motivazioni spirituali e disinteresse personale, fatto anche
della capacità di cogliere i cambiamenti e di essere efficaci e produttivi, attraverso la
competenza e la strumentazione necessaria. Ecco, con la figura del “promotore sociale”, lo spirito delle origini e la modernità del nuovo ruolo, aderente alle esigenze che
l’evoluzione del sistema di welfare ci pone
Damiano Bettoni
Direttore Generale
Michele Consiglio
Vice presidente delegato
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INTRODU
ZIONE
INTRODUZIONE
INTRODU
INTRODUZIONE
ZIONE
“Più la corda dell’arco si tende all’indietro,
più la freccia dell’arco scocca in avanti”
Raccontare la storia degli “Addetti Sociali” non è certamente un obiettivo di poco
conto, considerando che si tratta di parlare di un elemento fondamentale su cui si è sviluppata e caratterizzata l’esistenza del Patronato Acli, che ha oramai superato i cinquant’anni.
Non bisogna dimenticare che la storia di questi “preziosi collaboratori”, per essere
completa, dovrebbe spaziare oltre le vicende delle Acli e del suo Patronato e raccogliere
le tante storie di ciascun “addetto” nella situazione sociale, nel tempo e nel territorio in
cui ha realizzato il suo impegno di servizio.
Per dare un contributo sia pure parziale alla scrittura di questo racconto, la ricerca
ha esplorato una parte degli aspetti essenziali della loro storia, in particolare a partire
dalle origini del Patronato Acli e dei suoi “Segretariati del Popolo”, per poi analizzare le
caratteristiche con cui si è definita la figura dell’Addetto Sociale e approfondire, infine,
quali erano gli strumenti della loro azione proponendo la lettura di alcuni frammenti della
documentazione che oramai appartiene agli archivi della memoria.
Questi tre argomenti possono aiutare a capire il cambio di denominazione da “Addetto Sociale” in “Promotore Sociale”, definito con le modifiche statutarie nel mese di
luglio 2002 a chiusura del lungo processo di trasformazione che - forse inconsciamente si era già realizzato e, più in particolare, i nuovi compiti richiesti a quest’importante
figura per rispondere compiutamente alle sempre nuove esigenze determinate dai cambiamenti della società, dal nuovo welfare e dalla “Nuova disciplina degli istituti di Patronato e assistenza sociale”.
L’addetto è una “persona assegnata, applicata ad un determinato ufficio”. Nella
percezione comune, un “addetto ai lavori” è chi ha particolare conoscenza ed esperienza
in una scienza, in un’arte, in una tecnica, o chi prende parte attiva alla vita di un ente o di
un’organizzazione, in qualche caso, anche mediante un rito di iniziazione.
L’Addetto Sociale, “persona scelta tra chi dimostrava particolari attitudini a ricoprire l’incarico”, nominato dal Presidente Provinciale – magari in modo molto rituale con
uno specifico diploma d’incarico, come avveniva in passato – era proprio quell’addetto ai
lavori responsabile del “Segretariato” che, oltre ad un luogo fisico radicato in un territorio, ha rappresentato fin dalle origini e nel tempo, con caratteristiche sempre più evidenti,
lo “stile” e le modalità con cui operare per realizzare e promuovere un’efficace “azione
sociale” nella sua realtà di vita e di lavoro.
Il “promotore” è appunto chi propone, favorisce, da inizio o impulso a qualche
cosa. Il promuovere indica anche l’attività che ha lo scopo di far conoscere al pubblico un
“prodotto” e quindi di “farlo apprezzare” attraverso un’adeguata opera di propaganda. In
alcuni casi “promuovere un’azione” significa “proteggere, difendere, tutelare …”.
Tra la vecchia e la nuova denominazione resta in comune il termine “sociale”.
Sociale è la persona che vive in società. Sociale è tutto ciò che ha attinenza con la
vita dell’uomo in quanto partecipe di una comunità nella quale egli ha, o dovrebbe avere,
sostanziale diritto di parità …; è tutto quello che riguarda l’ambiente in cui si vive, le
persone con cui si è a contatto …; è il progetto che tende verso un miglioramento delle
condizioni di vita della società …
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VOLONT
VOLONTARI
PA
TRONATO
VOLONTARI
ARI DEL
DEL P
PA
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TRONATO
TO ACLI:
ACLI:
SENTINELLE
DIRITTI
SENTINELLE DEI
DEI DIRIT
DIRITTI
TI
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A PRESIDIO
PRESIDIO DEL
DEL TERRITORIO
TERRITORIO
Contributo
Contributo per
per la
la storia
storia
degli
degli addetti
addetti sociali
sociali
1. Un po’ di storia
Negli ultimi giorni dell’agosto 1944 a Roma,
libera dai tedeschi da poche settimane, nell’ambito
di un convegno rivolto alle più significative esperienze cristiane di presenza e d’impegno nel mondo del lavoro, nascono le Acli.
La nuova associazione, che si presenta come una
libera realtà a supporto dell’azione del sindacato
nato dal patto unitario del 4 giugno 1944, si assume “il compito della formazione religiosa, morale e sociale dei lavoratori cristiani,
necessaria per la tutela della franca professione di fede da parte di tutti i lavoratori”. Un’esigenza che non poteva essere soddisfatta nel neonato sindacato unitario che
aveva scelto una rigorosa neutralità religiosa e una chiara indipendenza da tutti i
partiti politici.
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Con il beneplacito della Santa Sede, le Acli iniziano il loro cammino con un periodo ricco di attività e d’iniziative che crea e consolida un originale modello
organizzativo, con una forte funzione d’indirizzo centrale e un’articolata presenza nei
territori.
Lo sviluppo e il radicamento nell’Italia del dopoguerra della neonata associazione
sono particolarmente veloci e rilevanti anche grazie alla promozione e al supporto
logistico di altre organizzazioni quali l’Azione Cattolica (definita da monsignor Luigi
Civardi, primo assistente ecclesiale, “alma mater” delle Acli), la Democrazia Cristiana e le diverse organizzazioni della Sinistra Cristiana.
Febbraio 1945: nasce il P
atr
onato A
cli
Patr
atronato
Acli
In questo contesto nasce il Patronato Acli. “Infatti, fin dal loro primo convegno
nazionale tenuto in Roma nel marzo 1945 le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani avevano richiamato la loro attenzione sulla necessità di affiancare le altre opere e le altre iniziative di carattere pre-sindacale, culturale, ricreativo e via dicendo,
con una specifica organizzazione centrale e periferica rivolta
ad assolvere i compiti di assistenza sociale propri degli istituti
di patronato”.
L’iniziativa è di Giulio Pastore che, dopo aver valutato i
possibili margini di azione nelle diverse posizioni espresse nel
“patto di Roma” per organizzare un’assistenza sociale libera,
prepara lo statuto del Patronato e inoltra, il 23 febbraio 1945, al
Ministero dell’Industria, Commercio e Lavoro la richiesta del
suo riconoscimento, prima che una legge regoli funzioni e presenza dei patronati con
l’abbandono di ogni principio monopolistico.
Poche settimane dopo, grazie alla “prima transitoria abilitazione” del 7 marzo
1945, le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani sono “autorizzate a costituire propri Istituti di Patronato” e possono concretamente rendere operativa una parte importante del loro progetto sociale.
Sulla base dello statuto proposto, al nuovo organismo è affidato il compito di
“garantire l’assistenza sociale ai lavoratori nel contenzioso previdenziale di ogni
genere e in tutti i rapporti con la pubblica amministrazione”.
Un buon modello organizzativo per un rapido avvio delle attività
Qualche giorno dopo, l’8 marzo 1945, le Acli con la circolare N. 1, “Organizzazione dell’assistenza morale e sociale dei Lavoratori”, richiamati i compiti che si
“intendono perseguire nel campo dell’assistenza … in favore dei lavoratori”, invitano le diverse realtà provinciali a “passare senza ritardi a lavoro costruttivo per dare
presto inizio all’attività, che è particolarmente sollecitata dai lavoratori nei loro
molteplici bisogni. Motivo questo che spinge ad essere primi e non ultimi”.
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In questa circolare non solo sono riportate tutte le indicazioni utili per costituire
il servizio di patronato in ogni provincia, ma ogni aspetto organizzativo è definito
fino al minimo dettaglio.
L’articolazione organizzativa proposta, impostata secondo un modello rimasto
nel tempo pressoché invariato, sorprende ancora oggi per la sua attualità e fa perno
sul “Segretariato del Popolo”: un’idea mutuata dall’esperienza cattolico-sociale del
periodo prefascista che si rileverà vero punto di forza nella rapida diffusione del
Patronato e delle stesse Acli.
“E’ da precisare che punto di partenza e fulcro principale dell’azione sociale
risiedono nel Segretariato” che, si legge nella circolare, “non soltanto ha il contatto
con i lavoratori e lo mantiene di continuo, ma
svolge sul posto gran parte dei compiti che sono
esplicabili nell’ambito della sua competenza e
che non richiedono specifico tecnicismo.
Esso è organo delle Acli e funziona sotto la
loro direzione.
Per sede occorre un locale dove il lavoratore possa facilmente accedere e consenta un
ordinato lavoro di ufficio.
L’orario di ufficio è opportuno che sia fisso in due o più ore del giorno, comodo specialmente per l’afflusso dei lavoratori.
Al Segretariato va preposta una persona che non solo assuma la correlativa
responsabilità, ma voglia e possa dedicarsi con continuità d’azione e sia particolarmente idonea ad assumere il compito e ad espletare intensa attività”.
In altri punti la circolare riporta alcune indicazioni di natura valoriale e di metodo utili per “lavorare in rete” e assicurare in questo modo maggiore efficacia e incisività
allo strumento operativo proposto.
“Si riafferma il valore sommo dell’assistenza morale, in tutte le sue varie manifestazioni, dove il consiglio, il conforto, la premurosa attenzione, l’affettuosa solidarietà, anche il modesto aiuto, hanno effetti, risonanze e significati che a nessuno
possono sfuggire. Ed è in questo campo che si debbono rivelare le migliori attitudini
di coloro che si dedicano all’assistenza, chè spirito altissimo li deve sorreggere:
spirito di sacrificio per un nobile scopo, pervasi dalla passione per un ideale e un
grande amore verso il prossimo (…)”.
In una successiva circolare (24 aprile 1945) dal titolo “Costituzione del Patronato Acli” sono impartite ulteriori precise direttive per avviare il funzionamento, curare lo sviluppo organizzativo, definire rapporti con le altre realtà del territorio e
impostare un metodo omogeneo di lavoro del nuovo servizio. In essa, oltre ad affermare che “la migliore propaganda” per la diffusione del Patronato “è quella individuale che scaturisce dalla constatazione della pratica utilità dei servizi, … dalla
fiducia che si saprà inspirare, dallo spirito di cristiana affettuosa solidarietà di cui
devono essere permeati i molteplici contatti con i lavoratori …”, si invita a “dare il
massimo impulso alla costituzione dei Segretariati del Popolo, …” ricordando che
“… anche se mancasse il Circolo Acli, non è il caso di restare in attesa. Il Segretariato
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può egualmente sorgere impersonato per il momento da chi ne assume le funzioni in
qualità di Addetto Sociale. Anzi questo può divenire il propulsore per la successiva
costituzione del Circolo, facilitando l’adesione dei lavoratori attraverso l’assistenza”.
Nascono gli ““A
Addetti Sociali”
Lo stesso anno, nel mese di novembre, con le indicazioni contenute in
una terza circolare, che affronta il tema
“Organizzazione, segnalazioni e
rilevazioni”, la fase progettuale del Patronato Acli si può ritenere conclusa e
può essere avviata, oramai in tutto il
territorio nazionale, una forte azione per la sua promozione e il suo sviluppo.
L’obiettivo dichiarato è quello di “… dare il massimo impulso alla organizzazione dei Segretariati del Popolo in tutti i comuni e parrocchie”, ricordando che per
la loro costituzione è sufficiente disporre “di una piccola sede” e soprattutto “… di
un “Addetto Sociale”, cioè di un buon elemento, uomo o donna che sia, che abbia:
spirito di apostolato, passione intensa per l’assistenza, senso di responsabilità, sufficiente cultura e disponga del tempo per dedicarsi alla funzione in determinato orario prefisso”.
Vista la centralità di questa figura, si mette in evidenza come attività “… indispensabile curare in modo particolare la preparazione degli “Addetti Sociali” perché acquistino la massima competenza possibile”. Allo scopo si consiglia “di indire
al più presto una “giornata per Addetti Sociali” in cui siano loro praticamente mostrati i compiti che devono assolvere. Tale giornata va organizzata in ogni dettaglio
perché riesca veramente proficua predisponendo, fra l’altro, anche i servizi logistici
per il soggiorno e per contenere la spesa nel più basso limite possibile”.
1946: il P
atr
onato A
cli estende la sua presenza
Patr
atronato
Acli
E’ di particolare interesse il lavoro svolto dalle Acli e dal Patronato nel corso
dei primi mesi di attività e negli anni successivi per diffondere e consolidare l’esperienza associativa e di servizio. Da circolari, opuscoli monotematici raccolti in specifiche collane (organizzazione, orientamenti, divulgativa, la biblioteca del lavoratore,
…), manuali tecnici, vademecum e altre pubblicazioni traspare una particolare sensibilità e attenzione per diffondere e rendere operativi efficaci metodi di lavoro e buone
prassi organizzative, fare emergere motivazioni e dare significato a riferimenti valoriali,
fornire e mantenere una buona preparazione tecnica, valorizzare le relazioni fra i
diversi soggetti coinvolti nelle varie attività e, soprattutto, dare un giusto rilievo ai
primi risultati conseguiti.
