Introduzione di serie

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Introduzione di serie
© 2009 Christianity Today International
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Tutto il vangelo, tutta la chiesa, tutto il mondo.
Christopher J. H. Wright
La predicazione del vangelo fino alle estremità della terra, in ubbidienza al Grande Mandato, è un
imperativo ineludibile. E una definizione dell’evangelizzazione mondiale che ha avuto il consenso
di cristiani di tutti gli ambienti è quella memorabilmente riassunta dal Patto di Losanna,
sostanzialmente
abbozzato
da
John
Stott
e
ratificato
dal
Congresso
di
Losanna
sull’Evangelizzazione Mondiale nel 1974:
“l’evangelizzazione richiede che tutta la chiesa diffonda tutto il vangelo in tutto il mondo”. [For the
Lord we love: Your study guide to the Lausanna Covenant di Jonh Stott, di prossima traduzione presso Edizioni GBU]
Il triplice “tutto” incorporato in questa frase risonante era già parte della riflessione cristiana molto
tempo prima che John Stott redasse il Patto di Losanna. Difatti, si potrebbe sostenere che questo
triplice “tutto” risalga all’apostolo Paolo, se non allo stesso patriarca Abramo; tuttavia, per riferirci
a un dibattito più recente, citiamo una toccante affermazione del teologo olandese Willem Adolph
Visser’t Hooft del 1961 che conferma quanto stiamo dicendo:
«l’ordine di rendere testimonianza a Cristo è rivolto a ogni membro della sua Chiesa. È un mandato
dato a tutta la Chiesa per diffondere tutto il vangelo in tutto il mondo. Quando la Chiesa si rende
conto che essa esiste per il mondo, allora nasce una sollecitudine appassionata affinché le
benedizioni del vangelo di Cristo siano portate in ogni terra e a ogni uomo e donna».
L’approccio di Visser’t Hooft al triplice “tutto” è utile anche per ricordare che ognuno di noi può
sottovalutare la portata della missione del vangelo, in quanto sembra che egli usi “tutto” in primo
luogo in un senso quantitativo. Per Visser’t Hooft tutta la Chiesa significa ogni membro. Tutto il
mondo significa ogni uomo e ogni donna. Tutto il vangelo significa tutte le benedizioni del vangelo.
Ciò è certamente meglio della situazione che si verifica di quando alcuni missionari diffondono solo
alcune benedizioni del vangelo, ad alcune persone e solo in alcune parti del mondo. Ma il triplice
“tutto” ha implicazioni ancora più profonde, ovvero implicazioni qualitative, che meritano di
entrare in questa Conversazione Globale.
Tutto il vangelo
L’espressione “tutto il vangelo” dà l’idea che ci possano essere alcune versioni del vangelo
tutt’altro che intere, ovvero parziali, mancanti di alcune parti e incomplete dal punto di vista biblico.
Innanzitutto dobbiamo dare il giusto peso alle realtà del peccato e del male, e dobbiamo proclamare
la gloria della redenzione divina manifestata nella morte e nella risurrezione di Gesù di Nazaret.
Non ci sarebbe vangelo senza la croce. Infatti, tutte le benedizioni del vangelo derivano da essa, a
partire dalla salvezza personale mediante la morte di Cristo, che morì al posto nostro, fino alla
riconciliazione di tutto il creato. La croce è al centro del Movimento di Losanna, e il tema attorno a
cui il Congresso di Città del Capo verterà è “Dio in Cristo, riconcilia il mondo a sé”.
Tutto il vangelo deve essere tratto da tutta la Bibbia nella sua interezza. Per tale motivo dobbiamo
porci la domanda su quale contributo porta la dimensione sociale, economica e politica dell’Antico
Testamento alla missione cristiana. Secolo dopo secolo il Dio della Bibbia aveva rivelato il suo vivo
interesse per le questioni sociali: tirannie politiche, sfruttamento economico, corruzione, sofferenza
del povero e dell’oppresso, i mali derivanti da violenze e massacri. Il suo interesse era vivo a tal
punto che le leggi che Dio aveva stabilito e i profeti che aveva mandato erano mirati proprio a
queste questioni più di qualsiasi altro problema, eccetto l’idolatria (infatti la Legge e i Profeti
consideravano le questioni sociali delle manifestazione tangibili dell’idolatria). Allo stesso tempo, i
salmisti avevano effuso il loro grido con canti di protesta sociale e lamenti, tutte cose che noi
tendiamo a tener lontano dalla nostra adorazione cristiana.
