Diabete n° 50 - ADM Associazione Diabetici Modenesi
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Diabete n° 50 - ADM Associazione Diabetici Modenesi
Eccoci di nuovo A miche e Amici Diabetici ! “Diabete & Dintorni” doveva essere nelle vostre case già dallo scorso mese di marzo, sapevamo che molti di Voi attendevano questa rivista perchè erano abituati a leggerla. Non ci è stato possibile farlo perchè l’Ausl Modena non vuole più. In breve vi spieghiamo cos’è accaduto. Come tutti Voi sapete, il diabete è una malattia autogestibile. Molti affermano che essa è una “malattia asintomatica”; vale a dire che non presenta segni premonitori. Ma non è proprio così. E’ più esatto dire che è difficile riconoscere i sintomi e quindi la persona diabetica deve saperli ravvisare affinchè possa godere di buona salute. Ma per fare ciò egli deve essere istruito sulla natura del diabete. Questa conoscenza della malattia può avvenire, come è ovvio, soltanto con l’informazione, l’istruzione e l’educazione terapeutica, sanitaria e alimentare. Per semplificare: se durante la notte vi svegliate perchè le gambe vi fanno male dovete sapere che, probabilmente, è in atto una forma di neuropatia. Se non vedete più tanto bene, forse ne è responsabile una retinopatia. Se vi siete procurato un piccolo taglio a un piede, dovreste sapere che se lo trascurate e non vi fate curare immediatamente dal vostro Medico Diabetologo informandolo dell’incidente occorsovi, la piccola ferita al piede può diventare una grossa piaga e, pertanto, il Medico Diabetologo deve metterci tutta la sua bravura per guarirvi. Sono, dunque, questi i motivi per cui E’ D’OBBLIGO CONOSCERE IL PIU’ POSSIBILE LA MALATTIA DIABETICA. NE VA Se non c’è il Volontario per il DELLA BUONA SALUTE DELLA PERSONA. TESSERAMENTO Le più prestigiose riviste di diabete, italiane e straniere e tutti i ti preghiamo di usare il MODULO Medici Diabetologi affermano che l’informazione ai diabetici è parte integrante della terapia antidiabetica. Con questo assunto, si vuole DI CONTO CORRENTE affermare che il Medico Diabetologo oltre a somministrare al paziente la POSTALE terapia farmacologica deve “somministrare” anche l’informazione sulla già stampato che trovi nel giornale. malattia ed educare il malato e la sua famiglia ad una corretta GRAZIE alimentazione, ad un corretto uso dei farmaci ad un corretto autocontrollo della glicemia e quant’altro egli ritenga opportuno. Questa informazione ed educazione terapeutica, sanitaria e alimentare non deve avvenire una sola volta, ma per sempre. L’ADM nel 2003, dopo anni di discussioni, era riuscita a far accogliere dall’Ausl Modena il principio che poichè l’informazione è parte integrante della terapia, doveva essere essa stessa a farsi carico dell’informazione e non l’Associazione Diabetici Modenesi, com’era fino ad allora accaduto ed in maniera del tutto parziale, perchè la Rivista non poteva giungere a tutti i diabetici, ma soltanto quelli conosciuti. Vale a dire i suoi Associati. Questo principio fu finalmente riconosciuto e accettato dall’Ausl Modena e quindi, nel maggio 2004 fu siglato un “Patto Di Convenienza” nel quale veniva stabilito che l’Ausl usava la rivista “Diabete & Dintorni” di proprietà dell’ADM quale mezzo per veicolare l’informazione, l’istruzione e l’educazione nelle sue varie forme ai malati diabetici. La spesa per la stampa e l’invio a domicilio erano a carico dell’Ausl Modena. Quanto abbiamo appena affermato fu sancito con la Decisione n° 100/2004 (ribadita anche con la Decisione n° 146 del 26.11.2004) che prevedeva l’istituzione un Comitato di Redazione e un Comitato Medico-Scientifico. Il Comitato di Redazione e il Comitato Medico-Scientifico, in sette anni non hanno mai svolto il loro lavoro; neanche una volta. “Diabete e Dintorni”, però, è andato avanti nelle pubblicazioni grazie all’impegno che l’ADM aveva preso con i suoi Associati. Nel dicembre 2009, il Direttore del Distretto 3 di Modena che funge anche da Coordinatore del “Progetto Diabete” informò - a voce, non per iscritto - l’ADM che la Rivista non sarebbe stata ulteriormente finanziata. Il motivo che adottò fu che il finanziamento era illegale. Stessa affermazione fecero il Direttore Generale e il Direttore Sanitario dell’Ausl Modena in un incontro successivo. Di questa “illegalità”, però, non c’ è mai stato stato alcunchè di scritto. Così dal dicembre 2009 in tutta la Provincia di Modena NULLA viene fatto per far conoscere ai diabetici la loro malattia e non è stata intrapresa nessun’altra azione (convegni, colloqui, piccole riunioni tra medici e diabetici, etc) in sostituzione della rivista “Diabete & Dintorni”. Ci domandiamo se costoro, che sono i preposti alla salute dei cittadini, abolendo l’informazione abbiano compreso il danno che stanno arrecando a persone ammalate e con quale autorità interrompono il pubblico servizio dell’informazione ai malati. Ma di ciò ne riparleremo ancora. Salvatore BRUNO - Presidente ADM 1 Diabete & Dintorni Diabete & Patente NOTA DOLENTE Il diabete, si sà, è una malattia molto impegnativa, sia per chi ce l’ha che per chi la deve curare (bene). I Centri Diabetologici sono sorti, fin dagli anni ‘50 del secolo scorso proprio per assolvere alla funzione di assistenza e cura di cui i cittadini diabetici hanno bisogno. Non è possibile, per I malati di diabete, dimenticare anche per un attimo la malattia, non foss’altro perchè un documento - la patente - deve essere rinnovato ogni 5 anni, o 3 anni o 1 volta l’anno. La persone diabetiche - quando scade il loro documento di guida e lo devono rinnovare - devono sottoporsi ad esami diagnostici specifici (fondo occhio, elettrocardiogramma, etc.), avere una buona emoglobina glicata (al di sotto del 9% se aspirano a un rinnovo di 5 anni) e poi andare dal medico diabetologo, detto anche MEDICO MONOCRATICO, il quale è l’unica figura giuridica ad essere in grado di emettere un giudizio clinico (non ci stiamo inventando nulla, è tutto scritto nell’art. 119 del Codice della Strada) che in beata solitudine, visti tutti gli esami che sono stati prescritti in precedena ai diabetici, certifica lo stato di salute dal punto di vista del diabete (5, 3. 