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ANICA
05 gennaio 2016
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INDICE
ANICA CITAZIONI
05/01/2016 Il Roma
«Vince perchè non è né becero, né volgare»
5
CINEMA
05/01/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Il cinema delle (due) donne
7
05/01/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Zalone: voglio far ridere, non sono un sociologo dell'Italia
9
05/01/2016 La Repubblica - Nazionale
Goodman: "Trumbo una lezione di libertà"
10
05/01/2016 La Stampa - Nazionale
I registi e Zalone "L'incasso record? Sì, lo invidiamo"
11
05/01/2016 La Stampa - Nazionale
"Lady Macbeth è troppo folle Mi ha fatto paura calarmi in lei"
13
05/01/2016 Avvenire - Nazionale
Nuovi record per Zalone. Sir: «Fa pensare»
14
05/01/2016 Avvenire - Nazionale
CRISI La scommessa perdente di Wall Street
15
05/01/2016 Il Giornale - Nazionale
Il ciclone Zalone a caccia dei suoi record
17
05/01/2016 Il Manifesto - Nazionale
L' occhio instancabile della New Hollywood
18
05/01/2016 Il Manifesto - Nazionale
George Lucas e la «Forza» del franchise
20
05/01/2016 Il Manifesto - Nazionale
L'«amour fou» di Haynes nella New York anni '50
21
05/01/2016 Libero - Nazionale
#SIAMO TUTTI CHECCO
23
05/01/2016 Il Fatto Quotidiano
Renzalone
25
05/01/2016 Il Fatto Quotidiano
Divi, maschi, insicuri, ma così profondamente italiani
27
05/01/2016 Il Foglio
"Come e perché io e Checco Zalone abbiamo dimostrato che il cinema italiano è
nudo". Parla Pietro Valsecchi
29
05/01/2016 La Gazzetta dello Sport - Nazionale
Tutti pazzi per Zalone: che cosa ha di così speciale per fare questi incassi?
31
05/01/2016 Brescia Oggi
Zalone record: «Grazie anche agli indignati»
33
03/01/2016 Brescia Oggi
Renzi, il poema dell'uomo solo col fascino di Gere
34
05/01/2016 Corriere del Mezzogiorno - Bari
«Quo vado?» corre al botteghino: 22 milioni in 3 giorni
35
05/01/2016 Eco di Bergamo
Zalone spacca anche a Bergamo Da anni i cinema non erano così pieni
36
05/01/2016 Giornale di Brescia
Addio a Laganà, con Bruno Bozzetto tra i maestri dell'animazione italiana
38
05/01/2016 Cronache del Garantista - Nazionale
Dopo Zalone tocca al "mito" Brad Pitt
40
05/01/2016 La Stampa - Cuneo
Artista albese nel cast di "Aladdin" della Disney
41
TELEVISIONE
05/01/2016 MF - Nazionale
Mediaset -4% nonostante i super incassi di Checco Zalone
43
05/01/2016 ItaliaOggi
Mediaset ha il 52% dell'audience e il 40% di pubblicità
44
05/01/2016 ItaliaOggi
CHESSIDICE IN VIALE DELL'EDITORIA
45
ANICA CITAZIONI
1 articolo
05/01/2016
Pag. 42
Il Roma
diffusione:28000
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
CULTURA L'INTERVISTA Luigi Grispello, presidente dell'Agis Campania, parla del successo al botteghino
del nuovo film di Zalone
«Vince perchè non è né becero, né volgare»
__
DI M IMMO S ICA NAPOLI. Checco Zalone, con il suo ultimo film "Quo Vado?", nuovo frutto della
collaborazione con il regista Gennaro Nunziante e il produttore Pietro Valsecchi, in soli tre giorni di
programmazione ha fatto registrare 22 milioni di incasso con oltre 3 milioni di spettatori. Anche a Napoli
"sold out" ai botteghini. Ne parla Luigi Grispello, presidente dell'Agis Campania e della Fondazione
Campania dei Festival. A che cosa è dovuto questo grande successo impensabile anche in casa Mediaset
dove la pellicola è nata per "Taodue"? «Devo innanzitutto precisare che questo incasso del box-office
risulta da Cinetel, società dell'Agis e dell'Anica, che rileva gli incassi dei cinema di tutta Italia in una
percentuale di poco oltre il 90% del mercato nazionale. Ai 22 milioni, quindi, bisogna aggiungerne almeno
altri due che sono stati incassati in quelle sale minori dove non opera Cinetel. Ad Anacapri, per esempio,
domenica il film ha incassato 5mila euro. Questo incasso è dovuto a una serie di ragioni. Una è la
collocazione temporale particolare. Da qualche anno il mercato si è accorto che il 1° gennaio è una data
importantissima per mettere un film completamente nuovo. Il film che usciva a Natale faceva anche
Capodanno con la conseguenza che arrivava al 1° gennaio con meno appeal, e quindi, un po' morto.
Un'altra è che "la pellicola" ha avuto una distribuzione capillare in quanto è uscita in 1.500 sale che sono
quasi il 50% di quelle disponibili a livello nazionale. Il terzo motivo è rappresentato dal fatto che il film è di
intrattenimento puro ed adatto a tutti, in gergo si definisce "crossover", perché non ha elementi beceri e
volgari. Quarta ragione, ma non ultima, perché contiene, come tutti i film di Zalone, elementi di cultura in
senso lato. In questo periodo dell'anno è come se ci fosse un tacito appuntamento con il cinema: ci vanno
tutti sia quelli di bocca buona sia quelli che vogliono solo divertirsi» . Intanto "Tv Sorrisi e Canzoni" ha
eletto, nell'ambito del 20° "Capri, Hollywood-The International Film Festival", il film "Si accettano miracoli"
come quello più amato del 2015 e consegnato un "Telegatto Speciale" ad Alessandro Siani, regista e
protagonista della pellicola italiana campione d'incassi... «Una coincidenza tanto singolare quanto
importante per il cinema italiano. Ricordo che il 2 dicembre scorso, nel corso della "Settimana professionale
del cinema" abbiamo premiato il film di Siani con il "Biglietto d'oro" per il migliore incasso del 2015» . Come
valuta la gioia e i complimenti del ministro Dario Franceschini a Zalone per questi risultati così
sorprendenti? «Comprendo e giustifico la soddisfazione del ministro della CulChecco Zalone e Luigi
Grispello, presidente dell'Agis Campania tura e del Turismo perché un film italiano fa incassi così alti. Nel
2015 purtroppo il nostro cinema ha perduto il 15% di quota di mercato nazionale, nonostante tutti gli ingenti
finanziamenti erogati per la produzione cinematografica (circa 150 milioni in più rispetto all'anno
precedente). Quest'anno fortunatamente abbiamo un inizio "tricolore" perché nei prossimi giorni esce
anche il film "La corrispondenza" di Giuseppe Tornatore che porterà altro sostegno alla nostra produzione»
. "Quo Vado?" supererà il record detenuto da "Avatar" di James Cameron con 67,7 milioni nel 2009? «La
palla di vetro no ce l'ho. Me lo auguro vivamente. Posso dire però che "Avatar" fu fortemente trainato dal
3D che servì per introdurre il digitale al posto dell'analogico» .
ANICA CITAZIONI - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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CINEMA
23 articoli
05/01/2016
Pag. 37
diffusione:298071
tiratura:412069
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il caso Il film hollywoodiano con Cate Blanchett e Rooney Mara conferma una tendenza che è anche
italiana
Il cinema delle (due) donne
Dalle passioni proibite di «Carol» alle storie di solidarietà femminile il grande schermo punta sulle coppie di
dive pensando al box office Anomalia Valeria Golino: accade qualcosa di anomalo, spero che non sia una
moda passeggera
Valerio Cappelli
«Non c'è niente di meno sexy di una regista donna, le donne spaventano gli attori». Lo pensa la francese
Maïwenn, autrice di Mon Roi , forte del fatto che nella storia degli Oscar, per le registe uno soltanto
(Kathryn Bigelow per The Hurt Locker nel 2010) sia in quota rosa. Però il discorso cambia radicalmente
quando si parla di attrici. Non solo dominano lo schermo, ma mai come ora spuntano storie con coppie al
femminile. Film in preparazione, in uscita, appena passati. Film francesi, film americani, film italiani. Paolo
Virzì si è tuffato nei misteri dell'animo femminile e non voleva uscirne più dopo aver chiuso il set di La
pazza gioia con sua moglie Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi: «Non potevo raccontare questa
storia di donne bizzarre, vessate e sottoposte alle peggiori afflizioni senza darmi alla commedia
avventurosa».
Oggi esce Carol di Todd Haynes, che racconta l'amore lesbo nella New York degli anni 50 tra una giovane
commessa (Rooney Mara) e una malinconica, affascinante signora altoborghese (Cate Blanchett).
Sdoganato dal magnifico La vita di Adele con cui Kechiche nel 2013 si aggiudicò la Palma d'oro a Cannes,
il filone lesbo è uno dei più ispirati. Da Eva contro Eva a Eva «con» Eva, è un tabù che se ne va. Nella
proliferazione di coppie al femminile, che a Hollywood hanno soppiantato i giustizieri maschi, giocano un
ruolo sia le strategie di marketing, che il tema della solidarietà tra donne. Concetto su cui insiste Daniele
Vicari per il suo film Sole, Cuore, Amore, di cui sono protagoniste Isabella Ragonese e Eva Grieco.
L'amicizia rosa riapparirà in La vita possibile di Ivano De Matteo, dove Margherita Buy fugge dalle violenze
domestiche cercando riparo nella casa bohémien di Valeria Golino, che commenta così il fenomeno dei
duetti al femminile: «È qualcosa di piacevolmente anomalo, speriamo non sia una moda passeggera».
Dove ti giri, c'è un manifesto con attrici e basta. Ricordate Sils Maria ? Juliette Binoche ex diva alle prese
con i fantasmi del passato e le «rivali», l'assistente Kristen Stewart e Chloë Grace Moretz. Ricordate Il
segreto dei suoi occhi con Nicole Kidman e Julia Roberts nei panni di una poliziotta infagottata?
Vediamo cosa ne pensano gli uomini. Carlo Verdone: «Le donne stanno emergendo in tutto il mondo, il
cinema è quasi in ritardo, mentre nella politica a Bruxelles...Io ricordo Truffaut, Godard, Ingmar Bergman,
Antonioni, magnifici cantori della donna. Oggi chi c'è?». Nel suo cinema, Carlo, le donne come ne escono?
«Nei miei primi film l'uomo era all'angolo, un pugile suonato, era la donna che decideva, quanti imbranati ho
interpretato, uomini indecisi a tutto. Dopo c'è stata la fragilità che ha coinvolto entrambi i sessi, ed è tornata
la parità. Ora c'è un riscatto della donna». «La sensazione - dice Cristina Comencini (con Matrimoni
un'antesignana delle commedie rosa - è che mentre a noi piacciono i film con gli uomini protagonisti, non è
vero il contrario. E mentre in Usa c'è una grande lotta per cambiare le cose, in Italia siamo indietro e le
registe non arrivano alle dita di due mani proprio per questo motivo: nelle serie tv, a parte quelle
generaliste, le donne spaventano, non ci sono, c'è resistenza nei produttori». Io adoro i film western e di
guerra, dove trovi solo attori, ma hanno un respiro universale che comprendono noi donne». Per Cristina «il
confronto col maschio è fondamentale»; sta preparando La scena : tra due amiche (Micaela Ramazzotti e
Paola Cortellesi) capita un ragazzo giovane (Edoardo Valdarnini), è la storia di una reciproca educazione
sentimentale.
Uno dei temi è dunque l'amore lesbo. In chiave di commedia, ecco Io e lei di Maria Sole Tognazzi con la
coppia Buy-Ferilli, mentre in chiave di denuncia sociale ecco Freeheld : la detective Julianne Moore malata
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
7
05/01/2016
Pag. 37
diffusione:298071
tiratura:412069
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
di cancro vuole lasciare la sua pensione alla compagna, Ellen Page, e si scontra col bigottismo ipocrita.
Julianne nella sua sarabanda di ruoli antiborghesi con Anne Benning si era già trovata ( The Kids Are All
Right ) nella perfetta famiglia lesbica. La regista, Lisa Cholodenko impiegò «cinque anni per realizzarlo, in
America la giudicavano una storia negativa». Se affermare che il cinema è donna non vale più di uno
slogan, perlomeno la strada giusta è stata imboccata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Margherita Buy e Sabrina Ferilli in «Io e lei» di Maria Sole Tognazzi dove interpretano una coppia
Foto: Ramazzotti e Bruni Tedeschi Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi in «La pazza gioia» di
Paolo Virzì
Foto: In «Freeheld» Julianne Moore ed Ellen Page sono una coppia che combatte il bigottismo
Foto: Stewart
e Binoche
Kristen Stewart e Juliette Binoche in una scena di «Sils Maria» diretto da Olivier Assayas
Foto: Insieme
«Carol» di Todd Haynes racconta l'amore tra una giovane commessa (Rooney Mara) e una malinconica
signora altoborghese (Cate Blanchett)
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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05/01/2016
Pag. 39
diffusione:298071
tiratura:412069
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«Quo Vado?» a quota 22 milioni
Zalone: voglio far ridere, non sono un sociologo dell'Italia
Indignati Ringrazio anche quelli che sono indignati per la mia commedia, non si può piacere a tutti
Renato Franco
MILANO Più di 7 milioni di euro al giorno: in 72 ore Quo vado? di Checco Zalone arriva alla stratosferica
cifra di oltre 22 milioni (22.248.121) con oltre 3 milioni di presenze (3.060.698). Lo stesso risultato ottenuto
in 18 giorni di programmazione (22.347.677) da Star Wars: Il risveglio della Forza - mica uno qualunque
visto che stando alle proiezioni si avvia a diventare il film più visto di sempre nel mondo.
Intervistato da Rtl 102.5, lo stesso Zalone non sa darsi una spiegazione - men che meno sociologica - di un
plebiscito così ampio: «In realtà chi fa questo mestiere non pensa ai beni o ai mali di questo Paese, ma
solo a far ridere. Il comico per una battuta si venderebbe l'anima. Poi se la battuta è azzeccata, nel senso
che muove da una realtà tangibile e familiare a tutti, è più efficace. Io però non voglio fare analisi
sociologiche sul nostro Paese, sul posto fisso, sul degrado, sul berlusconismo, su tutto quello che hanno
scritto in questi giorni. Io e Gennaro Nunziante (regista e coautore di Quo vado? ) vogliamo solo far
passare un'ora e mezza a ridere».
Quindi sparge riconoscenza a tutto lo spettro degli spettatori, dagli osannanti agli irritati: «Voglio ringraziare
quelli che mi dicono "grazie" ma anche gli indignati, perché siamo un popolo di indignati, anzi, soprattutto
loro, perché fanno scaturire curiosità e quindi la gente va al cinema. Grazie indignati. Non puoi essere
simpatico a tutti, anzi quando c'è questo consenso quasi plebiscitario, paradossalmente, senti l'esigenza di
ritornare a terra e di trovare qualcuno a cui stai sulle balle, altrimenti potrei avere manie di onnipotenza.
Continuate a indignarvi che io sono contento».
Distribuito da Medusa (oltre 1.200 schermi), Quo vado? è prodotto da Pietro Valsecchi (Taodue Film) che
analizza: «Questo risultato ci dice che possiamo superare il cinema hollywoodiano e che, come succede da
anni in Francia, possiamo trovare una strada originale e di successo, senza complessi di inferiorità».
