Diapositiva 1 - Torna su SMAURO

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Diapositiva 1 - Torna su SMAURO
CORSO DI SPECIALIZZAZIONE
PER RSPP E ASSP
MACROSETTORE ATTIVITA’ 8
MODULO A3
CRITERI E STRUMENTI PER
L’ INDIVIDUAZIONE DEI
RISCHI
Dott. Ing. Lara Sirna
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Concetti di Pericolo, Rischio,
Danno, Prevenzione
Dott. Ing. Lara Sirna
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PERICOLO
Si definisce PERICOLO, la proprietà
intrinseca (di un oggetto o di un’attività)
di creare un danno.
Es. una curva cieca, un martello, una fiamma,
guidare la macchina.
Dott. Ing. Lara Sirna
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RISCHIO
Si definisce RISCHIO (R), la probabilità
di accadimento di un dato evento in
grado
di
provocare
determinate
conseguenze caratterizzate da uno
specifico danno.
Es. Caduta dall’alto, incendio, esplosione.
Dott. Ing. Lara Sirna
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DANNO
In generale, si può definire danno, la
conseguenza
o
l’insieme
di
conseguenze negative associate ad un
dato evento.
Es. A seguito di un incendio di un’aula scolastica, il
danno potrebbe essere la presenza eventuali
vittime da intossicazione e la perdita di materiale
quali banchi, sedie e attrezzature.
Dott. Ing. Lara Sirna
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MAGNITUDO
La magnitudo rappresenta la gravità del
danno riportato.
La distinzione danno/magnitudo è
importante poiché non a tutti i danni è
associata la stessa gravità.
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Nello specifico..
• E’ un concetto
probabilistico.
R = fxm
• Dipende da:
 Frequenza di
Accadimento (f);
 Magnitudo (M).
Dott. Ing. Lara Sirna
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f
1
RISCHI
SPECIFICI
RISCHI
CONVENZIONALI
RISCHI POTENZIALI
DI INCIDENTI
RILEVANTI
m
RISCHI SPECIFICI
RISCHI
CONVENZIONALI
RISCHI POTENZIALI
DI INCIDENTI RILEVANTI
Eventi continui o molto frequenti (f elevata) con danni (m) modesti.
Eventi abbastanza frequenti con danni intermedi che arrivano ad
interessare una o più persone.
Frequenza limitata, danni gravissimi.
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INFORTUNIO
Incidente determinato da una causa
violenta in occasione di lavoro dal quale
derivi la morte o l’invalidità permanente o
l’inabilità temporanea.
• È un danno inteso come lesione fisica o
alterazione dello stato di salute.
Dott. Ing. Lara Sirna
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MALATTIA PROFESSIONALE
Malattia causata da attività lavorativa dalla quale
derivi la morte o l’invalidità permanente o
l’inabilità temporanea.
Per provocare una malattia professionale, i
fattori di rischio devono essere presenti
nell’ambiente in determinate quantità.
Es. Asbestosi, ipoacusia, ernia del disco.
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ELIMINAZIONE DEL RISCHIO
Studiato un dato evento caratterizzato
da un determinato rischio, il primo
passo da compiere è cercare di
eliminare il rischio.
Es. sostituzione di un prodotto tossico
(ammoniaca per le pulizie) con uno non
pericoloso (detergente neutro).
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N.B.
Non tutti i rischi sono eliminabili!!!
Che fare?
Cercare di ridurre il rischio.
Gestione del
rischio residuo
Come?
Attraverso
PREVENZIONE E PROTEZIONE.
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PREVENZIONE
Si definisce prevenzione, l’insieme di
azioni da intraprendere per ridurre la
frequenza del rischio residuo.
PROTEZIONE
Si definisce protezione, l’insieme di
azioni da intraprendere per ridurre la
gravità degli eventi incidentali.
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PREVENZIONE
Insieme di azioni che hanno lo scopo di
mantenere lo stato di salute, inteso come
benessere psico-fisico dell’uomo e non
come assenza di malattia.
Può essere PRIMARIA o SECONDARIA.
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PREVENZIONE PRIMARIA
Insieme delle azioni- interventi messi in atto per
ridurre i rischi negli ambienti di lavoro.
Può essere costituita da:
• Interventi alla sorgente
eliminazione sostanza nociva, modifica processo, modifica
organizzazione del lavoro (pulizia, ordine);
• Interventi sulla propagazione
ventilazione generale, aspirazione localizzata;
• Interventi sull’uomo
modifica organizzazione del lavoro, dotazione dei D.P.I.
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PREVENZIONE SECONDARIA
Ricerca di alterazioni precliniche negli organi, prima che
si manifesti la malattia.