1 anno, a seconda di determinati parametri a cui egli deve attenersi). Da quel momento può andare alla “visita medica” presso la Medicina Legale o all’ACI. Tutto chiaro? Tutto a posto? Niente affatto. Perchè è da quel momento che per i malati inizia la Via Crucis. Infatti, quando il paziente si presenta dal medico legale, questi molte volte (non si conosce il perchè) riduce il tempo di rinnovo della patente. Se il medico diabetologo ha certificato che lo stato di salute della persona determina un periodo di cinque anni, il medico legale spesso lo riduce a tre. Se esiste una certificazione che ha un valore di tre anni, il povero diabetico se la vede ridotta a un anno e se la patente deve avere un anno di validità, viene inviato davanti a una Commissione medica che, a suo insindacabile giudizio può anche non rinnovargli la patente. Qualche diabetico (ed anche l’ADM) si chiede: Forse questi medici odiano i diabetici? Questi medici sono forse incompetenti e paurosi? Oppure sono negligenti? Non sappiamo rispondere a queste domande. Siamo certi, però, che la Medicina Legale modenese è all’altezza del compito a cui viene chiamata. Però sono anni che l’ADM - a tutela dei diritti delle persone con diabete - chiede all’Ausl Modena l’inserimento di un Medico Diabetologo nella Commissione Medica che rilascia o rinnova le patenti, con un ruolo di figura apicale che sa anche spiegare al malato diabetico perchè il periodo di validità della patente viene ridotto o non rinnovato. I nostri interlocutori dell’Ausl Modena hanno sempre menato il “can per l’aia”. L’ultima trovata è stata l’affermazione che non vi sono Medici Diabetologi disponibili. Cari diabetici siamo messi male. L’ADM, però, non smetterà di tutelarre i nostri diritti. * Organo di informazione dell’Associazione Diabetici Modenesi E-mail: [email protected] In diffusione gratuita tra gli Associati ADM Direttore Responsabile Cristina Boschini Conto Corrente Postale 10005411 Redazione e Amministrazione Piazza della Liberazione 13 Villaggio Modena Est 41122 MODENA Grafica e Stampa Stampato in proprio Proprietà Associazione Diabetici Modenesi Reg. Trib. di Modena n° 1382 del 7.4.1997 2 Diabete & Dintorni CITTADINI DIABETICI L’AUSL Modena ha dismesso il servizio di prelievo del sangue e vuole inviare tutti i diabetici presso gli Ambulatori privati. Affinché tutti capiate, vi descriviamo il disagio a cui l’Ausl MO ci sottopone: 1. Dovremo andare al CUP per fare la prenotazione: Se non siamo in grado di spostarci dovremo farci accompagnare da un familiare o conoscente che perderà almeno due ore di prezioso di lavoro. 2. Dovremo recarci all’ambulatorio dove ci faranno il prelievo di sangue. In tal modo, tra l’andare all’Ambulatorio, fare la fila per aspettare il proprio turno e ritornare a casa si perdono almeno due ore di tempo. Se poi ci accompagna un nostro congiunto, anch’egli perderà due ore del proprio lavoro. 3. Dovremo ritornare di nuovo all’ambulatorio per avere il risultato degli esami. Ci vorrà almeno un’altra ora tra l’andare, ritirare gli esami e ritornare a casa. Anche in questo caso, se un nostro congiunto deve accompagnarci perderà un’ora di prezioso lavoro. Tutto ciò accade perché l’Ausl vuole “risparmiare” il personale infermieristico per poi destinarlo, così dice, all’istruzione ed educazione sanitaria dei diabetici. MA NON E’ PIU’ SEMPLICE INCARICARE UNA INFERMIERA CHE RAGGRUPPA 30 – 40 DIABETICI PER VOLTA, LI PORTA IN UNA DELLE TANTE STANZE VUOTE DELL’OSPEDALE ESTENSE, LI ISTRUISCE SUL DIABETE E LE SUE COMPLICANZE PER UN’ORA E POI LI RIMANDA A CASA? TUTTO QUESTO DAL LUNEDI’ AL SABATO E PER SEMPRE? L’istruzione e l’educazione sanitaria, alimentare e terapeutica non è stata mai tenuta in grande considerazione dall’Ausl MO, altrimenti l’avrebbe attivata oltre 30 anni fa. Ma allora cosa spinge l’Ausl MO a non tenere in nessuna considerazione l’evidentissimo disagio a cui sottopone tutti i diabetici? Con questa disposizione vuole, forse, mettere i diabetici del Centro Diabetologico in una situazione difficoltosa affinché essi, sfiancati da ore di attese e andirivieni decidano poi di farsi curare dal medico di famiglia? OPPONIAMOCI A QUESTE VESSAZIONI NESSUNO PUO’ OBBLIGARCI AD ANDARE ALTROVE PER FARE UN PRELIEVO DI SANGUE. IL CENTRO DIABETOLOGICO E’ STATO CREATO PER ASSISTERE E CURARE AL MEGLIO I CITTADINI DIABETICI. NON PER ALTRI SCOPI. SE LA VOSTRA DOTTORESSA INSISTE NEL VOLERVI INVIARE FUORI DAL CENTRO DIABETOLOGICO PER FARE UN PRELIEVO DI SANGUE OPPONETEVI E INFORMATE L’ASSOCIAZIONE DIABETICI MODENESI ALLO 059 / 364446 3 DIABETE & Dintorni Salute Attualità Diabete “Epidemia del secolo” E' stato recentemente firmato un protocollo d'intesa tra Slow Food e l'Associazione Medici Diabetologi (AMD), la più grande associazione scientifica della diabetologia italiana, con l'obiettivo di promuovere stili di vita e alimentari sani e nello stesso tempo piacevoli. Il protocollo d'intesa attiva una collaborazione tra AMD e Slow Food che si svilupperà attraverso convegni, conferenze e congressi. Le iniziative riguarderanno tanto il piano della comunicazione (con la pubblicazione di contenuti specifici sulla rivista mensile Slowfood, sul sito internet w w w . slo w foo d.i t e s u i sit i dell'Associazione Medici D i ab et ol o gi) , q ua nto q uel l o dell'attività didattico-formativa rivolta a insegnanti, personale medico-infermieristico e popolazione in genere (per la quale le due associazioni metteranno a disposizione i propri esperti). Un'importante riflessione sul tema della salute che implica necessariamente un'opera di educazione e sensibilizzazione dei cittadini per la quale Slow Food lavora da tempo. Silvio Barbero, Segretario nazionale di Slow Food sottolinea che «Slow Food Italia ha voluto stringere questa alleanza con l'Associazione dei Medici Diabetologi per dare forza a momenti specifici, formativi e di comunicazione, nell'ambito di un percorso già intrapreso: l'obiettivo è rafforzare il rapporto tra cibo di qualità e stili alimentari corretti ed evidenziare quanto esso sia importante per la nostra salute». *** Identikit del paziente diabetico medio in Italia N el 2002 è stata condotta in Italia, da parte dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD), un’indagine sociologica, per conoscere il vissuto del paziente diabetico nei confronti della malattia e la percezione del Medico Curante e dello Specialista nei confronti della patologia e del paziente. Tale indagine ha coinvolto 1000 pazienti e 1000 medici, di medicina generale e specialisti, distribuiti in modo omogeneo in tutta la Penisola e costituisce il primo passo di un progetto, denominato Aware, finalizzato a conoscere meglio l’atteggiamento del paziente verso il diabete ed a modificare l’approccio clinico in modo coerente, per renderlo più efficace. L’identikit risultato è di un paziente che giunge alla diagnosi con un’età variabile tra 40 e 60 anni e che percepisce l’annuncio della diagnosi come l’inizio di una modifica importante della sua vita. I pazienti riferiscono che la malattia non costituisce elemento di discriminazione in ambito sociale e lavorativo, ma i medici segnalano l’imbarazzo che i neo-diagnosticati hanno nel parlare della malattia e l’aumento di assenze per malattia. Le maggiori preoccupazioni sottolineate dai pazienti sono le modificazioni delle abitudini alimentari, l’assunzione di farmaci orali e l’eventuale passaggio alla terapia insulinica. Le complicanze più temute, in ordine decrescente sono quelle oculari, cardiovascolari, renali, mentre scarsa è l’attenzione per quelle del piede. Gli uomini si dichiarano meno preoccupati delle donne delle complicanze e le informazioni sulla possibilità di incorrervi derivano dai colloqui con il medico curante e lo specialista, che convincono, però, solo un diabetico su due della potenziale gravità delle stesse. Nell’80% dei diabetici è radicata la convinzione che le terapie farmacologiche non siano