E’ da questi documenti che si possono ricavare altre preziose testimonianze per
seguire il filo della nostra storia.
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Nel gennaio 1946 inizia la pubblicazione di “Informazioni Sociali”, un periodico che si definisce nel primo numero “Bollettino delle Acli e del Patronato Acli”. La
dicitura si trasformerà, a partire dal numero di febbraio in “Bollettino del Patronato
Acli” e nel gennaio 1955, dopo una pausa di alcuni anni della sua pubblicazione, in
“Bollettino degli Addetti Sociali del Patronato Acli”.
Nell’editoriale di presentazione nel primo numero si legge: “Informazioni Sociali è una nuova voce che parte dal centro per mettere in comune, con gli amici di
tutta Italia, i frutti delle nostre esperienze, i programmi delle stesse opere, i sussidi
per la comune attività.
Visto e sentito così il nuovo bollettino sarà davvero uno strumento di lavoro. Difatti esso si aggiunge
agli opuscoli, che tracciano le linee programmatiche
della vita delle Acli nei principali settori, nonché alle
circolari che rispondono a particolari e immediate esigenze, per dare ogni mese a quanti vivono e sentono
l’ansia di una concreta e vigorosa azione sociale cristiana, l’apporto fraterno della guida, del consiglio e
dell’aiuto (…)”.
Il grande sforzo promozionale e organizzativo,
grazie a questo rigoroso metodo di lavoro, consolida in
breve tempo una lunga serie di importanti risultati. In
una relazione si legge che, a partire dai primi mesi del 1946, il Patronato Acli si andò
“… ben presto sviluppando dalla Sede Centrale costituita in Roma a quelle provinciali create nei capoluoghi di provincia, a quelle locali aperte nei vari comuni o
mandamenti col nome e il titolo di “Segretariati del Popolo”, avvalendosi dell’apporto di dirigenti tecnici di particolare competenza, sostenuti e sorretti dal fervore e
dall’entusiasmo con cui la nuova organizzazione dei lavoratori cristiani andava affrontando, nel duro periodo del dopo-guerra, fra difficoltà e incomprensioni di ogni
genere, i propri compiti sociali ed assistenziali a favore dei lavoratori”..
Sempre nel primo numero di “Informazioni Sociali” è riportato un primo elenco
di sedi provinciali già in funzione: L’Aquila, Bari, Belluno, Biella, Bergamo, Bologna, Ferrara, Firenze, Grosseto, Messina, Modena, Napoli, Perugia, Reggio Calabria,
Roma, Sassari, Siena, Taranto, Terni, Trieste, Vicenza, Viterbo.
Leggendo le cronache stampate nel numero di febbraio - marzo 1946 si ha notizia dell’attivazione delle sedi di: Arezzo, Ascoli Piceno, Avellino, Benevento, Brescia, Cagliari, Catania, Cosenza, Cremona, Cuneo, Forlì, Genova, Latina, Macerata, Matera, Milano, Palermo, Pavia,
Pesaro, Piacenza, Ragusa, Salerno, Torino, Trento, Treviso,
Udine, Venezia, Vercelli.
A queste seguono in aprile: Bolzano, Trapani, Livorno.
In maggio entrano in funzione Gorizia, Verona e, nei
mesi di giugno – luglio, risultano costituite le sedi di Sondrio
e Teramo. In agosto: Alessandria, Lecce, Nuoro, Parma e
Pistoia.
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L’assistenza agli emigrati e alle lor
o famiglie
loro
Nei primi mesi del 1946 è istituito dalla Presidenza Centrale del Patronato Acli
un “Servizio per l’Emigrazione” con il compito di predisporre e svolgere un vasto e
proficuo piano di assistenza agli emigrati e alle loro famiglie.
Le linee principali del programma di azione sono due: “lo svolgimento delle
opportune indagini, richieste di documenti, etc. per la definizione di pratiche per
ottenere l’espatrio con la garanzia di un regolare contratto di lavoro” e “una completa assistenza morale e sociale durante il viaggio di espatrio ed oltre …” anche
prevedendo “la realizzazione di iniziative atte a creare all’estero fonti di lavoro per
i prestatori d’opera italiani”.
Lo svolgimento delle attività è autorizzato dal Ministero degli Affari Esteri il 12
marzo. Nella lettera, oltre all’autorizzazione, il Ministero esprime “… il suo compiacimento per l’iniziativa presa e per l’azione da esplicare in tale delicato settore …”
e, approvando “… le linee programmatiche inizialmente tracciate e, bene auspicando
allo sviluppo del Servizio …”, promette “…. il suo appoggio ed il suo interessamento, nonché istruzioni e suggerimenti”.
Il riconoscimento ottenuto consente alcune precisazioni riportate nella comunicazione predisposta per l’avvio delle nuove attività. “L’assistenza viene apprestata
dall’Ente mediante le Sedi Provinciali ed i Segretariati del Popolo, ai quali saranno
impartite opportunamente istruzioni sull’azione da svolgere nell’ambito delle leggi e
degli accordi internazionali”.
Non mancano le raccomandazioni di stile. “Il lavoratore deve essere aiutato
con amorevolezza, diligenza e premura; in tal modo i patronati conquisteranno tutta
la sua fiducia. Ciò verrà per altro a sottrarre coloro che aspirano ad emigrare, alle
ignobili speculazioni di organizzazioni clandestine o di intrusi che approfittano della buona fede della classe operaia per carpirne somme, a volte ingenti, in corrispettivo
di false promesse. Contro tali tentativi di speculazione (che debbono essere segnalati
al Centro ogni qualvolta scoperti) l’operaio deve essere messo in guardia. (…)”
Concretamente è richiesta alle sedi periferiche un’operatività finalizzata a realizzare alcune attività “preparatorie” ai flussi di emigrazione che si stanno definendo
verso Belgio, Francia, Svizzera, Argentina, Venezuela, … svolgendo “… un’ampia
indagine fra i lavoratori che desiderano emigrare e rilevare i dati personali e professionali per averli a disposizione già selezionati al momento in cui pervenissero richieste di lavoro dall’estero …”, senza tralasciare “… un’opera di preparazione culturale e professionale nei riguardi di coloro che non trovansi in possesso di un minimo di cognizioni elementari e non abbiano alcuna qualifica di mestiere”.
Il lavoro per la raccolta dei dati è agevolato con il supporto di un “Foglio Notizie” da compilare “con metodo e precisione. I Segretariati del Popolo, appena compilati i “Fogli Notizie” li trasmetteranno al Patronato Provinciale per le ulteriori
incombenze a questo affidate”.
Anche in questo caso, oltre a queste concrete indicazioni organizzative, sono
evidenziate alcune particolari attenzioni per renderle operative.
“L’indagine stessa non deve tuttavia far credere ai lavoratori che vi siano pos-
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sibilità immediate di aver la desiderata occupazione all’estero, perché ciò dipende
dagli accordi internazionali che si potranno stipulare e da una effettiva domanda di
nostri lavoratori da parte di altri Paesi. (…)
I lavoratori non debbono dunque nutrire eccessive speranze e fare troppo affidamento di ottenere facilmente un’occupazione all’estero, come non devono lusingarsi che altrove si possa trovare lavoro agevole e molto redditizio. Le richieste di
taluni Stati tendono ad avere mano d’opera per lavori cui viene meno la disponibilità di mano d’opera locale, appunto perché trattasi di lavori pesanti o di non allettante remunerazione.
Si faccia ciò ben presente a quanti aspirano ad emigrare; come devesi ben
chiarire che la nostra indagine, pur tendendo ad agevolare la ricerca di una occupazione all’estero, non può tuttavia dare garanzie d’esito certo e a breve scadenza.
Ogni impaziente attesa sarebbe assolutamente fuori posto (…)”.
Ottobre 1946: il P
atr
onato A
cli consolida la sua organizzazione
Patr
atronato
Acli
Sull’onda dei risultati conseguiti nei primi mesi d’intensa attività, il Patronato
Acli organizza a Varallo Sesia, dal 10 al 14 ottobre 1946, un primo “convegno” a cui
partecipano “(…) 165 convenuti, e tra essi il Presidente e Direttore Generale del
Patronato Acli, i dirigenti dei Patronati Provinciali del Piemonte, della Lombardia e
della Liguria, dirigenti delle Acli, esponenti del sindacalismo cristiano, dell’Azione
Cattolica, del CIF, dei Coltivatori diretti (…)” per valutare, sotto la guida dell’onorevole Pastore, “… i diversi problemi riguardanti l’organizzazione del Patronato Acli
e l’assistenza all’emigrazione (…) sviluppando i seguenti temi: Il Patronato Acli e
l’attività associativa; problemi dell’assistenza sociale e tecnicismo funzionale; l’opera
degli assistenti ecclesiastici; il Patronato Acli e il perfezionamento della previdenza;
rapporti fra Patronato Acli e altri enti; il dirigente del Patronato e la sua preparazione tecnica; l’assistenza sociale nella fabbrica; assistenza ai coltivatori diretti; problemi finanziari e amministrativi del Patronato Acli; i problemi dell’emigrazione;
organizzazione dei servizi dell’emigrazione; il Comitato Nazionale Cattolico per l’emigrazione; l’assistenza all’emigrante e alla sua famiglia”.
Il confronto sulla struttura organizzativa del Patronato, sui suoi compiti specifici, sulla tecnica assistenziale, sulle funzioni degli organi centrali e periferici, porta
alla definizione di alcuni chiari punti programmatici che, facendo sintesi delle intuizioni e del lavoro già svolto, diventeranno i principali riferimenti per le attività future.
A chiusura del convegno, a tutti i partecipanti viene ricordato che per riuscire
nel suo compito il Patronato deve unire tenacia, concretezza e capacità di realizzazione. “Ma il tecnicismo, tenne a precisare l’onorevole Pastore, non deve farci perdere
di vista la spiritualità. Il tecnicismo poco serve se non c’è dietro un anima: esso non
deve mai soffocare la vita dello spirito e l’esigenza del soprannaturale che si alimentano con l’unione con Dio, col fervore della preghiera, con la fede operante. In fondo
al nostro desiderio di sorreggere e di difendere la classe lavoratrice, sta il più grande
nostro sforzo di riportarla alla Chiesa e ricondurla alla Unione con Cristo (…)”.
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“Il consuntivo del 1946 segna per il Patronato un’ascesa lusinghiera (…). I
Patronati Provinciali hanno raggiunto il numero di 71. I Segretariati del Popolo
arrivano a 3.214 (…). Pur non potendo dare ancora i dati definitivi, gli assistiti
superano i 110.000 senza contare quelli interessati per i servizi dell’emigrazione
(…)”. All’estero risultano già istituiti “ … 1 Segretariato in Svizzera, 2 in Belgio e 2
in Francia”.
Le voci che compongono i prospetti numerici dell’attività svolta, evidenziano
con efficacia i bisogni a cui risponde l’opera del Patronato: infortuni industriali e
malattie professionali, infortuni agricoli, pensioni d’invalidità, vecchiaia e ai superstiti, assegni nuzialità e natalità, assegni familiari, indennità di disoccupazione, prestazioni per tubercolosi e per malattia, assicurazioni private, avviamento al lavoro,
osservanza assicurazioni sociali, trattamento di quiescenza e indennità di licenziamento, competenze di lavoro, soccorsi della beneficenza, pensioni di guerra, danni di
guerra, documenti stato civile, competenze militari, ricerche prigionieri e dispersi,
assistenze varie.
1947: il riconoscimento giuridico del P
atr
onato A
cli
Patr
atronato
Acli
Il 29 luglio 1947 viene firmato il decreto legislativo, n. 804, che dispone il
riconoscimento giuridico degli istituti di patronato e di assistenza sociale che si propongono la tutela tecnica-medico-legale dei lavoratori e dei loro aventi causa, per il
conseguimento delle prestazioni previdenziali in genere a loro dovute dai competenti
istituti e stabilisce le norme per il loro funzionamento.
Il Patronato Acli, dopo aver lavorato sulla “definizione della nuova
normativa”, si attiva per ottenere al
più presto il riconoscimento ministeriale.
L’Ente che chiede il riconoscimento è un “opera giovane” che “…
ha assunto un rigoglioso ed insperato
sviluppo e che è largamente penetrata in profondità grazie alla tenace ed
appassionata cooperazione di tutti i
cattolici di azione.
Ben si può affermare, sulla scorta dei fatti, di avere ormai nelle Acli un’Opera
di vasta mole, tecnicamente costrutta, che impersona la missione sociale. Ciò per le
sue caratteristiche e per il suo spirito. (…)”.
Lo statuto proposto, predisposto secondo le prescrizioni di legge, mantiene fermo un forte riferimento ai valori delle origini che intendono “… dare all’assistenza
(…) il contenuto ampio di quella missione che muove da profondo senso di carità
cristiana”. Una assistenza quindi “… piena per qualunque pratica occorrente al
lavoratore sia per il rispetto di un diritto e per la sua difesa giuridica, sia per conseguire un beneficio previsto da leggi e ordinamenti, sia infine per lo sviluppo di rap12
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porti ed adempimenti di doveri sociali”.
