La tortora e il melograno

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La tortora e il melograno
ROSSO
GIALLO
NERO
BLU
ROSSO
DISTRIBUZIONE GRATUITA
BLU
GIALLO
NERO
BLU
ROSSO
GIALLO
NERO
ANNO V- N. 6 NOV. - DICEMBRE 2007
PERIODICO DI COMUNICAZIONE SOCIALE - CULTURALE - ISTITUZIONALE
La tortora e
il melograno
ANTONIO GIOIELLO*
In questo numero, abbiamo
deciso, pubblicheremo una solo
fotografia, quella solita di prima
pagina, l’ultimo dono di Cosimo
Reale. Il resto del giornale diversamente dalle altre volte sarà
senza foto. Quello spazio di prima pagina dedicato alla fotografia era la sua rubrica, a cui teneva molto. Quando parlammo della sua collaborazione al nostro
giornale era reticente, dubbioso,
riluttante, oserei dire geloso che
qualcosa delle sue foto andasse
perduto, sciupato dagli ingranaggi della macchina da stampa o da
poca accortezza, con la paura nascosta che non venissero capite.
Le considerava parti di se stesso.
Faticai non poco a convincerlo.
Ma una volta accettato di curarci
questa parte essenziale del giornale, ci si è buttato, senza risparmiarsi. Con passione, ardore,
sentimento. Era così, o niente o
passionale ed appassionato. O ti
incalzava che quasi ti lasciava
senza fiato o taceva.
Ci fece cambiare l’impaginazione. Ed i colori. Volle che nelle
sue foto della rubrica emergesse
il rosso. Ci lavorava sopra, minuzioso, scrupoloso. Dalle fotografie originariamente a colori, così
mi spiegava, toglieva tutti i colori, sino a renderle in bianco e
nero, lasciando però tutte le parti
in rosso. Che diceva era il colore
che l’aveva accompagnato in tutta la vita.
Quando parlammo della foto
per questo numero mi chiese
quando saremmo andati in stampa, gli dissi “per dicembre”. “Allora ne devo preparare una per
Natale”, mi rispose. Dopo qualche giorno, alla riunione dei collaboratori del giornale, portò, assieme ad altre, la foto che oggi
pubblichiamo, ci chiese il nostro
parere, ma aveva già deciso, per
Natale aveva scelto questa tortora, con il rosso del melograno in
risalto. Anche quando gli riferii
di qualche difficoltà nella
stampa dei particolari insistette,
BLU
ROSSO
PH. COSIMO REALE
per Natale voleva questa foto. La
vegetazione fitta e viva, il contrasto di luci e di riflessi sul melograno; la tortora nella posizione in cui
l’aveva ritratta, attenta e timida e
lo sguardo verso il fotografo. “E’
un dialogo”, teneramente, mi disse,
“è nà meraviglia” in dialetto aggiunse. “Ed ogni dettaglio”, continuò, “ha un significato, vuol dire
qualcosa, nulla è per caso”. Solo
con la natura, o per cose intime,
usava questo linguaggio, sommesso e rispettoso; diversamente da
quando si riferiva al potere, soprattutto quello politico, verso il quale
era irridente ed irriverente. Alla
foto diede il titolo la tortora e il
melograno.
E’ difficile credere che non ci
saranno altri momenti, troppo improvviso, inaspettato, brutale è stato lo strappo. Mi lasciò, per la prima volta, non era mai successo, la
stampa che lui aveva fatto di questa foto, un ricordo che conserveremo, gelosamente, come lui avrebbe
voluto.
Che il soffio tuo spiri nelle meraviglie del mondo nel dialogo
eterno.
Ciao Cosimo.
* Per l’associazione
ed il periodico Mondiversi
soci, redattori e collaboratori
GIALLO
NERO
BLU
ROSSO
La grande piazza
LUISA SANGREGORIO
Nel grande circuito di Corigliano scalo, regno incontrastato
di auto scalpitanti e cemento imbizzarrito, è in preparazione
qualcosa di nuovo: una piazza di
circa 4mila metri quadrati. Un
luogo destinato a essere il cuore
della socialità; l’espressione delle aspirazioni urbanistiche della
Corigliano moderna e, si spera,
un’occasione di riscatto anche
estetico per la nostra città.
