salvatore maria perrella prefazione

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salvatore maria perrella prefazione
SALVATORE MARIA PERRELLA
PREFAZIONE
LE “VISITE” DI MARIA: DONO PER LA FEDE E SFIDE PER LA RAGIONE
PP. 5-30
Di solito quando si parla di apparizioni mariane si sottovaluta il fatto che questi autentici
doni celesti di presenza, di mediazione e di sollecitudine materna della Vergine Maria hanno una
valenza non solo teologica, spirituale, teologale, ecclesiale ed escatologica, ma anche
antropologico-sociale, in quanto se accolte con intelligenza e con sapienza inducono soprattutto i
credenti ad essere evangelicamente “lievito nella massa” (cf. Mt 13,33; Lc 13,20-21) per
trasformare secondo il cuore di Cristo l’umanità dei nostri giorni assai secolarizzata, sovente
lontana o indifferente a Dio e ai suoi valori, di cui, comunque, avverte, seppur con stridenti
contraddizioni, l’estremo bisogno.1 Il “disincanto” che ne è scaturito se non viene rievangelizzato
dalla Parola e dal Cuore di Dio porta inevitabilmente con sé una visione atea e aspra della vita,
frustrando altresì il necessario bisogno di una speranza affidabile,2 come in più occasioni hanno
richiamato sia papa Wojtyła sia papa Ratzinger.3 Le apparizioni e i messaggi della Donna
1
Cfr MASCIARELLI M. G., Il cuore. Spiritualità, Cultura, Educazione, Tau Editrice, Todi 2008, 79-101: «Gesù, un
salvatore di cuore».
2
Cfr. HAUGHT J. F., Dio e il nuovo ateismo, Queriniana, Brescia 2009; E. CIBELLI, Nuovi ateismi nel contesto
contemporaneo, in Rassegna di Teologia 50 (2009) 647-659; TAYLOR CH. – DOTOLO C., Una religione «disincantata».
Il cristianesimo oltre la modernità, Messaggero, Padova 2012.
3
Prima Giovanni Paolo II e ora Benedetto XVI, specie con l’enciclica Spe salvi, nonostante la cruda realtà dei primi
anni del terzo millennio, che per tanti versi possiede ancora intatta la virulenza di “un tempo infedele”, come è stato
sostanzialmente il secolo ventesimo, hanno invece spronato i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà a
dell’Evangelium vitae, se sapientemente accolti, sanno suscitare nei riottosi una positiva e feconda
nostalgia di Dio nella persistente crisi dell’uomo contemporaneo.4
Come ben documenta il presente volume di Antonino Grasso edito dalla Editrice Ancilla di
Conegliano (TV), dal titolo Perché appare la Madonna? Per capire le apparizioni mariane, sin
dagli inizi del cristianesimo, qua e là, in Oriente ed Occidente, ieri e oggi, si susseguono notizie di
apparizioni (mariofanie)5 o di lacrimazioni6 della Madre celeste, che la Chiesa nel suo ponderato
magistero prudentemente e saggiamente vaglia, discerne, autentica e ufficializza come vere o non
vere manifestazioni della sua presenza, dei suoi incontri o visite a persone a ciò deputate dal
disegno di Dio. Esse sono vere straordinarie epifanie di presenza della Theotokos che, specialmente
negli ultimi due secoli, attirano l’attenzione di numerosi fedeli, curiosi, scettici, studiosi e operatori
di comunicazione sociale. Questo vasto, variegato e sorprendente fenomeno, comunque, non
riguarda solo la Chiesa cattolica, la teologia, il diritto canonico, la teologia ecumenica, le scienze
psicologiche e mediche, ma anche le scienze sociali,7 che talvolta snobbano tale fenomenologia, in
quanto, come annota Clodovis Boff nel suo noto volume di mariologia sociale, gli «scienziati
sociali studiano il ‘paese profondo’, ma ancora molto poco la ‘chiesa profonda’, che è proprio
quella del cattolicesimo popolare e delle sue apparizioni».8
1. Le apparizioni: argomento rischioso?
Il noto teologo René Laurentin nella presentazione del suo Dizionario delle “apparizioni”
della Vergine Maria pubblicato in collaborazione con Patrick Sbalchiero, prima in edizione
francese e ora in quella italiana, giustamente ritiene che le apparizioni della Madre di Gesù come le
liberarsi dalla iniqua e improduttiva etica della rassegnazione, così presente nei nostri difficili giorni, per confidare
pienamente e tenacemente nel Dio di Gesù Cristo, Signore della storia, Provvidenza che non fa mai mancare il pane
della speranza: Duc in altum! (cf. Lc 5,4). La speranza, infatti, è dono-virtù veniente dal mistero trinitario di Dio: essa è,
infatti, fondata in Dio (cf. Sal 62,6; Sal 71,5; 1 Pt 1,21) e in Cristo, il quale è «la nostra speranza» (1Tm 1,1). Si veda:
MASCIARELLI M. G., La grande speranza. Commento organico all’enciclica «Spe salvi» di Benedetto XVI, Tau
Editrice, Perugia 2008.
4
Su tale tematica è essenziale il riferimento alla nota opera di HORKHEIMER M., La nostalgia del totalmente Altro,
Queriniana, Brescia 1972; cf. anche SERPA R., La religione, il sacro e il santo, in Sapienza 55 (2002), 257-269;
FRANCHI A., Ritornare alla nostalgia. Osservazioni sulla crisi dell’uomo contemporaneo, ibidem, 271-294.
5
Per il compianto mariologo Stefano De Fiores († 15 aprile 2012) tale espressione indica delle apparizioni della
Vergine che ne illuminano la persona e la sua funzione. Infatti «Maria è identificata sempre come Madre di Gesù, ma
non appare personaggio del tempo passato. Ella si presenta come persona viva, luminosa, glorificata, che si interessa dei
suoi figli e della sorte del mondo. La “piena di grazia” (Lc 1, 28) si esplicita in “immacolata” davanti a Caterina
Labouré (1830) e a Bernadette (1858), divenendo un’illustrazione efficace del dogma definito tra l’una e l’altra
apparizione (1854). Soprattutto Maria non appare per proclamare un altro vangelo, ma per far vivere gli atteggiamenti e
l’atmosfera dell’unico vangelo. Ella richiama alle esigenze evangeliche (“preghiera e penitenza”), suscita il senso della
solidarietà (“non c’è chi preghi e si sacrifichi per loro”), conduce ai sacramenti (“voglio una cappella”). Maria continua
ancora ad essere la serva del Signore ed a condurre a lui. Le sue apparizioni fanno rivivere il vangelo: si rinnovano i
prodigi di conversioni e guarigioni, ricompaiono le folle che acclamano e pregano, rinasce la speranza e la gioia, sono
perdonati i peccati, si riascolta il messaggio di Cristo. L’esperienza dei santuari, come Lourdes e Fatima, conferma
questa prospettiva» (DE FIORES S., Maria Madre di Gesù. Sintesi storico-salvifica, EDB, Bologna 19983, 355-356; cfr.
l’intero assunto alle pp. 347-360).
6
Cfr. GAMBA M., Le lacrime di Maria. Truffa o prodigio?, Messaggero, Padova 2008.
7
Lo studioso italiano Giuseppe Scarvaglieri ha il merito di aver posto e di essersi soffermato come sociologo sul vasto e
complesso fenomeno mariano che ha un grande impatto sulla vita sociale non solo dei credenti: cfr. SCARVAGLIERI G.,
Sociologia, in DE FIORES S. – FERRARI SCHIFFER V. – PERRELLA S. M.. (a cura di), Mariologia. I Dizionari, San Paolo,
Cinisello Balsamo 2009, 1113-1122.
