rischi naturali e tecnologici

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rischi naturali e tecnologici
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RISCHI NATURALI
E TECNOLOGICI
a cura di Teresa Magnani
Luca Dei Cas, Giovanni Peretti,
Fiorenzo Songini, Carlo Pellegrino
5.1 I CAMBIAMENTI CLIMATICI E GLI EFFETTI SUL TERRITORIO SONDRIESE
(a cura di Teresa Magnani)
La crescente attenzione internazionale sul tema ha portato la Word Meteorogical Organization
(Organizzazione meteorologica mondiale) e la United Nations Environment Program
(Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) a creare nel 1998 un Gruppo intergovernativo
sul cambiamento del clima, denominato IPCC. Il gruppo rappresenta il massimo consesso
mondiale di esperti sul clima, formato da 3000 scienziati chiamati a valutare l’informazione
disponibile nei campi scientifico, tecnico e socio – economico legati ai cambiamenti climatici,
ai possibili impatti dei cambiamenti climatici e alle opzioni di adattamento e mitigazione.
L’IPCC ha ultimato e reso noto il suo Terzo Rapporto di Valutazione; gli scienziati che hanno
collaborato alla stesura del Rapporto sono concordi nel ribadire che il clima terrestre si sta
riscaldando - la temperatura media sulla superficie terrestre è aumentata di circa 0.6 °C
nell’ultimo secolo - e che la maggior parte del riscaldamento osservato è attribuibile alle attività
umane, in particolare alla crescita delle emissioni di gas serra. Per il futuro, ad ogni ulteriore
aumento nella emissione di gas serra potrebbero essere associati altri mutamenti significativi
rispetto al passato come le modificazioni della quantità e del tipo di precipitazioni, l’aumento
del livello del mare ed i cambiamenti nella frequenza e nella quantità degli eventi climatici
estremi (alluvioni, siccità, cicloni, uragani, etc.).
I cambiamenti climatici ormai sono evidenti anche in Italia; le analisi più recenti delle serie
meteorologiche effettuate dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.) mettono infatti
in evidenza che, già oggi, l’andamento dei principali parametri climatici risulta in linea con
quello riscontrato a livello globale dall’IPCC per il 21°secolo. In generale,il clima italiano sta
infatti diventando più caldo e più secco, in particolare nel Sud, a partire dal 1930. Nello stesso
tempo, in tutta l’Italia settentrionale, l’intensità delle precipitazioni è andata crescendo negli
ultimi 60-80 anni, con un aumento del rischio di alluvioni in questa regione,in particolare
nella stagione autunnale quando il rischio alluvioni è massimo. Infine, sempre secondo il
C.N.R., l’innalzamento delle temperature ed il cambiamento del regime delle precipitazioni
avranno serie conseguenze anche sui ghiacciai.
Importanti rilevazioni arrivano anche, di recente, dalla campagna di monitoraggio del
Comitato Glaciologico Italiano che evidenzia come le precipitazioni nevose siano diminuite
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
52 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
PER
APPROFONDIRE:
• APAT. I cambiamenti
climatici. 2004
Sistema nazionale
per la raccolta,
elaborazione e
diffusione di dati
Climatologici di
Interesse Ambientale
– SCIA.
del 20% negli ultimi 20 anni e come il dimezzamento dei ghiacciai italiani nell’arco del secolo
appena concluso porterà nei prossimi anni, in molte zone alpine, a dissesti e frane senza
precedenti.
E’ opportuno sottolineare che non bisogna semplicisticamente ricondurre ogni singolo evento
climatico eccezionale all’effetto serra, ma occorra ragionare sulle tendenze in atto, poiché su
queste occorrerà pianificare gli interventi umani.
Un insieme di ambienti periglaciali caratterizzano anche i settori altitudinali più elevati del
territorio montano della provincia di Sondrio dove le dinamiche climatiche in atto hanno
portato a due episodi di instabilità, uno relativo alla frana del Turweiser ed uno al Ghiacciaio
dei Forni.
5.2 IL GLOBAL CHANGE E LA FRANA DELLA THURWIESER (a cura di Luca Dei Cas)
Nell’intero arco alpino per i volumi coinvolti e le conseguenti trasformazioni nel paesaggio il
dissesto di maggior importanza accaduto nel 2004 è senza dubbio il franamento della parete
sud della Thurwieser.
Il 18 settembre 2004, alle ore 13,40 circa, una grossa fetta del versante sud di Punta Thurwieser
(3.657 m.slm.) si è staccato precipitando, per oltre 1300 metri di quota, lungo la Val Marè nel
territorio del Comune di Valfurva (Vedi carta 1).
La nicchia di frana (Foto 1) ha una culminazione a quota 3.630 m.slm. poco al di sotto del
sottile crinale che congiunge il Passo Thurwieser all’omonima cima. Da qui gran parte della
successione sedimentaria, che costituiva la parete meridionale, è crollata sulla sottostante
vedretta dello Zebrù, dove ha lasciato depositi con pochi decimetri di spessore disposti secondo
una particolare forma a ventaglio (Foto 2) e quindi ha proseguito la sua corsa andandosi a
fermare, pressochè per la quasi totalità, all’interno dell’incisione valliva di Val Marè.
In alto, foto 1: la
nicchia di distacco
presso la cima
della Thurwieser.
Sopra, carta 1:
la collocazione
geografica della
punta Thurwieser
Foto 2: dalla
cima si osserva
il deposito
a ventaglio
lasciato sulla
parte terminale
della lingua
A livello geologico strutturale il bacino della Val Marè è caratterizzato dalla presenza (fra quota
2450 m.slm. e 2550 m.slm.) della conosciutissima Linea dello Zebrù, lineamento di carattere
regionale che separa le sottostanti rocce metamorfiche della Falda Campo dalle soprastanti
rocce sedimentarie delle Falda Ortles.
La piramide della Thurwieser è costituita da rocce appartenenti alla Falda Ortles e più in
particolare dalla formazione che i geologi denominano della Dolomia del Cristallo. Salendo
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
53
Foto 3, a sinistra:
in rosso la traccia
di salita mentre con
i pallini gialli sono
indicati i punti
oggetto di
rilevamento.