(continua a pag. 6)
L’acquedotto
dimenticato
FRANCESCO SOMMARIO
Sanno i cittadini coriglianesi che
un piccolo fiume attraversa lo Scalo
da Ovest ad Est, in parte a cielo
aperto in parte intubato sottoterra?
È proprio così, da più di trent’anni esiste un acquedotto, realizzato
dal Consorzio di Bonifica, che taglia in due i principali quartieri della città. Fa ingresso su Viale Enrico
Berlinguer, ruota a Nord all’altezza
di via Metaponto per poi svoltare
GIALLO
(continua a pag. 4)
NERO
BLU
ROSSO
Il Centro di
Eccellenza e le
politiche sociali
ANTONIO GIOIELLO
Tolte le recinzioni, il Centro di
Eccellenza per il Sociale, nello
Scalo di Corigliano, è una realtà.
Anche gradevole sul piano estetico.
Una struttura, nata come mercato coperto, ma mai pienamente funzionante, recuperata e restituita alla
cittadinanza.
Un intervento in un’area, la parte più vecchia di Corigliano Scalo,
che
meriterebbe
un’adeguata
(continua a pag. 7)
Un accordo di
programma per
l’ Area urbana
Corigliano-Rossano
ANGELO SPOSATO*
Nelle scorse settimane i
Sindaci di Corigliano e Rossano
hanno avuto un incontro con il
Ministro Bianchi per discutere
di infrastrutture e mobilità con
particolare riferimento all’asse
urbano . L’incontro, per quanto
riferito dagli stessi primi
cittadini, pare abbia avuto un
esito proficuo.
(continua a pag. 6)
GIALLO
NERO
2
POLITICA ISTITUZIONALE
Assessore Casciaro, il bilancio
comunale è stato negli ultimi
mesi motivo di preoccupazione,
si è parlato di molti debiti, ci può
dire quale è la situazione finanziaria del comune?
R. Il comune ha circa 15 milioni di Euro di debiti sul capitolo
delle spese correnti, riferite a mancato pagamento di beni e servizi,
quali la raccolta e lo smaltimento
dei rifiuti solidi urbani, il commissario per l’emergenza ambientale,
la manutenzione della pubblica illuminazione, l’anticipazione di
cassa, altre forniture. A fronte di
tale situazione debitoria, il comune
è in una posizione creditoria per altrettanti 15 milioni di Euro, derivanti da mancato pagamento dei
tributi comunali da parte di cittadini morosi. È moroso colui che, pur
essendo noto all’anagrafe tributaria, e pur essendo destinatario di
avviso di pagamento, non effettua
il pagamento dovuto, o lo effettua
solo in parte. Il totale di tali insolvenze ha determinato le attuali difficoltà. Un capitolo a parte è l’evasione tributaria, che non rientra
nella morosità e costituirà il vero
valore aggiunto per i prossimi bilanci comunali.
Le attuali tasse comunali rimarranno invariate per il prossimo anno o ci saranno degli aumenti?
L’Amministrazione Comunale
non aumenterà i tributi per il prossimo anno, ritenendo già adesso
eccessivo il peso dell’imposizione locale sui redditi delle famiglie coriglianesi. Per il futuro,
maggiori entrate saranno garantite
dal recupero dell’evasione, da un’
azione più efficace della riscossione, dalla migliore organizzazione
dei servizi comunali, da una riduzione delle spese.
Alcuni servizi relativi agli accertamenti ed alle riscossioni dei
tributi comunali sono affidati a
ditte esterne, conviene ed è funzionale così oppure sarebbe meglio ritornare ad una gestione diretta di questi servizi da parte
del comune?
Stiamo valutando tutte le opzioni possibili, non ultima la gestione
diretta dei servizi di accertamento
e riscossione dei tributi. Va però
precisato che alcuni servizi, come
la riscossione coattiva, non possono essere gestiti dal comune, così
come va ricordato che, per la mole
assunta dai servizi medesimi, qualora volessimo internalizzare tali
servizi, il comune avrebbe bisogno
di un potenziamento degli uffici di
non poco conto. Si consideri, inol-
L’intervista
a VINCENZO CASCIARO
Assessore con delega al Bilancio
del Comune di Corigliano
tre, che la gestione delle reti idriche e fognarie e la depurazione
delle acque, da qui a qualche mese
sarà affidata al soggetto pubblico
Cosenza Acque SpA, che curerà altresì la riscossione dei dovuti canoni.