Con questo riferimento gli obiettivi e le finalità del Patronato Acli vanno oltre
all’elencazione formale dei compiti, riportata dall’articolo 2 del suo statuto, e “sono
così riassunti:
z
educare il lavoratore perché dia tutto il suo concorso al perfezionamento ed alla
pratica applicazione delle leggi sociali, specie a quelle che concretano le previdenze del lavoro;
z
spiritualizzare l’assistenza permeandola delle idealità cristiane onde tutti i rapporti siano ispirati dalla morale e dal bene comune contro ogni falso egoismo e
deviazione di male intesi interessi;
z
rendere l’assistenza sociale, per naturale effetto da causa, espressione di amore
vivo ed operante, fervido di iniziativa, sensibile ad ogni dolore, pronto al sacrificio, quale la fede lo inculca in chi si sente vicino ad una missione, cioè
all’apostolato sociale;
z
agire in profondità non soltanto con la vastità delle opere, ma nel senso qualitativo
perché il servizio, la consulenza, la tecnica di ogni atto rappresenti il più sollecito, affettuoso ed elevato intervento per la corretta applicazione delle leggi
protettive del lavoro, per rendere il lavoratore soggetto del diritto nella pienezza
della sua personalità, non secondo ad alcuno, avendo a disposizione mezzi
efficientissimi di difesa sul piano giuridico;
z
intessere rapporti di cordiale e fattiva collaborazione con tutti gli organismi
interessanti l’assistenza, e particolarmente con gli organi dello Stato e con gli
Istituti gestori delle assicurazioni sociali, affinché dalle rispettive funzioni scaturiscano rette interpretazioni, che fissino diritti e doveri e soluzioni idonee a
potenziare i fini della previdenza e dell’assistenza;
z
approfondire gli studi ed elaborare dottrine che offrano valido contributo alla
sicurezza sociale, anche per delineare la migliore struttura della previdenza e di
altri Istituti nell’interesse dei lavoratori tutti, quali fattori primi della produzione. (…)”.
Il nuovo statuto conferma la centralità dei Segretariati del Popolo, realtà preziosissime che hanno determinato in modo capillare lo sviluppo del Patronato, codificandoli, unitamente alla Sede Centrale e alle Sedi Provinciali, come punti di presenza
organizzativa in cui si prevede di svolgere l’attività dell’Ente.
Il 29 dicembre 1947 un decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale approva, primo fra tutti i patronati, “la costituzione del Patronato delle associazioni cristiane dei lavoratori italiani per i servizi sociali dei lavoratori …” e il
relativo Istituto.
Il consuntivo per il 1947 si attesta in: 91 Patronati Provinciali costituiti; 4.247
Segretariati del Popolo attivi in altrettanti comuni o frazioni; 324.895 pratiche trattate
e 16.151 visite mediche effettuate.
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13
Il P
atr
onato negli anni 1950 e 1960
Patr
atronato
Negli anni successivi tutte le attenzioni sono finalizzate a consolidare e a dare
nuovo sviluppo all’Ente. Le cronache vedono coinvolte le Acli e il Patronato nel
dibattito per la riforma previdenziale, nella definizione di nuove forme di tutela per
particolari categorie di lavoratori, in azioni di supporto per la diffusione delle norme
di prevenzione degli infortuni, in numerose iniziative di formazione tecnica, nel diffondere con le “Giornate dell’Assistenza Sociale” attenzioni e sensibilità sui temi
dell’assistenza e della sicurezza sociale.
Il 5,6, e 7 gennaio 1950, in apertura dell’anno giubilare, è organizzato a Roma
un “Convegno nazionale dei dirigenti tecnici del Patronato Acli”
La relazione dell’onorevole Ferdinando Storchi, Presidente delle Acli e del Patronato con particolari doti organizzative, rilancia alcuni fondamentali obiettivi partendo dalle cifre, di una assoluta eloquenza, dalle quali risulta che “… il Patronato
Acli durante l’anno 1949 ha trattato 1.190.219 pratiche, ha svolto l’assistenza medica a favore di 68.471 lavoratori ed ha raggiunto la costituzione di 7.012 Segretariati
del Popolo”.
“Occorre (…) che l’assistenza oltre che essere retta con criteri tecnici sia anche decentralizzata ed abbia i suoi organi assistenziali in ogni comune, in ogni rione, quartiere e parrocchia; occorre valorizzare i Segretariati del Popolo perché altrimenti non si potrebbe intervenire tempestivamente nell’assistere i lavoratori bisognosi che, proprio quando si trovano in difficoltà, non hanno né il tempo né il modo
di ricercare l’organismo che può offrire loro aiuto.(…)
Il Patronato Acli, proprio per il suo carattere di organismo sociale cristiano,
oltre a realizzare quel complesso tecnico che è di fondamentale importanza per rendere efficiente la sua assistenza, è guidato da un particolare spirito che lo anima,
cioè la carità verso i lavoratori nel bisogno e la fratellanza nella luce del cristianesimo.(…)
Noi vogliamo essere realizzatori delle encicliche sociali dei Papi: basti ricordare la “Rerum Novarum” di Leone XIII, la “Divina Redemptoris” di Pio XI, ed i
solenni proclami di Pio XII, ove sono affermate quali “fondamentali esigenze di
concordia sociale” le aspirazioni che tanto stanno a cuore ai lavoratori, e cioè quelle di un salario che assicuri l’esistenza della famiglia, di una abitazione degna di
persone umane, della possibilità di procurare ai figli una conveniente istruzione, di
prevedere e provvedere per i tempi di strettezze, di infermità, di vecchiaia.
A questi documenti pontifici ispirano la loro attività queste nostre Acli fatte di
lavoratori e per i lavoratori e questo nostro Patronato per il quale l’affermazione
cristiana trascende il puro e semplice concetto di servizio per trasformarlo in una
vera e propria missione”.
A corollario dei temi trattati nei tre giorni di convegno sono proposti dal Direttore Generale, Ezio Guandalini, come riferimento per uniformare la metodologia di
lavoro e la prassi operativa, tre “concetti per una più efficace assistenza ai lavoratori” che sono ancora oggi di una straordinaria attualità: “efficienza strutturale ed eco14
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nomica dell’organismo preposto all’assistenza; … efficienza tecnica intesa oltre che
come prestazione rivolta al singolo caso, anche come azione condotta verso
l’impostazione, lo studio, lo sviluppo, la divulgazione di tutte quelle questioni che
investono e interessano vaste categorie di lavoratori e valgono perciò a perfezionare
le leggi previdenziali nella loro formazione e nella loro interpretazione; …particolare sensibilità, anzi naturale predisposizione, a dare il meglio di se da parte di coloro
che vengono prescelti a svolgere la loro azione nei servizi sociali dei lavoratori.
L’assistenza, infatti, anche se tecnica, non può dirsi completa se non integrata, sorretta, alimentata da una luce che scaturisce dalla fede. (…)”.
Le motivazioni per dare nuovo impulso alle attività e alla presenza non mancano. Oltre allo stimolo rappresentato dai risultati raggiunti, nel corso dell’incontro
vengono formulati significativi e autorevoli riconoscimenti da parte di associazioni,
istituti assicuratori e altre istituzioni a cominciare dallo stesso Ministro del Lavoro
fino a quello del Santo Padre, Pio XII, che il 7 gennaio concesse ai partecipanti al
convegno e ai dirigenti del Patronato un’udienza speciale di cui riferisce con una nota
“L’Osservatore Romano”: “L’Augusto Pontefice si è affabilmente intrattenuto con il
distinto gruppo, molto interessandosi ai lavori del Congresso e alla azione del Patronato, e formulando vivi auguri per questa attività oggi più che mai necessaria ed
urgente”.
Negli anni 1950 e 1960 il Patronato Acli si caratterizza per la ricerca del
tecnicismo e dell’alta professionalità. Tutto il servizio opera con grande competenza
e, grazie a quest’impegno, non mancano altri riconoscimenti e risultati concreti. Tutto
questo sembra però far trasparire il rischio di “burocratizzare” l’azione di tutela e
patrocinio e le Acli iniziano a richiamare il Patronato ad una maggiore sensibilità
sociale.
Nel 1964, Livio Labor, assumendo la presidenza del Patronato Acli rimarca “…
la necessità di un più stretto, positivo e fecondo coordinamento tra il Movimento e il
suo servizio primogenito”. I punti fondamentali del programma di lavoro per il triennio
1964-1966 prevedono un maggior coinvolgimento del Patronato proprio a cominciare dagli Addetti Sociali.
Nel 1965 il Patronato festeggia i venti anni di attività con lo slogan: “Vent’anni
di qualificata iniziativa al servizio dei lavoratori, in nome della solidarietà sociale e
della fraternità cristiana”.
Il bilancio non può che essere valutato positivamente, anche grazie alle azioni
mirate di sviluppo organizzativo incentrate sulla figura degli Addetti Sociali, sullo
svolgimento dell’annuale “Giornata dell’Assistenza Sociale”, sulle attività e il funzionamento dei “Segretariati del Popolo”, su una razionale diffusione delle sedi operative.
Negli ultimi anni 1960 il consuntivo dei risultati raggiunti mette in evidenza: la
nomina in ogni regione di un coordinatore regionale con il compito di “avviare le
strutture dell’ente verso un ordinamento che tenga conto della dimensione regionale”; la piena funzionalità di una Sede in ogni ambito provinciale; la dotazione in
molte sedi di autovettura e di un apparecchio radiologico; l’organizzazione di oltre
300 zone dotate di sedi permanenti e di 8 “Sedi Distaccate” (Biella, Carrara, Fermo,
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Lecco, Monfalcone, Pordenone, Prato e Rimini); circa 9.000 Segretariati del Popolo;
36 Segretariati all’estero.
Verso la crisi degli anni 1980
Negli anni 1970 il Patronato Acli si misura con le grandi riforme legislative
varate sull’onda dei movimenti del 1968: entrano in campo nuove prestazioni
previdenziali (la pensione sociale e la pensione di anzianità), viene introdotto il calcolo retributivo per le pensioni, tutto il sistema fiscale è rinnovato, entra in vigore lo
“Statuto dei lavoratori”, nascono nuovi enti di patronato, cambiano le modalità di
gestione dell’INPS, viene modificata la disciplina delle controversie in materia
previdenziale, le strutture sindacali e dei loro patronati si organizzano sul territorio,
nascono le federazioni dei pensionati, …
I programmi del Patronato Acli “… esprimono chiaramente l’esigenza di muoversi ed operare in una prospettiva di largo respiro e in un’ottica più vasta, tenendo
cioè sempre conto di tutto ciò che si evolve e cambia in breve tempo, ma con profonda incidenza, sulla realtà in cui ciascuno opera giornalmente.
Chi opera nel Patronato, a tutti i livelli, deve essere consapevole che opera
anche nelle Acli, all’interno di una organizzazione cioè che – per la sua ispirazione
cristiana, per la sua collocazione a fianco dei lavoratori, degli sfruttati, degli oppressi – si propone come obiettivo prioritario l’emancipazione effettiva delle classi
emarginate e sfruttate e la loro crescita politica, sociale e culturale (…)”.
Un programma che dovrà
però fare i conti non solo con
le scelte politiche del Movimento che portarono alla “deplorazione” di Papa Paolo VI
(il 19 giugno 1971), alla decisione della gerarchia di cancellare la figura dell’assistente ecclesiale, all’interruzione del
sostegno concreto fino allora
riconosciuto dalla Santa Sede e alla scissione interna, ma anche ad alcune “incomprensioni” che sollecitano una “… maggiore impronta politica alla attività del Patronato – non più intesa in senso restrittivo e collocata in una visione caritativa e
puramente tecnicistica – in perfetta armonia con l’impostazione Aclista”.
Il Patronato negli anni 1970 continua a confermare “l’esigenza di una presenza capillare, il più possibile vicina alle molteplici necessità dei lavoratori (…)” rappresentata dal “Segretariato di Zona e dal Segretariato del Popolo, nei cui confronti
si è sviluppata con continuità l’azione di propulsione e di stimolo (…), malgrado
l’accentuarsi della crisi delle collaborazioni volontarie e la necessità di farvi fronte
con un più congruo impegno di mezzi”. Le aree maggiormente in crisi sono individuate “nei centri maggiori, nelle periferie delle grandi città (..) e nella presenza in fabbrica”.
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BLOC NOTES / N. 8-2003
Il consuntivo 1975 si attesta in: 101 Sedi Provinciali, 7 Sedi Distaccate e 367
Sedi Zonali. Non si fa più cenno ai “Segretariati del Popolo” ma sono evidenziati
7.350 Addetti Sociali e corrispondenti di fabbrica.
Consapevole dei segnali di crisi, il Patronato Acli, pur collocandosi ancora “al
vertice dei valori dell’attività globalmente svolta da tutti gli enti”, si pone alla ricerca di come meglio sviluppare il suo intervento “sul territorio attraverso la realtà dei
servizi sociali per le famiglie (casa, assistenza agli anziani, collaborazione familiare); in fabbrica e nei luoghi di lavoro; in agricoltura; nel settore sanitario
ospedaliero”.
I dati 1978 mettono in evidenza: 15 Sedi Regionali, 95 Sedi Provinciali, 6 Sedi
Distaccate, 350 Sedi Zonali e 7.050 Addetti Sociali e corrispondenti.