Si attua mediante:
SORVEGLIANZA SANITARIA per gli esposti a fattori di rischio
professionali.
Accertamenti Sanitari Preventivi:
• prima dell’assunzione per il rilascio dell’idoneità;
Accertamenti Sanitari Periodici:
• per la verifica e il controllo dello stato di salute.
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PROTEZIONE
ATTIVA
PASSIVA
Fungo di sicurezza;
DPI;
Estintori;
Griglia di
protezione;
Impianti automatici di
spegnimento
REI delle
strutture
COLLETTIVA
INDIVIDUALE
Cappe di aspirazione;
Sistema di ventilazione;
Impianto automatico di
spegnimento
Dispositivi di Protezione
Individuale
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Art. 15 – D.Lgs 81/2008
MISURE GENERALI DI TUTELA
a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;
b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso
che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni
tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori
dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro;
c) l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione
al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al
progresso tecnico;
d) il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella
concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella
definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di
ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello
ripetitivo;
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e) la riduzione dei rischi alla fonte;
f) la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo
è, o è meno pericoloso;
g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori
che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
h) l’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui
luoghi di lavoro;
i) la priorità delle misure di protezione collettiva
rispetto alle misure di protezione individuale;
l) il controllo sanitario dei lavoratori;
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m) l’allontanamento del lavoratore dall’esposizione al
rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e
l’adibizione, ove possibile, ad altra mansione;
n)l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
o) l’informazione e formazione adeguate per dirigenti e i
preposti;
p)
l’informazione e formazione adeguate
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
per
i
q) l’istruzioni adeguate ai lavoratori;
r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza;
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t)la programmazione delle misure ritenute opportune per
garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di
sicurezza, anche attraverso l’adozione di codici di
condotta e di buone prassi;
u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo
soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei
lavoratori e di pericolo grave e immediato;
v)l’ uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature,
impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di
sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.
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Principio di precauzione e
attenzione al genere
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PRINCIPIO DI PRECAUZIONE
Si può definire come prima regola per
chiunque debba compiere/valutare operazioni
pericolose.
• La precauzione consiste anche nel prestare
completa attenzione all’operazione che si sta
svolgendo.
• La precauzione è parte fondamentale della
prevenzione.
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ATTENZIONE AL GENERE
Da intendere come attenzione specifica al sesso
del lavoratore; uomini e donne infatti hanno
caratteristiche fisiologiche e psicologiche
diverse e di cui bisogna tenere conto
nell'organizzazione
del
lavoro
e
nella
valutazione dei rischi
Il Decreto 81 impone al Datore di Lavoro l'obbligo
all'art. 28 di valutare anche i rischi legati al
genere
Alcuni esempi di rischi:
 MMC
 VDT durante e dopo la gestazione
 Chimico (sostanze teratogene)
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N.B.
Un equilibrato approccio alla sicurezza
può essere sviluppato soltanto se il
rischio reale coincide, o quasi, con
quello percepito.
FORMAZIONE
INFORMAZIONE
SENSIBILIZZAZIONE
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Con PREVENZIONE E
PROTEZIONE
f
curve di ISORISCHIO
Azione di protezione
B
A
Azione
di prevenzione
D
C
r4
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r1
r2
r3
m
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
• E’ influenzata da vari fattori:
 Attività intraprese volontariamente;
 Controllo personale sulla variabilità del rischio;
 Cause degli incidenti ben identificate;
 Cause del possibile incidente ben descrivibili da semplici leggi
fisiche;
 Probabili conseguenze dell’incidente non gravi;
 Scarsa memorizzazione degli incidenti;
 Attività senza alternative.
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CLIMA DELLE RELAZIONI
AZIENDALI
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CLIMA DELLE RELAZIONI
• Lavorare per una stessa “azienda”, implica il fare
parte di un gruppo.
• L’appartenenza a questo gruppo implica una
serie di relazioni sia con i membri alla pari
(colleghi), sia con il leader del gruppo (dirigente
scolastico).
• Lo scopo del gruppo dovrebbe essere comune e
condiviso (Interdipendenza di scopo)
può essere
Negativa
competizione
Positiva
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collaborazione
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Nell’ambito lavorativo la tipologia di gruppo è..
SECONDARIO O FORMALE
• norme precise regolano i rapporti tra i
membri;
• tali rapporti sono più impersonali;
• i membri non si sono scelti liberamente;
• l’entrata e l’uscita non sono libere;
• i membri sono legati da un obiettivo
(compito) comune.
