Diabete n° 50 - ADM Associazione Diabetici Modenesi

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Diabete n° 50 - ADM Associazione Diabetici Modenesi
Eccoci di nuovo
A
miche e Amici Diabetici !
“Diabete & Dintorni” doveva essere nelle vostre case già dallo scorso mese di marzo, sapevamo che molti di
Voi attendevano questa rivista perchè erano abituati a leggerla.
Non ci è stato possibile farlo perchè l’Ausl Modena non vuole più. In breve vi spieghiamo cos’è accaduto.
Come tutti Voi sapete, il diabete è una malattia autogestibile. Molti affermano che essa è una “malattia
asintomatica”; vale a dire che non presenta segni premonitori. Ma non è proprio così. E’ più esatto dire che è difficile
riconoscere i sintomi e quindi la persona diabetica deve saperli ravvisare affinchè possa godere di buona salute.
Ma per fare ciò egli deve essere istruito sulla natura del diabete. Questa conoscenza della malattia può avvenire,
come è ovvio, soltanto con l’informazione, l’istruzione e l’educazione terapeutica, sanitaria e alimentare.
Per semplificare: se durante la notte vi svegliate perchè le gambe vi fanno male dovete sapere che, probabilmente,
è in atto una forma di neuropatia. Se non vedete più tanto bene, forse ne è responsabile una retinopatia. Se vi siete
procurato un piccolo taglio a un piede, dovreste sapere che se lo trascurate e non vi fate curare immediatamente dal vostro
Medico Diabetologo informandolo dell’incidente occorsovi, la piccola ferita al piede può diventare una grossa piaga e,
pertanto, il Medico Diabetologo deve metterci tutta la sua bravura per
guarirvi.
Sono, dunque, questi i motivi per cui E’ D’OBBLIGO
CONOSCERE IL PIU’ POSSIBILE LA MALATTIA DIABETICA. NE VA
Se non c’è il Volontario per il
DELLA BUONA SALUTE DELLA PERSONA.
TESSERAMENTO
Le più prestigiose riviste di diabete, italiane e straniere e tutti i
ti preghiamo di usare il MODULO
Medici Diabetologi affermano che l’informazione ai diabetici è parte
integrante della terapia antidiabetica. Con questo assunto, si vuole
DI CONTO CORRENTE
affermare che il Medico Diabetologo oltre a somministrare al paziente la
POSTALE
terapia farmacologica deve “somministrare” anche l’informazione sulla
già stampato che trovi nel giornale.
malattia ed educare il malato e la sua famiglia ad una corretta
GRAZIE
alimentazione, ad un corretto uso dei farmaci ad un corretto
autocontrollo della glicemia e quant’altro egli ritenga opportuno.
Questa informazione ed educazione terapeutica, sanitaria e
alimentare non deve avvenire una sola volta, ma per sempre.
L’ADM nel 2003, dopo anni di discussioni, era riuscita a far accogliere dall’Ausl Modena il principio che poichè
l’informazione è parte integrante della terapia, doveva essere essa stessa a farsi carico dell’informazione e non
l’Associazione Diabetici Modenesi, com’era fino ad allora accaduto ed in maniera del tutto parziale, perchè la Rivista non
poteva giungere a tutti i diabetici, ma soltanto quelli conosciuti. Vale a dire i suoi Associati.
Questo principio fu finalmente riconosciuto e accettato dall’Ausl Modena e quindi, nel maggio 2004 fu siglato un
“Patto Di Convenienza” nel quale veniva stabilito che l’Ausl usava la rivista “Diabete & Dintorni” di proprietà
dell’ADM quale mezzo per veicolare l’informazione, l’istruzione e l’educazione nelle sue varie forme ai malati diabetici.
La spesa per la stampa e l’invio a domicilio erano a carico dell’Ausl Modena.
Quanto abbiamo appena affermato fu sancito con la Decisione n° 100/2004 (ribadita anche con la Decisione n°
146 del 26.11.2004) che prevedeva l’istituzione un Comitato di Redazione e un Comitato Medico-Scientifico. Il Comitato di
Redazione e il Comitato Medico-Scientifico, in sette anni non hanno mai svolto il loro lavoro; neanche una volta. “Diabete e
Dintorni”, però, è andato avanti nelle pubblicazioni grazie all’impegno che l’ADM aveva preso con i suoi Associati.
Nel dicembre 2009, il Direttore del Distretto 3 di Modena che funge anche da Coordinatore del “Progetto
Diabete” informò - a voce, non per iscritto - l’ADM che la Rivista non sarebbe stata ulteriormente finanziata. Il motivo che
adottò fu che il finanziamento era illegale. Stessa affermazione fecero il Direttore Generale e il Direttore Sanitario dell’Ausl
Modena in un incontro successivo. Di questa “illegalità”, però, non c’ è mai stato stato alcunchè di scritto.
Così dal dicembre 2009 in tutta la Provincia di Modena NULLA viene fatto per far conoscere ai diabetici la loro
malattia e non è stata intrapresa nessun’altra azione (convegni, colloqui, piccole riunioni tra medici e diabetici, etc) in
sostituzione della rivista “Diabete & Dintorni”.
Ci domandiamo se costoro, che sono i preposti alla salute dei cittadini, abolendo l’informazione abbiano compreso
il danno che stanno arrecando a persone ammalate e con quale autorità interrompono il pubblico servizio dell’informazione
ai malati. Ma di ciò ne riparleremo ancora.
Salvatore BRUNO - Presidente ADM
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Diabete & Dintorni
Diabete & Patente
NOTA DOLENTE
Il diabete, si sà, è una malattia molto impegnativa, sia per chi ce l’ha che per chi la deve curare
(bene). I Centri Diabetologici sono sorti, fin dagli anni ‘50 del secolo scorso proprio per assolvere alla
funzione di assistenza e cura di cui i cittadini diabetici hanno bisogno.
Non è possibile, per I malati di diabete, dimenticare anche per un attimo la malattia, non foss’altro
perchè un documento - la patente - deve essere rinnovato ogni 5 anni, o 3 anni o 1 volta l’anno.
La persone diabetiche - quando scade il loro documento di guida e lo devono rinnovare - devono
sottoporsi ad esami diagnostici specifici (fondo occhio, elettrocardiogramma, etc.), avere una buona
emoglobina glicata (al di sotto del 9% se aspirano a un rinnovo di 5 anni) e poi andare dal medico
diabetologo, detto anche MEDICO MONOCRATICO, il quale è l’unica figura giuridica ad essere in
grado di emettere un giudizio clinico (non ci stiamo inventando nulla, è tutto scritto nell’art. 119 del
Codice della Strada) che in beata solitudine, visti tutti gli esami che sono stati prescritti in precedena ai
diabetici, certifica lo stato di salute dal punto di vista del diabete (5, 3. 1 anno, a seconda di determinati
parametri a cui egli deve attenersi).
Da quel momento può andare alla “visita medica” presso la Medicina Legale o all’ACI.
Tutto chiaro? Tutto a posto? Niente affatto. Perchè è da quel momento che per i malati inizia la
Via Crucis.
Infatti, quando il paziente si presenta dal medico legale, questi molte volte (non si conosce il
perchè) riduce il tempo di rinnovo della patente. Se il medico diabetologo ha certificato che lo stato di
salute della persona determina un periodo di cinque anni, il medico legale spesso lo riduce a tre. Se
esiste una certificazione che ha un valore di tre anni, il povero diabetico se la vede ridotta a un anno e
se la patente deve avere un anno di validità, viene inviato davanti a una Commissione medica che, a
suo insindacabile giudizio può anche non rinnovargli la patente.
