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Università della Calabria
Corso di Laurea Interfacoltà
in
Scienze Geo-Topo-Cartografiche, Estimative, Territoriali ed Edilizie
Indirizzo Eco-Ambientale
Kosmos s.a.s.
Dipartimento di Fisica
Relazione sullo Stage
Elaborato per la Prova Finale
FARSITE:
uno strumento per la gestione informatizzata
degli incendi boschivi
Relatore:
Chiar.mo Prof. Ignazio GUERRA
Tutor:
Arch. Giuseppe ARMOCIDA
Candidato
Paolo PAPARAZZO
Matr. 93932
Appunti per il corso di Geodinamica e rischi ambientali – Parte 6
Prof. I. Guerra
CAPITOLO 1
Gli incendi boschivi
1.1. Generalità
Il fuoco è una forma di combustione con emissione di luce e calore. La combustione è quel processo
chimico-fisico che consiste nell’ossidazione di una sostanza, con il conseguente sviluppo di energia termica.
Esso può essere considerato come il processo inverso alla fotosintesi, in quanto in quest’ultimo le piante, in
presenza della luce e del calore del sole, assorbono anidride carbonica (CO2) e acqua (H2O) ed emettono
ossigeno (O2). Nella combustione, viene assorbito ossigeno e si emettono anidride carbonica e vapore acqueo
producendo luce e calore.
Affinché si sviluppi una combustione e quindi un incendio, cioè una successione continua di
combustioni, è indispensabile che siano presenti contemporaneamente tre elementi: il combustibile (la materia
che brucia), sia essa sotto forma solida liquida o gassosa, il
comburente, cioè l’ossigeno (presente nell’aria per il 21 %), e il
calore ad una temperatura sufficientemente alta da innescare il
processo. La temperatura al di sopra della quale il processo di
combustione vegetale si auto-alimenta, cioè continua anche se
viene a mancare l’agente che lo ha innescato, viene definita
temperatura di accensione o di agnizione. Essa ovviamente
varia secondo la natura ed il tipo di combustibile; in genere è
compresa fra 200°C 400°C.
L’insieme di combustibile, comburente e calore viene
definito come il triangolo fondamentale del fuoco. (fig. 1).
Il calore iniziale è fornito quasi sempre da un apporto
esterno, poi dalla conseguente ossidazione del combustibile. É
importante comprendere che come la combustione è
determinata dalla contemporanea presenza di tutti i tre elementi
citati, con la scomparsa anche solo di uno di essi, questa cessi
Fig. 1: Triangolo del fuoco
immediatamente.
Il processo di combustione può essere suddiviso in generale nelle tre fasi consecutive di:
• preriscaldamento
• combustione gassosa
• combustione solida
Nel caso del combustibile vegetale, nel preriscaldamento esso assorbe calore e si riscalda, iniziando
ad essiccare, cioè a perdere il contenuto in acqua. In questa fase vengono sprigionati: vapore acqueo e gas
vari, come l’anidride carbonica(CO2), non infiammabile, ed in minime quantità, ossido o monossido di carbonio
(CO), infiammabile e particolarmente tossico. In questa fase endotermica la temperatura passa dai 60 -70°C
fino ai 150 -200°C. Dopo l’evaporazione dell’acqua si verifica il fenomeno irreversibile della pirolisi o scissione
termica, che colpisce inizialmente gli strati più esterni del combustibile. Nella seconda fase, quella della
combustione gassosa, vengono interessati anche gli strati più interni e le temperature arrivano a circa 300 400°C. In questa fase esotermica oltre allo sviluppo di vapore acqueo, anidride carbonica ed altri acidi non
infiammabili, si sviluppano, in quantità maggiore, monossido di carbonio, metano (CH4) ed idrogeno (H2) che,
essendo molto infiammabili, prendono fuoco contribuendo al continuo innalzamento della temperatura. La
reazione chimica quindi si autoalimenta. La quantità di calore generato fa sì che il materiale solido diventi
incandescente e che si arrivi a coinvolgere la totalità del combustibile vegetale determinandone, in tempi più o
meno lunghi a seconda del tipo di legno, delle dimensioni e del contenuto di acqua, il completo incenerimento.
In questa, che è la fase della combustione solida, si raggiungono temperature comprese tra i 650 ed i 1000°C.
Il processo della combustione oltre che per fasi si può classificare in:
• combustione incompleta: quando si formano i fumi1
• combustione completa: quando invece si formano le fiamme.
1.2 La propagazione del calore
La propagazione del calore tra due corpi o all’interno di uno stesso corpo si può realizzare con tre diverse
modalità:
• irraggiamento: l’energia termica viene trasmessa nello spazio sotto forma di onde
elettromagnetiche senza alcun contatto diretto .
1
Per fumo si intende un flusso d’aria calda che per la sua minore densità tende a spostarsi verso l’alto, trascinando gas e
particelle solide del combustibile originale o di prodotti della sua scissione.
2
Appunti per il corso di Geodinamica e rischi ambientali – Parte 6
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• convezione: il calore viene trasportato da un fluido, le cui particelle, muovendosi per la differenza
di densità, ristabiliscono l’equilibrio termico.