In questo periodo a diversi cittadini stanno pervenendo richieste di pagamento di cartelle esattoriali relative agli anni passati.
Molte di queste sono risultate richieste illegittime perché già pagate dal contribuente, hanno
però creato preoccupazione e disagio soprattutto negli anziani.
Da cosa dipendono questi errori
e come si può ovviare?
Le azioni di accertamento messe in atto in questi ultimi mesi,
hanno l’evidente scopo di far
emergere l’odioso fenomeno dell’evasione tributaria, che rappresenta un danno per la città e per
tutti i cittadini. Ad esse si accompagnano i solleciti di pagamento di
tributi, dovuti negli anni scorsi,
che non risultano incassati dall’Ente. Tali azioni, appunto perché
estese e complesse, in taluni casi
possono risultare infondate, perché
il cittadino destinatario di avviso
può aver già pagato quanto richiesto. Talvolta, i solleciti di pagamento si riferiscono a tributi che il
cittadino ha pagato, ma in ritardo
rispetto alle normali scadenze,
nonché rispetto ad un margine
temporale di tolleranza di cui gli
uffici tengono conto. Altre volte,
come nel caso di due coniugi comproprietari di beni immobili, può
succedere che un solo coniuge versi l’intera imposta dell’ICI, senza
darne comunicazione agli uffici;
pertanto, dagli accertamenti risulterà che l’altro comproprietario,
non avendo versato, è evasore. In
tutti questi casi, basta recarsi presso l’Ufficio Tributi del Comune,
con le ricevute dei versamenti effettuati, e regolarizzare la propria
posizione. Ciò che stiamo avviando è l’aggiornamento della banca
dati, che ci consentirà di ridurre al
minimo gli errori, in modo da evitare disagi ai cittadini e, soprattutto, affanni e preoccupazioni agli
anziani. Attenzione, però: molti
utenti lamentano di aver ricevuto
un avviso di pagamento per tributi
che, a loro dire, sarebbero stati già
versati; tanti di loro cercano altresì
di giustificarsi aggiungendo di aver
smarrito le relative ricevute. In realtà, nel 90% dei casi il versamento
non è mai avvenuto. Per i casi veri
di irregolarità, duplicazioni di avvisi, richieste di pagamenti non dovuti, invitiamo i cittadini a collaborare con gli uffici, in modo da scremare le posizioni, aiutandoci ad
isolare i veri comportamenti scorretti, e rendere così ancora più incisiva la lotta all’evasione.
Secondo lei, come è possibile
risanare il bilancio comunale? E’
necessaria una nuova organizzazione di tutto il sistema del comune di Corigliano?
L’Amministrazione Comunale si
sta cimentando in una diversa organizzazione degli Uffici: l’obiettivo,
come già scritto, è quello di rendere
più efficace ed incisiva l’azione
amministrativa, aumentando la qualità dei servizi offerti ai cittadini. Il
risanamento del bilancio comunale
è già in atto: da una parte con la
lotta all’evasione, dall’altra con la
riduzione delle spese. Bisogna anche potenziare i controlli sul territorio, affinché i comportamenti incivili di qualche cittadino non abbiano a pesare sul resto della collettività: per esempio, è molto diffusa
la pessima abitudine di non ripristinare a regola d’arte le strade pubbliche, da parte di privati cittadini
che si collegano alla rete idrica e
fognante; un’azione incisiva di controllo da parte del comune servirà a
indurre a comportamenti diversi,
evitando che a dover intervenire
per il ripristino debba poi essere il
comune.
DAL
LAMEMORIAE
L’IMMIGRAZIONE
ISACCO NUNA
Rom e Sinti, chiamati con una
vena di disprezzo Zingari, vivono
per la maggior parte in Romania
dove subiscono forte discriminazione da parte della popolazione
locale pur essendo a pieno titolo
cittadini rumeni. La loro immigrazione verso i paesi europei non è
da attribuire solo alle difficoltà
economiche ma anche ad un deficit
di democrazia. In pratica la Romania è accusata di attuare una politica di espulsione dei Rom; questo
comportamento si è accentuato da
quando è entrata nell’Unione Europea.
