3_Una sosta che mi rinfranca_Toffanello

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3_Una sosta che mi rinfranca_Toffanello
AVVENTO 2016
APPROFONDIMENTI
Una sosta che mi rinfranca
Don Giuseppe Toffanello
* Holly è gelosa. Lo dice C., la sua padrona. Mentre lei si prende cura del mio piede gonfio infatti la cagna le
si mette vicino pancia all’aria. Verso la fine della terapia però Holly diventa irrequieta, gratta sulla porta,
pesta i piedi, si lamenta. Non chiede coccole questa volta: C. mi dice che è vecchia e ‘non tiene più’. Deve
assolutamente uscire, altrimenti bagna in casa. Io sono sempre un po’ timoroso di fronte ai cani, anche a
quelli che conosco, ma Holly adesso mi intenerisce; anche lei ha bisogno, e supplica: non fatemi sporcare
qui. È una cosa urgente, e la figlia di C. deve accompagnarla fuori, per evitare danni.
Venendo qui per strada mi sono fatto da parte per un’ambulanza che con la sirena segnalava urgenza. Ma ci
sono altri autisti che con le loro sgarberie o furberie paiono dire di avere urgenza; e magari sono davvero in
situazioni di urgenza; o si son messi loro in situazione di emergenza. A volte l’urgenza me la creo io perché
ho fatto male i calcoli, perché non riesco a pazientare, perché in altre situazioni le cose sono andate più
veloci… Urgente, efficiente: sono parole che mi sono familiari nel mondo della tecnica, nella manipolazione
delle cose. Ma nel mondo degli affetti? Nell’amore? Nel servizio? Nelle relazioni umane?
* Mi è capitato di ‘salvare’ qualcuno che mi ha convinto di essere io il suo unico salvatore. È stato bello,
sicuramente. Incantevole. Ma, appunto, è solo un ‘incanto’. Pericoloso quando mi diventa ‘incantesimo’.
Perfino Gesù (che ha ben più motivi di me di essere il Salvatore, che ha più volte detto che il Padre ascolta
‘subito’, senza indugio le ‘grida degli eletti’) di fronte ad un Simone ‘vagliato da Satana’ non prega che lui
non lo rinneghi ma che conservi la fede. E andrà bene che provi il pericolo di venir lui stesso rinnegato,
perché la sua fede sosterrà altri vacillanti! Sono proprio questa preghiera e questa fede a salvare davvero, a
dilatare il rapporto chiuso a due. Preghiera e fede è lasciarmi delle soste, degli intervalli: per uno spazio più
dilatato ed aperto, per un tempo più disteso, meditato, sofferto.
Mi ha sempre affascinato Madeleine Delbrêl. Era una donna appassionata per il mondo, non solo per il suo
carattere e la sua storia, ma anche per la sua fede. Viveva in una Parigi turbolenta e si è spesa per gli altri,
convinta che la ‘strada’ era il suo monastero, il luogo del silenzio, dell’obbedienza, della preghiera. Ma c’è
qualcosa di lei che mi è particolarmente simpatico, qualcosa che mi riempie di buon umore. In mezzo a
problemi umani pazzeschi lei si riservava il tempo della sigaretta. Aveva una visita impegnativa, improvvisa,
una visita cui non era preparata? Si concedeva quei cinque minuti di pausa che servono a fumare una
sigaretta: un ‘vizio’, una ‘debolezza’ che gli altri le concedevano perché la faceva tanto umana; ma in realtà
era uno stacco, un tempo per ‘esserci’ con chi doveva incontrare, con la persona che le stava chiedendo
tutto lo spazio e la pazienza che lei poteva dare. Che bello! Io non fumo, ma cerco anch’io ‘aria’, respiro, se
voglio esserci con le persone, specialmente con quelle che non hanno aria per respirare e rischiano di non far
respirare neppure me.
* Incontro sempre più persone che non respirano. Cosa vogliono dirmi? Che soffocano? Che annegano? Che
vien loro tolta vita? Che qualcuno cava loro l’anima? Di chi sta annegando si dice che, mancandogli il respiro,
si aggrappa disperatamente e rischia di far annegare altri: chi vuol soccorrerlo deve imparare a non farsi
soffocare.
Chi si aggrappa a me per non soffocare mi chiude in un incantesimo: ci siamo ‘noi due soltanto’, io sono
indispensabile ed unico, non c’è altri al di fuori di me che può salvare… L’amore invece mi chiede di aprirmi,
di lasciare e dare spazio a ‘tutta’ la vita che mi circonda; di lasciare del tempo a me e all’altro perché quel
che è stato detto o fatto faccia strada e maturi. Come un seme.