8
BOFF C. M., Mariologia sociale. Il significato della Vergine per la società, Queriniana, Brescia 2007, 574. La
richiamata episodicità o trascuratezza di attenzione delle scienze sociologiche verso il complesso e vasto fenomeno
apparizionistico e mariofanico, sembra confermato dal pur ottimo studio di SCARVAGLIERI G., Sociologia del fenomeno
mariano. Il punto della situazione, in Marianum 70 (2008), 203-313, ove il sociologo vi dedica un brevissimo passaggio
con un’icastica indicazione bibliografica a p. 237 nota 82, e un altro accenno a p. 279 nota esplicativa 176.
altre “rivelazioni private” o “rivelazioni profetico-carismatiche” etc.,9 sono di solito contrastate,
almeno agli inizi, da tre tipologie di riserva, di rigetto, di ostacolo. Esse sono: - la riserva
amministrativa; - la riserva accademica; - la riserva ecclesiastica.10 Ma diamo la parola al
Laurentin, che annota meticolosamente:
- la riserva amministrativa viene sostanzialmente da parte degli Stati. Nel senso che lo
«Stato come la natura, secondo l’acuta osservazione fatta da Jacques Monod, premio Nobel per la
biologia, nel suo famoso libro Il caso e la necessità: quando un caso (una mutazione biologica) fa la
sua comparsa in un genere, intervengono i meccanismi di rigetto per ridurlo alla necessità;
eliminandolo oppure assimilandolo all’ordine ripetitivo delle strutture stabilite di generazione in
generazione. Questo principio universale regge anche l’ordine amministrativo e sociale. E analoghe
sono le soluzioni: eliminazione o integrazione. Così Guadalupe, Lourdes e Fatima sono diventate,
dopo l’iniziale emarginazione e contestazione, istituzioni di portata nazionale, sia sul piano secolare
che su quello religioso»;11
- la riserva accademica proviene dal fatto che «per ogni veggente, le apparizioni sono
comunicazioni con l’aldilà, inaccessibili ai normali mezzi sensoriali. Esse sono quindi, per la
recezione accademica, dei non luoghi. Se, tuttavia, si sofferma su di esse, è per riportarle ed
inquadrarle al suo livello, secondo il metodo scientifico che non prende in considerazione, né in
sociologia né in medicina, le presunte cause soprannaturali: il diavolo o il Buon Dio. Alcuni le
definiscono come racconti di cui è necessario stabilire la genesi interna e specifica sul piano
letterario o semiotico: studio di una tradizione folklorica o di una struttura di cui si esaminano le
varianti, ma soprattutto gli stereotipi. Per altri, molto meno numerosi (medici e psicologi), questi
fenomeni che solo il veggente percepisce sono fenomeni psicologici che devono essere considerati
alla stregua di allucinazioni, di sogni, o di fantasticherie. Fino ad ora si è trascurato il fatto che studi
encefalografici delle estasi hanno escluso queste spiegazioni. Altri ancora hanno definito le
apparizioni come fenomeni antropologici e hanno tentato di collocarli in questo quadro umano,
senza soffermarsi sul riferimento personale, perfino trascendente, che per i veggenti costituisce
l’essenziale. Gli inquadramenti secolari di questo fenomeno religioso sono coerenti quanto alla
definizione del loro oggetto e del loro metodo; di solito, però, non tengono conto dei valori e delle
conseguenze che vivono e, talvolta, generano coloro che sperimentano questo fenomeno, e sono
privi dell’apertura interdisciplinare sufficiente a valutare l’integralità dei fatti. Questi approcci
possono quindi essere presi in considerazione, ma non portano ad una spiegazione […]. La scienza
attuale, alle prese con la relatività, le relazioni di incertezza, eccetera, è passata dal razionalismo
semplicista e dallo scientismo a una razionalità più diffusamente aperta all’ignoto, senza però
rinunciare alla ragione e all’esigenza di non ammettere nulla che non sia fondato e verificato
mediante l’esperienza»;12
- la riserva della Chiesa, infine, è sicuramente, secondo il Laurentin, la più paradossale per
chi non conosce la storia del cristianesimo, specialmente cattolico-romano. Infatti, la «Chiesa è fra
le istituzioni più riservate su questo ambito religioso e spirituale, apparentemente ad essa essenziale
e familiare. Ora, a tutti i livelli, la pastorale normalmente soffoca le apparizioni, provocando così
tensioni e conflitti spesso duraturi […]. Questa opposizione e questa riserva della Chiesa sono
9
Cfr. SUH A., Le rivelazioni private nella vita della Chiesa, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2000; DERMINE F.
M., Mistici, veggenti e medium. Esperienze dell’aldilà a confronto, LEV, Città del Vaticano 2003.
10
Cfr. LAURENTIN R., Introduzione, in LAURENTIN R – SBALCHIERO P., Dizionario delle apparizioni della Vergine
Maria, Edizioni ART, Roma 2010, 21-25.
11
Ibidem, 21.
12
Ibidem, 21-22. Sull’apertura della scienza all’ignoto, alla trascendenza senza pregiudizi, cfr. il volume del cosmologo
e fisico, nonché sacerdote polacco HELLER M., Nuova fisica e nuova teologia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2009.
motivate da fondamenti irrecusabili, di cui è necessario avere piena conoscenza e piena
coscienza».13
Nonostante gli ostacoli, le riserve e i freni di diversa natura e provenienza, che di per sé
possono risultare anche utili in ordine all’accertamento della loro veridicità, le apparizioni della
Vergine, e questo è un fatto incontestabile, sono all’origine di cospicui ritorni a Dio e ai suoi valori
evangelici, al sorgere di molti santuari e di importanti pellegrinaggi come testimoniano, ad esempio,
Monte Berico, Guadalupe, Lourdes, Fatima, Kibeho, etc.14 Per cui non è ozioso e non è secondario
scrivere bene e con rigore su questi fenomeni. Infatti, osserva il liturgista Silvano Maggiani, è assai
importante «rimarcare la necessità di doversi “sporcare le mani” da parte di mariologi e teologi in
genere, così come aveva osato K. Rahner, per aiutare a comprendere ed interpretare il fenomeno
mariofanico. Ritengo che la “nuova stagione” di interesse per la comprensione e l’ermeneutica delle
mariofanie, più che alla diversificata proliferazione delle presunte apparizioni, sia da attribuire ad
alcuni eventi o interventi autorevoli che hanno sollecitato l’interesse di chi ha responsabilità di dare
ragione di fatti e contenuti che riguardano direttamente o indirettamente la fede personale ed
ecclesiale».15
Anche per questo dobbiamo essere grati ad Antonino Grasso per questa sua ultima fatica,
che “rende ragione” di queste delicate tematiche anche dal punto di vista della finalità pastorale.