Foto 4, a lato sopra:
ripresa effettuata
dall’elicottero.
Foto 5, a lato sotto:
la picozza, posta
in adiacenza alla
sottile lama di
ghiaccio, permette
di comprendere
le dimensioni
del masso
lungo le ripide pareti (Foto 3) si possono notare alternanze di strati di dolomia grigio scura
e di calcari neri con intercalazioni di strati di argilliti e subordinatamente calcari marnosi
giallastri e brecce di colore nero.
Le giaciture della stratificazione rilevate lungo la spalla nord orientale della Thurwieser, fra le
quote 3580 m.slm. e 3625 m.slm., mostrano immersioni sud –sudest con inclinazione compresa
fra 10° e 45°. Sulla cima (quota 3657 m.slm.) le misure effettuate hanno sostanzialmente
confermato la stratificazione delle dolomie (da 160 X 30° a 120 X 10°) evidenziando due
sistemi di fratture dominanti (K1 = 70 X 70° e K2 = 10 X 45°) con immersione settentrionale.
Spostandosi lungo il crinale che congiunge la Thurwieser al passo dell’Ortles la stratificazione
si modifica ruotando verso una immersione ovest - sudovest (S = 260 X 40°). Lungo la nicchia
di distacco della frana risulta evidentissima la stratificazione, con immersione sudoccidentale,
che ne delimita il fianco sinistro (Foto 4).
Il materiale franato è costituito da blocchi con pezzatura assai eterogenea con massi di volume
decametrico (alcuni dei quali sospinti fin sul sentiero) alternati a pezzature più ridotte sino a
frammenti di roccia fortemente alterata con scarse caratteristiche geomeccaniche.
L’accumulo di frana si è disposto lungo il solco principale della Val Marè con due lobi che
spingendosi in direzione orientale si sono rispettivamente sovrapposti alle creste di morena
(quota 2650 m.slm.) testimonianza della piccola età glaciale (fase di espansione dei ghiacciai
avvenuta fra la metà del XVI secolo e la metà del XIX secolo) ed alla pista forestale che sale al
rifugio V Alpini (quota 2330 m.slm.).
E’ risultato significativo, anche se certamente non risolutivo per l’analisi delle cause, il
ritrovamento di alcuni grossi blocchi (Foto 5) che testimoniano la presenza di ghiaccio nelle
fratture della Punta Thurwieser .
Una dettagliata ricostruzione cartografica (Vedi carta 2) degli areali caratterizzati dall’accumulo
franoso, unitamente ad una suddivisione delle aree in zone di accumulo superiore od inferiore
al metro di potenza, hanno permesso di fornire una attendibile stima del materiale franato in
circa 1 –1,2 milioni di metri cubi. A tal proposito è importante sottolineare che una conferma
di tale volumetria si è avuta anche tramite il confronto delle immagini della zona di nicchia
prima e dopo l’evento del 18 settembre (Foto 6 e 7).
L’individuazione delle cause di frane con queste dimensioni appare sempre operazione
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
54 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
Foto 6, in alto:
vista della parete sud
nel giugno 2002
(Foto L. Martinelli).
Foto 7, sopra: vista
della parete sud nel
luglio 2005
Carta 2
difficoltosa e da effettuare con successivi step
d’approfondimento. Anzitutto, vista la notevole
attività sismica dell’area del bormiese, non
ultima quella degli inverni 1999 e 2000, si è
teso a valutare il legame con possibili eventi di
tal tipo. L’analisi dei dati del sismografo digitale
della Stazione di Campo dei Fiori evidenzia un
modesto rumore di fondo nell’area della Val
Zebrù in coincidenza con la caduta della frana;
tale valore risulta essere l’effetto più che la causa
del rockfall.
I dati delle più vicine stazioni meteorologiche,
gestite dal Centro di Monitoraggio Geologico,
permettono di avere ulteriori ed importanti
dati. In particolare l’analisi di quanto
registrato dalle stazioni ubicate all’interno
del territorio comunale di Valfurva (Ruinon
quota 2.140 m.slm. e Prese Frodolfo quota
1.250 m.slm.) ci indica una situazione di
modeste precipitazioni nella settimana
precedente
l’evento
con
temperature
minime compatibili, nell’area di frana, con
eventi nevosi nelle giornate del 15 e del 16
settembre. La significativa escursione termica
del 17 settembre e soprattutto della mattina
del 18 settembre, con un rialzo di circa 14°C
fra l’alba e le ore 14,00, hanno sicuramente
contribuito a sciogliere il modesto spessore
nevoso.
È però evidente che i dati di temperatura e
piovosità della settimana precedente l’evento
possono al massimo contribuire al distacco ma non possono essere certamente considerati
fattori scatenanti.
Viceversa la causa di una così imponente frana in roccia potrebbe essere ricercata nei
cambiamenti climatici che da ormai alcuni anni stanno riducendo il permafrost presente alle
quote più elevate delle nostre montagne.
Come noto, dalla fine della Piccola Età Glaciale, circa 150 anni fa, sulle Alpi stiamo assistendo
ad un progressivo incremento termico, stimato come medio globale in circa 1°C (Mercalli,
2002), che ha, come testimonianza più evidente, il ritiro dei grandi apparati glaciali. A titolo
di esempio si ricorda che nella limitrofa Val Cedec la fronte del conosciutissimo ghiacciaio dei
Forni è arretrata di alcuni chilometri passando da 2178 m.slm di metà ottocento agli oltre 2500
m.slm. attuali. Più in generale si stima (Haeberli et al., 2002) che per la catena alpina si sia
verificata fra il 1850 e il 1980 una riduzione del 40-50 % di superfici e volumi dei ghiacciai.
Analogamente a quanto avviene per i ghiacciai, il cambiamento climatico sta determinando
una riduzione delle superfici interessate dal permafrost che, secondo la definizione di Brown e
Pewè, è “qualsiasi terreno che rimane al di sotto della temperatura di 0° C per più di due anni”.