• conduzione: in uno stesso corpo o tra due corpi a contatto il calore si trasmette per fenomeno
molecolare, senza movimento visibile di materia: le molecole della parte più calda sono dotate di
un’energia cinetica media più elevata di quella più fredda alla quale tendono a cederne una parte,
in modo da arrivare ad una situazione di equilibrio in cui la media è uguale in tutte le parti del
corpo.
1.3 I combustibili vegetali
Una suddivisione dei combustibili vegetali in classi, può essere effettuata osservando la loro dislocazione
verticale. Studiandoli dal basso si osservano i seguenti strati:
• humus: comprende residui di materia organica, decomposta da microrganismi e da processi
fisico-chimici.
• lettiera: è composta da ramoscelli, foglie, aghi, frammenti di corteccia,fiori e frutti caduti da poco e
non del tutto decomposti.
• slash: è una categoria particolare che comprende tronchi e rami morti residui da lavorazioni
forestali o eventi naturali (vento, neve, fuoco, ecc.).
• piante erbacee: sono le piante basse con fusto verde e non legnoso.
• piante legnose: comprendono arbusti, cespugli ed alberi.
Altre caratteristiche da osservare nello studio dei combustibili vegetali sono: l’infiammabilità; la velocità di
combustione e il potere calorifico. Queste distinguono ogni tipo di combustibile e dipendono principalmente da
alcuni parametri fondamentali come: peso specifico; struttura anatomica; dimensioni dei vegetali; contenuto di
acqua, oli essenziali e resine e dalla disponibilità di ossigeno. Questi parametri interagiscono per determinare le
caratteristiche su citate, ma il ruolo principale è svolto essenzialmente dal contenuto in acqua.
1.4 Tipologia degli incendi boschivi
Gli incendi boschivi vengono distinti in tre tipologie
• incendi sotterranei: hanno origine nel sottosuolo bruciando il muschio, la torba e l’humus indecomposto.
Sono caratterizzati da una combustione lenta e da una notevole difficoltà nello spegnimento.
• incendi di superficie: hanno origine sul suolo bruciando la lettiera, l’erba, le foglie ed i rami morti. Il fuoco
è generalmente rapido e di scarsa intensità. Generalmente non provocano danni notevoli agli alberi e
risultano relativamente facili da estinguere.
• incendi di chioma o di corona: si propagano rapidamente da una cima all’altra degli alberi, liberando una
grande quantità di energia e sono tipici dei boschi di conifere. In presenza di vento i tizzoni propagano il
fuoco anche a grande distanza (spotting).
Nel corso di un incendio questi tipi di fuochi possono manifestarsi separatamente o combinarsi
simultaneamente.
1.5 L’influenza del tempo e della topografia
I fattori basilari che reciprocamente influenzano il comportamento degli incendi boschivi sono i
combustibili vegetali; le condizioni meteorologiche e la topografia.
Per quanto riguarda i combustibili vegetali va ricordato che il fattore preponderante per la loro
combustione è il contenuto d’acqua, determinato dalle precipitazioni, dal vento, dalla temperatura e dall’umidità
atmosferica. Quando questo valore è maggiore del 25% circa, l’accensione è resa possibile solo con un
consistente contributo esterno di calore.
Delle precipitazioni il valore che interessa non è tanto la quantità ma la loro distribuzione nel tempo;
infatti e nei periodi di prolungata siccità si generano le condizioni ideali per l’innesco del fenomeno.
Il vento ricopre un ruolo importante in quanto trasporta grandi quantità d’aria per la combustione,
essicca i combustibili vegetali ottimizzando l’evaporazione e la convezione, sparge i tizzoni anche a grande
distanza (spotting) e soprattutto determina la direzione; la forma2 e la velocità di propagazione3.
2
In assenza di vento e terreno pianeggiante il fuoco tende ad espandersi in tutte le direzioni, in forma circolare. Col vento si
ha invece una direzione preferenziale e l’incendio acquista una caratteristica forma ellittico-ovale (Calabri, 1996 ).
3
Venti con velocità > 50 km/h possono rendere più difficile il preriscaldamento del combustibile antistante e non determinare
aumenti della velocità di diffusione e dell’intensità d’incendio. (Calabri, 1996).
3
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Le elevate temperature riscaldano ed essiccano i corpi vegetali, facilitando cosi il raggiungimento della
temperatura d’accensione.
L’umidità atmosferica agisce direttamente sul contenuto d’acqua dei combustibili, principalmente di
quelli morti.
Analizzando gli aspetti topografici, intuiamo l’influenza della quota sia per la diversa tipologia di
vegetazione, sia per la differenza di temperatura, sia per la differenza di precipitazioni. In genere la
predisposizione al verificarsi di incendi boschivi diminuisce con l'aumentare della quota, a maggior ragione in
quelle zone interessate da precipitazioni nevose invernali.