2. Apparizioni e Visioni: alcune chiarificazioni
Il teologo gesuita Giandomenico Mucci con brevi parole distingue e delinea la natura delle
visioni e delle apparizioni: con «il termine ”visione” s’intende la percezione soprannaturale di un
oggetto, che è naturalmente invisibile per l’uomo, e col termine “apparizione” la manifestazione
sensibile di una persona o di un essere la cui presenza, nelle precise circostanze nelle quali si
produce, non può essere spiegata secondo il corso ordinario della natura. La visione, dunque, non
implica necessariamente l’esperienza reale, ossia la presenza attuale, del suo oggetto. L’apparizione
la suppone, sicché appartiene alla sua nozione il fatto che l’oggetto si manifesti ai sensi esterni».16
Mentre S. Barnay ama distinguere filologicamente e fenomenicamente tra visione ed
apparizione, sostando particolar-mente sulla seconda: «Distinte dalle visioni da una terminologia
latina o volgare specifica (apparire, apparitio e loro derivati), le apparizioni sono definite come
manifestazioni sensibili del mondo divino. Sono caratterizzate dall’intervento di personaggi
dell’aldilà (Dio, Cristo, la Vergine Maria, il diavolo, gli angeli, i santi, gli spiriti dei defunti, ecc.) o,
più raramente, di elementi celesti (segni luminosi, prodigi cosmici) nella vita quotidiana del
visionario. A differenza di chi è favorito da una visione, chi ha un’apparizione conserva la
percezione normale dello spazio nel quale si trova, senza provare la sensazione di un mutamento
spaziale o di una perdita di coscienza, anche se talvolta può succedere che l’apparizione avvenga
13
LAURENTIN R., Introduzione, in LAURENTIN R – SBALCHIERO P., Dizionario delle apparizioni della Vergine Maria,
op. cit., 23. Negli ultimi anni, comunque, si sono verificati talmente tanti asseriti fenomeni soprannaturali che la Chiesa
nei suoi pastori fa bene a vagliare con severità e, in diversi casi, ad opporsi per manifesto dolo dei protagonisti. Su tale
questione rimandiamo a: AA. VV., Rivelazioni private e fenomeni straordinari, in Religioni e Sette nel mondo 8 (2009)
n. 4, pp. 7-189, dove vengono fra l’altro presentati i casi controversi del “Gesù Bambino di Gallinaro”, della “Croce di
Dozulé”, di “Conchiglia”, dei “Cenacoli Serafici, di “Fra’ Elia”, etc.
14
Si veda l’informato ma sintetico volume di: BOUFLET J. - BOUTRY PH., Un segno nel cielo. Le apparizioni della
Vergine, Marietti, Genova 1999.
15
MAGGIANI S. M., Prefazione, in PERRELLA S. M., Impronte di Dio nella storia. Apparizioni e mariofanie,
Messaggero, Padova 2011, 6.
16
MUCCI G., Rivelazioni private e apparizioni, Elledici-La Civiltà Cattolica, Torino-Roma 2000, 38; l’autore distingue
e sintetizza la natura, i contenuti, la convenienza e finalità della visione corporale o esteriore; della visione spirituale o
immaginaria; della visione intellettuale (cf. ibidem, 38-46).
durante un sogno o un’estasi. L’assenza di questo tipo di dettagli topografici o descrittivi rende
difficile la distinzione tra una visione e un’apparizione».17
Il teologo tedesco Karl Rahner nel suo volume Visioni e profezie, da par suo chiarisce che
cosa esse sono rispetto alla Rivelazione pubblica, specificandone anche la funzione:18 «Le
rivelazioni private (o particolari) non possono essere messe sullo stesso piano della Rivelazione
fondatrice divina data dal Cristo, riportata nella Scrittura e trasmessa dalla tradizione della Chiesa.
Esse non sono nemmeno superflue ripetizioni celesti di tale Rivelazione pubblica oppure un aiuto
intellettuale per conoscere qualcosa che fondamentalmente potrebbe essere anche conosciuto senza
quest’aiuto. Poiché ciò che in una determinata situazione esprime la volontà di Dio, non si lascia
deviare dall’aspetto logico dei principi generali del dogma oppure dalla morale neanche col
sostegno delle analisi delle situazioni esistenti […]. Le rivelazioni private sono nella loro natura un
imperativo di condotta, un comando, di come dovrebbe agire la cristianità di fronte a una
determinata situazione storica. Non sono delle nuove enunciazioni che ci vengono offerte dal
soprannaturale, ma un nuovo comando».19 Per cui, asserisce ancora Rahner, le rivelazioni private, o
meglio le visioni profetiche, «non sono superflue, una sorta di corso celeste di ripetizione della
rivelazione generale o una maieutica intellettuale»,20 ma esse detengono «un significato
insostituibile nella Chiesa».21 Il teologo tedesco, inoltre, supera la posizione comune dei teologi
scolastici (soprattutto domenicani e gesuiti), poi codificata dal card. Prospero Lambertini futuro
Benedetto XIV (1740-1758) nella sua nota Opus de servorum Dei beatificatione… circa la “fede
umana” da prestare alle visioni e alle rivelazioni private, parlando chiaramente di una sorta di «un
diritto e un dovere di fede (fides divina)»,22 non solo da parte dei destinatari di tali fenomeni, ma
anche da quanti ne vengano a conoscenza. Pur essendo relative in rapporto alla Rivelazione divinobiblica, esse vanno lette e interpretate nel contesto non banale della teologia dei carismi, che, come
insegna il Vaticano II nella costituzione dogmatica de Ecclesia, sono doni da «accogliere con
gratitudine e consolazione» (Lumen gentium, 12).23
Le apparizioni non sono solo manifestazioni sensibili di una persona celeste che si mostra al
veggente-percipiente-testimone; si possono anche verificare come manifestazioni simboliche di
esseri o di realtà celesti o inerenti la fede cristiana. A tal riguardo non va dimenticato che Colei che
di solito appare ai veggenti e ai percipienti24 di tutte le longitudini e le latitudini del nostro mondo e
della nostra storia di viandanti, è la glorificata Madre del Signore. La Vergine assunta, come ci
attestano i fatti mariofanici noti e meno noti, appare, parla, prega, maternamente ammonisce,
17
BARNAY S., Apparizioni, in VAUCHEZ A. (ED), Dizionario Enciclopedico del Medioevo, Città Nuova, Roma 1998,
vol. 1, 119.
18
Cfr. RAHNER K., Visioni e profezie. Mistica ed esperienza della trascendenza, Vita e Pensiero, Milano 19952;
l’originale tedesco è del 1952.
19
Ibidem, 50; cfr. l’intero assunto alle pp. 33-54: «Possibilità e significato teologico di rivelazioni private e visioni».
20
Ibidem, 50.
21
Ibidem, 55.
22
Cfr. Ibidem, 47.
23
Cfr. PERRELLA S. M., Le apparizioni mariane. Dono per la fede, sfida per la ragione, San Paolo, Cinisello Balsamo
2007.
24
Il veggente, secondo gli esperti, è colui che vede un essere o una situazione soprannaturali (o non presenti) tramite
una individuale sensibilità interiore, la quale registra l’oggetto della visione nella interiorità soggettiva, cioè nell’animo
o nell’anima, nella mente, nel pensiero, nelle facoltà immaginative e rielaborative, nel cuore affettivo ed emozionale,
nelle zone delle fantasie. La verità del veggente è verificabile solo controllando le situazioni e le zone del di qua, ossia
lo stato delle facoltà corporee: ad esempio estasi, sospensione del senso del tempo e del luogo, alterazioni delle funzioni
cardiocircolatorie, assenza della sensibilità; la verità dell’Aldilà non è verificabile se non con i criteri della credibilità e
della fiducia. Per comprendere con cognizione di causa il valore teologico e testimoniale del veggente, portatore di
messaggi e rivelazioni celesti, e quindi essere a conoscenza dello statuto epistemologico del servizio ecclesiale del
veggente, si vedano DE FIORES S., Veggente, in DE FIORES S. - GOFFI T. (EDD), Nuovo Dizionario di Spiritualità,
Paoline, Roma 1979, 1662-1677; VERNETTE J., Veggenza, in SBALCHIERO P. (ED), Dizionario dei miracoli e dello
straordinario cristiano, EDB, Bologna 2008, vol. 2, 1815-1821; STILWELL P., Veggenti, in MOREIRA AZEVEDO C. A. CRISTINO L. (EDD), Enciclopedia di Fatima, Cantagalli, Siena 2010, 534-538.
profetizza, esorta a tornare a Dio, è latrice di messaggi e di visioni celesti e non, etc.25 A questo
riguardo ci appare ancora utile proporre un’osservazione fatta dal teologo cappuccino Angelo
Pizzarelli nel suo importante studio circa la presenza pneumatica della Vergine sulla base del cap.