Il trasferimento nel 1977 delle competenze in materia sanitaria e assistenziale
alle Regioni e ai Comuni e l’istituzione nel 1978 del Servizio Sanitario Nazionale
orientano il Patronato Acli ad operare, in aggiunta alla tradizionale attività istituzionale, per la “promozione di un sistema integrato di servizi socio-sanitari e per la
tutela dei diritti sociali”. Per raggiungere quest’obiettivo si sottolinea come indispensabile “il rilancio e l’utilizzo appropriato del Segretariato del Popolo (…), curando in modo adeguato la preparazione degli Addetti Sociali”. Viene definito il
progetto del “Segretariato del Popolo polivalente” di grande interesse per le sue
finalità ma, senza il supporto delle indicazioni operative/organizzative che in passato
avevano dato metodo allo sviluppo del Patronato, la proposta non decolla anche per
la forte crisi organizzativa e di adesioni che le Acli stanno vivendo e che determina un
forte scollamento tra l’Associazione e il servizio di Patronato.
Nei primi anni del 1980 il cambiamento dell’assetto istituzione e del sistema di
finanziamento dei patronati, rende evidente per il Patronato Acli una crescente difficoltà finanziaria e l’esigenza di mettere in atto, a partire dal 1986, un progetto di
risanamento e di riorganizzazione del servizio.
Il precipitare degli eventi fa venire meno l’attenzione verso gli Addetti Sociali.
La pubblicazione delle riviste del Patronato viene sospesa e, come conseguenza diretta, sono drasticamente ridotte le attività di formazione, di aggiornamento tecnico e di
relazione proprio verso le strutture periferiche che erano state fino a quel momento il
punto di forza del Patronato Acli.
I dati organizzativi 1986 evidenziano questa situazione di crisi in modo significativo: 20 Sedi Regionali, 95 Sedi Provinciali, 8 Sedi Distaccate, 280 Sedi Zonali,
3.580 Segretariati del Popolo.
Nel 1989 le Sedi Zonali risulteranno 196 e nel 1991 gli Addetti Sociali 2.701.
Un pr
ogetto di rilancio e di sviluppo verso il futur
o
progetto
futuro
Dall’analisi della situazione di crisi, dovuta a situazioni contingenti ma anche
alla necessità di modificare o cambiare radicalmente, il Patronato prende lo spunto
per definire un progetto di rilancio e di sviluppo della sua attività.
Si lavora per rendere il Patronato Acli una “impresa sociale di servizi”, o me-
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glio “impresa di solidarietà al servizio dei cittadini”. In quest’ottica vengono riorganizzate le attività; prendono vita nuovi servizi (informazioni e consulenze sullo stato
sociale, assistenza fiscale, consultorio giuridico della famiglia, …); vengono definiti
nuovi obiettivi non solo quantitativi ma, soprattutto, qualitativi; si opera per estendere la rete organizzativa; il ruolo e la funzione dei Segretariati del Popolo e degli
Addetti Sociali ritornano ad esser oggetto di attenzioni e di iniziative.
Con una modifica dello statuto il “Segretariato del Popolo” si trasforma in
“Segretariato Sociale” mantenendo la sua funzione di “struttura di primo contatto
con i lavoratori e i cittadini,. nonché di prima istruzione e di svolgimento locale
degli interventi sociali e assistenziali che non richiedono competenze specialistiche
in campo medico-legale”. Al “Segretariato Sociale” è assegnato il compito di diventare “il luogo in cui la presenza locale delle Acli assume visibilità concreta, col contributo delle esperienze di tutte le articolazioni del Movimento, aprendosi al territorio in cui opera in rapporto con associazioni, comitati, istituzioni locali e comunità
parrocchiali”.
Nella Conferenza Organizzativa delle Acli, nel dicembre 1989, è lanciato dal
2. La figura dell’addetto sociale
Fin dal primo statuto del Patronato Acli, l’Addetto Sociale è definito come la
persona, scelta tra chi dia il maggiore affidamento, preposta ai servizi del Segretariato
del Popolo.
L’incarico, che ha carattere fiduciario e di volontariato, viene affidato dal presidente della Sede Provinciale il quale, “ove sia richiesto dalle esigenze dei servizi e
dal loro sviluppo …” può nominare degli Addetti Sociali volontari anche per specifiche attività o mansioni.
Da questa definizione emerge immediatamente una curiosa e diretta relazione
tra “Addetto Sociale” e “Segretariato del Popolo”. Ripercorrendo la storia del Patronato spesso sembra trasparire che “Segretariato del Popolo” e “Addetto Sociale” siano due elementi che si sovrappongono fino, quasi, a coincidere in un’unica entità.
Un secondo elemento molto utile per rispondere alla domanda: “Chi sono gli
Addetti Sociali?” è una definizione, fra le tante, formulata nel 1966 da Livio Labor
che considera gli Addetti Sociali “dirigenti e militanti delle Acli, impegnati in prima
linea a dare testimonianza sociale e cristiana nel servire i lavoratori”.
Nella loro particolarità, entrambi gli aspetti proposti possono essere un’interessante chiave di lettura per capire più a fondo la figura e il ruolo dell’Addetto Sociale.
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In primo luogo, non bisogna dimenticare il contesto in cui sono nate, nell’immediato dopoguerra e nell’ambito ecclesiale, le Acli e il suo Patronato con la finalità
di svolgere una efficace azione di apostolato sociale con le modalità e gli strumenti
allora disponibili: l’impegno personale, le attività di propaganda, il sostegno caritativo
a chi era nel bisogno con servizi e altre opere organizzate.
In un opuscolo organizzativo del 1946 si legge: “Il nostro metodo è quello
indicato da Pio XI nella sua enciclica “Quadragesimo anno” allorché ci invitava a
tener presenti le seguenti fondamentali considerazioni in ordine alla maggiore efficacia dell’apostolato sociale del tempo attuale:
“Come in altre età della storia, noi dobbiamo lottare con un mondo ricaduto in
gran parte nel paganesimo. Ora per ricondurre a cristo le classi diverse di uomini
che lo hanno rinnegato, è necessario anzitutto scegliere nel loro seno e formare
ausiliari della Chiesa, che ne comprendano lo spirito e i desideri e sappiano parlare
ai loro cuori con senso di fraterno amore. I primi ed immediati apostoli degli operai,
devono essere operai; industriali e commercianti gli apostoli degli industriali e degli
uomini del commercio”.
Tali parole meritano una qualche considerazione data l’importanza di quanto
affermano e quindi delle conseguenze che dobbiamo trarne. Eccole: (…) I laici devono essere i conquistatori immediati dei laici. (…) Ciò vuol dire che ogni classe
sociale deve dare i suoi “militanti”. L’operaio sarà il conquistatore dell’operaio, lo
studente degli studenti, e via dicendo. Ciò vuol dire che dobbiamo preoccuparci di
reclutare tali elementi dall’ambiente stesso nel quale vogliamo agire, e di formarli
facendoli vivere non in un ambiente diverso dal loro ma mantenendoli, invece, nel
loro stesso mondo di vita e di lavoro. Per questo e prima di ogni altra cosa, chi vuol
essere veramente un militante fra gli operai dovrà essere il migliore operaio, chi
militante degli studenti il migliore degli studenti (…).
E proprio in questo senso corrisponderanno anche alla esortazione vivissima
del Papa indicata alle Acli nel discorso dell’11 marzo 1945, e cioè che dalle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani abbiano a sorgere “veri apostoli, lavoratori fattisi apostoli fra i compagni affine di impregnare ed animare di spirito cristiano tutto
ciò che circonda l’operaio, il suo campo di lavoro, il suo focolare domestico, e fino i
suoi onesti svaghi”.
Se questa è “l’anima”, non dobbiamo nemmeno dimenticare che occorre anche una “tecnica”. Occorre, cioè, la conoscenza prima, e quindi il migliore e più
razionale impiego di quei mezzi umani che sono e possono essere a nostra disposizione, in quanto è evidente che nulla deve essere lasciato intentato pur di raggiungere lo scopo altissimo che noi ci proponiamo. (…)
Si tratta, in sostanza, di agire efficacemente sull’uomo e sull’ambiente. Certo,
non tutti ci seguiranno: ma già sarà molto se le masse potranno avvertire il nostro
senso vivo della fede che ci anima, l’ansia delle nostre conquiste, l’urgenza di un
appello che, anche per nostro mezzo, il Divino Lavoratore rivolge a loro.
E se queste pagine ti parlano di tecnica, se ti indicano dei mezzi umani, se
fanno appello alle tue doti personali ed alle tue particolari capacità di organizzatore
o di oratore, non dimenticare che al di sopra di tutto questo è l’anima che conta, è lo
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spirito che vale, è – in una parola – la tua carità fattasi opere per i tuoi fratelli che
alla fine dirà, a Chi solo saprà giudicarli, i frutti del tuo lavoro”.
Un metodo e un modo di operare che spiegano la rapida diffusione delle Acli e
dei servizi del Patronato, così come emerge da una relazione del 1946. “Attorno alle
Acli furono ben presto raccolte le simpatie e le adesioni del clero e di tutti i cattolici:
lo si vide ben presto nei tanti e tanti Segretariati del Popolo sorretti dall’interessamento, dall’attività, dal concreto appoggio degli assistenti ecclesiastici delle Acli e
dei parroci, specie dai parroci di campagna o comunque lontani dai centri abitati; lo
si vide nella prima e nelle successive “Giornate dell’assistenza sociale” promosse
appunto per far conoscere l’istituto e raccogliere contributi e offerte atti ad assicurare il funzionamento e lo sviluppo; lo si vide, soprattutto, nelle parole di alto compiacimento e di augurio indirizzate ogni anno all’Assistente Centrale delle Acli dallo
stesso Sommo Pontefice …”.
Questi altri elementi sembrano confermare con efficacia la definizione di Addetto Sociale prima ricordata: una persona con solidi riferimenti di fede e valoriali; un
“militante” attivo in favore della fede, pronto a lottare contro tutto ciò che può costituire ostacolo alla salvezza spirituale, e – in quanto tale – pronto ad impegnarsi e ad
assumersi responsabilità nella vita di un’organizzazione per svolgere, sia all’interno
che all’esterno, un’azione concreta di propaganda, di contraddittorio, di polemica, di
lotta e di servizio.
In sintesi, la persone “più giuste” - in passato definite da qualcuno nelle Acli
come “santi minori” - per rendere credibile e promuovere, grazie ai risultati concreti
conseguiti dal carisma e dalle capacità dell’Addetto, il “Segretariato del Popolo”:
nucleo elementare di una vasta e diffusa opera di assistenza e di tutela.
L’A
ddetto Sociale responsabile ed animatore del Segretariato del
’Addetto
Popolo
In un vecchio opuscolo del Patronato si legge: “Un ente quale un Patronato di
assistenza, non vive di certo solo per i suoi uffici, né per le sole sue strutture
organizzative. Vive, soprattutto, per i suoi uomini: dirigenti o dipendenti che siano.
E’ infatti alla loro competenza, alla loro dedizione, al loro spirito di servizio sociale
che è affidato l’espletamento della sua attività e pertanto la conquista della meta più
ambita, cioè la stima e la fiducia dei lavoratori.
Responsabile ed animatore del Segretariato del Popolo è l’Addetto Sociale.
Difatti l’Addetto Sociale che nel comune, nella parrocchia, nella fabbrica, nel sanatorio o altrove dà sostanza di opere e concretezza di azione ai programmi ed alle
finalità del Patronato. E sarà proprio dalla sua capacità e dalla sua dedizione che i
lavoratori giudicheranno il Patronato Acli come le stesse Acli e la loro azione a
favore dei lavoratori.”
Un ruolo di responsabilità che richiede una particolare attenzione e sensibilità,
come raccomanda “Il manuale dell’Addetto Sociale”, stampato dal Patronato nei suoi
primi mesi di attività per presentare in modo sintetico tutte le nozioni tecniche ed
operative utili a svolgere le attività di patrocinio.
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BLO C NOTES / N. 8-2003
“L’Addetto Sociale, quale dirigente del Segretariato del Popolo, si trova in
continuo e diretto contatto col lavoratore. Da ciò la necessità che questo contatto
che si stabilisce per le esigenze del lavoratore, che si concreta nella esposizione del
suo caso particolare, che si sviluppa nell’esame di quello che può e deve essere fatto
per garantire quanto possa eventualmente spettargli, sia sempre sostanziato di quel
“senso sociale” che lo rende doverosamente gradito.
E’ un rapporto “umano” che si sviluppa attorno ad una pratica. Non è solo un
rapporto tecnico o burocratico, giacchè il lavoratore, qualunque sia la decisione che
l’Addetto Sociale deve comunicargli, sempre deve sentire il calore umano che viene
da chi l’ha accolto con spirito di cristiana solidarietà e di piena comprensione. E’
questo un segno, caratteristico che se deve contraddistinguere ogni opera di previdenza e assistenza rivolta ai lavoratori, vale ancora di più per quella del Patronato
Acli per lo spirito che lo anima e per la sua così piena e concreta partecipazione al
grande movimento dei lavoratori cristiani”.
La scelta e la formazione degli A
ddetti Sociali
Addetti
L’importanza degli Addetti Sociali nell’ambito dell’organizzazione del Patronato emerge anche dalle modalità operative, che conservano nelle linee essenziali una
grande attualità, impartite dai dirigenti centrali alle strutture provinciali per la scelta e
la formazione di questi fondamentali collaboratori.
