rischi naturali e tecnologici
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5 RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI a cura di Teresa Magnani Luca Dei Cas, Giovanni Peretti, Fiorenzo Songini, Carlo Pellegrino 5.1 I CAMBIAMENTI CLIMATICI E GLI EFFETTI SUL TERRITORIO SONDRIESE (a cura di Teresa Magnani) La crescente attenzione internazionale sul tema ha portato la Word Meteorogical Organization (Organizzazione meteorologica mondiale) e la United Nations Environment Program (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) a creare nel 1998 un Gruppo intergovernativo sul cambiamento del clima, denominato IPCC. Il gruppo rappresenta il massimo consesso mondiale di esperti sul clima, formato da 3000 scienziati chiamati a valutare l’informazione disponibile nei campi scientifico, tecnico e socio – economico legati ai cambiamenti climatici, ai possibili impatti dei cambiamenti climatici e alle opzioni di adattamento e mitigazione. L’IPCC ha ultimato e reso noto il suo Terzo Rapporto di Valutazione; gli scienziati che hanno collaborato alla stesura del Rapporto sono concordi nel ribadire che il clima terrestre si sta riscaldando - la temperatura media sulla superficie terrestre è aumentata di circa 0.6 °C nell’ultimo secolo - e che la maggior parte del riscaldamento osservato è attribuibile alle attività umane, in particolare alla crescita delle emissioni di gas serra. Per il futuro, ad ogni ulteriore aumento nella emissione di gas serra potrebbero essere associati altri mutamenti significativi rispetto al passato come le modificazioni della quantità e del tipo di precipitazioni, l’aumento del livello del mare ed i cambiamenti nella frequenza e nella quantità degli eventi climatici estremi (alluvioni, siccità, cicloni, uragani, etc.). I cambiamenti climatici ormai sono evidenti anche in Italia; le analisi più recenti delle serie meteorologiche effettuate dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.) mettono infatti in evidenza che, già oggi, l’andamento dei principali parametri climatici risulta in linea con quello riscontrato a livello globale dall’IPCC per il 21°secolo. In generale,il clima italiano sta infatti diventando più caldo e più secco, in particolare nel Sud, a partire dal 1930. Nello stesso tempo, in tutta l’Italia settentrionale, l’intensità delle precipitazioni è andata crescendo negli ultimi 60-80 anni, con un aumento del rischio di alluvioni in questa regione,in particolare nella stagione autunnale quando il rischio alluvioni è massimo. Infine, sempre secondo il C.N.R., l’innalzamento delle temperature ed il cambiamento del regime delle precipitazioni avranno serie conseguenze anche sui ghiacciai. Importanti rilevazioni arrivano anche, di recente, dalla campagna di monitoraggio del Comitato Glaciologico Italiano che evidenzia come le precipitazioni nevose siano diminuite RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI 52 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 PER APPROFONDIRE: • APAT. I cambiamenti climatici. 2004 Sistema nazionale per la raccolta, elaborazione e diffusione di dati Climatologici di Interesse Ambientale – SCIA. del 20% negli ultimi 20 anni e come il dimezzamento dei ghiacciai italiani nell’arco del secolo appena concluso porterà nei prossimi anni, in molte zone alpine, a dissesti e frane senza precedenti. E’ opportuno sottolineare che non bisogna semplicisticamente ricondurre ogni singolo evento climatico eccezionale all’effetto serra, ma occorra ragionare sulle tendenze in atto, poiché su queste occorrerà pianificare gli interventi umani. Un insieme di ambienti periglaciali caratterizzano anche i settori altitudinali più elevati del territorio montano della provincia di Sondrio dove le dinamiche climatiche in atto hanno portato a due episodi di instabilità, uno relativo alla frana del Turweiser ed uno al Ghiacciaio dei Forni. 5.2 IL GLOBAL CHANGE E LA FRANA DELLA THURWIESER (a cura di Luca Dei Cas) Nell’intero arco alpino per i volumi coinvolti e le conseguenti trasformazioni nel paesaggio il dissesto di maggior importanza accaduto nel 2004 è senza dubbio il franamento della parete sud della Thurwieser. Il 18 settembre 2004, alle ore 13,40 circa, una grossa fetta del versante sud di Punta Thurwieser (3.657 m.slm.) si è staccato precipitando, per oltre 1300 metri di quota, lungo la Val Marè nel territorio del Comune di Valfurva (Vedi carta 1). La nicchia di frana (Foto 1) ha una culminazione a quota 3.630 m.slm. poco al di sotto del sottile crinale che congiunge il Passo Thurwieser all’omonima cima. Da qui gran parte della successione sedimentaria, che costituiva la parete meridionale, è crollata sulla sottostante vedretta dello Zebrù, dove ha lasciato depositi con pochi decimetri di spessore disposti secondo una particolare forma a ventaglio (Foto 2) e quindi ha proseguito la sua corsa andandosi a fermare, pressochè per la quasi totalità, all’interno dell’incisione valliva di Val Marè. In alto, foto 1: la nicchia di distacco presso la cima della Thurwieser. Sopra, carta 1: la collocazione geografica della punta Thurwieser Foto 2: dalla cima si osserva il deposito a ventaglio lasciato sulla parte terminale della lingua A livello geologico strutturale il bacino della Val Marè è caratterizzato dalla presenza (fra quota 2450 m.slm. e 2550 m.slm.) della conosciutissima Linea dello Zebrù, lineamento di carattere