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Interviste a Vittoria Puccini e Vinicio Marchioni di Angela Consagra
VITTORIA PUCCINI
Per quanto riguarda Maggie ‘la gatta’ de La gatta sul tetto che scotta viene subito in
mente un’altra forte ed inquieta figura femminile raccontata da Williams: la Blanche
di Un tram che si chiama desiderio…
“Credo che alla fine si tratti di due personaggi femminili molto diversi tra loro perché
Blanche durante tutto il racconto si costruisce come una sua realtà alternativa sfogando il
dolore e l’infelicità della sua esistenza nell’alcool. Il mondo in cui lei si muove in realtà non
esiste, non corrisponde alla verità, mentre Margareth rappresenta una contrapposizione
alla falsità di comportamenti che la circondano. Maggie è profondamente istintiva ed in
questo senso le sue movenze sono quelle di una ‘gatta’: è una donna determinata ed
istintiva al tempo stesso, che non agisce mai per puro calcolo; anzi, Maggie è mossa da
un istinto quasi animale ed è molto sincera da questo punto di vista. I sui comportamenti
sono fedeli a ciò che realmente lei sente dentro di sé.”
Elio De Capitani – regista di Improvvisamente, l’estate scorsa, l’altro spettacolo di
Tennessee Williams in scena alla Pergola durante questa stagione – per descrivere
la scrittura di Williams parla di “lirismo sensuale”: Lei è d’accordo con questa
definizione?
“Sì, trovo che siano parole giuste. Williams si sofferma su delle storie specifiche ma con
una sua poetica dai toni molto alti, direi universali. C’è una fortissima carica sensuale che
si insinua nel testo e che coinvolge principalmente proprio Margareth, anche se poi sono
tutti i personaggi ad esserne toccati, in qualche modo. Abbiamo lavorato molto sul corpo: il
rapporto con la fisicità è davvero esplicito, non viene celato, soprattutto Margareth utilizza
la sua sensualità perché è consapevole che può essere anche un’arma da utilizzare nel
rapporto con gli altri. Inoltre lei vuole disperatamente essere felice, anche a livello affettivo.
Insieme al regista abbiamo cercato di non renderla chiusa in delle forme rigide: è una
figura molto libera, proprio fisicamente, perché ha una relazione con il corpo molto diretta
e vera. Non è assolutamente una donna borghese o convenzionale, a volte appare
addirittura sfacciata: è in tutte queste sfaccettature della femminilità che risiede il suo
fascino.”
VINICIO MARCHIONI
A quale particolare corda interpretativa ha dovuto attingere per riuscire a rendere
sulla scena Brick, il protagonista maschile de La gatta sul tetto che scotta?
“Williams ha messo Brick nelle condizioni di non muoversi. Questa condizione, questo
blocco, abbiamo cercato di ampliarlo e di farne la sua condizione esistenziale. Credo che
una parte di lui sia morta con Skipper e quel poco che resta di Brick ogni giorno affoga
nell'alcool. “Io voglio evadere”, “Io non voglio far niente”, “Quando ero giovane credevo in
qualcosa”, sono tutte battute di un uomo che ha perso la voglia di vivere, che non trova più
un posto nel mondo e che non sa più chi è. Ogni sera lavoro su un mio malessere, una
mia mancanza, qualcosa che mi destabilizzi profondamente e mi renda inutile tutto quello
che mi circonda. È un ruolo molto complesso, profondo e in parte oscuro. Uno di quei ruoli
per cui un attore deve essere grato e va trattato con tutti i riguardi del caso, sera per sera.”
In passato ha interpretato anche un altro testo di Williams, Un tram che si chiama
desiderio, per la regia di Latella. Secondo Lei esiste una parentela, in qualche modo,
tra queste due diverse messinscena?
“L'unica cosa che assimila forse i due spettacoli è l'importanza che viene data alle parole
di Williams, il fatto che i due registi abbiano fatto ‘emergere’ i due testi dagli spettacoli. Per
il resto sono due messe in scena completamente diverse.”
Infine, più in generale, come sceglie i vari personaggi? Una storia che cosa deve
assolutamente avere per convincerla a interpretarla?