Festeggiano anche a Roccaraso (L'Aquila), comune di 1.630 abitanti che ora è conosciuto da almeno 3
milioni di italiani, grazie a una battuta del film, quando l'impiegato Zalone - che non ne vuole sapere di
lasciare il posto fisso - è in trasferta al Polo: «Qui fa freddissimo, più che a Roccaraso». Il sindaco mostra
orgoglioso la fascia: «Lo ringraziamo ufficialmente e lo aspettiamo. Roccaraso è casa sua».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La trama
In «Quo vado?» Luca Medici (è il vero nome di Checco Zalone) interpreta un impiegato che accetta
qualunque destinazione pur di non mollare il posto fisso Nel cast ci sono anche Eleonora Giovanardi, Sonia
Bergamasco, Maurizio Micheli, Lino Banfi
Foto: Checco Zalone, 38 anni, in una scena di «Quo vado?», suo quarto film campione d'incassi: in tre
giorni 22 milioni di euro
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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05/01/2016
Pag. 37
diffusione:289003
tiratura:424634
Goodman: "Trumbo una lezione di libertà"
MARIA PIA FUSCO
LONDRA L'ULTIMA interpretazione di John Goodman arrivata al pubblico italiano è quella di Sam Cooper
che, nella commedia Natale all'improvviso, con la moglie (Diane Keaton) cerca di raggruppare in armonia la
sua scombinata famiglia. Un personaggio ben diverso da quello che vedremo in L'ultima parola - La vera
storia di Dalton Trumbo, il film di Jay Roach in uscita l'11 febbraio che ricostruisce la drammatica vicenda
dello scrittore e sceneggiatore che, per il rifiuto di testimoniare davanti alla commissione per le attività
antiamericane, fu condannato a un anno di carcere e bandito da Hollywood. Accanto al Bryan Cranston di
Breaking Bad (Trumbo) e Helen Mirren (la tremenda giornalista Hedda Hopper), entrambi in corsa per i
Golden Globe, John Goodman è Frank King, tra i primi produttori a far lavorare Trumbo dopo la condanna.
«Frank è un esempio di capitalista puro, un uomo d'affari pronto a tutto, anche a passare per simpatizzante
dei comunisti», dice Goodman del suo personaggio. «Potrebbe sembrare un'anima nobile, ma in realtà
sfrutta la disgrazia di Trumbo impiegandolo di nascosto».
Noto per i suoi repentini cambi di umore oltre che per le laconiche risposte a monosillabi, John Goodman,
classe 1952, parla però volentieri del film di Roach. «È una storia importante sulla libertà di opinione.
Sembra incredibile che nel '47, in un paese come l'America, ci sia stata una lista nera di persone
condannate a non lavorare». Naturalmente l'attore conosceva la vicenda di Dalton Trumbo e il periodo del
maccartismo. «Quando negli anni Settanta sono andato a Hollywood c'era ancora il risentimento di quanti
avevano vissuto quel periodo. Sia da parte di chi come Ronald Reagan o John Wayne appoggiava la
caccia alle streghe sia da quella di quanti erano pubblicamente contro: Humphrey Bogart, Katharine
Hepburn. Grazie al film ho saputo dettagli che non conoscevo».
L'ultima parola è anche una storia di coraggio. Quello di Trumbo che non rinunciò mai alla libertà di
pensiero e quello di cineasti come Stanley Kubrick e Otto Preminger che sfidarono i pregiudizi collaborando
apertamente con Trumbo. Al quale per altro solo poco prima che morisse, nel 1976, fu riconosciuta la
paternità del soggetto di Vacanze romane. «Hollywood ha sempre avuto la tendenza a stare dalla parte del
potere politico, ma non credo che ci siano più liste nere», dice l'attore e, quanto al coraggio, «per fortuna
non ho mai dovuto mettermi alla prova, non so come mi sarei comportato». Eppure lui di battaglie ne ha
vinte parecchie, a cominciare da quelle contro l'alcolismo e il fumo che per anni lo hanno reso vittima di
malignità e pettegolezzi.
Goodman cerca di schivare l'argomento passando di colpo dal sorriso ad un'espressione scontrosa. Dopo
una lunga pausa accenna agli effetti della celebrità «che tutti cerchiamo ma di cui paghiamo le
conseguenze, ogni debolezza diventa pubblica, sparisce la privacy, ti senti braccato». Senza dubbio tra gli
attori più versatili, negli oltre 140 titoli della sua carriera, tra cinema e televisione, Goodman è apparso nei
ruoli più diversi. Una conferma è nella varietà dimostrata nei film girati con i suoi amici Ethan e Joel Coen:
in Arizona Junior del 1987 era Gale, l'imprevedibile evaso che irrompeva nella stralunata coppia dei
protagonisti, in Barton Fink era il commesso viaggiatore in realtà provetto serial killer, in Il grande Lebowski
era il veterano del Vietnam. E proprio Il grande Lebowski, dice, «è l'unico film di cui sono fiero, rifarei il mio
personaggio esattamente come l'ho fatto. Ma odio rivedermi sullo schermo, scopro errori che ho fatto e non
posso correggere.
Se guardate bene, li scoprirete anche voi».
Foto: HOLLYWOOD
Foto: C'è sempre stata la tendenza a stare dalla parte del potere
Foto: L'ULTIMA PAROLA Il film di Jay Roach racconta la storia di Donald Trumbo sceneggiatore messo
sotto accusa durante il maccartismo
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
10
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
R2
05/01/2016
Pag. 1
diffusione:189394
tiratura:278795
I registi e Zalone "L'incasso record? Sì, lo invidiamo"
Fulvia Caprara
A PAGINA 29 Ventidue milioni di euro nel primo week-end di programmazione. Una cifra che mette tutti in
riga. La «Checcomania» ha contagiato l'Italia all'alba del 2016 e tutto fa pensare che l'epidemia sia
destinata a estendersi. Il produttore Pietro Valsecchi dichiara che Zalone «è tutti noi, con i nostri pregi e i
nostri difetti». Il Paese si guarda allo specchio, e si riconosce, ma ci sarà pure qualcuno che, come succede
ai vampiri, in quello specchio non si vede affatto. E poi qualcun'altro, magari tra i colleghi del campione del
boxoffice, produttori, registi, sceneggiatori, che si interroga, che non si spiega il perchè, che ridimensiona, o
che, con immenso coraggio, ammette perfino un minuscolo moto di stizza: «Ho vissuto ai tempi del Ciclone
quello che Zalone sta vivendo adesso - dichiara, temerario, Giovanni Veronesi -, fu una goduria enorme ,
quel film diventò una moda, se uno non lo andava a vedere era considerato scemo...adesso, certo, un po'
di invidia ce l'ho». Checco, riflette l'autore, «è un bravo ragazzo, non è mai un eversivo, è un comico del
popolo, e, per questo, deve restare sempre buono». Guardandolo, continua Veronesi «si ride molto, anche
più del dovuto, Zalone ha conquistato la fiducia del pubblico, e il pubblico gli va dietro comunque».
Secondo un mago della commedia come Enrico Vanzina, le ragioni dell'inusitata affermazione sono tante:
«I film di Natale, quest'anno, non erano il massimo, la gente si è tenuta i soldi per andare a vedere
Zalone». E poi «chi ha talento ha anche c..., per giorni non c'è stata una goccia d'acqua, la pioggia è
arrivata proprio la notte in cui è uscito il film». Ciò non toglie che il «personaggio è grande, il re degli
ignoranti, uno che non si fa condizionare da nessuno. Non a caso, proprio come succedeva a Totò, lo
chiamano tutti solo con il nome d'arte». Analitico, dati alla mano, è anche Aurelio De Laurentiis, patron del
cinepanettone doc, che sbotta: «Zalone? Mi meraviglio che ci si meravigli. Nel passato, abbiamo avuto, a
prezzi più bassi, successi di questa stessa portata. Parlo dei 34 milioni di euro di Natale sul Nilo , dei 75
miliardi di lire del Ciclone di Pieraccioni, dei 110 miliardi di lire della Vita è bella . Insomma, gli exploit ci
sono già stati, e per valutarli bene bisognerebbe considerare il passaggio dalla lira all'euro. Ci meravigliamo
di questo successo solo perché, nel nostro sistema cinematografico, tutto il resto è un disastro». In attesa
di festeggiare a breve i 25 anni del trio, Giacomo Poretti ripensa ai tempi di Tre uomini e una gamba e
osserva: «Periodicamente i fenomeni si ripetono ed è inutile andare a cercare il pelo nell'uovo. Siamo stati
parte in causa e lo sappiamo bene. Succede che si crei un effetto massa, la gente è contenta di
condividere la stessa esperienza, e ci sono periodi storici che s i a c c o m p a gnano a ques t o t i p o d i
eventi». Da Checco, aggiunge Giacomo, «siamo l o n t a n i s s i m i , lui ha la pretesa di fare satira, noi,
invece, siamo surreali». C'è anche c h i , c o m e F r a n c e s c o Bruni, regista di Scialla e sceneggiatore
prediletto di Virzì, trova fuori luogo l'uso di Zalone come «oggetto contundente nel dibattito intellettuale
italiano. Mi dà fa s t i d i o c h e i l s u o s u cce s s o venga brandito per prendersel a co n i co s i d d e t t i "
rad i c a l chic", come se il punto fosse dire "avete visto voi registi sfigat i , c h e fat e f i l m p a l l o s i ? " » .
I problemi, semmai, sono altri: « S o n o fe l i ce p e r Z a l o n e, m a credo che il suo sia un pubblico e s t e
m p o ra n e o, e co m u n q u e sarò contento anche se solo un 5% di spettatori tornerà al cinema per una
volta dopo aver visto Quo vado? ». cMi meraviglio che ci si meravigli Nel passato abbiamo avuto, a
prezzi più bassi, successi identici Aurelio De Laurentiis Produttore, patron del cinepanettone doc
Quest'anno in campo con «Natale col boss»I film di Natale quest'anno non erano il massimo. E ha
cominciato a piovere quando è uscito nelle sale Enrico Vanzina Sceneggiatore e produttore, mago della
commedia italiana e dei cinepanettoniHo vissuto la stessa cosa ai tempi del "Ciclone", fu un'enorme
goduria. Un po' di stizza ce l'ho Giovanni Veronesi Ha sceneggiato i film di Pieraccioni. Regista, tra gli
altri, dei tre capitoli di «Manuale d'amore»22 milioni in tre giorni l'incasso record di «Quo vado?» il film di
Zalone diretto da Nunziante uscito in 1200 sale
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
11
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
22 MILIONI IN 72 ORE
05/01/2016
Pag. 1
diffusione:189394
tiratura:278795
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
12
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Foto: ANSA Il gruppo Da sinistra, gli attori Micheli, Bergamasco, Modugno, i produttori Camilla e Pietro
Valsecchi, il regista Nunziante e l'attrice Giovanardi; in ginocchio Zalone
05/01/2016
Pag. 29
diffusione:189394
tiratura:278795
"Lady Macbeth è troppo folle Mi ha fatto paura calarmi in lei"
Marion Cotillard nel film sulla tragedia di Shakespeare
MARCO CONSOLI ROMA
«Ho c o n o s c i u t o Shakespeare legge n d o R o m e o e Giulietta , ma non mai interpretato un suo testo.
Mi sono sempre immaginata però che un giorno sarei stata Lady Macbeth, anche se non so perché». Come
nella tragedia di Shakespeare, in cui tre Streghe profetizzano a Macbeth che diventerà sovrano di Scozia,
la fantasia di Marion Cotillard, si è finalmente avverata: da oggi sarà possibile ammirarla al cinema
nell'adattamento cinematografico, molto fedele al testo, di Macbeth , dove il protagonista maschile è
interpretato da Michael Fassbender. «Nella mia visione però - racconta l'attrice - tutto accadeva in teatro e
in francese, ma sono contenta lo stesso, adoro Shakespeare». Lei è parigina: è stato difficile lavorare su un
linguaggio e un accento così complessi? «Per fortuna quando ho girato Nemico pubblico , Michael Mann ha
preteso che cancellassi totalmente il mio accento francese e ho lavorato per sei mesi ogni giorno con un
insegnante per imparare la pronuncia inglese. Il lavoro è stato intenso: abbiamo provato il testo per un
mese e mezzo prima di girare». Lady Macbeth è un personaggio tragico. Come l'ha avvicinato? «Spesso
quando preparo un ruolo mi ispiro a tratti del carattere di persone che conosco, ma stavolta non era
possibile, perché Lady Macbeth è un personaggio cupissimo, senza un barlume di speranza. All'inizio ero
riluttante a fare entrare i suoi pensieri nella mia testa, ho sentito che lei era lì, ma ero spaventata nel
dividere parte della mia vita con una persona totalmente folle. Non avevo mai provato un timore così forte,
però mi sono fatta coraggio pensando che interpretarlo era un'occasione unica». Cosa rappresenta per lei
Lady Macbeth? «Come Macbeth, cui consiglia di non fermarsi di fronte a niente per diventare re, credo
Lady Macbeth rappresenti una persona che cerca di sfuggire alla propria condizione, perché desidera più di
ciò che ha. Questa tragedia è una parabola sull 'a m b i z i o n e u m a n a , p e rc h é quando hai bisogno
di così tanto per sfuggire ai tuoi demoni il prezzo da pagare è la follia». Lei come fa i conti con la propria
ambizione di attrice? «All'inizio la vivevo male, poi ho capito che se la proietti solo dentro di te, senza fare
male agli altri, diventa un'energia positiva, che porta a traguardi straordinari. È questo che mi ha spinto a
diventare un'attrice migliore, a lavorare per grandi registi». E come gestisce la fama? «Fa parte del mio
lavoro . Le persone che mi avvicinano per strada sono sempre gentili, ma io lavoro molto fuori dalla
Francia, dove pochi mi riconoscono». Celebrità uguale potere? «Tutti sentiamo il bisogno di essere
riconosciuti, che qualcuno ti apprezzi. In questo senso la celebrità è potere, anche se può fare emergere
lati oscuri della personalità. Per quanto mi riguarda l'unico potere che ho acquisito e mi interessa è quello di
poter scegliere i ruoli che desidero, perché all'inizio avevo paura che non sarebbero mai arrivati». c
La mia ambizione l'ho proiettata solo dentro di me, senza fare male agli altri: è diventata così
un'energia positiva che mi spinge a grandi traguardi
Tutti sentiamo il bisogno di essere riconosciuti, in questo senso la celebrità è potere. Per quanto mi
riguarda la uso per poter scegliere i ruoli che più desidero interpretare Marion Cotillard Attrice, 40 anni,
Oscar per «Piaf La vie en rose»
Foto: In sala da oggi A fianco, l'attrice francese Marion Cotillard in una scena del film «Macbeth» del regista
Justin Kurzelcon Sopra,Michael Fassbender nel ruolo di Macbeth
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Intervista
05/01/2016
Pag. 23
diffusione:85021
tiratura:120193
Nuovi record per Zalone. Sir: «Fa pensare»
Un film che «fa pensare, questa è la verità e, forse purtroppo, il paradosso odierno». L'agenzia dei vescovi
italiani, il Sir, commenta il film di Checco Zalone Quo vado? che sta battendo ogni record: oltre 22 milioni in
tre giorni con 3 milioni di spettatori e un'impressionante media per sala di 18 mila euro. Lo stesso risultato
ottenuto da Star Wars - Il risveglio della Forza in diciotto giorni. «Certo non è un cinema d'autore - aggiunge
il Sir -, non scava in profondità. Non è nemmeno un film per famiglie» ma «è una storia che, con il pretesto
di far ridere, ti fa uscire dalla sala con almeno sulle labbra: "Beh, in questo però dice il vero"». Non dà
«soluzioni» né «la morale», tuttavia «restituisce la speranza che, nonostante tutto, si può sempre essere
migliori». Anche se il protagonista, parlando a Rtl 102.5, chiarisce subito: «Non voglio fare analisi
sociologica dell'Italia ma solo far ridere». Arriva poi via tweet il grazie del ministro Dario Franceschini («Il
successo di Quo vado? fa bene a tutto il cinema italiano»), via Facebook un appassionato post di Gabriele
Muccino e il plauso di Adriano Celentano («Una medicina allegra e ribelle, un toccasana contro le violenze
del cinema internazionale»). Ci sono anche gli indignati e Zalone li ringrazia «perché fanno scaturire
curiosità e quindi la gente va al cinema».
Foto: In 3 giorni "Quo vado?" incassa 22 milioni
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Cinema.
