Pdf Opera - Penne Matte
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GiuliaSoi Giuliasottolametro produzionecreativaMariaBeatriceAlonzi disegnidiCristinaSchiavoni ©Copyright2016 byGiuliaSoi&MariaBeatriceAlonzi giuliasottolametro.com [email protected] Primaedizionedigitale:gennaio2016 MariaBeatriceAlonzi:Produzionecreativa CristinaSchiavoni:Disegni VeronicaGiuffré:Editingerealizzazioneebook GiulianoPace:Editinggrafico MariaBeatriceAlonzi:Graficheecopertina Ringraziamenti Sulla scia di un noto spot che ha formato psicologicamente la mia generazione, direi che per introdurreunlibropiccolo,civoglionoringraziamentibrevi. Perciò,nell’ordineringrazio: LostaffdiGiuliaSottolaMetro,ovvero:Criperleimmagini,Miscuglioperlagrafica,Veroper l’editingeBeapertuttoquantoilresto. Miscuglioun’altravolta,perchéèmiomaritoemisopportaanchequandononsarebbetenuto afarlo. L’ATAC,inquantodivinitàcreatricediognisingolasituazionechemitrovoaraccontare. I tanti “mi piace” che sono piovuti su Facebook, perché senza quelli le mie avventure non sarebberoandatedanessunaparte. Infine,lastbutnonleast,ringrazioilmiotelefono. Perché senza di lui, nell’ora di tempo che trascorro ogni giorno sui binari della linea A per andareetornaredallavoro,nonavreimaipotutoscriverelemievicissitudinimetropolitane. PerchésenzadiluisareirimastasoltantoGiulia… …Senzadilui,nonsareimaipotutadiventareGiuliaSottolaMetro. THEWALKINGBUS Oggi a Roma c’è sciopero della metro. Sti cazzi, direte voi, ma sono le due, io ho un’ora di tempo per tornare a casa e la città è nel panico che manco Atlanta nella prima puntata di The Walking Dead. Che faccio? Esclusi taxi, calesse, risciò e monopattino, non mi resta che andare a cercareunautobus. Dopoventiminutitrovounesemplaredi87:riescoaentraredallaportadavanti,miincastrotra ilbattenteeunpalo,inmezzometroquadratocheospitagiàl’autistaealtre75persone,poimi accorgodelmareimmobiledimacchinetraPiazzaColadiRienzoePiazzaCavour.Traun’orasarò ancora lì, è chiaro, quindi avviso del ritardo, mi appollaio sul cruscotto dell’autobus e mi metto l’animainpace. Glialtrino,però,einizianoadaccaderecose. Bellecose. All’altezzadiPiazzaCavourunsignorechepassasullestriscevedeilnostroautobusgiàpieno comelaterzaclassedelTitanicalmomentodell’impattoconl’iceberg:cirincorre,ciraggiungee, conl’ariadichivuolsalireabordo,maancheconl’ariadellozombiechehasentitoodoredicarne umana, inizia a colpire con veemenza il finestrino dell’autista (d’altronde, non c’è un cartello che vietidiparlareconlui,fuoridall’autobus). Quellosobbalza,poiloguardaconilgiustodistaccoprofessionaleediceadaltavoce,parlando piùaséstessocheall’imprevedibilepassante: “ÈarrivatoMaciste,tiè!Bussapure,questo!Nunsepreoccupi,signo’,sevedemoallafermata… Tranquillochel’aspetto,tantoèvòto,no?”(Nonsoavoi,maamest’autistagiàmistasimpatico.) Questosiparietto,sicapisce,èsolounassaggiodiquellocistapersuccedere.Ilbelloarrivaqualche minuto più tardi, quando arriviamo alla fermata successiva. A salire sono in tanti, a scendere un cazzo di nessuno. Quindi, se la matematica (o, in questo caso, la geometria) non è un’opinione, stiamoandandoincontroaiguai.Einfatti,arrivanoprestoleprimeurla. Unasignoraallafermata,evidentementeinattesadiunaltroautobus,sispaventadifrontealla massaumanaesternachespingeperfarsispaziotralamassaumanainterna: “Oh!Autista!Macheèmatto?Maperchénonfascenderetutta’stagente?”(Genio). “Signo’,nonlifaccioscendeperchéstoa’aspettàchescoppia…cosìmancodevoapri’leporte, no?”