“Cerco, contemporaneamente, qualcosa che mi riguardi profondamente e qualcosa che
sia lontanissimo da me. Quindi le storie mi devono sorprendere, da una parte, e farmi
conoscere una parte di me che ho poco esplorato dall'altra. Poi mi domando mille volte se
quel ruolo ha veramente bisogno proprio di me e se io ho veramente bisogno di quel
ruolo.”
Note di regia di Arturo Cirillo
La famiglia è ancora il luogo dove Williams fa risuonare le sue parole, il luogo dove,
grazie alla sua capacità di narrare i sentimenti dei personaggi, un gruppo di attori possono
dare vita ad una coralità di conflitti. È difficile trovare in questo autore dei personaggi non
risolti, dei personaggi di cui sia difficile trovare una propria emotività, sarà anche perché lui
non sembra avere paura del melodrammatico, dell'eccesso, del melò, anzi li usa come
parte della nostra vita. Forse proprio perché non ha paura del falso e dell'esagerato riesce,
per contrasto o completamento, a trovare il vero. Pochi scrittori di teatro come lui hanno
avuto un rapporto così forte con l'immaginario, e non a caso la più grande industria del
sogno che è il cinema lo ha coinvolto spesso, infatti La gatta sul tetto che scotta è un
celeberrimo film hollywoodiano degli anni '50. Ma prima è stato un testo per il teatro dove
si concentra in un unico spazio temporale e fisico l'ossessione di un'idea di amore
impossibile, perché troppe sono le rinunce di una famiglia dedita al successo e ai soldi,
alla proprietà, in cui la vita appartiene a chi la sa comprare e a chi la vive secondo la più
bieca convenzione. Sotto, nascosto da qualche parte ma che scalpita e brucia, c'è il
sogno, di due uomini che si innamorano, di una donna che fugge dalla povertà della sua
infanzia, di un dispotico e misogino padre imprenditore, fattosi tutto da sé, che scopre
davanti all'ipotesi della propria morte una fragilità ed una tenerezza per il figlio alcolizzato,
sportivo fallito. Ma anche il sogno della moglie di lui, donna abituata a fare di se stessa la
rappresentazione vivente di una bugia ma che alla fine non potrà che farsi abitare dalla
propria infelicità. Poi ci sono l'altro figlio, avvocato rampante e prolifico di prole, e la sua
consorte, arrivati in casa per impossessarsi dell'intera eredità del padre morente, portatori
di fasulli “nidi d’amore”, ma in fondo drammaticamente vittime di carenze d'affetto. Ma
Williams mette anche in scena, non casualmente, un prete molto interessato ai beni
terreni, e un medico burocrate del dolore.
In un gioco drammaturgico di contrasti, dove alla mancanza di figli di una coppia
corrisponde una presenza eccessiva e quasi nevrotica di bambini da parte dell'altra, dove
mentre due coniugi si torturano per il loro non riuscire ad amarsi, si frappongono suoni di
canzoncine e giochi di bambini, ma anche sinistri grida di falchi. Il contro canto, la
stonatura è ciò che più caratterizza il mondo di questo inquieto scrittore americano,
americano ma per fortuna universale e senza tempo nel riuscire a parlarci di noi,
nonostante che siano passati molteplici decenni, e che temi come l'omosessualità siano
diventati meno celati di prima. Ma vogliamo immaginarci ancora oggi cosa comporti
all'interno di una coppia eterosessuale la presenza di un partner con tendenze sessuali
diverse? All'interno del mondo dell'imprenditoria e dello sport l'idea di un uomo che non sia
per forza un conquistatore di donne? O cosa, ancora più difficile, comporti arrivare ad una
serena accettazione di se stessi? Pochi personaggi sono così misogini come il padre di La
gatta sul tetto che scotta, come pochi personaggi hanno in sé una così forte femminilità
come suo figlio Brick.
Poi ci sono le donne che hanno vissuto la complessità della vita e che si trovano a dover
difendere il proprio amore contro un mondo che le offende, le isola, spesso non le ama. La
gatta Margaret, parente della Blanche di Un tram chiamato desiderio anche se meno
distruttiva, non si dà pace e non si dà per vinta, di fronte alla rimozione di suo marito, e di
fronte alla solitudine di un letto abitato solo da lei, rivendica il proprio desiderio di felicità
con l'uomo che comunque ama, anche per le sue ambiguità.