In una di queste direttive si raccomanda: “Le considerazioni già fatte circa la
particolare importanza degli Addetti Sociali per lo sviluppo dell’attività del Patronato, ci portano alla conseguenza che occorre sceglierli bene, formarli in modo adeguato e continuare poi a seguirli nel corso della loro attività.
Per quanto riguarda la scelta è evidente la necessità di accertarsi che vi siano
in ogni Addetto Sociale quelle doti (morali e sociali) e quelle attitudini (capacità e
competenza) che sono legate alla sua attività ed alla sua funzione”.
Più in particolare fra le doti, oltre alla “intelligenza per lo studio necessario ad
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acquisire la competenza richiesta per il migliore svolgimento della sua attività”, è
richiamata come fondamentale “la sensibilità sociale e cristiana del suo animo che
lo renda capace di intrattenere relazioni veramente umane, fatte di semplicità ma
ripiene di profonda simpatia, con ciascuno che si rivolga a lui”.
Per quanto riguarda le attitudini sono ricordate come fondamentali “la capacità
di iniziativa che riesca a dare alla sua opera l’impronta di un sano e dinamico attivismo” e quelle “di organizzatore, per sapere ordinare il suo lavoro in modo da
ottenere da esso il più efficace risultato”.
Tra le conoscenze si evidenzia la necessità che “l’Addetto Sociale conosca anzitutto la legislazione previdenziale che riguarda i lavoratori”e “il movimento delle
Acli” perché, solo sapendo di “operare nel quadro e nello spirito di una grande
organizzazione di lavoratori cristiani che, attraverso il Patronato, si propone l’elevazione sociale e morale della classe lavoratrice (…)”, può acquisire la consapevolezza “che la sua opera non è avulsa dal movimento, ma anzi è in questo inserita e da
questo vivificata”.
Il bagaglio delle doti e delle attitudini richieste è fondamentale, perché “…
insieme con la tecnica, è lo spirito che primeggia e risalta nell’opera dell’Addetto
Sociale. E sarà questo stesso spirito che le Acli infondono in tutte le loro opere come
motivo profondo ed intimo contenuto del loro movimento, che varrà a sostenerlo
nella dura fatica del suo lavoro. Quando potrà ritenere che il suo lavoro non sia
adeguatamente apprezzato, né alle volte compreso ed aiutato; quando gli parrà che
la sua opera sia vana, quando si sentirà stanco per la quantità di lavoro che gli viene
richiesto e da ogni parte, saranno allora proprio le forze dello spirito a sostenerlo e
a rinfrancarlo per fargli continuare, con immutata fede, la sua opera e la sua fatica”.
Le indicazioni operative non mancano di suggerire alcune altre particolari attenzioni. “Nella scelta dell’Addetto Sociale si tenga conto altresì della sua situazione professionale, di tempo libero, ecc. in relazione anche alle possibilità economiche
del Segretariato stesso, e ciò in conformità a quanto disposto dallo Statuto e cioè che
l’incarico ha carattere fiduciario e di volontariato, anche se è consentita l’assegnazione di premi di collaborazione. E ciò per evitare o di creare degli spostati o di
determinare situazioni di lavoro continuativo qualora poi non vi sia la possibilità di
corrispondere una conveniente retribuzione.
Per quanto riguarda la formazione e l’aggiornamento degli Addetti Sociali è
evidente che per la parte tecnica ciò costituisce un compito precipuo del Direttore
Provinciale del Patronato. Egli deve avere la passione del maestro che tramanda
agli allievi la sua stessa competenza e la sua dedizione al servizio sociale.
Ciò può avvenire: con contatti e relazioni personali (…); favorendo lo studio
della legislazione previdenziale (…); con opportune giornate o corsi di studio (…)”
di cui si propongono alcuni schemi di programma molto dettagliati.
Per la formazione ”sociale e morale sarà l’intero movimento che dovrà rivolgersi con particolare cura ed attenzione verso gli Addetti Sociali, allo scopo di alimentare in essi la dedizione nel loro lavoro e la loro più piena partecipazione, nello
spirito e nelle opere, alla attività delle Acli.
Allo scopo di provvedere nel modo migliore alla formazione ed all’aggiornamento degli Addetti Sociali, potrà anche essere assai utile la nomina presso ogni
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BLOC NOTES / N. 8-2003
Sede provinciale di un “Istruttore di Addetti Sociali” scelto fra elementi della stessa
Sede provinciale delle Acli o del Patronato (…)”.
I compiti e le responsabilità dell’A
ddetto Sociale
dell’Addetto
Dalle pagine di “Informazioni Sociali” e delle varie pubblicazioni specifiche
preparate per gli Addetti Sociali si può attingere una lunga serie di indicazioni operative che, pur nella loro semplicità, trovano conferma nelle moderne tecniche di organizzazione, comunicazione, marketing e per lo sviluppo della qualità del servizio.
“L’Addetto Sociale è dunque responsabile dell’organizzazione e del buon funzionamento del Segretariato del Popolo. Insieme coi dirigenti dell’organizzazione
egli deve preoccuparsi di procurare al Segretariato una sede, di arredarla nel modo
migliore e razionale, di dotarla del materiale necessario ed infine di dare un ordine
al funzionamento dell’ufficio”.
“E’ indispensabile che la sede sia adatta al più facile accesso da parte del
pubblico. Dovrà essere indicata da targhe o scritte opportunamente disposte, e dovrà essere tenuta con quell’ordine e quella pulizia, che oltre ad essere precise esigenze dell’organizzazione costituiscono altresì le condizioni migliori per guadagnare la fiducia e la simpatia di quanti vi affluiscono”.
“Il funzionamento dell’ufficio deve essere ordinato sia per quanto riguarda
l’orario sia per lo svolgimento del lavoro. Si fissi l’orario nelle ore in cui si presume
che il lavoratore sia libero da impegni di lavoro e quindi lo si osservi meticolosamente in modo che si sappia con certezza di poter essere ricevuti ed ascoltati.
Si tengano nel massimo ordine le pratiche in un archivio data l’evidente importanza delle pratiche stesse”.
“Lo spirito di iniziativa dell’Addetto Sociale troverà il modo di accompagnare
l’attività del Segretariato con una adeguata azione di propaganda a mezzo di manifesti, volantini, ecc., diffusi negli ambienti di lavoro, nel paese e nella parrocchia,
per far conoscere gli scopi, l’attività, l’orario e l’ubicazione dell’ufficio”.
“Il lavoratore che si rivolge al Segretariato del Popolo deve avere la sensazione cha la pratica che lo interessa è in buone mani. Alle sue richieste di informazione
deve essere data una risposta pronta, sicura e soprattutto esatta. Soltanto a queste
condizioni il lavoratore concederà la sua fiducia all’Addetto Sociale ed infine al
Movimento in nome del quale questi lavora”.
Non mancano le raccomandazioni e gli inviti di “operare in rete”, assumendo un
ruolo di riferimento e di coordinamento per gli altri operatori nel sociale.
“Con particolare cura l’Addetto Sociale dovrà tenere rapporti e contatti di
fraterna collaborazione con le altre opere assistenziali operanti nello stesso ambiente della sua attività, come ad esempio le Conferenze di S. Vincenzo, il C.I.F., il Fraterno Aiuto Cristiano, le Dame di Carità e così via. Si tratta di opere che per il loro
contatto coi poveri, coi bisognosi, con vasti strati della popolazione di un dato Comune o Parrocchia possono avvertire esigenze e necessità di particolari interventi
anche da parte dell’Addetto Sociale.
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Così pure dovranno essere mantenuti rapporti di cordiale collaborazione con
le altre associazioni cattoliche, specie con l’Azione Cattolica, così da fare del
Segretariato del Popolo il centro dell’assistenza sociale e previdenziale del Comune
o della Parrocchia nel quale il Segretariato si è costituito ed è funzionante”.
E poi, via via, vengono evidenziate alcune responsabilità fondamentali: quella
di “mantenersi aggiornato con le leggi ed i regolamenti che vengono emanati”; quella
di svolgere la sua attività secondo le leggi, i regolamenti e le specifiche istruzioni
ricevute dal Patronato; oppure quelle “in relazione ai diritti di quanti si rivolgono a
lui per ricevere assistenza” che implicano “la responsabilità del consiglio dato e che
deve essere esatto; la responsabilità di stabilire il modo o le forme con cui condurre
una determinata pratica, quella di farle seguire con regolarità e senza ritardi il suo
corso, quella di custodire e di conservare con ogni cura i documenti a lui affidati,
quella, infine – che può diventare anche gravissima – di rispettare i termini fissati
dalla legge …, giacchè in tal caso l’assistito potrebbe riceverne un danno alle volte
irreparabile”.
Tra le diverse “responsabilità” viene sottolineata una in particolare, precisando
che “non si tratta di una responsabilità giuridica, ma morale”. E’ quella “… che
deriva dal fatto che il Patronato Acli è l’ente assistenziale delle Acli e che pertanto
ogni Addetto Sociale svolge la sua opera e la sua attività anche nel nome e con la
responsabilità delle Acli stesse. Non si può scindere, nella valutazione di ciascuno,
l’attività del Patronato da quella delle Acli: i successi e le affermazioni del primo
vanno evidentemente ad onore di tutto il movimento, così come, nel caso contrario,
se ne avrebbe danno o disdoro per tutta l’organizzazione”.
Chi erano i primi A
ddetti Sociali
Addetti
Grazie alle prime indicazioni operative per la costituzione del Patronato, possiamo individuare i primi “Addetti Sociali” in modo un po’ vago come persone,
uomini o donne, con “… spirito di apostolato, passione intensa per l’assistenza,
senso di responsabilità, sufficiente cultura” e con sufficiente tempo disponibile “per
dedicarsi alla funzione in determinato orario prefisso”. Con molta probabilità l’Addetto Sociale era “lo stesso coadiutore della parrocchia, l’insegnante, l’impiegato
comunale o un giovane impegnato nell’Azione Cattolica …”, persone suggerite dalla
Sede Centrale come le più indicate per svolgere quest’incarico.
Nei primi mesi del 1963, dopo che il Patronato era oramai diventato una solida
realtà, con un questionario indirizzato a tutti gli Addetti Sociali si cercò di conoscere
un po’ più a fondo le caratteristiche personali e le valutazioni di questi collaboratori
che, con grande impegno, operavano nei 7.240 Segretariati del Popolo “regolarmente costituiti”.
Dai dati raccolti si apprende che gli Addetti Sociali sono in maggioranza uomini
(86%). Per quanto riguarda la loro posizione professionale, risultano in prevalenza
gli impiegati (40%) e, a seguire, operai (19%), pensionati (14%), insegnanti (10%),
agricoltori (9%), sacerdoti (7%) e disoccupati (1%).
24
BLOC NOTES / N. 8-2003
La maggioranza degli Addetti Sociali ha la licenza elementare (42,5%). Il 32%
ha conseguito la licenza di scuola media inferiore, il 16,5% la licenza di scuola media
superiore e l’8% la laurea. L’1% sta svolgendo studi universitari.
La stragrande maggioranza degli Addetti Sociali segnala di incontrare difficoltà
nello svolgimento del suo lavoro che sono diverse in base alle singole realtà territoriali. Nelle regioni centro-meridionali le difficoltà maggiori derivano dalla mancanza
di sedi, attrezzature e di un minimo di disponibilità finanziaria. Nelle regioni del nord
queste difficoltà sembrano di secondaria importanza rispetto a quelle connesse alla
mancanza di tempo, alla non sufficiente preparazione tecnica e alla forte concorrenza
degli altri enti di patrocinio.
Fra le altre difficoltà lamentate in modo generalizzato, sono ricordate la “burocrazia dello Stato e degli Enti Previdenziali”; la “lentezza con la quale gli Addetti
Sociali vengono informati sulla emanazione di nuove leggi” e la mancanza di “appoggio morale da parte della direzione provinciale o, più spesso, da parte dei dirigenti del Movimento …”.
Tra i miglioramenti proposti per rimuovere le difficoltà viene segnalata in modo
particolare la stampa di materiale adatto a sopperire alla mancanza d’informazioni ed
aggiornamento. “Per quanto riguarda le deficienze relative alla attrezzatura e ai
mezzi, si propone di rimediare fornendo quantomeno materiale d’ufficio ed aiuti
economici”.
Tutti gli Addetti Sociali sottolineano di ricevere nell’espletamento dei propri
compiti molte soddisfazioni, “se pur limitate al campo puramente morale”. Non
mancano le segnalazioni d’insoddisfazioni che “derivano prevalentemente dalla scarsa
gratitudine degli assistiti e dalla mancanza di considerazione da parte delle Sedi
provinciali e della stessa Sede Centrale per l’opera svolta spesso in condizioni di
non immaginabile disagio”.
Le diverse situazioni riscontrate, che per molti aspetti trovano conferma nell’indagine svolta nel 1993 in preparazione della “Conferenza di Assisi”, diventarono
negli anni successivi lo spunto per instaurare diverse modalità operative, ridefinire
relazioni, predisporre adeguati supporti tecnici e dare impulso a nuove attività
formative, fermo restando il profilo e il ruolo di questa particolare forma di volontariato
che, negli anni e nel bene e nel male, ha accompagnato il cammino delle Acli e del suo
Patronato.