(Piùgenioancora.Vel’hodettochemipareunosveglio,questo). Un ragazzo dal centro dell’autobus sente lo scambio di battute e risponde, con il tono di chi nonèpernientesoddisfattodelserviziopubblico: “Afenomeno!Guardachecosìperòcerimanemosecchi…Toccachetemovi!”(Ancheluihale sueragioni,ineffetti). “Eh,masetenuntelevidaquellaportaioripartoilmesedelpoiel’annodelmai!”(Vediperché non chiudeva? Perché l’idiota che si lamenta si è piantato nell’ultimo centimetro di spazio libero accantoalbattentedellaporta,bloccandola). “Ealloraperchénunlalascichiusa’staporta?” “Perchécestaitedavanti…devidascenneee!!!” Alcentrodell’autobussisvolgeunreferendumistantaneo,ilpopoloscegliel’autista,lemassesi coagulano e scagliano fuori il baldanzoso giovane che rimane a inveire sul ciglio della strada, mentredavantialsuonasosichiudequellaporta,cheunattimoprimaluistessoostacolavaconi suoipiedi. (Ci manca solo che la folla lo fagociti soffocandolo con livore, ma non si può avere sempre tuttodallavita). Applausogeneraleel’autistariparte. Dopo circa un’ora dall’inizio dell’epopea, eccoci al Colosseo. Arriviamo in concomitanza con l’ora di uscita del liceo Cavour: un gruppo di una trentina di adolescenti, armati di zaini, borse, cartelleeberrettidarappercorronoinmassaversoilnostro87ormaicollassato. Noidellapruadell’autobus,cherispettoaquellidellapoppasiamomoltopiùpacati,civili,ormai ci chiamiamo per nome e chattiamo anche tra noi su WhatsApp, abbiamo un moto difensivo subitaneoecollettivo. “Oddio,sesalelascolaresca,èfinita”diceunsignorechelavorainunufficiodiPonteMilvio. “Cazzo, questi ci ammazzano” gli fa eco un ragazzo che deve raggiungere la madre a San Giovanni. Duesignorecoreanecongliocchisbarratidiconodellecoseincoreano. Einfine:“Dobbiamostareuniti”chiosaunasignoraanzianache,poverella,hadettodasubito cheleiscendealcapolinea. Per un attimo ho una sensazione di déjà-vu, ma poi ripercorro l’avventura dall’inizio e finalmentecapisco:questononèunosciopero,èunepisodiodiTheWalkingDead. Esec’èunacosadicuisonoesperta,sonogliepisodidiTheWalkingDead.Lisoamemoria,so chesonotuttiugualieperciòsoancheche–sevogliamoavereunasperanzadisopravviverealla scolaresca–dobbiamotrovareilnostroRickGrimes,uneroecheciguidiversolasalvezza. E chi è il prode Rick a bordo di questo 87? È l’autista: l’uomo che ha già affrontato un’aggressione esterna e una interna, l’uomo che finora ha avuto la parola giusta al momento giusto,l’uomochepuòdiventareilnostroleader. (Eunveroleadersacoglieresemprealvolol’occasione,quandoglicapita). “Autista, ma perché non lascia le porte chiuse?” Chiede la vecchietta che deve arrivare fino al capolinea. “Asigno’…masequestimecitofonenoiojedevoaprì…” Elei,sardonicacomesolocertevecchietteromanesannoessere:“Nonlosote,giovanotto,ma ioacasamiamicaaproatuttiquellichemecitofoneno…” Un sorriso diabolico illumina il volto dell’autista, mentre l’intero gruppetto della prua volge lo sguardodallavecchiettaall’uomoalvolante,conunascintilladisperanzanegliocchi. (Abbiamoilnostroleader,gentedellaprua?) “Vabbè,‘ndo’scendete?” “CesareBaronio…” “Baccarini…” “Capolinea,giovano’…celosai.” Alle quattro meno venti arriviamo a via Etruria. Fedele alla sua promessa, il nostro Rick ha continuatoatenereleportechiuse,salvandoci–dallascolarescainpoi–daripetutiassaltidiorde di zombie romani urlanti e ferocissimi. Ora l’atmosfera a bordo è molto più vivibile, abbiamo ripresoarespirareossigenoinvececheanidridecarbonicaestiamoancheiniziandoiconvenevolidi saluto (oh allora, è stato un piacere… Sì, ma poi organizziamo una pizzata… Sì, dài, lasciami l’email… ecco bravo, nun famo che poi nun se vedemo più, però, eh…) quando il nostro Rick ci chiede: “Ohregà,chefamo,jeaproastaregazzettaallafermata?” Noiannuiamo:ormaiilpeggioèpassato,possiamotornareaesseregenerosieciviliconglialtri. Laragazza,vedendoleporteaprirsi,sorrideesale:“Grazie…”cifa,conunfilodivoce,mentre sisistemainunospaziettochelelasciamoaccantoallaporta. “Seifortunata”ledicoconariadaveteranadiguerra.