sufficienti a prevenire i danni del diabete, ma che sia necessaria una modifica dello stile di vita, anche se, a tutt’oggi, il 20% di essi continua a pensare non vi siano cure efficaci nella prevenzione delle complicanze. Quasi il 70 % dei diabetici conosce la stretta correlazione tra eccesso ponderale e Diabete Mellito, tramite le notizie avute dal diabetologo, dal medico curante e dai mezzi d’informazione. La stessa percentuale dichiara di seguire una dieta che comporta però, rinunce ed influisce negativamente sulla qualità della vita. Infatti, la maggior parte dei pazienti è convinta, che solo un regime alimentare drastico, sebbene di breve durata, possa determinare dei risultati tangibili sul peso. Sia i medici curanti sia gli specialisti ritengono che più dell’80% dei diabetici non riescono a seguire a lungo i regimi dietetici loro consigliati. L’incentivo maggiore al calo ponderale rimane, ad oggi, il movente estetico, che comporta difficoltà relazionali con amici e colleghi. * 4 La nostra salute PILLOLE M olte decine di milioni di persone nel mondo (purtroppo solo nei Paesi più ricchi) prendono ogni giorno da anni una o più pillole, non di rado anche 6-8 o 10 al giorno. Così facendo, è provato, aumentano le loro probabilità di una vita lunga e soprattutto priva di eventi non mortali ma dalle devastanti conseguenze psicologiche, fisiche sociali ed economiche come infarti, ictus, dialisi, difficoltà a camminare, seri problemi della vista e della sessualità. Spesso non basta una pillola. Per tenere sotto controllo la glicemia ne servono magari due o più, che magari si aggiungono alle compresse prescritte per la pressione alta o per i trigliceridi. Ciascuna ha i suoi orari e i suoi ritmi. I medici sanno benissimo che seguire queste terapie è faticoso, diciamo pure che è una seccatura, tanto più che, a differenza di altri farmaci, come per esempio, gli antidolorifici o gli antibiotici queste medicine non combattono un sintomo o una malattia. Non fanno passare un dolore o la febbre o un’infezione. Impediscono guai gravi, li prevengono ma non li risolvono. La pillola che fa passare il diabete non esiste. Il diabete non 'passa' ma si riesce a tenerlo sotto controllo prima di tutto facendo regolarmente esercizio fisico, in secondo luogo con un’alimentazione sana e moderata e in terzo luogo con uno o più farmaci. Ciascuno dei farmaci orali disponibili ottiene un effetto sensibile, ma nella maggior parte dei casi, da sola, una pillola, non basta. Occorre mantenere abitudini sane e, con il tempo, può essere necessario aggiungere alla prima altre pillole o sostituire una pillola all'altra. Anche l'insulina, di gran lunga il farmaco più naturale, più potente e più preciso nella cura del diabete è oggi consigliata a fianco di terapie per bocca. Non esistono medicine 'migliori' o 'peggiori' in assoluto. La terapia deve adattarsi alla persona con diabete come un abito su misura. Le persone cambiano e anche la terapia. Allo stesso modo le scarpe numero 44 non sono migliori delle 42, ma chi ha un piede grande si troverà a disagio con delle scarpe più piccole e chi ha il piede taglia 42 camminerà con difficoltà in un paio di '44'. Come un bravo commesso in un negozio di calzature, il medico suggerisce una taglia, ma è il cliente provandole a confermare la scelta. E così, controllando la glicemia e facendo attenzione agli effetti che gli sembra le medicine abbiano, il paziente può aiutare il medico a valutare la correttezza della sua scelta ed eventualmente a trovare una soluzione ancora migliore. Con le 'sue medicine' il paziente e i suoi familiari instaurano una relazione complessa, di amore (a volte) e di odio. A volte si addebitano alle pillole problemi di salute o di altro tipo. Altre volte si ha la sensazione che non servano. Nella vita in comune queste cose succedono, ma divorziare o tradirsi è cosa ben diversa. Allo stesso modo, nessun problema se qualche volta alberga un dubbio sulle medicine che si prendono, ma se la sensazione che non servano o facciano male è frequente, o addirittura se si è deciso di ridurre le dosi o di sospendere l'assunzione, è necessario parlarne con il medico che le ha prescritte. * 5 Curarsi con il cibo L’alimentazione come TERAPIA *Dr. Stefano ALBANO Per Ippocrate e la medicina antica, l’alimentazione era la principale terapia. Oggi, sconfitte molte delle altre cause di malattia, la medicina deve riscoprire questo concetto e aiutare il paziente a capire il valore di scelte alimentari sane. Come? Con l’esempio, l’istruzione e la coerenza dei messaggi trasmessi al paziente. Alimentazione. Non se n’è mai parlato così tanto: giornali, televisione... perfino a scuola si illustrano, più o meno correttamente, i vantaggi e i principi di una sana e corretta nutrizione. «Eppure le patologie in maggiore aumento sono proprio quelle metaboliche» commenta Stefano Albano primario dell’ospedale della Santissima Annunziata di Taranto. Ippocrate, un nome noto a Taranto 3mila an-ni or sono quando la città era tra le più importanti della Magna Grecia, lo aveva ben chiaro. Nel giuramento di Ippocrate, quello che tutti i medici del mondo occidentale si impegnano a rispettare, si afferma “applicherò il regime dietetico a vantaggio dei malati”. «Oggi noi medici abbiamo dimenticato che l’alimentazione è una terapia», considera Albano, che dirige la Struttura complessa di Endocrinologia, Diabetologia e Dietetica dell’Ospedale di Taranto, «qualcuno ne è convinto, ma pochi si pongono il problema di comunicarlo ai pazienti». Un esempio? «Immaginiamo che un medico incontri per la prima volta un paziente. Quante delle sue domande saranno relative all’alimentazione?», si chiede Albano. Sappiamo bene che facendo domande il medico fa trasparire quelli che sono a suo parere gli aspetti essenziali del problema. «Se non chiedo dettagliatamente al paziente come si alimenta, quanto e perfino quando e dove. Se non faccio una ‘anamnesi nutrizionale’, quale valore avrà la raccomandazione dietetica con la quale congedo il paziente? Parliamoci chiaro: nessuno». La formazione del paziente: in ospedale... Convinto che ogni momento di contatto fra il paziente (e i suoi parenti) e qualunque operatore sanitario debba essere utilizzato per veicolare un messaggio nutrizionale, Stefano Albano ha impostato nel suo reparto un complesso insieme di procedure e momenti informativi. «Approfittiamo delle ospedalizzazioni per far riflettere tutti i pazienti su come è stata impostata la parte nutrizionale della degenza», spiega Albano che dopo la laurea in medicina a Bologna si è specializzato a Modena in Endocrinologia, Medicina dello Sport e Scienze dell’Alimentazione «che non è un aspetto ‘alberghiero’ ma è parte integrante della terapia». Molteplici sono i momenti di formazione: all’accettazione, così come il medico compila una Cartella clinica con anamnesi, diagnosi e terapia, la dietista compila una Cartella nutrizionale che segnala eventuali squilibri (molti pazienti anziani arrivano in ospedale con delle gravi carenze nutrizionali che – se non corrette – rischiano di divenire una malattia nella malattia) e suggerisce una terapia nutrizionale. «Tutto il rapporto del paziente con il cibo è osservato con estrema attenzione. Alimentazione e terapia farmacologica sono considerate a pari livello», afferma il diabetologo pugliese. 