Purtroppo si potrebbe avere la sensazione (a volte neanche così apparente) che da qualche parte, tra
il libro di Malachia e il Vangelo di Matteo, tutto ciò sia cambiato. È possibile che le questioni
sociali non meritino più l’attenzione di Dio o non scatenino più la sua ira? Al contrario, se invece
attirano ancora la sua attenzione, allora non sono più affar nostro?
Tale pensiero potrebbe essere paragonato al disprezzo per le Scritture ebraiche diffuso dall’eretico
Marcione che la chiesa condannò nel secondo secolo. Ciò fa sì che il presunto Dio del Nuovo
Testamento non sia assimilabile al Signore Dio, il Santo d’Israele. Questo Dio sembra essersi
disfatto delle ardenti priorità della Legge mosaica e aver abbandonato tutto il peso della giustizia,
gettandolo sui suoi profeti che ne hanno sopportato il costo. Le implicazioni per l’opera missionaria
sono similmente drammatiche. Poiché se gli urgenti problemi della società umana non sono più
nell’interesse di Dio, allora non hanno posto neanche nella missione cristiana, o al massimo
assumono un posto decisamente secondario. Nella prospettiva che ne deriva, la missione di Dio
equivale semplicemente a guadagnare anime per il cielo, senza parlare alle società sulla terra.
Trovo che tale prospettiva su Dio e sulla missione sia antibiblica e francamente non credibile, se si
sostiene che tutta la Bibbia sia la fedele rivelazione dell’identità, del carattere e della missione del
Dio vivente.
Le grandi verità della redenzione centrate su Cristo e sulla croce del Nuovo Testamento non
annullano ma piuttosto completano tutto quello che l’Antico Testamento aveva già rivelato
sull’impegno integrale di Dio nei confronti della vita umana, sull’implacabile opposizione di Dio
nei confronti di tutto quello che opprime, distrugge e umilia il benessere umano, e sull’obiettivo
finale di Dio di benedire le nazioni, distruggendo il male e affrancando tutta la creazione, per la sua
suprema gloria in Cristo.
Nel suo insieme, poi, il vangelo ci fa conoscere l’amore di Dio per il suo mondo debole, afflitto e
sofferente. Per coloro, cioè, che sono considerati ultimi, minimi (dal punto di vista sociale, culturale
ed economico) e perduti (spiritualmente), senza che si possa pensare che queste condizioni possano
essere separate, dato che l’essere umano è un individuo che nella sua completezza le possiede tutte.
Per tutti coloro che stanno morendo nei propri peccati, ma anche per tutti coloro che muoiono
prematuramente in questo mondo a causa di fame, malattie, guerre e violenze di ogni genere. Per
tutti coloro che sono senza Cristo, senza Dio e senza speranza in questo mondo, ma anche per tutti
coloro che in tali condizioni spirituali soffrono tutti i tipi di privazione: senza terra, senza casa,
senza amore, mutilati, senza famiglia e senza patria. Per il creato stesso, ostacolato nel suo compito
supremo di dare gloria al suo creatore, e gemente sotto l’ardente bramosia e violenza umane.
Come popolo del vangelo dobbiamo credere, vivere e comunicare tutto quello che fa del vangelo
una buona e incredibilmente, notizia a cui non manca niente. Sono sicuro che la Conversazione
Globale riporterà molteplici e pratici esempi di questa convinzione.
Tutta la chiesa
In un senso quantitativo, l’espressione “tutta la chiesa” sottolinea il fatto che la missione è compito
di tutti i cristiani, non solo del clero o dei missionari professionisti, ed è necessario ricordare questo
fatto. La missione è troppo importante per essere affidata unicamente a missionari.