Come i vetri degli animaletti di un personaggio di un altro testo di Williams, Lo zoo di vetro
da me molto amato e frequentato in questi ultimi anni, anche i personaggi di questo
dramma si rompono, vanno in frantumi, facendo molto rumore, anche se ci sarà l'ipocrisia
di chi dirà che non ha sentito niente, di chi non si è accorto che c'è una casa che brucia e
sopra al tetto che scotta una gatta, che di saltare giù non ne vuol proprio sapere.
BIOGRAFIE
Vittoria Puccini (Margaret)
Nata a Firenze, si trasferisce giovanissima a Roma per iniziare la sua carriera di attrice. La
prima grande occasione arriva nel 2000 quando Sergio Rubini la sceglie per Tutto l’amore
che c’è affidandole la parte di una delle tre sorelle milanesi che si trasferiscono in Puglia a
seguito del padre ingegnere e portano scompiglio nei cuori dei ragazzi del posto. La
grande popolarità arriva poi con il personaggio di Elisa di Rivombrosa, che interpreta per
ben due serie conquistando l’affetto di tantissimi fan. Da allora si cimenta in ruoli diversi
dando prova di grande versatilità. Una galleria in cui eroine romantiche si alternano a
personaggi di grande spessore drammatico. Viene diretta ancora da Rubini e poi da Pupi
Avati, Ferzan Ozpetek, Gabriele Muccino, Lucio Pellegrini e Renato De Maria. Per la
televisione si cimenta in ruoli diversi: dall’Octavia di Imperium alla Mafalda Lucerni de Le
ragazze di San Frediano, dalla Baronessa di Carini alla “deviata” curata da Basaglia, fino
alla Violetta di Dumas. Riceve la Telegrolla d’Oro come migliore attrice di fiction nel 2006,
vince per tre volte il premio Kineo-Diamanti e viene insignita del Golden Globe Award al
Festival Internazionale del Film di Shanghai nel 2010. Nel 2011 l’Associazione Donne
nell'Audiovisivo le conferisce il Premio Afrodite come “Attrice dell’anno”. Presto tornerà sul
piccolo schermo come protagonista del TV movie evento L’Oriana diretto da Marco Turco
sulla vita della giornalista fiorentina Oriana Fallaci.
Vinicio Marchioni (Brick)
Nato a Roma, si diploma nel 2010 presso la Libera Accademia dello Spettacolo della
Capitale, anche se il suo debutto sui palcoscenici inizia molti anni prima, nel 1995. Appare
per la prima volta sul grande schermo nell'episodio ‘Insospettabile’ del telefilm R.I.S. –
Delitti imperfetti. Lo stesso anno appare nella fiction Papa Luciani – Il sorriso di Dio. Poi,
prende parte anche al TV movie Non smettere di sognare e Luce del Nord della serie
‘Crimini’. Il ruolo che gli dà popolarità è ‘Il Freddo’ nella serie televisiva Romanzo criminale
(2008-2010), ispirata alla vera storia della Banda della Magliana. Nel 2009 arriva invece il
debutto sul grande schermo con la pellicola Feisbum. Ma è solo l’anno seguente, con la
trasposizione autobiografica del libro “Venti sigarette a Nassiriya” di Aureliano Amadei,
incentrato sull'attentato a Nassiriya, che Vicinio Marchioni conquista anche la critica
cinematografica. 20 sigarette (2010) gli offre una candidatura ai David di Donatello, ma
anche il premio Gugliemo Biraghi, il premio Pasinetti e il premio come miglior attore al
Festival di Venezia nella Sezione Controcampo. Arriva quindi il ruolo dell'avvocato Camilli
in 18 anni dopo, seguito nel 2011 dai film Scialla!, Sulla strada di casa e Cavalli e nel 2012
è scelto per un piccolo ruolo da Woody Allen per Nero Fiddled. In teatro ha già affrontato
Tennessee Williams in Un tram chiamato desiderio nella parte di Stanley Kowalski, regia
di Antonio Latella. Nel 2014 recita nella commedia di Paolo Genovese Tutta colpa di Freud
accanto a Vittoria Puccini, che affiancherà anche ne L’Oriana, con il ruolo di Alexandros
Panagulis.