BLOC NOTES / N. 8-2003
25
3. Gli “strumenti” dell’addetto sociale
Proprio in considerazione del loro ruolo, il Patronato nel corso della sua esistenza, ha messo a disposizione degli Addetti Sociali numerosi strumenti per lo svolgimento della loro attività. Alcuni di questi strumenti sono scomparsi, dopo aver esaurito la loro funzione, e restano solo nella memoria degli archivi, altri si sono trasformati negli anni in relazione alle mutate condizioni organizzative e del contesto sociale, altri ancora - soprattutto nella loro essenza – sono ancora il supporto fondamentale
del loro impegno.
Rientrano tra gli strumenti scomparsi le interessanti collane degli opuscoli organizzativi e divulgativi che indirizzavano con metodo l’attivazione dei diversi servizi; i “vademecum” ed i “manuali” per gli Addetti Sociali con tutte le nozioni essenziali sulla previdenza e assistenza sociale, quando questa materie non erano ancora così
contorte e frammentate come lo sono ora, a cui era affidato il compito di essere il
principale e immediato riferimento per svolgere l’attività di tutela e di patrocinio agli
assistiti.
Alcuni di questi strumenti sono stati occasionali e, forse, anche un po’ curiosi
come “il concorso” lanciato nel 1961 che metteva in palio “un viaggio all’estero”
per premiare l’Addetto Sociale “che avrà raccolto il maggior numero di pratiche
assistenziali”.
Nel tempo, invece, si è rinnovata la stampa periodica del Patronato Acli pensata
per mantenere costante l’aggiornamento tecnico e le relazioni tra la Sede Centrale e i
suoi numerosi collaboratori. Al bollettino “Informazioni Sociali” si è aggiunta la rivista “Sicurezza Sociale”. Seguendo l’andamento del Patronato con i suoi alti e bassi,
per un lungo periodo di tempo, il contatto con gli Addetti Sociali è stato assicurato da
“PAN” (Patronato Acli notizie): un agile e semplice strumento – simile ad un “ciclostilato” – sempre ricco però di contenuti tecnici in grado di alimentare una costante
assistenza di qualità. E dopo un lungo silenzio, la relazione è ripresa con i numeri
speciali di “Informazioni Sociali”, “Acli Oggi Patronato” e, recentemente, “Bloc
Notes”: la rivista “specifica” per i Promotori Sociali volontari del Patronato Acli.
Sono ancora da considerare validi e attuali “strumenti” di lavoro il “Segretariato
del Popolo/Sociale” e la lunga serie di riferimenti valoriali e di metodo che hanno
accompagnato nel tempo l’esperienza e la storia degli Addetti Sociali, così come può
essere attuale - anche ora che gli “Addetti” diventano “Promotori Sociali”- “l’idea
guida” con cui era proposta e organizzata la “Giornata dell’assistenza Sociale”. Per
fare buon uso di questi strumenti, anche per guardare alle sfide future, è utile qualche
ulteriore approfondimento e la lettura di qualche frammento di memoria.
Il Segretariato del P
opolo
Popolo
opolo..
Il “Segretariato del Popolo” è “il punto contatto con i lavoratori e i cittadini” e
luogo dove vengono istruite e svolte le pratiche e gli interventi che non richiedono
speciale tecnica medico legale.
26
BLOC NOTES / N. 8-2003
Con questa visione strategica, il “Segretariato” è chiamato a svolgere tutti i
compiti indicati dallo statuto, “nell’ambito della giurisdizione locale e nei limiti della propria competenza funzionale, in conformità delle direttive impartite dalla sede
centrale dell’Ente”.
Oltre ai compiti istituzionali, sono affidati al “Segretariato” anche tutte le attività che “fanno capo all’assistenza morale e all’assistenza educativa nell’ambito di
applicazione delle leggi sociali”.
Pensato sul modello dei “Segretariati del Popolo” creati dalle organizzazioni
cattoliche nei primi anni del 1900 come risposta alle attività sociali avviate nel modo
del lavoro per iniziativa socialista, questo snodo organizzativo, è stato l’elemento
fondamentale per il rapido sviluppo del Patronato ed è, ancora oggi, un importante
punto di forza della sua struttura operativa.
Partendo dal presupposto che “un servizio è tanto più utile alla società in cui
opera quanto più si rende facilmente accessibile ai più”, la scelta è stata quella di
rendere capillare il nascente Patronato per il tramite di una “struttura agile, ma al
tempo stesso di pieno affidamento”, per essere vicini al lavoratore e alla sua famiglia
e “per essere il più possibile pronti ad offrire l’aiuto che può essere chiesto”.
Anche se la nascita di un “Segretariato” rispondeva a concrete esigenze di servizio, la sua costituzione era di norma “affidata all’iniziativa del Circolo Acli” perché “è proprio in tale inserimento e in tale costante legame di azione che il Segretariato
del Popolo” può “svolgere nel modo migliore e con ogni massima possibilità la sua
azione, non solo a vantaggio dei singoli che ad esso si saranno rivolti, ma anche
come servizio diretto reso al Movimento Aclista e perciò alla grande causa dei lavoratori cristiani”.
Solo in questo modo, infatti, “il Segretariato vedrà potenziata la sua azione,
valorizzata e compresa la sua opera, estesa la sua attività proprio dal suo inserimento in quella di tutto il Movimento, … grazie all’appoggio e alla collaborazione di
tutti gli Aclisti”.
Così come emerge chiaramente dalla sua stessa definizione, fin dalle sue origini
il Segretariato, più che un luogo fisico, è stato concepito come un centro d’azione
sociale. Questa sovrapposizione è evidente in diverse pubblicazioni organizzative
che, proprio nell’auspicare l’istituzione del Segretariato del Popolo in ogni comune,
parrocchia e Circolo Acli, precisano le attività e i compiti dell’Addetto Sociale.
“Nelle aziende l’attività dell’Addetto Sociale si inserisce nel quadro di quella
svolta dal nucleo aziendale Acli e del gruppo di fabbrica e pertanto dovrà coordinarsi con questa ai fini di affermare la concreta presenza della Acli con tutte le loro
opere e servizi, nell’ambito aziendale.
Nei sanatori, l’Addetto Sociale opera col nucleo Aclisti degenti (N.A.D.), venendone a costituire lo strumento di diretta attuazione della tanto necessaria e richiesta attività assistenziale per tutti i degenti in tali luoghi di cura”.
“Varie sono le attività che esso svolge e che potranno essere distinte in obbligatorie e in facoltative.
Sono obbligatorie quelle che rientrano in senso stretto nei compiti istituzionali
del Patronato e che riguardano pertanto il campo della Previdenza Sociale, cioè
BLOC NOTES / N. 8-2003
27
delle assicurazioni stabilite per legge e in genere dalla legislazione sociale a favore
dei lavoratori. Sono facoltative quelle che rientrano invece nel quadro di una più
ampia assistenza sociale, di un’assistenza che potremmo dire generica e che più che
il vero e proprio diritto, riguardano uno stato di bisogno, ma che pure costituiscono
tanta parte dell’attività di un Segretariato del Popolo.
Difatti è al Segretariato del Popolo, e pertanto all’Addetto Sociale, che il lavoratore si rivolgerà per richieste che esulano dall’ambito della previdenza sociale: e
sarà con senso di via comprensione e di fraternità verso il lavoratore che l’Addetto
Sociale dovrà cercare di corrispondere alle sue domande e di testimoniargli la sua
solidarietà cercando ugualmente di aiutarlo e di assisterlo.
Anima questa attività il profondo senso della solidarietà cristiana che alimenta
un consolante fenomeno di “volontariato” raro in un epoca che pare esclusivamente
volta alla ricerca del lucro, che lamenta, ma allo stesso tempo favorisce l’isolamento.
E’ questa che gli Addetti Sociali dei nostri Segretariati del Popolo scrivono
ogni giorno, una pagina di quella carità cristiana che non ha esaurito il suo compito, ma che è, invece, alla ricerca di nuove e più tipiche espressioni”.
Lo spirito del “Segretariato del Popolo” è rimasto tale anche con il cambiamento della sua denominazione, in seguito alle modifiche statutarie del 1992, in
“Segretariato Sociale” solo per rappresentare, in modo più aderente alle nuove domande sociali, il progetto del Patronato Acli orientato a rispondere non solo alle
esigenze dei lavoratori ma a quelle di tutti i cittadini.
La Giornata dell’Assistenza Sociale
Un altro importante strumento affidato agli Addetti Sociali per svolgere con
efficacia la loro attività è stata senza dubbio “La Giornata dell’Assistenza Sociale”
simpaticamente ricordata, almeno fino a qualche anno fa, nell’ambiente del Patronato
con l’acronimo “G.A.S.”.
Anche l’idea della giornata è una precisa intuizione da ricondurre alle origini
del Patronato. La proposta, infatti, viene discussa nel Comitato Direttivo Centrale del
3 giugno 1945 come iniziativa “per conseguire i mezzi occorrenti al Patronato”
organizzando, di comune intesa con le Autorità Ecclesiastiche, “una giornata di raccolta sotto il nome di “giornata sociale”
…” con l’assenso e la considerazione del
Santo Padre.
La scelta della data per il suo svolgimento è orientata a confermare il valore
delle sue finalità. “La giornata in cui sembra più opportuno per indire la raccolta è
la domenica successiva alla data anniversaria della “Rerum Novarum” …” anche
se per il primo anno, “essendo già trascor28
BLOC NOTES / N. 8-2003
sa la ricorrenza”, come possibile data è ipotizzata “la domenica successiva alla
festività di S. Francesco, simbolo della carità e patrono d’Italia”.
La prima “Giornata dell’Assistenza Sociale” si svolse il 10 febbraio 1946 e,
visti i buoni risultati, la proposta si trasformò in un importante appuntamento annuale,
non solo nel calendario delle diverse attività sociali del Patronato e delle Acli ma, in
particolare, nell’elenco dei compiti dell’Addetto Sociale al quale era assegnata la
“specifica responsabilità” per la preparazione e la celebrazione dell’iniziativa.
La proposta, dopo le prime edizioni, fu meglio articolata con metodo e rigore
fino quasi a definire un preciso modello per la sua organizzazione. La sua celebrazione in genere era programmata la seconda domenica dopo Pasqua con la duplice finalità di “far conoscere l’opera del Patronato e di raccogliere contributi ed offerte per
il suo sviluppo e per il suo funzionamento”.
A questo proposito le indicazioni operative evidenziavano “che la Giornata
dell’Assistenza Sociale può essere considerata la festa del Segretariato del Popolo
che in tale occasione potrà far conoscere con giusto orgoglio agli Aclisti, a tutti i
lavoratori, alle autorità civili ed ecclesiastiche locali l’opera svolta, attraverso riunioni, pubblicazioni, giornali murali o parlati, statistiche e manifesti, che la Sede
Centrale prepara ogni anno.
Impegno dell’Addetto Sociale deve essere di far sì che questa manifestazione
abbia il miglior successo prendendo accordi con gli amici del Circolo e con tutte le
organizzazioni della Parrocchia, realizzando tutte quelle iniziative che possono rendere interessante e proficua questa rassegna di un’opera ormai cara a milioni di
lavoratori italiani. Per giungere a tale risultato, come del resto per la riuscita di ogni
altra attività, occorre che la vita del Segretariato sia animata dall’entusiasmo dell’Addetto Sociale e sia retta dalla sua costanza oltre che dalla sua competenza.
Costanza e competenza sono la norma cui si deve uniformare ogni nostra azione, unitamente ad un sano entusiasmo alimentato da un profondo sentimento di solidarietà operaia, alla luce delle idee che animano il nostro Movimento, come attuazione concreta del precetto cristiano dell’amore verso il prossimo”.
Ogni anno la “Giornata” poteva contare sul sostegno del Santo Padre che, per il
tramite della sua Segreteria di Stato, faceva pervenire all’Assistente Centrale delle
Acli una lettera con l’apprezzamento per il lavoro svolto dal Patronato e l’invito “ai
cattolici italiani” di rispondere con generosità alle richieste delle Acli e fornendo alle
medesime “con illuminata carità, possibilità sempre più larghe, di attuare i loro
programmi”.
Nei primi anni del 1950 un opuscolo organizzativo del Patronato prevede che
“l’organizzazione della “Giornata” sia così composta:
a) costituzione in ogni Patronato Provinciale di un Comitato che curi l’organizzazione nel Capoluogo di provincia e guidi i Comitati costituiti in seno ai diversi
Segretariati del popolo. Il Comitato Provinciale provvede ad organizzare le
manifestazioni della “Giornata” anche nei paesi della provincia ove non è ancora funzionante il Segretariato del Popolo, dando così modo ai lavoratori dei
paesi stessi di conoscere il valore dell’opera del Patronato e di collaborare all’istituzione del Segretariato locale;
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b) invito al Clero, dopo averne avuto regolare autorizzazione dalle Superiori autorità ecclesiastiche, perché affianchi l’opera dei diversi Comitati;
c) invito alle associazioni ed agli enti cattolici perché collaborino nel fare conoscere la nostra opera assistenziale ai loro aderenti, i quali potranno a loro volta
esserne i divulgatori;
d) pubblicazione di articoli sui giornali quotidiani, sui settimanali e sui bollettini
locali;
e) trasmissioni per radio, specialmente durante le ore dedicate ai lavoratori, di
discorsi e di resoconti illustranti l’attività del Patronato;
f) affissione di manifesti e di striscioni propagandistici e distribuzione di volantini;
g) organizzazione di manifestazioni varie quali pesche di beneficenza, lotterie, spettacoli, concerti, ecc.