“Seilaprimacheriesceasaliredaunbel po’”. E lei: “Ah, lo so bene! Vi sto seguendo a piedi da tre fermate… e in effetti non capivo perché nonapriste”. “Guasto tecnico” mormoriamo più o meno tutti (coreane comprese) mentre, fischiettando, abbassiamocontemporaneamentegliocchisuinostricellulari,ormaiscarichidatempo. LALIBERTÀGUIDAIL628 Il 628 è un autobus che non in molti conoscono. Collega l’Appio Latino allo Stadio Olimpico dopounluuungotragittochetagliailcentrostoricoeimplicaungradodipazienzachesolochilo prendeabitualmentepuòcapiredicosastoparlando. ÈunmezzochetipuòfarinveirecontroNostroSignorepoiché,quandononpassa,nonpassa pergiorniinteri.Persettimane,forse. È un mezzo che può diventare la tua seconda casa visto che, con lui, sai quando sali ma mai quandoscendi. Èunmezzochehailpoterediincrociaresulsuotragittoogniincidente,ognimanifestazione, ogniveicologuastocheRomaoffraapartiredalmomentoincuisilasciailcapolinea. Èunmezzo,però,chesafarsiamare,perchéèpartedelquartiere,perchéloprendonosempre le stesse persone, perché una volta a bordo non devi fare altro che metterti comodo e guardarti intorno,pergustartilospettacolo. C’èstatounperiodo,qualcheannofa,incuifacevounatrasmissionedelmattinoindirettaein cuiuscivodicasaaorariimproponibilicomeleseidelmattino. Aquell’ora,abordodel628cisonoprevalentementeministerialichevannoinufficio,studentie insegnanti che devono raggiungere le scuole del centro o di Roma nord e soprattutto operai di ogninazionalitàchevannoalavorareincantiereechedisolitosonoinritardo,terrorizzatiperchéil loroprincipalepotrebbelicenziarliintronco,lasciandoliinmutande. Moltevolte(comed’altrondeaccadeunpo’sututtiimezzi)sul628ognunosenestasolosul cuordellaterra,accoccolatosulsedile,easpettachesiasubitosera(cit!). A volte, però, accade qualcosa che fa cadere di colpo ogni barriera di razza, di ceto e di rodimentodiculomattutino;qualcosacheriesceatrasformarel’equipaggioassonnatoeasociale inunacompaginecompattadicompariperlavita. Sonole7diunafreddamattinadidicembrequandoil628fermaapiazzaEpiro. Enonripartepiù. Sulserio:sipianta,immobile,enessunocapisceperché,vistocheilmotoreèancoraacceso. Passatoilprimomomentodiindifferenza,incuilostordimentomattutinoimpediscedirilevare la deviazione degli eventi dalla norma, i passeggeri iniziano uno a uno a alzare la testa e a chiedersi: “Sentiamo,perqualecazzodimotivooggifaròtardiallavoro?Eh?Sipuòsapere?”. Io mi preoccupo di bucare la diretta, i ministeriali di come timbrare il cartellino, gli studenti di cosa raccontare alla prof della prima ora. Gli operai, invece, non è che si preoccupino: si immaginanogiàinmezzoaunastradaaviveredistenti. Primachesiscateniilpanico,però,c’èunmomentodistasiincuiognuno,mentalmente,inizia afareicalcolidiquantotempostiaperdendo,confidandosegretamenteinunimprobabiledeusex machinachespuntifuoridasottoaisampietriniperrisolverelasituazione. Naturalmente,però,anchequestavolta,colcazzochearrivaildeusexmachina. Arrivano solo clacson impazziti di macchine ferme dietro a noi, improperi da parte dei pedoni chenonriesconoapassareelemadonnedell’autistacheforse,inquestomomento,èl’unicoche