Da quando è crollato il sistema
Sovietico, il concetto del sociale,
del vivere in comune, è andato in
crisi e si è accentuato il senso di appartenenza alle etnie risvegliando
vecchie “passioni” come xenofobia
e razzismo che occupano sempre
più spazio nei rapporti sociali. Frustrazioni sociali e culturali compresse riappaiono. La questione dei
Rom è solo l’aspetto più vistoso
dell’intolleranza. Questo clima si
sta estendendo in altri Paesi dell’Est come Slovacchia, Ungheria,
Repubblica Ceca, Kosovo che hanno una considerevole popolazione
Rom. Anche nel resto dell’Europa
non mancano manifestazioni di xenofobia e di intolleranza verso le
comunità con forte identità.
I Rom in Europa sono circa 8
milioni e nei loro confronti esiste
una vera emergenza europea sui diritti dell’uomo e delle minoranze.
L’allargamento dell’Unione ai
paesi dell’Est ha messo in primo
piano il mercato, l’economia, impostazione voluta fortemente e da
sempre dall’Inghilterra. Con la libera circolazione delle merci è inevitabile, al di là di ogni normativa
che regolamenti la materia, che arrivi anche la libera circolazione degli uomini. L’immigrazione oggi è
inarrestabile e complessa e non può
essere governata con leggi inadeguate e improntate a visioni parziali in cui il concetto di “ordine pubblico” costituisce la parte preponderante.
È vero che la storia non si ripete
due volte ma, inevitabilmente, tornano alla memoria le grandi emigrazioni da tutta l’Europa, Italia
compresa, verso il continente americano e gli USA in particolare, a
cavallo del 19° e 20° secolo. In
particolare negli anni 1881-1917
l’emigrazione dai soli paesi dell’Est aveva coinvolto circa
3.200.000 ebrei. Un’emigrazione
causata non solo da fattori economici ma “incoraggiata” dai regimi
locali in un clima di caccia all’ebreo in quanto tale, alla ricerca
di un colpevole per nascondere le
proprie incertezze, paure e fallimenti sociali, indirizzando azioni
violente contro la proprietà e la
vita di appartenenti a minoranze
politiche, etniche o religiose: erano
i “famosi “ Pogrom.
Il crimine di Tor di Quinto (la
donna violata ed uccisa da un rumeno) ha risvegliato nella gente
sentimenti che sembravano scomparsi. La globalizzazione, governata solo dalle regole del mercato e
della finanza, un’Unione Europea
debole politicamente ha creato incertezze e paura per il presente e
poche speranze per il futuro, queste
percezioni generano irrazionalità e
odio. In questo contesto è facile invocare il braccio di ferro o magari
anche “l’uomo forte”. I politici della destra hanno cavalcato l’onda
emotiva della piazza, Fini ha visitato il luogo del delitto. Il giorno
dopo si è verificata una “missione”
punitiva in stile ku klux clan. I politici di centro sinistra, alla ricerca
di facili consensi, hanno scimmiottato la destra. Solo in secondo momento la politica ha cercato di governare l’ondata di emotività popolare.
La pretesa di governare l’immigrazione solo con il rigore della
legge, in un clima generale disinvolto che focalizza solo i Rom e
che li vede come un corpo estraneo, non integrabili, nomadi, dediti
al furto, richiama altri tempi bui
della storia europea.
I Rom sono un popolo senza terra e senza nazione e quindi, forse
più di altri, sono cittadini d’Europa. In questo si può trovare un parallelismo con le comunità ebraiche
dell’800 e ’900 anche loro senza
terra e nazione e che si sentivano
molto europee anche se molto perseguitate.
Gli anni venti e trenta del’900
erano all’insegna dell’incertezza.