Le manifestazioni della “Giornata” si svolgono con un duplice carattere: religioso e civile.
Il Patronato Acli s’informa ai principi cristiani e quindi è naturale che la “Giornata” venga iniziata invocando l’aiuto di Dio per tutti i lavoratori e per l’opera che
svolge il Patronato stesso. Durante la Messa, cui è invitata la popolazione ed in
modo particolare gli Aclisti, il parroco parla delle Acli, del loro Patronato e del
significato della “Giornata dell’Assistenza Sociale”, invitando i presenti a dare anche un’offerta.
Dopo Messa, o nell’ora ritenuta più conveniente, un oratore competente tiene
una conferenza per i lavoratori spiegando loro la organizzazione del Patronato e
quali casi hanno possibilità di essere svolti dal Patronato stesso. Nei capoluoghi di
provincia o di diocesi e nei maggiori centri questa Conferenza è tenuta da una personalità politica alla presenza delle locali autorità civili, religiose e politiche.
Nella stessa “Giornata” il Patronato Provinciale ed i Segretariati del Popolo
provvedono a mandare presso privati, per le vie o nei locali pubblici, gruppi di persone addette alla raccolta di offerte.
A completamento di queste iniziative nel pomeriggio o alla sera il Circolo Acli
organizza trattenimenti ricreativi a favore dei lavoratori: secondo le possibilità ed i
gusti locali sono tenute rappresentazioni cinematografiche o teatrali, incontri
calcistici, gare, lotterie, banchi di beneficenza, manifestazioni folcloristiche, ecc.”.
A partire dalla metà degli anni 1950, un numero intero di “Informazioni Sociali” era completamente dedicato a fornire materiali e suggerimenti per la buona riuscita della giornata: risultati significativi delle attività, schemi di possibili omelie da
proporre ai sacerdoti locali, tracce delle conferenze per i lavoratori, raccolta sistematica del “pensiero” della Chiesa e del Papa sull’impegno e l’assistenza sociale, indicazioni concrete per dare efficacia alla raccolta di fondi, …
La Sede Centrale, oltre ai manifesti e ai volantini, in alcune occasioni sostenne
l’iniziativa con particolari gadget come, ad esempio, un segnalibro a forma di mughetto o, addirittura, lo stesso fiore riprodotto in plastica da appuntare sul colletto
delle persone che versavano la loro offerta.
Nonostante questo solido impianto, anche la “Giornata” si modificò seguendo i
30
BLOC NOTES / N. 8-2003
mutamenti culturali, le abitudini del tempo e, più direttamente, l’andamento dell’esperienza delle Acli e del Patronato con le sue fasi di grande vivacità e di crisi fino quasi
a scomparire, nelle forme prima indicate, nel corso degli anni 1970.
La proposta della “giornata”, opportunamente rivisitata “come momento di
richiamo di attenzione e di sostegno volontario, da parte di tutti i cattolici, sul valore
sociale dell’azione di patrocinio e sulla esigenza di dare ad essa mezzi sufficienti per
essere all’altezza delle domande nuove poste dalla crisi economica e sociale”, divenne ancora l’occasione per accompagnare, nella prima metà degli anni 1980, con la
diffusione di campagne di lavoro mirate e di alcuni slogan di grande efficacia, il
cammino del Patronato alla ricerca di una sua nuova identità, per continuare a fornire
attività e servizi adeguati al contesto sociale in rapida evoluzione e per superare la
situazione di crisi in cui era coinvolto.
4. Frammenti di memoria
Il “Decalogo dell’A
ddetto Sociale” *
dell’Addetto
1.
2.
3.
4.
5.
L’ASSISTENZA SOCIALE è un dovere. Essa è una espressione della carità e
della giustizia. Assistenza equivale ad apostolato. Per essere apostoli, bisogna
donarsi; perciò l’Addetto Sociale non deve aver paura del sacrificio dando tempo, attività e cuore senza misura.
L’ASSISTENZA deve essere permeata di carità, ispirata dalla giustizia, ma anche condotta con competenza. Nulla sopporta di essere mal fatto, nemmeno il
bene; e se è il cuore che ispira la carità, è l’intelligenza che la dirige. L’Addetto
Sociale deve perciò farsi una opportuna preparazione culturale e tecnica, per la
quale occorre soprattutto buona volontà.
L’ASSISTENZA deve essere imparziale. Tutti i bisognosi hanno il diritto di chiedere e a tutti l’Addetto Sociale ha il dovere di dare, senza preferenze, se non per
i più poveri e per i più disgraziati.
L’ASSISTENZA deve essere oculata ed illuminata. Occorre che l’Addetto Sociale abbia buon senso, intuizione, per aiutare chi ha veramente bisogno ed evitare di cadere nei facili tranelli tesi da chi è troppo abituato a domandare.
L’ASSISTENZA deve essere sollecita. Non si può indugiare, quando possono
essere compromessi da un eventuale ritardo, gli interessi di chi vive nel bisogno,
* Tratto da “Il repertorio dell’Addetto Sociale” – Milano, 1959 – e dettato dal “compianto
dottor Guglielmo Steidler”
BLOC NOTES / N. 8-2003
31
perciò l’Addetto Sociale deve avere grande prontezza e sollecitudine, nel raccogliere e trasmettere le pratiche di assistenza.
6. L’ASSISTENZA deve essere disciplinata. L’Addetto Sociale sa di avere una superiore gerarchia da cui dipendere e che è a sua disposizione per ogni necessità;
perciò non deve mai isolarsi, ma mantenere frequenti contatti, il che è anche nel
suo diretto interesse, per un efficace rendimento del lavoro.
7. L’ASSISTENZA deve essere fatta con metodo e serietà. Occorre una piccola
Sede, un tavolo, una sedia, qualche volumetto di consultazione, pochi libri e
fogli di carta per l’amministrazione; bisogna fissare almeno un’ora settimanale,
nella quale l’Addetto Sociale si terrà a completa disposizione dei lavoratori, per
raccogliere le pratiche ed ascoltarne i bisogni.
8. L’ASSISTENZA deve essere fatta con passione. Più che attendere che i lavoratori ricerchino l’assistenza è opportuno andargliela ad offrire; l’Addetto Sociale
non può mai dire che nulla ha da fare, perché il cuore gli suggerisce dove può
essere opportuno il suo interessamento, per il disbrigo di pratiche e per aiuti di
indole assistenziale.
9. L’ASSISTENZA implica responsabilità morale e giuridica; l’Addetto Sociale
perciò si assume l’obbligo di provvedere all’incarico che gli è affidato con ogni
diligenza, conservando il massimo riserbo, non abusando mai della fiducia in lui
riposta.
10. L’ASSISTENZA ha un solo compenso: quello promesso dal Vangelo con le parole di Gesù: “venite o benedetti dal Padre mio; possedete il Regno che vi è stato
preparato fin dalla fondazione del mondo. Poichè io ebbi fame e voi mi deste da
mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e m’avete accolto; fui ignudo
e m’avete rivestito; fui infermo e mi visitaste; fui in prigione e mi veniste a trovare. In verità Vi dico: tutte le volte che avete fatto qualche cosa a questi minimi tra
i miei fratelli, l’avete fatto a me”.
L’A
ddetto Sociale è necessario sappia che …. *
’Addetto
E’ assolutamente urgente intensificare la nostra attività di patrocinio dei lavoratori, e, conseguentemente, l’acquisizione delle relative pratiche assistenziali.
Rivolgiamo, pertanto, un vivissimo appello ai nostri collaboratori dei Segretariati
del Popolo, affinché vogliano attuare ogni più utile iniziativa per il raggiungimento
dello scopo che ci proponiamo, quello cioè di dare più forza al nostro Patronato.
A te, Amico Addetto Sociale, il compito di mettere in atto, ad integrazione della
tua personale esperienza organizzativa, e per quanto possibile, anche i seguenti consigli:
1. Non attendere che il lavoratore venga da te, specie quando sei a conoscenza che
* Tratto da “Informazioni Sociali” Anno VI – N. 5 – Settembre-Ottobre 1960
32
BLOC NOTES / N. 8-2003
abbia subito un infortunio o si trovi in condizioni di far valere il suo diritto ad
una prestazione assicurativa; ma recati al suo domicilio, mettendoti a sua dispo
sizione per tutto ciò che lo può interessare in relazione alle tue funzioni di Ad
detto Sociale del Patronato Acli;
2. Ricorda di divulgare e di far divulgare, in ogni occasione e con tutti i mezzi a tua
disposizione, senza stancarti mai, la notizia che tu rappresenti il Patronato Acli e
che, pertanto, tutti i lavoratori che abbiano necessità di essere informati, consigliati ed assistiti, nelle loro pratiche relative alle assicurazioni sociali, possono
sempre venire liberamente da te, sia in ufficio che a casa tua;
3. Prega vivamente il sacedote titolare della tua parrocchia, di aiutarti nello svolgi
mento delle tue funzioni, nel senso di ricordare sempre ai fedeli, tutte le domeni
che e nelle feste di precetto, dopo l’illustrazione del Vangelo o alla fine della Messa, l’esistenza del locale segretariato del popolo del Patronato Acli; di fare il tuo
nome come Addetto Sociale del nostro Istituto, e di dire brevemente che tutti i
lavoratori e le lavoratrici possono rivolgersi, senza alcuna spesa, all’assistenza
del Patronato Acli specie per quanto riguarda le pratiche relative alle prestazioni
derivanti dalle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sia per gli operai che per i contadini, le pensioni di invalidità, di vecchia
ia ed ai superstiti, l’assistenza antitubercolare, le indennità di disoccupazione,
gli assegni familiari, ecc.;
4. abbi cura di tenere i contatti con il medico locale allo scopo di essere immedia
tamente edotto di qualsiasi infortunio o malattia professionale in modo da poter
offrire tempestivamente all’infortunato od ai suoi familiari la tua opera di assistenza;
5. nei tuoi frequenti contatti con i lavoratori in attività di servizio, procura di informarti se per gli stessi vengono regolarmente versati o meno i contributi assicurativi quando si tratti di lavoratori non agricoli, oppure che siano iscritti negli appositi elenchi quando si tratta di addetti all’agricoltura.
Questa opera sistematica di indagine e di controllo deve essere svolta al fine di
poter attuare le pratiche di recupero che interessano il lavoratore;
6. devi avere particolare cura e diligenza nell’interessarti di far pervenire alla Sede
Provinciale gli eventuali ricorsi contro il rifiuto di determinate prestazioni, specie nel caso in cui il lavoratore sia venuto da te all’inizio della pratica;
7. devi essere sempre diligente e preciso, specie nel trascrivere le generalità complete del lavoratore, ed avere cura particolare dei documenti che ti vengono consegnati e che a tua volta devi inviare alla Sede Provinciale unitamente a tutte quelle informazioni che valgono a determinare con esattezza la richiesta del lavoratore;
8. ricordati sempre che per ogni pratica di assistenza è necessario farsi rilasciare
dal lavoratore delega o mandato di patrocinio in duplice copia.
Questo documento deve essere sottoscritto dal lavoratore; nel caso in cui il lavo-
BLOC NOTES / N. 8-2003
33
ratore sia analfabeta, occorre un suo segno di croce convalidato dalla firma di due
testimoni; questo documento è indispensabile per dimostrare che il Patronato
Acli ha diritto di rappresentare il lavoratore e di assisterlo quindi ad ogni effetto di legge;
9. infine, non tralasciare mai le occasioni che ti si possono presentare – come abbiamo detto sopra – per acquisire al nostro Ente il maggior numero di pratiche,
anche perché oltre all’obbligo legale di assistere i lavoratori, abbiamo soprattutto quello morale che ci deriva dall’esercizio pratico della carità cristiana.
Il Segretariato del P
opolo *
Popolo
Una presenza diretta e vitale
Le Acli sin dalle origini, ed ancora prima del riconoscimento giuridico del Patronato, per realizzare il fine del servizio sociale a favore dei lavoratori, hanno voluto
stabilire un collegamento continuo e immediato con essi.
A questo scopo rispondono i “Segretariati del Popolo”, che operano nell’ambito dei Circoli delle Acli o anche come strutture distinte, a completamento dell’azione
dei circoli stessi. Oggi il Patronato può contare su oltre 6.500 Segretariati del Popolo:
forse non tutti sono pienamente efficienti ma essi rappresentano un modo significativo e diffuso di servizio ai lavoratori e ai cittadini.
Sul territorio per dare risposte concrete
Il “Segretariato del Popolo” deve sempre di più essere il luogo in cui si ritrovano tutti i servizi delle Acli, per un impegno generalizzato sul territorio delle strutture
di base e degli strumenti che l’Associazione ha istituito e pone a disposizione dei
cittadini per la vasta gamma dei loro bisogni: casa, cooperazione, tempo libero, turismo, sport, ed ovviamente i servizi sociali.
Per il Patronato il Segretariato del Popolo è dunque una struttura importante,
vitale e di contatto diretto con i lavoratori, non soltanto per il disbrigo dei suoi compiti istituzionali nel settore previdenziale ed infortunistico, compiti che restano fondamentali e prioritari, ma anche per la promozione di iniziative sul territorio.
Ecco alcune idee, obiettivi, settori di intervento, modalità di essere e di agire del
Segretariato del Popolo.