hacapitocosaaccidentistiasuccedendo. Finalmente,unsignoresedutovicinoallaportaanterioredecidediemergeredaltorpore:sialza econdecisioneiniziaaparlareconl’autistapercapireildafarsi. Hanno l’aria di due che sanno il fatto loro, di due che ora si rimboccheranno le maniche e risolveranno il problema, di due che non vogliono essere disturbati perché “state tranquilli, ci pensiamonoi”. Eproprioperquestomotivo,nonc’èunapersonaabordocheabbiaintenzionedifidarsidiquei due.Iniziamotuttiadalzarci,aguardarefuorieacommentareconariasdegnatache: “Ma ti pare che questo doveva parcheggiare in curva sapendo che lì poi l’autobus non ha spazioperpassare?” Epoi: “Madovecazzovaiaspasso,sapendocomehailasciatolamacchina?” Nelgirodipochiistanti,sicreailclassicoconsigliodiguerraincuituttirecriminiamo,nell’ordine: control’inciviltàdellagente,controquellichenonsannoguidare,controilgovernoladroeanche controlamezzastagionecheormainonc’èpiù. Ovviamente,apartel’autistachehapresoasuonareilclacsoneasmadonnarecomesenonci fosseundomani,nessunosembraavereideegenialipersbloccarelasituazione. E soprattutto, nessuno sembra aver notato lo strano fermento che agita gli operai extracomunitari seduti in coda. Parlano in varie lingue (a occhio si direbbe un misto tra Africa, centro America e Sud-Est asiatico), mimano tra loro un’azione e poi si avviano con passo deciso verso la porta dell’autobus. Li guardiamo tutti con aria perplessa, ma con la contemporanea speranza che il loro intervento – qualunque esso sia, foss’anche una rissa con lo sciagurato proprietariodelveicolo–possarivelarsipiùrisolutivodelclacsondelconducente. Corriamotuttialfinestrinopiùvicinoalluogodeldelittopercapirecosastiaperaccadere. E,forseforseancoranoncenerendiamoconto,quellochevediamononcelodimenticheremo mai. LabrigataextracomunitariasiavviadigrancarrieraversounaFiat500deglianni’70checonil suominuscoloculettorotondoparcheggiatomaleosaimpedireilpassaggiodelcolossoatrecifre. Osserviamo trepidanti i quattro energumeni esotici piazzarsi due davanti e due di dietro, afferrare i parafango dell’adorabile cinquino e all’un-dos-tres sollevarlo di peso fino a lasciarlo caderealcunimetripiùinlà,sulmarciapiede. Potenzadelterroredirimaneredisoccupati. Iquattrosiguardano,sudatieansimantimafieri,equandorisalgonoabordonoiapplaudiamo, esultiamoentusiasti:“Dajechepurestavoltanuntelicenziano!”gridaqualcuno. Insomma, è una standing ovation che coinvolge tutto l’equipaggio tranne l’autista e il suo compareche,fossestatoperloro,stavanoancoraattaccatialclacsonenoiattaccatialcazzo. Mentre gli applausi e le grida di giubilo ancora risuonano per tutta la vettura, il 628 torna a rombarefiero,direzionepiazzaVenezia. Ancheoggiarriveremotuttidovedobbiamoarrivare.Ancheoggiunautistadell’ATAChaperso unabuonaoccasionepertacere.Ancheoggiungruppodioperaistranierinonhapersoillavoro. Ementreinlontananzavedoarrivareunominotrafelatochepropriononcapisceperchélasua 500 sia parcheggiata in mezzo al marciapiede, penso che domani ci ritroveremo tutti qui, stesso posto,stessaora.Malastandingovationperqueiquattroragazzinonsaràancorafinita. Forsedureràancorasoloperungiornoodue,maintanto…buttalivia. MY(UN)FAIRLADY Ok,primadituttomettiamobeneinchiarounacosa:nonsonoiochemelecerco,accadonoe basta.Capito?Accadono.Iomelerisparmiereivolentieri. Mi trovo a bordo dell’87, con poca voglia di andare a lavoro. Dopo un paio di fermate, sale a bordo una signora. Non la vedo, ma sento distintamente la sua voce (perforante a livelli che si apprendonosoloconun’esperienzaformativanell’ortofrutticolovecchiostile)chiedereall’autista: “Scusi,questoarrivasullapiazzadiFrascati?”