regionale che separa le sottostanti rocce metamorfiche della Falda Campo dalle soprastanti rocce sedimentarie delle Falda Ortles. La piramide della Thurwieser è costituita da rocce appartenenti alla Falda Ortles e più in particolare dalla formazione che i geologi denominano della Dolomia del Cristallo. Salendo RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 53 Foto 3, a sinistra: in rosso la traccia di salita mentre con i pallini gialli sono indicati i punti oggetto di rilevamento. Foto 4, a lato sopra: ripresa effettuata dall’elicottero. Foto 5, a lato sotto: la picozza, posta in adiacenza alla sottile lama di ghiaccio, permette di comprendere le dimensioni del masso lungo le ripide pareti (Foto 3) si possono notare alternanze di strati di dolomia grigio scura e di calcari neri con intercalazioni di strati di argilliti e subordinatamente calcari marnosi giallastri e brecce di colore nero. Le giaciture della stratificazione rilevate lungo la spalla nord orientale della Thurwieser, fra le quote 3580 m.slm. e 3625 m.slm., mostrano immersioni sud –sudest con inclinazione compresa fra 10° e 45°. Sulla cima (quota 3657 m.slm.) le misure effettuate hanno sostanzialmente confermato la stratificazione delle dolomie (da 160 X 30° a 120 X 10°) evidenziando due sistemi di fratture dominanti (K1 = 70 X 70° e K2 = 10 X 45°) con immersione settentrionale. Spostandosi lungo il crinale che congiunge la Thurwieser al passo dell’Ortles la stratificazione si modifica ruotando verso una immersione ovest - sudovest (S = 260 X 40°). Lungo la nicchia di distacco della frana risulta evidentissima la stratificazione, con immersione sudoccidentale, che ne delimita il fianco sinistro (Foto 4). Il materiale franato è costituito da blocchi con pezzatura assai eterogenea con massi di volume decametrico (alcuni dei quali sospinti fin sul sentiero) alternati a pezzature più ridotte sino a frammenti di roccia fortemente alterata con scarse caratteristiche geomeccaniche. L’accumulo di frana si è disposto lungo il solco principale della Val Marè con due lobi che spingendosi in direzione orientale si sono rispettivamente sovrapposti alle creste di morena (quota 2650 m.slm.) testimonianza della piccola età glaciale (fase di espansione dei ghiacciai avvenuta fra la metà del XVI secolo e la metà del XIX secolo) ed alla pista forestale che sale al rifugio V Alpini (quota 2330 m.slm.). E’ risultato significativo, anche se certamente non risolutivo per l’analisi delle cause, il ritrovamento di alcuni grossi blocchi (Foto 5) che testimoniano la presenza di ghiaccio nelle fratture della Punta Thurwieser . Una dettagliata ricostruzione cartografica (Vedi carta 2) degli areali caratterizzati dall’accumulo franoso, unitamente ad una suddivisione delle aree in zone di accumulo superiore od inferiore al metro di potenza, hanno permesso di fornire una attendibile stima del materiale franato in circa 1 –1,2 milioni di metri cubi. A tal proposito è importante sottolineare che una conferma di tale volumetria si è avuta anche tramite il confronto delle immagini della zona di nicchia prima e dopo l’evento del 18 settembre (Foto 6 e 7). L’individuazione delle cause di frane con queste dimensioni appare sempre operazione RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI 54 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 Foto 6, in alto: vista della parete sud nel giugno 2002 (Foto L. Martinelli). Foto 7, sopra: vista della parete sud nel luglio 2005 Carta 2 difficoltosa e da effettuare con successivi step d’approfondimento. Anzitutto, vista la notevole attività sismica dell’area del bormiese, non ultima quella degli inverni 1999 e 2000, si è teso a valutare il legame con possibili eventi di tal tipo. L’analisi dei dati del sismografo digitale della Stazione di Campo dei Fiori evidenzia un modesto rumore di fondo nell’area della Val Zebrù in coincidenza con la caduta della frana; tale valore risulta essere l’effetto più che la causa del rockfall. I dati delle più vicine stazioni meteorologiche, gestite dal Centro di Monitoraggio Geologico, permettono di avere ulteriori ed importanti dati. In particolare l’analisi di quanto registrato dalle stazioni ubicate all’interno del territorio comunale di Valfurva (Ruinon quota 2.140 m.slm. e Prese Frodolfo quota 1.250 m.slm.) ci indica una situazione di modeste precipitazioni nella settimana precedente l’evento con temperature minime compatibili, nell’area di frana, con eventi nevosi nelle giornate del 15 e del 16 settembre. La significativa escursione termica del 17 settembre e soprattutto della mattina del 18 settembre, con un rialzo di circa 14°C fra l’alba e le ore 14,00, hanno sicuramente contribuito a sciogliere il modesto spessore nevoso. È però evidente che i dati di temperatura e piovosità della settimana precedente l’evento possono al massimo contribuire al distacco ma non possono essere certamente considerati fattori scatenanti. Viceversa la causa di una così imponente frana in roccia potrebbe essere ricercata nei cambiamenti climatici che da ormai alcuni anni stanno riducendo il permafrost presente alle quote più elevate delle nostre montagne. Come noto, dalla fine della Piccola Età Glaciale, circa 150 anni fa, sulle Alpi stiamo assistendo ad un progressivo incremento termico, stimato come medio globale in circa 1°C (Mercalli, 2002), che ha, come testimonianza più evidente, il