15 della prima Lettera ai Corinzi:26
«Il dogma dell’assunzione in anima e corpo [di Maria] suggerisce una nuova ermeneutica delle
stesse apparizioni mariane. Ancora una volta è il contesto paolino della risurrezione di Cristo e
dei corpi (cf. 1 Cor 15,1-58) a illuminarci sulla attuale condizione della Vergine […]. Sono
importanti i due termini del paradosso paolino: “corpo animale” e “corpo spirituale”. Paolo
oppone il corpo spirituale a quello animale: però è sempre lo stesso corpo a essere animato ora
da un principio di vita naturale, dopo da un principio di vita celeste. Quando l’Apostolo parla
del corpo spirituale, non intende “uno spirito senza corpo”, ma un “vero corpo” chiamato
spirituale perché animato dallo Spirito e divenuto uno con il Pneuma di Dio. Perché, dunque,
non affrontare il problema psicologico e tecnico delle apparizioni e non pensare che la santa
Vergine si possa mostrare ad alcune persone privilegiate nella sua nuova forma corporea?
Questa cosa – scrive il Laurentin – “non è esclusa a priori per le apparizioni della Vergine,
poiché il suo corpo è già glorificato in cielo; ma allora bisognerebbe vedere quale sia stata
l’adeguazione psicologica tra il corpo glorioso e i nostri corpi non gloriosi”. Non possiamo
pensare che alcuni veggenti siano venuti a contatto con il corpo glorioso di Maria, anche se non
hanno molto sottilizzato sull’intima natura di esso? Alcuni indizi ci orienterebbero in tal senso:
essi, infatti, hanno parlato di occhi, di braccia, di mani; inoltre hanno detto di aver visto,
sentito, toccato».27
La Vergine può e fa tutto questo per il semplice fatto che, dopo aver compiuto il suo
cammino terreno ed essere molto probabilmente morta,28 è stata, per la volontà e la potenza di Dio,
assunta in cielo in anima e corpo venendo conformata al suo Figlio Risorto e Asceso al cielo: questo
ha intuito da sempre il popolo di Dio29 e questo insegna il dogma del 1950 sancito da Pio XII dopo
secoli di dibattito e di studio teologico.30 La conseguenza di tale condizione gloriosa del “corpo
risorto” della Vergine è la possibilità di farsi «presente nel tempo e nello spazio senza farsi
25
Cfr. PERRELLA S. M., Le apparizioni mariane, op. cit., 39-62: «L’Assun-zione: fondamento teologico delle
apparizioni mariane»; IDEM, L’assunzione e le mariofamie: quale relazione?, in AA. VV., Il dogma dell’Assunzione di
Maria. Problemi attuali e tentativi di ricomprensione, Marianum, Roma 2010, 395-431.
26
Tale tematica è assai importante in quanto declina tre sostanziali tipologie di presenza della Vergine: - nella storia e
nell’evento messianico di Cristo come presenza materna, obbedienziale, verginale, ecclesiale, iconica, universale; nella communio sanctorum quale presenza cosmica, spirituale, gloriosa, pneumatica e mistica; - nella Chiesa e nel
mondo, nelle culture dei popoli e nell’esperienza spirituale delle persone, quale presenza accolta, evocata e celebrata
nella liturgia alla luce della presenza anamnetica di Cristo operata dallo Spirito (cfr. PIZZARELLI A., Presenza, in DE
FIORES S.- MEO S. (a cura di) Nuovo Dizionario di Mariologia, Paoline, Cinisello Balsamo 1986, 1045-1051;
CALABUIG I. M., Per una ripresa del discorso sulla presenza della Vergine, in Marianum 58 [1996] 7-15; DE FIORES S.,
Presenza, in IDEM, Maria. Nuovissimo Dizionario, EDB, Bologna 2006, vol. 2, 110-144; TURI T., Presenza, in DE
FIORES S. – FERRARI SCHIFFER V. – PERRELLA S. M.. (a cura di), Mariologia, op. cit., 1002-1012).
27
PIZZARELLI A., La presenza di Maria nella vita della Chiesa. Saggio d’interpretazione pneumatologica, Paoline,
Cinisello Balsamo 1990, 156-157; cfr. l’interessante assunto alle pp. 157-160.
28
La questione della morte o non morte della Madre del Risorto, lasciata volutamente decadere da Pio XII per non entrare
nella querelle teologica del tempo (mortalisti ed immortalisti) nella lettera apostolica Munificentissimus Deus con la quale
si sanciva il dogma dell’Assunzione, viene ripresa, e questa è la prima volta dopo il 1950, da Giovanni Paolo II nella
catechesi del 25 giugno 1997 dedicata a La Dormizione della Madre di Dio (cfr. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, LEV,
Città del Vaticano 1999, vol. XX/1, 1608-1610; PERRELLA S. M., Ecco tua Madre [Gv 19,27]. La Madre di Gesù nel
magistero di Giovanni Paolo II e nell’oggi della Chiesa e del mondo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007, 257-261:
«Morte di Maria?»).
29
Cfr. BARTOLOMEI T. M., L’influsso del “senso della fede” nell’esplicitazione del domma dell’Assunzione di Maria, in
Ephemerides Mariologicae 14 (1964), 5-38.
30
Cfr. MARITANO M., Maria nel cuore della Parola custodita dalla Tradizione vivente della Chiesa: i dogmi
“mariani”, in AA. VV., Maria nel cuore della Parola di Dio. Donata Accolta Trasmessa, Centro di Cultura Mariana
«Madre della Chiesa», Roma 2009, 129-144.