Qualche diabetico (ed anche l’ADM) si chiede: Forse questi medici odiano i diabetici? Questi
medici sono forse incompetenti e paurosi? Oppure sono negligenti?
Non sappiamo rispondere a queste domande. Siamo certi, però, che la Medicina Legale
modenese è all’altezza del compito a cui viene chiamata.
Però sono anni che l’ADM - a tutela dei diritti delle persone con diabete - chiede all’Ausl
Modena l’inserimento di un Medico Diabetologo nella Commissione Medica che rilascia o rinnova le
patenti, con un ruolo di figura apicale che sa anche spiegare al malato diabetico perchè il periodo di
validità della patente viene ridotto o non rinnovato. I nostri interlocutori dell’Ausl Modena hanno sempre
menato il “can per l’aia”.
L’ultima trovata è stata l’affermazione che non vi sono Medici Diabetologi disponibili.
Cari diabetici siamo messi male. L’ADM, però, non smetterà di tutelarre i nostri diritti.
*
Organo di informazione dell’Associazione Diabetici Modenesi
E-mail: [email protected]
In diffusione gratuita tra gli Associati ADM
Direttore Responsabile
Cristina Boschini
Conto Corrente Postale
10005411
Redazione e Amministrazione
Piazza della Liberazione 13
Villaggio Modena Est
41122 MODENA
Grafica e Stampa
Stampato in proprio
Proprietà
Associazione Diabetici Modenesi
Reg. Trib. di Modena n° 1382 del 7.4.1997
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Diabete & Dintorni
CITTADINI DIABETICI
L’AUSL Modena ha dismesso il servizio di prelievo del sangue e vuole inviare tutti i
diabetici presso gli Ambulatori privati.
Affinché tutti capiate, vi descriviamo il disagio a cui l’Ausl MO ci sottopone:
1. Dovremo andare al CUP per fare la prenotazione: Se non siamo in grado di
spostarci dovremo farci accompagnare da un familiare o conoscente che perderà
almeno due ore di prezioso di lavoro.
2. Dovremo recarci all’ambulatorio dove ci faranno il prelievo di sangue. In tal modo,
tra l’andare all’Ambulatorio, fare la fila per aspettare il proprio turno e ritornare a
casa si perdono almeno due ore di tempo. Se poi ci accompagna un nostro
congiunto, anch’egli perderà due ore del proprio lavoro.
3. Dovremo ritornare di nuovo all’ambulatorio per avere il risultato degli esami. Ci
vorrà almeno un’altra ora tra l’andare, ritirare gli esami e ritornare a casa. Anche in
questo caso, se un nostro congiunto deve accompagnarci perderà un’ora di
prezioso lavoro.
Tutto ciò accade perché l’Ausl vuole “risparmiare” il personale infermieristico per poi
destinarlo, così dice, all’istruzione ed educazione sanitaria dei diabetici.
MA NON E’ PIU’ SEMPLICE INCARICARE UNA INFERMIERA CHE RAGGRUPPA 30 – 40
DIABETICI PER VOLTA, LI PORTA IN UNA DELLE TANTE STANZE VUOTE
DELL’OSPEDALE ESTENSE, LI ISTRUISCE SUL DIABETE E LE SUE COMPLICANZE
PER UN’ORA E POI LI RIMANDA A CASA?
TUTTO QUESTO DAL LUNEDI’ AL SABATO E PER SEMPRE?
L’istruzione e l’educazione sanitaria, alimentare e terapeutica non è stata mai tenuta in
grande considerazione dall’Ausl MO, altrimenti l’avrebbe attivata oltre 30 anni fa.
Ma allora cosa spinge l’Ausl MO a non tenere in nessuna considerazione
l’evidentissimo disagio a cui sottopone tutti i diabetici?
Con questa disposizione vuole, forse, mettere i diabetici del Centro Diabetologico in
una situazione difficoltosa affinché essi, sfiancati da ore di attese e andirivieni
decidano poi di farsi curare dal medico di famiglia?
OPPONIAMOCI A QUESTE VESSAZIONI
NESSUNO PUO’ OBBLIGARCI AD ANDARE ALTROVE PER FARE UN PRELIEVO DI
SANGUE.
IL CENTRO DIABETOLOGICO E’ STATO CREATO PER ASSISTERE E CURARE AL
MEGLIO I CITTADINI DIABETICI. NON PER ALTRI SCOPI.
SE LA VOSTRA DOTTORESSA INSISTE NEL VOLERVI INVIARE FUORI DAL CENTRO
DIABETOLOGICO PER FARE UN PRELIEVO DI SANGUE
OPPONETEVI E INFORMATE L’ASSOCIAZIONE DIABETICI MODENESI
ALLO 059 / 364446
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DIABETE & Dintorni
Salute
Attualità
Diabete “Epidemia
del secolo”
E' stato recentemente firmato un
protocollo d'intesa tra Slow Food e
l'Associazione Medici Diabetologi
(AMD), la più grande associazione
scientifica della diabetologia italiana,
con l'obiettivo di promuovere stili di
vita e alimentari sani e nello stesso
tempo piacevoli. Il protocollo
d'intesa attiva una collaborazione tra
AMD e Slow Food che si svilupperà
attraverso convegni, conferenze e
congressi. Le iniziative
riguarderanno tanto il piano della
comunicazione (con la pubblicazione
di contenuti specifici sulla rivista
mensile Slowfood, sul sito internet
w w w . slo w foo d.i t e s u i sit i
dell'Associazione Medici
D i ab et ol o gi) , q ua nto q uel l o
dell'attività didattico-formativa
rivolta a insegnanti, personale
medico-infermieristico e
popolazione in genere (per la quale
le due associazioni metteranno a
disposizione i propri esperti).
Un'importante riflessione sul tema
della salute che implica
necessariamente un'opera di
educazione e sensibilizzazione dei
cittadini per la quale Slow Food
lavora da tempo. Silvio Barbero,
Segretario nazionale di Slow Food
sottolinea che «Slow Food Italia ha
voluto stringere questa alleanza con
l'Associazione dei Medici
Diabetologi per dare forza a
momenti specifici, formativi e di
comunicazione, nell'ambito di un
percorso già intrapreso: l'obiettivo è
rafforzare il rapporto tra cibo di
qualità e stili alimentari corretti ed
evidenziare quanto esso sia
importante per la nostra salute».
***
Identikit del paziente
diabetico medio in Italia
N
el 2002 è stata condotta in Italia, da parte dell’Associazione Medici
Diabetologi (AMD), un’indagine sociologica, per conoscere il
vissuto del paziente diabetico nei confronti della malattia e la
percezione del Medico Curante e dello Specialista nei confronti
della patologia e del paziente.
Tale indagine ha coinvolto 1000 pazienti e 1000 medici, di medicina generale
e specialisti, distribuiti in modo omogeneo in tutta la Penisola e costituisce il
primo passo di un progetto, denominato Aware, finalizzato a conoscere
meglio l’atteggiamento del paziente verso il diabete ed a modificare
l’approccio clinico in modo coerente, per renderlo più efficace.
L’identikit risultato è di un paziente che giunge alla diagnosi con un’età
variabile tra 40 e 60 anni e che percepisce l’annuncio della diagnosi come
l’inizio di una modifica importante della sua vita.
I pazienti riferiscono che la malattia non costituisce elemento di
discriminazione in ambito sociale e lavorativo, ma i medici segnalano
l’imbarazzo che i neo-diagnosticati hanno nel parlare della malattia e
l’aumento di
assenze per malattia.
