Studi di funzione

Transcript

Studi di funzione
Studi di funzione
D. Barbieri
1
Esercizi
Esercizio 1
Studiare comportamento asintotico e monotonia di
f (x) =
Esercizio 2
1
1
−√
x2 + 2
x4 + 4x2
Studiare il comportamento asintotico di
p
1
f (x) = 1 + x2 − x +
1 + e−x
Esercizio 3 Determinare il numero di zeri, il numero di estremanti locali ed
il comportamento asintotico di
f (x) =
x3 − 3x2 + 1
x4 + 8
Esercizio 4 Studiare dominio ed eventuale prolungabilità continua della seguante
funzione. Determinarne inoltre il comportamento asintotico, gli intervalli di
monotonia ed eventuali estremanti locali
1
1
1
f (x) =
−
e− x2
4
2
x
x
Esercizio 5
Determinare estremanti locali, monotonia, flessi e convessità di
f (x) = x|x − 1|e−|x+1|
Esercizio 6
Determinare zeri, monotonia e convessità di
f (x) = log(x4 − x2 + 1)
Esercizio 7 Determinare dominio, comportamento agli estremi del dominio,
intervalli di monotonia, numero di massimi e minimi relativi e loro posizione
approssimativa della funzione
f (x) =
Esercizio 8
|x + 1|
.
log(x2 )
1 f (x) = arctan 2 − log 5 − 2 x
1
Esercizio 9
x 2 −x2
f (x) = −x2 +
(x )
2
2
2
Soluzioni
Esercizio 1 La funzione in esame è definita sul dominio D = {x ∈ R | x 6= 0}
ed è sempre negativa, infatti
p
x4 + 4x2 =
1
1
<0.
−√
x2 + 2
x4 + 4x2
p
(x2 + 2)2 − 4 < x2 + 2 ⇒
Studiamo prima il comportamento asintotico vicino alla singolarità in x = 0, e
all’infinito, notando che la funzione è pari, ovvero f (x) = f (−x), dunque ci è
sufficiente studiarla per x > 0.
2
f (x)
x>0
=
=
f (x)
=
x→+∞
=
=
(x2 + 2)−1 −
1
(1 + x2 )− 2
2x
x→0+
=
1 + o(1) 1 −
−
2
x2
4
+ o(x2 )
2x
1
1
+ + o(1)
2x 2
−1
− 21
4
2
x−2 1 + 2
− x−2 1 + 2
x
x
4
1
2
6
1
2
−
1
+
−
+
o
x−2 1 − 2 + 4 + o
x
x
x4
x2
x4
x4
1
2
− 6 +o
x
x6
−
dove per x → +∞ abbiamo sviluppato (1 + )α = 1 + α + α(α−1)
2 + o(2 ).
2
2
Dunque in x = 0 la f va verso −∞ come − x , mentre per x → +∞ f tende a 0
dal basso come − x26 . La derivata prima di f è
1 4x3 + 8x
1
x2 + 2
2x
0
+
= 2x − 2
+
f (x) = − 2
3
(x + 2)2
2 (x4 + 4x2 ) 32
(x + 2)2
(x4 + 4x2 ) 2
ed il suo segno è determinato da x: quando x > 0, infatti
3
x2 + 2
1
x2 + 2
0
f (x) > 0 ⇔
⇔ √
>1
3 >
(x2 + 2)2
x4 + 4x2
(x4 + 4x2 ) 2
2
+2
che è sempre soddisfatta poiché, come è già stato osservato, √xx4 +4x
> 1. Si ha
2
quindi monotonia decrescente per x < 0 e monotonia crescente per x > 0.
Esercizio 1: f (x) =
3
1
x2 +2
−
√
1
x4 +4x2
Esercizio 2 La funzione in esame è definita su D = R, ed è somma di due
funzioni
p
1
f1 (x) = 1 + x2 − x , f2 (x) =
1 + e−x
entrambe sempre positive: f1 (x) > 0 ed f2 (x) > 0 per ogni x ∈ R. Osserviamone
separatamente il comportamento asintotico all’infinito, cominciando con f1 .