6 «Se a questo aggiungiamo che tutti i degenti sono invitati a corsi di dietetica, con tanto di prove di ingresso e di uscita, ecco che possiamo dire come durante la degenza sia stato lanciato un messaggio corale, forte e convinto sulla centralità dell’alimentazione». A quel punto il paziente che esce accoglierà in tutt’altra maniera i messaggi che riceve. «Se gli capita di leggere un articolo o sentire certe nozioni in televisione penserà: “ecco questo lo hanno detto e lo hanno fatto anche in Ospedale”. Le nozioni che circolano nel caos mediatico e la prassi terapeutica si saldano e si rafforzano» continua Stefano Albano. Anche per i pazienti seguiti in ambulatorio, alla puntuale anamnesi e verifica dei comportamenti alimentari si affiancano corsi periodici di gruppo per pazienti. Nella cronicità la sfida però è diversa, «il Team diabetologico deve sapersi inserire nella cultura alimentare e nella quotidianità del paziente». ...e in ambulatorio Di recente ha introdotto una sorta di ‘open hour’ nel suo ambulatorio: ogni giorno, dalle 10 alle 11, la dietista del Team diabetologico tiene brevi momenti di informazione aperti a tutti: pazienti che attendono la visita, parenti che li accompagnano, eventuali passanti. Si danno informazioni concrete per esempio su come evitare che una frittura prolungata trasformi un manicaretto in un veleno. Essere concreti è necessario quando si parla di alimentazione, e questo vale anche per i medici: «Una prescrizione dietetica non può essere astratta ma deve entrare nella vita reale del paziente; inoltre la prescrizione alimentare deve anche collimare con le conoscenze e la ‘cultura alimentare’ dell’interlocutore. Ognuno di noi, anche il paziente che si alimenta peggio o in maniera apparentemente disordinata, ha una sua ‘cultura alimentare’. Del resto non sorprende. Mangiare è l’unica cosa che facciamo da quando siamo nati tre o quattro volte al giorno. Chi legge un po’ di antropologia vede come tutti i riti e le strutture sociali nascano proprio dal bisogno di alimentarsi», conclude Albano. Ippocrate sarebbe soddisfatto. *Primario dell’Ospedale della Santissima Annunziata di Taranto. oooooooooooooOOOOOOOOOOOoooooooooooooooo L'origine comune di ipertensione e diabete Un farmaco sviluppato per altri obiettivi nell’essere umano è efficace nel contrastare il meccanismo molecolare di un ceppo di ratti a sviluppare l'ipertensione. Molti pazienti affetti da ipertensione sviluppano anche diabete e altre complicazioni. Ora un gruppo di ricercatori della Jacobs School of Engineering dell’Università della California a San Diego ha scoperto un meccanismo molecolare comune in un ceppo di ratti che spiegherebbe per quale motivo tali disturbi metabolici sorgano insieme nei mammiferi. Oltre a ciò, gli studiosi hanno mostrato che un farmaco sviluppato per altri obiettivi nell?essere umano è efficace nel contrastare il meccanismo molecolare che produce il cosiddetto ceppo SHR (spontaneously hypertensive rat) predisposto allo sviluppo di alta pressione. Il successo ottenuto nell?indurre la remissione dei sintomi viene descritto sull?ultimo numero della rivista online ? Hypertension?. Tale risultato è stato accompagnato anche dalla remissione negli animali della condizione prediabetica nota come insulino-resistenza, così come la soppressione immunitaria. Secondo Glenn Bohlen, docente del Department of Cellular and Integrative Physiology dell?Indiana University Medical School, che ha scritto un articolo di commento al risultato, lo studio sarà importante per le persone che soffrono di obesità e di ipertensione: "Con l?enfasi posta a livello internazionale sull?obesità e sui problemi cardiovascolari concomitanti, c?è la tendenza a dimenticare che l?ipertensione essenziale colpisce la popolazione sana nella stessa percentuale con cui colpisce i soggetti obesi, ma la percentuale aumenta di molto nella popolazione affetta da diabete di tipo 2?," ha scritto Bohlen. "L?elegante studio punta su una importante sovrapposizione nel ratto SHR del meccanismo dell?insulinoresistenza con quello dell?ipterensione.? Nel circolo sanguigno dei ratti SHR, gli autori dello studio hanno trovato significativi livelli di proteasi, enzimi che scindono le proteine. Tale attività proteasica distrugge la porzione extracellulare di molti recettori proteici, tra cui i recettori per l’insulina: proprio questo processo determina l?insulino-resistenza. Oltre a ciò, le proteasi distruggono un significativo numero di CD18, un importante recettore sulla superficie dei leucociti ? che hanno la funzione di combattere le infezioni ? impedendo a tali cellule di aderire alle pareti dei vasi sanguigni e compromettendo così il sistema immunitario. Scientific American 7 Medicinali antidiabetici ritirati dal commercio L’Agenzia Europea dei Medicinali raccomanda la sospensione di Avandia, Avandamet e Avaglim In data odierna l’Agenzia Europea dei Medicinali ha raccomandato la sospensione dell’autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali antidiabetici contenenti rosiglitazone: Avandia, Avandamet and Avaglim. Questi medicinali non saranno più disponibili in Europa entro i prossimi mesi. I pazienti che stanno attualmente assumendo questi medicinali devono fissare un appuntamento con il loro medico per discutere i trattamenti alternativi adatti alle loro condizioni cliniche. Si consiglia ai pazienti di non interrompere il trattamento in corso senza averne discusso con il loro medico. I medici devono interrompere la prescrizione di medicinali contenenti rosiglitazone. I pazienti che sono attualmente trattati con rosiglitazone devono essere rivalutati in modo tempestivo per modificare il loro trattamento terapeutico. L’attuale revisione del rosiglitazone da parte del Comitato per i medicinali per uso umano dell’Agenzia (CHMP) è stata avviata il 9 luglio 2010 in seguito alla disponibilità di nuovi studi che esaminano la sicurezza cardiovascolare del farmaco. Fin dalla prima autorizzazione, rosiglitazone è stato associato a ritenzione idrica e ad un aumentato rischio di insufficienza cardiaca, la sicurezza cardiovascolare è stata sempre tenuta sotto stretto controllo. Di conseguenza, l’uso di rosiglitazone è stato limitato ad un trattamento di seconda linea e controindicato in pazienti con insufficienza cardiaca o con storia di insufficienza cardiaca al momento della prima autorizzazione nel 2000, come Avandia. I dati provenienti da studi clinici, studi osservazionali e metanalisi degli studi esistenti che si sono resi disponibili nel corso degli ultimi tre anni hanno indicato un possibile aumento del rischio di cardiopatia ischemica associata all’uso di rosiglitazone. Ulteriori restrizioni sono state introdotte sull’uso di questi medicinali in pazienti con cardiopatia ischemica. La