Il permafrost occupa circa il 26% della superficie terrestre e nella vicina Svizzera, territorio
morfologicamente similare all’area da noi considerata, copre non meno del 5% della superficie
nazionale. L’area di nicchia della frana della Thurwieser, secondo quanto contenuto nella
Carta della Criosfera edita nel 2000 dalla Regione Lombardia, rientra nelle aree “potenziali
sede di permafrost”.
Recenti studi mostrano che il riscaldamento globale comporta repentini aumenti di
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
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Stazione Ruinon
(2.140 mslm.)
T minima °C
T max °C
Escursione Termica °C
Piogge cumulate mm
Stazione Prese Frodolfo
(1.250 mslm.)
T minima °C
T max °C
Escursione Termica °C
Piogge cumulate mm
11/9/04
12/9/04
13/9/04
14/9/04
15/9/04
16/9/04
17/9/04
18/9/04
4,8
15,6
10,8
0,2
4,8
10,3
5,5
13,6
4,0
8,5
4,5
0,0
3,0
9,3
6,3
13,2
1,7
10,7
9,0
9,4
0
8,5
8,5
9,8
0,7
13,5
12,8
0,0
2,2
16,1
13,9
0,0
11/9/04
12/9/04
13/9/04
14/9/04
15/9/04
16/9/04
17/9/04
18/9/04
10,3
19,5
9,2
0,0
9,1
12,0
2,9
11,0
8,5
14,0
5,5
0,0
6,8
13,9
7,1
10,2
6,3
13,2
6,9
9,4
5,3
11,6
6,3
4,2
4,7
15,4
10,7
0,0
5,3
16,9
11,6
0,0
temperatura del permafrost.
Nella zona del Corvatsch, poco sopra l’abitato di St. Moritz, i dati relativi ad una perforazione
hanno evidenziato un innalzamento della temperatura del permafrost compreso da 0,5°C a 1°C
negli ultimi 15 anni, a fronte di un aumento medio della temperatura di poco più di 0,2°C.
In prossimità del Passo dello Stelvio, a poco più di 5 chilometri in linea d’aria dalla Punta della
Thurwieser, è stata eseguito nel 1998 dal Dr. M. Guglielmin, grazie ai finanziamenti del progetto
europeo Permafrost and Climate in Europe, un sondaggio posto a 3.000 m.slm. in prossimità del
Livrio. La perforazione, che si è spinta sino ad una profondità di 100 metri, ha riscontrato la
presenza di permafrost. Nelle estati degli anni successivi è stato costantemente monitorato il
profilo termico del foro eseguito e si è così potuto osservare che fra l’estate del 2000 e gli anni
successivi vi è stato un incremento termico, a 10 – 12 metri di profondità, di circa 1°C.
Questi dati ci mostrano come sia assolutamente probabile che nella cima di Punta Thurwieser
fosse presente il permafrost e che, analogamente a quanto avvenuto nella limitrofa area dello
Stelvio, il susseguirsi di periodI caldi abbia contribuito ad uno “scongelamento” del permafrost.
Alla degradazione in profondità del pemafrost è quindi da imputarsi una diminuzione delle
forze resistenti ed il conseguente collasso di punta Thurwieser.
L’enorme accumulo franoso, intasando l’incisione valliva, ha provocato lo scorrimento
“ipogeo” del torrente di Val Marè per circa 200 metri.
Nel corso dell’autunno 2004 il grande accumulo di frana ha avuto
delle modeste rimobilizzazioni (Foto 8 e 9) in concomitanza con
eventi climatici che hanno aumentato il deflusso nella Val Marè.
È evidente che fino all’instaurarsi di una completa situazione di stabilità
dell’accumulo fenomeni di piovosità eccezionale potranno contribuire
ad una rimobilizzazione dello stesso all’interno del bacino di Val Marè.
In prossimità della cima i crolli, che si manifestavano con grande
frequenza nelle settimane successive la frana, hanno notevolmente
ridotto la propria intensità mentre il fianco orientale della montagna
presenta ancora numerose situazioni di criticità localizzata.
Poichè sulle Alpi italiane, a quote di 3000 - 3200 m.slm., il permafrost
è caratterizzato da temperature assai prossime allo 0°C è evidente
che variazioni anche contenute del regime termico potrebbero avere
conseguenze estremamente negative e porre a rischi di collasso interi
versanti.
Lo studio e l’approfondimento di fenomeni come quello della
Thurwieser rappresentano elemento basilare per aumentare le
conoscenze e poter formulare ragionevoli ipotesi, in relazione all’attuale
cambiamento climatico, sull’evoluzione dei territori di alta montagna.
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
56 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
Foto 8, sotto:
ripresa dell’accumulo,
effettuata dall’elicottero nel settembre
2004, che interrompe
la carrozzabile per
il rifugio V Alpini.
Foto 9, in basso:
ripresa della
medesima area (luglio
2005) con evidenza
del debris flow
avvenuto
nell’autunno
IL
CENTRO DI
MONITORAGGIO GEOLOGICO
Il Centro Monitoraggio Geologico è una struttura specialistica di ARPA LOMBARDIA che ha il
compito di controllare le aree instabili, segnalando le eventuali situazioni di rischio geologico alle
istituzioni ed agli organi competenti per la prevenzione dei dissesti e la protezione dei cittadini.
La struttura, trasferita ad ARPA Lombardia dal 1° aprile 2003, acquisisce ed elabora i dati
registrati dalle reti di controllo esistenti, progetta reti di monitoraggio per nuove aree instabili,
supporta con consulenze specialistiche gli enti locali che si trovino a gestire situazioni di
dissesto del territorio.
I tecnici del Centro di Sondrio monitorano costantemente alcuni fenomeni franosi,
avvalendosi di sistemi di controllo diversificati ed ottenendo così informazioni importanti su
entità, direzione e tipologia delle frane oggetto di attenzione.