!
r
1
1
1
1
1
x>0
x→+∞
f1 (x) = x
1+ 2 −1
= x 1+ 2 +o
−1 =
+o
x
2x
x2
2x
x
!
r
1
1
1
x→−∞
x<0
= −2x +
f1 (x) = −x
1+ 2 +1
+o
x
2x
x
dunque f1 ha un asintoto orizzontale y = 0 per x → +∞, a cui si avvicina da
sopra in quanto funzione positiva, ed un asintoto obliquo y = −2x per x → −∞
a cui di nuovo si avvicina da sopra, in quanto
la sua distanza da tale retta è
1
+ o x1 . Per quanto riguarda f2 , invece
determinata da f1 (x) − (−2x) = 2x
f2 (x)
=
f2 (x)
=
x→+∞
(1 + e−x )−1 = 1 − e−x + o(e−x )
1
x→−∞
= ex (1 + ex )−1 = ex − e2x + o(e2x )
−x
e (1 + ex )
usando lo sviluppo (1 + )α = 1 + α + o() con = e−x quando x → +∞ ed
= ex quando x → −∞. La funzione f2 ha dunque un asintoto orizzontale
y = 1 per x → +∞, a cui si avvicina da sotto, ed un asintoto orizzontale y = 0
per x → −∞ a cui si avvicina da sopra. Per la somma f = f1 + f2 , accorpando
gli infinitesimi esponenziali dentro gli o piccoli polinomiali,
1
1
x→+∞
+o
f (x)
=
1+
2x
x
1
1
x→−∞
f (x)
=
−2x +
+o
2x
x
dunque il comportamento asintotico della f verso x → +∞ è di un asintoto
orizzontale y = 1 dato dalla f2 a cui f si avvicina da sopra con la velocità, data
1
dalla f1 , di 2x
. Verso x → −∞ il comportamento asintotico di f è invece lo
stesso di quello di f1 , perché f2 risulta trascurabile.
Esercizio 2: f (x) =
√
4
1 + x2 − x +
1
1+e−x
Esercizio 3 La funzione consiste di un rapporto fra un polinomio di grado
3 al numeratore ed uno di grado 4 al denominatore. Poichè il polinomio al
denominatore non ha zeri reali, essendo sempre positivo, f è definita su D =
R, dominio sul quale è continua e derivabile infinite volte. All’infinito il suo
comportamento sarà
1
x→±∞ 1
+o
f (x) =
x
x
dunque f avrà un asintoto orizzontale y = 0 a cui si avvicina da sopra per
x → +∞ e da sotto per x → −∞.
Per determinare gli zeri della funzione occorrerebbe trovare gli zeri del numeratore, ovvero risolvere l’equazione di terzo grado
p(x) = x3 − 3x2 + 1 = 0
ma questo non è richiesto dall’esercizio: è sufficiente determinare quanti sono,
e sappiamo che una equazione di terzo grado ha sempre da un minimo di 1
ad un massimo di 3 zeri reali. Un polinomio di grado 3 infatti è una funzione
continua con limite +∞ per x → +∞ e limite −∞ per x → −∞, dunque scelto
M sufficientemente grande si avrà f (M )f (−M ) < 0 e, per il teorema degli
zeri (o teorema di Bolzano) avrà almeno uno zero. Per il teorema fondamentale
dell’algebra, inoltre, questi zeri possono essere al più 3. Nello specifico, in questo
caso possiamo osservare che p(−1) = −3, p(0) = 1, p(1) = −1, p(3) = 1, dunque
di nuovo per il teorema degli zeri f avrà almeno 3 zeri x1 ∈ (−1, 0), x2 ∈ (0, 1),
x3 ∈ (1, 3), e questi per quanto detto sono tutti gli zeri della f . In questo caso
il segno della f sarà quindi
f (x) > 0 ⇔ x ∈ (−∞, x1 ) ∪ (x2 , x3 ) ,
f (x) > 0 ⇔ x ∈ (x1 , x2 ) ∪ (x3 , +∞).