La pendenza di un versante determina il
formarsi di un angolo (fig. 2) tra questo ed i raggi
del sole. Tanto più questo sarà prossimo ai 90°,
tanto maggiore sarà l’effetto calorifico dei raggi
solari sul suolo. Tale angolo varierà ovviamente con
la latitudine, la stagione e l'ora del giorno.
Altro effetto negativo di questo fattore è la
facilitazione della propagazione del fuoco verso le
zone più alte4 con il conseguenziale aumento della
velocità di propagazione e la probabilità di
accensione di altri focolai per la caduta di materiale
infiammato.
Fig. 2 – Effetto della topografia sul riscaldamento del suolo
L'esposizione infine influisce poiché, il
e della vegetazione. a) il suolo pianeggiante è colpito dai
raggi solari con angolo di 45°. b) il suolo caratterizzato da
versante si scalderà maggiormente quanto più
un’elevata pendenza, è colpito dai raggi con un angolo di
numerose saranno le ore di esposizione al sole;
circa 90°.
esso sarà tanto meno umido quanto più sarà
esposto ai venti ed alle brezze. Anche la floridezza
della vegetazione e la sua tipologia saranno influenzate da questo fattore. Si troveranno specie più verdi e
quindi meno combustibili sui versanti con minor esposizione solare, piuttosto che nei versanti con maggiore
esposizione.
1.6 Cause degli incendi
Le cause che innescano il fenomeno degli incendi boschivi sono:
• cause naturali: fulmini; eruzioni vulcaniche; autocombustione;
• cause accidentali: si definiscono tali quelle cause, non naturali, che dipendono indirettamente d’attività
antropiche. Vetri abbandonati che fungono da lenti; scintille provocate dalle frenate dei treni; scariche
da interruzione di linee elettriche, ecc.;
• cause dolose: sono dolose quando c’è la volontarietà nel provocare danno. Un autore inglese (Dennett,
1980) le classifica i sei categorie: 1) per guadagnare soldi; 2) per nascondere un altro crimine; 3) per
distruggere o protestare; 4) per diventare un eroe; 5) per soddisfare un bisogno psicologico (piromania);
6) per noia.
• cause colpose: scaturiscono dalla negligenza, imprudenza o inesperienza umana. Mozziconi di
sigarette e cerini incautamente abbandonati su materiale infiammabile; falò e fuochi di picnic non
soppressi adeguatamente (o non saputi accendere); ripulitura dei coltivi, dei residui delle attività selvicolturali e delle stoppie, che sfuggono al controllo; ripulitura delle scarpate stradali e ferroviarie,
effettuate con negligenza dagli addetti; deposito di rifiuti in vicinanza o all’interno dei boschi stessi.
• cause sconosciute o dubbie: ricadono in questa categoria, quei fenomeni per i quali non si sono trovati
elementi sufficienti per definirne la causa dell’innesco del fenomeno.
In Italia le indagini svolte anche nell’ultima stagione
estiva dal Corpo Forestale dello Stato hanno confermato la
dolosità della maggior parte degli incendi (Tab. 1). Un dato
sconcertante che deriva dall’analisi statistica effettuata sulle
cause d’incendi per regione è quello che la Calabria risulta
essere la più colpita da fenomeni di natura colposa e dolosa
(Tab. 2).
CAUSE
Naturali
Accidentali
Colpose
Dolose
Dubbie
Totale
NUMERO
68
79
1429
6955
2107
10369
PERCENTUALE
0.6
0.7
13.4
65.5
19.8
100.0
Tabella 1: Incendi boschivi per causa (Corpo
Forestale dello Stato, 2008)
4
Avviene il preriscaldamento per convezione di aria calda, dei combustibili sovrastanti non ancora infiammati.
4
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.
Naturali
N.
%
Valle D’aosta
Piemonte
Lombardia
Trentino A.A.
Veneto
Friuli V.G.
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Accidentali
N.
%
0
11
1
19
5
6
3
3
7
1
0
0
1
0
0
0
0
0
6
0.0
2.8
0.4
17.6
5.8
6.5
0.8
1.8
1.2
0.6
0.0
0.0
0.4
0.0
0.0
0.0
0.0
0.1
0.5
0
11
1
7
3
3
6
6
12
4
4
4
3
2
1
4
4
2
2
5
68
0.1
0.6
0
79
0.0
2.8
0.4
6.5
3.5
3.3
1.6
3.7
2.1
2.5
3.9
0.5
1.1
0.9
0.1
0.7
1.0
0.1
0.2
0.0
0.7
Colpose
N.
%
7
89
43
28
23
10
80
59
119
33
26
73
65
50
157
181
76
196
30
58.3
22.7
16.3
25.9
26.7
10.9
21.2
36.2
20.5
20.6
25.5
9.44
23.7
21.5
8.8
30.5
18.3
10.4
2.4
84
1429
7.7
13.4
Dolose
N.
%
0
190
200
24
43
43
270
59
371
62
33
614
163
128
1369
376
274
1486
911
339
6955
0.0
48.3
75.7
22.2
50.0
46.7
71.6
36.2
64.0
38.8
32.4
78.9
59.5
54.9
76.9
63.4
66.2
79.0
72.6
31.0
65.5
Dubbie
N.