Incertezza, depressione economica,
rivoluzione bolscevica hanno provocato emozioni, irrazionalità e paure che hanno generato leggi speciali e mostri. Oggi sentir parlare di
leggi speciali, di rimpatrio collettivo con lo sguardo rivolto all’etnia
Rom evoca i treni speciali e ricorda
che insieme ai sei milioni di ebrei
sterminati in Europa furono sterminati circa 700.000 Rom e secondo
qualche studioso sono dati sottostimati.
In
Europa
vivono
circa
8.000.000 di Rom e come dice Barbara Spinelli in un suo recente articolo: “C’è emergenza europea sui
diritti dell’uomo e delle minoranze.
C’è una doppia inerzia: nelle strategie di integrazione e nei rapporti
tra gli Stati europei”.
La domanda è d’obbligo: l’Europa oggi, dopo la pesante esperienza del nazifascismo e della
Shoah, è in grado di garantire diritti di cittadinanza ad un popolo senza nazione e terra?
MONDO 3
Il vertice di Annapolis;
riflessione a caldo
ISACCO NUNA
Dal fallimento di Camp David
è la prima volta che israeliani e
palestinesi si stringono di nuovo
la mano. Due leader, deboli politicamente, Olmert ed Abu Mazen,
hanno firmato ad Annapolis quello che non hanno potuto firmare a
casa loro: un’intesa di massima
per il raggiungimento della pace
entro un anno. È una firma di una
cambiale in bianco in quanto le
parti rimangono prigioniere dei
propri estremismi.
I temi principali, lo status di
Gerusalemme, i profughi palestinesi del 1948/49 ecc., rimangono
fuori programma, ma bisogna riconoscere che ci sono delle novità formali: la presenza dell’Arabia Saudita e della Siria. Gli USA
e Bush in persona stanno esercitando pressioni politiche sulle
parti e hanno sospeso temporaneamente la propaganda bellicosa
anti Iran. L’Amministrazione
Bush forse sta cercando di fare
oggi quello che avrebbe dovuto
fare nel 2001, subito dopo l’attacco alle Torri Gemelle. La presenza della Siria potrebbe essere importante anche per la risoluzione
della crisi libanese dove l’Italia
capeggia una missione ONU con
rilevante contingente militare.
Leggendo attentamente la proposta di pace della Lega Araba
(terra in cambio di sicurezza e riconoscimento di Israele come en-
tità ebraica), è facile rilevare che è
un sommario di mezza pagina delle
cinquanta pagine del documento finale del Piano di Ginevra, a suo
tempo stilato da esponenti israeliani
e palestinesi nel 2006. Menachem
Klein, analista strategico israeliano,
in un’intervista sulla rivista “limes”
sostiene che si tratta di un passo storico che va incontro a quasi tutti i
sogni sionisti: uno Stato d’Israele
entro confini sicuri e riconosciuti, in
pace con tutto il mondo arabo. Gli
arabi, in grande maggioranza, si
sono espressi a favore di questa iniziativa. E gli israeliani sanno benissimo che questa è la sola soluzione
che può incontrare il consenso di
tutte le parti in conflitto. Lo sanno,
ma non sono ancora pronti a pagarne il prezzo. Considerando che, nonostante tutto, esiste una dinamica
favorevole nell’opinione pubblica
israeliana per il mantenimento dello
status quo, c’è da chiedersi quanto
questo peserà “ancora” nel tempo
sullo scenario mediorientale. E aggiunge ancora che chi pensa di cancellare Hamas, dovrebbe guardarsi
indietro e capire che dopo l’eliminazione di un elemento estremista, chi
ne prende il posto è sempre un elemento ancora più estremista.
Noi da semplici cittadini vorremmo dare credito alle parti ed in particolare agli USA che dopo anni di
chiusura riaprono al dialogo a tutto
campo.
4
ATTUALITÀ
DALLA PRIMA PAGINA
L’acquedotto
dimenticato
FRANCESCO SOMMARIO
ad Est di nuovo in c.da San
Francesco, prosegue dritto fino ad
incrociare Via Provinciale e, costeggiando la linea ferroviaria, si
dirige verso Rossano abbandonando Corigliano. Un acquedotto utilissimo all’agricoltura, ma che andrebbe, al più presto, potenziato e
deviato laddove attraversa quartieri
o passa addirittura sotto le nostre
case.