circoscrivere da essi».31 Inoltre, non va sottaciuto il fatto che Pio XII nel documento definitorio evita,
inoltre, ogni linguaggio spaziale nell'indicare la glorificazione della Vergine: «fu assunta alla gloria
celeste in corpo e anima». Il regno di Dio, infatti, non è situato in alto, in cielo, nel senso meramente
fisico, in qualche galassia a noi sconosciuta; il Figlio risorto e la Madre glorificata, come pure i membri
giustificati della Communio sanctorum, non risiedono in un luogo o in uno spazio celeste.32 Il corpo
glorificato33 non è situato in un cielo localizzabile e la risurrezione gloriosa del corpo non è nemmeno
«la rianimazione di un cadavere - come successe per Lazzaro (cf. Gv 11,1-46) -, ma la creazione di un
essere rinnovato».34 Si tratta, cioè, di una trasfigurazione soprannaturale, pasquale, escatologica, del
corpo umano, che non può essere oggetto di una esperienza naturale né di alcuna spiegazione
scientifico-razionale.35 I teologi, empaticamente in sintonia con l'insegnamento di san Tommaso
d'Aquino († 1274), affermano che Cristo risorto ha meritato ed ottenuto dal Padre, per la sua
obbedienza filiale, la glorificatio corporalis; stato permanente ed eterno che è in stretto rapporto con la
glorificatio spiritualis.36 Maria essendo stata conformata, per divino decreto e per l’esemplare vita
teologale e servizio martiriale, al Figlio, per converso, ha meritato entrambe. «D’altra parte, per i beati
in cielo, c'è separazione tra la gloria spirituale (che essi hanno già) e la glorificazione corporea che
avranno solo nella resurrezione».37 Da ciò Stefano De Fiores ricava il fatto:
«che la tesi del Maréchal, secondo cui nelle apparizioni si tratta di visioni interiori,
38
continua a
ottenere consensi e serve certamente a spiegare le apparizioni simboliche, come quelle del 13
ottobre [1917] a Fatima quando si ha la visione di Gesù Bambino e della Madonna addolorata,
del rosario e del Carmine, che non corrispondono alla realtà attuale del corpo glorificato di
Cristo e della Vergine. Ciò non toglie che talvolta o frequentemente Maria possa apparire con il
suo corpo glorioso, che di solito si mostra luminoso e di una bellezza trascendente e non
raffigurabile. Questo […] lineamento del volto di Maria, il suo essere totalmente avvolto dallo
Spirito e reso conforme all’immagine del Figlio risorto, rende Maria candidata unica a svolgere
39
31
DE FIORES S., La presenza di Maria nella vita della Chiesa alla luce dell’enciclica “Redemptoris Mater”, in
Marianum 51 (1989), 143.
32
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, a questo riguardo, insegnando la nozione biblico-teologica del “cielo” asserisce
che nella «Sacra Scrittura “il cielo”, o “i cieli”, può indicare il firmamento (cf. Sal 19,2) ma anche il “luogo” proprio di
Dio: il nostro “Padre che è nei cieli” (Mt 5,16; cf. Sal 115,16) e, di conseguenza, anche il “cielo” che è la gloria
escatologica. Infine, la parola “cielo” indica il “luogo” delle creature spirituali – gli angeli – che circondano Dio»
(Catechismo della Chiesa Cattolica, LEV, Città del Vaticano 1997, n. 326).
33
Cfr. ÉDART J. B., Corpo, corporeità, in PENNA R. – PEREGO G. - RAVASI G. (EDD), Temi Teologici della Bibbia. I
Dizionari, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, 213-236.
34
Felice espressione coniata dal grande teologo BENOIT P., Risurrezione alla fine dei tempi o subito dopo la morte?, in
Concilium 6 (1970), 1884; cfr. l'intero assunto alle pp. 1882-1895.
35
Cfr. GNILKA J., La resurrezione del corpo nella controversia esegetica contemporanea, ibidem, 1913-1929.
36
Cfr. MONDIN B., Cristo, in IDEM, Dizionario Enciclopedico del Pensiero di San Tommaso d’Aquino, ESD, Bologna
1991, 167-168.
37
NICOLAS J. H., Sintesi dogmatica. Dalla Trinità alla Trinità. Dio uno e Trino. L'incarnazione del Verbo, LEV, Città
del Vaticano 1991, vol. 1, 564; cfr. l'intero assunto alle pp. 563-565.
38
MARÉCHAL H. L., Mémorial des apparitions de la Vierge dans l’Église, Cerf, Paris 1957, pp. 205-207; il teologo
francese distingue tre opinioni (molto problematiche nel modo in cui sono descritte), circa la presenza della Vergine
nelle apparizioni: - 1 presenza con il corpo glorioso, momentaneamente assente dal cielo (!) suo “luogo” abituale; - 2
presenza per bilocazione, sicché la Vergine si trova fisicamente presente in cielo e nel luogo preciso dell’apparizione; 3 percezione soggettiva da parte dei veggenti in virtù dell’azione di Dio sull’immaginazione, nei sensi o nelle facoltà
spirituali. Più precisa e attenta, quindi condivisibile, è l’esposizione del card. Ratzinger nel suo ponderato commento
teologico al documento della CDF su Il Messaggio di Fatima (2000) – che presenteremo a breve – delle «tre forme di
percezione o visione»: - la visione con i sensi, quindi la percezione esterna corporea; la percezione interiore; - la visione
spirituale (visio sensibilis – imaginativa – intellectualis).
39
Basandosi su alcune visioni simboliche, soprattutto del 13 ottobre 1917, il biblista e mariologo della facoltà teologica
di Milano, Franco Manzi, esclude che a Fatima «la figura della Madonna coincidesse sic et simpliciter con la sua realtà
personale» e ritiene «teologicamente più fondato […] che i veggenti abbiano visto interiormente una triplice species
intellegibilis della Madonna, impressa loro dallo Spirito santo. Di certo non hanno “visto” la “Vergine Maria della
storia”, che, essendo “ormai” assunta in “cielo”, partecipava già definitivamente della condizione glorificata del Figlio
[…]» (MANZI F., I veggenti di Fatima alla luce del profetismo biblico e delle “apparizioni” del Risorto, in Teologia 32
[2010], 249).
il ministero di messaggera divina. Ella è infatti unica tra i santi a potere apparire in un dato
luogo con il suo corpo glorioso, senza essere circoscritta dallo spazio».40
Le apparizioni e le visioni, comunque, fanno parte delle cosiddette “rivelazioni private” che
non appartengono al deposi-tum fidei e che non possono e non debbono essere equiparate con
l’unica “Rivelazione pubblica” che coincide e si conclude con Gesù Cristo e la morte dell’ultimo
Apostolo, come autore-volmente chiariscono sia il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 67; sia il
Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio al n. 10.
40
DE FIORES S., Perché Dio ci parla mediante Maria. Significato delle apparizioni mariane nel nostro tempo, San
Paolo, Cinisello Balsamo 2010, 31-33.
3. Il contributo teologico di J. Ratzinger-Benedetto XVI
L’allora cardinale Joseph Ratzinger, oggi papa Benedetto XVI, firmando il Commento
teologico al noto Messaggio di Fatima voluto e pubblicato per volontà di Giovanni Paolo II il 26
giugno 2000 a seguito del suo viaggio pastorale a Fatima, non riprende la distinzione tra
apparizione e visione, utilizzando quasi esclusivamente – nel solco tradizionale del lemma
“rivelazioni private” – il termine “percezione” o “visione” e precisandone la natura, mantenendo la
classica suddivisione di visio sensibilis, imaginativa, intellectualis.41 Il card. Ratzinger, spiegando la
struttura antropologica delle rivelazioni private, e nello specifico delle apparizioni/mariofanie,
annota da par suo:
«Dopo che […] abbiamo cercato di determinare il luogo teologico delle rivelazioni private,
prima di impegnarci in un’interpretazione del messaggio di Fatima, dobbiamo ancora
brevemente cercare di chiarire un poco il loro carattere antropologico (psicologico).