05/01/2016
Pag. 23
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CRISI La scommessa perdente di Wall Street
In arrivo nelle sale italiane il film di Adam McKay che denuncia come alcuni operatori finanziari avessero
visto in anticipio il baratro del 2007-2008. Ma il loro grido d'allarme rimase inascoltato
ALESSANDRA DE LUCA
Mettiamo subito in chiaro una cosa: guardare La grande scommessa , in arrivo fiovedì prossimo nelle
nostre sale, è un po' come assistere a uno spettacolo dove si parla una lingua sconosciuta. Diretto da
Adam McKay finora regista di modeste e grossolane commedie interpretate dal comico statunitense Will
Farrell, il film racconta infatti di come un gruppo di outsider esperti in finanza si accorse nel 2005 di ciò che
le grandi banche, i media e le autorità di regolamentazione del governo si rifiutavano di vedere: l'imminente
crisi economica globale preannunciata da una crescente instabilità del sistema nutrita dalla vendita
insensata di pacchetti azionari fraudolenti. Un tema assai complesso, riservato agli addetti ai lavori,
misterioso e quasi esoterico per la gente comune che una cosa però l'ha capita benissimo: qualcuno ha
truffato tanti poveri cittadini e non ha mai pagato per questo orrenda catastrofe i cui effetti si fanno sentire
pesantemente ancora oggi. La grande scommessa lancia dunque una sfida altrettanto grande e la vince:
quella di fare spettacolo trattando un argomento quasi incomprensibile, di intrattenere con successo il
grande pubblico parlando di subprime , Cdo, AAA, bolle immobiliari, tassi variabili, obbligazioni, derivati di
copertura. Un vero rompicapo che però non fallisce nel suo intento di tenere incollato lo spettatore alla
poltrona per più di due ore. Questo perché il film, serio candidato ai prossimi Oscar e in lizza nel frattempo
per i Golden Globe come migliore commedia, migliore sceneggiatura e le interpretazioni di Christian Bale e
Steve Carell, può contare su una struttura narrativa tanto anticonvenzionale quanto geniale, nevrotica,
adrenalinica e verbosa, che sembra seguire un interno ritmo hip hop. E su un assai convincente ritratto
psicologico di tutti i personaggi coinvolti. Sforzo del regista è naturalmente quello di farci credere che tutto
quello che racconta è vero perché questa storia, tratta dal bestseller The big short (letteralmente "Il grande
scoperto") di Michael Lewis che negli anni Ottanta ha lavorato per una grande banca di Wall Street, ha
dell'incredibile. Nel film tutto comincia quando Michael Burry (Christian Bale), eccentrico manager di fondi,
che cammina scalzo in ufficio e suona la batteria per combattere lo stress, esamina migliaia di prestiti
individuali legati a mutui ad alto rischio e scopre che i prodotti finanziari sono destinati al default in pochi
anni. Una vera e propria bomba a orologeria che spinge Burry a creare strumenti finanziari per mandare in
tilt il mercato immobiliare in forte espansione. Lo seguiranno nell'impresa Jared Vennett, giovane e
rampante banchiere di Wall Street (Ryan Gosling) che offre al film anche la sua voce narrante, Mark Baum,
esperto manager di prodotti finanziari (Steve Carell) con il suo team di analisti, Jamie Shilpey e Charlie
Geller, due giovani investitori che sperano di entrare nel giro della grande finanza (Finn Wittrock e Jogn
Magaro) e Ben Rickert, un ex banchiere divenuto ambientalista (un Brad Pitt quasi irriconoscibile sotto la
barba). Tutti scommettono contro Wall Street e vincono, arricchendosi ben oltre ogni rosea previsione, ma
solo uno tra loro, il personaggio interpretato da Steve Carell, metterà in primo piano la questione morale,
tormentato dal senso di colpa di aver contribuito nel mandare in malora un intero Paese. «Perché
confessano?», chiede a un certo punto smarrito ascoltando il racconto del mega-raggiro. «Non stanno
confessando, si stanno vantando», gli rispondono. Come si apprende alla fine, Burry contatterà l'Fbi per
spiegare loro come era stato possibile prevedere il crollo, ma non è mai stato ascoltato. Altri film fino ad ora
hanno tentato di spiegare cosa è successo nel 2008, basti ricordare il documentario premio Oscar Inside
job e Margin call che ricostruisce la drammatica notte prima del fallimento della banca Lehman Brothers.
Ma la novità di La grande scommessa sta nell'adottare un tono iperrealistico e nel mescolare dramma e
comicità, farsa e indignazione, amarezza e stupore, offrendo allo spettatore una materia straordinariamente
densa. E quando le cose si mettono davvero male per lo spettatore, che proprio non ce la fa a capire di
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AGORA`/ Anteprima
05/01/2016
Pag. 23
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tiratura:120193
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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cosa stanno parlando, ecco che l'azione e la finzione si interrompono e sullo schermo compaiono alcuni
personaggi famosi estranei al contesto (ad esempio Selena Gomez, star della pop music) che nei panni di
se stessi spiegano con parole semplici ed esempi concreti concetti a dir poco criptici. Esilarante a questo
proposito il cameo dello chef Anthony Bourdain, star della tv, che paragona il pesce avanzato e utilizzato
per le zuppe nei ristoranti alle attività finanziarie tossiche. La critica statunitense ha promosso il film a pieni
voti. Il "Wall Street Journal" lo definisce un «mix di umorismo feroce e irriverenza gioiosa» capace di
illuminare una tematica così tragica, mentre il "New York Times" sentenzia: «Una crime story reale e una
commedia furiosa che confermerà il vostro cinismo più profondo nei riguardi di Wall Street mentre al tempo
stesso vi restituirà la fede in Hollywood».
Foto: IN USCITA. Una scena di "La grande scommessa", nelle sale dal 7 gennaio
05/01/2016
Pag. 31
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Il ciclone Zalone a caccia dei suoi record
Maurizio Acerbi
Checco Zalone è il fuoriclasse del cinema italiano. Chi, infatti, sarebbe capace di raccogliere con un suo
film, in soli tre giorni, la bellezza di 22.248.121 euro? C'è riuscito Quo Vado? , quarta pellicola del comico
pugliese, stracciando letteralmente il precedente record (guarda caso, sempre suo) di Sole a Catinelle che
esordì (ma con un giorno in più di incassi), nel 2013, con 18.606.811 euro. Quel film chiuse poi la sua corsa
con 51.936.318 euro, secondo risultato di tutti i tempi dietro Avatar (65.666.319 grazie al prezzo rincarato
del 3D). Quo Vado? sta facendo la corsa su queste cifre e, al momento, appare nettamente in vantaggio, al
di sopra, probabilmente, delle più rosee aspettative. Ieri, intanto, ha battuto anche il primato di incasso in un
singolo giorno (7.770.050 euro), con in più la soddisfazione di aver portato nelle sale (1.212) 3.060.698
spettatori, per una media di 18.357 euro per schermo. Una mania collettiva che ha contagiato un'Italia che
va a vedere i film di Zalone a prescindere dal soggetto. Si premia il suo marchio di fabbrica, incrocio tra la
comicità fulminante di Totò e la capacità di raccontare l'italiano medio(cre) di Sordi. Un simile ciclone ha
fatto stappare numerose bottiglie agli esercenti visto che questo inizio anno ha registrato una crescita del
box office del +43% rispetto al 2015. Val la pena segnalare anche la performance de Il Piccolo Principe
capace, dall'1 gennaio, di totalizzare 2.864.487 euro con 419.374 biglietti staccati. Una curiosita: Il Ponte
delle Spie , diretto da Spielberg, ha superato, al botteghino, i due cinepanettoni.
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Box Office
05/01/2016
Pag. 12
diffusione:10709
tiratura:41364
L' occhio instancabile della New Hollywood
È stato il direttore della fotografia anche di Altman e De Palma, dopo gli inizi nelle strade di Budapest fra i
carri armati sovietici
Giona A.Nazzaro
«Mi sono fatto licenziare almeno cinque volte da Steven Spielberg sul set di Incontri ravvicinati del 3° tipo »,
raccontava ridendo Vilmos Zsigmond. «Mi licenziava la sera, e mi riprendeva la mattina dopo. Non trovava
mai nessuno che se la sentiva di sostituirmi e di gestire tutte le luci che voleva sul set». Nato il 16 giugno
del 1930 a Szeged, in Ungheria, Vilmos Zsigmond è stato uno principali direttori della fotografia della nuova
Hollywood. Una filmografia che annovera capolavori come I compari , Images e Il lungo addio di Robert
Altman, Sugarland Express e Incontri ravvicinati del 3° tipo , Un tranquillo weekend di paura di John
Boorman, Complesso di colpa e Blow Out di Brian De Palma (ai quali si aggiungono anche Il falò delle
vanità e Dalia nera ), Il cacciatore e I cancelli del cielo di Michael Cimino, Lo spaventapasseri di Jerry
Schatzberg, Un grande amore da 50 dollari e The Rose di Mark Rydell (con il quale realizza in seguito
anche Il fiume dell'Ira e Trappola d'amore ). Ammalato da tempo, Vilmos Zsigmond continuava a
frequentare il festival CameraImage di Bydgoszcz. Non aveva mai perso il suo accento ungherese. Insieme
a László Kovács, suo amico fraterno, altro elemento cardine della Nuova Hollywood, Zsigmond inizia la sua
avventura nel cinema a Budapest negli anni Cinquanta immediatamente precedenti la rivoluzione
ungherese e la successiva invasione e repressione sovietica. Assieme a Kovács aveva vissuto e
documentato la rivolta. «Quando la gente ha iniziato a scendere in piazza, a ribellarsi, sui tetti c'erano i
cecchini dei collaborazionisti sovietici che sparavano sulla folla. László mi disse:'Andiamo!', e io compresi
immediatamente che lui intendeva non scappare, ma tornare al dipartimento, prendere le macchine da
presa e filmare. Mi ricordo la violenza degli insorti dopo aver catturato alcuni dei cecchini che furono linciati
per strada. Quando sono entrati i carri armati sovietici in città abbiamo capito che nessuno sarebbe venuto
in nostro aiuto nonostante i numerosi appelli di quei giorni disperati. Gli insorti hanno continuato a
combattere sino allo stremo delle loro forze e noi a filmare ciò che vedevano i nostri occhi. Poi quando
ormai non c'era più nulla da fare, abbiamo preso tutto il materiale girato, che era anche molto pesante, e ci
siamo diretti a piedi alla frontiera austriaca con il terrore di essere sorpresi dai sovietici che eravamo sicuri
ci stessero già aspettando con i fucili spianati». Giunto negli Stati Uniti, inizia la proverbiale trafila di lavori
sottopagati e compare persino non accreditato nel «leggendario» Satan's Sadists di Al Adamson). Il 1971
anno è l'anno chiave: Robert Altman gli affida la fotografia de I compari , il suo anti-western interpretato da
Warren Beatty e Julie Christie. «Robert Altman non lavorava mai affidandosi alla sceneggiatura. Elaborava
la scena la sera prima, scrivendo i dialoghi insieme agli attori. Quando la mattina mi dava le pagine che
aveva elaborato e io obiettavo che avevo, per esempio, preparato la scena che avevamo deciso di girare in
esterni, lui mi ribatteva tranquillo: Non c'è problema: quanto tempo ti serve per organizzare la nuova
scena? Io rispondevo: 'Beh, almeno tutta la mattinata?'. E lui: 'Non preoccuparti. Fai quello che devi fare e
fammi sapere quando sei pronto'. Poi non lo vedevo più, non mi metteva fretta». Un esempio della capacità
di Zsigmond di interagire con l'ambiente accogliendone suggestioni e suggerimenti indiretti è dato
dall'incipit de Lo spaventapasseri di Jerry Schatzberg. «Ancora oggi mi chiedono: ma quanti ventilatori
avevate sul set per scuotere gli alberi in quel modo? Ventilatori? Zero! Dovevamo girare la scena ma stava
per abbattersi su di noi un terribile nubifragio. Il cielo era nero e lo si vede benissimo nel film. Si era levato
un vento violentissimo ma d'accordo con il regista decidemmo di girare lo stesso per non perdere la
giornata. C'era davvero un altro desiderio di fare cinema e di mettersi in gioco». Come in Complesso di
colpa di Brian De Palma. «Si trattava di un piccolo film fatto a costo quasi sindacale con attori e tecnici
pagati con una partecipazione negli utili eventuali del film. Brian De Palma era estremamente meticoloso.
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Cinema È morto Vilmos Zsigmond, Oscar per «Incontri ravvicinati» ha illuminato «I cancelli del cielo» e «Il
cacciatore»
05/01/2016
Pag. 12
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tiratura:41364
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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Di ogni scena disegnava storyboard molto dettagliati, prevedendo i movimenti della macchina da presa. De
Palma è senz'altro una delle persone tecnicamente più avanzate con le quali abbia mai lavorato. Molti anni
dopo ci siamo ritrovato per La dalia nera e gli ho chiesto come mai non disegnasse più. Mi rispose che non
ne aveva più bisogno perché sapeva esattamente cosa voleva fare e come ottenerl»". Centrale
nell'affermazione di Zsigmond è stato l'incontro con Steven Spielberg con il quale collabora la prima volta
per Sugarland Express e poi per Incontri ravvicinati del 3° tipo , film che gli permette di conquistare un
Oscar. «Quando abbiamo iniziato a pensare a Incontri ravvicinati , Steven mi aveva detto che lo voleva
realizzare come una specie di documentario a basso costo, con uno stile da cinema verità. Poi man mano
che andavamo avanti le cose sono cambiate e sono diventate più impegnative. Parlando con Steven,
mentre l'idea del film gli si sviluppava nella testa, mi chiese come pensavo di illuminare il set. Io gli risposi
che mi sarebbe piaciuto farlo strutturando in maniera drammatica e coerente ogni fonte luminosa. Così
poco alla volta le luci sono aumentate a dismisura... ». Un caso a parte è l'esperienza con Michael Cimino.
«Il successo de Il cacciatore aveva dato fastidio a tantissime persone. La critica, soprattutto di sinistra, si
era convinta che Il cacciatore fosse un film di destra. Per cui, quando iniziò la lavorazione de I cancelli del
cielo la prima cosa che fece Michael fu di vietare l'ingresso sul set alla stampa. Iniziò così una violentissima
campagna dei media contro Cimino e il suo film, accusati entrambi di dilapidare soldi in un progetto
faraonico. Quando I cancelli del cielo fu finalmente distribuito, la critica si scatenò e lo distrusse. Un
autentico massacro. In molti hanno affermato che con I cancelli del cielo si chiudeva un'epoca ir r i p e t i b i
l e d e l c i n e m a h o l l y w o o d i a n o e in parte è vero. Ma la causa non fu Michael Cimino e I cancelli
del cielo . I tempi stavano cambiando. I produtt o r i e r a n o s t a n c h i d i r e g i s t i c h e n o n n e v o l e
v a n o s a p e r e d i c o n d i z i o n am e n t i e c o n t r o l l i . I l f a l l i m e n t o d e I cancelli del cielo non
fu altro che l'oc c a s i o n e p e r c h i u d e r e d e f i n i t i v a m e n t e u n a s t a g i o n e c h e n o n a v e
v a f a t t o altro che produrre ottimi film e lavoro. I risultati di questa decisione oggi sono sotto gli occhi di
tutti».
Foto: IN ALTO A DESTRA, VILMOS ZSIGMOND ; AL CENTRO, «I CANCELLI DEL CIELO» DI CIMINO; A
SINISTRA «DALIA NERA»,, ACCANTO «IL CACCIATORE»
05/01/2016
Pag. 12
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tiratura:41364
George Lucas e la «Forza» del franchise
G.D.V.