Le maggiori preoccupazioni sottolineate dai pazienti sono le modificazioni
delle abitudini alimentari, l’assunzione di farmaci orali e l’eventuale passaggio
alla terapia insulinica. Le complicanze più temute, in ordine decrescente sono
quelle oculari, cardiovascolari, renali, mentre scarsa è l’attenzione per quelle
del piede. Gli uomini si dichiarano meno preoccupati delle donne delle
complicanze e le informazioni sulla possibilità di incorrervi derivano dai
colloqui con il medico curante e lo specialista, che convincono, però, solo un
diabetico su due della potenziale gravità delle stesse.
Nell’80% dei diabetici è radicata la convinzione che le terapie farmacologiche
non siano sufficienti a prevenire i danni del diabete, ma che sia necessaria
una modifica dello stile di vita, anche se, a tutt’oggi, il 20% di essi continua a
pensare non vi siano cure efficaci nella prevenzione delle complicanze.
Quasi il 70 % dei diabetici conosce la stretta correlazione tra eccesso
ponderale e Diabete Mellito, tramite le notizie avute dal diabetologo, dal
medico curante e dai mezzi d’informazione.
La stessa percentuale dichiara di seguire una dieta che comporta però,
rinunce ed influisce negativamente sulla qualità della vita. Infatti, la maggior
parte dei pazienti è convinta, che solo un regime alimentare drastico,
sebbene di breve durata, possa determinare dei risultati tangibili sul peso.
Sia i medici curanti sia gli specialisti ritengono che più dell’80% dei diabetici
non riescono a seguire a lungo i regimi dietetici loro consigliati.
L’incentivo maggiore al calo ponderale rimane, ad oggi, il movente estetico,
che comporta difficoltà relazionali con amici e colleghi.
*
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La nostra salute
PILLOLE
M
olte decine di milioni di persone nel mondo (purtroppo solo nei Paesi più ricchi) prendono
ogni giorno da anni una o più pillole, non di rado anche 6-8 o 10 al giorno.
Così facendo, è provato, aumentano le loro probabilità di una vita lunga e soprattutto
priva di eventi non mortali ma dalle devastanti conseguenze psicologiche, fisiche sociali ed economiche
come infarti, ictus, dialisi, difficoltà a camminare, seri problemi della vista e della sessualità.
Spesso non basta una pillola. Per tenere sotto controllo la glicemia ne servono magari due o più, che
magari si aggiungono alle compresse prescritte per la pressione alta o per i trigliceridi. Ciascuna ha i
suoi orari e i suoi ritmi. I medici sanno benissimo che seguire queste terapie è faticoso, diciamo pure che
è una seccatura, tanto più che, a differenza di altri farmaci, come per esempio, gli antidolorifici o gli
antibiotici queste medicine non combattono un sintomo o una malattia. Non fanno passare un dolore o la
febbre o un’infezione. Impediscono guai gravi, li prevengono ma non li risolvono.
La pillola che fa passare il diabete non esiste. Il diabete non 'passa' ma si riesce a tenerlo sotto controllo
prima di tutto facendo regolarmente esercizio fisico, in secondo luogo con un’alimentazione sana e
moderata e in terzo luogo con uno o più farmaci.
Ciascuno dei farmaci orali disponibili ottiene un effetto sensibile, ma nella maggior parte dei casi, da
sola, una pillola, non basta. Occorre mantenere abitudini sane e, con il tempo, può essere necessario
aggiungere alla prima altre pillole o sostituire una pillola all'altra. Anche l'insulina, di gran lunga il
farmaco più naturale, più potente e più preciso nella cura del diabete è oggi consigliata a fianco di
terapie per bocca.
Non esistono medicine 'migliori' o 'peggiori' in assoluto. La terapia deve adattarsi alla persona con
diabete come un abito su misura. Le persone cambiano e anche la terapia. Allo stesso modo le scarpe
numero 44 non sono migliori delle 42, ma chi ha un piede grande si troverà a disagio con delle scarpe
più piccole e chi ha il piede taglia 42 camminerà con difficoltà in un paio di '44'. Come un bravo
commesso in un negozio di calzature, il medico suggerisce una taglia, ma è il cliente provandole a
confermare la scelta.
E così, controllando la glicemia e facendo attenzione agli effetti che gli sembra le medicine abbiano, il
paziente può aiutare il medico a valutare la correttezza della sua scelta ed eventualmente a trovare una
soluzione ancora migliore.
Con le 'sue medicine' il paziente e i suoi familiari instaurano una relazione complessa, di amore (a volte)
e di odio. A volte si addebitano alle pillole problemi di salute o di altro tipo. Altre volte si ha la
sensazione che non servano. Nella vita in comune queste cose succedono, ma divorziare o tradirsi è cosa
ben diversa. Allo stesso modo, nessun problema se qualche volta alberga un dubbio sulle medicine che
si prendono, ma se la sensazione che non servano o facciano male è frequente, o addirittura se si è deciso
di ridurre le dosi o di sospendere l'assunzione, è necessario parlarne con il medico che le ha prescritte.
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Curarsi con il cibo
L’alimentazione come
TERAPIA
*Dr. Stefano ALBANO
Per Ippocrate e la medicina antica, l’alimentazione era la principale terapia. Oggi, sconfitte molte delle
altre cause di malattia, la medicina deve riscoprire questo concetto e aiutare il paziente a capire il valore
di scelte alimentari sane. Come?
Con l’esempio, l’istruzione e la coerenza dei messaggi trasmessi al paziente.
Alimentazione. Non se n’è mai parlato così tanto: giornali, televisione... perfino a scuola si illustrano,
più o meno correttamente, i vantaggi e i principi di una sana e corretta nutrizione. «Eppure le
patologie in maggiore aumento sono proprio quelle metaboliche» commenta Stefano Albano primario
dell’ospedale della Santissima Annunziata di Taranto.
Ippocrate, un nome noto a Taranto 3mila an-ni or sono quando la città era tra le più importanti della
Magna Grecia, lo aveva ben chiaro. Nel giuramento di Ippocrate, quello che tutti i medici del mondo
occidentale si impegnano a rispettare, si afferma “applicherò il regime dietetico a vantaggio dei
malati”.
«Oggi noi medici abbiamo dimenticato che l’alimentazione è una terapia», considera Albano, che
dirige la Struttura complessa di Endocrinologia, Diabetologia e Dietetica dell’Ospedale di Taranto,
«qualcuno ne è convinto, ma pochi si pongono il problema di comunicarlo ai pazienti».
Un esempio? «Immaginiamo che un medico incontri per la prima volta un paziente. Quante delle sue
domande saranno relative all’alimentazione?», si chiede Albano.
Sappiamo bene che facendo domande il medico fa trasparire quelli che sono a suo parere gli aspetti
essenziali del problema. «Se non chiedo dettagliatamente al paziente come si alimenta, quanto e
perfino quando e dove. Se non faccio una ‘anamnesi nutrizionale’, quale valore avrà la
raccomandazione dietetica con la quale congedo il paziente? Parliamoci chiaro: nessuno».
La formazione del paziente: in ospedale...
Convinto che ogni momento di contatto fra il paziente (e i suoi parenti) e qualunque operatore
sanitario debba essere utilizzato per veicolare un messaggio nutrizionale, Stefano Albano ha
impostato nel suo reparto un complesso insieme di procedure e momenti informativi.