Il Patto di Losanna parla del nostro “essere chiamati” per “essere mandati”. Tutto il vangelo di Gesù
Cristo è predicato interamente solo quando la chiesa, il corpo di Cristo sulla terra, riveste
fedelmente i tre ruoli che Cristo stesso rivestì quando era lui sulla terra e per i quali egli ci fortifica
mediante il suo Spirito. Siamo chiamati a un compito sacerdotale che si esprime nell’adorazione e
nella preghiera; a un compito profetico che si manifesta nel proclamare il messaggio e le priorità
divine a questo mondo; e a un ruolo di servizio. Solo quando questi tre ruoli sono esercitati insieme
allora rifletteremo veramente l’amore di Dio e la sua opera di redenzione per il mondo.
Diamo ora uno sguardo alle dimensioni della completezza di cui si occuperà questa Conversazione
Globale.
Chiesa orientata alla missione (missional)
Come abbiamo visto, la missione è intrinseca all’esistenza del popolo di Dio che è “chiamato” per
uno scopo ben preciso. Può esistere un’altra chiesa, oltre a quella che Dio ha creato per la missione?
Recentemente un amico mi ha detto “parlare di una chiesa orientata alla missione (missional) mi
sembra come parlare di una donna femminile. Se la chiesa non è così, allora non è chiesa”. E come
qualcun altro affermò “Non è Dio che ha una missione per la sua chiesa nel mondo; bensì è Dio che
ha una chiesa per la sua missione nel mondo”.
Un’inaccettabile mancanza di interezza. Secondo, abbiamo bisogno di contrastare l’ideale di una
chiesa “tutta” che manca però palesemente di unità, una chiesa che ovunque appare divisa. Come
possiamo diffondere l’interezza del vangelo al mondo diviso se non dimostriamo un po’ della sua
potenza guaritrice in noi stessi? Eppure, troppo spesso la chiesa è lacerata da divisioni e conflitti
che sono centrati su questioni di razza, di estrazione sociale, di tribù, di sesso, di beni materiali e su
molte altre questioni.
La chiesa non è solo un meccanismo di diffusione del vangelo. Essa è il prodotto del vangelo e per
questo deve essere una prova vivente e tangibile della potenza del vangelo, una potenza che
trasforma l’agire delle persone. Per questo gli errori e gli abusi delle comunità evangeliche sparse
nel mondo sono, usando le parole testuali del Nuovo Testamento, un enorme scandalo, una pietra
d’inciampo che impedisce al vangelo di essere visto, sentito e accettato. Il pentimento e il
cambiamento sono l’unica risposta a questa situazione.
La comunità cristiana globale. Il vero pentimento richiama il terzo senso in cui dobbiamo intendere
“tutta la chiesa”. Abbiamo bisogno di una chiesa mondiale, che opera con i più alti livelli di
reciproca cooperazione e partnership, da nord a sud, da est a ovest. C’è bisogno di ascoltare molto,
di imparare molto e anche di disimparare. Il nostro compito per superare le barriere e i limiti è
quello di fare del meglio, usando le parole di Paolo, nell’accettarci gli uni gli altri, nello stimare gli
altri più di noi stessi, e nell’avere a cuore gli interessi degli altri più dei nostri. Una Conversazione
Globale è un buon punto di partenza, e non di arrivo.
Tutto il mondo
Possiamo considerare l’espressione “tutto il mondo” in un senso puramente geografico, che sta a
significare ogni angolo del pianeta. Non esiste un luogo, compreso la nostra nazione, che non sia il
campo di missione. Nel mondo ci sono ancora moltissimi popoli non raggiunti, molte lingue che
non hanno neanche una parte della Bibbia tradotta, molti luoghi dove il nome di Cristo non è stato
mai pronunciato. Tutto questo rappresenta ancora una priorità impellente per la missione
evangelistica cristiana. Le estremità della terra stanno ancora aspettando. E oggi le estremità della
terra possono essere il nostro vicino di casa o l’immigrato che si trova nel nostro mezzo.
Abbiamo, tuttavia, bisogno di andare più in profondità e considerare altre dimensioni
dell’espressione “tutto il nostro mondo” verso cui si deve indirizzare la missione biblica:
La storia del mondo, così come Dio ce la narra nella Bibbia, ovvero dalle sue origini, al suo tendere
verso il suo destino finale. Secondo Paolo, noi non saremo salvati indipendentemente dal creato,
bensì insieme a esso. Se la nostre Bibbie, però, iniziano da Genesi 3 e finiscono con Apocalisse 20,
allora corriamo il pericolo di perdere di vista l’intero significato della grande storia divina, che è
quello di redimere tutto il creato. Ci concentreremo solo sulla salvezza dal giudizio finale dei
perduti, e non sul fatto di vivere nella presente creazione come coloro che, essendo in Cristo, hanno
già in sé, proprio qui e ora, i valori trasformanti e le verità profetiche della nuova creazione.