disponibilità di studi recenti si è aggiunta alla conoscenza su rosiglitazone e nel complesso, i dati accumulati supportano un aumento del rischio cardiovascolare di rosiglitazone. In considerazione delle limitazioni già in vigore sull’uso di rosiglitazone, il Comitato non ha potuto identificare misure addizionali in grado di ridurre il rischio cardiovascolare. Il Comitato ha pertanto concluso che i benefici di rosiglitazone non superano più i rischi e ha raccomandato la sospensione dell’autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali. La sospensione resterà in vigore a meno che il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio, fornisca dati convincenti per identificare un gruppo di pazienti in cui i benefici dei medicinali superano i rischi. La raccomandazione del Comitato è stata trasmessa alla Commissione Europea per l’adozione di una decisione giuridicamente vincolante. * 8 Prospettive terapeutiche Ipertensione & diabete Origine comune Un farmaco sviluppato per altri obiettivi nell’essere nell’essere umano è efficace nel contrastare il meccanismo molecolare che perdisone un particolare ceppo di ratti a sviluppare l'ipertensione. M olti pazienti affetti da ipertensione sviluppano anche diabete e altre complicazioni. Ora un gruppo di ricercatori della Jacobs School of Engineering dell’Università della California a San Diego ha scoperto un meccanismo molecolare comune in un ceppo di ratti che spiegherebbe per quale motivo tali disturbi metabolici sorgano insieme nei mammiferi. Oltre a ciò, gli studiosi hanno mostrato che un farmaco sviluppato per altri obiettivi nell’essere umano è efficace nel contrastare il meccanismo molecolare che produce il cosiddetto ceppo SHR (spontaneously hypertensive rat) predisposto allo sviluppo di alta pressione. Il successo ottenuto nell’indurre la remissione dei sintomi viene descritto sull’ultimo numero della rivista online “Hypertension”. Tale risultato è stato accompagnato anche dalla remissione negli animali della condizione prediabetica nota come insulino-resistenza, così come la soppressione immunitaria. Secondo Glenn Bohlen, docente del Department of Cellular and Integrative Physiology dell’Indiana University Medical School, che ha scritto un articolo di commento al risultato, lo studio sarà importante per le persone che soffrono di obesità e di ipertensione: "Con l’enfasi posta a livello internazionale sull’obesità e sui problemi cardiovascolari concomitanti, c’è la tendenza a dimenticare che l’ipertensione essenziale colpisce la popolazione sana nella stessa percentuale con cui colpisce i soggetti obesi, ma la percentuale aumenta di molto nella popolazione affetta da diabete di tipo 2", ha scritto Bohlen. "L’elegante studio punta su una importante sovrapposizione nel ratto SHR del meccanismo dell’insulinoresistenza con quello dell’ipterensione? Nel circolo sanguigno dei ratti SHR, gli autori dello studio hanno trovato significativi livelli di proteasi, enzimi che scindono le proteine. Tale attività proteasica distrugge la porzione extracellulare di molti recettori proteici, tra cui i recettori per l’insulina: proprio questo processo determina l?insulino-resistenza. Oltre a ciò, le proteasi distruggono un significativo numero di CD18, un importante recettore sulla superficie dei leucociti che hanno la funzione di combattere le infezioni impedendo a tali cellule di aderire alle pareti dei vasi sanguigni e compromettendo così il sistema immunitario. Fonte: Scientific American Legame tra l'orologio biologico e il diabete I biologi della University of California di San Diego hanno scoperto che il criptocromo, proteina che regola l'orologio biologico nei mammiferi, regola anche la produzione di glucosio nel fegato. Inoltre, secondo i ricercatori, alterare i livelli di questa proteina può comportare un miglioramento nella salute dei topi diabetici. “Eravamo abituati a pensare che il nostro metabolismo fosse regolat principalmente da ormoni rilasciati dal pancreas durante il digiuno o durante l'assunzione di cibo. Questo studio mostra invece che l'orologio biologico determina come debbano lavorare questi ormoni per regolarlo”, dice il Prof. Montminy. “Lo studio potrebbe spiegare perché i lavoratori turnisti, i cui orologi biologici sono spesso fuori uso, corrono anche un rischio maggiore di sviluppare obesità e insulino-resistenza”. *** 9 MANGIAR BENE Frutta secca TOCCASANA PER CUORE E ARTERIE N oci, nocciole, mandorle, arachidi, chiamati un tempo “alimenti poveri”, oggi vengono rivalutati da nutrizionisti e medici che ne suggeriscono il consumo giornaliero dato il loro effettivo toccasana per il cuore, le arterie e per le altre patologie vascolari. La frutta secca è poverissima di acqua ma ricca di proteine vegetali (tanto da essere indicata dai vegani, insieme ai legumi, come alternativa alla carne rossa), vitamine, sali minerali, grassi fondamentali (monoinsaturi e polinsaturi), fibre e zuccheri. I grassi presenti abbassano i livelli del colesterolo e riducono il rischio di aterosclerosi e di cardiopatie. La frutta secca si potrebbe dividere in due categorie: quella lipidica, propriamente detta secca (ricca di grassi benefici e povera di zuccheri cioè di carboidrati) e quella essiccata detta glucidica (ricca di zuccheri e povera di grassi). La frutta secca lipidica comprende i semi di alcune piante come ad esempio arachidi. noci, nocciole, pistacchi, mandorle, noci brasiliane, anacardi, pecan, etc., mentre quella essiccata glucidica comprende prugne, datteri, albicocche, etc. Oggi parliamo delle qualità nutrizionali della prima categoria: la frutta secca lipidica.Secondo gli esperti il consumo giornaliero di questa frutta ridurrebbe del 50% il rischio di infarto del miocardio, del 30% quello di patologie vascolari e del 40% di problemi alle coronarie. Circulation, una rivista americana che tratta di problemi cardiologici, ha pubblicato nel 2004 uno studio spagnolo sulle proprietà della noce. Il frutto, consumato giornalmente ridurrebbe molte patologie cardiovascolari, soprattutto per la sua azione contro l’aterosclerosi. Infatti le noci lubrificano il cuore e stimolano un azione antinfiammatoria sull’endotelio grazie ai grassi polinsaturi (ne hanno più del salmone) e grazie agli antiossidanti come i polifenoli (gli stessi del vino rosso). La sottile buccia rossa che avvolge la parte edibile delle arachidi contiene gli OCP (Procianidine oligomeriche) potenti sostanze che si trovano anche nei semi d’uva rossa e che sono considerate estremamente attive contro le cardiopatie. Secondo il British Journal of Nutrition mangiare noci, mandorle, arachidi o altro tipo di frutta secca durante la settimana riduce del 37% il rischio di malattia del cuore legata al colesterolo, perché aumentano i livelli di Hdl (grassi “buoni”) e riducono quelli di Ldl (grassi “cattivi”). L’americano Journal of Nutrition, ha messo in evidenza un’interessante proprietà delle mandorle; esse sarebbero in grado di ridurre i danni ossidativi a livello di lipidi, proteine e lipoproteine grazie alla