Per determinare il numero di massimi e minimi locali possiamo cominciare
notando che f avrà almeno un estremante locale nell’intervallo fra due zeri consecutivi. Infatti in [x2 , x3 ], dove la f è non negativa (e continua), per il teorema
di Weierstrass ci sarà almeno un punto di massimo interno, che sarà dunque
estremante locale per f su R, poiché gli estremi sono entrambi punti di minimo
assoluto per f su [x2 , x3 ], e analogamente in (x1 , x2 ) ci sarà almeno un punto di
minimo locale. Possiamo inoltre dire che f avrà almeno un punto minimo locale
in (−∞, x1 ), ed almeno un punto di massimo locale in (x3 , +∞): vediamo come.
Poiché f (x) → 0 quando x → −∞, per ogni piccolo a piacere si potrà sempre
scegliere M > 0 in modo da ottenere |f (−M )| < . Nell’intervallo [−M, x1 ] si
avranno perciò un massimo ed un minimo, ed il massimo sarà all’estremo x1 , in
cui f (x1 ) = 0. Il minimo invece, per M sufficientemente grande, sarà interno:
se infatti dato un M > 0 il minimo di f in [−M, x1 ] si avesse in corrispondenza
di x = −M , potremmo scegliere M 0 = M + 1, e di nuovo se questo non bastasse potremmo scegliere M 00 = M 0 + 1. Andando avanti in questo modo siamo
certi che prima o poi otterremo un M sufficiente ad avere il minimo all’interno,
perché se cosı̀ non fosse non si potrebbe avere f → 0 per x → −∞. Lo stesso
discorso vale per (x3 , +∞), in cui f avrà almeno un massimo locale. Abbiamo
quindi che f ha almeno 2 massimi locali e 2 minimi locali. Sulla base di cosa
si può stabilire che questi sono anche gli unici estremanti locali della funzione?
[Suggerimento: osservare separatamente numeratore e denominatore]
5
Esercizio 3: f (x) =
Esercizio 4
x3 −3x2 +1
x4 +8
Il dominio D della funzione è dato semplicemente da
D = R \ {0} = {x ∈ R|x 6= 0}
poiché in x = 0 la funzione non è definita. Studiamone dunque il comportamento
nell’avvicinarsi ad x = 0, notando che la funzione è pari: f (x) = f (−x), dunque
non occorre distinguere 0+ da 0−
1
2
1
1
lim
−
e− x2 = lim y 4 − y 2 e−y = 0.
4
2
y→∞
x→0 x
x
La funzione ammette dunque limite finito in x = 0, ed in particolare ammette
un prolungamento continuo
 1
1
1

− 2 e − x2 x =
6 0
x4
x
f˜(x) =

0
x=0.
1
Gli zeri della f˜ sono dati da: x = ±1, x = 0 e poiché il termine e− x2 è
sempre ≥ 0, il segno della funzione è
f (x) ≥ 0
⇔
−1 ≤ x ≤ 1 ;
f (x) < 0
⇔
x < −1 oppure x > 1 .
Il comportamento asintotico all’infinito (±) della funzione si ottiene da
1
1
1
1
1
− x12 x→∞
−
e
=
−
1
−
(1 + o(1)) = − 2 (1 + o(1))
x4
x2
x2
x2
x
dunque la f all’infinito tende a 0 dal basso, come − x12 .