Tre idee per un progetto
Tre idee motivano ed indirizzano la vita del Segretariato del Popolo: portare
l’informazione sulla legislazione sociale, a livelli di base, per ovviare alle carenze di
comunicazione tuttora esistenti; concorrere a realizzare iniziative per la educazione
della gente all’uso dei nuovi strumenti che le riforme sociali statali hanno decentrato
* Tratto dall’opuscolo “Il Patronato Acli per i servizi sociali dei lavoratori” (1984)
34
BLOC NOTES / N. 8-2003
ai livelli locali; sollecitare e favorire la partecipazione dei cittadini per animare in
modo corretto le nuove democrazie di base.
Tre obiettivi per un progetto
Tre obiettivi fondamentali si pone il Segretariato del Popolo: far diventare tale
struttura un momento importante della presenza Aclista per animare in senso culturale e cristiano le realtà associative del territorio; rendere vivo il Patronato a livello di
base perché sia autentico servizio ai lavoratori e ai cittadini; attuare alla base un momento di aggregazione delle varie realtà che si rendono disponibili e come volontariato
personale e come impegno delle associazioni che vogliono collaborare alle iniziative
del Patronato.
Tre settori per una presenza
Tre settori, Il Segretariato del Popolo può investire con il proprio specifico
apporto: quello dell’intervento in direzione dell’Inps e dell’Inail, previsto, come è
noto, dalle leggio 804/47 e 112/80 e dalle normative ministeriali; quello inerente alla
legge 833 (Servizio sanitario nazionale), relativo al contributo da offrire in ordine
all’informazione dei cittadini, all’educazione sanitaria ed alla prevenzione, alla programmazione a livello di regioni, Usl e distretti; e quello della partecipazione alla vita
sociale, per il migliore uso degli strumenti che hanno come obiettivo il miglioramento
della qualità della vita dell’uomo, della famiglia, della società civile, impegno di tutte
le Acli, che tende, specie dopo il congresso di Bari del 1981, a farsi promotore di una
riforma della società civile.
Tre caratteristiche per uno stile
Tre caratteristiche qualificano un efficiente Segretariato del Popolo: la sua collocazione nell’ambiente del territorio in rapporto con comitati di gestione, consigli di
zona, associazioni, comitati inquilini, utenti dei servizi, nonché con le parrocchie, per
la destinazione del proprio servizio a tutti i cittadini e lavoratori dipendenti ed autonomi, ed a tutte le comunità, gruppi sociali, enti e servizi locali; la disponibilità immediata di tutte le informazioni utili sulle risorse esistenti e potenzialmente idonee a
soddisfare le richieste di servizi dell’utenza; la presenza di operatori specializzati e
animati da un’autentica disponibilità a rendersi utili per il prossimo.
Il “nuovo” Patronato
Il Segretariato del Popolo è dunque un impegno di rilievo delle Acli e del Patronato. Esso prefigura la dimensione del “nuovo” Patronato che occorre costruire per
rendere in prospettiva più reale, più qualificato e rispondente alle esigenze il servizio
di patrocinio e per rispondere più compiutamente alle finalità dell’articolo 2 dello
Statuto del Patronato Acli ed ai nuovi bisogni di servizio sociale che la moderna
società manifesta.
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APPENDICE
Riflessioni in libertà di un addetto ai lavori *
Io
Io,, al posto tuo
Capita spesso di trovarsi in situazioni di particolare disagio, di non sapere
come fare, di essere disposti a pagare anche somme favolose, solamente immaginarie, pur di trovare qualcuno disposto a prendere, solo per quella del
tutto speciale contingenza, il posto nostro.
“Darei un milione”, oggi si arriva anche ad offrire “un miliardo” … ma
ciononostante non si trova, e sarebbe oltretutto un vero guaio in quanto dal
regno delle grandi cifre, dovrebbe vergognosamente ripiegare a pochi spiccioli, chi si mette al nostro posto.
Però a pensarci bene, noi Addetti Sociali del Patronato Acli, siamo proprio
quelli a cui andrebbero i tanti milioni della fantasia, perché ogni qualvolta
doniamo la nostra prestazione assistenziale, ci mettiamo al posto di quello
che non sa come fare, di quello che avverte tutto il disagio di essere solo
contro tanti, piccolo, di fronte a colossi.
E i milioni … arrivano, non visti, ma arrivano, perché sfuggono alla arida
elencazione di un libro cassa. Lo si avverte quasi sempre, quando alla fine
della giornata, raccolti in noi stessi, pensiamo che dove c’era bisogno grande, noi abbiamo fatto in modo che potesse arrivare la risorsa che la società
aveva previsto e predisposto.
E’ un conto tanto lungo, ma il saldo è altamente consolante: abbiamo fatto
del bene!
E a tutto ciò si aggiunge una duplice certezza: quella di essere incamminati
su una strada già percorsa da Colui che “è venuto per servire e non per
essere servito”; e che ha detto “quanto voi avete fatto ad uno tra questi minimi miei fratelli, l’avete fatto a me”.
Di tanto, non c’è Addetto Sociale che non sia convinto, perché il rammarico
che non tutti quelli che hanno necessità del nostro aiuto non ancora e non
sempre ce lo chiedono, è motivo di intima ansi legato al desiderio di dare
sempre e sempre di più.
* Tratto da “Informazioni Sociali” - annata 1962
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Compr
o gioie !
Compro
Questa mattina sono partito dal mio paesello per andare alla Sede Provinciale per trattare alcune pratiche. Sul tavolo del Direttore, che come sempre mi
ha ricevuto molto gentilmente, ho visto il bollettino “Informazioni Sociali”
aperto proprio alla pagina dove ha avuto l’onore di essere pubblicato il mio
scarabocchio: “Io, al posto tuo”.
Mi sono sentito orgoglioso, però mi sono subito pentito, ma fino ad un certo
punto, tanto è vero che scrivo ancora sperando nella pubblicazione.
Sbrigate le mie cose, mi sono avviato alla stazione delle autocorriere per
rientrare a casa, e strada facendo, chissà perché, sono stato colpito da un
avviso che tante altre volte avevo visto, A caratteri cubitali, c’era scritto:
“Compro gioie!” e tra me e me ho detto, io no!, non compro gioie, ma piuttosto compro i dolori, le ansie di tutti quelli che vengono al mio Segretariato.
Chi vende gioie lo fa per necessità, perché fra i tanti giorni belli della vita, è
capitata improvvisamente la serie dei giorni brutti. Chi non ha “gioie da vendere” ha però ugualmente nel suo calendario anche i giorni brutti, e allora
come farà?
Non ha potuto investire i suoi guadagni in preziosi, ma per legge ha investito
una parte del suo salario in una assicurazione obbligatoria, ad ai giorni brutti, deve far fronte con quella forma di investimento.
Ma se chi vende le “gioie” non realizza sempre quanto spera, chi deve aver
parte di quell’accantonamento non sempre riesce ad ottenere, o solo anche
ad ottenere tutto.
“Venite – bisognerebbe scrivere sulla porta del nostro Segretariato – voi che
non sapete a chi vendere le vostre preoccupazioni, noi vi daremo, se non proprio le “gioie”, la serenità con un afflato di cristiano amor del prossimo”.
Per te, con te, e non senza di te
Un umorista malizioso ha detto: “troverai, in ogni circostanza, specie nelle
disgrazie, una mano sempre disposta ad aiutarti … in fondo al tuo braccio”.
Mi rifiuto di pensare l’umanità così cattiva, perché credo, nonostante alcuni
esempi, con tutte le mie forze, che sotto la patina dell’indifferenza – che pare
assurta a norma di vita – rimane pur sempre, almeno, quel congenito senso di
solidarietà.
Non emerge sempre questa volontà solidaristica, ma di tanto in tanto arriva
anche ad episodi clamorosi che riescono perfino ed entrare nella cronaca dei
quotidiani, oggi purtroppo – e non si capisce bene il perché – più occupata e
preoccupata di parlare di mani che uccidono, più che di mani che aiutano.
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Mi ricordo che ad una riunione di Addetti Sociali, il nostro Direttore una
volta ci ha detto che la nostra attività è fatta in modo che una volta cominciata e capita non dà tregua. Entra nelle vene, circola con il sangue, si impadronisce di noi e ben difficilmente si riesce ad abbandonarla.
Però, per la sua lunga esperienza, ci metteva contemporaneamente in guardai contro un pericolo grave, quello cioè di “strafare”. Anche la mano che
aiuta – non quella in fondo al nostro braccio – deve essere data con delicatezza; se rischia di soffocare, non è più un aiuto.
La nostra azione deve caratterizzarsi in diversi modi, ma soprattutto nella
valorizzazione della “personalità” di chi ha chiesto a noi l’aiuto.
E’ sempre difficile la posizione di chi deve chiedere, e chi aiuta avrà tanto più
merito, quanto più agirà in modo da non far pesare maggiormente quella
condizione.
Quella particolare circostanza deve costruire un’esperienza nuova, che valga quale affermazione; perché, appunto, il contatto umano, avvenuto per una
particolare contingenza, sia fruttuoso, più che per noi, per gli altri.
Tuttavia sta a noi misurare fin dove è bene arrivare e fin dove non è bene,
perché ognuno possa acquistare coscienza di quanto si fa per lui.
La società ha bisogno di uomini consapevoli, non di uomini disposti solo a
farsi assistere. La mano amica aiuta collaborando; la mano paternalistica
assiste ed umilia.
Un monumento in piazza
… non ce lo faranno mai, a noi Addetti Sociali, e non ci intitoleranno neanche
un vicolo del nostro piccolo borgo natio.
Avrei voluto intitolare questa mia nuova chiacchierata, con uno slogan popolare “ma chi te lo fa fare”, che oggi è colorato di modernità sintetizzandosi
nell’astrusa formula della “incomunicabilità”, ma poi mi sono detto perché
proprio io avrei dovuto dare il via al dialogo all’insegna del “che te ne importa”.
Questa rubrica non poteva avere migliore illustrazione della lanterna. Al sole
luccica, al buio fa luce. Protegge sempre, è sempre viva, specie quando il
giorno grigio si imbatte nel calendario di tante persone.
E’, si, un grande problema quello che affligge l’umanità ai giorni nostri: più
siamo a popolare questo globo e più aumentano gli isolati. Quanto maggiore
è la esigenza di essere uniti, tanto più ci si sforza di essere soli, ma non nell’isolamento del Santo, del genio, del filosofo, ma nel deserto dell’egoismo.
Confidare i propri guai, invitare qualcuno a risolverli con noi, equivale, all’occhio di molti, a scendere dal piedistallo che ognuno ha creato per la sua
personalità. Se chiedo, gli altri penseranno che io ho bisogno e allora piuttosto rinuncio, non chiedo, annaspo e annego ma non chiederò aiuto.
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Fortunatamente, questo tremendo aspetto di isolazionismo ha un rovescio.
Quanti sono disposti ad ascoltare i nostri guai, chi si interessa ad un mio
problema personale. Si isteriliscono anche le rubriche confidenziali dei
rotocalchi … si bussa senza risposta.
E noi siamo una lodevole eccezione e la patina di sfiducia non minaccia di
intaccare il nostro slancio. Abbiamo tanta riserva di entusiasmo che siamo
disposti a provocare noi il colloquio … siamo la mano tesa che cerca un’altra
mano da stringere nel calore di una comprensione che si fa su questa terra,
sempre più rara.
Abbiamo scelto di servire … anche se non avremo un monumento in piazza.
Circolazione vietata ai cammelli
No! Non sono quelli che forse potrebbero passare per la cruna di un ago,
anche se un certo parallelo potrebbe essere ricercato e trovato.
No! Sono quelli dei Tre Re Magi.
Nel presepio li vediamo lì, nel fraticello antistante la grotta assieme alle
pecorelle dei pastori. Anzi, qualche agnellino è riuscito ad entrare a curiosare fra tanta gente; qualcuno ha avuto il privilegio di essere stato donato a
quel Pargoletto, come pegno di modesto dono e di grato sacrificio.
Ma i grossi cammelli, sono li fuori, stanchi del lungo viaggio, indifferenti.
Forse ripensano ai deserti attraversati, alle oasi, per tanta strada, sognate.
Il loro carico è ai piedi del Bambino di Betlemme, i Re Magi sono prostrati tra
la folla anonima dei pastori. C’è anche la donnetta che ha portato a quella
Santa Madre gli unici panni bianchi che aveva conservato.
Abbiamo mai pensato che il dono è dono solo quando costa, quando è sacrificio.
L’oro, l’incenso e la mirra erano un qualche cosa in più, una parte del superfluo. L’agnellino, i panni, il pane e le tante piccole cose che ognuno porta
alla capanna sono una parte del necessario.
In una più moderna raffigurazione della Notte Santa io penso che anche per
noi Addetti Sociali dovrebbe esserci un posto, magari sulla soglia erbosa della capanna e il nostro dono non potrebbe essere costituito da altre cose che
non siano: il tempo offerto, la pazienza esercitata, l’umiltà usata senza limiti,
le preoccupazioni, le ansie condivise.
Ci presenteremmo in una parola con un paniere di sacrifici.
“E’ il sacrificio che distingue l’uomo dalla bestia”.
E poiché fanno parte della modernità anche i segnali stradali per i cammelli,
metteremmo, a nuova conferma, il disco bianco bordato di rosso con ben
evidente un cartello esplicativo: “Circolazione vietata ai cammelli”.
B.C.
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