L'anno in cui gli studios l'hanno azzeccata». È il titolo di un pezzo/conversazione tra i critici del «New York
Times» Manohla Dargis e A.O. Scott, uscito sul giornale di domenica. Nel rituale bilancio di fine stagione, i
due notavano che nel 2015 le spinte opposte di arte e intrattenimento popolare (l'irripetibile, magico,
tutt'uno della Golden era dello Studio-system) sono finalmente tornate a confluire sui grandi schermi. Per
una volta, si felicitano Dargis e Scott, le cifre al botteghino e le recensioni hanno trovato parecchi punti di
accordo. I sintomi di questa rara armonia - che accantona almeno per un attimo la frusta opposizione tra il
cinema hollywoodiano e quello «di qualità», indipendentesi chiamano, tra gli altri, Mad Max: Fury Road ,
Trainwreck (di Judd Apatow), Straight Outta Compton (il film di Gary Gray sulla band rap NWA), Creed (il
ritorno di Rocky, a cura del regista afroamericano Ryan Coogler), Inside Out , Il viaggio di Arlo (entrambi
Pixar), Furious 7 , Hunger Games: la ragazza di fuoco e, ovviamente, Star Wars , «la forza» che sta
catapultando il box office verso record storici e il presagio di un destino (del cinema) migliore per tutti. In
barba alla moda delle serie tv. Nell'ottica di questo pensiero, è ancora più interessante leggere le
dichiarazioni che George Lucas ha rilasciato in una lunga conversazione con il conduttore televisivo Charlie
Rose. Nell'intervista, andata in onda il giorno di Natale, il creatore di Guerre Stellari si è nettamente
dissociato dal nuovo film: «Hanno voluto fare un film 'retro'. E a me non piace. Ho lavorato molto duramente
perché ognuno dei capitoli precedenti fosse diverso dall'altro - pianeti diversi, astronavi diverse.. Che
ognuno fosse nuovo». Invece, secondo lui, per Il risveglio della forza , «hanno guardato i primi tre film e
deciso che volevano fare qualcosa per i fan». Lucas ha anche detto a Rose che, prima di vendere alla
Disney la proprietà di Star Wars , aveva già cominciato a scrivere una nuova puntata , «ma lo studio non
era favorevole alla mia partecipazione». E, nella porzione di intervista che deve aver definitivamente
mandato di traverso il panettone agli executive Disney, a JJ. Abrams e alla produttrice Kathleen Kennedy, il
regista ha paragonato (scherzando) la vendita dei diritti della saga all'aver affidato «i suoi bambini» a «degli
schiavisti bianchi». Con un breve comunicato, il giorno dopo, Lucas ha preso le distanze dall'«infelice»
analogia e dal suo momento di candore, congratulandosi con la Disney «in particolare per il successo
record» e dicendosi molto orgoglioso di Abrams e Kennedy. Dopo tutto la vendita gli ha fruttato quattro
miliardi...Ma gli unici apprezzamenti che ha voluto offrire, nelle scuse di prammatica, erano dirette alla
strategia finanziaria. Quattro miliardi o no, la sua frustrazione è comprensibile. La dialettica tra
l'espressione di un gesto artistico e il meccanismo della macchina è da sempre la cifra di lettura del cinema
hollywoodiano. Il risveglio della forza è un film intelligente e ben fatto, ma la cui unica proiezione verso il
futuro sta nel proteggere il valore della franchise da eventuali scossoni, proprio come quelli che Lucas
provocò nel 1977. Anche i sequel, remake e rilanci di proprietà molto «importanti» possono essere dei
lavori originali, creativi, di rottura. Basta pensare alla dimensione visionaria, quasi da cinema astratto, che
George Miller ha dato al suo quarto Mad Max, Fury Road o all'energia, alla grazia e alla freschezza con cui
un regista giovanissimo e al suo primo film per una Major (la WB, che ha prodotto anche Mad Max ), ha
fatto suo il corpo mitico di Rocky Balboa. In effetti, il 2015 è stato un ottimo anno di cinema da Studios.
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05/01/2016
Pag. 13
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L'«amour fou» di Haynes nella New York anni '50
La relazione fra la commessa e la ricca signora che il mondo «fuori» non è ancora pronto ad accettare
Giulia D'Agnolo Vallan
Pubblicato per la prima volta nel 1952, poco dopo Sconosciuti in treno , sotto lo pseudonimo Claire Morgan,
The Price of Salt (in Italia Carol , edito da Bompiani) è uno dei romanzi meno conosciuti e più strani di
Patricia Highsmith. Non un thriller psicologico come Il talento di Mister Ripley o L'amico americano (anche
se a un certo punto un detective privato insegue due fuggitive con pistola, e la scrittura di Highsmith
mantiene il suo perfetto timbro pulp), ma la storia di un amour fou lesbico, che inizia in un inverno
newyorkese e poi continua on the road con squarci che anticipano Keruoac. Dalla prima scena, ambientata
nella caffetteria dei dipendenti di un grande magazzino di Manhattan, radiografata dagli occhi di una
commessa diciannovenne che vede il suo futuro nei volti opachi delle colleghe leggermente più vecchie di
lei e nella fetta di roast beef grigiastro che le sta nel piatto, con la sua palla di pure di patate coperta di
salsa scura, è un libro che -come il meglio di Highsmith- non si mette più giù fino all'ultima pagina.
Scomparso dalla circolazione poco dopo l'uscita è diventato con gli anni un romanzo cult omosessuale, The
Price of Salt ha trovato una bellissima traduzione per il cinema, in Carol , di Todd Haynes, uno dei migliori
adattamenti dai romanzi della scrittrice con cui si sono misurati, tra gli altri, Hitchcock, Chabrol, Renè
Clement e Wim Wenders. E in effetti è uno dei titoli che spiccano (miglior film dell'anno per Variety, Film
Comment e per l'associazione dei critici di New York, che lo ha premiato anche per la miglior regia,
fotografia e sceneggiatura; più le cinque nomination ai Golden Globes). Dal mitico corto Superstar: The
Karen Carpenter Story , a Safe, al sirkiano Lontano dal paradiso , alla miniserie per HBO Mildred Pierce ,
Haynes lavora da sempre sul melodramma femminile. Carol è un nuovo, incandescente, capitolo di quel
percorso, in cui il grande direttore della fotografia Ed Lachman è stato, e rimane, un partner indispensabile.
È una New York magica, di soffici color caramella, bagnata di luce calda, i suoi interni foderati di legni scuri,
l'aria spruzzata di fiocchi di neve, il martini con oliva che si beve come l'acqua, l'atmosfera elettrizzata dal
Natale....Lunghe, sinuose, macchine grigie per la strada, gli abeti in vendita all'angolo. Therese Belivet (che
ha l'aria assorta e misteriosa di Rooney Mara) sogna di diventare una fotografa ma intanto, per pagare
l'affitto della stanzetta dove vive, fa la commessa da Frankenberg per il periodo delle vacanze. Ha un
quasi-fidanzato gentile e paziente ed è cresciuta in un orfanotrofio. Ma sotto alla frangetta scura, seria
seria, e dietro agli occhi rotondi, che si abbassano spesso come per umiltà, ci sono sogni più grandi. È di
turno dietro al banco dei giocattoli quando, un pomeriggio particolarmente affollato, appare Carol (Cate
Blanchett), alla ricerca di un regalo per la sua bambina. È avvolta in una nuvola di visone come un
personaggio di Barbara Stanwyck, i lunghi capelli biondi chiari, gli zigomi appuntiti, gli occhi penetranti. È
subito una danza di sguardi, di fascinazione, quello tra la ragazza povera e la ricca, elegantissima, signora
più vecchia di lei. Carol compra il giocattolo, Therese le scrive un biglietto, Carol la invita a pranzo, poi nella
casa in New Jersey... Per lo più si guardano passano del tempo insieme, senza nemmeno parlare molto. A
volte Therese si addormenta per qualche ora nella grande casa bianca, dove il marito di Carol appare ogni
tanto con la speranza di rabberciare un matrimonio che, sa anche lui, non ha più senso. Haynes mette in
scena l'innamoramento tra le due donne lentamente, con dolcezza, il riserbo e la pudicizia dei Fifties. Che
non è repressione- perché entrambe sanno esattamente cosa vogliono e Carol presenta alla sua nuova
amica anche quella che è chiaramente una vecchia fiamma, Abby (Sarah Paulson). L'autrice teatrale
inglese Phyllis Nagy, che firma la sceneggiatura, sfronda moltissimo tutta la seconda parte del romanzo e
concentra la storia a New York e dintorni. E, mentre il libro è sostanzialmente scritto dal punto di vista di
Therese (che sulla pagina è anche più ambiziosa e quasi un po' manipolatrice), il film è raccontato quasi
tutto in oggettiva. Fedele alla scrittura precisa, vividissima di Highsmith, anche Haynes lavora di grande
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IN SALA · Esce oggi «Carol», il film tratto dal romanzo di Patricia Highsmith
05/01/2016
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dettaglio: quello di Carol è un erotismo giocato in gran parte a distanza, e sui particolari - di un polso, una
caviglia, del rossore improvviso che appare su una guancia, di una ciocca di capelli fuori posto...come visti
dagli occhi delle due amanti. E il senso di quanto sia prezioso quel tempo passato insieme, anche quando
non succede quasi nulla («la» scena di sesso avviene molto in là nella storia), si sente fortissimo. E,
diversamente da Lontano dal paradiso , il cui l'erotismo tra Julianne Moore e Dennis Haysbert, era come
congelato dall'impossibilità delle circostanze e dalla bellezza formale, questo è un film che trabocca di
desiderio. Quasi giocosamente, a tratti; grazie anche all'interpretazione magnifica di Rooney Mara che dà a
Therese la cifra originalissima di un rebus trasparente. «Fuori», il mondo dell'America del Dopoguerra, non
è ancora pronto per un amore come quello di Carol e Therese. Haynes ce lo ricorda qua e là, senza forzare
la mano - negli ammonimenti preoccupati di Abby e quando il marito di Carol cerca di ricattarla portandole
via la bambina - non perché è un uomo spregevole, ma perché la ama ancora e non può accettare che
finisca così. Allo stesso tempo, ci mostra il film -ed è parte della sua grande intelligenza- quello che sta
succedendo a Carol e Therese è una delle cose più naturali del mondo. E anche delle più belle.
Foto: CATE BLANCHETT E ROONEY MARA IN «CAROL», SOTTO ANCORA ROONEY MARA IN UNA
SCENA DEL FILM DI TODD HAYNES
Foto: ROONEY MARA E CATE BLANCHETT
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#SIAMO TUTTI CHECCO
Zalone vince con la comicità pura, in cui chiunque si può rispecchiare
GEMMA GAETANI
Ormai lo sanno anche i sassi, Quo Vado? è il nuovo film di Checco Zalone. Che ha incassato 22.248.121
euro in tre giorni, più o meno quanto ha guadagnato Star Wars , che però è fuori da settimane e sono quasi
quarant'anni che fidelizza seguaci e seduce nuovi adepti. Ma il trionfo di Checco non si sostanzia solo negli
incassi. Noi l'abbiamo visto in un cinema di Milano centro sabato scorso e abbiamo assistito a scene di
vero tripudio, applausi a film in corso, applausi a film finito, cori quasi da stadio: una compartecipazione
dello spettatore a quanto vedeva sullo schermo che prima apparteneva soltanto ai film porno. Quo va ,
dove va, quindi, Checco, è facile da dire: verso la consacrazione assoluta. E come spesso accade in questi
casi, è partita la «corsa collettiva al commento». Ricordate Friedrich Nietzsche a Torino quando incominciando a impazzire - si fermò per strada a guardare un cavallo frustato e l'abbracciò piangendo,
gridandogli - secondo una delle varie versioni - «Io ti capisco!»? Sta accadendo la stessa cosa con Checco:
tutti quelli che prima lo snobbavano ora si sentono in diritto, anzi in dovere di esprimere il proprio parere,
dall'anonimo commentatore del web al vip al ministro al quotidiano intellettuale. Tutti costoro, che prima lo
consideravano ciarpame comico senza pudore, «lo capiscono» e ce lo vogliono spiegare... Il che fa
piuttosto ridere. È la «comicità derivativa»: il talento comico di Zalone è così grande che si riverbera anche
su chi ne parla. Quo vado ? racconta, tra l'altro, uno Stato italiano che preferisce liquidare a suon di soldoni
i dipendenti delle Province pur di liberarsene. È quello Stato di cui Matteo Renzi è esponente di un certo
livello e dovrebbe sentirsi chiamato in causa. Invece, al solito prontissimo a vampirizzare il successo altrui,
il premier ci ha tenuto a far sapere all'universo mondo, tramite intervista alla Stampa , che lui Quo Vado?
l'ha visto insieme coi suoi figli, tenendoci pure la lezione di grande comicità derivativa: «Sorrido di fronte a
certi cambi di atteggiamento: fino a ieri era un reietto volgare, snobbato da certi intellettuali. I professionisti
del radical chic, che ora lo osannano dopo averlo ignorato o detestato, mi fanno soltanto sorridere». I
professionisti del radical chic, cioè lui. Che difatti ora s'inventa fan di Checco. Renzi non è il solo a tentare
di cavalcare il fenomeno-Zalone, proiettandolo su di sé nell'ennesimo «storytelling»: altro «radical chic»
pronto a osannare il comico pugliese al punto da risultare grottesco è il ministro della Cultura Dario
Franceschini, il quale ha twittato: «Grazie a #CheccoZalone! L'incredibile record di #QuoVado con sale
ovunque stracolme di spettatori, fa bene a tutto il cinema italiano». «Grazie» di cosa? Di essere un comico
che ce l'ha fatta nel ferocissimo mondo del cinema italiano, in cui spesso si coprono di finanziamenti
pubblici film di vera cacca che in sala non vede pressoché nessuno? Come dicevamo, è la comicità
derivativa: le uscite del ministro della Cultura fanno ridere quasi come Quo Vado? . E mentre i giornali si
interrogano se Zalone sia di destra o di sinistra, sul Corriere Adriano Celentano gli ha attribuito effetti
taumaturgici: «Quando mi capita magari di essere un po' stressato a causa di una eccessiva
concentrazione sul lavoro, anziché prendere 5 gocce di Lexotan accendo il televisore», ha scritto il
Molleggiato. «Zalone è anche un efficace toccasana di cui le farmacie non possono essere sprovviste».
Casomai la similitudine corretta sarebbe stata con un eccitante, non con un sedativo, giacché Checco fa
morire dal ridere, non addormentare... Via Facebook, invece, è intervenuto Gabriele Muccino, che ha
ringraziato Zalone perché «abbiamo tutti bisogno di film come i tuoi». E c'è da credere che gli odiatori del
web non lo linceranno come fecero quando ebbe il fegato di criticare l'opera cinematografica di Pasolini. Ha
senso che Muccino parli di cinema, essendo lui un regista con rara passione per la sua arte. Meno che di
Checco si mettano a fare gli esegeti persone che col cinema e l'ideologia della comicità di Checco hanno
zero a che fare. Ma qual è l'ideologia di Checco? Nessuna. Zalone incarna una comicità nuovamente pura,
fatta di varie sfumature. C'è, nei suoi film, una grande percentuale di comicità demenziale, dietro la quale
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Da Renzi a Celentano, il coro degli elogi
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però si nasconde una marea di possibili letture: dalla più semplice e immediata alla più raffinata e
intellettuale. La grandezza di Checco sta nella sua capacità di riscrivere comicamente tutto: dalle tirate di
Massimo Gramellini alla pugnetta fatta a un orso polare (in una delle tante scene esilaranti di Quo vado? ).
Checco sa ridere di qualunque cosa proprio perché non è ideologico. Anzi, le ideologie le infila tutte nei
suoi film per prenderle in giro. In Quo Vado? dileggia: l'italiano schiavo del posto fisso e innamorato della
mamma; la femminista fricchettona con figli di tutte le etnie e religioni; l'ecologismo; l'animalismo; l'inciviltà.
Prende in giro tutte queste cose però mostrandole, incarnandole, senza ergersi superiore a nessuno. La
sua comicità pura è politicamente scorretta verso tutti. Vi pare poco? No, perché è la comicità che in Italia
non si vedeva da tempo. Da queste parti vigeva una rigida dicotomia: da un lato la comicità ideologizzata e
intellettualoide (da Nanni Moretti ai Soliti Idioti passando per i Guzzanti); dall'altro i cinepanettoni, cioè il
disimpegno assoluto. Checco invece inserisce nei suoi film questioni sociali e politiche e ideologiche, ma
per farne oggetto di comicità totale, senza prendere mai posizione. Questa è la sua forza: aver risciacquato
i panni della comicità italiana nella comicità pura. Lo dice infatti anche lui: «Io non voglio fare analisi
sociologiche (...) ma solo far passare un'ora e mezza a ridere». In realtà le analisi le fa, ma non ci conficca
sopra bandiere, se non quella della risata.