presenza di antiossidanti fenolici, e di vitamina E. Segnalo inoltre che le nocciole sono fra i primissimi posti nella scala ORAC (alimenti con più poteri antiossidanti). Ma la frutta secca ha anche altri elementi importanti come la vitamina B e i sali minerali tipo potassio, rame, fosforo, ferro e calcio. I grassi monoinsaturi e polinsaturi (soprattutto Omega 3), inoltre riducono i trigliceridi e aiutano a controllare la pressione arteriosa. Migliorano inoltre la risposta all’insulina. Il loro alto contenuto di fibra favorisce il corretto transito intestinale e previene il cancro del colon. Ecco dunque come le evidenze scientifiche ci mostrano che consumare una porzione di frutta secca (30-35 grammi) al giorno può portare enormi benefici soprattutto a livello cuorearterie. Sulla base di questi risultati, la Food and Drug Administration (FDA) americana ha concesso di indicare, sulle confezioni di frutta secca o di cibi che la contengono, le proprietà protettive cardiovascolari di questi alimenti. Ma attenzione, anche se i suoi grassi sono quasi tutti di tipo insaturo e quindi benefici, bisogna comunque dosare la quantità di frutta secca da assumere con l’alimentazione e non superare la dose quotidiana di calorie che servono al nostro fabbisogno.*** 10 Cattivi Convincimenti Le false Credenze Spesso il lavoro del team diabetologico consiste nello sfatare miti e credenze false ma radicate. Il sentito dire, le informazioni tramandate dai nonni o propagandate da articoli e trasmissioni televisive portano le persone con il diabete e i loro familiari a commettere, senza accorgersene, errori sistematici di alimentazione Ecco sette esempi di credenze diffuse ma sbagliate. Gli spinaci sono uno degli alimenti più ricchi di ferro. Falso - Un etto di spinaci contiene 2,4 mg di ferro (contro i 62 mg delle lenticchie). In ogni caso, l'organismo assorbe cinque volte meglio il ferro contenuto negli alimenti di origine animale. Il burro può essere consumato liberamente perché è un condimento naturale. Falso - Il burro è ricchissimo di grassi 'saturi' che aumentano il Colesterolo nel sangue. I diabetici - e non solo loro - dovrebbero preferire come condimento l'olio di oliva. I carciofi si possono consumare a volontà. Falso! Anche se non hanno un sapore dolce, i carciofi contengono fino al 10% di zucchero, più o meno come le arance, devono quindi essere consumati con attenzione, tenendo presente il loro 'valore' calorico. Crackers e grissini sono preferibili al pane. Falso - Crackers, grissini e fette biscottate contengono solo meno acqua del pane. A parità di peso quindi ci saranno più calorie in un etto di cracker (447), fette biscottate (410) o grissini (382) che in un etto di pane (277 calorie). Le fragole sono ricche di ferro e zucchero. Falso - Tra la frutta solo l'uva contiene ferro. Quanto agli zuccheri, un etto di fragole ne contiene solo 5-6 grammi. Il riso ha meno calorie della pasta. Falso! Il riso ha caratteristiche molto simili alla pasta e un contenuto calorico analogo: circa 350 calorie per un etto. Lo zucchero grezzo è meno calorico di quello bianco. Falso - La composizione dello zucchero raffinato (bianco) e grezzo (scuro) è identica. Rielaborato dal volume "I pregiudizi nell'alimentazione del diabetico… e non solo", Tipografia De Martino, Castellamare di Stabia. 11 Aboccaperta... Il Diabetico dal Dentista Cura dei denti e diabete guida a una bocca sana Quando si è affetti da diabete, i livelli elevati di glucosio nel sangue possono danneggiare diverse parti del corpo, compresi bocca e denti. Il diabete infatti fa aumentare il rischio di malattie delle gengive, carie, perdita dei denti, secchezza della bocca e vari tipi di infezioni orali. E viceversa una cattiva igiene orale può causare maggiori difficoltà nel controllo del diabete. Le infezioni fanno salire la glicemia e si ha bisogno di più insulina per tenerla sotto controllo. Inoltre, il diabete può far diminuire la capacità di gustare il sapore dolce: questo cambiamento può non essere avvertito, ma potrebbe influire sulle scelte di alimenti più dolci, incidendo sulla salute dei denti e sul controllo della malattia stessa. La consapevolezza delle possibili complicanze orali dovute al diabete può aumentare le probabilità di conservare una bocca sana e denti forti. Danni del diabete a denti e a gengive Giorno dopo giorno, le glicemie alte possono contribuire ad un danno progressivo ai denti e alle gengive, che può essere causa di caduta dei denti. Una patina invisibile formata da batteri, saliva e minuscole particelle di cibo (placca dentaria) ricopre normalmente i denti. I batteri si nutrono di zuccheri e amidi degli alimenti e delle bevande consumati e producono acidi che danneggiano il duro smalto che copre i denti. Le glicemie alte che accompagnano spesso il diabete forniscono ai batteri un maggior approvvigionamento di zuccheri e amidi, causando una più alta produzione di acidi. I danni provocati dall’acido aumentano il rischio di carie. La placca dentaria è causa anche di altri problemi. Se non è rimossa con una pulizia regolare e con l’uso del filo interdentale, si indurisce sotto l’orlo delle gengive trasformandosi in tartaro. Il tartaro, irritando le gengive, causa la gengivite, un’infiammazione che rende le gengive fragili, gonfie e arrossate e le fa sanguinare, quando si puliscono i denti. Per fortuna, il dentista può intervenire a rimuovere il tartaro con una pulizia professionale, in modo da prevenire o curare la gengivite. Se questa infiammazione non è curata, può trasformarsi in una condizione più grave, con infezione batterica delle gengive e dell’osso che circonda il dente (periodontite). Ciò può causare la retrazione della gengiva, che lascia scoperta la radice del dente, e l’allentamento e perfino la caduta dei denti. La gengivite e la periodontite sono le complicanze orali più comuni del diabete. Le persone diabetiche hanno una probabilità tre volte maggiore di quelle non diabetiche di sviluppare una malattia delle gengive. Il diabete inoltre abbassa la resistenza dell’organismo alle infezioni e rallenta la velocità di guarigione. Alcune ricerche, poi, fanno pensare che le persone con infezioni delle gengive potrebbero essere più a rischio di malattie cardiovascolari. Secondo una tesi recente, i batteri della bocca possono essere trasportati nei vasi sanguigni causando un’infiammazione diffusa nel corpo e nelle arterie. Questo processo potrebbe essere legato allo sviluppo di placche aterosclerotiche nelle arterie, con maggior rischio di infarto e ictus. Per cercare di prevenire danni ai denti e alle gengive: Farsi controllare dal dentista due volte l’anno, avvertendolo di avere il diabete. Pulirsi i denti almeno due volte al giorno, usando uno spazzolino morbido, e spazzolare anche la superficie superiore della lingua. Usare il filo interdentale ogni giorno. Fare attenzione a eventuali segni precoci di malattie delle gengive, come sanguinamento, arrossamenti e gonfiore. In tal caso, consultare il dentista. Il diabete e le altre parti della bocca I denti e