Perché è molto reale che non ci siamo solo noi due; che c’è dell’altro. Dell’Altro.
* Gesù risorto ‘alita’ sui suoi: ricevete lo Spirito santo. Ed è proprio bene che io me ne vada, altrimenti non
viene lo Spirito santo. Respirare a me suggerisce la confidenza che Qualcuno, dopo la morte, dopo ogni
morte, espanda la vita. Respirare per me è prendere vita, contare sulla vita. È in qualche modo invocazione
di forza, energia, forse anche amore. È emergere dall’incubo di essere solo, di non poter contare su niente e
su nessuno, che tutto dipenda da me e io non ce la faccia. Se il respiro per me è resa e invocazione, ogni vera
preghiera a sua volta mi diventa respirare, contare su Dio, aprirmi, accorgermi di non essere solo, liberarmi
dall’incubo di dover essere onnipotente. “Ho pregato per te perché la tua fede non venga meno”.
* Il fico si trapianta subito in mare, se noi abbiamo fede! Ma stranamente Gesù, dopo aver promesso
questo, aggiunge che i servitori dovranno ancora pazientare prima di mangiare loro, sapendo che non si
sentiranno dire: quanto bravo sei, quanto utile mi sei stato! Súbito o non súbito? Il non-súbito a volte per
me è stato provvidenziale! Forse il subito che mi ha fatto bene era proprio di non ricevere subito. Posso
sperare che sia così anche dove non me ne accorgo? È così che vedeva Gesù prevedendo tribolazioni per chi
si fidava di lui?
“Siamo servi inutili”, mi dice G. Lei si è sentita spesso umiliata nella sua vita, da persone care o vicine: cosa
mi dirà adesso? “L’energia per il bene la riceviamo da Lui”, continua. Tiro un sospiro di sollievo. Le parole
della parabola di Gesù sui servi inutili mi hanno spesso messo in imbarazzo, di fronte a persone che le
sentivano ingiuste. G. pare che non si ponga il problema di queste parole poco ‘sindacali’; le ha prese con
semplicità; ed ha capito che l’energia del bene che a volte sente viene da Dio. Non è sola. Non occorre che
io aggiunga parola. Posso semplicemente gustare questa elementare ‘esegesi’ che la sua vita le favorisce.
* “Signore io non son degna…”. Sono alla comunione; ho appena mostrato il pane e il vino che ci sono
donati: “Ecco l’agnello di Dio…”. Vengo travolto anch’io da questo coro delle suore; non riesco a sottrarmi a
quel ‘non son degna’; non riesco a dire: “non son degno”. Nel silenzio che segue posso riprendermi al
maschile, dopo aver solidarizzato col femminile. Quante parole del credo, della Tradizione, della liturgia,
ripeto perché sono insieme, ma ho poi bisogno di una sosta per sentire il colore particolare della ‘mia’ fede,
o della fede di tanti che conosco e che in quelle parole non si sentono ospitati, o addirittura si sentono esclusi,
espropriati. Nel passato ho provato a volte a ‘correggere’, a ‘completare’ la liturgia, ma ho creato altre
esclusioni.
Quante volte nella liturgia o nell’ascolto della Scrittura mi fa bene una breve pausa. La chiedo spesso ai
ragazzi con cui prego. Ogni tanto mi distraggo, mi perdo, non mi ritrovo… e rischio di non riprendere più il
treno. Ma se c’è qualche ‘stazione’, una sosta, posso risalire e tornare a solidarizzare con gli altri.
* Anche nelle relazioni umane mi fanno bene delle soste, per non essere totalmente assorbito da me stesso,
dalle mie sensazioni, emozioni, ricordi, giudizi, abitudini. Specialmente con chi amo e voglio amare mi fa
bene trovare una stazione, per risalire sul treno (o sull’auto) dell’altro, andare nella sua direzione, vedere dai
suoi finestrini… Una volta gli schiaffi di chi ci voleva bene ci chiedevano di disincantarci da noi stessi, di
disintossicarci dalle nostre fantasie, di uscire dai nostri giri viziosi. E Gesù sapeva bene scuotere le persone,
togliere loro la parola: non per vincerle, ma per offrire loro un tempo di riassestamento, per permettere loro
quel ‘ritorno a Dio’ che è possibile solo se ci si ferma e si rivede la direzione. Anche l’amore autentico a volte
offre soste impreviste e chiede di rivedere la direzione: come è successo a molti nel vangelo, incontrando
Gesù.
Soste dolorose, soste felici. Dove si può incontrare chi ci ama. Soste benedette!
Don Giuseppe Toffanello