. E il poverello – che, come tanto di cartelli confermano, non dovrebbe essere infastidito per nessunaragionealmondo–rispondeattonito:“Prego?!”. Elei,conariadafigliadelmaresciallodeLapalisse:“Scusa,figliomio,c’èscrittochevaisuiColli Albani…cipasseraipureperFrascati,no?”. Perfortuna,ilsemaforodiventaverdeesalval’autistadall’incombenzadispiegareallasignora cheColliAlbanièunquartierediRomaenonunodegliameniluoghicitatinellanotacanzoneche parlasisagre,diuvaedifontanechedannovino. Noncontenta,lasignoratornaprestoallacarica(continuoasentirladalmiopostoaccantoalla porta centrale… non la vedo di persona perché l’autobus è pieno, ma non posso evitare di immaginarlacondeifioriinmanocomeMyfairladyprimadelrestyling):“Scusi,misadiredov’è PiazzaSanQualcosa?”. Giuro,nonèunamiapietosacojonellaperstrappareunarisataabuffo.Lohadettodavvero. L’autista,però,nonsiscomponeerisponde:“No,nonloso…masedàqualcheindicazionein piùglielaindicovolentieri”.“Masì,dài”dicelei,passandonuovamentedaElizaDoolittleaMadame deLapalisse,“…èquellapiazzachestalàdietro…vicinoaViaCoronari.” L’autista tira un sospiro di sollievo: “Allora ho capito…” (Non vedo neanche lui, ma posso immaginarecheabbiaanchepresounfazzolettonedistoffaperasciugarsiilrivolodisudoreche glistacolandogiùdallafronte). “Lovedi,bellomio,chelaconoscevipurete?”Comedarletorto. L’autistaleindicalafermataeleisiincamminaversoilcentrodell’autobus.Così,finalmente,la vedo. E se mai aveste pensato che la parte surreale sia quella che vi ho appena raccontato, vi sbagliate. Digrosso. L’amica Eliza de Lapalisse è una donna in carriera, o almeno è agghindata come se lo fosse: capellilunghi,biondietinti,ricopertadiperle,truccovistoso,tailleurnero,calzearete,scarpedal taccotroppovertiginosoperunadellasuaetà. Sipiazzapropriodavantiameeiniziaaparlare.Dasola. Io,però,mirifiutodicrederciecosìmiguardointornopercercareilsuointerlocutoreinvisibile. Parlaaltelefono?Diauricolari,neanchel’ombra. Allorapensoaunbluetooth,mauntelefonovecchiocomequellochehainmanononlovedo da quando Ambra conduceva Non è la Rai, quindi niente. Non mi resta che arrendermi all’evidenza,mentreprovoadascoltarequellochedice,magiurochenonèfacilecapirciqualcosa: “Echetedevodì?Stoa’nnàaViadeiCoronari…(manoneraFrascati?EPiazzaSanQualcosa?Mi sto perdendo dei pezzi)… sì, ma lascia perde… devo pure mangia’… sì, che poi è un macello, me devofa’erfarro,erminestronepassato,erpettodepollo…sì,nuncepoicrede…c’ho’napanza, hopreso7-8kginungiorno.” Inungiorno?! La guardo meglio: in effetti ha una pancia gonfia che sporge in modo stranissimo, tanto che nonmistupireisefosserimastaincintasenzaaccorgersene. Mentrecontinuaaparlare(diciamodasola…cerchiamodinonesseremaliziosi,perfavore)a volte si sposta, si mette di spalle e da come muove le braccia sembra che porti il cellulare all’orecchio.Quindimivieneildubbiocheveramentestiaparlandoconqualcuno,mapoiriabbassa il braccio, perciò sono veramente confusa. Il tono della voce è sempre altissimo, le movenze sempreconcitate,inizioadaverepaura. Poi, però, l’amica Eliza apostrofa la coppia di signori anziani accanto a lei: “Scusate, sapete dov’èPiazza…PiazzaSanQualcosa?”