le gengive non sono le sole parti a rischio. Nella bocca possono presentarsi anche i problemi esposti in seguito; essi non si possono forse prevenire totalmente, ma si può almeno attenuarne l’impatto. Secchezza della bocca Questo disturbo (xerostomia) appare quando le ghiandole salivari non producono più saliva sufficiente a 12 Secchezza della bocca Questo disturbo (xerostomia) appare quando le ghiandole salivari non producono più saliva sufficiente a mantenere inumidite le mucose della bocca. La secchezza favorisce la formazione di carie e di malattie delle gengive, poiché la saliva aiuta a portare via i batteri che contribuiscono a tali condizioni. La bocca secca facilita l’infiammazione e l’irritazione dei tessuti della bocca e può rendere più difficile masticare, gustare ed inghiottire i cibi. Ciò può creare maggiori difficoltà nel controllo del diabete, dato che la persona diabetica con questo problema potrebbe non mangiare correttamente e quindi non riuscire a tenere ben controllate le glicemie. Il dentista può consigliare un sostituto artificiale della saliva, per alleviare il fastidio della bocca troppo secca. Si può avere qualche sollievo anche succhiando caramelle o gomme senza zucchero e bevendo frequentemente un po’ d’acqua. Infezioni da funghi La Candida Albicans è un fungo che vive normalmente nella bocca senza causare alcun problema. Nei diabetici però la saliva scarsa e troppo zuccherina fa sì che il fungo causi un’infezione della mucosa orale, detta candidiasi, che crea zone irritate biancastre o arrossate nella bocca. Per curare questa infezione, il dentista (o il medico generico) può prescrivere un farmaco antifungino da sciogliere in bocca o da assumere sotto forma di pillole. Il fumo e il dover portare una dentiera molto a lungo aumentano il rischio di candidiasi: per cui è bene non fumare e limitare al massimo il tempo di uso della dentiera nella giornata. Il lichen planus della bocca Il lichen planus orale è una dermatosi che produce piaghe nella bocca. Nei casi più gravi, possono apparire ulcere dolorose che erodono la mucosa orale. Sebbene non ci siano cure permanenti, il dentista può prescrivere anestetici locali o altri farmaci che riducono o alleviano i sintomi. La sindrome del bruciore alla bocca In qualche caso, si può avere la sensazione di forte bruciore e dolore nella bocca, pur non avendo apparentemente alcun problema. La bocca secca e la candidiasi possono causare questa sindrome, per cui la cura di questi problemi può alleviare tale sintomo. Si può però anche farsi prescrivere farmaci adatti ad alleviare il dolore. Chirurgia orale e diabete: una combinazione delicata Se si ha bisogno di un intervento chirurgico nella bocca, il diabete – specialmente se controllato male – può renderlo più complicato, ritardando la cicatrizzazione e aumentando il rischio di infezioni. Anche i livelli glicemici possono diventare di più difficile controllo subito dopo la chirurgia orale: le glicemie possono fluttuare a seguito dello stress dovuto all’intervento e della difficoltà a mangiare normalmente per il disagio o il dolore. Il mantenere le glicemie sotto controllo prima e dopo l’intervento riduce il rischio di complicanze. Se si ha bisogno di chirurgia al cavo orale è bene seguire le raccomandazioni dell’American Diabetes Association: Ricordare al dentista che si ha il diabete e discutere con lui eventuali problemi su infezioni e controllo delle glicemie. Mangiare qualcosa prima della visita dentistica: se la glicemia è nella norma, si avrà una guarigione più rapida. Se le glicemie sono molto fuori controllo, è opportuno posporre l’intervento. Continuare a prendere i farmaci usuali. Potrebbe esserci la necessità di qualche adattamento nell’assunzione dei farmaci per il diabete o di prendere un antibiotico per prevenire infezioni, ma a meno che ciò sia consigliato dal dentista o dal medico, è bene continuare la propria terapia normale. Pianificare gli alimenti necessari dopo l’intervento. Se si prevede che il lavoro del dentista possa lasciare la bocca dolorante, preparare cibi morbidi o liquidi in modo da potersi alimentare senza dolore. Avere le glicemie sotto controllo. E’ meglio che l’intervento chirurgico avvenga quando i livelli glicemici rimangono entro le proprie variazioni usuali. Se l’intervento è urgente e le glicemie sono fuori controllo, discutere con il dentista o con il medico la possibilità di avere il trattamento dentistico in ospedale o in ambulatori dove sia possibile seguire attentamente il recupero dopo l’intervento chirurgico e intervenire in caso di necessità. Una persona diabetica dovrebbe conoscere le precauzioni necessarie per far funzionare correttamente il proprio corpo. E’ importante sorvegliare la bocca e i denti con maggiore attenzione e farsi controllare regolarmente dal dentista per godere di una buona salute orale, cosa che aiuta anche a mantenere le glicemie sotto controllo. * 13 Diabetici Celebri Sugar Ray Robinson “Il Re, il Maestro, il mio Idolo” (Muhammad Ali) Ricerca di Salvatore BRUNO* Sugar Ray Robinson il cui vero nome era Walker Smith Jr. nacque ad Ailey in Georgia da Walker Smith Senior e Leila Hurst il 3 maggio 1921. Era il più giovane di tre figli; le due sorelle maggiori Marie ed Evelyn nacquero rispettivamente nel 1917 e nel 1919. Suo padre era un coltivatore di cotone, arachidi e mais. Successivamente si spostò insieme a tutta la famiglia a Detroit, dove inizialmente trovò lavoro come operaio edile. All'età di dodici anni, quando i genitori divorziarono, il giovane Walker Smith Jr. si trasferì ad Harlem con la madre. Inizialmente voleva diventare un medico, ma dopo essere stato espulso dalla De Witt Clinton High School decise di diventare un pugile. Quando aveva quattordici anni tentò di partecipare al suo primo torneo di pugilato, ma gli dissero che avrebbe potuto parteciparvi solo con una tessera che dimostrasse che era membro dell'AAU. Ray non riuscì ad iscriversi e dovette attendere i sedici anni per ottenere la tessera. Gli venne dato il nome di Ray Robinson, grazie alla tessera di un suo amico di nome Ray Robinson. Il soprannome "Sugar", invece, gli venne dato da George Gainford, suo futuro manager, secondo il quale lo stile di Robinson era "dolce come lo zucchero", e da allora Smith Jr. venne chiamato "Sugar" Ray Robinson. Gli idoli sportivi del giovane Robinson erano Henry Armstrong e Joe Louis. Anche quest'ultimo visse a Detroit, nel medesimo quartiere di Sugar, quando Ray aveva 11 anni e lui 17. Nella sua autobiografia Robinson disse di essere rimasto sconvolto dalla sconfitta che Louis subì da Max Schmeling nel 1936, tanto da aver perfino pensato di abbandonare il pugilato. A 16 anni si sposò con Marjore Joseph ed ebbe un figlio, prima di divorziare, all'età di 19 anni. Il loro figlio, Ronnie Smith, nacque nel 1939. La sua seconda moglie Edna Mae Holly era una nota ballerina che si esibiva al Cotton Club e che aveva girato l’Europa con Duke Ellington e Cab Calloway. Nel 1965 Robinson sposò Millie Wiggins Bruce, di diversi anni maggiore di lui, e