ritiro dei grandi apparati glaciali. A titolo di esempio si ricorda che nella limitrofa Val Cedec la fronte del conosciutissimo ghiacciaio dei Forni è arretrata di alcuni chilometri passando da 2178 m.slm di metà ottocento agli oltre 2500 m.slm. attuali. Più in generale si stima (Haeberli et al., 2002) che per la catena alpina si sia verificata fra il 1850 e il 1980 una riduzione del 40-50 % di superfici e volumi dei ghiacciai. Analogamente a quanto avviene per i ghiacciai, il cambiamento climatico sta determinando una riduzione delle superfici interessate dal permafrost che, secondo la definizione di Brown e Pewè, è “qualsiasi terreno che rimane al di sotto della temperatura di 0° C per più di due anni”. Il permafrost occupa circa il 26% della superficie terrestre e nella vicina Svizzera, territorio morfologicamente similare all’area da noi considerata, copre non meno del 5% della superficie nazionale. L’area di nicchia della frana della Thurwieser, secondo quanto contenuto nella Carta della Criosfera edita nel 2000 dalla Regione Lombardia, rientra nelle aree “potenziali sede di permafrost”. Recenti studi mostrano che il riscaldamento globale comporta repentini aumenti di RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 55 Stazione Ruinon (2.140 mslm.) T minima °C T max °C Escursione Termica °C Piogge cumulate mm Stazione Prese Frodolfo (1.250 mslm.) T minima °C T max °C Escursione Termica °C Piogge cumulate mm 11/9/04 12/9/04 13/9/04 14/9/04 15/9/04 16/9/04 17/9/04 18/9/04 4,8 15,6 10,8 0,2 4,8 10,3 5,5 13,6 4,0 8,5 4,5 0,0 3,0 9,3 6,3 13,2 1,7 10,7 9,0 9,4 0 8,5 8,5 9,8 0,7 13,5 12,8 0,0 2,2 16,1 13,9 0,0 11/9/04 12/9/04 13/9/04 14/9/04 15/9/04 16/9/04 17/9/04 18/9/04 10,3 19,5 9,2 0,0 9,1 12,0 2,9 11,0 8,5 14,0 5,5 0,0 6,8 13,9 7,1 10,2 6,3 13,2 6,9 9,4 5,3 11,6 6,3 4,2 4,7 15,4 10,7 0,0 5,3 16,9 11,6 0,0 temperatura del permafrost. Nella zona del Corvatsch, poco sopra l’abitato di St. Moritz, i dati relativi ad una perforazione hanno evidenziato un innalzamento della temperatura del permafrost compreso da 0,5°C a 1°C negli ultimi 15 anni, a fronte di un aumento medio della temperatura di poco più di 0,2°C. In prossimità del Passo dello Stelvio, a poco più di 5 chilometri in linea d’aria dalla Punta della Thurwieser, è stata eseguito nel 1998 dal Dr. M. Guglielmin, grazie ai finanziamenti del progetto europeo Permafrost and Climate in Europe, un sondaggio posto a 3.000 m.slm. in prossimità del Livrio. La perforazione, che si è spinta sino ad una profondità di 100 metri, ha riscontrato la presenza di permafrost. Nelle estati degli anni successivi è stato costantemente monitorato il profilo termico del foro eseguito e si è così potuto osservare che fra l’estate del 2000 e gli anni successivi vi è stato un incremento termico, a 10 – 12 metri di profondità, di circa 1°C. Questi dati ci mostrano come sia assolutamente probabile che nella cima di Punta Thurwieser fosse presente il permafrost e che, analogamente a quanto avvenuto nella limitrofa area dello Stelvio, il susseguirsi di periodI caldi abbia contribuito ad uno “scongelamento” del permafrost. Alla degradazione in profondità del pemafrost è quindi da imputarsi una diminuzione delle forze resistenti ed il conseguente collasso di punta Thurwieser. L’enorme accumulo franoso, intasando l’incisione valliva, ha provocato lo scorrimento “ipogeo” del torrente di Val Marè per circa 200 metri. Nel corso dell’autunno 2004 il grande accumulo di frana ha avuto delle modeste rimobilizzazioni (Foto 8 e 9) in concomitanza con eventi climatici che hanno aumentato il deflusso nella Val Marè. È evidente che fino all’instaurarsi di una completa situazione di stabilità dell’accumulo fenomeni di piovosità eccezionale potranno contribuire ad una rimobilizzazione dello stesso all’interno del bacino di Val Marè. In prossimità della cima i crolli, che si manifestavano con grande frequenza nelle settimane successive la frana, hanno notevolmente ridotto la propria intensità mentre il fianco orientale della montagna presenta ancora numerose situazioni di criticità localizzata. Poichè sulle Alpi italiane, a quote di 3000 - 3200 m.slm., il permafrost è caratterizzato da temperature assai prossime allo 0°C è evidente che variazioni anche contenute del regime termico potrebbero avere conseguenze estremamente negative e porre a rischi di collasso interi versanti. Lo studio e l’approfondimento di fenomeni come quello della Thurwieser rappresentano elemento basilare per aumentare le conoscenze e poter formulare ragionevoli ipotesi, in relazione all’attuale cambiamento climatico, sull’evoluzione dei territori di alta montagna. RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI 56 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 Foto 8, sotto: ripresa dell’accumulo, effettuata dall’elicottero nel settembre 2004, che interrompe la carrozzabile per il rifugio V Alpini. Foto 9, in basso: ripresa della medesima area (luglio 2005) con evidenza del debris flow avvenuto nell’autunno IL CENTRO DI MONITORAGGIO GEOLOGICO Il Centro Monitoraggio Geologico è una struttura specialistica di ARPA LOMBARDIA che ha il compito di controllare le aree instabili, segnalando le eventuali situazioni di rischio geologico alle istituzioni ed agli organi competenti per la prevenzione dei dissesti e la protezione dei cittadini. La struttura, trasferita ad ARPA Lombardia dal 1° aprile 