%
5
92
19
30
12
30
18
36
71
60
39
87
42
53
252
32
60
195
305
669
2107
TOTALE
N.
%
41.7
23.4
7.2
27.8
14.0
32.6
4.8
22.1
12.2
37.5
38.2
11.2
15.3
22.7
14.2
5.4
14.5
10.4
24.3
12
393
264
108
86
92
377
163
580
160
102
778
274
233
1779
593
414
1880
1254
61.2
19.8
1097
10639
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
Tabella 2 - Incendi boschivi per causa e per regione (Corpo Forestale dello Stato, 2008).
1.7 Effetti sulla vegetazione e sull’ambiente
Tra le avversità che minacciano il patrimonio boschivo, il fuoco, è considerata quella più dannosa in
quanto colpisce contemporaneamente, tutti gli elementi dell’ecosistema del bosco: alberi, arbusti, erba, lettiera,
suolo, aria, acqua, micro-organismi ed animali.
Gli organismi vegetali sono i primi a risentire degli effetti, in quanto partecipano attivamente alla
combustione. Le varie tipologie di fuoco, sotterraneo, di superficie e di chioma hanno diverse ripercussioni sui
vegetali e correlati ad altri fattori, come velocità, intensità del fuoco e il tipo di vegetazione colpita, caratterizzano
i danni apportati.
Vi sono organismi vegetali che per caratteristiche anatomiche resistono meglio di altre al passaggio del
fuoco. Queste specie sono definite pirofite passive. Frequentemente è lo spessore della corteccia a conferire
loro la resistenza al fuoco. Altre specie, dette pirofite attive, sono dotate di organi sotterranei adatti alla
rigenerazione (bulbi, rizomi), che non vengono traumatizzati dal calore, mentre in altri ancora il fuoco stimola la
germinazione dei semi.
Strettamente collegati agli effetti che il fuoco sortisce sulla vegetazione sono le variazioni che avvengono
a livello del terreno. Queste sono di carattere chimico e biologico e nel loro insieme si riflettono sulla sua fertilità.
Innalzamento, negli strati superficiali del valore del pH; che poco tempo, per la percolazione delle acque
piovane, si registra anche negli strati più profondi.
Altro carattere che varia è il contenuto di carbonio. Esso aumenta subito nello strato più superficiale ed
in un secondo tempo in quello più profondo in modo analogo a quanto accade per il pH. L’azoto viene in parte
volatilizzato per poi riacquisire ed a volte superare i valori iniziali; il potassio ed il fosforo invece aumentano per
effetto del fuoco per poi riassumere, il primo in tempi brevi ed il secondo in tempi molti lunghi, i loro valori iniziali.
Questi indicazioni denotano che il passaggio del fuoco sulla lettiera del bosco corrisponde ad una blanda
concimazione in quanto si perdono le sostanze chimicamente legate ad essa, che sarebbero divenute disponibili
per la nutrizione delle piante con il procedere della umificazione.
La diminuzione della materia organica peggiora la struttura del terreno forestale e di conseguenza la sua
capacità di trattenere l’acqua. Ne deriva una maggiore aridità degli strati superficiali che rende più difficoltose le
condizioni di vita dei microrganismi; apporto di ceneri nei corsi d’acqua limitrofi con svariate conseguenze e
variazioni delle sue caratteristiche fisiche come la stabilità del terreno nei confronti della erosione. Sono notevoli
e visibili gli effetti di un incendio nell’aria, per l’emissione di gas, vapori e residui organici di vario tipo, senza
dimenticare che l’assenza dei boschi diminuisce l’ossigenazione dell’aria. Generalmente i danni meno gravi li
subisce la fauna, per la facilità di migrazione, quando non si distruggono intere nicchie ecologiche, e quando
sono presenti habitat ideali nelle vicinanze.
Per concludere possiamo dire che, come fenomeno strettamente naturale il fuoco non sarebbe poi tanto
nocivo: ciò che lo classifica come pericolo per l’intero ecosistema globale, è l’elevata frequenza (dolosa) con la
quale esso si verifica.
5
Appunti per il corso di Geodinamica e rischi ambientali – Parte 6
Prof. I. Guerra
1.8 Incendi boschivi in Italia
In Italia la Legge 21 novembre 2000, n. 353 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi), esplica
nell’art. 2 la definizione di incendio boschivo come segue:
Per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o
arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree, oppure
su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree.
Gli incendi boschivi sono un’ avversità, che dipende principalmente dalle condizione meteorologiche,
dalle caratteristiche dei combustibili vegetali e dalla topografia del sito in cui essi si sviluppano. In Italia hanno
due stagioni di massimo sviluppo: la piena estate nelle regioni meridionali e nelle isole, la fine dell’inverno nelle
regioni settentrionali ed in alta montagna. Ovvero nella fase di riposo della vegetazione quando è più accentuato
l’accumulo nei terreni di detriti vegetali.