L’antropologia teologica distingue in questo ambito tre forme di percezione o “visione”: la
visione con i sensi, quindi la percezione esterna corporea, la percezione interiore e la visione
spirituale (visio sensibilis-imaginativa-intellectualis). È chiaro che nelle visioni di Lourdes,
Fatima ecc. non si tratta della normale percezione esterna dei sensi: le immagini e le figure, che
vengono vedute, non si trovano esteriormente nello spazio, come vi si trovano ad esempio un
albero o una casa. Ciò è del tutto evidente, ad esempio, per quanto riguarda la visione
dell’inferno (descritta nella prima parte del “segreto” di Fatima) o anche la visione descritta
nella terza parte del “segreto”, ma si può dimostrare molto facilmente anche per le altre visioni,
soprattutto perché non tutti i presenti le vedevano, ma di fatto solo i “veggenti”. Così pure è
evidente che non si tratta di una “visione” intellettuale senza immagini, come essa si trova negli
alti gradi della mistica. Quindi si tratta della categoria di mezzo, la percezione interiore, che
certamente ha per il veggente una forza di presenza, che per lui equivale alla manifestazione
esterna sensibile. Vedere interiormente non significa che si tratta di fantasia, che sarebbe solo
un’espressione dell’imma-ginazione soggettiva. Piuttosto significa che l’anima viene sfiorata
dal tocco di qualcosa di reale anche se sovrasensibile e viene resa capace di vedere il non
sensibile, il non visibile ai sensi – una visione con i “sensi interni”. Si tratta di veri “oggetti”,
che toccano l’anima, sebbene essi non appartengano al nostro abituale mondo sensibile. Per
questo si esige una vigilanza interiore del cuore, che per lo più non c’è a motivo della forte
pressione delle realtà esterne e delle immagini e pensieri che riempiono l’anima. La persona
viene condotta al di là della pura esteriorità e dimensioni più profonde della realtà la toccano,
le si rendono visibili. Forse si può comprendere perché proprio i bambini siano i destinatari
preferiti di tali apparizioni: l’anima è poco alterata, la sua capacità interiore di percezione è
ancora poco deteriorata».42
Nel Commento teologico al documento vaticano del 26 giugno 2000, il card. Ratzinger
utilizza una sola volta il termine “apparizione”, vista l’opzione preferenziale per quello di “visione”,
senza nemmeno pronunciarsi sulla questione della presenza personale di Maria nell’evento di
Fatima che, comunque, non viene né affermata né negata. Sempre nello stesso Commento teologico
il cardinale suggella e ribadisce con il crisma dell’autorità ecclesiale che possiede – egli è il
41
Cfr. RATZINGER J., Commento teologico, in CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Il Messaggio di Fatima,
in Enchiridion Vaticanum, EDB, Bologna 198112, vol. 19, nn. 1008-1011, 561-563; questo documento pubblicato il 26
giugno 2000, oltre al contenuto delle tre parti del segreto, comprende: la presentazione e l’inquadramento storico scritti
dall’arcivescovo segretario della Congregazione; una lettera che Giovanni Paolo II scrisse a suor Lucia, in data 19 aprile
2000; le parole dette a Fatima dal card. Angelo Sodano, segretario di Stato, al termine della Messa pontificia del 13
maggio 2000; il commento teologico del cardinal prefetto Joseph Ratzinger. Per una breve presentazione e commento
all’intervento della Congregazione, cfr. PERRELLA S. M., Fatima chiave interpretativa della storia in Giovanni Paolo II,
in AA. VV., Fatima una luce sulla storia del mondo. Atti del XX Colloquio Internazionale di Mariologia, AMI, Roma
2008, pp. 90-94.
42
RATZINGER J., Commento teologico, in CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Il Messaggio di Fatima, in
Enchiridion Vaticanum, EDB, Bologna 198112, vol. 19, nn. 1008-1009, 561-562, i corsivi sono nostri.
responsabile della Congregazione per la Dottrina della Fede, il dicastero che più di tutti partecipa
del munus docendi del Romano Pontefice sull’intera Chiesa43 – la subordinazione delle rivelazioni
private all’unica rivelazione pubblica, che evidentemente possiede un valore assiologico
indubitabile. Infatti, scrive il cardinale Ratzinger:
«L’autorità delle rivelazioni private è essenzialmente diversa dall’unica Rivelazione pubblica:
questa esige la fede; in essa infatti per mezzo delle parole umane e della mediazione della
comunità vivente della Chiesa Dio stesso parla a noi. La fede in Dio e nella sua Parola si
distingue da ogni altra fede, fiducia, opinione umana. La certezza che Dio parla mi dà la
sicurezza che incontro la verità stessa e così una certezza, che non può verificarsi in nessuna
forma umana di conoscenza. È la certezza, sulla quale edifico la mia vita e alla quale mi affido
morendo».44
Su tale questione, crediamo doveroso annotare l’ultimo intervento di Joseph Ratzinger, questa
volta nella veste di Vescovo di Roma, che fa propria una delle Propositiones fattegli pervenire dai
Vescovi riuniti nel XII Sinodo dell’ottobre 2008. Infatti, Benedetto XVI nella successiva
esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini, sulla Parola di Dio nella vita e nella missione
della Chiesa, del 30 settembre 2010,45 illustrando la dimensione escatologica della Parola di Dio,
nel n. 14 torna a ribadire la tematica circa il rapporto e la distinzione sussistente fra Rivelazione
pubblica e rivelazione privata; questione affrontata nel n. 47 della Propositio del XII Sinodo dei
Vescovi, avente lo scopo di aiutare i fedeli nella doverosa opera di discernimento. Papa Ratzinger
nel testo che proponiamo non apporta sostanziali cambiamenti rispetto al Commento teologico del
2000; vanno però allo stesso tempo rilevate:
- l’aver immesso la questione delle rivelazioni private nel contesto della concentrazione
cristologico-escatologica della Parola di Dio, e questa è una novità rispetto al Commento teologico,
secondo cui «le rivelazioni private sovente provengono innanzi tutto dalla pietà popolare e su di
essa si riflettono, le danno nuovi impulsi e dischiudono per essa nuove forme»;46
- l’aver ricordato un fatto non secondario, secondo cui non necessariamente una rivelazione
privata sia di per sé un evento intrinsecamente profetico, visto che apertis verbis il Pontefice nella
Verbum Domini asserisce: «Essa può avere un certo carattere profetico (cf. 1 Ts 5,19-21) e può
essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il Vangelo nell’ora attuale»; non appare
quindi scontata la dimensione profetica delle rivelazioni private, venendo questa assemblata, in un
certo modo, alla possibilità d’essere d’ausilio a una migliore comprensione ed esistenza teologale
dei credenti nel tempo in cui l’evento soprannaturale è suscitato dal disegno provvidente di Dio;
43
Caratteristica di ogni Congregazione romana della Sede Apostolica è quella di essere uno strumento di governo, per
un determinato settore, nelle mani del Sommo Pontefice; perciò la giurisdizione di cui le Congregazioni sono investite è
detta ordinaria e vicaria: ordinaria in quanto è annessa ad un ufficio, vicaria, in quanto non è esercitata a nome proprio,
ma a nome del Romano Pontefice (cf. Codex Iuris Canonici [=CIC], can. 131, § 1, in Acta Apostolicae Sedis [=AAS] 75
[1983] n. 2, p. 20). Provenendo la giurisdizione delle Congregazioni dal munus regendi del Vescovo di Roma, essa si
estende per partecipazione su tutta la Chiesa (salvo che per alcuni dicasteri non sia determinato l’ambito di competenze)
ed obbliga tutti i fedeli ecclesiastici e laici (cfr. PALAZZINI P., Le Congregazioni romane, in AA. VV., La Curia Romana
nella costituzione «Pastor Bonus», LEV, Città del Vaticano 1990, 189-205). Per l’ufficio e la finalità che possiede, la
Congregazione per la Dottrina della Fede emana dichiarazioni dottrinali che partecipano dell’autorità magisteriale del
Vescovo di Roma, ma non della sua infallibilità (cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Donum veritatis
18, istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, del 24 maggio 1990, in Enchiridion Vaticanum, vol. 12, n. 267,
206-207; SULLIVAN F. A., Capire e interpretare il Magistero. Una fedeltà creativa, EDB, Bologna 1997, 27-30;
SILVESTRELLI A., La Congregazione per la Dottrina della Fede, in AA. VV., La Curia Romana nella costituzione
«Pastor Bonus», 225-237).