2003, acquisisce ed elabora i dati registrati dalle reti di controllo esistenti, progetta reti di monitoraggio per nuove aree instabili, supporta con consulenze specialistiche gli enti locali che si trovino a gestire situazioni di dissesto del territorio. I tecnici del Centro di Sondrio monitorano costantemente alcuni fenomeni franosi, avvalendosi di sistemi di controllo diversificati ed ottenendo così informazioni importanti su entità, direzione e tipologia delle frane oggetto di attenzione. I dati acquisiti dalle reti di monitoraggio – in gran parte trasmessi via radio dalle stazioni sparse sul territorio alla sede centrale – vengono analizzati ed interpretati in tempo reale da un Sistema Informativo Decisionale che evidenzia le variazioni di misura significative e segnala, se del caso e sulla base di soglie predefinite, lo stato di attenzione, di preallarme o di allarme. Se le informazioni e i dati risultano confermati, il Centro Monitoraggio Geologico comunica la situazione delle aree monitorate alla Protezione Civile ed agli organi competenti perché si attivino nelle loro procedure d’intervento. Le aree attualmente controllate dal Centro di Monitoraggio Geologico sono complessivamente sedici, di cui sette dotate di trasmissione automatica dei dati. Per le rimanenti i dati sono acquisiti manualmente da operatori specializzati. Altri sistemi di monitoraggio, con l’impiego di tecniche innovative soprattutto in termini di facilità di gestione delle informazioni, sono in corso di progettazione e installazione in varie provincie delle Lombardia. AREE AD ACQUISIZIONE AUTOMATICA E MANUALE • Frana di Val Pola (Alta Valtellina - Sondrio) • Frane della Val Torreggio (Valmalenco -Sondrio) • Zona Ciudee Campo Franscia (Valmalenco-Sondrio) • Frana di Valle di Saviore (Saviore dell’Adamello - Brescia) • Frana di Spriana (Valmalenco - Sondrio) • Zona di Semogo (Valdidentro - Sondrio) • Frana del Ruinon (Valfurva - Sondrio) LE AREE MONITORATE AREE AD ACQUISIZIONE MANUALE • Frana di Presure (Valdisotto - Sondrio) • Frana di Suena (Valdisotto - Sondrio) • Zona di Oultoir (Valdisotto - Sondrio) • Zona Baite Boero (Valdisotto - Sondrio) • Frana di Bema (Val Gerola - Sondrio) • Zona di Bagni Masino (Valmasino -Sondrio) • Frana Sasso del Cane (Valmalenco -Sondrio) • Frana del Monte Letè (Dorio - Lecco) • Frana del Monte Il Pizzo (Branzi-Bergamo) • Frana della Pruna (Val Tartano – Sondrio) RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 57 IL CENTRO NIVO METEOROLOGICO DI BORMIO Il Centro Nivo-Meteorologico di ARPA Lombardia situato a Bormio è una struttura che monitora la situazione meteorologica alpina e nivologica della Valtellina e della montagna lombarda. 6 7 Il Centro di Bormio è parte integrante del Servizio Meteorologico Regionale, che dal gennaio 2004 rappresenta una peculiare attività di ARPA Lombardia, anche a supporto del Centro Funzionale Regionale della Protezione Civile. 8 10 14 13 12 11 5 18 20 16 4 3 9 25 1 2 24 15 22 17 19 23 21 Emette regolarmente un bollettino di dettaglio sulle condizioni meteorologiche alpine e sullo stato della neve, relativamente all’intero arco alpino lombardo. Durante la stagione invernale diffonde anche un bollettino sul pericolo di valanghe. I tecnici del centro effettuano inoltre sopralluoghi e producono relazioni in caso di incidenti derivanti da valanghe, ed esprimono pareri – a richiesta di terzi – su interventi infrastrutturali di protezione delle RETE MANUALE n. Sigla Stazione Prov. Quota Ente collaboratore 1 AMA Aprica Magnolta 2 APR Aprica Paese SO 1870 Soc. Impianti SO 1180 Privato 3 BOR 4 CAN Bormio 2000 SO 1960 Soc. Impianti Cancano SO 1940 A.E.M. 5 6 CMO Campo Moro SO 1970 E.N.E.L. SRO Livigno S. Rocco SO 1865 A.E.M. 7 8 MAD Madesimo SO 1550 E.N.E.L. MAT Madesimo Mater SO 1860 Soc. Impianti 9 SCA S. Caterina Valfurva SO 2135 Privato 10 TRO Trona SO 1800 E.N.E.L. 11 VGE Valgerola SO 1840 Soc. Impianti 12 VAM Valmasino SO 1000 Privato 13 ART Artavaggio LC 1650 Privato 14 APR S. Primo CO 1075 Privato 15 BAR Barbellino BG 1880 E.N.E.L. 16 CAR Carona BG 1850 E.N.E.L. 17 POL Colere M. Polz. BG 1580 Soc. Impianti 18 FOP Foppolo BG 1695 Soc. Impianti 19 LIZ Lizzola BG 1560 Soc. Impianti 20 VAL Valleve S. Simone BG 1650 Soc. Impianti 21 GAV Gaver Bagolino BS 1480 Soc. Impianti 22 LAR Lago d’Arno BS 1820 E.N.E.L. 23 MCA Montecampione BS 1750 Soc. Impianti 24 PAN Pantano d’Avio BS 2390 E.N.E.L. 25 PLE Ponte di Legno BS 1600 CNSAS - Comune RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI 58 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 L’ingresso del centro nivo metereologico di Bormio 6 abitazioni o sulla realizzazione di impianti di risalita e di piste da sci. I contenuti informativi per la redazione dei bollettini soni ricavati da una serie di dati provenienti da stazioni di rilevamento in dotazione alla struttura, sia manuali che automatiche. La rete manuale è costituita da 25 stazioni ubicate tra i 1500 e 2000 metri di quota nelle province di Sondrio, Bergamo, Brescia, Como e Lecco. Numerosi rilevatori compiono osservazioni giornaliere dei principali parametri meteorologici e nivometrici; i dati, opportunamente codificati, vengono poi trasmessi al Centro di Bormio per l’analisi e l’elaborazione e per la divulgazione e l’archiviazione in data base. La rete automatica è invece costituita da 7 stazioni. In prossimità della località di Vallaccia sono installate anche tre Stazioni termometriche al Suolo dedicate allo studio dei rock-glaciers. Si tratta di piccoli ghiacciai, che permangono a quote relativamente basse, ormai completamente ricoperti da pietre e rocce. Essi sono ancora attivi, se pur al minimo livello, e sono ottimi indicatori climatici, oltre che significative riserve d’acqua. 