Nel nostro paese negli ultimi anni, e soprattutto nella stagione 2007, il fenomeno ha subito un
incremento notevole sia per numero d’incendi sia per quantità di superficie boscata e non boscata percorsa dal
fuoco (Tab.3).
Visualizzando i dati raccolti e forniti dal Corpo Forestale dello Stato, si nota che il bilancio del fuoco nel
2007 è stato il più gravoso mai registrato dopo il 2000, anno di approvazione della legge 353/2000 in materia di
incendi boschivi. 10639 incendi, che hanno percorso 227729 ettari, di cui 116602 boscati e 111127 non boscati.
ANNO
NUMERO
SUPERFICIE PERCORSA AL FUOCO (ha)
BOSCATA
NON BOSCATA TOTALE
MEDIA
2000
8595
58234
56414
114648
13.3
2001
7134
37186
38241
76427
10.7
2002
4601
20218
20573
40791
8.9
2003
9697
44064
47741
91805
9.5
2004
6428
20866
39210
60176
9.4
2005
7951
21470
26105
47575
6.0
2006
5643
16422
23524
399646
7.1
2007
10639
116602
111127
227729
21.4
2008
7586
42008
45379
87387
11.5
Tabella 3: Incendi boschivi in Italia 2000/2007 (Corpo Forestale dello Stato, 2008)
Le regioni meridionali sono state colpite in modo violento dall’emergenza estiva, quando le elevate
temperature, i forti venti ed i lunghi periodi di siccità hanno agevolato l’innesco e la propagazione di incendi
anche di notevole dimensione. Tra le regioni meridionali la Calabria (Tabb. 4 e 5) risulta essere quella
maggiormente colpita e danneggiata dal fuoco: 1880 incendi, con oltre 43126 ettari di territorio percorso dal
fuoco, di cui 24806 ettari di superficie boscata e 18320 ettari di superficie non boscata.
REGIONE
Valle D’aosta
Piemonte
Lombardia
Trentino A.A.
Veneto
Friuli V.G.
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
NUMERO
12
393
264
108
86
92
377
163
580
160
102
778
274
233
1779
593
414
1880
1254
1097
10369
SUPERFICIE PERCORSA AL FUOCO (ha)
BOSCATA NON BOSCATA
TOTALE
MEDIA
4
6
10
0.8
2139
1501
3640
9.3
666
942
1608
6.1
124
35
159
1.5
67
33
100
1.2
97
67
164
1.8
2485
528
3013
8.0
409
593
1002
6.1
809
521
1330
2.3
1007
403
1410
8.8
3966
1122
5088
49.9
8690
4877
13567
17.4
10271
10896
21167
77.3
1249
1609
2858
12.3
18699
7608
26307
14.8
9954
10014
19968
33.7
3617
4583
8200
19.8
24806
18320
43126
22.9
15330
46451
37.0
32121
12213
100602
16348
111127
28561
22729
26.0
21.4
Tabella 4: Incendi boschivi per regione 2007 (Corpo Forestale dello Stato, 2008)
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Appunti per il corso di Geodinamica e rischi ambientali – Parte 6
PROVINCIA
Prof. I. Guerra
NUMERO
SUPERFICIE PERCORSA AL FUOCO (ha)
BOSCATA
NON BOSCATA TOTALE
MEDIA
Catanzaro
384
6001
2870
8871
23.1
Cosenza
882
14221
8166
22387
25.4
Crotone
206
1012
1738
2750
13.3
Reggio Calabria
336
2880
5274
8154
24.3
Vibo Valenzia
72
692
272
964
13.4
Totale
1880
24806
18320
43126
22.9
Tabella 5: Incendi boschivi Regione Calabria 2007 (Corpo Forestale dello Stato, 2008)
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Fonte: http://www.avcm.it/Corsi/aib/aib.htm con ritocchi
1a: Fuoco ed Incendi
Definizione: Il fuoco è un fenomeno termico e luminoso dovuto alla combustione di varie
sostanze, rapidissima reazione di ossidazione con liberazione di energia e consumo di ossigeno.
Perché il fuoco abbia vita sono necessari tre elementi: combustibile, ossigeno (comburente)
e calore sufficiente. Eliminando o riducendo drasticamente uno di questi elementi si può ottenere
l’estinzione del fuoco.
La combustione dei materiali vegetali (cellulosa, lignina, resine, oli, ecc.) può essere divisa in
tre fasi: preriscaldamento, combustione gassosa e combustione solida.
- preriscaldamento: il calore viene assorbito dal combustibile che si essicca espellendo acqua sotto
forma di vapore;
- combustione gassosa: superati i 200 °C (la temperatura di innesco del fuoco può essere anche più
bassa) dal materiale vegetale cominciano a liberarsi gas combustibili (ossido di carbonio, metano,
metanolo, idrogeno, formaldeide, acido formico, acido acetico, ecc.) che, a contatto con l’ossigeno,
bruciano producendo fiamme con una reazione esotermica, cioè che genera calore. Durante questa
fase, il processo di combustione produce anidride carbonica, ancora vapore acqueo, ossido di
carbonio, ossidi di azoto, gas o sostanze volatili incombuste. Il calore emesso può innalzare la
temperatura fino ai 400 °C.