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IL GRUPPO DI LAVORO
Sistema finalizzato verso determinati
obiettivi, costituito da persone che,
attraverso strutture di funzionamento,
cercano di utilizzare al meglio tutte le
risorse di cui dispongono.
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LE NORME DEL GRUPPO
• Definiscono ciò che può essere accettato e il
limite oltre al quale un comportamento può
essere biasimato;
• Sono un prodotto collettivo: si sviluppano in
modo informale e sono frutto di negoziazioni;
• Sono perlopiù implicite e possono riguardare
diversi aspetti della vita del gruppo (regole di
comportamento,
gergo
linguistico,
abbigliamento,…);
• Una volta affermate diventano la guida del
comportamento individuale.
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LA GUIDA DEL GRUPPO
• AUTOCRATICA (Il leader è sempre
presente per sovrintendere, dirigere,
ordinare, guidare);
• PERMISSIVA (Il leader non stabilisce
regole);
• DEMOCRATICA (Il leader è funzionale,
autorevole, con competenze e ruolo ben
definiti)
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IN SOSTANZA
Un buon clima delle relazioni in ambito
lavorativo
può
favorire
sia
la
precauzione che la prevenzione:
• collaborazione tra tutti i membri del
gruppo;
• per quanto possibile, le decisioni sono
prese in maniera partecipata.
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INFORMAZIONI SU CRITERI,
METODI E STRUMENTI PER LA
VALUTAZIONE DEI RISCHI
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• LINEE GUIDA CEE
 Adottate anche dal Ministero degli Interni e della
Salute
• CHECK-LIST
 Dette anche liste di controllo, sono schede
preformulate contenenti una serie di domande
relative a caratteristiche fisiche (altezza,
larghezza porte, corridoi, finestre..);
 Presentano degli svantaggi:
 Incompletezza;
 Generiche;
 Solo qualitative.
• LINEE GUIDA REGIONALI;
• NORMA UNI EN 1050/98.
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Tenuta dei registri di esposizione dei
lavoratori alle diverse tipologie di
rischio che li chiedono
Ing. Lara Sirna
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• Il registro degli esposti va tenuto dal Medico
Competente e tenuto in azienda nel quale devono
essere annotati i nomi degli esposti e i relativi rischi
che potrebbero cagionare un danno alla salute;
• Il D.Lgs 81/2008 e s.m.i. riporta i rischi per cui è
necessario tenere un registro degli esposti qualora
la valutazione del rischio ne abbia evidenziato la
presenza anche solo per un lavoratore;
Ing. Lara Sirna
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• Tra i rischi per cui la Legge richiede l’istituzione del
registro vi sono:
 Rischio chimico;
 Rischio biologico;
 Rischio cancerogeno e mutageno;
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DOCUMENTO DI
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
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CONTENUTI E SPECIFICITA’
Metodologia della valutazione e
criteri utilizzati
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SCOPI DELLA VALUTAZIONE
•
•
•
•
•
•
Individuare i pericoli;
Individuare i rischi connessi;
Cercare di eliminare per quanto possibile il rischio;
Ridurre il rischio con misure di prevenzione e protezione;
Priorità agli interventi di maggior rischio;
Revisione e controllo delle misure adottate.
N.B. il rischio zero non esiste
OTTICA DEL MIGLIORAMENTO CONTINUO
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DI COSA SI TRATTA
Documento in cui sono raccolti
sistematicamente tutti i rischi che interessano
il personale (allievi, docenti, collaboratori
scolastici e assistenti amministrativi), gli
ospiti, i visitatori nei luoghi di lavoro.
Devono essere altresì indicati i rischi
maggiori, l’eventuale possibilità di riduzione, i
provvedimenti di riduzione, la priorità degli
interventi; l’efficacia delle misure intraprese.
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ARTICOLAZIONE DELLA
VALUTAZIONE DEI RISCHI
• Identificazione dei pericoli;
• Identificazione dei lavoratori (o di terzi) esposti a
rischi potenziali;
• Valutazione dei rischi, dal punto di vista
qualitativo o quantitativo;
• Studio della possibilità di eliminare i rischi e, in
caso contrario,
• Decisione sulla necessità di introdurre ulteriori
provvedimenti per eliminare o limitare i rischi.
Dott. Ing. Lara Sirna
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Individuare ed organizzare le fonti informative
Valutare i rischi sulla base di criteri definiti
(ad es. Check List)
Esistono criteri
obbligatori
o specifici ?
Eseguire la valutazione
secondo l’indicazione
Elaborare il piano delle misure di tutela
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Redigere il DOCUMENTO
(Datore di Lavoro)
QUALE METODO?
Non esiste un metodo determinato ed
univoco.