5 3 7 1 2 4 RETI AUTOMATICHE Prov. Quota Longitudine Latitudine Esposizione 1. Valgerola Stazione SO 1840 09 36’ 00” 46 02’ 00” N 2. Carona Carisole BG 1950 09 47’ 01” 46 01’ 50” S-W 3. Palù SO 2100 09 52’ 10” 46 18’ 25” N-E 4. Aprica Magnolta SO 1960 10 08’ 58” 46 07’ 57” N-W 5. Oga S. Colombano SO 2290 10 18’ 07” 46 27’ 40” N-W 6. Vallaccia SO 2650 10 12’ 20” 46 28’ 40” N-W 7. Pantano d’Avio BS 2100 10 28’ 15” 46 10’ 30” N Il Centro Nivo-Meteorologico dell’ARPA e l’attuale servizio Informativo Territoriale (S. I.T.) della Regione hanno iniziato fin dal 1990 una stretta collaborazione finalizzata alla realizzazione di una carta tematica denominata Carta di Localizzazione Probabile delle Valanghe, per l’intero territorio montano lombardo. Scopo di questo lavoro di ricerca ed indagine è quello di fornire alle amministrazioni locali e agli enti che si occupano di pianificazione territoriale una documentazione di base che permetta di individuare le aree interessate con una certa frequenza da fenomeni valanghivi, e quindi di prevenirli per quanto è possibile. Finora risultano rilevati e digitalizzati oltre 700.000 ettari, pari a circa il 70% del territorio montano lombardo. PER APPROFONDIRE: www. arpalombardia.it GLI INCIDENTI DA VALANGA IN LOMBARDIA NELLA STAGIONE 2004 - 2005 In tema di controlli dei fenomeni valanghivi, la stagione invernale 2004-2005 sulle montagne della regione Lombardia si è rivelata particolarmente “fortunata” dal punto di vista delle valanghe e delle conseguenze per l’uomo che esse possono provocare. Dato lo scarso innevamento, nella nostra regione si sono verificati solamente 4 incidenti da valanga che hanno coinvolto in totale 5 persone. Di esse, quattro sono rimaste illese e solamente una ferita. In questa stagione non vi sono stati incidenti mortali. Le categorie coinvolte sono state prevalentemente gli sci alpinisti e, solo in un caso, sciatori fuori pista (con snowboard). In tre incidenti l’indice di pericolo della scala europea è stata di Grado 2, mentre in uno di Grado 3. RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 59 5.3 IL SERACCO DI GHIACCIO DEL SAN MATTEO (GRUPPO ORTLES-CEVEDALE) (a cura di Giovanni Peretti) Durante la stagione invernale 2004-2005 si è messo in movimento, causa la forza di gravità, un enorme seracco sulla parete nord del Monte San Matteo nel bacino dei Forni in Valfurva (Gruppo Ortles-Cevedale). Il seracco è un blocco di ghiaccio isolato formato dall’intersezione di più crepacci. Diffusi sui versanti settentrionali, i seracchi si presentano spesso come masse di ghiaccio sospese su ripide pareti. Da sempre costituiscono uno dei maggiori rischi per gli alpinisti e spesso mettono in pericolo anche le infrastrutture poste a quote più basse. Il loro crollo è legato alla dinamica dei ghiacciai, in particolare di quelli sospesi su gradini rocciosi o ancorati a ripide pareti. Sono quindi sensibili ai cambiamenti meteoclimatici, soprattutto per quanto riguarda l’incremento dell’acqua al contatto ghiaccio-roccia derivante da un aumento della fusione o anche da precipitazioni liquide ad alta quota. La nota evoluzione climatica in atto favorisce lo svilupparsi di fenomeni del genere. Le Alpi infatti sono state interessate ultimamente da numerosi eventi di dissesto che solo in pochi casi, fortunatamente, hanno provocato danni. Basti ricordare il crollo del seracco del Mont Blanc de Tacul sul Monte Bianco e quello del Monte Rosa (sulla parete est, versante di Macugnaga) che ha sfiorato il Rifugio Zamboni-Zappa, oppure sulla via normale della Punta Gnifetti. Sulla parete nord del San Matteo (3678 m), comune di Valfurva di Sondrio, è sospeso un seracco di notevoli dimensioni, la cui evoluzione si è accelerata nell’ultimo anno con un’evidente gigantesca frattura che ne disloca il settore superiore. Dopo la prima segnalazione da parte degli operatori del Servizio Glaciologico Lombardo, che hanno segnalato la potenziale pericolosità della situazione, è iniziato, sempre ad opera dello stesso Servizio, un monitoraggio fotografico e topografico. L’interesse scientifico ma anche applicativo del fenomeno ha poi suggerito un monitoraggio con strumentazione più avanzata, soprattutto per delineare le esatte caratteristiche geometriche della massa di ghiaccio. E’ così nata una collaborazione fra ARPA-Lombardia e vari enti (Università di Milano, Università di Brescia, AEM, Parco Nazionale dello Stelvio, Comitato Glaciologico Italiano) che porterà, nell’anno in corso, a rilievi del seracco eseguiti con laser scanner RIEGL. Si tratta di uno strumento topografico di concezione avanzata che permette una restituzione tridimensionale estremamente dettagliata e quantitativa di un corpo. I primi risultati dell’elaborazione dei dati hanno permesso di delineare con esattezza le dimensioni del seracco: 15.000 mq di superficie; 50 m di altezza; 780.000 mc di materiale; inoltre hanno permesso di evidenziare uno spostamento verso il basso di circa 5 m della massa di ghiaccio, che tende anche a ruotare in senso orario, confermando