Il mondo delle visioni del mondo, delle filosofie e dei credi. Che tipo di idoli ci circondano, e qual è
la risposta cristiana e amorevole a coloro che adorano tali cose? Non dobbiamo pensare che
l’idolatria riguardi solo le grandi religioni mondiali. Ci sono intere ideologie secolari e atee che
hanno bisogno di essere prese in considerazione, perché per mezzo di esse gli idoli del consumismo,
del patriottismo e dell’edonismo prosperano felicemente, e ciò grazie a coloro che si dichiarano
discepoli di Gesù Cristo.
La creazione, e la nostra responsabilità verso la terra che Dio ci ha affidato, che Dio ha riconciliato
a sé mediante la croce (Colossesi 1:20). Se il pianeta fosse stato creato da Cristo, sostenuto da
Cristo e appartenesse a Cristo come sua eredità, il minimo che noi avremmo potuto fare sarebbe
stato quello di badare a esso in modo appropriato. La responsabilità dell'amministrazione e del
dominio sulla terra avrebbe dovuto essere dunque un tema evangelico molto prima che la minaccia
dei cambiamenti climatici capovolgesse la questione in una sorta di auto–conservazione
Il mondo della globalizzazione, e la pubblica piazza. Che tipo di impegno missionario dovrebbe
avere luogo in rapporto alle tendenze e alle forze economiche della globalizzazione, alle migrazioni
di massa, al mondo virtuale di internet e delle nuove tecnologie, e in rapporto a tutto quello che
accade nei mercati rionali, nelle piazze pubbliche, negli affari, nella politica, nell'istruzione, nei
media, nel giornalismo, nella medicina, e in tutto mondo del lavoro?
Il mondo della violenza, della guerra e del terrorismo. Siamo circondati da miti e contromiti che
generano violenza e giustificano la violenza come risposta a un torto subito. A parte l’aumento
sconvolgente di morti e di distruzioni che questi idoli provocano, non abbiamo anche noi una
responsabilità nello sfidare e nello smascherare la loro falsità e chiederci che tipo di realtà
evangelica è implicita nelle parole di Gesù quando disse “Beati coloro che si affaticano per la
pace”?
Il mondo del bisogno e della sofferenza umani. La lista sotto questo titolo può essere infinita. Ma se
il vangelo è la buona notizia in risposta a tutto quello che il peccato ha fatto diventare cattiva
notizia, allora il vangelo deve essere grande abbastanza e la nostra missione estesa abbastanza, da
avere la potenza di Dio di trasformare problemi come quelli causati dalla malattia, fame, brutalità,
traffico di esseri umani, schiavitù, violenze sessuali, povertà, ingiustizia, pulizia etnica, e tutte le
forme di odio e oppressione sociale, tribale ed etnico.
Concludo ritornando al verso del tema congressuale nel suo contesto ricco e profondo. Le parole
dell'Apostolo Paolo in 2 Corinzi 5:1819 sono un meraviglioso riassunto del tema di questo
articolo. “E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha
affidato il ministero della riconciliazione. Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il
mondo...”
Il ministero della riconciliazione e della redenzione di Gesù spinge coloro che egli ha chiamato. E
noi siamo mandati per portare tutto il vangelo di Dio a tutto il mondo di Dio. Nessuno di noi,
singolarmente, è in grado di adempiere tutto ciò che una tale missione olistica esige. Lo stesso
pensiero sicuramente sorse in Dio, il quale creò la chiesa con una molteplicità di doni e di ministeri,
affinché possiamo come un’unica chiesa portare la testimonianza di tutto il vangelo in tutto il
mondo.
Che questa Conversazione Globale possa generare comprensioni più profonde e azioni più mirate,
in quanto prendiamo parte insieme a Dio alla sua missione globale.
Chris Wright è International Director della Langham Partnership International (John Stott
Ministries negli USA) e Chair del Lausanne Theology Working Group.
[Translation provided by Friends of Gruppi Biblici Universitari (IFES Italy)]