44
RATZINGER J., Commento teologico, in CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Il Messaggio di Fatima, in
Enchiridion Vaticanum, vol. 19, n. 1004, 558-559.
45
Cfr. BENEDETTO XVI, Verbum Domini 14, esortazione apostolica post-sinodale sulla Parola di Dio nella vita e nella
missione della Chiesa, LEV, Città del Vaticano 2010, 35-37.
46
RATZINGER J., Commento teologico, in CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Il Messaggio di Fatima, in
Enchiridion Vaticanum, vol. 19, n. 1006, 559-560; mentre nell’esortazione post-sinodale si afferma: «Una rivelazione
privata può introdurre nuovi accenti, far emergere nuove forme di pietà o approfondirne antiche» (BENEDETTO XVI,
Verbum Domini 14, p. 37).
- l’aver proposto un leggero ma significativo cambiamento linguistico, passando da «autorità
delle rivelazioni private» (nel Commento teologico),47 al «valore delle rivelazioni private»
(nell’esortazione apostolica post-sinodale), sulla scia del n. 10 del Compendio del Catechismo della
Chiesa Cattolica.
Presentate queste peculiarità, differenze e similitudini presenti nei suaccennati interventi
ratzingeriani, proponiamo l’inte-ro brano della Verbum Domini:
«Il valore delle rivelazioni private è essenzialmente diverso dall’unica rivelazione pubblica:
questa esige la nostra fede; in essa infatti per mezzo di parole umane e della mediazione della
comunità vivente della Chiesa, Dio stesso parla a noi. Il criterio per la verità di una rivelazione
privata è il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da Lui, allora essa non
viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all’interno del Vangelo e non fuori di esso.
La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché
rimanda all’unica rivelazione pubblica. Per questo l’approvazione ecclesiastica di una
rivelazione privata indica essenzialmente che il relativo messaggio non contiene nulla che
contrasti la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a
dare ad esso in forma prudente la loro adesione. Una rivelazione privata può introdurre nuovi
accenti, far emergere nuove forme di pietà o approfondirne antiche. Essa può avere un certo
carattere profetico (cf. 1 Ts 5,19-21) e può essere un valido aiuto per comprendere e vivere
meglio il Vangelo nell’ora attuale; perciò non lo deve trascurare. È un aiuto, che è offerto, ma
del quale non è obbligatorio fare uso. In ogni caso, deve trattarsi di un nutrimento della fede,
48
della speranza e della carità, che sono per tutti la via permanente della salvezza».
Annotiamo che le fonti a cui fa esplicito riferimento questo denso brano dell’esortazione
apostolica Verbum Domini, sono il n. 67 del Catechismo della Chiesa Cattolica e il noto testo de Il
Messaggio di Fatima del 26 giugno 2000 pubblicato dalla CDF.
4. Procedura di verifica ecclesiastica
Dinanzi a questi insoliti fenomeni “oltre natura”, che declinano l’irruzione del Trascendente
nel quotidiano della nostra storia, è comunque doveroso porsi delle domande: sono sufficienti le
notizie date dai mass media sulle apparizioni, sui messaggi celesti, sui presunti avvenimenti
prodigiosi, sull’accorrere di folle innumerevoli, etc., per arrivare ad affermare l’autenticità di essi?;
è veramente il Cielo che si mostra, parla e prega, oppure esistono altre spiegazioni?; dinanzi a tali
asseriti fenomeni come si deve comportare il credente?; come distinguere la vera apparizione
soprannaturale dalle suggestioni, individuali o addirittura collettive, siano esse pure in buona fede, e
dalle mistificazioni o dalle sempre possibili allucinazioni? Sono queste domande legittime e
doverose, che nella lunga storia della Chiesa hanno impegnato e ancora impegnano pastori e
studiosi. Una cosa è, comunque, certa: negare o asserire aprioristicamente tali fenomeni è
assolutamente scorretto e incongruo; i frutti spirituali insieme al discernimento ecclesiale, sono il
miglior giudice della loro autenticità. Infatti, quando l’autorità ecclesiastica, sia episcopale (il
Vescovo diocesano o la Conferenza Episcopale della regione/nazione) o pontificia (mediante la
Congregazione per la Dottrina della Fede), seguendo le indicazioni date dall’Opus servorum Dei
beatificatione del card. Prospero Lambertini, da Pio X (1904-1914) nell’enciclica Pascendi
dominici gregis del 1907, ma soprattutto dalle Normae S. Congregationis pro Doctrina Fidei de
modo procedendi in iudicandis praesumptis apparitionibus ac revelationibus, del 25 febbraio 1978,
approva o non autentica un’apparizione o una mariofania, lascia comunque il cristiano libero di
47
Cfr. RATZINGER J., Commento teologico, in CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Il Messaggio di Fatima,
in Enchiridion Vaticanum, vol. 19, n. 1004, 558.
48
BENEDETTO XVI, Verbum Domini 14, 36-37; i corsivi sono nostri.
credervi o meno: può raccomandargli di credere, ma non lo obbliga. Il cristiano è invitato a
giudicare i fatti secondo la sua discrezione, prudenza e senso ecclesiale.49 Secondo queste Normae,
tuttora valide, nella procedura di verifica ecclesiastica di questi asseriti fenomeni “oltre natura”, si
pretende:
- una informazione accurata dei fatti tramite l’osservazione e la raccolta di testimonianze degne
di fede;
- un esame del messaggio sotteso all’evento soprannaturale, che non deve essere in contrasto
con la fede cristiana;
- una rigorosa diagnosi medico-psicologica per appurare la salute e la normalità del veggente,
anche per scartare possibilità di fenomeni allucinatori;
- la verifica del grado di istruzione del veggente, la sua conoscenza della dottrina, la sua vita
spirituale e sacramentale, il suo grado di comunione ecclesiale; frutti spirituali, quali ritorno alla
fede dei lontani, moralità ed ecclesialità dell’esistenza, cooperazione all’evangelizzazione del
mondo, delle culture e dei costumi;
- lo studio di eventuali guarigioni miracolose che si ricevono a ragione della asserita rivelazione
privata;
- il necessario giudizio assertivo, dubitativo o negativo della Chiesa mediante una pubblica
presa di posizione dell’autorità ecclesiastica (vescovo diocesano, conferenza episcopale,
congregazione per la dottrina della fede). Il giudizio viene sostanzialmente espresso con una
linguistica che riassumiamo: - in criterio positivo, secondo cui “consta la trascendenza” (constat de
supernaturalitate); - in criterio attendista, seppur non esplicitamente presente nelle Normae del
1978, secondo cui “non consta la trascendenza” (non constat de supernaturalitate); - in criterio
negativo, secondo cui “consta la non trascendenza” dei fatti asseriti (constat de non
supernaturalitate).50 Rispetto al passato le commissioni ecclesiastiche sottopongono i veggenti a
scrupolosi esami informativi, spirituali, psicologici, etc., cercando di stabilire “la verità” o “non
credibilità” dei fenomeni straor-dinari asseriti. Una volta verificati e autenticati dall’autorità
ecclesiastica le apparizioni consentono libertà di adesione, in quanto la fede si presta solo alla
Rivelazione pubblica di Dio conclusa con la morte dell’ultimo degli Apostoli.51 Le apparizioni,
comunque, suscitano sempre vivo interesse tra persone di ogni estrazione sociale, cultura e fede;
esse, inoltre, se veritiere, costituiscono un dono per la fede e una sfida per la ragione.