«Approfittiamo delle ospedalizzazioni per far riflettere tutti i pazienti su come è stata impostata la
parte nutrizionale della degenza», spiega Albano che dopo la laurea in medicina a Bologna si è
specializzato a Modena in Endocrinologia, Medicina dello Sport e Scienze dell’Alimentazione «che
non è un aspetto ‘alberghiero’ ma è parte integrante della terapia».
Molteplici sono i momenti di formazione: all’accettazione, così come il medico compila una Cartella
clinica con anamnesi, diagnosi e terapia, la dietista compila una Cartella nutrizionale che segnala
eventuali squilibri (molti pazienti anziani arrivano in ospedale con delle gravi carenze nutrizionali che
– se non corrette – rischiano di divenire una malattia nella malattia) e suggerisce una terapia
nutrizionale. «Tutto il rapporto del paziente con il cibo è osservato con estrema attenzione.
Alimentazione e terapia farmacologica sono considerate a pari livello», afferma il diabetologo
pugliese.
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«Se a questo aggiungiamo che tutti i degenti sono invitati a corsi di dietetica, con tanto di prove di
ingresso e di uscita, ecco che possiamo dire come durante la degenza sia stato lanciato un messaggio
corale, forte e convinto sulla centralità dell’alimentazione».
A quel punto il paziente che esce accoglierà in tutt’altra maniera i messaggi che riceve. «Se gli capita di
leggere un articolo o sentire certe nozioni in televisione penserà: “ecco questo lo hanno detto e lo hanno
fatto anche in Ospedale”. Le nozioni che circolano nel caos mediatico e la prassi terapeutica si saldano e
si rafforzano» continua Stefano Albano.
Anche per i pazienti seguiti in ambulatorio, alla puntuale anamnesi e verifica dei comportamenti
alimentari si affiancano corsi periodici di gruppo per pazienti. Nella cronicità la sfida però è diversa, «il
Team diabetologico deve sapersi inserire nella cultura alimentare e nella quotidianità del paziente».
...e in ambulatorio
Di recente ha introdotto una sorta di ‘open hour’ nel suo ambulatorio: ogni giorno, dalle 10 alle 11, la
dietista del Team diabetologico tiene brevi momenti di informazione aperti a tutti: pazienti che attendono
la visita, parenti che li accompagnano, eventuali passanti. Si danno informazioni concrete per esempio su
come evitare che una frittura prolungata trasformi un manicaretto in un veleno.
Essere concreti è necessario quando si parla di alimentazione, e questo vale anche per i medici: «Una
prescrizione dietetica non può essere astratta ma deve entrare nella vita reale del paziente; inoltre la
prescrizione alimentare deve anche collimare con le conoscenze e la ‘cultura alimentare’
dell’interlocutore. Ognuno di noi, anche il paziente che si alimenta peggio o in maniera apparentemente
disordinata, ha una sua ‘cultura alimentare’. Del resto non sorprende. Mangiare è l’unica cosa che
facciamo da quando siamo nati tre o quattro volte al giorno. Chi legge un po’ di antropologia vede come
tutti i riti e le strutture sociali nascano proprio dal bisogno di alimentarsi», conclude Albano. Ippocrate
sarebbe soddisfatto.
*Primario dell’Ospedale della
Santissima Annunziata di Taranto.
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L'origine comune di ipertensione e diabete
Un farmaco sviluppato per altri obiettivi nell’essere umano è efficace nel contrastare il meccanismo molecolare di un ceppo di
ratti a sviluppare l'ipertensione.
Molti pazienti affetti da ipertensione sviluppano anche diabete e altre complicazioni. Ora un gruppo di ricercatori della
Jacobs School of Engineering dell’Università della California a San Diego ha scoperto un meccanismo molecolare comune in
un ceppo di ratti che spiegherebbe per quale motivo tali disturbi metabolici sorgano insieme nei mammiferi.
Oltre a ciò, gli studiosi hanno mostrato che un farmaco sviluppato per altri obiettivi nell?essere umano è efficace nel
contrastare il meccanismo molecolare che produce il cosiddetto ceppo SHR (spontaneously hypertensive rat) predisposto allo
sviluppo di alta pressione.
Il successo ottenuto nell?indurre la remissione dei sintomi viene descritto sull?ultimo numero della rivista online ?
Hypertension?. Tale risultato è stato accompagnato anche dalla remissione negli animali della condizione prediabetica nota
come insulino-resistenza, così come la soppressione immunitaria.
Secondo Glenn Bohlen, docente del Department of Cellular and Integrative Physiology dell?Indiana University Medical
School, che ha scritto un articolo di commento al risultato, lo studio sarà importante per le persone che soffrono di obesità e di
ipertensione: "Con l?enfasi posta a livello internazionale sull?obesità e sui problemi cardiovascolari concomitanti, c?è la
tendenza a dimenticare che l?ipertensione essenziale colpisce la popolazione sana nella stessa percentuale con cui colpisce i
soggetti obesi, ma la percentuale aumenta di molto nella popolazione affetta da diabete di tipo 2?," ha scritto Bohlen.
"L?elegante studio punta su una importante sovrapposizione nel ratto SHR del meccanismo dell?insulinoresistenza con quello
dell?ipterensione.? Nel circolo sanguigno dei ratti SHR, gli autori dello studio hanno trovato significativi livelli di proteasi,
enzimi che scindono le proteine.
Tale attività proteasica distrugge la porzione extracellulare di molti recettori proteici, tra cui i recettori per l’insulina: proprio
questo processo determina l?insulino-resistenza. Oltre a ciò, le proteasi distruggono un significativo numero di CD18, un
importante recettore sulla superficie dei leucociti ? che hanno la funzione di combattere le infezioni ? impedendo a tali cellule
di aderire alle pareti dei vasi sanguigni e compromettendo così il sistema immunitario.
Scientific American
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Medicinali antidiabetici ritirati
dal commercio
L’Agenzia Europea dei Medicinali raccomanda la sospensione di Avandia,
Avandamet e Avaglim
In data odierna l’Agenzia Europea dei Medicinali ha raccomandato la sospensione
dell’autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali antidiabetici contenenti rosiglitazone:
Avandia, Avandamet and Avaglim.
Questi medicinali non saranno più disponibili in Europa entro i prossimi mesi. I pazienti che stanno
attualmente assumendo questi medicinali devono fissare un appuntamento con il loro medico per
discutere i trattamenti alternativi adatti alle loro condizioni cliniche.
Si consiglia ai pazienti di non interrompere il trattamento in corso senza averne discusso con il loro
medico.
I medici devono interrompere la prescrizione di medicinali contenenti rosiglitazone. I pazienti che
sono attualmente trattati con rosiglitazone devono essere rivalutati in modo tempestivo per modificare
il loro trattamento terapeutico.
L’attuale revisione del rosiglitazone da parte del Comitato per i medicinali per uso umano
dell’Agenzia (CHMP) è stata avviata il 9 luglio 2010 in seguito alla disponibilità di nuovi studi che
esaminano la sicurezza cardiovascolare del farmaco.
Fin dalla prima autorizzazione, rosiglitazone è stato associato a ritenzione idrica e ad un aumentato
rischio di insufficienza cardiaca, la sicurezza cardiovascolare è stata sempre tenuta sotto stretto
controllo.
Di conseguenza, l’uso di rosiglitazone è stato limitato ad un trattamento di seconda linea e
controindicato in pazienti con insufficienza cardiaca o con storia di insufficienza cardiaca al momento
della prima autorizzazione nel 2000, come Avandia.
I dati provenienti da studi clinici, studi osservazionali e metanalisi degli studi esistenti che si sono resi
disponibili nel corso degli ultimi tre anni hanno indicato un possibile aumento del rischio di
cardiopatia ischemica associata all’uso di rosiglitazone.