I dati acquisiti dalle reti di monitoraggio – in gran parte trasmessi via radio dalle stazioni sparse
sul territorio alla sede centrale – vengono analizzati ed interpretati in tempo reale da un Sistema
Informativo Decisionale che evidenzia le variazioni di misura significative e segnala, se del caso
e sulla base di soglie predefinite, lo stato di attenzione, di preallarme o di allarme.
Se le informazioni e i dati risultano confermati, il Centro Monitoraggio Geologico comunica
la situazione delle aree monitorate alla Protezione Civile ed agli organi competenti perché si
attivino nelle loro procedure d’intervento.
Le aree attualmente controllate dal Centro di Monitoraggio Geologico sono complessivamente
sedici, di cui sette dotate di trasmissione automatica dei dati. Per le rimanenti i dati sono
acquisiti manualmente da operatori specializzati.
Altri sistemi di monitoraggio, con l’impiego di tecniche innovative soprattutto in termini di
facilità di gestione delle informazioni, sono in corso di progettazione e installazione in varie
provincie delle Lombardia.
AREE AD ACQUISIZIONE AUTOMATICA E MANUALE
• Frana di Val Pola (Alta Valtellina - Sondrio)
• Frane della Val Torreggio (Valmalenco -Sondrio)
• Zona Ciudee Campo Franscia (Valmalenco-Sondrio)
• Frana di Valle di Saviore (Saviore dell’Adamello - Brescia)
• Frana di Spriana (Valmalenco - Sondrio)
• Zona di Semogo (Valdidentro - Sondrio)
• Frana del Ruinon (Valfurva - Sondrio)
LE AREE
MONITORATE
AREE AD ACQUISIZIONE MANUALE
• Frana di Presure (Valdisotto - Sondrio)
• Frana di Suena (Valdisotto - Sondrio)
• Zona di Oultoir (Valdisotto - Sondrio)
• Zona Baite Boero (Valdisotto - Sondrio)
• Frana di Bema (Val Gerola - Sondrio)
• Zona di Bagni Masino (Valmasino -Sondrio)
• Frana Sasso del Cane (Valmalenco -Sondrio)
• Frana del Monte Letè (Dorio - Lecco)
• Frana del Monte Il Pizzo (Branzi-Bergamo)
• Frana della Pruna (Val Tartano – Sondrio)
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
57
IL
CENTRO
NIVO METEOROLOGICO
DI
BORMIO
Il Centro Nivo-Meteorologico di ARPA Lombardia situato a Bormio
è una struttura che monitora la situazione meteorologica alpina e
nivologica della Valtellina e della montagna lombarda.
6
7
Il Centro di Bormio è parte integrante del Servizio Meteorologico
Regionale, che dal gennaio 2004 rappresenta una peculiare attività
di ARPA Lombardia, anche a supporto del Centro Funzionale
Regionale della Protezione Civile.
8
10
14 13
12
11
5
18
20 16
4
3 9
25
1
2 24
15 22
17 19 23
21
Emette regolarmente un bollettino di dettaglio sulle condizioni
meteorologiche alpine e sullo stato della neve, relativamente
all’intero arco alpino lombardo.
Durante la stagione invernale diffonde anche un bollettino sul
pericolo di valanghe.
I tecnici del centro effettuano inoltre sopralluoghi e producono
relazioni in caso di incidenti derivanti da valanghe, ed esprimono pareri
– a richiesta di terzi – su interventi infrastrutturali di protezione delle
RETE MANUALE
n.
Sigla
Stazione
Prov.
Quota
Ente collaboratore
1
AMA
Aprica Magnolta
2
APR
Aprica Paese
SO
1870
Soc. Impianti
SO
1180
Privato
3
BOR
4
CAN
Bormio 2000
SO
1960
Soc. Impianti
Cancano
SO
1940
A.E.M.
5
6
CMO
Campo Moro
SO
1970
E.N.E.L.
SRO
Livigno S. Rocco
SO
1865
A.E.M.
7
8
MAD
Madesimo
SO
1550
E.N.E.L.
MAT
Madesimo Mater
SO
1860
Soc. Impianti
9
SCA
S. Caterina Valfurva
SO
2135
Privato
10
TRO
Trona
SO
1800
E.N.E.L.
11
VGE
Valgerola
SO
1840
Soc. Impianti
12
VAM
Valmasino
SO
1000
Privato
13
ART
Artavaggio
LC
1650
Privato
14
APR
S. Primo
CO
1075
Privato
15
BAR
Barbellino
BG
1880
E.N.E.L.
16
CAR
Carona
BG
1850
E.N.E.L.
17
POL
Colere M. Polz.
BG
1580
Soc. Impianti
18
FOP
Foppolo
BG
1695
Soc. Impianti
19
LIZ
Lizzola
BG
1560
Soc. Impianti
20
VAL
Valleve S. Simone
BG
1650
Soc. Impianti
21
GAV
Gaver Bagolino
BS
1480
Soc. Impianti
22
LAR
Lago d’Arno
BS
1820
E.N.E.L.
23
MCA
Montecampione
BS
1750
Soc. Impianti
24
PAN
Pantano d’Avio
BS
2390
E.N.E.L.
25
PLE
Ponte di Legno
BS
1600
CNSAS - Comune
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
58 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
L’ingresso del centro
nivo metereologico
di Bormio
6
abitazioni o sulla realizzazione di impianti di risalita e di piste da sci.
I contenuti informativi per la redazione dei bollettini soni ricavati da
una serie di dati provenienti da stazioni di rilevamento in dotazione
alla struttura, sia manuali che automatiche.
La rete manuale è costituita da 25 stazioni ubicate tra i 1500 e
2000 metri di quota nelle province di Sondrio, Bergamo, Brescia,
Como e Lecco.
Numerosi rilevatori compiono osservazioni giornaliere dei principali
parametri meteorologici e nivometrici; i dati, opportunamente
codificati, vengono poi trasmessi al Centro di Bormio per l’analisi e
l’elaborazione e per la divulgazione e l’archiviazione in data base.
