bullismi - Centro Antiviolenza Angelita

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bullismi - Centro Antiviolenza Angelita
BULLISMI
di Giusi Marchetta
BULLISMI
di Giusi Marchetta
BULLISMI
Un po’ alla volta, con la punta della penna, Fabio riesce a
staccare la gomma da masticare dal fondo dei pantaloni. Si
contorce tutto per guardare il suo riflesso nello specchio del
bagno ma non riesce a vedere se è venuta via tutta. Al suo
posto c’è una macchia di inchiostro blu che si allarga e farà
imbestialire sua madre.
Non importa, però. Meglio l’inchiostro della gomma. La gomma
è saliva e sputo. Fa schifo.
Soddisfatto, Fabio si lava le mani. Quando esce nel corridoio
guarda a destra e a sinistra: Mattia è tornato in classe ma
non si sa mai.
Giusi Marchetta è nata a Caserta nel 1982.
È di recente approdata a Torino dopo aver vissuto e lavorato a Napoli.
Finalista al Premio Campiello Giovani e al Premio Loria, nel 2007 ha vinto il Premio
Calvino con “Dai un bacio a chi vuoi tu” (Terre di mezzo, 2007, finalista al Premio Cocito). Ha pubblicato racconti su “Linus”, “Il Mattino”, “Repubblica” e in diverse antologie.
Ha fondato e dirige “AltaInfedeltà”, rivista on-line di attualità, cultura e intercessioni
divine (www.altainfedelta.it).
Attualmente insegna latino e greco a scuola e scrittura nei laboratori. Dalla tragica
esperienza sul campo ha ricavato alcuni racconti e un breve monologo teatrale, “Pillole di scuola”, diretto da Mario Gelardi nell’ambito di “Presente Indicativo”. A febbraio
2010 Terre di mezzo ha pubblicato il suo secondo libro di racconti: “Napoli ore 11”.
La prima media era strana: tutti i compagni erano nuovi e
le maestre si dovevano chiamare professoressa. Il problema
grosso, poi, erano le lezioni lunghe e questo prendere appunti
che significa scrivere senza fermarsi anche quando la mano
comincia a fare male. Ma soprattutto Fabio aveva una cosa
che sua madre chiamava la testa per aria. Non era colpa sua.
Ogni tanto gli veniva una specie di sonno e rimaneva imbambolato a fissare un punto nel vuoto. Certe volte gli si apriva la
bocca e gli colava un po’ di saliva. La professoressa Maimone
urlava e i compagni si mettevano a ridere: allora si svegliava.
Capitava pure che durante la lezione, mentre scriveva sul
quaderno come gli altri, la penna al posto delle parole si
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mettesse a fare disegni. Bottiglie, navi, spade. Un po’ alla
volta Fabio dimenticava di stare in classe.
- Fa. Fa. Fa - lo chiamava Mattia dal banco dietro il suo.
Lui si svegliava, lasciava la penna, si girava.
- Faccia da scemo - finiva lui ad alta voce. Gli altri si mettevano
a ridere e Mattia non la smetteva più: incrociava gli occhi e
apriva la bocca facendo un verso ebete finché la professoressa non lo richiamava. A casa Fabio si metteva davanti allo
specchio e si guardava facendo un’espressione assente, che
somigliasse a quella che aveva quando si imbambolava: gli
sembrava meno scema della faccia di Mattia che lo sfotteva.
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)
Quando suona la campanella Fabio torna a casa, pranza e poi
si mette al tavolo della cucina, con il libro di italiano davanti.
A due passi da lui, mamma stira un centinaio di camicie.
- Posso andare adesso?
- Hai finito tutti i compiti?
- Erano pochi.
- Vai.
Fabio raccoglie libri e quaderni e corre in camera sua. Il computer è un po’ lento ad accendersi da quando ci ha montato
sopra Warcraft III. Lo ha già finito due volte: una con la squadra degli orchi e un’altra con l’esercito degli umani. Adesso
lo sta rigiocando con gli orchi perché è la campagna più divertente. Prima però si connette al forum e controlla se Argot97
ha postato qualcosa di nuovo.
Niente.
Subito Fabio si collega a Facebook. Si è iscritto a tutti i gruppi
di giochi di strategia on-line, almeno a quelli che fa Argot97.