Ulteriori restrizioni sono state introdotte sull’uso di questi medicinali in pazienti con cardiopatia
ischemica.
La disponibilità di studi recenti si è aggiunta alla conoscenza su rosiglitazone e nel complesso, i dati
accumulati supportano un aumento del rischio cardiovascolare di rosiglitazone.
In considerazione delle limitazioni già in vigore sull’uso di rosiglitazone, il Comitato non ha potuto
identificare misure addizionali in grado di ridurre il rischio cardiovascolare.
Il Comitato ha pertanto concluso che i benefici di rosiglitazone non superano più i rischi e ha
raccomandato la sospensione dell’autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali.
La sospensione resterà in vigore a meno che il titolare dell’autorizzazione all’immissione in
commercio, fornisca dati convincenti per identificare un gruppo di pazienti in cui i benefici dei
medicinali superano i rischi.
La raccomandazione del Comitato è stata trasmessa alla Commissione Europea per l’adozione di una
decisione giuridicamente vincolante.
*
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Prospettive terapeutiche
Ipertensione & diabete
Origine comune
Un farmaco sviluppato per altri obiettivi nell’essere
nell’essere umano è efficace nel contrastare il meccanismo
molecolare che perdisone un particolare ceppo di ratti a sviluppare l'ipertensione.
M
olti pazienti affetti da ipertensione sviluppano anche diabete e altre complicazioni. Ora un
gruppo di ricercatori della Jacobs School of Engineering dell’Università della California a
San Diego ha scoperto un meccanismo molecolare comune in un ceppo di ratti che
spiegherebbe per quale motivo tali disturbi metabolici sorgano insieme nei mammiferi.
Oltre a ciò, gli studiosi hanno mostrato che un farmaco sviluppato per altri obiettivi nell’essere umano è
efficace nel contrastare il meccanismo molecolare che produce il cosiddetto ceppo SHR (spontaneously
hypertensive rat) predisposto allo sviluppo di alta pressione.
Il successo ottenuto nell’indurre la remissione dei sintomi viene descritto sull’ultimo numero della rivista
online “Hypertension”. Tale risultato è stato accompagnato anche dalla remissione negli animali della
condizione prediabetica nota come insulino-resistenza, così come la soppressione immunitaria.
Secondo Glenn Bohlen, docente del Department of Cellular and Integrative Physiology dell’Indiana
University Medical School, che ha scritto un articolo di commento al risultato, lo studio sarà importante
per le persone che soffrono di obesità e di ipertensione: "Con l’enfasi posta a livello internazionale
sull’obesità e sui problemi cardiovascolari concomitanti, c’è la tendenza a dimenticare che l’ipertensione
essenziale colpisce la popolazione sana nella stessa percentuale con cui colpisce i soggetti obesi, ma la
percentuale aumenta di molto nella popolazione affetta da diabete di tipo 2", ha scritto Bohlen.
"L’elegante studio punta su una importante sovrapposizione nel ratto SHR del meccanismo
dell’insulinoresistenza con quello dell’ipterensione? Nel circolo sanguigno dei ratti SHR, gli autori dello
studio hanno trovato significativi livelli di proteasi, enzimi che scindono le proteine.
Tale attività proteasica distrugge la porzione extracellulare di molti recettori proteici, tra cui i recettori per
l’insulina: proprio questo processo determina l?insulino-resistenza. Oltre a ciò, le proteasi distruggono un
significativo numero di CD18, un importante recettore sulla superficie dei leucociti che hanno la funzione
di combattere le infezioni impedendo a tali cellule di aderire alle pareti dei vasi sanguigni e
compromettendo così il sistema immunitario.
Fonte: Scientific American
Legame tra l'orologio biologico e il diabete
I biologi della University of California di San Diego hanno scoperto che il criptocromo, proteina che regola
l'orologio biologico nei mammiferi, regola anche la produzione di glucosio nel fegato. Inoltre, secondo i
ricercatori, alterare i livelli di questa proteina può comportare un miglioramento nella salute dei topi diabetici.
“Eravamo abituati a pensare che il nostro metabolismo fosse regolat principalmente da ormoni rilasciati dal
pancreas durante il digiuno o durante l'assunzione di cibo. Questo studio mostra invece che l'orologio biologico
determina come debbano lavorare questi ormoni per regolarlo”, dice il Prof. Montminy. “Lo studio potrebbe
spiegare perché i lavoratori turnisti, i cui orologi biologici sono spesso fuori uso, corrono anche un rischio
maggiore di sviluppare obesità e insulino-resistenza”. ***
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MANGIAR BENE
Frutta secca
TOCCASANA PER CUORE E ARTERIE
N
oci, nocciole, mandorle, arachidi, chiamati un tempo “alimenti poveri”, oggi vengono
rivalutati da nutrizionisti e medici che ne suggeriscono il consumo giornaliero dato il loro
effettivo toccasana per il cuore, le arterie e per le altre patologie vascolari. La frutta secca
è poverissima di acqua ma ricca di proteine vegetali (tanto da essere indicata dai vegani,
insieme ai legumi, come alternativa alla carne rossa), vitamine, sali minerali, grassi fondamentali
(monoinsaturi e polinsaturi), fibre e zuccheri. I grassi presenti abbassano i livelli del colesterolo e
riducono il rischio di aterosclerosi e di cardiopatie.
La frutta secca si potrebbe dividere in due categorie: quella lipidica, propriamente detta secca
(ricca di grassi benefici e povera di zuccheri cioè di carboidrati) e quella essiccata detta glucidica
(ricca di zuccheri e povera di grassi). La frutta secca lipidica comprende i semi di alcune piante come
ad esempio arachidi. noci, nocciole, pistacchi, mandorle, noci brasiliane, anacardi, pecan, etc., mentre
quella essiccata glucidica comprende prugne, datteri, albicocche, etc. Oggi parliamo delle qualità
nutrizionali della prima categoria: la frutta secca lipidica.Secondo gli esperti il consumo giornaliero di
questa frutta ridurrebbe del 50% il rischio di infarto del miocardio, del 30% quello di patologie
vascolari e del 40% di problemi alle coronarie.
Circulation, una rivista americana che tratta di problemi cardiologici, ha pubblicato nel 2004
uno studio spagnolo sulle proprietà della noce. Il frutto, consumato giornalmente ridurrebbe molte
patologie cardiovascolari, soprattutto per la sua azione contro l’aterosclerosi. Infatti le noci
lubrificano il cuore e stimolano un azione antinfiammatoria sull’endotelio grazie ai grassi polinsaturi
(ne hanno più del salmone) e grazie agli antiossidanti come i polifenoli (gli stessi del vino rosso).
La sottile buccia rossa che avvolge la parte edibile delle arachidi contiene gli OCP (Procianidine
oligomeriche) potenti sostanze che si trovano anche nei semi d’uva rossa e che sono considerate
estremamente attive contro le cardiopatie. Secondo il British Journal of Nutrition mangiare noci,
mandorle, arachidi o altro tipo di frutta secca durante la settimana riduce del 37% il rischio di malattia
del cuore legata al colesterolo, perché aumentano i livelli di Hdl (grassi “buoni”) e riducono quelli di
Ldl (grassi “cattivi”). L’americano Journal of Nutrition, ha messo in evidenza un’interessante
proprietà delle mandorle; esse sarebbero in grado di ridurre i danni ossidativi a livello di lipidi,
proteine e lipoproteine grazie alla presenza di antiossidanti fenolici, e di vitamina E. Segnalo inoltre
che le nocciole sono fra i primissimi posti nella scala ORAC (alimenti con più poteri antiossidanti).