le misure eseguite con strumenti tradizionali. Ulteriori rilievi, sempre previsti con la collaborazione tra ARPA e i citati Enti, uniti al proseguimento delle misure topografiche (con stazione totale Leica) e del monitoraggio fotografico, potranno mettere in evidenza o meno un’accelerazione della velocità del seracco e permettere la formulazione di ipotesi sulla sua evoluzione. Panorama del S.Matteo 5.4 I RISCHI DI INCIDENTE RILEVANTE (a cura di Fiorenzo Songini) L’Arpa della Lombardia ricopre un ruolo fondamentale all’interno del programma di monitoraggio delle industrie a rischio di incidente rilevante: l’Agenzia, in collaborazione con i Vigili del Fuoco, effettua per conto della Regione Lombardia, le verifiche ispettive presso questo tipo di stabilimenti. Per incidente rilevante si intende “un evento, quale un’emissione, un incendio o una esplosione di grande entità dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l’attività di uno stabilimento e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose.” Le aziende sono considerate a maggiore o minore rischio, e quindi sottoposte ad obblighi più o meno onerosi, in rapporto alla quantità e pericolosità delle sostanze che sono presenti in deposito o utilizzate nei cicli produttivi. L’attività di tali industrie è regolata da una specifica normativa: il Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 334, con il quale è stata recepita la Direttiva europea n. 82 del dicembre 1996 nota come “direttiva Seveso2”, i decreti di attuazione dello stesso e, limitatamente alla Regione Lombardia, la Legge Regionale 23 novembre 2001, n. 19. Tutte le industrie classificate “a rischio di incidente rilevante” devono effettuare un’analisi di rischio e presentare detto rapporto all’ufficio regionale competente; l’elaborato viene sottoposto ad istruttoria tecnica per verificare che il gestore abbia correttamente individuato i pericoli associati alle attività dello stabilimento e abbia messo in atto tutte le misure volte ad evitare incidenti e/o ridurne gli effetti. In Lombardia l’istruttoria è effettuata al C.V.R. (Comitato Valutazione Rischi) che è composto anche di esperti esterni all’amministrazione regionale appartenenti ai VVF, all’ISPELS ed all’ARPA. Il rapporto di sicurezza deve essere redatto ogni cinque anni ed ogni qualvolta lo stabilimento sia oggetto di modifica con “aggravio di rischio”; in quest’ultimo caso, prospettandosi una situazione peggiorativa sotto il profilo della sicurezza, è necessario ottenere dal C.V.R. il nullaosta di fattibilità dell’intervento. Inoltre, i gestori degli stabilimenti che rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs 334/99 devono inviare al Sindaco del comune di ubicazione dell’azienda una scheda informativa per la popolazione nella quale vengono esposti i rischi associati alle attività ed i piani di emergenza; il Sindaco è tenuto poi a divulgarne i contenuti alla popolazione. Per gli impianti a più alto rischio, e cioè per quelli che ricadono negli obblighi dell’art. 8 del D.Lgs 334/99, è prevista l’adozione di un Piano di Emergenza Esterno redatto dalla Prefettura con la collaborazione dei VVF e dell’ARPA finalizzato alla protezione della popolazione residente nelle vicinanze dello stabilimento, in caso di grave incidente. I gestori degli stabilimenti “a rischio di incidente rilevante” (artt. 6 e 8 del D.Lgs 334/99) devono redigere un Documento sulla politica di prevenzione degli incidenti indicando gli obiettivi che si intende perseguire per la salvaguardia dei lavoratori, della popolazione e dell’ambiente nonchè adottare un proprio Sistema di Gestione della Sicurezza che assicuri il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il controllo sull’attuazione del Sistema di Gestione della Sicurezza è affidata al Dipartimento ARPA competente per territorio; il personale tecnico dell’Agenzia verifica i contenuti del Documento di politica e del S.G.S. attraverso attività ispettive mirate quali ad esempio l’analisi di procedure ed istruzioni operative, le verifiche documentali e le interviste in campo. In provincia di Sondrio è presente un solo stabilimento “a rischio di incidente rilevante”, trattasi di un deposito di gas G.P.L. ed idrocarburi (olio combustibile, gasolio ecc.) ubicato in comune di Villa di Tirano; detto insediamento deve sottostare agli obblighi di cui all’art. 6 del D.Lgs 334/99. RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 61 5.5 AGENTI FISICI (a cura di Carlo Pellegrino) L’ambiente in cui viviamo è interessato da forme di inquinamento di natura fisica, sia di origine naturale che derivanti da attività umane. Tali forme di inquinamento vengono generalmente indicate come “Agenti Fisici”. In tale ambito, le più diffuse sono: • la radioattività, sia artificiale che naturale (in particolare il Radon); • il rumore; • i campi elettromagnetici, a basse ed alte frequenze. L’antropizzazione e l’impiego di tecnologie sempre più evolute per la produzione ed il trasporto dell’energia, per la mobilità, per le telecomunicazioni, nonché in ogni settore produttivo, fanno sì che ogni individuo sia, in qualche misura, esposto agli agenti fisici. Si tratta pertanto di inquinanti estremamente diffusi e, come tali, degni di attenzione sia in termini di monitoraggio che di controllo, per garantire il rispetto dei limiti di esposizione stabiliti dalle vigenti normative. 