La rete automatica è invece costituita da 7 stazioni. In prossimità
della località di Vallaccia sono installate anche tre Stazioni
termometriche al Suolo dedicate allo studio dei rock-glaciers. Si
tratta di piccoli ghiacciai, che permangono a quote relativamente
basse, ormai completamente ricoperti da pietre e rocce. Essi
sono ancora attivi, se pur al minimo livello, e sono ottimi indicatori
climatici, oltre che significative riserve d’acqua.
5
3
7
1
2
4
RETI AUTOMATICHE
Prov.
Quota
Longitudine
Latitudine
Esposizione
1. Valgerola
Stazione
SO
1840
09 36’ 00”
46 02’ 00”
N
2. Carona Carisole
BG
1950
09 47’ 01”
46 01’ 50”
S-W
3. Palù
SO
2100
09 52’ 10”
46 18’ 25”
N-E
4. Aprica Magnolta
SO
1960
10 08’ 58”
46 07’ 57”
N-W
5. Oga S. Colombano
SO
2290
10 18’ 07”
46 27’ 40”
N-W
6. Vallaccia
SO
2650
10 12’ 20”
46 28’ 40”
N-W
7. Pantano d’Avio
BS
2100
10 28’ 15”
46 10’ 30”
N
Il Centro Nivo-Meteorologico dell’ARPA e l’attuale servizio Informativo Territoriale (S. I.T.) della
Regione hanno iniziato fin dal 1990 una stretta collaborazione finalizzata alla realizzazione
di una carta tematica denominata Carta di Localizzazione Probabile delle Valanghe, per
l’intero territorio montano lombardo. Scopo di questo lavoro di ricerca ed indagine è quello
di fornire alle amministrazioni locali e agli enti che si occupano di pianificazione territoriale
una documentazione di base che permetta di individuare le aree interessate con una certa
frequenza da fenomeni valanghivi, e quindi di prevenirli per quanto è possibile.
Finora risultano rilevati e digitalizzati oltre 700.000 ettari, pari a circa il 70% del territorio
montano lombardo.
PER
APPROFONDIRE:
www.
arpalombardia.it
GLI INCIDENTI DA VALANGA IN LOMBARDIA NELLA STAGIONE 2004 - 2005
In tema di controlli dei fenomeni valanghivi, la stagione invernale 2004-2005 sulle montagne
della regione Lombardia si è rivelata particolarmente “fortunata” dal punto di vista delle
valanghe e delle conseguenze per l’uomo che esse possono provocare.
Dato lo scarso innevamento, nella nostra regione si sono verificati solamente 4 incidenti
da valanga che hanno coinvolto in totale 5 persone. Di esse, quattro sono rimaste illese e
solamente una ferita. In questa stagione non vi sono stati incidenti mortali.
Le categorie coinvolte sono state prevalentemente gli sci alpinisti e, solo in un caso, sciatori
fuori pista (con snowboard). In tre incidenti l’indice di pericolo della scala europea è stata di
Grado 2, mentre in uno di Grado 3.
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
59
5.3 IL SERACCO DI GHIACCIO DEL SAN MATTEO (GRUPPO ORTLES-CEVEDALE)
(a cura di Giovanni Peretti)
Durante la stagione invernale 2004-2005 si è messo in movimento, causa la forza di gravità,
un enorme seracco sulla parete nord del Monte San Matteo nel bacino dei Forni in Valfurva
(Gruppo Ortles-Cevedale).
Il seracco è un blocco di ghiaccio isolato formato dall’intersezione di più crepacci. Diffusi sui
versanti settentrionali, i seracchi si presentano spesso come masse di ghiaccio sospese su ripide
pareti. Da sempre costituiscono uno dei maggiori rischi per gli alpinisti e spesso mettono in
pericolo anche le infrastrutture poste a quote più basse. Il loro crollo è legato alla dinamica
dei ghiacciai, in particolare di quelli sospesi su gradini rocciosi o ancorati a ripide pareti. Sono
quindi sensibili ai cambiamenti meteoclimatici, soprattutto per quanto riguarda l’incremento
dell’acqua al contatto ghiaccio-roccia derivante da un aumento della fusione o anche da
precipitazioni liquide ad alta quota.
La nota evoluzione climatica in atto favorisce lo svilupparsi di fenomeni del genere.
Le Alpi infatti sono state interessate ultimamente da numerosi eventi di dissesto che solo in
pochi casi, fortunatamente, hanno provocato danni. Basti ricordare il crollo del seracco del
Mont Blanc de Tacul sul Monte Bianco e quello del Monte Rosa (sulla parete est, versante di
Macugnaga) che ha sfiorato il Rifugio Zamboni-Zappa, oppure sulla via normale della Punta
Gnifetti.
Sulla parete nord del San Matteo (3678 m), comune di Valfurva di Sondrio, è sospeso un
seracco di notevoli dimensioni, la cui evoluzione si è accelerata nell’ultimo anno con
un’evidente gigantesca frattura che ne disloca il settore superiore.
Dopo la prima segnalazione da parte degli operatori del Servizio Glaciologico Lombardo, che
hanno segnalato la potenziale pericolosità della situazione, è iniziato, sempre ad opera dello
stesso Servizio, un monitoraggio fotografico e topografico. L’interesse scientifico ma anche
applicativo del fenomeno ha poi suggerito un monitoraggio con strumentazione più avanzata,
soprattutto per delineare le esatte caratteristiche geometriche della massa di ghiaccio. E’ così
nata una collaborazione fra ARPA-Lombardia e vari enti (Università di Milano, Università di
Brescia, AEM, Parco Nazionale dello Stelvio, Comitato Glaciologico Italiano) che porterà,
nell’anno in corso, a rilievi del seracco eseguiti con laser scanner RIEGL. Si tratta di uno
strumento topografico di concezione avanzata che permette una restituzione tridimensionale
estremamente dettagliata e quantitativa di un corpo. I primi risultati dell’elaborazione dei
dati hanno permesso di delineare con esattezza le dimensioni del seracco: 15.000 mq di
superficie; 50 m di altezza; 780.000 mc di materiale; inoltre hanno permesso di evidenziare
uno spostamento verso il basso di circa 5 m della massa di ghiaccio, che tende anche a ruotare
in senso orario, confermando le misure eseguite con strumenti tradizionali. Ulteriori rilievi,
sempre previsti con la collaborazione tra ARPA e i citati Enti, uniti al proseguimento delle
misure topografiche (con stazione totale Leica) e del monitoraggio fotografico, potranno
mettere in evidenza o meno un’accelerazione della velocità del seracco e permettere la
formulazione di ipotesi sulla sua evoluzione.