Ma la frutta secca ha anche altri elementi importanti come la vitamina B e i sali minerali tipo
potassio, rame, fosforo, ferro e calcio. I grassi monoinsaturi e polinsaturi (soprattutto Omega 3),
inoltre riducono i trigliceridi e aiutano a controllare la pressione arteriosa. Migliorano inoltre la
risposta all’insulina. Il loro alto contenuto di fibra favorisce il corretto transito intestinale e previene il
cancro del colon. Ecco dunque come le evidenze scientifiche ci mostrano che consumare una porzione
di frutta secca (30-35 grammi) al giorno può portare enormi benefici soprattutto a livello cuorearterie.
Sulla base di questi risultati, la Food and Drug Administration (FDA) americana ha
concesso di indicare, sulle confezioni di frutta secca o di cibi che la contengono, le proprietà
protettive cardiovascolari di questi alimenti. Ma attenzione, anche se i suoi grassi sono quasi tutti di
tipo insaturo e quindi benefici, bisogna comunque dosare la quantità di frutta secca da assumere con
l’alimentazione e non superare la dose quotidiana di calorie che servono al nostro fabbisogno.***
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Cattivi Convincimenti
Le false
Credenze
Spesso il lavoro del team diabetologico consiste nello sfatare miti e credenze false ma
radicate.
Il sentito dire, le informazioni tramandate dai nonni o propagandate da articoli e trasmissioni
televisive portano le persone con il diabete e i loro familiari a commettere, senza
accorgersene, errori sistematici di alimentazione Ecco sette esempi di credenze diffuse ma
sbagliate.
Gli spinaci sono uno degli alimenti più ricchi di ferro.
Falso - Un etto di spinaci contiene 2,4 mg di ferro (contro i 62 mg delle lenticchie). In ogni caso,
l'organismo assorbe cinque volte meglio il ferro contenuto negli alimenti di origine animale.
Il burro può essere consumato liberamente perché è un condimento naturale.
Falso - Il burro è ricchissimo di grassi 'saturi' che aumentano il Colesterolo nel sangue. I diabetici - e
non solo loro - dovrebbero preferire come condimento l'olio di oliva.
I carciofi si possono consumare a volontà.
Falso! Anche se non hanno un sapore dolce, i carciofi contengono fino al 10% di zucchero, più o
meno come le arance, devono quindi essere consumati con attenzione, tenendo presente il loro
'valore' calorico.
Crackers e grissini sono preferibili al pane.
Falso - Crackers, grissini e fette biscottate contengono solo meno acqua del pane. A parità di peso
quindi ci saranno più calorie in un etto di cracker (447), fette biscottate (410) o grissini (382) che in
un etto di pane (277 calorie).
Le fragole sono ricche di ferro e zucchero.
Falso - Tra la frutta solo l'uva contiene ferro. Quanto agli zuccheri, un etto di fragole ne contiene solo
5-6 grammi.
Il riso ha meno calorie della pasta.
Falso! Il riso ha caratteristiche molto simili alla pasta e un contenuto calorico analogo: circa 350
calorie per un etto.
Lo zucchero grezzo è meno calorico di quello bianco.
Falso - La composizione dello zucchero raffinato (bianco) e grezzo (scuro) è identica.
Rielaborato dal volume "I pregiudizi nell'alimentazione del diabetico… e non solo", Tipografia
De Martino, Castellamare di Stabia.
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Aboccaperta...
Il Diabetico dal Dentista
Cura dei denti e diabete
guida a una bocca sana
Quando si è affetti da diabete, i livelli elevati di glucosio nel sangue possono danneggiare diverse parti
del corpo, compresi bocca e denti. Il diabete infatti fa aumentare il rischio di malattie delle gengive, carie,
perdita dei denti, secchezza della bocca e vari tipi di infezioni orali.
E viceversa una cattiva igiene orale può causare maggiori difficoltà nel controllo del diabete. Le infezioni fanno
salire la glicemia e si ha bisogno di più insulina per tenerla sotto controllo.
Inoltre, il diabete può far diminuire la capacità di gustare il sapore dolce: questo cambiamento può non essere
avvertito, ma potrebbe influire sulle scelte di alimenti più dolci, incidendo sulla salute dei denti e sul controllo
della malattia stessa.
La consapevolezza delle possibili complicanze orali dovute al diabete può aumentare le probabilità di
conservare una bocca sana e denti forti.
Danni del diabete a denti e a gengive
Giorno dopo giorno, le glicemie alte possono contribuire ad un danno progressivo ai denti e alle gengive, che
può essere causa di caduta dei denti.
Una patina invisibile formata da batteri, saliva e minuscole particelle di cibo (placca dentaria) ricopre
normalmente i denti. I batteri si nutrono di zuccheri e amidi degli alimenti e delle bevande consumati e
producono acidi che danneggiano il duro smalto che copre i denti.
Le glicemie alte che accompagnano spesso il diabete forniscono ai batteri un maggior approvvigionamento di
zuccheri e amidi, causando una più alta produzione di acidi. I danni provocati dall’acido aumentano il rischio di
carie.
La placca dentaria è causa anche di altri problemi. Se non è rimossa con una pulizia regolare e con l’uso del
filo interdentale, si indurisce sotto l’orlo delle gengive trasformandosi in tartaro.
Il tartaro, irritando le gengive, causa la gengivite, un’infiammazione che rende le gengive fragili, gonfie e
arrossate e le fa sanguinare, quando si puliscono i denti. Per fortuna, il dentista può intervenire a rimuovere il
tartaro con una pulizia professionale, in modo da prevenire o curare la gengivite.
Se questa infiammazione non è curata, può trasformarsi in una condizione più grave, con infezione batterica
delle gengive e dell’osso che circonda il dente (periodontite). Ciò può causare la retrazione della gengiva, che
lascia scoperta la radice del dente, e l’allentamento e perfino la caduta dei denti.
La gengivite e la periodontite sono le complicanze orali più comuni del diabete. Le persone diabetiche hanno
una probabilità tre volte maggiore di quelle non diabetiche di sviluppare una malattia delle gengive. Il diabete
inoltre abbassa la resistenza dell’organismo alle infezioni e rallenta la velocità di guarigione.
Alcune ricerche, poi, fanno pensare che le persone con infezioni delle gengive potrebbero essere più a rischio
di malattie cardiovascolari. Secondo una tesi recente, i batteri della bocca possono essere trasportati nei vasi
sanguigni causando un’infiammazione diffusa nel corpo e nelle arterie. Questo processo potrebbe essere
legato allo sviluppo di placche aterosclerotiche nelle arterie, con maggior rischio di infarto e ictus.
Per cercare di prevenire danni ai denti e alle gengive:
Farsi controllare dal dentista due volte l’anno, avvertendolo di avere il diabete.
Pulirsi i denti almeno due volte al giorno, usando uno spazzolino morbido, e spazzolare anche la superficie
superiore della lingua.
Usare il filo interdentale ogni giorno.
Fare attenzione a eventuali segni precoci di malattie delle gengive, come sanguinamento, arrossamenti e
gonfiore. In tal caso, consultare il dentista.
Il diabete e le altre parti della bocca
I denti e le gengive non sono le sole parti a rischio. Nella bocca possono presentarsi anche i problemi esposti
in seguito; essi non si possono forse prevenire totalmente, ma si può almeno attenuarne l’impatto.