È importante individuare i pericoli
principali e i rischi ad essi associati e
tramite criteri prefissati determinare quelli
che hanno priorità di intervento.
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FREQUENZA
Ci si può riferire alla correlazione più o meno
diretta tra la carenza riscontrata e l’accadere
dell’evento indesiderato, tenuto conto della
frequenza e della durata delle operazioni /
lavorazioni (esposizione) che comportano rischi
per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Dott. Ing. Lara Sirna
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Valore
3
2
1
Livello
Definizione / criteri
Molto
frequente
•Esiste una correlazione diretta tra la mancanza rilevata ed
il verificarsi del danno ipotizzato per i lavoratori;
•Si sono già verificati danni per la stessa mancanza rilevata
nella stessa Azienda o in aziende simili;
•Il verificarsi del danno conseguente la mancanza rilevata
non susciterebbe alcuno stupore (conseguenze note).
Frequente
•La mancanza rilevata può provocare un danno, anche se
non in modo automatico e diretto;
•E’ noto qualche episodio in cui alla mancanza ha fatto
seguito il danno;
•Il verificarsi del danno ipotizzato susciterebbe sorpresa.
Poco
frequente
•La mancanza rilevata può provocare un danno solo in
circostanze sfortunate di eventi;
•Sono noti solo rarissimi episodi già verificatisi o addirittura
nessun episodio;
•Il verificarsi del danno ipotizzato susciterebbe grande
sorpresa e incredulità.
Dott. Ing. Lara Sirna
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MAGNITUDO
La definizione della scala di gravità del
danno fa riferimento principalmente alla
reversibilità o meno del danno.
Dott. Ing. Lara Sirna
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Valore
3
2
1
Livello
Grave
Medio
Lieve
Definizione / criteri
•Infortunio o episodio di esposizione acuta con
effetti di invalidità totale o addirittura letale;
•Esposizione cronica con effetti totalmente o
parzialmente irreversibili e invalidanti.
•Infortunio o episodio di esposizione acuta con
inabilità reversibile;
•Esposizione cronica con effetti reversibili.
•Infortunio o episodio di esposizione acuta con
inabilità rapidamente reversibile;
•Esposizione cronica con effetti rapidamente
reversibili.
Dott. Ing. Lara Sirna
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MATRICE PER LA STIMA DEI
RISCHI
Definiti la Frequenza attesa f e la gravità
del Danno (magnitudo) m, il rischio r viene
calcolato con la formula r = f x m e si può
raffigurare in una rappresentazione a
matrice, avente in ascisse la gravità del
Danno ed in ordinate la Frequenza attesa
del suo verificarsi.
Dott. Ing. Lara Sirna
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f
3
3
6
9
2
2
4
6
1
1
2
3
1
1
2
3
m
Una tale rappresentazione è un importante punto di partenza per la definizione delle
priorità e la programmazione temporale degli interventi di prevenzione e protezione
da adottare. La valutazione numerica e cromatica del livello di rischio permette di
identificare la priorità degli interventi da effettuare, ad es.:
R ≥ 6
Azioni correttive immediate
3 ≤R≤ 4
Azioni correttive da programmare con urgenza
1≤ R ≤ 2
Azioni correttive / migliorative da programmare
nel breve-medio termine
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SISTEMA PER CONTROLLO
DELL’EFFICIENZA E DELL’EFFICACIA
• Definizione di alcuni criteri:
 Tempistica di intervento per le modifiche;
 Una volta effettuato l’intervento, l’evento si
ripresenta e con quale frequenza;
 Numero persone coinvolte;
 Gravità conseguenze;
 Efficacia misure di prevenzione e protezione
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ANALISI, VALUTAZIONE, GESTIONE DEL RISCHIO
– schema di flusso –
CARATTERIZZAZIONE
SISTEMA
INDIVIDUAZIONE
PERICOLI
(Incidenti potenziali)
Chemicals
Processo
Impianto
Operatività
Localizzazione
Analisi Preliminare
Case Histories
Check List Analysis
What If Analysis
HazOp
FMEA
QUALI QUANTIFICAZIONE
RISCHIO
Case Histories
Fault Trees Analysis
Event Trees Analysis
Stima
Probabilità
Stima
Magnitudo
VALUTAZIONE
RISCHIO
Situazioni esistenti
Codici di buona pratica
Alternative
Obiettivi / Criteri
Bilancio Costi/Benefici
Rischio
Inaccettabile
Rischio
Tollerabile
Interventi
di
Mitigazione
GESTIONE
RISCHIO
RESIDUO
Dott. Ing. Lara Sirna
Case Histories
Abachi
Modellistica
SGS
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