Panorama
del S.Matteo
5.4 I RISCHI DI INCIDENTE RILEVANTE
(a cura di Fiorenzo Songini)
L’Arpa della Lombardia ricopre un ruolo fondamentale all’interno del programma di
monitoraggio delle industrie a rischio di incidente rilevante: l’Agenzia, in collaborazione con
i Vigili del Fuoco, effettua per conto della Regione Lombardia, le verifiche ispettive presso
questo tipo di stabilimenti.
Per incidente rilevante si intende “un evento, quale un’emissione, un incendio o una
esplosione di grande entità dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l’attività
di uno stabilimento e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute
umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una
o più sostanze pericolose.”
Le aziende sono considerate a maggiore o minore rischio, e quindi sottoposte ad obblighi più
o meno onerosi, in rapporto alla quantità e pericolosità delle sostanze che sono presenti in
deposito o utilizzate nei cicli produttivi.
L’attività di tali industrie è regolata da una specifica normativa: il Decreto Legislativo 17 agosto
1999, n. 334, con il quale è stata recepita la Direttiva europea n. 82 del dicembre 1996 nota
come “direttiva Seveso2”, i decreti di attuazione dello stesso e, limitatamente alla Regione
Lombardia, la Legge Regionale 23 novembre 2001, n. 19.
Tutte le industrie classificate “a rischio di incidente rilevante” devono effettuare un’analisi
di rischio e presentare detto rapporto all’ufficio regionale competente; l’elaborato viene
sottoposto ad istruttoria tecnica per verificare che il gestore abbia correttamente individuato i
pericoli associati alle attività dello stabilimento e abbia messo in atto tutte le misure volte ad
evitare incidenti e/o ridurne gli effetti.
In Lombardia l’istruttoria è effettuata al C.V.R. (Comitato Valutazione Rischi) che è composto
anche di esperti esterni all’amministrazione regionale appartenenti ai VVF, all’ISPELS ed all’ARPA.
Il rapporto di sicurezza deve essere redatto ogni cinque anni ed ogni qualvolta lo stabilimento
sia oggetto di modifica con “aggravio di rischio”; in quest’ultimo caso, prospettandosi una
situazione peggiorativa sotto il profilo della sicurezza, è necessario ottenere dal C.V.R. il nullaosta di fattibilità dell’intervento.
Inoltre, i gestori degli stabilimenti che rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs 334/99
devono inviare al Sindaco del comune di ubicazione dell’azienda una scheda informativa
per la popolazione nella quale vengono esposti i rischi associati alle attività ed i piani di
emergenza; il Sindaco è tenuto poi a divulgarne i contenuti alla popolazione.
Per gli impianti a più alto rischio, e cioè per quelli che ricadono negli obblighi dell’art. 8 del
D.Lgs 334/99, è prevista l’adozione di un Piano di Emergenza Esterno redatto dalla Prefettura
con la collaborazione dei VVF e dell’ARPA finalizzato alla protezione della popolazione
residente nelle vicinanze dello stabilimento, in caso di grave incidente.
I gestori degli stabilimenti “a rischio di incidente rilevante” (artt. 6 e 8 del D.Lgs 334/99)
devono redigere un Documento sulla politica di prevenzione degli incidenti indicando gli
obiettivi che si intende perseguire per la salvaguardia dei lavoratori, della popolazione e
dell’ambiente nonchè adottare un proprio Sistema di Gestione della Sicurezza che assicuri il
raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Il controllo sull’attuazione del Sistema di Gestione della Sicurezza è affidata al Dipartimento
ARPA competente per territorio; il personale tecnico dell’Agenzia verifica i contenuti del
Documento di politica e del S.G.S. attraverso attività ispettive mirate quali ad esempio l’analisi
di procedure ed istruzioni operative, le verifiche documentali e le interviste in campo.
In provincia di Sondrio è presente un solo stabilimento “a rischio di incidente rilevante”,
trattasi di un deposito di gas G.P.L. ed idrocarburi (olio combustibile, gasolio ecc.) ubicato
in comune di Villa di Tirano; detto insediamento deve sottostare agli obblighi di cui all’art. 6
del D.Lgs 334/99.
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
61
5.5 AGENTI FISICI
(a cura di Carlo Pellegrino)
L’ambiente in cui viviamo è interessato da forme di inquinamento di natura fisica, sia di
origine naturale che derivanti da attività umane.
Tali forme di inquinamento vengono generalmente indicate come “Agenti Fisici”.
In tale ambito, le più diffuse sono:
• la radioattività, sia artificiale che naturale (in particolare il Radon);
• il rumore;
• i campi elettromagnetici, a basse ed alte frequenze.
L’antropizzazione e l’impiego di tecnologie sempre più evolute per la produzione ed il
trasporto dell’energia, per la mobilità, per le telecomunicazioni, nonché in ogni settore
produttivo, fanno sì che ogni individuo sia, in qualche misura, esposto agli agenti fisici.
Si tratta pertanto di inquinanti estremamente diffusi e, come tali, degni di attenzione sia in
termini di monitoraggio che di controllo, per garantire il rispetto dei limiti di esposizione
stabiliti dalle vigenti normative.
5.5.1. LA RADIOATTIVITÀ
Nell’anno 2004 il Dipartimento ARPA di Sondrio ha concorso alla realizzazione del
programma regionale di monitoraggio della radioattività negli alimenti.