Secchezza della bocca
Questo disturbo (xerostomia) appare quando le ghiandole salivari non producono più saliva sufficiente a
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Secchezza della bocca
Questo disturbo (xerostomia) appare quando le ghiandole salivari non producono più saliva sufficiente a
mantenere inumidite le mucose della bocca. La secchezza favorisce la formazione di carie e di malattie delle
gengive, poiché la saliva aiuta a portare via i batteri che contribuiscono a tali condizioni.
La bocca secca facilita l’infiammazione e l’irritazione dei tessuti della bocca e può rendere più difficile
masticare, gustare ed inghiottire i cibi. Ciò può creare maggiori difficoltà nel controllo del diabete, dato che la
persona diabetica con questo problema potrebbe non mangiare correttamente e quindi non riuscire a tenere
ben controllate le glicemie.
Il dentista può consigliare un sostituto artificiale della saliva, per alleviare il fastidio della bocca troppo secca. Si
può avere qualche sollievo anche succhiando caramelle o gomme senza zucchero e bevendo frequentemente
un po’ d’acqua.
Infezioni da funghi
La Candida Albicans è un fungo che vive normalmente nella bocca senza causare alcun problema. Nei
diabetici però la saliva scarsa e troppo zuccherina fa sì che il fungo causi un’infezione della mucosa orale,
detta candidiasi, che crea zone irritate biancastre o arrossate nella bocca.
Per curare questa infezione, il dentista (o il medico generico) può prescrivere un farmaco antifungino da
sciogliere in bocca o da assumere sotto forma di pillole.
Il fumo e il dover portare una dentiera molto a lungo aumentano il rischio di candidiasi: per cui è bene non
fumare e limitare al massimo il tempo di uso della dentiera nella giornata.
Il lichen planus della bocca
Il lichen planus orale è una dermatosi che produce piaghe nella bocca. Nei casi più gravi, possono apparire
ulcere dolorose che erodono la mucosa orale. Sebbene non ci siano cure permanenti, il dentista può
prescrivere anestetici locali o altri farmaci che riducono o alleviano i sintomi.
La sindrome del bruciore alla bocca
In qualche caso, si può avere la sensazione di forte bruciore e dolore nella bocca, pur non avendo
apparentemente alcun problema. La bocca secca e la candidiasi possono causare questa sindrome, per cui la
cura di questi problemi può alleviare tale sintomo. Si può però anche farsi prescrivere farmaci adatti ad
alleviare il dolore.
Chirurgia orale e diabete: una combinazione delicata
Se si ha bisogno di un intervento chirurgico nella bocca, il diabete – specialmente se controllato male – può
renderlo più complicato, ritardando la cicatrizzazione e aumentando il rischio di infezioni.
Anche i livelli glicemici possono diventare di più difficile controllo subito dopo la chirurgia orale: le glicemie
possono fluttuare a seguito dello stress dovuto all’intervento e della difficoltà a mangiare normalmente per il
disagio o il dolore. Il mantenere le glicemie sotto controllo prima e dopo l’intervento riduce il rischio di
complicanze.
Se si ha bisogno di chirurgia al cavo orale è bene seguire le raccomandazioni dell’American Diabetes
Association:
Ricordare al dentista che si ha il diabete e discutere con lui eventuali problemi su infezioni e controllo delle
glicemie.
Mangiare qualcosa prima della visita dentistica: se la glicemia è nella norma, si avrà una guarigione più rapida.
Se le glicemie sono molto fuori controllo, è opportuno posporre l’intervento.
Continuare a prendere i farmaci usuali. Potrebbe esserci la necessità di qualche adattamento nell’assunzione
dei farmaci per il diabete o di prendere un antibiotico per prevenire infezioni, ma a meno che ciò sia consigliato
dal dentista o dal medico, è bene continuare la propria terapia normale.
Pianificare gli alimenti necessari dopo l’intervento. Se si prevede che il lavoro del dentista possa lasciare la
bocca dolorante, preparare cibi morbidi o liquidi in modo da potersi alimentare senza dolore.
Avere le glicemie sotto controllo. E’ meglio che l’intervento chirurgico avvenga quando i livelli glicemici
rimangono entro le proprie variazioni usuali. Se l’intervento è urgente e le glicemie sono fuori controllo,
discutere con il dentista o con il medico la possibilità di avere il trattamento dentistico in ospedale o in
ambulatori dove sia possibile seguire attentamente il recupero dopo l’intervento chirurgico e intervenire in caso
di necessità.
Una persona diabetica dovrebbe conoscere le precauzioni necessarie per far funzionare correttamente il
proprio corpo. E’ importante sorvegliare la bocca e i denti con maggiore attenzione e farsi controllare
regolarmente dal dentista per godere di una buona salute orale, cosa che aiuta anche a mantenere le glicemie
sotto controllo.
*
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Diabetici Celebri
Sugar Ray Robinson
“Il Re, il Maestro, il mio Idolo” (Muhammad Ali)
Ricerca di Salvatore BRUNO*
Sugar Ray Robinson il cui vero nome era Walker Smith Jr. nacque ad Ailey in Georgia da Walker Smith Senior
e Leila Hurst il 3 maggio 1921. Era il più giovane di tre figli; le due sorelle maggiori Marie ed Evelyn nacquero
rispettivamente nel 1917 e nel 1919. Suo padre era un coltivatore di cotone, arachidi e mais. Successivamente
si spostò insieme a tutta la famiglia a Detroit, dove inizialmente trovò lavoro come operaio edile.
All'età di dodici anni, quando i genitori divorziarono, il giovane Walker Smith Jr. si trasferì ad Harlem con la
madre. Inizialmente voleva diventare un medico, ma dopo essere stato espulso dalla De Witt Clinton High
School decise di diventare un pugile. Quando aveva quattordici anni tentò di partecipare al suo primo torneo di
pugilato, ma gli dissero che avrebbe potuto parteciparvi solo con una tessera che dimostrasse che era membro
dell'AAU. Ray non riuscì ad iscriversi e dovette attendere i sedici anni per ottenere la tessera. Gli venne dato il
nome di Ray Robinson, grazie alla tessera di un suo amico di nome Ray Robinson. Il soprannome "Sugar",
invece, gli venne dato da George Gainford, suo futuro manager, secondo il quale lo stile di Robinson era
"dolce come lo zucchero", e da allora Smith Jr. venne chiamato "Sugar" Ray Robinson.
Gli idoli sportivi del giovane Robinson erano Henry Armstrong e Joe Louis. Anche quest'ultimo visse a Detroit,
nel medesimo quartiere di Sugar, quando Ray aveva 11 anni e lui 17. Nella sua autobiografia Robinson disse
di essere rimasto sconvolto dalla sconfitta che Louis subì da Max Schmeling nel 1936, tanto da aver perfino
pensato di abbandonare il pugilato.
A 16 anni si sposò con Marjore Joseph ed ebbe un figlio, prima di divorziare, all'età di 19 anni. Il loro figlio,
Ronnie Smith, nacque nel 1939. La sua seconda moglie Edna Mae Holly era una nota ballerina che si esibiva
al Cotton Club e che aveva girato l’Europa con Duke Ellington e Cab Calloway.
Nel 1965 Robinson sposò Millie Wiggins Bruce, di diversi anni maggiore di lui, e la coppia si stabilì a Los
Angeles. Quando Ray si ammalò, il figlio minore accusò la matrigna di tenerlo sotto l’effetto di medicinali e di
manipolarlo.
Robinson amava moltissimo la musica jazz, al punto di allenarsi con un'orchestrina che suonava per lui in
palestra. era molto rispettato dal jazzista Miles Davis.