la coppia si stabilì a Los Angeles. Quando Ray si ammalò, il figlio minore accusò la matrigna di tenerlo sotto l’effetto di medicinali e di manipolarlo. Robinson amava moltissimo la musica jazz, al punto di allenarsi con un'orchestrina che suonava per lui in palestra. era molto rispettato dal jazzista Miles Davis. Nonostante il fisico esile, i suoi pugni erano temutissimi da tutti i suoi avversari: ne sa qualcosa Jake La Motta, che fu sconfitto per ben 5 volte su 6. Negli anni '50 donò la borsa di un suo incontro per la ricerca contro il cancro. Sugar Ray Robinson è recentemente comparso in Fight Night Round 4 titolo per Xbox 360 e Playstation 3 come personaggio giocabile. Nella sua grande carriera, durata 25 anni, combettè un totale di 200 incontri. Come pugile dilettante Robinson ottenne un record di 85 vittorie consecutive e senza nemmeno una sconfitta; con 69 vittorie per KO, 40 delle quali nel 1° round. Passò al professionismo nel 1940 a 19 anni, e nel 1951 aveva un record professionale di 128 vittorie con 84 KO. Robinson fece il suo debutto tra i professionisti il 4 ottobre 1940, battendo per KO al 2° round Joe Echevarria. Combatté e vinse altre 5 volte quell'anno, di cui 4 per KO. Mantenne il titolo mondiale dei pesi welters dal 1946 al 1951 e conquistò il mondiale dei pesi medi nello stesso anno. Nel 1952 si ritirò, ma rientrò nel 1955 riprendendosi immediatamente il titolo mondiale dei medi. Detenne diversi primati nel mondo della boxe, tra cui quello di essere stato il primo pugile a conquistare per ben 5 volte il titolo mondiale della sua categoria, record che raggiunse sconfiggendo Carmen Basilio nel 1958, riprendendosi il titolo che lo stesso Basilio gli aveva strappato sei mesi prima. Oltre a Basilio, sconfisse tutti i più grandi pugili che ebbe occasione di incontrare: Jake LaMotta, Gene Fullmer, Carl 'Bobo' Olson, Henry Armstrong, Rocky Graziano e Kid Gavilan. Il passaggio ai pesi medi fu la difficoltà a rimanere al di sotto del limite di peso dei welters. Tuttavia, la mossa aveva anche dei contenuti economici rilevanti, dato che la categoria dei medi comprendeva alcuni dei più 14 Diabetici Celebri grandi nomi della boxe. Nel 1950 sconfisse Jose Basora. Il velocissimo KO di Robinson in 50 secondi ai danni di Basora stabilì un record che sarebbe durato ben 38 anni. Dopo aver vinto il suo secondo titolo mondiale, Durante il suo match a Berlino contro Gerhard Hecht, Robinson venne squalificato per aver colpito l'avversario ad un rene: mossa legale negli Stati Uniti ma non in Europa. L'incontro venne dichiarato no-contest. A Londra, invece, perse il titolo mondiale dei medi contro Randy Turpin, ma tre mesi dopo, Robinson mise KO Turpin al 10° round, riprendendosi il titolo. Il 14 febbraio 1951 Robinson e LaMotta, che in quel momento era il campione mondiale dei medi, si incontrarono per la sesta e ultima volta. L'incontro, disputato nel giorno degli innamorati, passò alla storia come la versione pugilistica del Massacro di San Valentino. Ray conquistò in modo incontestabile il mondiale dei medi con un KOT al 13° round. Dopo aver tenuto a distanza LaMotta per i primi 10 round, si scatenò su di lui in una serie di combinazioni selvagge che durarono tre round, finché l’arbitro dovette interrompere l’incontro e, per la prima volta in una carriera di 95 incontri da professionista, LaMotta venne sconfitto prima del limite. Questo match, insieme ad altri dei 6 tra Robinson e LaMotta, venne rappresentato nel film Toro scatenato di Martin Scorsese. "Mi sono battuto con Sugar Ray così tante volte che mi è quasi venuto il diabete", disse in seguito LaMotta. Nel 1952 sfidò il campione dei mediomassimi Joey Maxim allo Yankee Stadium in un incontro valido per il titolo della categoria. Ray si era costruito un buon margine di vantaggio sui cartellini di tutti e tre gli arbitri, ma la temperatura record che opprimeva lo stadio gli segò le gambe. L'arbitro Ruby Goldstein fu la prima vittima del caldo e dovette essere sostituito da un altro arbitro. Robinson fu una delle vittime successive (collassarono anche numerosi spettatori). Finì per miracolo il 13° round, ma alla campana di inizio del 14° non riuscì a rialzarsi dall’angolo. Venne decretata la sua sconfitta per KOT, l'unica prima del limite della sua ineguagliabile carriera. Nel 1957 Robinson, ormai trentaseienne, perse il titolo contro Gene Fullmer. Per la rivincita, Fullmer era dato vincente per 3–1. Nel 5° round, tuttavia, Robinson riconquistò in modo fulmineo il titolo, per la quarta volta, e lo fece con un veloce e micidiale gancio sinistro. Alcuni critici della boxe definirono quel gancio sinistro come "il pugno perfetto". Qualcuno chiese a Ray quanto, secondo lui, fosse stato veloce il suo gancio sinistro, rispose: "Non saprei. Però il messaggio gli è arrivato". Robinson salì sul ring per l'ultima volta nel 1965, a 44 anni contro Joey Archer perdendo ai punti. L'11 novembre 1965 annunciò il suo ritiro definitivo dalla boxe dicendo: "Odio tirare troppo in lungo per avere un'altra chance". Si ritirò con un record di 175 vittorie, di cui 110 per KO, 19 sconfitte, 6 pareggi e 2 no-contest, congedandosi come uno picchiatori più temibili della storia del pugilato. Era un pugile dotato di una scioltezza che gli arrivava probabilmente dalla seconda delle sue passioni, la danza. Viceversa, aveva tentato di trasporre nella danza il suo modo di muoversi sul ring, sciolto ma atletico ed estremamente ritmato. Fluidità a parte, di tutto il resto non gli mancava niente, dalla velocità del “jab” alla potenza del KO. Disponeva, insomma, di una versatilità assolutamente fuori dalla norma. Con la sua statura di 180 cm. era un peso welter altissimo, e anche come medio è stato tra i più alti campioni del mondo di ogni tempo (Carlos Monzón, ad esempio, anch’egli peso medio di alta statura, misurava 181 cm). La dotazione tecnica sopraffina che gli permetteva di boxare con uguale efficacia a distanza quanto nei corpo a corpo, insieme alla statura e all’eccezionale potenza, ne fecero uno degli stilisti-puncher più formidabili di ogni tempo. I riflessi e le insuperabili capacità di scelta dei tempi gli consentivano di essere anche un grande colpitore d’incontro. A tutto ciò egli univa una visione tattica che gli consentiva di adattare la sua scherma a qualsiasi tipo di avversario: riusciva a dominare tanto i pugili aggressori quanto i picchiatori, quanto gli stilisti-puncher come lui. Secondo Bert Sugar, uno dei più autorevoli osservatori di pugilato, "Robinson poteva infliggere un pugno da KO perfino arretrando. Ray incominciò ad avere gravi problemi di salute: gli fu diagnosticato il diabete mellito che venne curato con l’insulina. Negli ultimi anni gli venne diagnosticato anche il morbo di Alzheimer, che lo condusse alla morte all’età di 67 anni. Morì il 12 aprile 1989 a Culver City, California. Fu sepolto all'Inglewood Park Cemetery ad Inglewood, California. Scompariva uno dei più grandi pugili. Forse il più grande pugile di tutti i tempi. * Presidente Associazione Diabetici Modenesi 15