(Eh,bellamia,maalloraseidecoccio:tel’hadettol’autista dovedeviscendere,nont’èbastato?) Ovviamente,ecomedarglitorto,isignorinonlosanno. Parteunadissertazioneincuisialternanounpo’ViadeiCoronari,unpo’lapanzadi7-8kgin ungiornoeunpo’glisguardiintimoritideiduepoverivecchietti,chepereducazionecontinuano adascoltarlasenzasaperebenecosarisponderle. All’improvviso, il mio occhio cade su un dettaglio determinante: la borsa di Madame de Lapalisse. Dovete sapere che la nostra elegante Eliza total black ha una tracolla di Ralph Lauren PoloSport. Diplastica. Trasparente. (Per questioni di budget non sono un’esperta, ma mi sembra una di quelle confezioni che contengonoilprodotto,piuttostocheunaveraepropriaborsa.Inognicaso,però,leihadecisodi utilizzarla come tale, ignorando completamente l’evidenza – …ma come, proprio lei che di cognomefadeLapalisse?–perlaqualeinquestomodotuttiicazzisuoisonoinvetrina). Vedo nell’ordine: un pacchetto di sigarette e un accendino (ok, fuma… magari l’aiuta a stemperarelostressdiunlavorodirappresentanza…),un’agenda(…magariannotagliindirizzidei posti in cui va, tipo Piazza San Qualcosa), una busta di plastica con Dio solo sa cosa dentro, un assorbente (…ancora niente menopausa, darling? Allora vedi che l’ipotesi della gravidanza non è dascartare!). Epoi…Lei:unaboccettadiLexotan.Mezzavuota. Ora,lavorandointv,sobenecheunaboccettadiLexotanmezzavuotanonsinegaanessuno. Quando i fiori di Bach sono ormai un ricordo lontano dei tempi dello stage, il Lexotan te lo porti dietroinsiemealtaccuino,lapennaeilcellulare.Però,questasecondomenonlavoraintelevisione. Questahaunproblemaenemmenotroppopiccolo. Nel frattempo, Eliza continua a dissertare di verdure, di intestini sofferenti e di come proprio non si spiega che solo ieri pesasse 7-8 kg di meno (ormai le credo, e infatti non me lo spiego neancheio)finquandol’adorabilevecchiettononlaavvisachesiamoallafermatavicinoaViadei Coronariechedevescendere. Eliza ringrazia cordialmente, saluta (e saluta l’intero l’autobus, a dir la verità… sventolando la mano,dicequalcosacome:“Arrivederci,cari,ebuonagiornataatutti!”)epoiscende. Io la seguo con lo sguardo per assicurarmi che non stramazzi sul marciapiede, mentre mi chiedopreoccupatacomefaràaraggiungerePiazzaSanQualcosasuqueitacchieinquellostato. Manonsonolasolaapreoccuparsi. “Certocheèstrano…”chiosailvecchietto,guardandolamoglie.“Unacosìattentaalcibo,come avràfattoaprendere7-8kginungiorno?” FBIOPERAZIONEGATO(MIO) Confermo un cliché, lo so, ma su un autobus che passa per Piazza Vittorio è piuttosto facile incontrarecinesi. Piùinsolito,invece,ètrovarciuncineseconungattoinbraccio. E non un gatto normale, ma un gatto agitatissimo, inferocito, pronto a graffiare e mordere chiunque (come testimoniano le mani del cinese, sanguinanti in più punti). A bordo saremo quattroocinque,seisecontiamoanchel’autista:quindiilCharlieBrowncongliocchiamandorla, coninbracciounoSnoopypiùistericoefelino,nonpassainosservato.Unasignoradimezzaetà, ben vestita e con l’aria da rompicoglioni, lo scruta infastidita al di sopra degli occhiali. Sbuffa, scuotelatesta,contafinoadieciepoiattacca: “Giovanotto! Giovanotto! Dove ha preso quel gatto? Eh, si può sapere?” “Gato? Queto gato? Mio, gato! Pelché?” “Perché secondo me questo gatto non è affatto suo…” (Me lo sento, ora lo dice… Lo sta per dire…) “Secondo me, lei quel gatto se lo vuole mangiare!” (Ecco. Dicevamo dei cliché?) Il cinese sbarra gli occhi con un sussulto. “Mangia? No, io no mangia gato! Gato mio, gato!” Lasignora,pernienteconvinta,continuaconlasuapersonaleinquisizione. “Chiamolaprotezioneanimali!”“No,gatomio!”“Mollailgatto,musogiallo!”“No,gatomio!” “Non vi basta rubarci il lavoro, ora anche i gatti?” “No, gato mio!” “Supercalifragilistichespiralidoso!”“No,gatomio!” A quel punto, proprio quando lo scambio rischia di perdere vitalità, interviene l’autista con l’inimitabilesavoirfairedellacategoria,tralemiepreferitedituttalascalasociale.