- combustione solida: esaurita l’emissione e la combustione dei gas, brucia il carbone rimasto e le
braci incandescenti raggiungono temperature superiori agli 800 °C, senza più fiamme.
Quando per lo spegnimento si usa l’acqua si interviene soprattutto sull’elemento calore, con il
raffreddamento del combustibile fino all’interruzione della combustione. L’acqua infatti, ha una
grandissima capacità di assorbire calore e per farla evaporare servono ben 539 calorie per ogni grammo
(il cosiddetto calore latente di evaporazione), più 70 - 80 cal/g per innalzarne la temperatura da quella
ambientale a quella di ebollizione. L’acqua assorbe meglio il calore se viene nebulizzata: come effetto
secondario dell’acqua infatti, il vapore acqueo si sostituisce nell’aria al comburente (ossigeno)
sostituendolo e portando al soffocamento del fuoco.
Quando si getta sabbia o terra sul fuoco si agisce sul comburente sottraendolo alla
combustione. Questa, assieme all’effetto secondario dell’acqua, è l’unica vera azione di soffocamento
che si applica durante lo spegnimento di un incendio boschivo.
Quando si batte sulle fiamme con un lungo ventaglio (flabello) o quando si usa il potente
getto d’aria di un soffiatore a zaino, si agisce sul combustibile gassoso allontanandolo violentemente
dal punto di origine (è lo stesso meccanismo che si attiva quando si soffia su una candela per
spegnerla), interrompendo la combustione, mentre si rivela pericolosamente controproducente sulla
terza fase (sulle braci).
Anche un violento getto d’acqua ha questa azione sul combustibile gassoso; è questo uno dei
motivi per cui nello spegnimento degli incendi boschivi si preferiscono pompe capaci di elevate
pressioni e basse portate. Per semplicità, si continuerà a parlare di azione di soffocamento, anche nel
caso dell’azione sul combustibile gassoso.
Sul combustibile solido, naturalmente, si può agire preventivamente asportandolo prima che
bruci, con decespugliatori, motoseghe, roncole, ecc.
In ogni caso è sempre meglio agire precedentemente o durante la prima e la seconda fase della
combustione; è difficile ed assolutamente inefficiente l’azione sulla terza fase, per l’enorme calore
emanato.
Le caratteristiche principali che facilitano l’accensione e la combustione dei materiali vegetali
sono: basso contenuto di acqua, contenuto in oli e resine, alto rapporto superficie/volume del materiale
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combustibile, porosità, elevata disponibilità di ossigeno
(posizione ventilata), elevate temperature, topografia che
favorisce il preriscaldamento per convenzione.
La propagazione delle fiamme in un bosco, oltre che dalle
precedenti caratteristiche è facilitata dalla continuità della
vegetazione, sia orizzontale (piante con rami e foglie a contatto)
che verticale (dal suolo alle chiome), dal vento, dalla pendenza
del terreno che esalta la fase del preriscaldamento (il calore
viene portato in alto per convenzione).
In base al tipo di combustibile interessato dal fuoco si distinguono quattro tipi di incendio
a) INCENDI SOTTERRANEI
Gli incendi sotterranei bruciano lentamente le sostanze
vegetali sotto il livello del suolo: il muschio, la torba, l’humus
indecomposto.
In questo caso la combustione è lenta, ma si spegne con
difficoltà. Nei nostri ambienti è possibile quando bruciano le
ceppaie creando pericoli per la ripresa e la diffusione del fuoco.
b) INCENDI DI SUPERFICIE
Gli incendi di superficie sono i più frequenti: bruciano la
vegetazione al livello del suolo. Quasi tutti gli incendi
cominciano in questo modo.
Sono gli incendi più comuni nei nostri boschi, bruciano la
lettiera, l’erba, le foglie e i rami morti (vegetazione di
superficie). Il fuoco è rapido ma non intenso.
c) INCENDI DI CHIOMA
Gli incendi di chioma ( o di corona), sono preoccupanti
per il forte sviluppo di calore e la possibilità del salto di
faville a distanza.
Sono gli incendi più pericolosi perché le fiamme si
estendono alle chiome degli alberi. Interessano in particolare i
rimboschimenti di conifere allo stato di perticaia ad elevata
densità. L’unico mezzo di difesa è la soppressione del
combustibile effettuando una barriera naturale o artificiale o
mettendo in pratica la tecnica del controfuoco.
d) INCENDI DI BARRIERA
Si ha un incendio di barriera quando l’incendio di chioma è accompagnato da un incendio di
superficie.
É estremamente intenso e distruttivo.
I combustibili possono essere distinti in:
leggeri: erba, foglie secche, rami di piccole dimensioni, rami morti di diametro inferiore a 5 cm;
sono molto infiammabili e bruciano rapidamente.
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pesanti: Tronchi, rami di grosse dimensioni, ceppaie secche che bruciano a lungo e ad alte
temperature.