Lui ci gioca da più anni e ne sa tanti. è anche più grande, va
in prima superiore e a Fabio è venuto un colpo quando gli ha
chiesto l’amicizia su Facebook. Gli tremava la mano mentre
accettava e si è subito vergognato dei pochi amici del suo profilo. All’inizio dell’anno ha riprovato a invitare i suoi compagni
di classe ma solo due ragazze hanno accettato.
Lo stato di Argot97, che su Facebook è Gianluca Di Stasio,
annuncia che ha iniziato una nuova campagna di guerra
medievale. Fabio clicca sul mi piace.
La finestra di messenger si apre e un riquadro improvviso lo
avverte che qualcuno lo sta contattando.
Ci sei?
Ci sn.
Smettila.
Argot97 odia quando abbrevia le parole.
Com’è andata con quello stronzo di Mattia oggi?
Così così.
Bene.
☺
Giochiamo?
Sì.
Senza dirselo si disconnettono da messenger e avviano il
gioco on-line. Fabio dimentica Mattia, la scuola, sua madre
e comanda ai suoi orchi di circondare la schiera di soldati di
Gianluca.
Il giorno dopo, appena arriva a scuola, la prima cosa che vede
è il vecchio zaino giallo e blu di Mattia, abbandonato sulle
scale davanti all’ingresso. Fabio accelera, si fa tutto il vialetto
passando a testa bassa in mezzo agli altri ragazzini, cercando
con lo sguardo un bidello o un professore.
C’è solo qualche mamma ma può andare: Fabio si avvicina a
una di loro e aspetta che suoni la campana.
Marcello arriva di corsa: - Ehi, Fabio, vieni: Miriam ci fa vedere
una cosa - dice col fiatone mentre gli tocca la spalla.
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- Dai, vieni.
Fabio non si muove: - No -. Cerca di indovinare che ora è e
quanto deve resistere prima di scappare in classe.
Intanto arrivano anche Marco e Andrea. - Vieni a vedere -.
Lui cerca di irrigidire le gambe per farsi forza.
- Mica sei frocio? - dice Marco e fa segno toccandosi l’orecchio.
Fabio inghiotte saliva. Ora deve andare. - No - dice e li segue
sul retro della scuola.
C’è Miriam e ci sono le compagne. Urlano e scappano verso
di loro. Mattia le insegue ridendo. Marco e Andrea afferrano
Fabio per le braccia e le compagne si mettono alle loro spalle.
Adesso è tutto chiaro: è verso di lui che Mattia sta correndo.
Fabio comincia a urlare e a fare il pazzo con le braccia e le
gambe, ma non riesce a liberarsi. Mattia si sta avvicinando
con una povera lucertola tra le mani: anche lei si dimena con
le zampe e la coda, ma la stretta è troppo forte e non ce la
fa a scappare.
- Apri la bocca, vediamo se ti piace - dice Mattia. Con tutte le
sue forze Fabio tiene bassa la testa e si morde le labbra.
- Più fermo! - urla Mattia ai compagni. Loro però fanno il contrario: mollano Fabio e scappano perché Boscolo, il vicepreside,
ha appena svoltato l’angolo e li fissa.
- Che state combinando? - urla. è un omaccione grosso e barbuto e tutti a scuola hanno paura di lui.
- Cazzo.
Mattia butta la lucertola nel prato. è tardi. Boscolo gli ha già
afferrato una spalla.
- Mattia!
- Non ho fatto niente.
Boscolo lo tiene per un braccio. Lo guarda come se fosse la
cosa più triste sulla faccia della terra. E la più disgustosa.
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Poi si gira verso Fabio.
- Stai bene?
Lui si lecca il sangue dal labbro e fa sì con la testa.
Da quando Mattia è costretto a seguire Educazione Stradale
il pomeriggio, per Fabio anche le ore di approfondimento sono
diventate un incubo. Per fortuna oggi non s’è ancora visto e
Boscolo comincia la lezione.
- Ecco un disegnatore nato - dice, quando Fabio gli fa vedere il
quaderno degli appunti. Lui arrossisce un po’.
In quel momento entra la professoressa Maimone. Si avvicina
a Boscolo e gli appoggia una mano sulla spalla.
- C’è la mamma di Mattia - dice. - Vai, resto io con i ragazzi.
Il vicepreside esce e Fabio torna a posto. Non riesce a disegnare più, però. Chiede alla Maimone di uscire e invece di
andare in bagno sale al piano di sopra, verso la presidenza. A
metà delle scale si blocca, il cuore gli arriva in gola: è la voce
di Mattia, questa.