5.5.1. LA RADIOATTIVITÀ Nell’anno 2004 il Dipartimento ARPA di Sondrio ha concorso alla realizzazione del programma regionale di monitoraggio della radioattività negli alimenti. In collaborazione con la A.S.L. della Provincia di Sondrio, è stato seguito il seguente programma di campionamento: MATRICE Frequenza di campionamento latte vaccino fresco settimanale frutta settimanale carne bovina mensile pasta trimestrale farina trimestrale Un dato significativo è la concentrazione di Cesio-137 nel latte fresco di due importanti latterie sociali. Concentrazione di Cesio 137 nel latte fresco - Anno 2004 Inoltre, sono state campionate alcune matrici ambientali ed in particolare: deposizione umida e secca (fall-out) e acqua potabile filtrata su resina. RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI 62 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 Nel grafico sono rappresentati i valori della deposizione per i due radioisotopi, Cesio 137 e Berillio 7 Il Dipartimento di Sondrio ha partecipato alla campagna regionale di misura delle concentrazioni di Radon Indoor, finalizzata alla individuazione delle “Aree ad elevata probabilità di alte concentrazioni di Radon”, gestendo, in collaborazione con la A.S.L. della Provincia di Sondrio ed i comuni coinvolti, il posizionamento dei rivelatori in 425 punti di misura. IL RADON COS’È IL RADON Il radon è un elemento radioattivo naturale, appartenente alla famiglia dei cosiddetti gas nobili o inerti. È incolore, inodore e insapore. In natura esistono tre isotopi del Radon: Rn-219 Rn-220 Rn-222 appartenenti rispettivamente alle famiglie radioattive del U-235, Th-232, U-238. Il più importante, per quantità e vita media, è l’isotopo Rn-222, per semplicità chiamato Radon. DA DOVE VIENE Il radon è presente nel sottosuolo quasi ovunque. Le rocce che hanno un maggiore contenuto di radio (tufi, granito e porfido) possono emanare maggiori quantità di radon, soprattutto se permeabili o fratturate. Viceversa, in una roccia compatta, il radon rimane imprigionato nel materiale. Il radon penetra nelle case attraverso crepe, fessure o punti aperti delle fondamenta. I locali più vicini al suolo sono particolarmente interessati dal fenomeno. EFFETTI SULLA SALUTE Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (International Agency for Research on Cancer) il Radon è classificato “cancerogeno per l’uomo” ed è secondo solo al fumo come causa di tumore polmonare. VALORI DI RIFERIMENTO PER LE ABITAZIONI Raccomandazione Euratom n. 143/90 della Commissione del 21 febbraio 1990 sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al radon in ambienti chiusi (Gazz. Uff. CEE, 27 marzo, L 80). • Per gli edifici esistenti: 400 Bq/m3. • Per gli edifici da costruire: 200 Bq/m3. LA PREVENZIONE Per prevenire elevate concentrazioni di radon negli edifici è necessario ridurre il più possibile la depressione dell’interno della costruzione rispetto al suolo e limitare i punti di infiltrazione. Alcuni metodi sono: Ø depressurizzazione del suolo; Ø ventilazione del vespaio; Ø sigillatura delle vie d’ingresso (crepe, fessure, giunti..); Ø pressurizzazione dell’edificio. RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 63 5.5.2 INQUINAMENTO ACUSTICO Il controllo dell’inquinamento acustico è attribuito dalla vigente normativa agli Enti Locali, che si avvalgono del supporto tecnico dell’ARPA per le misurazioni. Nel 2004 il Dipartimento di Sondrio ha effettuato 16 indagini per la verifica del rispetto dei limiti in ambiente abitativo su richiesta dei comuni, per un totale di oltre 30 interventi. Inoltre sono state condotte alcune campagne di misura del rumore ambientale tramite il laboratorio mobile in dotazione, per un totale di oltre 4500 ore di misura. è Legge 26 ottobre 1995, n. 447; Legge quadro sull’inquinamento acustico è D.P.C.M. 14 novembre 1997; Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore è D.M. 16 marzo 1998; Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico è Legge Regionale 10 agosto 2001, n. 13; Norme in materia di inquinamento acustico Un dato interessante è lo stato di adozione della classificazione acustica dei Comuni della Provincia di Sondrio. Dai dati disponibili risulta che solo il 37 % dei comuni ha già provveduto. comuni zonizzati 37% comuni non zonizzati 63% La classificazione acustica del territorio comunale, è uno strumento essenziale per il controllo e la prevenzione dell’inquinamento acustico, in quanto rende applicabili i limiti di immissione assoluti e di emissione, unitamente alla previsione di impatto acustico e di clima acustico richieste dalla vigente normativa. RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI 64 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 Normativa di riferimento IL RUMORE COS’È IL RUMORE Onda sonora è una oscillazione meccanica che si propaga in un mezzo elastico (in particolare l’aria) ed è prodotta da un corpo vibrante. Il suono è la sensazione uditiva percepita dagli esseri viventi provvisti dell’organo uditivo (orecchio) e dovuta alle onde sonore. Il termine rumore indica qualunque onda sonora che provochi sull’uomo effetti disturbanti (interferendo con diverse attività umane, come il lavoro, lo studio, lo svago, il riposo, il sonno) o dannosi per la salute. Le onde sonore sono percepite dall’uomo come suono se: Ø hanno frequenza compresa tra circa 20 e circa 20000 Hz Ø hanno intensità superiore ad una soglia che varia con la frequenza dell’onda LE SORGENTI La sorgente più diffusa di inquinamento acustico nei centri urbani è senza dubbio costituita dal traffico autoveicolare, ma non sono da trascurare altre sorgenti quali: Ø ferrovie Ø insediamenti industriali/artigianali Ø centri sportivi e ricreativi Ø discoteche Ø trasporto aereo Ø impianti tecnologici degli edifici ALCUNI VALORI TIPICI ALCUNI VALORI TIPICI 20 dB(A) equivalgono al fruscio di fronde degli alberi. 