“Ergattoètuo unpardecojoni!” (Il cinese ci prova pure a ripetere per l’ennesima volta che “No, gato mio!”, ma l’autista non senteragioni.) “Molovedemosiergattoètuo…Tumedici’ndoabbiti,iodevioerpercorsoeteportofinoar portone.Vabbè?” (Epoicilamentiamochegliautobusnonpassanomaiinorario…D’altronde,quandositratta delbenesuperiore,chedirittoabbiamonoicittadinidilamentarci?) Messoallestrette,ilcinesespiegadoveabita:purtroppoperlui,però,tral’italianostentato,le indicazioniconfuseeleurladelgatto,nessunosembrapropensoacredergli. Acominciaredall’autistache,forseperavervistotroppitelefilmpolizieschiamericani,decidedi costringerloasputareilrospoconunserratointerrogatoriochemancoTruedetective(stagione1 o2…Ioscegliereila2,manonvogliorischiarediapparireimpopolare.)Latensionesaleeitonisi accendono, ma a quel punto accade qualcosa a cui neanche Matthew McConaughey, Woody Harrelson e Colin Farrell insieme avrebbero saputo far fronte: il gatto si divincola dalla morsa orientaleescappa.Iniziaacorrerecomeunmattopertuttol’autobus–perfortunaancoraquasi vuoto–siarrampica,falalapdancesuipali,cercainvanodiusciredaifinestrinieallafinesivaa nascondere sotto ai pedali dell’autobus (mica scemo, il felino… D’altronde, al suo posto io avrei fattolostesso). Il cinese appare sull’orlo di una crisi di nervi: continua a ripetere meccanicamente che “Mio, gato!Mio!”,mentrelasignoracercaancoradireperireilnumerodellaprotezioneanimaliel’autista l’indirizzo del presunto mangiatore di felini. Saremmo a uno stallo alla messicana da manuale, se non fosse che, visto che ormai il nostro autobus è fermo da un po’ (l’autista ci ha proprio preso gusto a giocare a Rust Cohle, Ray Velcoro & Friends – Live) si è avvicinata una pattuglia della municipale. Appenaseneaccorge,ilcinesesbianca(perquantoilsuocoloritogliconsentageneticamente), trova un varco tra l’autista e la signora e si fionda a recuperare il gatto. L’autista lo insegue, lo bloccaeloconduceapiùmiticonsigli:“Andiamocasamia!Andiamocasamia!” “Ah,mochehaivistoivigilivuoiannàacasa,eh?Vecchioparaculo…Edajecheteceporto!” Perunistantepensochestiascherzando,mafaccioprestoaricredermi.“Signori,siscende!La corsa è finita!” Che determinazione, che piglio, che risolutezza! Davanti a una pattuglia della municipale, quest’uomo sta interrompendo il servizio pubblico per salvare la vita di un gatto… Secondomeunascenacosìnonhamaiavutoluogo,néaRomanéinLouisiananénellaconteadi Vinci, California. Eppure, io e gli altri quattro privilegiati con cui ho avuto l’onore di assistere a questoattounicometropolitano,dobbiamoabbandonarelavetturaecapirecomecavoloandare perdovedobbiamoandare(cit.).L’autobuschiudeleporteesiaddentranelcuorediChinatown conabordounavecchiarompicoglioni,unautistadell’FBI,uncinesepocopresenteaséstessoe ungattochesperasegretamentedinonfinireallapiastra,inmezzoariso,verdureegamberi. Io,invece,rimangosulmarciapiedeaguardarliinsilenzio,mentredaunlatomichiedosecon un borseggiatore sarebbero stati così implacabili e dall’altro penso a che fine farà quel povero gatto,unavoltascampatoallatavolaimbandita(sedavveroquelloèilsuodestino). Micandidereipurecomesuafuturapadronama,ahimé,hosposatounasmatico…Quindivado a cercare un altro mezzo che mi porti a casa o, più probabilmente, verso la mia prossima avventura. …eilmegliodeveancoravenire. Questo era solo l’inizio, per tutte le altre storie di Giulia e per l’ebook completo,seguicisugiuliasottolametro.com. Indice Ringraziamenti THEWALKINGBUS LALIBERTÀGUIDAIL628 MY(UN)FAIRLADY FBIOPERAZIONEGATO(MIO)