Viene dalla saletta che precede l’ufficio del vicepreside: è il
posto dove ti fanno aspettare quando hai combinato qualche
guaio e ti portano da Boscolo. In genere ti siedi sulla panchetta assieme agli altri che aspettano, alunni o professori,
perché il vicepreside è molto impegnato e si fa sempre la fila.
Per un momento Fabio è tentato di tornare in classe. Senza
far rumore, un passo alla volta si avvicina alla porta.
- Ridi? Ridi? Bestia! - dice Mattia. Seguono delle risate non
sue. Sono come grugniti che escono a singhiozzo e Fabio ci
pensa un attimo, poi si sporge a guardare.
Seduti sulla panchetta ci sono Mattia e un bambino strambo:
ha la faccia larga, gli occhi schiacciati, la bocca che si piega
male.
Ride e sbava.
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Ma che è, handicappato?
Sì.
Ahahahahahahah. è bellissima.
:D
Fabio sorride. è contento che Argot97 veda in faccia Mattia
finalmente.
E adesso?
?
Che ci fai?
Niente.
Niente?
Fabio riguarda la foto: la faccia di Mattia è mostruosa. Anche
l’altra però non scherza.
Ho un’idea.
Ci vuole mezz’ora per metterla in pratica. Poi Argot97 gli invia
un trillo e Fabio torna su messenger.
Che ne pensi?
Fabio guarda la foto che Argot97 gli ha inviato e comincia a
ridere.
A casa, la prima cosa che fa è cercare Argot97 su messenger.
Che roba è?
Una foto.
Che foto?
Guarda.
Pensava che non fosse uscito niente. Invece in macchina Fabio ha aperto la galleria delle immagini e ci ha trovato la foto.
è un po’ sfocata ma si vedono benissimo la faccia di Mattia e
quella dell’altro ragazzino strambo.
è lui! Lo stronzo.
E quell’altro?
Non lo so. Il fratello forse.
Dopo una settimana la scuola non è più la stessa, cambia.
Una mattina come tante, nell’ora di Geografia Mattia fa la
solita scenetta dello sguardo ebete e la classe scoppia a ridere. A differenza di tante altre mattine, però, Fabio non se la
prende: non stanno ridendo di lui. Mattia invece ci mette un
po’ a capire.
Un dubbio gli viene un paio di giorni dopo quando sente un
paio di ragazzini ridacchiare mentre va a prendersi un pacco
di patatine alla macchinetta.
Una mattina durante l’intervallo, mentre gira al secondo piano, becca una piccola folla in mezzo al corridoio.
)
- La finisci di ridere, bestia? La finisci?
Mattia gli è proprio davanti e Fabio fa un passo indietro, ma
non c’è bisogno: il compagno è così preso dall’altro bambino
che non l’ha visto. Adesso gli si mette accanto, deforma la
faccia tirando su il naso e storcendo la bocca. Ride imitando
la risata dell’altro.
Fabio non ci pensa. Tira fuori il cellulare, lo alza con mano
tremante e scatta una foto. Non aspetta neanche di vedere
se è uscita, corre per il corridoio fino alle scale, fino in classe.
Torna al suo posto e riprende la matita in mano. Si sente il
cellulare in tasca come una cosa nuova che prima non c’era.
Dopo una decina di minuti sulla porta compaiono Boscolo e
una signora.
- Fabio - lo chiama il vicepreside. - Vieni un momento qui.
Lui obbedisce. Boscolo gli mette una mano sulla spalla.
- Lui è Fabio.
La donna sorride. Ha gli stessi occhi verdi di Mattia e il suo
naso affilato. Si china su di lui e gli accarezza una guancia. - Sei un ragazzo coraggioso - dice.
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C’è uno di II C che deforma tutta la faccia tirandosi la pelle
con le mani, storcendo la bocca con un lamento ebete.
I compagni attorno ridono e uno di loro grida:
- è Mattia, tale e quale!
Subito allora Mattia gli salta addosso e inizia a tirare calci
finché gli altri non lo fermano.
- è stato Fabio - piange quello di II C. - Pigliatela con lui.
Ed è vero: tutto è partito da Fabio. Gli è bastato un SMS a
Miriam che ce l’aveva con Mattia perché una volta l’ha toccata
sotto la gonna.
Vuoi vedere una cosa divertente?