Foto: «Quo vado?» con Checco Zalone ha incassato oltre 22 milioni in soli tre giorni [LaP]
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» MARCO TRAVAGLIO
No, il dibattito su Checco Zalone no! Almeno non su Quo vado? , film disimpegnatissimo e divertentissimo
come gli altri tre, che va semplicemente visto e applaudito per i meccanismi comici perfetti e per la
leggerezza di fondo che lo sostiene per aria. Invece, per favore, sì il dibattito sì su quelli che vanno a
vederlo e, appena usciti, sono colti da un ' irrefrenabile voglia di discuterlo, sistematizzarlo, incasellarlo da
qualche parte: a destra, a sinistra, al centro, pro o contro l ' antipolitica, il qualunquismo, il populismo,
dentro o fuori dalla satira politica o sociale o di costume, alla scuola di Sordi, di Totò, di Tati, di Keaton, di
Bombolo. Gente che non solo non capisce il film, ma manco il titolo: ma dove credete di andare? Ma è così
difficile rassegnarsi all ' idea che Zalone voleva solo farvi ridere? Poi, certo, per far ridere ci vogliono
intelligenza e cultura, ma vanno nascoste bene. Ed è naturale ispirarsi alla vita, alla realtà che conosciamo
meglio: i nostri tic, vizi, vezzi, manie, ossessioni e quelli di chi ci sta vicino o lontano, e anche sopra, al
potere: il posto fisso, le auto in doppia fila, l ' a s s e n t e ismo e il fancazzismo negli uffici pubblici, la finta
malattia professionale, la falsa invalidità, le riforme che non cambiano nulla se non il nome degli enti inutili,
la raccomandazione del politico, la mancia che diventa subito corruzione, la fila saltata al discount, le
battute da bar maschiliste, sessiste e xenofobe e gli altrettanto insopportabili birignao del politicamente
corretto, i ricercatori costretti a emigrare al Polo Nord, la mammoneria del bamboccione che all ' e s te r o
crede di diventare civile ed evoluto almeno finchè non scopre che Romina e Al Bano si son rimessi insieme
e che parcheggiare in doppia fila è tanto liberatorio. Così chi va al cinema ci vede subito se stesso o
qualcuno che conosce. Ma senza, per questo, introiettare " m e ssaggi " né " istanze " particolari, tantopiù
che il lieto fine lava tutto con una redenzione tutta privata e individuale. All ' i taliana. Non c ' è niente da
fare: anche stavolta, come per tutti i fenomeni nazionalpopolari, il dibbbattito politologico, filosofico,
culturale e sociale incombe, urge e prorompe puntuale, ineluttabile, inarrestabile e surreale come solo noi
italiani sappiamo farlo. Comico almeno quanto il film, forse anche di più. Gasparri, che quando può dire una
pirlata non si tira mai indietro, twitta che Zalone ce l ' ha con Renzi, " b ugiardo imbroglione " per via delle
Province abolite per finta. SEGUE A PAG. 20 Il Giornale pensa a una satira contro la " riforma della PA " ,
cioè " ai provvedimenti del governo Renzi " , anche se - scan dalo! complotto! - " sparisce la battuta
antirenziana " contenu ta nella canzone-trailer. Libero , pure, ci vede " un film anti-riforme " che " coglie un '
esigenza della gente, arcistufa dei nuovi politici " , " l ' idea che gli anni del rigore, della rottamazione e del
grillismo, delle loro retoriche puritane abbiano stancato " , insomma " l ' inno dell ' An ti -an tipolitica " ,
perchè Checco è " l ' unico che capisce gli italiani " . D al l ' altra parte, a sinistra, lo scrittore Lagioia lo
definisce su Repubblica un " qu a lu n qu i st a buono " e paventa il " r is c h i o " forse " pericoloso " di un "
qua lunquismo dei buoni di cuore risolutivo a fin di bene " (boh). Per Riccardo Barenghi, la Jena de La
Stampa , se " milioni di italiani corrono a vedere Checco Zalone " , siamo " ingenui noi che ci meravigliamo
che al governo ci sia Renzi " . Quindi Checco, a Renzi, gli tira la volata, o forse viceversa. Era già accaduto,
il dibbbattito, dopo il penultimo film Sole a catinelle . Michele Serra vi notò tracce evidenti di berlusconismo.
E, paradossalmente, pure Brunetta, che vide in Checco, a occhio nudo, " la filosofia positiva, generosa,
anticomunista, moderna, serena di B er l us c on i " , perchè " il colore azzurro della sua risata è il nostro e
la sinistra non può farci null a " . Poi Zalone lo sfanculò alla sua maniera: " La sua interpretazione è un po '
troppo alta, anche se per Brunetta è un ossi moro " . E allora Renatino svoltò: " Il suo banale razzismo non
fa ridere, Zalone ha superato l ' esame: non è un berlusconiano, è un comico di sinistra " . Cosa che
peraltro sosteneva pure Marco Giusti, nel suo decalogo semiserio " Perchè Zalone è quasi comunista " . A
metà strada si collocò il cosiddetto ministro Franceschini, che spiegò al Foglio l ' ultima storica anzi epica
mutazione genetica della sinistra che " oggi non ha più paura di Checco Zalone " .E furono soddisfazioni.
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Par di vederlo, oggi, Checco riunito in un baretto di Bari col suo gruppo di complici che il regista Gennaro
Nunziante definisce " un branco di deficienti " , mentre mette giù il soggetto del prossimo film. Protagonisti: i
meglio politici, commentatori e intellettuali del bigoncio che si interrogano pensosi sul successo di un film
comico e non si capacitano della voglia degli italiani di farsi qualche sana risata senza l ' aiuto della triade
da cinepanettone culi-tette-scoregge, in un Paese dove c ' è poco da ridere. E il presidente del Consiglio
Renzi, noto imbucato, che non resiste alla tentazione di saltare sul carro del vincitore facendo notare che lui
non l ' ha mai " i g n or a t o " o " snobbato " o detestato " , anzi è sempre stato dalla sua parte: mica come
quei gufi dei " p r ofessionisti del radical chic " ( espressione che lui pronuncia senza conoscerne il
significato e apparirebbe un po ' vecchiotta in bocca a un colonnello in pensione in marcia con la
maggioranza silenziosa nei primi anni 70, figurarsi in un politico quarantenne). Poi corre a leccare la
marmitta a Marchionne. Ma forse quest ' ultima scena è troppo volgare per entrare nel prossimo film di
Checco.
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Divi, maschi, insicuri, ma così profondamente italiani
Non solo " machi " Gli attori nel nostro Paese sarebbero fragili e instabili nel tentativo di adattarsi ai
cambiamenti sociali e alla minaccia della libertà femminile
ELISABETTA AMBROSI
Cosa unisce le star del muto Bartolomeo Pagano ed Emilio Ghione alle celebrities contemporanee come
Carlo Verdone e Riccardo Scamarcio? Semplice: l ' essere " divi, italiani, maschi " , tre aggettivi che due
studiose angloamericane, Jacqueline Reich e Catherine O ' Rawe, utilizzano come filo rosso nel libro Divi
(Donzelli editore) per analizzare il cinema italiano dalla sua nascita a oggi, colmando un vuoto (visto che le
grandi dive, al contrario, sono state spesso oggetto di saggi e biografie). LE DUE AUTRICI provano a
ricostruire l ' essenza della mascolinità divistica italiana e la individuano soprattutto in una contraddizione: i
divi italiani, che per certi versi (come vorrebbe l ' e t i m ol o g i a ) appartengono a una dimensione
ultraterrena, lontana dalla vita quotidiana del comune pubblico mortale, sono in realtà fragili e instabili nel
loro tentativo di adattarsi ai cambiamenti sociali e in particolare alla minaccia della libertà femminile, specie
dal dopoguerra in poi. Questo li rende tuttavia, a differenza delle algide star hollywoodiane, più vicini al loro
pubblico, grazie al quale esistono e trovano legittimazione, specie nell ' epoca dei social media. Le prime
star maschili nascono con il cinema muto, dove i divi, al contrario delle loro controparti femminili eteree e
divine, sono profondamente terreni, vista anche la loro associazione a generi come il comico e le serie
postrionica, capace di passare dall ' italiano medio opportunista all ' ambizioso ideale maschile " , mentre
non manca, ovviamente, un capitolo su Alberto Sordi , rappresentante perfetto del personaggio maschile
della commedia all ' italiana, un mix di " sensibilità tragica e inconfondibile romanità " , che dà voce alle
contraddizioni sociali del dopoguerra. Ma rcello Mastroianni invece è il latin lover italiano del boom anni
Sessanta, ma anche il rappresentante della figura de ll ' inetto, fallito impantanato nella mediocrità
borghese e anche lui in lotta con la crescente indipendenza femminile. Gian Maria Volonté è l ' emblema
della star politicamente impegnata, anche se la sua personalità divistica è " proteiforme e mutevole " ,
mentre Roberto Benigni e Carlo Verdone esprimono un umorismo che mette " in tensione regionalismo e
nazionalismo " e in cui è protagonista una mascolinità sempre incalzata dai cambiamenti sociali, sessuali e
politici. In particolare, Verdone è " l ' incarnazione del maschio italiano egocentrico, nevrotico, ipocondriaco
" . Gli ultimi due capitoli sono infine dedicati a Toni Servillo , " maschera ricorrente del nuovo cinema di
qualità " , in cui " l ' immobilità fisica si alterna a un ' improvvisa fluidit à " , e alla versatilità di Ric cardo
Scamarcio , capace di destrutturare la fama di belloccio e di rubacuori per approdare a una figura di divo
uomo di cultura e attore impegnato. star provengono dal cinema d ' autore, e da una collaborazione tra
registi e divi: Fellini e Mastroianni, Gassman con Risi e Monicelli, Wertmuller e Giannini, fino a Sorrentino e
Servillo. Infine negli ultimi anni dominano le interpretazioni collettive, più attori famosi affiancati nello stesso
film o fiction - vedi La Piovra , Montalbano , Romanzo Criminale e i suoi attori " paso li ni an i " , 1 992 - , e
anche in questo caso in scena va una virilità sofferta, mentre i divi diventano sempre più star, prodotto di
consumo distribuito sul mercato (anche se molti di essi si caratterizzano proprio per il rifiuto della celebrità,
vedi Elio Germano e l ' ultimo Scamarcio). DOPO UNO sguardo d ' insie me, è la volta della carrellata dei
singoli divi, che parte d al l ' eroico Maciste ( Em i li o Pagano e il " cinema dei forzuti " ) e dal criminale di
successo Za la Mort ( B ar to lomeo Ghione ), star del cinema muto. Si passa poi a raccontare la parabola
di Vitto rio De Sica - " esempio perfetto del rapporto tra star, persona e stile performativo " . Un capitolo è
dedicato al divo autarchico A m e de o Naz zari , " person ificaz ione ideale delle difficoltà e ambiguità del
dopoguerra, in cui la mascolinità eroica ha ceduto il passo all ' amarezza e al sacrificio inutile " e un altro a
Raf Vallone , un " Nazzari di sinistra " , dalla virilità stoica, severa, tormentata nel suo rapporto con il
femminile. È poi la volta di Vittorio Gassman , " attore virtuoso in cui i ruoli combinano spesso cinismo e
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IL SAGGIO Due studiose angloamericane analizzano il cinema italiano in chiave di genere Mastroianni latin
lover " inetto " , Volontè " proteiforme e mutevole " , Servillo " maschera di qualità "
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pathos in maniera iv e nt ' anni radiografa le bassezze dell ' italiano medio e che arriva fino ad oggi (basti
pensare a Checco Zalone e Christian De Sica). Negli ultimi tre decenni del secolo invece, anche a causa
della mancanza di uno studio system come in America, le liziesche. Durante il fascismo, accanto ai film di
propaganda e alla virilità mussoliniana coesiste un cinema influenzato dal teatro di varietà (basti pensare
alle commedie di Mario Mattoli). Oltre ai divi del neorealismo, il dopoguerra conosce generi meno noti,
come il melodramma, al cui centro c ' è la figura del reduce e lo sforzo per ricostruire una virilità egemonica
dopo l ' umiliazione dell ' Italia. E poi si arriva alla commedia all ' italiana dove i maschi - Gassman, Sordi,
Tognazzi e Manfredi - sono goffi ed egocentrici. Un genere che per Il libro Div i J. Reich e C.O ' Raw e
Pagine: 154 P rezzo: 21 e E ditore: Donzelli
Foto: Intramonta bile Marcello Mastroianni in una scena de " La dolce v it a " Ansa
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MAURIZIO CRIPPA
Il primo dice: "Geniale. Geniale soprattutto il lancio, la comunicazione". L'altro risponde: "Allora mi merito
l'assunzione. Posto fisso". Detto fatto: "Ti mando alle isole Svalbard". In tre frasi al telefono c'è tutto, ma
proprio tutto, il sopracciò del dibattito (vedi alla voce: "Segue dibattito" nei cineclub che davano l'orticaria a
Paolo Villaggio) politico-sociologico e persino egemonicoculturale (vedi alla voce: essere ancora alle prese
con Gramsci) lievitato come una bella meringa dopo i tre giorni che sconvolsero il botteghino. Il film di
Checco Zalone è qualunquista? E' di destra? E' subdolo e renziano (usati come sinonimi)? E' solo un
cinepanettone, ma gli va più di culo che a De Sica? Un genio? Il nuovo Alberto Sordi (vedi alla voce: "Ve lo
meritate, Alberto Sordi")? Siccome tutto questo è già spiegato in quelle tre frasette, non staremo a dire chi
stava da una parte e dall'altra dello smartphone. Lo sapete già (e se non ci arrivate ve lo diciamo alla fine,
come nella Settimana enigmistica). Diremo solo che Pietro Valsecchi ("chiamatemi artigiano") patron della
Taodue Film, ovvero il produttore neo-paperone che ha scoperto e scommesso per primo su Checco
Zalone ("non sai la fatica per fargli fare il primo film, non lo voleva nessuno") e adesso si lustra gli occhi per
Quo vado? è quasi più contento (quasi, va) di potersi levare un paio di sassolini dalle scarpe che neanche
del trionfo nelle sale. Sassolini a proposito di Checco Zalone, del suo lavoro e soprattutto del cinema
italiano con pretese culturali (di sinistra, va da sé). O per meglio definirlo: quella consorteria litigiosa e
asfittica, con la puzza sotto il naso senza nemmeno avere fiuto, che è il mondo del cinema italiano - autori e
critici - con il suo birignao eterno da sinistra in salotto, conformista e inconcludente. Ed è contento,
Valsecchi, di poterseli togliere col Foglio, i sassolini (vedi alla voce Mariarosa Mancuso che, antesignana,
nel 2010 scriveva: "Ma chi è costui, e come mai lavora a Canale 5 pur sfottendo Berlusconi?, la risposta è
semplice. Checco Zalone fa ridere fino alle lacrime, Serena Dandini no". E vedi anche alla voce "Perché la
sinistra ha paura di Checco Zalone", che è un capitolo delle Catene della sinistra , il libro che ha fatto
incontrare come in una commedia americana Claudio Cerasa, autore, e Pietro Valsecchi, produttore). Così
adesso Valsecchi dice: "Siete stati i primi a riflettere sul fatto che Checco Zalone metteva in crisi gli
intellettuali di sinistra. E adesso anche loro - chi più chi meno, chi con sforzo più evidente chi abbozzando si sono arresi alla 'checcomania'". Che poi, a parte il box office, che tipo di fenomeno sarebbe? "La
sorpresa di una comicità che coglie un'Italia sospesa tra gli anni 50 e il 2020, ma senza fare della
sociologia, della teologia. Così ne esce un film che unisce tutti gli italiani, perché tutti ci si riconoscono, tutti
ridono. Tutti, tranne quelli con la puzza sotto il naso. Quelli che non riescono ad ammettere che un film
così, invece, appartiene alla cultura: perché un film che fa ridere e unisce un paese è un pensiero". Pietro
Valsecchi nel cinema ci lavora da tre decenni (la Taodue Film, con la moglie Camilla Nesbitt, l'ha fondata
nel 1991) e si è preso le sue soddisfazioni in tv ( Distretto di Polizia , RIS - Delitti imperfetti ) e al cinema (
Un eroe borghese , il David di Donatello che finora a Zalone hanno negato). Ma Checco Zalone è stata una
scommessa da produttore, non solo un colpo azzeccato. E ha avuto tutti contro, soprattutto la critica. Così
oggi costatare che quell'autore, quell'attore e "quel progetto pensato passo passo assieme a Checco e a
Gennaro Nunziante, il suo regista e amico" (che bello, quando nelle interviste Nunziante lo chiama Luca,
come nella vita) è in grado di dire qualcosa agli italiani - da quanto non lo si vedeva, un blockbuster
italiano? - vale anche più di un David di Donatello: "Il nostro premio è il pubblico", dice il produttore proprio
come dicevano i vecchi volponi di Hollywood: la critica mi ha stroncato, andrò in lacrime a portare i dollari in
banca. La faccenda è che ai fatti, prima o poi, anche i raffinati intellò devono adeguarsi. Soprattutto quando
la prova del nove arriva da uno come Adriano Celentano, che ha scritto sul Corriere della Sera che
"l'intellettuale Zalone" è "un efficace toccasana" a tutte le malinconie. Valsecchi gongola: "Ringrazio molto
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"Come e perché io e Checco Zalone abbiamo dimostrato che il cinema
italiano è nudo". Parla Pietro Valsecchi
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Celentano, perché da Re degli Ignoranti ha capito chi è Zalone. Come del resto l'aveva capito, tra i primi,
De Gregori. Invece quando io, in conferenza stampa, mi sono azzardato a dire 'è il nuovo Alberto Sordi',
tutti a fare 'mmm...'. Non capiscono proprio". Adesso però la "checcomania", come la definisce lei, è
conclamata. O per meglio dire è esplosa, e forse è la volta buona che il botto faccia crollare tutta
l'impalcatura posticcia, stantia, della "cultura del cinema", intesa come giardino chiuso e riservato ai soli
addetti. Ai cultori della materia. "Il cinema italiano è un mondo di piccole caste. Gente che si premia solo tra
loro, e ogni premio per te è un'invidia per me. Un mondo cui io sono estraneo, e a cui Checco Zalone è
estraneo: lo considerano un marziano". Lo considerano di serie B, il comico che arriva da Telenorba,
nemmeno da Rai3, mentre solo il cinema d'autore sarebbe cultura di serie A: le sembra ancora possibile?