Caratteristiche importanti dei combustibili che ne determinano il comportamento più o meno
favorevole all’innesco ed alla propagazione degli incendi sono il contenuto di acqua ed il rapporto
superficie/volume. Un elevato contenuto in acqua, stante la sua alta capacità termica, ostacola il
raggiungimento della temperatura di agnizione. Il rapporto superficie/volume è un parametro che
aumenta al diminuire delle dimensioni medie dei singoli frammenti del combustibile: a parità di
composizione e di temperatura al quale viene esposto, un ramo più sottile si riscalda di più e più presto
di uno più spesso.
Il triangolo del fuoco
Gli elementi fondamentali per produrre un fuoco sono: il COMBUSTIBILE (legno, carta,
benzina, gas, ecc.), il COMBURENTE (l'ossigeno contenuto nell'aria) ed il CALORE (fiammifero,
accendino, corto circuito, fulmine, che costituiscono l'innesco del fuoco), i quali possono essere
graficamente rappresentati con il cosiddetto triangolo del fuoco.
Più genericamente il processo che coinvolge i tre elementi viene chiamato combustione e quando
si manifesta in modo non controllabile dall'uomo si è in presenza di un incendio.
Durante un incendio, oltre a fiamme e calore, si sviluppa vapore e fumo. Quest'ultimo non è
assolutamente da sottovalutare, perché la maggior parte delle vittime degli incendi non è provocata
dalle fiamme, ma dalle sostanze tossiche contenute nei fumi, che dipendono dalle caratteristiche del
materiale combustoProdotti del fuoco
La combustione dà come risultato il fuoco (che fornisce grandi quantità d'energia sotto forma di luce e
di calore ad elevata temperatura) oltre ad una serie di prodotti secondari che, nella combustione dei più
comuni materiali infiammabili, risultano essere:
anidride carbonica (CO2): per combustione completa ( abbondanza di ossigeno per la
combustione )
ossido di carbonio (CO ): per effetto di combustione incompleta ( carenza di ossigeno )
vapore acqueo ( H2O )
ceneri
Queste sino costituite da particelle solide di varia natura mescolate in genere con materiali
incombusti; una parte si disperde nell'aria sotto forma di aerosol con effetti a volte visibili e
configurati come fumo.
Tornando al triangolo del fuoco, eliminare almeno uno dei tre elementi fondamentali oppure,
utilizzando come esempio la figura geometrica, "romperne" uno dei lati, permette di prevenire l'inizio
del fuoco o spegnerlo.
Nel primo caso si parla di prevenzione, che significa fare in modo che non si verifichino le
condizioni per lo sviluppo di un incendio (ad esempio nelle vicinanze di un liquido infiammabile non
si deve fumare). Sotto questa voce dobbiamo far rientrare anche due atteggiamenti molto importanti
come il comportamento e la persuasione. Si può prevenire un incendio non rimuovendo dei segnali di
pericolo, ma impiegando correttamente determinate apparecchiature (quindi con il comportamento)
oppure si può prevenire un incendio invitando chi ci sta vicino a non fumare in luoghi pericolosi,
quindi con la persuasione.
Se tuttavia si dovesse sviluppare un incendio, anche se si é fatto il possibile per prevenirlo, non
resta che cercare di spegnerlo (versando dell'acqua sul fuoco, ad esempio) oppure, nel caso in cui non
ci si riesca, bisogna allontanarsi, con tranquillità, per portarsi in luogo sicuro ed evitare così qualsiasi
rischio.
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Tali azioni rappresentano la protezione, definibile come l'azione da intraprendere quando si
verifica un incendio.
Il combustibile
Il combustibile è la sostanza in grado di bruciare. In condizioni normali di ambiente esso può
essere allo stato solido (carta, legna, carbone, ecc.), liquido (alcol, benzina, gasolio, ecc..) o gassoso
(propano, metano, idrogeno, ecc..). Perché la reazione chimica avvenga, di norma il combustibile deve
trovarsi allo stato gassoso. Il legno, per esempio, distillato per effetto del calore della sua stessa
fiamma, emette i suoi componenti volatili lasciando da ultimo solo il carbone che arde come brace
senza fiamma trattandosi di combustione diretta di un solido.
Comburente
Il comburente è la sostanza che permette al combustibile di bruciare. Generalmente si tratta di ossigeno
contenuto nell'aria allo stato di gas.
Temperatura di ignizione o di accensione o di infiammabilità
La temperatura di infiammabilità è, per tutti i combustibili che partecipano alla reazione come
emettitori di gas, la minima temperatura alla quale il combustibile emette vapori in quantità tale da
formare con il comburente una miscela incendiabile. Tale temperatura si individua al corrispondente
livello in cui la superficie del combustibile è in grado di interagire con l'ossigeno dell'aria.
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2: Fattori che influenzano il comportamento del fuoco
LA PROPAGAZIONE DEL FUOCO viene ostacolata in misura crescente all’aumentare del
contenuto di acqua dei combustibili vegetali.