Miriam ha dovuto accettare la sua amicizia su Facebook solo
per vedere la foto. Anche gli altri hanno accettato e adesso
Fabio ha sul profilo quasi tutta la classe. Non solo: la voce si è
sparsa per tutta la scuola e ora a chiedergli l’amicizia sono gli
altri anche di seconda e di terza. Tutto per vedere la foto che
è la stessa che Fabio ha fatto quel giorno ma con l’aggiunta
di Argot97. Una scritta sotto le facce di Mattia e del fratello:
indovina chi è l’handicappato?
Appena la campana suona la fine dell’intervallo, Mattia si precipita in palestra. Fabio lo vede correre nella sua direzione
e subito si accovaccia con le braccia sulla testa. Mattia lo
travolge, lo afferra per il colletto della tuta e lo sbatte a terra.
Il professore di Scienze Motorie fischia poi si fa avanti per
dividerli. è inutile, Mattia è una furia: addosso a Fabio cadono
calci e pugni senza fine.
Quando finalmente il professore riesce a separarli afferra Mattia per le braccia, lo solleva di peso e lo trascina nel corridoio.
Fabio si sente un ronzio nella testa e il sangue che gli cola dal
naso. I compagni lo fissano immobili. Nessuno dice niente.
C’è anche Miriam in vicepresidenza.
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Boscolo le ha chiesto il permesso di scorrere la galleria fotografica del cellulare.
Fabio gli siede accanto, con la maglietta sporca di sangue e
moccio. Dall’altra parte della scrivania, Mattia fissa il pavimento.
- è arrivata la madre - annuncia la professoressa Maimone
affacciandosi alla porta.
Boscolo appoggia il cellulare sul tavolo. La madre di Mattia va
direttamente verso il figlio e lo strattona per la spalla.
- Quando la smetterai?
Fabio guarda il vicepreside che sta per aprire bocca. Mattia
però non gli lascia il tempo: tira fuori un urlo altissimo, come
quello di una bestia ferita. Si alza e spinge sua madre con
tutta la forza che ha. Boscolo si fa avanti ma non riesce ad
afferrarlo. Mattia prende a calci la scrivania, le sedie, non
smette di urlare.
- Lasciami stare hai capito? Lasciami stare!
Miriam corre a nascondersi dietro al vicepreside che avanza
verso Mattia con le mani alzate. - Calmiamoci adesso.
Fabio ricomincia a tremare. Pensa che da un momento all’altro
Mattia gli salterà addosso e lo farà a pezzi. Succede qualcos’altro invece. Dopo un altro paio di calci alla parete alle
sue spalle, Mattia ci appoggia le mani e ci sbatte la testa. Sua
madre urla. Boscolo scatta in avanti e lo ferma.
- Lasciami - piange Mattia. - Io lo odio. Lo odio!
Il cuore di Fabio gli impazzisce nel petto e si sente svenire
dalla paura. Poi capisce che non ce l’ha con lui.
- Perché l’hai fatto nascere? - piange Mattia. - Lui è handicappato, non io! è lui! Lui!
Sua madre va ad abbracciarlo. Boscolo lo lascia andare, poi si
gira verso Fabio e lo guarda come se fosse la cosa più triste
del mondo. La più disgustosa.
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Il giorno dopo Mattia non viene a scuola. Fabio se ne sta
tutto il giorno nel banco a disegnare. La lezione non la sente.
Nell’intervallo rimane in classe, da solo. Nessuno dei compagni lo viene a cercare.
Boscolo entra e infila il nuovo orario nel registro di classe.
Prima di uscire lo saluta.
“Ci vediamo oggi pomeriggio” dice.
E infatti, anche se Fabio insiste che non ci vuole andare,
mamma lo costringe a salire in macchina e lo accompagna
alla lezione di Educazione Stradale.
Quando arriva, Fabio nota che la classe è più piena del solito:
seduti nel banco assieme ai compagni ci sono alcuni bambini.
Lui li guarda meglio e riconosce i fratelli minori di un paio di
compagni di classe.
Mattia è seduto in fondo. Accanto a lui, il fratello gioca con un
pezzo di carta. Fermo sulla porta, Fabio trema un po’.
- Ben arrivato, entra.
Boscolo gli fa segno di sedersi. Lui va al suo posto e la lezione comincia. è uguale a tutte le altre lezioni: si parla di
una regola da rispettare a scuola o per strada e si fanno dei
disegni per illustrarla. I migliori vengono messi sulle pareti.