In collaborazione con la A.S.L. della Provincia di Sondrio, è stato seguito il seguente
programma di campionamento:
MATRICE
Frequenza di campionamento
latte vaccino fresco
settimanale
frutta
settimanale
carne bovina
mensile
pasta
trimestrale
farina
trimestrale
Un dato significativo è la concentrazione di Cesio-137 nel latte fresco di due importanti
latterie sociali.
Concentrazione
di Cesio 137
nel latte fresco
- Anno 2004
Inoltre, sono state campionate alcune matrici ambientali ed in particolare: deposizione umida
e secca (fall-out) e acqua potabile filtrata su resina.
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
62 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
Nel grafico sono
rappresentati
i valori della
deposizione per
i due radioisotopi,
Cesio 137
e Berillio 7
Il Dipartimento di Sondrio ha partecipato alla campagna regionale di misura delle concentrazioni
di Radon Indoor, finalizzata alla individuazione delle “Aree ad elevata probabilità di alte
concentrazioni di Radon”, gestendo, in collaborazione con la A.S.L. della Provincia di Sondrio
ed i comuni coinvolti, il posizionamento dei rivelatori in 425 punti di misura.
IL
RADON
COS’È IL RADON
Il radon è un elemento radioattivo naturale, appartenente alla famiglia dei cosiddetti gas nobili o inerti. È
incolore, inodore e insapore. In natura esistono tre isotopi del Radon: Rn-219 Rn-220 Rn-222 appartenenti
rispettivamente alle famiglie radioattive del U-235, Th-232, U-238. Il più importante, per quantità e vita media, è
l’isotopo Rn-222, per semplicità chiamato Radon.
DA DOVE VIENE
Il radon è presente nel sottosuolo quasi ovunque. Le rocce che hanno un maggiore contenuto di radio (tufi,
granito e porfido) possono emanare maggiori quantità di radon, soprattutto se permeabili o fratturate. Viceversa,
in una roccia compatta, il radon rimane imprigionato nel materiale.
Il radon penetra nelle case attraverso crepe, fessure o punti aperti delle fondamenta. I locali più vicini al suolo
sono particolarmente interessati dal fenomeno.
EFFETTI SULLA SALUTE
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (International Agency for Research on Cancer) il Radon è
classificato “cancerogeno per l’uomo” ed è secondo solo al fumo come causa di tumore polmonare.
VALORI DI RIFERIMENTO
PER LE ABITAZIONI
Raccomandazione Euratom n. 143/90 della
Commissione del 21 febbraio 1990 sulla tutela della
popolazione contro l’esposizione al radon in ambienti
chiusi (Gazz. Uff. CEE, 27 marzo, L 80).
• Per gli edifici esistenti: 400 Bq/m3.
• Per gli edifici da costruire: 200 Bq/m3.
LA PREVENZIONE
Per prevenire elevate concentrazioni di radon
negli edifici è necessario ridurre il più possibile la
depressione dell’interno della costruzione rispetto al
suolo e limitare i punti di infiltrazione.
Alcuni metodi sono:
Ø depressurizzazione del suolo;
Ø ventilazione del vespaio;
Ø sigillatura delle vie d’ingresso (crepe, fessure, giunti..);
Ø pressurizzazione dell’edificio.
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
63
5.5.2 INQUINAMENTO ACUSTICO
Il controllo dell’inquinamento acustico è attribuito dalla vigente normativa agli Enti Locali,
che si avvalgono del supporto tecnico dell’ARPA per le misurazioni.
Nel 2004 il Dipartimento di Sondrio ha effettuato 16 indagini per la verifica del rispetto dei
limiti in ambiente abitativo su richiesta dei comuni, per un totale di oltre 30 interventi.
Inoltre sono state condotte alcune campagne di misura del rumore ambientale tramite il
laboratorio mobile in dotazione, per un totale di oltre 4500 ore di misura.
è
Legge 26 ottobre 1995, n. 447; Legge quadro sull’inquinamento acustico
è
D.P.C.M. 14 novembre 1997; Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore
è
D.M. 16 marzo 1998; Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico
è
Legge Regionale 10 agosto 2001, n. 13; Norme in materia di inquinamento acustico
Un dato interessante è lo stato di adozione della classificazione acustica dei Comuni
della Provincia di Sondrio. Dai dati disponibili risulta che solo il 37 % dei comuni ha già
provveduto.
comuni zonizzati
37%
comuni non zonizzati
63%
La classificazione acustica del territorio comunale, è uno strumento essenziale per il controllo e
la prevenzione dell’inquinamento acustico, in quanto rende applicabili i limiti di immissione
assoluti e di emissione, unitamente alla previsione di impatto acustico e di clima acustico
richieste dalla vigente normativa.
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
64 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
Normativa
di riferimento
IL
RUMORE
COS’È IL RUMORE
Onda sonora è una oscillazione meccanica che si propaga in un mezzo elastico (in
particolare l’aria) ed è prodotta da un corpo vibrante.
Il suono è la sensazione uditiva percepita dagli esseri viventi provvisti dell’organo uditivo
(orecchio) e dovuta alle onde sonore.
Il termine rumore indica qualunque onda sonora che provochi sull’uomo effetti disturbanti
(interferendo con diverse attività umane, come il lavoro, lo studio, lo svago, il riposo, il sonno)
o dannosi per la salute.
Le onde sonore sono percepite dall’uomo come suono se:
Ø hanno frequenza compresa tra circa 20 e circa 20000 Hz
Ø hanno intensità superiore ad una soglia che varia con la frequenza dell’onda
LE SORGENTI
La sorgente più diffusa di inquinamento acustico nei centri urbani è senza dubbio costituita
dal traffico autoveicolare, ma non sono da trascurare altre sorgenti quali:
Ø ferrovie
Ø insediamenti industriali/artigianali
Ø centri sportivi e ricreativi
Ø discoteche
Ø trasporto aereo
Ø impianti tecnologici degli edifici
ALCUNI VALORI TIPICI
ALCUNI VALORI TIPICI
20 dB(A)
equivalgono al fruscio di fronde degli alberi.