Tale contenuto dipende:
1) dalle precipitazioni (distribuzione delle piogge nell’arco di un anno) per cui il rischio di
percoli derivano dalla siccità;
2) dalla temperatura che riscalda il combustibile, lo fa essiccare e lo porta vicino alla
temperatura di accensione;
3) dall’umidità atmosferica che influenza il contenuto di acqua nel combustibile;
4) dal vento; il vento apporta grandi quantità di aria e quindi di ossigeno per la combustione,
essicca i materiali vegetali facendo evaporare l’acqua, trasporta i tizzoni ed impone la
direzione e la velocità di avanzamento dell’incendio. È stato calcolato che tale velocità sia
approssimativamente proporzionale alla radice quadrata della velocità del vento in una
lettiera compatta. Nella macchia mediterranea la velocità è proporzionale al quadrato della
velocità del vento.
IL FUOCO È VARIABILE IN FUNZIONE DEL VENTO:
a
b
c
d
e
f
a) Assenza di vento e terreno pianeggiante: il fuoco tende ad espandersi in tutte direzioni in forma
circolare.
b) Vento costante in una direzione: l’incendio una caratteristica forma allungata ellittico - ovale.
c) Vento variabile: si alternano diverse direzioni preferenziali del fuoco.
d) dalla pendenza del terreno: esalta il preriscaldamento per l’apporto di calore esterno, i materiali
vengono gradualmente riscaldati ed essiccati, scompare l’acqua, la temperatura raggiunge i 100
gradi e facilità l’avanzata dell’incendio verso le zone più alte.
e) Sul crinale il fuoco ha un andamento quasi verticale, con la convezione (il calore viene asportato da
gas o liquidi in movimento, le differenze di densità dovute alle temperature producono dei moti) si
ha un richiamo di aria in senso opposto all'altro versante.
f) La morfologia del terreno: influisce in vario modo sulla propagazione dell’incendio. Durante il
giorno per l’irraggiamento solare l’aria si scalda maggiormente nel fondovalle e sale verso le zone
più alte, durante le ore notturne si ha il fenomeno inverso.
g) L’esposizione: determina l'irraggiamento solare e quindi influisce sulla temperatura e sull’umidità;
l’esposizione a sud - ovest è la più calda e quindi la più pericolosa.
1) La pendenza: facilita l’avanzamento del fuoco verso le zone più alte preriscaldando con la
convezione dell’aria calda i combustibili sovrastanti (osserviamo per esempio che un fiammifero si
accende più facilmente con la capocchia rivolta verso il basso). Quando il fuoco raggiunge il
crinale assume un andamento quasi verticale e richiama aria in senso opposto dall’altro versante,
spesso impedendo che le fiamme lo percorrano in discesa. Conseguenza della pendenza è il rotolio
di materiali vegetali infiammati, per esempio ricci che possono riaccendere eventuali nuovi focolai.
2) Quando vi sono burroni, crepacci o strettoie, il fuoco avanza con la massima rapidità per
l’intensità del tiraggio dell’aria calda, paragonabile ad un camino.
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Secondo dati americani l’influenza della pendenza è data dalle seguenti grandezze:
V = velocità di propagazione di un incendio
- con pendenza da 0 a 5% = V
- con pendenza del 30% = 2V
- con pendenza del 55% = 4V
3: Lotta attiva contro il fuoco.
Affinché l’azione di spegnimento sia efficace, economica e tempestiva è importante prevedere il
comportamento dell’incendio, ossia la sua intensità, lo sviluppo del fuoco nello spazio e nel tempo.
Base fondamentale è la conoscenza del territorio, ciò permette la lotta attiva attraverso
l’avvistamento e lo spegnimento.
La tecnica di spegnimento si basa sul principio di rompere almeno uno dei lati del "triangolo del
fuoco" mediante:
- eliminazione del combustibile;
- eliminazione dell’aria ;
- raffreddamento della combustione.
L’intervento si basa su due metodi:
1) L’ATTACCO DIRETTO che consiste nel battere sulle fiamme con frasche,
battifuoco o frustini; coprire con terra le fiamme; irrorare con acqua o prodotti
chimici (ritardanti); uso del soffiatore.
2) L’ATTACCO INDIRETTO
Si tratta di realizzare una linea di difesa davanti all’incendio eliminando il
combustibile con il taglio e l’asportazione.
La denominazione delle
diverse parti dell’incendio
- Negli incendi di superficie se il fuoco non è troppo intenso si cerca di affrontarlo sulla "testa", cioè
sul lato in cui avanza più rapidamente si esegue l’attacco diretto battendo i combustibili,
raccogliendo terra e gettandola sul fuoco.
- Se le fiamme superano mt 1,00 - 1,20 si devono usare acqua e pompe.
- Se l’incendio ha una dimensione ed una propagazione tale da permetterlo conviene attaccare
direttamente non alla "testa" (combustione rapida ed intensa), ma ai "fianchi" dove le fiamme sono
più basse, in tal modo si stringe l’incendio convergendo su ambo i lati fino alla "testa".
- Negli incendi di chioma ( trasporto di faville e tizzoni a distanza, accensione di focolai secondari) di
regola si esegue l’attacco indiretto costruendo una linea di difesa a distanza conveniente.
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