85 dB(A) rumore prodotto da alcune categorie di motocicli. 30 dB(A) valore tipico in una camera da letto durante la notte. 90 dB(A) rumore di molti automezzi pesanti a 80 km/h. 55 dB(A) livello di una conversazione tranquilla. 100 dB(A) si hanno vicino ad un martello pneumatico. 60 dB(A) rumore rilevabile in un ufficio con diverse persone. 110 dB(A) livello all’interno di molte discoteche. 70 dB(A) rumorosità rilevabile in molti punti delle nostre città. 130 dB(A) soglia del dolore. 75 dB(A) rumore medio esterno di un’automobile (80-120 km/h). 140 dB(A) in prossimità di un aereo a reazione in fase di decollo. EFFETTI SULLA SALUTE Ø effetti uditivi: il danno riguarda l’organo dell’udito ed è rappresentato dalla cosiddetta sordità o ipoacusia; (esposizione prolungata a livelli di rumore elevati). Ø effetti extrauditivi: interessano vari organi e apparati sui quali il rumore agisce indirettamente e possono comparire anche a livelli inferiori rispetto a quelli che determinano un rischio di sordità. VALORI LIMITE ASSOLUTI DI IMMISSIONE IN dB(A) Classi di destinazione d’uso I aree particolarmente protette notturno (22.00 - 6.00) diurno (22.00 - 6.00) 40 50 II aree prevalentemente residenziali 45 55 III aree di tipo misto 50 60 IV aree di intensa attività umana 55 65 V aree prevalentemente industriali 60 70 VI aree esclusivamente industriali 70 70 RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 65 5.5.3 CAMPI ELETTROMAGNETICI Nel campo delle Radio-Frequenze e Microonde, l’attività svolta dal Dipartimento di Sondrio nel 2004 ha comportato l’emissione di: - 35 pareri per nuove SRB 22 pareri per nuovi impianti R-TV 15 pareri per nuovi ponti radio L’attività di controllo dei valori di immissione di campo elettromagnetico RF ha comportato 13 indagini con misurazioni a campo. E’ stato concluso l’iter per il risanamento di 3 siti con superamento dei limiti, mentre per un quarto sito il risanamento non è ancora stato completato. A lato: antenne telefoniche. A sinistra: traliccio per l’energia elettrica Nel campo delle Bassissime Frequenze (ELF) in relazione alla presenza sul territorio di numerosi elettrodotti, sono stati rilasciati 4 pareri per la realizzazione di nuovi edifici in prossimità di elettrodotti e sono state condotte 10 indagini con misurazioni a campo. RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI 66 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 CAMPI ELETTROMAGNETICI CARATTERISTICHE FISICHE DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI Il campo elettromagnetico è costituito da una sovrapposizione di campo elettrico e campo magnetico: Ø I campi elettrici esistono quando è presente una carica elettrica positiva o negativa. Ø I campi magnetici sono generati dal movimento delle cariche elettriche. In particolari condizioni, i due campi interagiscono tra loro formando un’onda elettromagnetica. Le onde elettromagnetiche vengono classificate in base alla loro frequenza (spettro elettromagnetico). Denominazione Sigla frequenza Hz frequenze estremamente basse ELF ≤ 3·103 ≥ 105 frequenze molto basse VLF 3·103 - 3·104 105 - 104 onde lunghe LF 3·104 - 3·105 104 - 103 onde medie MF 3·10 - 3·10 6 103 - 102 onde corte HF 3·106 - 3·107 102 - 10 onde metriche VHF 3·107 - 3·108 10 - 1 onde decimetriche UHF 3·108 - 3·109 1 - 10-1 onde centimetriche SHF 3·109 - 3·1010 10-1 - 10-2 onde millimetriche EHF 3·10 - 3·10 infrarosso IR 3·10 - 3,85·10 visibile VIS 3,85·1014 - 7,5·1014 7,8·10-7 - 4·10-7 ultravioletto UV 7,5·1014 - 3·1016 4·10-7 - 10-8 radiazioni ionizzanti X, γ > 3·1016 < 10-8 Radio frequenze Microonde 5 10 10-2 - 10-3 11 11 lunghezza d’onda m 14 10-3 - 7,8·10-7 LE SORGENTI Esistono numerose tipologie di sorgenti, sia naturali che dovute all’attività dell’uomo. Le più diffuse sono: Ø gli elettrodotti Ø gli impianti per la diffusione radio-TV Ø gli impianti per telefonia cellulare Ø gli elettrodomestici POSSIBILI EFFETTI SULLA SALUTE Non esistono attualmente sufficienti elementi per affermare con certezza che i campi a radiofrequenza e i campi ELF che sperimentiamo nei nostri ambienti di vita inducano o favoriscano il cancro. (Organizzazione Mondiale della Sanità: Promemoria 193/2000 e Promemoria 263/2001) Tuttavia, recenti studi hanno condotto l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) a classificare i campi magnetici ELF come “possibilmente cancerogeni per l’uomo”. Frequenze estremamente basse Radio frequenze e microonde Valori limite di esposizione Valori limite di esposizione Induzione Magnetica frequenza Campo Elettrico 100 µT 100 KHZ - 3 MHz 60 V/m Valore di attenzione (abitazioni) > 3 MHz - 3 GHz 20 V/m Induzione Magnetica > 3 GHz - 300 GHz 40 V/m Valore di attenzione (abitazioni) 10 µT Valori limite e di attenzione in Italia Obiettivo di qualità (nuove abitazioni) frequenza Campo Elettrico Induzione Magnetica 3 MHz - 300 GHz 6 V/m 3 µT RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004 67