- Come vedete oggi abbiamo degli aiutanti.
Un ragazzino di II D alza la mano.
- Devo per forza stare seduto vicino a mia sorella?
Il vicepreside sorride. - Non ci servono i banchi. Senza fare
troppo rumore attacchiamoli al muro.
Così fanno, senza perdere tempo. Quando hanno finito, Boscolo tira fuori dall’armadietto un rotolo di carta bianca lunghissimo che ricopre tutto il pavimento dai suoi piedi fino
all’altra parte della classe.
- Siete pronti? Dobbiamo fare un percorso mettendo insieme
tutti i segnali che abbiamo studiato. I più grandi aiutano i più
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piccoli ovviamente: gli spiegano qual è il segnale che devono
colorare e cosa significa.
Bastano cinque minuti e la classe diventa una fabbrica piena
di rumori: chiacchiere, risatine, carta che si strappa, matite
che sfregano, pennarelli che macchiano dita e grembiuli dei
bambini.
Fabio lavora in un angolo del cartellone, da solo: sta disegnando un piccolo parco con gli alberi. Il suo segnale è quello della
pista ciclabile. Mattia è dall’altra parte della classe. Disegna
con la testa bassa e tira pugni a chiunque si avvicini anche
per sbaglio.
Suo fratello invece è seduto in mezzo ai bambini piccoli. Quando si scoccia di colorare qualcosa, uno di loro lo chiama e si
fa aiutare a finire la sua parte di disegno. Così percorre tutto
il cartellone e arriva accanto a Fabio. Lui lo ignora.
Il ragazzino gli ruba la matita, comincia a colorare al posto
suo. Fabio lo lascia fare: è abbastanza preciso e resta all’interno delle righe del disegno. Si vede che è concentrato perché caccia la lingua e si sbava un po’ sulla maglietta. Fabio
alza gli occhi e vede che Mattia li sta fissando. Abbassa subito la testa e si cerca un altro colore.
Intanto il fratello di Mattia si è stancato e si è messo a sedere.
Ha una specie di crisi: ride, poi fa delle smorfie, si dondola, si
strofina la faccia. Qualche ragazzino lo indica agli altri, comincia a ridacchiare. Mattia si alza e si precipita accanto al fratello: va a sedersi accanto a lui a gambe incrociate e strappa
un pezzo di cartellone.
Da dietro la cattedra Boscolo apre la bocca per rimproverarlo,
ma poi si blocca appena vede che il ragazzo ha iniziato a piegare il pezzo di carta dandogli una forma. Anche i compagni se
ne accorgono e smettono di ridere per guardarlo.
Dalle mani di Mattia spunta un uccello di carta.
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Il fratello smette di dondolare e glielo prende dalle mani. Gli
tira la coda e l’uccello sbatte le ali.
Fabio rimane a bocca aperta.
- Ma come fai?
Mattia alza le spalle. - Mi ha insegnato mio nonno.
- Anch’io ne voglio uno! - urla una bambina in fondo alla classe. - Anch’io! Anch’io! - grida qualcun altro. Boscolo fruga
nell’armadietto e tira fuori dei vecchi cartelloni. Per il resto
dell’ora Mattia costruisce animali di carta e dà lezioni ai compagni su come farli. Fabio non ce l’ha un fratello piccolo da
tenere buono ma gli piacerebbe imparare per sé o per farne
uno a sua madre.
- Ti insegno lo stesso - dice Mattia. - Ma stai attento: non è
facilissimo.
Alla fine della lezione la classe è uno zoo di animali di carta. Il
cartellone rimane incompleto, pieno di segnali colorati a metà
e strade che non portano da nessuna parte.
Quella sera, appena mette piede in casa, Fabio corre in camera sua. Fa volare un paio di volte il suo gabbiano mentre
aspetta che il computer si accenda del tutto, poi lo mette
sulla scrivania. La sua pagina Facebook si apre automaticamente. Lui aspetta che si carichi poi apre la sezione delle foto
e cancella quella di Mattia. Poi uno alla volta elimina i contatti
che gli hanno chiesto l’amicizia durante l’ultima settimana.
Argot97 lo trilla su messenger. Fabio non risponde. Aggiorna il
suo stato, poi avvia la campagna degli orchi: ci giocherà come
un pazzo per finirla entro due ore al massimo.
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