Per quanto visto finora possiamo già dire che la funzione f˜ deve avere almeno
2 massimi locali e 3 minimi locali. Infatti nell’intervallo [−1, 1] la funzione è non
negativa, e si annulla solo agli estremi ed in x = 0, quindi x = 0 sarà un minimo
locale. Per il teorema di Weierstrass, sappiamo anche che sia in [−1, 0] che in
[0, 1] la funzione continua f˜ avrà massimo e minimo: poiché f˜ si annulla agli
estremi di questi intervalli mentre all’interno è sempre positiva, il minimo si
otterrà agli estremi mentre il massimo si otterrà all’interno: possiamo quindi
dire che nell’intervallo (−1, 1) sono presenti due massimi ed un minimo locali.
Inoltre, poiché f → 0 per x → +∞, si avrà che |f | sarà piccola a piacere per x
sufficientemente grande: ∀ > 0 ∃M > 0 tale che |f (x)| ≤ ∀ x ≥ M . Scelto
6
dunque M , e considerando l’intervallo [1, M ], nel quale la f è sempre negativa
e mai nulla tranne in x = 1, di nuovo per il teorema di Weierstrass avremo che
ci sarà un massimo ed un minimo, e mentre il massimo si otterrà all’estremo
x = 1, il minimo sarà invece interno, per M sufficientemente grande, dunque
sarà anche minimo locale per f su D. Andiamo ad osservare più in dettaglio il
comportamento della funzione attraverso lo studio della sua derivata:
1
1
2
2
1
1
4
−
e − x2
f 0 (x) =
− 5 + 3 e− x2 + 3
4
2
x
x
x
x
x
1
2 4
=
(x − 3x2 + 1)e− x2 .
x7
Questa è ancora definita su R \ {0}, continua su tale dominio ed ha limite 0
per x → 0, dunque è prolungabile con continuità in x = 0, ed analogamente a
quanto detto sopra possiamo scrivere

 2 (x4 − 3x2 + 1)e− x12 x 6= 0
ff0 (x) =
x7

0
x=0
notando che questo è il prolungamento continuo di f 0 e non la derivata del
prolungamento f˜0 (che non sarebbe definita in x = 0).
La ff0 si annulla dunque in x = 0 e negli x tali che x4 − 3x2 + 1 = 0. Questa
è una equazione biquadratica, che si risolve ponendo y = x2 , e
√
√
3+ 5
3− 5
2
y − 3y + 1 = 0 ⇔ y = y1 =
oppure y = y2 =
2
2
√
√
√
√
dunque abbiamo 4 soluzioni: x1 = − y1 , x2 = − y2 , x3 = y2 , x4 = y1 .
Gli zeri del prolungamento continuo della derivata, disposti in ordine crescente,
sono dunque x1 < x2 < 0 < x3 < x4 , e per quanto detto sopra, si avrà che
x1 , 0, x4 sono punti di minimo locale per f˜, mentre x2 , x3 sono punti di massimo
locale. Alternativamente, ciò si può vedere studiando il segno della derivata
prima. Per x > 0 questo corrisponde al segno del polinomio di quarto grado
p(x) = x4 − 3x2 + 1, mentre per x < 0 il segno della derivata è l’opposto del
segno di tale polinomio a causa del fattore x27 , che cambia segno in x = 0. Il
polinomio p(x) = x4 − 3x2 + 1 ha grado 4, coefficiente del termine di grado
massimo positivo, e ne conosciamo le 4 radici reali distinte, dunque il suo segno
sarà p(x) > 0 in x < x1 , x > x4 ed x ∈ (x2 , x3 ), mentre sarà p(x) < 0 in (x1 , x2 )
ed (x3 , x4 ). Il segno di f 0 sarà perciò
f0 > 0
0
f <0
⇔ x ∈ (x1 , x2 ) ∪ (0, x3 ) ∪ (x4 , +∞)
⇔ x ∈ (−∞, x1 ) ∪ (x2 , 0) ∪ (x3 , x4 )
e in particolare ciascuno di questi 6 intervalli, preso singolarmente, sarà un
intervallo di monotonia della funzione.