85 dB(A)
rumore prodotto da alcune categorie di motocicli.
30 dB(A)
valore tipico in una camera da letto durante la notte.
90 dB(A)
rumore di molti automezzi pesanti a 80 km/h.
55 dB(A)
livello di una conversazione tranquilla.
100 dB(A)
si hanno vicino ad un martello pneumatico.
60 dB(A)
rumore rilevabile in un ufficio con diverse persone.
110 dB(A)
livello all’interno di molte discoteche.
70 dB(A)
rumorosità rilevabile in molti punti delle nostre città.
130 dB(A)
soglia del dolore.
75 dB(A)
rumore medio esterno di un’automobile (80-120 km/h).
140 dB(A)
in prossimità di un aereo a reazione in fase di decollo.
EFFETTI SULLA SALUTE
Ø effetti uditivi: il danno riguarda l’organo dell’udito ed è rappresentato dalla cosiddetta sordità
o ipoacusia; (esposizione prolungata a livelli di rumore elevati).
Ø effetti extrauditivi: interessano vari organi e apparati sui quali il rumore agisce indirettamente e
possono comparire anche a livelli inferiori rispetto a quelli che determinano un rischio di sordità.
VALORI LIMITE ASSOLUTI DI IMMISSIONE IN dB(A)
Classi di destinazione d’uso
I
aree particolarmente protette
notturno
(22.00 - 6.00)
diurno
(22.00 - 6.00)
40
50
II
aree prevalentemente residenziali
45
55
III
aree di tipo misto
50
60
IV
aree di intensa attività umana
55
65
V
aree prevalentemente industriali
60
70
VI
aree esclusivamente industriali
70
70
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
65
5.5.3 CAMPI ELETTROMAGNETICI
Nel campo delle Radio-Frequenze e Microonde, l’attività svolta dal Dipartimento di Sondrio
nel 2004 ha comportato l’emissione di:
-
35 pareri per nuove SRB
22 pareri per nuovi impianti R-TV
15 pareri per nuovi ponti radio
L’attività di controllo dei valori di immissione di campo elettromagnetico RF ha comportato
13 indagini con misurazioni a campo.
E’ stato concluso l’iter per il risanamento di 3 siti con superamento dei limiti, mentre per un
quarto sito il risanamento non è ancora stato completato.
A lato: antenne
telefoniche.
A sinistra: traliccio
per l’energia elettrica
Nel campo delle Bassissime Frequenze (ELF) in relazione alla presenza sul territorio di
numerosi elettrodotti, sono stati rilasciati 4 pareri per la realizzazione di nuovi edifici in
prossimità di elettrodotti e sono state condotte 10 indagini con misurazioni a campo.
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
66 RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
CAMPI
ELETTROMAGNETICI
CARATTERISTICHE FISICHE DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI
Il campo elettromagnetico è costituito da una sovrapposizione di campo elettrico e campo
magnetico:
Ø I campi elettrici esistono quando è presente una carica elettrica positiva o negativa.
Ø I campi magnetici sono generati dal movimento delle cariche elettriche.
In particolari condizioni, i due campi interagiscono tra loro formando un’onda
elettromagnetica.
Le onde elettromagnetiche vengono classificate in base alla loro frequenza (spettro
elettromagnetico).
Denominazione
Sigla
frequenza Hz
frequenze estremamente basse
ELF
≤ 3·103
≥ 105
frequenze molto basse
VLF
3·103 - 3·104
105 - 104
onde lunghe
LF
3·104 - 3·105
104 - 103
onde medie
MF
3·10 - 3·10
6
103 - 102
onde corte
HF
3·106 - 3·107
102 - 10
onde metriche
VHF
3·107 - 3·108
10 - 1
onde decimetriche
UHF
3·108 - 3·109
1 - 10-1
onde centimetriche
SHF
3·109 - 3·1010
10-1 - 10-2
onde millimetriche
EHF
3·10 - 3·10
infrarosso
IR
3·10 - 3,85·10
visibile
VIS
3,85·1014 - 7,5·1014
7,8·10-7 - 4·10-7
ultravioletto
UV
7,5·1014 - 3·1016
4·10-7 - 10-8
radiazioni ionizzanti
X, γ
> 3·1016
< 10-8
Radio frequenze
Microonde
5
10
10-2 - 10-3
11
11
lunghezza d’onda m
14
10-3 - 7,8·10-7
LE SORGENTI
Esistono numerose tipologie di sorgenti, sia naturali che dovute all’attività dell’uomo.
Le più diffuse sono:
Ø gli elettrodotti
Ø gli impianti per la diffusione radio-TV
Ø gli impianti per telefonia cellulare
Ø gli elettrodomestici
POSSIBILI EFFETTI SULLA SALUTE
Non esistono attualmente sufficienti elementi per affermare con certezza che i campi a
radiofrequenza e i campi ELF che sperimentiamo nei nostri ambienti di vita inducano o
favoriscano il cancro.
(Organizzazione Mondiale della Sanità: Promemoria 193/2000 e Promemoria 263/2001)
Tuttavia, recenti studi hanno condotto l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro
(IARC) a classificare i campi magnetici ELF come “possibilmente cancerogeni per l’uomo”.
Frequenze estremamente basse
Radio frequenze e microonde
Valori limite di esposizione
Valori limite di esposizione
Induzione Magnetica
frequenza
Campo Elettrico
100 µT
100 KHZ - 3 MHz
60 V/m
Valore di attenzione (abitazioni)
> 3 MHz - 3 GHz
20 V/m
Induzione Magnetica
> 3 GHz - 300 GHz
40 V/m
Valore di attenzione (abitazioni)
10 µT
Valori limite
e di attenzione
in Italia
Obiettivo di qualità (nuove abitazioni)
frequenza
Campo Elettrico
Induzione Magnetica
3 MHz - 300 GHz
6 V/m
3 µT
RISCHI NATURALI E TECNOLOGICI
RAPPORTO SULLO STATO DELL’AMBIENTE IN PROVINCIA DI SONDRIO - 2004
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