Nonostante il fisico esile, i suoi pugni erano temutissimi da tutti i suoi avversari: ne sa qualcosa Jake La Motta,
che fu sconfitto per ben 5 volte su 6.
Negli anni '50 donò la borsa di un suo incontro per la ricerca contro il cancro.
Sugar Ray Robinson è recentemente comparso in Fight Night Round 4 titolo per Xbox 360 e Playstation 3
come personaggio giocabile.
Nella sua grande carriera, durata 25 anni, combettè un totale di 200 incontri. Come pugile dilettante Robinson
ottenne un record di 85 vittorie consecutive e senza nemmeno una sconfitta; con 69 vittorie per KO, 40 delle
quali nel 1° round.
Passò al professionismo nel 1940 a 19 anni, e nel 1951 aveva un record professionale di 128 vittorie con 84
KO.
Robinson fece il suo debutto tra i professionisti il 4 ottobre 1940, battendo per KO al 2° round Joe Echevarria.
Combatté e vinse altre 5 volte quell'anno, di cui 4 per KO. Mantenne il titolo mondiale dei pesi welters dal 1946
al 1951 e conquistò il mondiale dei pesi medi nello stesso anno. Nel 1952 si ritirò, ma rientrò nel 1955
riprendendosi immediatamente il titolo mondiale dei medi. Detenne diversi primati nel mondo della boxe, tra cui
quello di essere stato il primo pugile a conquistare per ben 5 volte il titolo mondiale della sua categoria, record
che raggiunse sconfiggendo Carmen Basilio nel 1958, riprendendosi il titolo che lo stesso Basilio gli aveva
strappato sei mesi prima. Oltre a Basilio, sconfisse tutti i più grandi pugili che ebbe occasione di incontrare:
Jake LaMotta, Gene Fullmer, Carl 'Bobo' Olson, Henry Armstrong, Rocky Graziano e Kid Gavilan.
Il passaggio ai pesi medi fu la difficoltà a rimanere al di sotto del limite di peso dei welters. Tuttavia, la mossa
aveva anche dei contenuti economici rilevanti, dato che la categoria dei medi comprendeva alcuni dei più
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Diabetici Celebri
grandi nomi della boxe. Nel 1950 sconfisse Jose Basora. Il velocissimo KO di Robinson in 50 secondi ai danni
di Basora stabilì un record che sarebbe durato ben 38 anni.
Dopo aver vinto il suo secondo titolo mondiale, Durante il suo match a Berlino contro Gerhard Hecht, Robinson
venne squalificato per aver colpito l'avversario ad un rene: mossa legale negli Stati Uniti ma non in Europa.
L'incontro venne dichiarato no-contest.
A Londra, invece, perse il titolo mondiale dei medi contro Randy Turpin, ma tre mesi dopo, Robinson mise KO
Turpin al 10° round, riprendendosi il titolo.
Il 14 febbraio 1951 Robinson e LaMotta, che in quel momento era il campione mondiale dei medi, si
incontrarono per la sesta e ultima volta. L'incontro, disputato nel giorno degli innamorati, passò alla storia come
la versione pugilistica del Massacro di San Valentino. Ray conquistò in modo incontestabile il mondiale dei
medi con un KOT al 13° round. Dopo aver tenuto a distanza LaMotta per i primi 10 round, si scatenò su di lui in
una serie di combinazioni selvagge che durarono tre round, finché l’arbitro dovette interrompere l’incontro e,
per la prima volta in una carriera di 95 incontri da professionista, LaMotta venne sconfitto prima del limite.
Questo match, insieme ad altri dei 6 tra Robinson e LaMotta, venne rappresentato nel film Toro scatenato di
Martin Scorsese.
"Mi sono battuto con Sugar Ray così tante volte che mi è quasi venuto il diabete", disse in seguito LaMotta.
Nel 1952 sfidò il campione dei mediomassimi Joey Maxim allo Yankee Stadium in un incontro valido per il titolo
della categoria. Ray si era costruito un buon margine di vantaggio sui cartellini di tutti e tre gli arbitri, ma la
temperatura record che opprimeva lo stadio gli segò le gambe. L'arbitro Ruby Goldstein fu la prima vittima del
caldo e dovette essere sostituito da un altro arbitro. Robinson fu una delle vittime successive (collassarono
anche numerosi spettatori). Finì per miracolo il 13° round, ma alla campana di inizio del 14° non riuscì a
rialzarsi dall’angolo. Venne decretata la sua sconfitta per KOT, l'unica prima del limite della sua ineguagliabile
carriera.
Nel 1957 Robinson, ormai trentaseienne, perse il titolo contro Gene Fullmer.
Per la rivincita, Fullmer era dato vincente per 3–1. Nel 5° round, tuttavia, Robinson riconquistò in modo
fulmineo il titolo, per la quarta volta, e lo fece con un veloce e micidiale gancio sinistro. Alcuni critici della boxe
definirono quel gancio sinistro come "il pugno perfetto". Qualcuno chiese a Ray quanto, secondo lui, fosse
stato veloce il suo gancio sinistro, rispose: "Non saprei. Però il messaggio gli è arrivato".
Robinson salì sul ring per l'ultima volta nel 1965, a 44 anni contro Joey Archer perdendo ai punti. L'11
novembre 1965 annunciò il suo ritiro definitivo dalla boxe dicendo: "Odio tirare troppo in lungo per avere
un'altra chance". Si ritirò con un record di 175 vittorie, di cui 110 per KO, 19 sconfitte, 6 pareggi e 2 no-contest,
congedandosi come uno picchiatori più temibili della storia del pugilato.
Era un pugile dotato di una scioltezza che gli arrivava probabilmente dalla seconda delle sue passioni, la
danza. Viceversa, aveva tentato di trasporre nella danza il suo modo di muoversi sul ring, sciolto ma atletico ed
estremamente ritmato. Fluidità a parte, di tutto il resto non gli mancava niente, dalla velocità del “jab” alla
potenza del KO. Disponeva, insomma, di una versatilità assolutamente fuori dalla norma. Con la sua statura di
180 cm. era un peso welter altissimo, e anche come medio è stato tra i più alti campioni del mondo di ogni
tempo (Carlos Monzón, ad esempio, anch’egli peso medio di alta statura, misurava 181 cm). La dotazione
tecnica sopraffina che gli permetteva di boxare con uguale efficacia a distanza quanto nei corpo a corpo,
insieme alla statura e all’eccezionale potenza, ne fecero uno degli stilisti-puncher più formidabili di ogni tempo.
I riflessi e le insuperabili capacità di scelta dei tempi gli consentivano di essere anche un grande colpitore
d’incontro. A tutto ciò egli univa una visione tattica che gli consentiva di adattare la sua scherma a qualsiasi
tipo di avversario: riusciva a dominare tanto i pugili aggressori quanto i picchiatori, quanto gli stilisti-puncher
come lui.
Secondo Bert Sugar, uno dei più autorevoli osservatori di pugilato, "Robinson poteva infliggere un pugno da
KO perfino arretrando.
Ray incominciò ad avere gravi problemi di salute: gli fu diagnosticato il diabete mellito che venne curato con
l’insulina.
Negli ultimi anni gli venne diagnosticato anche il morbo di Alzheimer, che lo condusse alla morte all’età di 67
anni. Morì il 12 aprile 1989 a Culver City, California. Fu sepolto all'Inglewood Park Cemetery ad Inglewood,
California.
Scompariva uno dei più grandi pugili. Forse il più grande pugile di tutti i tempi.
* Presidente Associazione Diabetici Modenesi
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