"C'è un tabù, come se il cinema fosse solo quello. E' gente, quella del cinema, che nella maggior parte
ancora non guarda la televisione. Venire dalla tv è un marchio d'infamia". Le sembra ancora possibile,
nell'epoca delle serie e di Netflix? "Negli Stati Uniti non è mai stato così, neanche prima. Un grande comico,
nel mondo dello spettacolo, non è mai stato da meno di un autore drammatico". Ma c'è qualcosa di più, e di
peggio, secondo Valsecchi: "La verità che in Italia c'è, nel cinema come in tutto il resto, un grande tabù
culturale: il successo non è un merito. In ogni campo: per l'artigiano, per l'imprenditore, per chi innova.
Avere successo non significa nulla. Al massimo c'è invidia. Persino nel cinema funziona così, a parte
qualche osanna per l'Autore". Con la maiuscola. C'è una risposta significativa che Checco Zalone ha dato
in un'intervista: "La prima volta che ho visto un set mi è preso un colpo: 70 persone, 70 famiglie, 70 bocche
da sfamare. A qualsiasi uomo di coscienza il dubbio verrebbe: chi cazzo li paga questi qui?". Punto
centrato. "Con un film come Quo vado? in America faresti un miliardo di dollari, ci faresti gadget, ci faresti
merchandising. Qui ancora dicono che è un cinepanettone, che non è arte". Solo questione di vecchia
politica culturale, quella con monopolio di sinistra? Questione di mentalità, soprattutto, secondo Valsecchi:
"Da noi - e ben vengano i complimenti del ministro Franceschini, e ben vengano gli investimenti - sono tutti
lì a piagnucolare e chiedere le leggi sul cinema, il finanziamento pubblico. E le idee? E guardare la realtà
italiana per provare a raccontarla? Per me fare cinema è passione e progetto, noi produttori siamo i
portatori di contenuti. La differenza è che io non penso di vivere in un mondo a parte, né Checco Zalone
pensa di vivere in un mondo a parte. Lui guarda la realtà, la racconta con una chiave comica, per questo il
pubblico riconosce se stesso". Poi c'è il tabù dell'intellò, del critico. Tra vent'anni, c'è da scommeterci,
saranno tutti lì a parlare di Zalone come di Totò, come persino si parla ora di Franchi&Ingrassia: ah, erano
grandi, raccontavano l'Italia, e non ce ne siamo accorti. "Capiterà, e sarà un segno che ho ragione io, che
ha ragione Checco Zalone. Chi sa veramente guardare l'Italia? Quelli che pretendono la satira di sinistra, la
sociologia?". Quelli insomma che ancora oggi, a "checcomania" conclamata, abbozzano con un po' di
fatica. Vedi alla voce Cristian Raimo, che pure non è tra i peggiori, che ieri su Internazionale, per poter dire
bene di Quo Vado? è stato costretto a semiotizzare, o forse proprio a somatizzare: "La narrazione è quindi
una metanarrazione, sul modello perfetto di Prendi i soldi e scapp a... è uno Zelig alla meridionale". E a
rimproverare "il guizzo di coraggio" che manca al blockbuster nazionale: "Confrontarsi con un mondo che
non sia solo bidimensionale. Altrimenti il serio rischio che corre è di trasformare la sua bonarietà in
un'indulgenza plenaria... forse però è proprio il motivo per cui Quo vado? sta facendo soldi a palate".
Insomma, siamo sempre alla politica. Qualunquista? Troppo di destra? Forse renziano? "Non è questione
di destra o sinistra. C'è solo buon cinema e cattivo cinema", preferisce dire Valsecchi. "La verità culturale è
questa: Checco Zalone si è imposto al pubblico, all'Italia, perché ha detto che 'il re è nudo'. Ma stavolta il re
nudo è il piccolo mondo antico del cinema italiano, con le sue piccole presunzioni". Dopo un'impresa simile,
il posto fisso Pietro Valsecchi se lo merita davvero. "Magari. Ma Renzi ha detto che mi manda alle isole
Svalbard". Maurizio Crippa
05/01/2016
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Tutti pazzi per Zalone: che cosa ha di così speciale per fare questi
incassi?
Il nuovo film "Quo vado?" supera 22 milioni in tre giorni e batte ogni record Checco vince con una comicità
intelligente: sa giocare con i luoghi comuni
GIORGIO DELL'ARTI
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Quo vado? , il film di Checco Zalone, viaggia al ritmo di 7 milioni a sera e più. Al terzo giorno di
programmazione siamo oltre i 22 milioni, e i 52 milioni di Sole a catinelle (2013), record assoluto per un film
italiano, sembrano proprio a portata di mano. D'altra parte Lino Banfi ha facilmente previsto i 60 milioni. E
forse, considerato che a gennaio non ci saranno grossi avversari in sala (Tarantino arriva a febbraio), si
potrebbero azzardare i 70 milioni o i 75. Avatar di James Cameron arrivò a 65 milioni.
1 Tutto questo, mi par di capire, è un problema.
Sì, lo stesso problema dei cinepanettoni o, si parva licet , dei film di Totò, che i giornali dell'epoca facevano
sempre commentare non alle prime firme della critica, ma ai loro vice. L'aceto italico, lo spirito popolare, il
cinema che, almeno apparentemente, fa ridere e basta hanno successo e questo dà fastidio a tutti quelli
che sanno come stanno le cose e se la prendono volentieri col pubblico (e con gli elettori) quando non si
comportano come si devono comportare. Quindi il successo di Zalone, come ai suoi tempi quello di Totò, è
in qualche misura imperdonabile. Senonché, qualche migliaio di anni fa, anche Aristofane, Plauto e
Terenzio facevano ridere facile, o apparentemente facile, e molti secoli dopo i frati dei conventi medievali li
hanno ritenuti degni di essere copiati e tramandati, e altri secoli dopo li si son dati da studiare agli studenti
di Lettere dell'università.
2 Bella forza. Sono scritti in latino, e questo li nobilita. Questo genere di polemiche non ha mai riguardato i
comici non-italiani, che so, Benny Hill o mr. Bean o magari Stanlio e Ollio.
E già, e già. La critica laureata dimentica, tra l'altro, che un film popolare, una commedia, una cosa che fa
ridere hanno problematiche espressive molto più sottili e complicate di quelle di un film o di un'opera
drammatica. Le opere drammatiche ci appaiono d'istinto più serie e più importanti di quelle comiche, e però
si tratta di una trappola mentale. Ci pensi: la sofferenza e le sue manifestazioni sono diffuse in tutto il
mondo animale, il riso è proprio solo di homo sapiens. Il riso è un mistero su cui hanno indagato con
qualche successo in pochissimi. E il nostro ridere è legato a elementi impalpabili, il tempo della battuta, la
complicità con chi vede o ascolta, la sorpresa. Nessuno ride di una barzelletta che già conosce. E questo
imparenta il comico alla bellezza assoluta: non c'è bellezza senza sorpresa, e nessuno che rifaccia
qualcosa attinge davvero alla dimensione del bello.
3 Roba troppo difficile.
Tiriamoci su con qualche battuta di Checco. «"Qual è la sua donna ideale?" "Quella con le tette"». "Ci dice
una cosa di sinistra?" "Le donne hanno gli stessi diritti degli uomini. Specie se bone". "E qualcosa di
destra?" "La famiglia è importante. L'amante meno"». Eccetera. Anche se per me resta inarrivabile quella di
Sole a catinelle : «"Noi siamo di Equitalia", "E noi siamo cattolici"».
4 Analizziamo questo quarto successo cinematografico.
C'è intanto la scelta astuta del mese, cioè gennaio, con partenza a Capodanno, giorno che tantissime
famiglie italiane dedicano al cinema. A gennaio è esaurita, o comunque indebolita, la spinta dei
cinepanettoni e di Stars Wars . Il film è stato distribuito in 1.300 sale, cioè la distribuzione ne ha forzato in
qualche modo il successo, anche se qui si tratta di stabilire se è nato prima l'uovo o la gallina. C'è poi da
calcolare che il film precedente, Sole a catinelle , è uscito nel 2013 e che in questi due anni Checco s'è
fatto vedere il meno possibile, creando quindi un desiderio di sé. Mai o quasi mai in televisione. Anche a
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il fatto del giorno il fenomeno al cinema
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CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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ridosso dell'uscita di Quo vado? s'è limitato a un'apparizione da Fazio e a una da Giletti, non ha mostrato
trailers e s'è solo limitato a cantare in anteprima la canzone "La prima repubblica", eseguita alla maniera di
Celentano. Che poi sul Corriere lo ha elogiato.
5 Già, in mezzo a chi ha storto il naso, c'è stato pure qualche riconoscimento importante.
Beh, Jena, sulla Stampa , gli ha dato addosso: «Milioni di italiani corrono a vedere Checco Zalone e noi
ingenui ancora ci meravigliamo che al governo ci sia Renzi», battuta che non si sa se più cattiva con
Checco o con Renzi. Il quale però ci ha tenuto a far sapere di aver visto il film e di aver riso dalla prima
all'ultima inquadratura. Poi Aldo Grasso, che nel 2007, trovandoselo con Amadeus a Canta e vinci (su Italia
1), aveva scritto «Pare un po' stordito, fuori posto, e non fa ridere», e adesso invece, dopo l'esibizione da
Fazio, ha commentato: «Da due battute [...] si capisce come lo sguardo di Zalone si posi beffardo su tutto
ciò che è convenzione, ideologia corrente, spirito del tempo, si faccia forte di emozioni che sfidano la
certezza dell'imminente delusione». Infine i critici Mariarosa Mancuso, Marco Giusti e Paolo Mereghetti, a
cui si deve questo giudizio «Checco Zalone è cresciuto in consapevolezza e ambizione. Così come sono
cresciuti i bersagli da colpire: ieri erano i luoghi comuni del politically correct. Oggi, in Quo Vado? , sono
diventati i miti di una nazione che si ostina a non crescere: la cucina della mamma, la sicurezza della
famiglia, la certezza del posto fisso».
Foto:
Checco Zalone, nome d'arte di Luca Pasquale Medici, in alcune scene di "Quo vado?", il suo quarto film. Il
suo esordio al cinema è in "Cado dalle nubi" (2009)
Foto: Io non voglio fare analisi sociologiche, voglio far ridere
Foto: checco zalone attore
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Zalone record: «Grazie anche agli indignati»
Il protagonista di «Quo vado?»: «Non posso essere simpatico a tutti...». «Non voglio fare analisi
sociologiche ma solo far ridere»
ROMAC'era una volta Star Wars: l'attesissimo settimo capitolo della saga, Il risveglio della forza, arrivò in
Italia prima di Natale e conquistò il box office arrivando a 22 milioni e dominando tra panettoni e alberi di
Natale. Ma all'improvviso la notte di Capodanno arrivò Checco Zalone dalla Puglia e divorò Han Solo e
Luke Skywalker in un sol boccone. Certo da Quo Vado? ci si aspettava un bel botto (anche grazie alla
distribuzione in più di 1.200 sale), ma anche le più rosee previsioni non arrivavano a quello che successe in
quel freddo inizio di 2016: oltre 22 milioni in tre giorni con 3 milioni di spettatori e un'impressionate media
per sala di 18 mila euro. La favola del box office delle feste è tutta qui: nella storia dell'impiegato pubblico
con l'ossessione del posto fisso, tra il «senatore di riferimento» Lino Banfi e la funzionaria aggressiva Sonia
Bergamasco che lo spedisce in un posto più «freddo di Roccaraso» (che diventa virale per la gioia di tutto
l'Abruzzo). Zalone sbriciola tutti i suoi record: Sole a catinelle nel 2013 nei primi 4 giorni di programmazione
aveva incassato 19.179.296 euro con 2.771.755 presenze, Che Bella Giornata nel 2011 nei primi 5 giorni di
programmazione 19.008.179 euro con 2.833.725 spettatori. E ora sembra quasi facile battere anche i 52
milioni che fanno di Sole a catinelle il secondo maggiore incasso italiano di sempre (il primo è Avatar 67,7
milioni). Anche se il protagonista, parlando a Rtl 102.5, chiarisce subito: «Non voglio fare analisi sociologica
dell'Italia ma solo far ridere», evidentemente riesce a fare ben di più visto che trascina tutti al cinema. Uno
dei primi a correre in sala già il 1 gennaio con tutta la famiglia al seguito è il premier Matteo Renzi. Arriva
poi via tweet il grazie del ministro Dario Franceschini («Il successo di Quo Vado? fa bene a tutto il cinema
italiano»), via Facebook un appassionato post di Gabriele Muccino e addirittura l'incoronazione sul Corsera
di Adriano Celentano («Una medicina allegra e ribelle, un toccasana contro le violenze del cinema
internazionale»). Ci sono anche gli indignati e Zalone li ringrazia «perchè fanno scaturire curiosità e quindi
la gente va al cinema». «Non puoi essere simpatico a tutti - dice - anzi quando c'è questo consenso quasi
plebiscitario, paradossalmente, senti l'esigenza di ritornare a terra e di trovare qualcuno a cui stai sulle
balle...». «Un ringraziamento particolare a Pietro Valsecchi che con la Taodue ha prodotto un film di grande
successo e di grande qualità» dice Giampaolo Letta amministratore delegato di Medusafilm. E lo stesso
Valsecchi giubila: «Oggi come oggi in Italia se non hai visto Quo Vado? sei out!». Da segnalare durante le
feste anche i buoni risultati dei due cinepanettoni Natale col boss di Lillo & Greg e Vacanze ai Caraibi - Il
film di Natale con Christian De Sica (entrambi ancora tra i 10 film più visti e ormai oltre i 7 milioni totali) e
l'esordio in questo week end de Il Piccolo Principe, al secondo posto della top ten con 2.864.487 euro e
una media di 6.525 euro su 439 sale. Nel totale gli incassi del primo week end dell'anno toccano
36.337.547 con un +43,51% rispetto a un anno fa.o
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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CINEMA. L'ultimo film arrivato nelle sale ha incassato oltre 22 milioni in tre giorni con 3 milioni di spettatori
e un'impressionante media per sala di 18mila euro
03/01/2016
Pag. 34
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Renzi, il poema dell'uomo solo col fascino di Gere
Notevole la fotografia Suggestiva l'ambientazione A Filadelfia il racconto di un amore fraterno
«Franny», interpretato da Richard Gere per la regìa di Andrew Renzi che ne ha anche scritto la
sceneggiatura, è un film indipendente e in quanto tale è difficile che possa aspirare a un successo di
pubblico travolgente. Tanto più che alla qualifica di indipendente bisogna aggiungere quella di eccentrico,
nel senso proprio di «lontano dal centro», fuori dal flusso dei grandi temi alla moda, oltre che di bizzarro,
spostato, come il personaggio al quale dà vita, corpo e anima Gere.«Franny» è l'opera prima di Andrew
Renzi, nato a Washington nel 1984, un cineasta piuttosto dotato, a quanto è dato vedere, perfettamente in
grado di impaginare il suo racconto con eleganza e fluidità grazie anche alla complicità di una bella
fotografia e di un' ambientazione, sia in interni che in esterni - il film è stato girato a Filadelfia e dintorni accurata quanto fascinosa.Già, Filadelfia: un nome il cui significato, amore fraterno, può essere assunto a
manifesto e spiegazione del film, tanto più se lo si abbina a filantropo, qualifica che spetta di diritto a
Franny, il protagonista, ricco, generoso, fondatore di un ospedale dove ama far compagnia e rincuorare i
bambini sofferenti.L'AMORE fraterno è quello che Franny nutre per i suoi più cari amici e la loro figlioletta
Olivia, amore che diventerà acutissimo senso di colpa quando, dopo un incidente automobilistico, si
renderà conto di essere stato la causa della loro morte e della scomparsa di Olivia, sopravvissuta
all'incidente, dalla sua vita. Restato solo con tutti i suoi soldi e le sue ville, Franny precipita nella
depressione e diventa di fatto un morfinomane, capelli e barba lunga. Un inedito look da poeta maledetto
per Richard Gere.Quando Olivia, incinta e sposata, si rifà viva, Franny impazzisce di gioia e, in cerca di
perdono, trasforma il suo senso di colpa in una generosità esagerata che finirà per diventare imbarazzante
e inaccettabile.«Franny» è una sorta di poema dell'uomo solo che cinematograficamente si traduce in
quello che gli americani chiamano «one man show». Richard Gere con il suo fascino d'attore e l'alone di
umanità e di spiritualità che lo circondano è l'uomo giusto al posto giusto, capace di ispirare ottimismo e
senso di nuova vita semplicemente col rito di radersi la barba e mettere a nudo il viso.«Franny», di Andrew
Renzi. Con Richard Gere, Dakota Fanning, Theo James. Usa 2015. Alla multisala Wiz. Voto: 8.
