S È - L`Adige
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Cultura e Società 10 domenica 29 gennaio 2012 MEMORIA Vittime e carnefici I numerosi spunti di riflessione dalle ricerche di Steinacher sui fatti in Sudtirolo Quei nazisti impuniti e le altre «amnesie» Alla fine del conflitto molti criminali riuscirono a nascondersi in Alto Adige (qualcuno anche in Trentino) e poi a scappare all’estero ZENONE SOVILLA È principalmente grazie a uno storico austriaco che negli ultimi anni sono state illuminate alcune pagine buie della storia del dopoguerra in regione (la ricerca «autoctona» evidentemente si è occupata d’altro). Lo studioso è il tirolese Gerald Steinacher, per anni all’Archivio provinciale di Bolzano nonché autore di una tesi di laurea (a Innsbruck) sul Trentino durante l’occupazione nazista, oggi professore all’Università americana del Nebraska. Lo storico austriaco non è «solo» un cacciatore di criminali nazisti (spesso impuniti) ma un intellettuale che ci aiuta a conoscere e analizzare il contesto nel quale alcune dinamiche aberranti e sanguinose hanno potuto avere luogo quando si trattò di scegliere da che parte stare. Steinacher ha disvelato fra l’altro i meccanismi che nell’immediato dopoguerra avevano trasformato il Sudtirolo in un crocevia di conclamati criminali nazisti e fascisti provenienti dall’Italia e da altri Paesi: qui ricevevano una nuova identità, venivano nascosti - in molti casi da istituzioni ecclesiastiche - e poi fatti espatriare verso una nuova e luminosta esistenza (in Sudamerica, Spagna o Medioriente) con la complicità della Croce rossa. Una radiografia nella quale emergono i tratti di una diffusa adesione ideale già prima del conflitto mondiale, della collaborazione durante, e della connivenza dopo, favorita dalle ragioni della Guerra fredda e dell’anticomunismo che subentrarono ben presto a quelle della giustizia per i crimini nazifascisti umiliandone le vittime. Una sintesi di questa ricerca si trova nel volume «La via segreta dei nazisti», edito in Italia da Rizzoli nel 2010. L’adesione al nazismo, prima, e l’aiuto ai criminali di guerra, poi, sono i due aspetti messi a fuoco da Steinacher che si chiede quali siano state le ragioni di tali scelte e constata con amarezza che di un grande numero di carnefici si conoscono esattamente gli atti omicidi ma nulla del loro destino: volatilizzati. Per altri si sa che fu l’Austria a non concedere mai l’estradizione, per esempio verso l’Italia. Come nel caso emblematico di Alois Schitlholzer da Innsbruck, comandante della Scuola cacciatori alpini Ss di Predazzo all’epoca dell’Alpenvorland, l’area amministrativa creata nell’autunno 1943 assoggettando direttamente al Terzo Reich le province dolomitiche di Trento, Bolzano e Belluno, il cui controllo fu assegnato ai frementi nazisti tirolesi. S chitlholzer era già noto per aver guidato le persecuzioni antiebraiche anche a Merano (dove operò col supporto del Sod, il Servizio d’ordine sudtirolese). Fu sempre lui a guidare, fra l’altro, la repressione che scatenata il 20 agosto 1944 contro i partigiani e le popolazioni bellunesi dell’Agordino. Migliaia di uomini calarono sulla valle del Biois dai passi San Pellegrino e Valles, che collegano l’Agordino alla val di Fiemme. Altri giunsero da sud. Buona parte dei miliziani apparteneva al Polizei Regiment Bozen, cui fu attribuita la principale responsabilità operativa, ma arrivarono in zona anche varie compagnie del Corpo di sicurezza trentino (in tutto circa 3200 giovani arruolati dai nazisti con il beneplacito del commissario prefettizio Adolfo De Bertolini). In due giorni fu fatta terra bruciata: 44 persone uccise, interi paesi dati alle fiamme, 645 abitanti persero la casa. Schintlholzer, tre volte arrestato e l'Adige A favorire fuga e protezione di personaggi come Eichmann fu il clima della Guerra Fredda che frenò la giustizia in un’ottica anticomunista Gerald Steinacher, una pagina significativa riguarda il gruppo di esponenti del governo filonazista francese di Vichy che trovarono rifugio a Trento mentre ben cinquecento persone compromesse nella repubblica collaborazionista raggiunsero il Sudtirolo per poi proseguire la fuga o rimanerci anche vari anni aspettando un’amnistia. Francis Bout-de-l’An, viceministro di polizia, trovò riparo nella tenuta della famiglia von Lutterotti a villa Fontanasanta di Cognola. «I LA CRUDELTÀ Josef Mengele (a sinistra) durante i suoi crudeli esperimenti medici condotti su detenuti (anche bambini) del campo di sterminio di Auschwitz. Nel dopoguerra riuscì a fuggire in Sudamerica come molti altri con una carta d’identità rilasciata dal Comune di Termeno AUDIOLIBRO rilasciato nel dopoguerra, visse tranquillamente a Innsbruck fin dagli anni Sessanta e quando nel 1988 giunse la tardiva condanna italiana all’ergastolo, l’Austria non concesse l’estradizione. E nessun altro militare fu mai punito per la strage della valle del Biois. Una storia simile è quella del capitano Ss Karl Julius Hegenbar (1903-1990), un feroce criminale di guerra condannato all’ergastolo e mai estradato dall’Austria dove faceva il meccanico. Giunto in Valsugana con alle spalle una lunga carriera di boia nell’Europa dell’Est, Hegenbart alloggiava a Villa Kofler di Roncegno, detta «Villa triste» per le torture durante gli interrogatori condotti dal regista della repressione nella zona in cui nell’estate ‘44 alcuni giovani del luogo costituirono il battaglione «Gherlenda» con l’aiuto dei partigiani bellunesi della brigata Gramsci, attestata in forze sulle vicine Vette Feltrine. Molti di quei partigiani, fra l’altro, finirono nel lager di Bolzano. Fu Hegenbart a seviziare la giovanissima partigiana di Castello Tesino Clorinda Menguzzato «Veglia», nell’ottobre 1944, e a ordinare nel febbraio 1945 a un milite fiemmese del Corpo di sicurezza trentino di uccidere Ancilla Marighetto «Ora», in fuga verso Lamon ma raggiunta dopo un inseguimento nei boschi vicino al passo del Brocon (malga Valarica di sotto). Sulle vicende del Trentino orientale e anche più in generale sono fondamentali le ricerche dello studioso di Borgo Valsugana Giuseppe Sittoni raccolte fra l’altro nei volumi «Uomini e fatti del Gherlenda» e «Sudditi fedeli e contro. Durante l’occupazione nazista». Per tornare alle indagini svolte da L’attore legge il celebre romanzo di Bassani «Il giardino dei Finzi Contini» narrato da Baliani er il giorno della memoria, quel maestro del teatro di narrazione che è Marco Baliani invita ad ascoltare un piccolo classico della nostra letteratura del secondo Novecento, «Il giardino dei Finzi Contini» di Giorgio Bassani in versione audiolibro (regia di Flavia Gentili, Emons edizioni, un cd di sette ore e 40 minuti, 16,90 euro). . E lo stesso Baliani spiega che «il romanzo riesce a parlarti di un pezzo terribile della nostra storia attraverso i sentimenti umanissimi di un gruppo di giovani che si avvia alla vita, vita che sarà interrotta nei campi di concentramento. E lo fa parlandoti della loro vita quotidiana, lasciando i temi del razzismo, della deportazione, delle persecuzioni fuori del giardino di casa Finzi Contini, quindi ancor di più riesce a farti sentire questo orrore, proprio perchè il lettore sta seguendo il percorso giovanile di amori non corrisposti, di mondi che si stanno aprendo, e P di un gruppo di giovani che sta imparando a diventare adulto». Il romanzo narra in prima persona le vicende di un gruppo di giovani che, alla vigilia delle persecuzioni razziali contro gli ebrei, si incontra nel favoloso giardino della villa dei Finzi-Contini a Ferrara. Ignari di quello che il futuro avrebbe loro riservato, fra partite di tennis e discussioni politiche, essi assistono alla nascita di amori delicati ed infelici, sullo sfondo degli orrori della Storia. Si tratta di un’opera letteraria che appare come «una memoria reinventata attraverso una forte componente immaginativa, soprattutto rispetto ai tempi di oggi, tempi in cui ci fanno credere che la memoria sia oggettivabile», conclude Baliani, che trova in questa reivenzione artistica una verità che va oltre il dato freddo, che il documento non può trasmettere. Dal romanzo fu tratto il film omonimo, diretto da Vittorio De Sica. n questo podere - scrive Steinacher nella rivista Südtiroler Landesarchiv pare siano giunti, grazie a intermediazioni della curia di Trento, diversi fuggitivi, Ss o collaborazionisti. Il provicario per il Sudtirolo della diocesi di Trento, mons. Josef Koegl, fece da intermediario per far arrivare ai Lutterotti fuggiaschi di diversi orientamenti politici». Durante il conflitto si trattava di perseguitati da Hitler, ma nel dopoguerra erano nazisti. Lo stesso Karl von Lutterotti patì come oppositore la repressione nazista, tuttavia trasformò «in senso cristiano» la casa in un rifugio per gli uomini di Vichy, politici e non solo. «A Fontanasanta - ricorda lo storico approdarono dalla Francia alcuni noti scrittori e giornalisti. Tra di loro Georges Blond, che scrisse durante il periodo di Vichy per le riviste di destra e antisemite Action française e Revue française. (...) Assieme ad altri scrittori nazionalfascisti, venne invitato e ospitato in più occasioni in Germania da Goebbels». Blond fu poi molti anni a Merano e pubblicò sulla stampa locale, con lo pseudonimo Giorgio Blondel, vari articoli; in uno auspicava un’amnistia generale in Francia. Anche un altro ricercato, Marcel Mienville, fu fra gli ospiti a Cognola: se ne andò solo nel 1953 lasciando una breve lettera di ringraziamento: «Quest’ultima sera a Fontanasanta mi fa coltivare la speranza e lascio l’Italia con molti ricordi e con fiducia». Nel foglio, ricorda Steinacher, c’è un piccolo disegno: un uomo dietro le sbarre. «Mienville - scrive lo studioso - aveva di che essere ottimista: grazie all’amnistia in Francia non poteva più essere perseguitato come filonazista. Per lui come per molti altri, era valsa la pena eclissarsi oto anni». Fra gli interrogativi che sorgono di fronte alle minuziose ricerche di Steinacher non può mancare naturalmente quello sulle ragioni delle piccole o grandi amnesie (a proposto di Giorno della memoria...) del territorio. Intere pagine altamente significative pressoché tralasciate per decenni. E poi resta sospesa la domanda che si pone lo studioso austriaco: «Perché mai criminali nazisti di primo piano come Eichmann e Mengele trovarono rifugio in Sudtirolo assumendo nuove identità per la fuga? Perché Eichmann è diventato bolzanino e Mengele un cittadino di Termeno?».