Può essere interessante osservare che in x = 0 hanno limite 0 non solo la
funzione, ma anche tutte le sue derivate: derivando si ottengono infatti dei
1
termini del tipo x1n che moltiplicano e− x2 , ma quest’ultima si annulla in x = 0
più rapidamente di qualsiasi potenza. Come si può vedere dal grafico in Figura
4, ciò comporta un forte appiattimento locale della funzione.
7
Esercizio 4: f (x) =
Esercizio 5
1
x4
−
1
x2
1
e− x2
Il dominio di f è D = R. Indichiamo con σ(x) la funzione segno
1 x>0
σ(x) =
−1 x < 0 .
In questo modo la derivata di f si scrive
f 0 (x) = e−|x+1| (|x − 1| + x σ(x − 1) − x|x − 1| σ(x + 1))
dunque f 0 non è definita in x = 1 né in x = −1, punti in cui gli argomenti dei
valori assoluti si annullano.
La derivata seconda di f , ricordando che la funzione segno, laddove definita,
è una funzione costante e dunque a derivata nulla, è data da
00
−|x+1|
f (x) = e
2 σ(x − 1) − |x − 1| σ(x + 1) − x σ(x − 1) σ(x + 1) +
−σ(x + 1) |x − 1| + x σ(x − 1) − x|x − 1| σ(x + 1)
.
Esercizio 5: f (x) = x|x − 1|e−|x+1|
8
Esercizio 6 Il dominio della funzione in esame è D = R, poiché il polinomio
p(x) = x4 − x2 + 1 non ha zeri reali. Gli zeri della funzione si trovano in
corrispondenza degli x tali che p(x) = 1, ovvero
f (x) = 0 ⇔ x = 0, x = ±1
e analogamente il segno di f è determinato dal segno di p(x) − 1:
f (x) > 0 ⇔ x ∈ (1, +∞) ∪ (−∞, −1) ,
f (x) ≤ 0 ⇔ x ∈ (−1, 1) .
Massimi e minimi locali e intervalli di monotonia della funzione possono essere determinati a partire dal fatto che la funzione logaritmo è una funzione
monotona crescente del suo argomento, dunque i punti di massimo e minimo
di f (x) = log(p(x)) saranno gli stessi punti di massimo e minimo di p(x) e lo
stesso si puó dire per la monotonia. Dagli zeri della derivata di p
√
√
1
p0 (x) = 2x( 2x − 1)( 2x + 1) = 0 ⇔ x = 0, ± √
2
si può cosı̀ sapere che f è monotona decrescente per x < − √12 , ha un minimo
locale in x = − √12 , è poi monotona crescente fino ad x = 0 dove ha un massimo
locale e, poiché f (x) = f (−x), avrà un comportamento speculare per x > 0.
Per quanto riguarda la concavità/convessità, questa non si presenterà nello
stesso modo per f (x) e per p(x), perchè la funzione logaritmo è una funzione
concava, dunque ad esempio per x grande p(x) sarà una funzione convessa
p(x)
x→+∞
x4 (1 + o(1))
=
mentre f (x) sarà una funzione concava
f (x)
x→+∞
=
4 log(x)(1 + o(1)).
È quindi utile studiare la monotonia della derivata prima
√
√
2x( 2x − 1)( 2x + 1)
f 0 (x) =
x4 − x2 + 1
la quale è costituita dal rapporto fra un polinomio di terzo grado con 3 radici
reali distinte ed un polinomio di quarto grado che non si annulla mai. Lo studio
qualitativo della monotonia di questa funzione è perciò analogo a quello svolto
nell’Esercizio 3.