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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PRIMECINEMA. «Franny», film indipendente e letteralmente eccentrico, è un'opera prima dotata di
eleganza e fluidità
05/01/2016
Pag. 2 Ed. Bari
Checco è sempre più un caso. E la «sua» Capurso pensa a riaprire l'unico cinema
Ludovico Fontana
BARI «Per cominciare a sperare nella molto improbabile rottura del grande record, Quo vado? dovrà
arrivare intorno ai 20 milioni alle porte del secondo weekend», scriveva la rivista Wired il 31 dicembre
scorso. La previsione è stata superata: Quo Vado? , quarto film con protagonista Checco Zalone (e la regia
e la sceneggiatura di Gennaro Nunziante) è arrivato a oltre a oltre 22 milioni di euro secondo i dati della
società Cinetel (che copre circa il 93% della sale italiane). I numeri continuano a essere impressionanti. Il
primo giorno di programmazione, il 1° gennaio, l'incasso era stato di oltre 6 milioni, un record assoluto che
aveva polverizzato il precedente di Harry Potter che aveva preso «solo» 3,2 milioni. Nei primi tre giorni Quo
Vado? ha incassato quanto ha fatto il quarto episodio di Star Wars in tre settimane. E Star Wars è un film
che nel mondo sta sbancando al botteghino. L'obiettivo, a questo punto, il «grande record» di cui parlava
Wired , è Avatar con 67 milioni di euro incassati nel 2009, un dato comunque gonfiato dal fatto che i biglietti
costavano di più perché in molte sale il film era proiettato in 3d. Intanto Medici incassa lodi da tutti, dal
premier Matteo Renzi al ministro della cultura Dario Franceschini, da Adriano Celentano al regista Gabriele
Muccino («ha scritto su Facebook un post lusinghiero più lungo della sceneggiatura del mio film», ha detto
Medici ieri mattina a Rtl 102.5, «però - ha aggiunto l'attore pugliese - la questione è molto più semplice: il
comico fa ridere ed evidentemente c'è riuscito»). «È un risultato eccezionale mai realizzato da nessun film
in Italia», ha detto Giampaolo Letta, amministratore delegato di Medusa, che ha prodotto il film con la
Taodue di Pietro Valsecchi (produttore di tutti i precedenti film di Medici-Nunziante). Luca Medici vive a Bari
da pochi anni: si è trasferito nel capoluogo dopo aver vissuto a Capurso, comune di poco più di 15 mila
abitanti che si gode il successo di due suoi figli; perché, oltre Medici, anche Nicola Lagioia, scrittore Premio
Strega 2015 con La ferocia , ha origini di Capurso (i genitori). E a Capurso potrebbe finalmente anche
riaprire il cinema. Sì, perché nel luogo dov'è cresciuto il protagonista dei film più visti della storia d'Italia non
c'è un cinema. L'unica sala presente, l'ex Enal, che si trovava proprio accanto alla scuola elementare
frequentata da Medici, ha ospitato l'ultima proiezione nel 1985. Nel 2007 l'immobile fu acquistato dal
Comune, nel 2013 furono stanziati i primi fondi; l'obiettivo è avviare i lavori di recupero nel 2016, conferma
il sindaco Francesco Crudele. E magari proiettare anche i film di Checco Zalone.
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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«Quo vado?» corre al botteghino: 22 milioni in 3 giorni
05/01/2016
Pag. 44
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Il fenomeno In tre giorni, solo nelle prime cinque sale ha incassato 245 mila euro: 113 mila all'Uci di Curno,
58 mila a Treviglio, 26 mila al San Marco, altrettanti al multiplex «Il Borgo» di Romano, 22 mila a
Cortenuova
Andrea Frambrosi
Diamo i numeri: il ciclone Checco Zalone si è abbattuto anche su Bergamo balzando immediatamente in
testa al box office: al cinema San Marco di Bergamo (che ha proiettato il film a partire dalla mezzanotte del
31 dicembre) «Quo vado?» ha totalizzato venerdì 1 gennaio 3.983 euro in una sala (549 spettatori) e 5.365
euro nell'altra (728 spettatori); sabato 2 3.965 euro (592 presenze) e 4.255 euro (640 presenze); domenica
3 4.138 euro (567 presenze) e 4.687 euro (639 presenze) per un totale di 26.393 euro di incasso e 3.715
spettatori. All'Ariston multisala di Treviglio (parliamo sempre dei primi tre giorni di programmazione) ha
totalizzato 58.426 euro di incasso, all'Uci di Curno 113 mila euro, allo Starplex di Cortenuova 22 mila e alla
multisala «Il Borgo» di Romano di Lombardia 26 mila: sono 245 mila euro in tre giorni nelle prime 5 sale,
ma «Quo vado?» è uscito in venti cinema bergamaschi, in tutta la provincia. Anche da noi, dunque, stiamo
assistendo a un exploit come non se ne vedevano da molti anni.
Il Natale del Capitol e del San Marco - dice Michele Nolli, responsabile della programmazione - «è stato
sostanzialmente caratterizzato dal successo de "Il ponte delle spie" di Steven Spielberg, "Perfect Day" si è
rivelato una bella sorpresa mentre ha fortemente deluso il film di Pieraccioni, anche se è uscito in anticipo
rispetto al periodo delle festività non ha mai funzionato; anche i cosiddetti cinepanettoni non hanno
funzionato molto bene». A Bergamo sono andati molto bene «Il ponte delle spie» ma anche «Irrational
Man» al Conca Verde, «La isla minima» è piaciuto molto anche se non era certo un film commerciale.
«Il film di Checco Zalone - continua Nolli - è un fenomeno a parte, nel cinema italiano le sue pellicole hanno
sempre avuto successo ma in questo caso si è sommato l'effetto Zalone con le festività: e si sono
potenziati a vicenda. Le proiezioni di mezzanotte sono andate bene hanno fatto quasi il pieno, anche se
non i numeri del giorno dopo. Il problema è che adesso escono anche film interessanti per cui dovremo
smontare film che funzionano ancora bene come appunto "Il ponte delle spie" per far posto ai nuovi».
«Dal primo gennaio siamo partiti con "Il piccolo principe" - dice Giuseppe Perico del Sas, responsabile della
programmazione del cinema Conca Verde di Longuelo - che sta andando molto bene, raccogliendo sia il
pubblico delle famiglie che quello serale degli adulti: è talmente apprezzato che la gente applaude alla fine
della proiezione, cosa che non capita certo tutti i gironi». Il Natale del Conca Verde è stato puntato sui più
piccoli? - chiediamo. «No - risponde Perico - "Masha e Orso" in realtà è stato aggiunto all'ultimo momento,
il nostro film di Natale è stato "Irrational Man" di Woody Allen che è andato e sta andando ancora molto
bene, così come "Franny" con Richard Gere. Direi che il nostro è sicuramente un bilancio positivo sia come
presenze che come riscontro di gradimento da parte del pubblico. Abbiamo dovuto posticipare l'uscita di
"Carol" proprio per il grande successo che sta avendo "Il piccolo principe". Anche "Star Wars" al Cinema
del Borgo è andato bene anche se non ha fatto, ovviamente, i numeri dei multiplex. Al Cinema del Borgo
proseguiremo con il film di Woody Allen e con "Il piccolo principe" soprattutto per le proiezioni pomeridiane
da oggi uscirà, al Conca Verde, il nuovo film di Laura Morante».
Ma siccome non si vive di solo Checco, vediamo di allargare il panorama: «Per quanto ci riguarda siamo
molto soddisfatti - dice Angelo Signorelli di Lab 80, responsabile della programmazione cinematografica
dell'Auditorium di piazza della Libertà -, il nostro "film di Natale" è stato "Dio esiste e vive a Bruxelles",
arrivato ormai alla quarta settimana di programmazione, che ha visto una media di 150 presenze
giornaliere. Il film di Jaco Van Dormael è stato alternato con il giapponese "Le ricette della signora Toku",
anche quello andato piuttosto bene, totalizzando una media di un centinaio di presenze giornaliere, così
come è andata bene l'anteprima del film di Aleksandr Sokurov, "Francofonia" che adesso riprendiamo fino
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Zalone spacca anche a Bergamo Da anni i cinema non erano così pieni
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05/01/2016
Pag. 44
al 10 gennaio".
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Addio a Laganà, con Bruno Bozzetto tra i maestri dell'animazione italiana
Il ricordo del cartoonist: «Amico e grande artista, creativo e appassionato, con lui il tempo volava»
/ «Un grande artista e un professionista appassionato, capace di coniugare la propria dirompente vena
creativa con un'incredibile umiltà e uno spiccato senso dell'umorismo. Non sono parole di circostanza, ma
le uniche capaci di descrivere il mio amico Giuseppe». Così Bruno Bozzetto, commosso, ricorda
l'animatore e illustratore milanese Giuseppe Maurizio Laganà, protagonista dell'epoca d'oro del cinema di
animazione italiano al suo fianco nella realizzazione di capolavori come «West and Soda» (1965), «Vip Mio fratello superuomo» (1968) e «Allegro non troppo» (1976), scomparso nella notte tra il 2 e il 3 gennaio.
I personaggi. Una lunga carriera costellata di personaggi ai quali dar vita, facendoli muovere sullo schermo:
da Lupo Alberto a Tiramolla, passando per Pinocchio. Una missione affrontata con brio, dai tempi di
Carosello (con la Gamma Film dei fratelli Gavioli), fino ad esperienze recenti come gli inserti animati nel film
«Bar Sport» di Massimo Martelli del 2011, tratto dall'omonimo libro cult di Stefano Benni. Molto atteso
anche l'ultimo progetto: la regia della serie di 26 episodi in 3d «L'isola del tesoro», versione cartoon del libro
di Stevenson, presentata lo scorso novembre al Roma Fiction Fest, e co-prodotta dalla Rai, che ne ha
annunciato la messa in onda tra le novità del 2016. Distrazione proverbiale. Pare che fosse nato il 28 luglio
1944: «Pensavo, invece, nel 1948... in oltre cinquant'anni di amicizia non ho mai saputo la sua età, aveva il
piccolo vezzo di tenerla segreta» svela Bozzetto, commosso ripensando al collaboratore, ma soprattutto
all'amico e compagno di tante avventure condivise con passione, chiacchierando di lavoro fino a
dimenticare qualsiasi altra cosa: «Una volta doveva accompagnarmi a casa, ma eravamo troppo presi dai
nostri discorsi e ci ritrovammo all'Idroscalo. La sua distrazione era proverbiale (che risate quando ci
accorgemmo, anni dopo, di una mano a sei dita finita per sbaglio nel cortometraggio "Self Service"!),
superata solo dalla generosità, dimostrata anche recentemente, in occasione del restauro di "West and
Soda" per il cinquantesimo anniversario del film: si era offerto, senza chiedere alcun compenso, di
controllare e adattare ogni singola inquadratura per assicurarsi che il passaggio al formato 16:9 avvenisse
correttamente». Uno degli aspetti sottolineati da Bozzetto è inoltre l'irrefrenabile desiderio di Laganà di
sperimentare nuove tecniche, come dimostrato in autonomia nel 1982, cimentandosi nel primo
cortometraggio di animazione digitale in Italia: «Pixnocchio», ispirato al burattino di Collodi. «Era molto
modesto, nonostante fosse un vero maestro nel creare scenografie. Sapeva maneggiare il colore con
grande gusto e si buttava a capofitto nei progetti. Eravamo capaci di restare in studio insieme dodici ore di
seguito, il tempo volava anche grazie alla simpatia di Giuseppe: una volta, scherzando ispirati da "Allegro
non troppo", lasciammo una bottiglietta di Coca-Cola aperta sul davanzale dello studio per due anni,
controllandone i cambiamenti come se si trattasse di un esperimento scientifico». Nel film, infatti, durante la
sequenza del «Bolero» di Ravel, la stessa bevanda, abbandonata da un'astronave, funge ironicamente da
brodo primordiale per far nascere la vita. L'omaggio a Cavandoli. Il segno indelebile di Laganà resta anche
a Brescia, in una tavola illustrata dedicata all'amico e collega Osvaldo Cavandoli, disegnata appositamente
per la mostra «VIVA CAVAndoli!», organizzata dal MusIL la primavera scorsa con la partecipazione di oltre
un centinaio di artisti (tra i quali Bozzetto, Silver, Camboni, Disegni, Bonfatti, Manara, Staino,
Tubino,Vincino), tutti chiamati ad interpretare nel proprio stile il burbero personaggio de «La Linea». Il
disegno di Laganà raffigura Capitan Brok (personaggio delle strisce a fumetti del Corriere dei Piccoli, alla
fine degli anni Settanta) alle prese con un'onda anomala dalle sembianze del profilo de «La Linea». Al di là
dell'affetto personale Bozzetto non ha dubbi: «L'opera di Laganà rappresenta un'eredità significativa per
tracciare una panoramica sulla storia del cinema di animazione, ma anche sugli intrecci creativi ed umani
tra gli autori italiani». Ha animato Lupo Alberto, Tiramolla, «Vip», «West and Soda» Stava lavorando a
un'«Isola del tesoro» per la Rai Linea-Onda. La Linea di Cavandoli diventa un'onda nella vignetta-omaggio
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L'illustratore e animatore milanese è morto l'altra notte a 71 anni Lutto nel cinema
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CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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tiratura:42931
05/01/2016
Pag. 34
di Giuseppe Laganà Paolo Fossati
05/01/2016
Pag. 23
Cronache del Garantista
Dopo Zalone tocca al "mito" Brad Pitt
Non solo il nuovo film di Checco Zalone nella programmazione cinematografica di gennaio. Alla pellicola
del comico pugliese seguirà il 5 gennaio il melodramma di Todd Haynes ""Carol", tratto dal best seller di
Patricia Highsmith. Il film segna il ritorno al cinema di Haynes, già autore di "Io non sono qui" e del
pluripremiato "Mildred Pierce". Interpretato fra gli altri da Cate Blanchett, Rooney Mara e Sarah Paulson il
film e' ambientato nella New York dei primi anni '50 e racconta la storia di Therese Belivet, un'aspirante
fotografa, e del suo rapporto con Carol Aird, donna di grande fascino, alle prese con un difficile divorzio.