A conclusione della mia articolata prefazione al volume del prof. Antonino Grasso, mio
antico studente di licenza e di dottorato in teologia con specializzazione in mariologia presso la
Pontificia Facoltà Teologica “Marianum” di Roma, a cui va di nuovo il mio sincero plauso per il
presente suo studio, mi sembra utile, specie dal punto di vista pastorale, riproporre a tal riguardo
alcune non banali considerazioni espresse qualche anno addietro da un vescovo noto per la sua
saggezza e parresia pastorale, mons. Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra (Napoli):
«Quale valore hanno allora “le apparizioni e le visioni” di cui oggi si parla tanto? Scartiamo
decisamente “il pettegolezzo”, la “curiosità” del mistero o dell’oscuro” che sembra affascinare
tanta gente, come non bastasse il Vangelo a dirci “il meraviglioso di Dio”. Molte volte la
“curiosità” sulle “rivelazioni” è curiosità che nulla ha a che vedere con il piano della salvezza, o
49
Sulla competenza di queste tre strutture ecclesiali preposte al discernimento, al giudizio e all’autenticazione o meno
delle “rivelazioni private”, si veda la lucida e competente relazione dettata al Congresso di Lourdes nel 2008 da un
importante membro della CDF: SCICLUNA C., Orientamenti dottrinali e competenze del vescovo diocesano e della
Congregazione per la Dottrina delle fede nel discernimento delle apparizioni mariane, in PONTIFICIA ACADEMIA
MARIANA INTERNATIONALIS, Apparitiones Beatae Mariae Virginis in Historia, Fide, Teologia, Pontificia Academia
Mariana Internationalis, Città del Vaticano 2010, 340-355; il contributo rivisto ed aggiornato apparirà con un titolo
differente: Criteri e norme della Congregazione per la Dottrina della Fede nel discernimento delle apparizioni
mariane, in Marianum 74 (2012).
50
Cfr. PERRELLA S. M. – ROGGIO G. M., Apparizioni e Mariofanie. Teologia Storia Verifica ecclesiale, San Paolo,
Cinisello Balsamo 2012, 80-88.
51
Cfr. DE CANDIDO L. M., Manifestazioni straordinarie per il bene del popolo di Dio, in Credere Oggi 25 (2004) n. 4,
pp. 77-89.
economia di salvezza di Dio. Fermiamoci alle apparizioni che la Chiesa ha confermato con la
sua autorità. Tutte le apparizioni, a leggerle bene, con i messaggi che Maria SS. ma affida, più
che a chi sceglie per “mostrarsi” e “rivelarsi”, sono “un oggi” della maternità di Maria che
quasi si fa vicina alla Chiesa […] per ricordare l’urgenza della Rivelazione, o per suscitare
52
speranza. È “un farsi prossimo” e rima-nerci».
Ha ragione perfettamente mons. Riboldi; infatti, la ragione ultima delle apparizioni della
Vergine è quella di rassicurare gli uomini e le donne della provvidente prossimità del Dio della
Rivelazione, che ci ha svelato e narrato Dio Trinità come Padre della misericordia, Figlio incarnato
e redentore, Spirito Santo e santificatore che “si dà da fare” perché ciascuno di noi, singolarmente
accolto dall’Amore che non tradisce e non si esaurisce nonostante il peccato e l’infedeltà, sappia
essere sempre più e meglio nella Chiesa dei discepoli, segno credibile della redditività escatologica
dell’Evagelium vitae.53 Le apparizioni appartengono alla categoria delle grazie donate
gratuitamente “dal Cielo” e talvolta prescindono dallo stato di grazia di chi le riceve. Dio si
inserisce nella storia del mondo con il contributo materno di Maria ed i positivi effetti sono
evidenti: le apparizioni mariane non sono dirette alla gloria della Vergine, ma sono finalizzate ad
irrobustire la fede nel Dio di Gesù Cristo, promuovono la devozione eucaristica, guidano alla
conversione e al rafforzamento della vita cristiana-ecclesiale ed in questo modo loro proprio
influiscono sulla storia del mondo. Le apparizioni di Maria, orante misericordiosa presso il trono
della Trinità, non possono non richiamare, per essere genuine e utili, il grande valore, la necessità e
la forza della preghiera, di cui lei è, in Cristo e nello Spirito, maestra ed educatrice sempre attuale
ed efficace. Inoltre, per essere autentiche le apparizioni devono rivestire i caratteri del carisma e per
poterlo fare non esiste altra via che quella della presenza, nella loro stessa costituzione e
comunicazione, dei dinamismi fondamentali della genesi della Chiesa;54 presenza che costituisce
precisamente l’oggetto dell’accertamento da parte dei pastori nel loro servizio magiste-riale per il
bene dell’intero popolo di Dio loro affidato.55
Spero che questo mio intervento unitamente al presente volume di Antonino Grasso,
contribuisca a far conoscere meglio sia la concreta possibilità di questi segni profetici di presenza
della Madre di Dio considerandoli come reale irruzione di tenerezza materna nella nostra
travagliata esistenza con lo scopo di aiutarci a rileggere e vivere il Vangelo (Paul Claudel). Il
cristiano sa bene che le apparizioni, in particolare quelle mariane, sono carismatici doni di presenza
sempre finalizzati ad accogliere esistenzialmente la Parola vivente del Padre che è Cristo, pienezza
di rivelazione, di senso e di meta, purché sappiamo riconoscere il primato dell’ascolto sulla visione:
«Beati piuttosto quelli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 11,8) e, nel dono
dello Spirito di verità e di vita, sappiamo speditamente ben camminare «nella fede e non ancora in
visione» (2 Cor 5,7) sull’esempio della perfetta discepola e credente del Regno di Dio, Maria di
Nazaret. In tale contesto l’universo delle apparizioni mariane si può giustamente considerare una
delle possibili manifestazioni dello Spirito del Padre e del Figlio (da non ostacolare), una profezia
veniente dall’Alto (da non disprezzare). Per cui è sempre valida l’ammonizione dell’apostolo Paolo
alla Chiesa di Tessalonica: «Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie, esaminate ogni
cosa, tenete ciò che è buono» (1 Ts 5,19-20).
52
RIBOLDI A., Rivelazione, rivelazioni e religiosità in Italia, specialmente in Campania, in La Madonna 35 (1987), 83;
si veda tutto l’interessante intervento alle pp. 79-91.
53
Cfr. FORLAI G., Maria e il Regno che verrà. Teologia e spiritualità mariana in prospettiva escatologica, Messaggero,
Padova 2005, 109-130: «Una presenza profetica: il “caso serio” delle apparizioni mariane» .
54
Su questo argomento, cfr. PERRELLA S. M., Impronte di Dio nella storia, op. cit., 368-393: «Le mariofanie: carismi e
doni per l’umanità e per la Chiesa».
55
«È in questo senso che si dimostra sempre necessario il discernimento dei carismi. Nessun carisma dispensa dal
riferirsi e sottomettersi ai Pastori della Chiesa “ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo Spirito, ma di
esaminare e ritenere tutto ciò che è buono” (Lumen gentium, 12) affinché tutti i carismi, nella loro diversità e
complementarità, cooperino alla “utilità comune” (1Cor 12,7)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 801).
Salvatore M. Perrella, osm
Preside della Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”- Roma.