Esercizio 6: f (x) = log(x4 − x2 + 1)
9
Esercizio 7
• f (x) →
D(f ) = R \ {−1, 0, 1}. Comportamento agli estremi del dominio
1
2
per x → −1−
• f (x) → − 12 per x → −1+
• f (x) → 0 per x → 0
• f (x) → −∞ per x → 1−
• f (x) → +∞ per x → 1+
• f (x) → +∞ per x → ±∞
Studio della derivata prima:
f 0 (x) =
σ(x + 1) log(x2 ) − 2|x + 1| x1
log2 (x2 )
= σ(x + 1)
1
x+1
−2
log(x2 )
x log2 (x2 )
dunque D(f 0 ) = D(f ) e f 0 (x) = 0 quando x log(x2 ) = 2(x + 1), cioè quando
log(|x|) = 1 +
1
x
1
⇐⇒ |x| = ee x .
Per x > 0 questa equazione ha una unica soluzione che diciamo x∗ , lo si può
provare graficamente, e per verifica diretta si vede che x∗ > 1. Per x < 0 invece
non ha nessuna soluzione diversa da x = −1, e lo si può provare con il seguente
argomento.
1
1. Detta g(x) = ee x +x, allora per x 6= −1 gli zeri di f 0 nel semiasse negativo
sono gli stessi di quelli di g.
1
2. Dal grafico della funzione e x , si vede che gli zeri possibili della g sono:
1
nessuno, se y = −x sta sempre sopra a y = ee x ; uno, se y = −x è
1
1
tangente in un punto a y = ee x ; due, se y = −x interseca y = ee x .
3. Per ispezione diretta, si vede che in x = −1 la g si annulla: questo punto
non appartiene al dominio di f 0 , dunque f 0 può avere al più uno zero.
4. Poiché per x → 0− si ha che g(x) tende a 0 dal basso, allora g(x) sarà
negativa in un intorno sinistro di zero; inoltre g(x) → −∞ per x → −∞.
Per la continuità della g, ciò comporta che se g si annulla in un punto
x0 < 0, allora deve esistere un massimo locale della g in un punto x1 ≤ x0
e tale che g(x1 ) ≥ 0.
5. Per la regolarità della g, questo massimo deve corrispondere a un punto
di annullamento della sua derivata
g 0 (x) = 1 −
e 1
ex
x2
1
che si annulla se x2 = ee x .
1
1
6. Di nuovo dal grafico della funzione e x , si vede che l’equazione x2 = ee x
può avere zero, una o due soluzioni. Per ispezione diretta si ha che x = −1
risolve anche questa equazione.
10
7. Poiché x = −1 è uno zero della g in cui si annulla la sua derivata, e
poiché questa non può annullarsi in più di un altro punto, allora x = −1
rappresenta l’unico massimo della g, e dunque il suo unico zero. Ciò
comporta che la f 0 non si annulla mai nella parte di semiasse negativo del
suo dominio.
Dal comportamento agli estremi del dominio, dal fatto che il dominio della
derivata prima coincide con il dominio della funzione, e dalla conoscenza degli
zeri della derivata prima, possiamo dedurre gli intervalli di monotonia, che sono
- monotona decrescente in ] − ∞, −1[ ∪ ]0, 1[ ∪ ]1, x∗ ]
- monotona crescente in ] − 1, 0[ ∪ [x∗ , +∞[
e l’unico estremante locale di f è in x = x∗ , punto critico di minimo. f può
inoltre essere prolungata con continuità in x = 0, che è punto di massimo locale
per tale prolungamento.
Esercizio 7: f (x) =
11
|x+1|
log(x2 )
5 −
Esercizio 8: A sinistra la funzione
y
=
arctan(x),
al
centro
y
=
log
1 destra f (x) = arctan 2 − log 5 − x2 .
1 x2 ,
a
2
Esercizio 9: In blu f (x) = −x2 + x2 (x2 )−x . A destra, in rosso la funzione
2
2
y = (x2 )−x = e−2x ln x e in verde la funzione y = −x2 + x2 .
12