Stessa data d'uscita, 5 gennaio, per "Macbeth", produzione inglese diretta da Justin Kurzel. Il capolavoro
shakespiriano, sul quale si sono cimentati in passato grandi registi come Orson Welles, Akira Kurosawa e
Roman Polanski, è stato rivisitato da Kurzel in chiave moderna e con una grande cura per l'aspetto visivo,
uno dei veri punti di forza di questo nuovo adattamento. Straordinario il cast de "La Grande Scommessa", il
film di Adam McKay, nelle sale dal 7 gennaio. Prodotto da Brad Pitt, è tratto dal fortunato romanzo di
Michael Lewis e segue le vicende di un gruppo di investitori che hanno intuito cosa stesse accadendo sul
mercato prima dello scoppio della crisi finanziaria del 2007 e 2008. Del cast, oltre a Pitt, fanno parte
Christian Bale, Ryan Gosling, eMarisa Tomei. Una settimana dopo, il 14 gennaio, arriverà in Italia
"Revenant- Redivivo", nuova opera del regista premio Oscar Alejandro Gonzalez Inarritu. Il film è tratto da
"The Revenant. A Novel of Revenge", romanzo del 2004 di Michael Punke
CINEMA - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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televisioni SUI GRANDI SCHERMI
05/01/2016
Pag. 47 Ed. Cuneo
diffusione:189394
tiratura:278795
cristina borgogno
«Lavorare sodo e perseverare». È il motto di Rossella Contu, 30 anni, albese, professione artista, da
ottobre in trasferta ad Amburgo nel cast di «Aladdin», prodotto dalla Stage Entertainment Germania e
firmato Disney. La fedele riproduzione teatrale del famosissimo film movie, che ha debuttato in Europa
dopo Broadway e Tokyo con tanto di orchestra di 15 elementi dal vivo ed effetti speciali tra cui un vero
tappeto volante.
«L'emozione di essere parte di una première europea - dice - è qualcosa di incredibile: ansia ed
eccitazione, occhi puntati addosso, maniacalità della Disney, musiche originali del Premio Oscar Alan
Menken che ho salutato dopo la prima». «La gavetta»
Ballerina e attrice dalle spiccate doti canore, Rossella ha un lungo curriculum che la vede in musical come
«La febbre del sabato sera». Ma anche nel corpo di ballo al Teatro Regio, in serie tv e video musicali, oltre
a prestare la voce a cartoni animati, come nelle canzoni italiane dei personaggi Rainbow Dash e Apple
Jack di «My Little Pony». «La gavetta» la definisce lei. Poi, la grande occasione.
«Sapevo che la Stage Germania cercava performer per "Aladdin" e i casting sarebbero arrivati anche a
Milano e Roma. Ero in tournée con lo spettacolo "Cercasi Cenerentola" della compagnia della Rancia.
Nonostante tutto mi decido e partecipo alle selezioni. L'indomani mi dicono di presentarmi ad Amburgo:
passavo direttamente alla selezione finale». L'esperienza tedesca? «Sono qui grazie alla mia famiglia che
da sempre crede in me. I miei sul red carpet erano bellissimi. Loro mi hanno insegnato a sognare: io non mi
fermo e spero di continuare a volare».
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
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Artista albese nel cast di "Aladdin" della Disney
TELEVISIONE
3 articoli
05/01/2016
Pag. 1
diffusione:98970
tiratura:162805
Andrea Montanari
(Montanari a pagina 10) Il mito del posto fisso, nel Paese della disoccupazione al 13,4% (che sale al 43,9%
per i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni), fa il pienone nelle sale cinematografiche italiane. Nel
primo weekend di programmazione di Quo Vado?, l'ultimo film del comico pugliese Luca Medici (in arte
Checco Zalone), più di 3 milioni di persone sono corse a vederlo: una media di 18 mila spettatori a sala
visto che il film è stato diffuso in più di 1.200 copie. Il tutto per un incasso, nei soli primi tre giorni di
programmazione, di 22,35 milioni. Un record che, con ogni probabilità, porterà lo showman di Bari a
polverizzare l'incasso-monstre del precedente Sole a catinelle, il film italiano più visto nella storia
cinematografica del mercato nazionale, che nel 2013 incassò 51,75 milioni. Ma soprattutto, che farà
schizzare i conti del 2016 di Medusa Film, la casa di produzione del nuovo film rivelazione e che dovrebbe
dare linfa vitale anche alla controllante Mediaset. Ieri, tuttavia, nel primo giorno borsistico del nuovo anno, il
titolo del gruppo tv di Cologno Monzese, nonostante le forti aspettative degli analisti di mercato, ha chiuso
la seduta in forte ribasso. Le azioni del Biscione, infatti, a fine seduta trattavano a 3,67 euro, in flessione del
4,12%, dopo aver perso anche più del 5% in avvio di giornata. Va detto, a onor del vero, che quello di ieri è
stato quasi un bagno di sangue per le borse mondiali, inclusa Piazza Affari che ha salutato il debutto del
marchio Ferrari. Quindi, come per la stragrande maggioranza dei titoli quotati, e in particolare di quelli del
paniere principale dove nessun titolo ha chiuso in territorio positivo, anche sulle azioni Mediaset hanno
influito enormemente sia il tracollo dei listini asiatici, Cina in particolare, sia la tensione in Medioriente tra
Arabia Saudita e Iran. Anche se, come detto, in pre-apertura di borsa nelle sale operative c'era chi si
aspettava un andamento in controtendenza del titolo del broadcaster guidato dal vicepresidente e
amministratore delegato Pier Silvio Berlusconi. Non foss'altro perché la notizia arrivata è davvero positiva. Il
fenomeno-Zalone, infatti, influenza e non di poco i conti di Medusa Film. Basti dire che nel 2013, l'anno di
Sole a catinelle, il giro d'affari consolidato della casa di produzione e distribuzione controllata dal Biscione è
stato di 151,4 milioni. Nel 2014, senza la pellicola dei record, il fatturato è sceso a 110,7 milioni. Per cui è
facilmente ipotizzabile che i conti del 2016 saranno influenzati significativamente dall'esito del box-office. E
dai primi riscontri pare proprio che Quo Vado? sia destinato a stracciare ogni record, nonostante la
concomitante presenza del kolossal planetario Star Wars - Il risveglio della forza che in tre settimane di
programmazione nei cinema italiani ha incassato quanto Zalone in tre giorni, ovvero 22,35 milioni. Il registaattore pugliese per Medusa Film e Mediaset si sta rivelando una miniera d'oro: con i suoi quattro film ha
finora incassato 131,6 milioni, passando dai 14 milioni della pellicola d'esordio, Cado dalle nubi, ai 43,747
milioni di Che bella giornata, per arrivare ai 51,748 milioni di Sole a catinelle e ai 22,35 milioni, per ora, di
Quo Vado? (riproduzione riservata)
MEDIASET
5 ott '15 4 gen '16 3,6 4,4 4,0 4,8 quotazioni in euro 3,67 € -4,12% IERI
Foto: La locandina del film di Zalone
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Mediaset -4% nonostante i super incassi di Checco Zalone
05/01/2016
Pag. 1
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tiratura:81689
Mediaset ha il 52% dell'audience e il 40% di pubblicità
Plazzotta
a pag. 19 Il comparto radiofonico ha chiuso il 2015 con una crescita della raccolta pubblicitaria attorno al
10% rispetto all'anno precedente, per una torta complessiva che vale ora circa 385 milioni di euro. Torta
che ha attratto l'interesse di Mediaset, che in poco meno di sei mesi ha rilevato l'80% di R101, il 19% di
Finelco, la raccolta pubblicitaria di R101, di Radio Italia, di tutte le emittenti di Finelco (105, Virgin e Rmc)
come anticipato da ItaliaOggi del 24 dicembre scorso, e poi di Kiss Kiss, Subasio e Radio Norba. Ora il
Biscione controlla, direttamente o come concessionaria, il 52% degli ascolti radiofonici italiani nel giorno
medio e poco meno del 40% degli investimenti pubblicitari sul mezzo radio. Le operazioni sono guidate da
Paolo Salvaderi, appena nominato amministratore delegato di Monradio e direttore generale di Mediamond
Radio, e dal suo vice, Cesare Sordi, ex controller area diritti (cinema e fi ction) di Mediaset. E, conoscendo
le capacità del mondo Mediaset-Publitalia in ambito pubblicitario, in molti si attendono una vera e propria
rivoluzione nel settore radiofonico. Per intenderci, nel mondo televisivo Mediaset controlla circa il 33% degli
ascolti nel giorno medio sulle 24 ore, ma i suoi canali tv hanno una raccolta pubblicitaria che assorbe quasi
il 60% degli investimenti complessivi sul piccolo schermo. Insomma, a ogni punto percentuale di audience
tv corrispondono 1,75 punti di quota di mercato pubblicitario tv. In radio, invece, al momento a un punto
percentuale di audience corrispondono al Biscione solo 0,7 punti di quota di mercato pubblicitario. Un
risultato molto buono rispetto ai concorrenti più forti, ma che nelle stanze di Publitalia non è giudicato suffi
ciente e va migliorato. Il che spaventa non poco gli altri attori radiofonici, che poi, fondamentalmente, sono
tre grossi soggetti: il gruppo Espresso, Rtl 102,5 e Rds. L'Espresso, con Deejay, m2o e Capital, controlla il
23% degli ascolti radiofonici. Chiude il 2015 con una raccolta pubblicitaria attorno ai 57 milioni di euro, pari
al 14,8% di tutto il mercato radio (0,65 punti di quota di mercato pubblicitario per ogni punto di audience),
ma non ha nella radio il suo business principale, e quindi ha spalle più larghe per sopportare la concorrenza
di Mediaset. Lorenzo Suraci ed Eduardo Montefusco, rispettivamente patron di Rtl 102,5 e Rds, hanno
invece nelle attività in fm il fulcro delle loro aziende. Rtl 102,5 (che il prossimo 19 gennaio presenterà il
nuovo network Radio Zeta l'Italiana) conta sul 22,5% degli ascolti radiofonici nel giorno medio, e ha raccolto
oltre 40 milioni di euro nel 2015 (+13% sul 2014), pari al 10,4% del totale investimenti pubblicitari sul mezzo
radio (0,46 punti di quota di mercato pubblicitario per ogni punto di audience). Radio Dimensione Suono,
infine, vale il 13,6% degli ascolti e il 9,3% di quota del mercato pubblicitario, con i suoi 36 milioni di euro
raccolti nel 2015, oltre il +10% sul 2014 (0,68 punti di quota di mercato pubblicitario per ogni punto di
audience). © Riproduzione riservata
Foto: Paolo Salvaderi
TELEVISIONE - Rassegna Stampa 05/01/2016 - 05/01/2016
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RADIO
05/01/2016
Pag. 4
diffusione:41112
tiratura:81689
Marie Claire licenzia. Non c'è pace al mensile Marie Claire di Hearst magazine Italia, diretto da Antonella
Antonelli. Pochi giorni prima di Natale era stata consegnata la lettera di licenziamento a Maria Vittoria
Pozzi, vicedirettore beauty. E poco prima di Capodanno è arrivata la stessa triste missiva ad Alba Solaro,
caporedattore centrale. La redazione del periodico è in agitazione ed è scesa in sciopero, dopo aver votato
un pacchetto di cinque giorni di astensione dal lavoro. Charlie Hebdo ricorda l'attacco alla sua sede con un
numero speciale. Il settimanale satirico francese Charlie Hebdo si prepara a celebrare l'anniversario del
tragico attacco alla sua redazione, avvenuto il 7 gennaio dello scorso anno, ed esce domani con un numero
speciale. In copertina la fi gura di un dio con le mani insanguinate, barba e kalashnikov in spalla, tutto
bianco su sfondo nero e il titolo Un anno dopo: l'assassino è ancora in fuga ( nella foto ). Il settimanale
pubblicherà un milione di copie. L'immagine di copertina è stata disegnata da Riss Laurent Sourisseau, il
nuovo direttore, ferito negli attacchi dello scorso gennaio, che ha preso il posto di Stéphane Charbonnier
ucciso assieme ad altri vignettisti. Leone Film Group, accordo pluriennale con Sky Italia. I diritti di 39 fi lm
sono stati concessi per tre anni dal 2016 da Leone Film Group a Sky Italia. Il corrispettivo è legato
all'andamento del box offi ce delle opere. Agon Channel di nuovo in tv. Il canale fondato da Francesco
Becchetti è tornato a comparire sul 33 del digitale terrestre dopo essere stato sostituito da Abc qualche
settimana fa. Al momento, secondo quanto appare nella guida elettronica, sembra che la gestione (la
programmazione è fatta di repliche) sia passata al gruppo di Canale Italia di Lucio Garbo. Nuova Banca
Marche lancia una campagna pubblicitaria. «Banca Marche rinasce» è lo slogan che compare in una
pagina pubblicitaria a pagamento sui quotidiani locali, con l'immagine di due cicogne e un nido. «Nata sotto
l'ala del Ministero dell'economia e della Banca d'Italia che ha nominato la nuova gestione, la vostra Nuova
Banca è operativa», si legge nel messaggio pubblicitario. «Con 1,041 mld di capitale e zero sofferenze,
grazie ai nostri 2.633 dipendenti, oggi più che mai siamo al fi anco di 109 mila imprese e 422 mila famiglie».
Love, nuova serie originale fi rmata Net ix. La serie tv Love racconta le avventure di Gus (Paul Rust) e
Mickey (Gillian Jacobs), lui bravo ragazzo e lei sfrontata e ribelle, che fanno i conti con l'euforia e
l'imbarazzo dell'intimità, dell'impegno e dell'amore e di tutte le conseguenze che speravano di evitare. Love
è la nuova serie originale di Net ix. Le dieci puntate di mezz'ora l'una saranno trasmesse il prossimo 19
febbraio. Hannibal, su Premium Crime la terza serie in salsa italiana. La terza e ultima stagione inedita di
Hannibal, la serie prequel dei romanzi di Thomas Harris che hanno visto la nascita del personaggio di
Hannibal Lecter, andrà in onda su Premium Crime in anteprima assoluta dal 6 gennaio, ogni mercoledì in
prima serata. Ambientata principalmente in Italia (con Firenze e Palermo in primo piano), la terza stagione
porta Hannibal Lecter (Mads Mikkelsen) a spasso per l'Europa assieme alla sua ex psichiatra Bedelia Du
Maurier (Gillian Anderson). Garm Wars - L'ultimo Druido al cinema in Italia per tre giorni. Garm Wars L'ultimo Druido è il fi lm che segna il debutto cinematografi co in lingua inglese del regista giapponese
Mamoru Oshii ( Ghost in the Shell, Lamu, Patlabor 2 e The Sky Crawlers ). Il fi lm, presentato in anteprima
nazionale al Lucca Comics and Games 2015, uscirà nelle sale italiane con un evento speciale il 18, 19 e 20
gennaio prossimo, distribuito da Notorious Pictures. Real Time, arriva Take me out - Esci con me. Dopo il
lancio in Australia nel 2008 e l'adattamento in 28 paesi nel mondo, è sbarcato sulla televisione italiana, dal
lunedì al venerdì alle 20,10 su Real Time (canale 31), la prima edizione tricolore di Take me out - Esci con
me, nuova declinazione del dating che sconfi na nel game show. A fare da cupido c'è Gabriele Corsi del
Trio Medusa. La trasmissione è una produzione FremantleMedia per Discovery Italia. Rai, Gemelli e
MediCinema per portare il grande schermo in ospedale. Il Policlinico universitario A. Gemelli di Roma e
MediCinema Italia Onlus lanciano il progetto per la realizzazione della prima vera sala cinematografi ca in
uno dei principali ospedali italiani. La Rai sostiene il progetto con una raccolta fondi televisiva e radiofonica,
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CHESSIDICE IN VIALE DELL'EDITORIA
05/01/2016
Pag. 4
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fi no a domenica prossima. L'obiettivo è portare continuativamente la cultura e lo spettacolo in ambito
ospedaliero a scopo terapeutico, con programmi mirati per ogni tipologia di paziente. La sala MediCinema
al Gemelli aprirà a marzo 2016.