Di questo acquedotto l’assurdo
si osserva quando incrocia Viale
Berlinguer. Sui due versanti del canalone si sta ultimando un intero
quartiere, già abitato da alcune famiglie, mentre a circa cento metri
c’è la sede di una popolosa scuola
elementare. Dal punto di vista igienico e, soprattutto, della sicurezza
la cosa non può passare inosservata. Le pareti del canalone sono alte
e lisce, la corrente dell’acqua è sostenuta e non esiste una recinzione
adeguata. Sicuramente esistono delle leggi che regolamentano la messa in sicurezza dei canaloni, che ne
definiscono la distanza dalle costruzioni e quant’altro. Ma si deve ancora osservare che nella nostra Corigliano si continua ancora oggi a
costruire nel disordine più totale:
prima si impianta la costruzione poi
si realizzano, se è ancora possibile,
i servizi primari e dopo qualche decennio si comincia pensare all’eventuale arredo e al decoro urbano. Così si vengono a formare dei
“grovigli” di acquedotti, linee elettriche di alta tensione, ferrovia,
strade e stradine, case. Uno stato di
cose insomma che rende invivibile
e insicura la nostra città.
L’acquedotto suddetto, che nasce dall’invaso di Tarsia, fornisce
acqua alle aziende agricole che attraversa fino alla lontano Crosia,
con un percorso di circa 60 Km.
Oltre al problema della messa in
sicurezza, è necessaria la sua intubazione a pressione perché così si
evitano le grosse perdite lungo il
suo tragitto causate da rotture o da
depositi di sterpaglie e sabbia.
Il nostro territorio, votato all’agricoltura, non può permettersi
tali sprechi; ogni goccia d’acqua è
un bene prezioso perchè produce
reddito e progresso. Ma questo è
un periodo buono per proporre
progetti seri, soprattutto in agricoltura, essendo la Calabria rimasta
“obiettivo 1” fino all’anno 2013,
cosa che ci consente l’accesso a ingenti finanziamenti comunitari.
C’è l’occasione per la Regione Calabria di prendere a cuore il sistema irriguo della Piana di Sibari,
progettandone il suo ammodernamento e in cui prevedere la deviazione dell’acquedotto suddetto
fuori dal centro abitato di Corigliano nonché la sua intubazione a
pressione.
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Nel periodo che va dal 1959 al 1964, il Consorzio di Bonifica della
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Piana
di Sibari e della Media Valle Crati ha avviato una serie di opere
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di
“bonifica”
sia per le zone collinari che per quelle pianeggianti rica1234567890123456789012345678901212345678901234567890123456789012123456789012345
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denti
nella
vasta
area Sibarita. Significativi sono stati gli investimenti
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per l’approvvigionamento e la distribuzione delle risorse idriche che
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il perenne fiume Crati fornisce al territorio.
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Il Consorzio ha ottenuto, così, il finanziamento per i lavori di sbar1234567890123456789012345678901212345678901234567890123456789012123456789012345
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ramento
e presa sul fiume Crati alle Strette di Tarsia, per una spesa di
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lire
1.550.000.000.
L’invaso realizzato occupa una superficie di mq.
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3.300.000
con
una
capacità
originaria di 16 milioni di mc..
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Il serbatoio, che sfrutta la disponibilità idrica del Crati, valutata
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mediamente sugli 800 milioni di metri cubi annui, costituisce una
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preziosa e strategica riserva d’acqua a scopo irriguo a disposizione
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dei comuni di Terranova di Sibari, Cassano, Corigliano e Rossano per
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una estensione complessiva di circa 8.000 ettari netti. Sulla sommità
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della traversa della diga ha sede la strada che costeggia il fiume col1234567890123456789012345678901212345678901234567890123456789012123456789012345
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legando l’Autostrada alla SS. 106; tale strada è stata realizzata sem1234567890123456789012345678901212345678901234567890123456789012123456789012345
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pre dal Consorzio con un altro finanziamento di lire 284 milioni. La
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massima altezza della diga rispetto al fondo dell’alveo è di 15 metri
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mentre la larghezza di 115 metri.
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Con derivazione dall’invaso di Tarsia sono state realizzate opere di
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adduzione e distribuzione idrica relativamente a tutta la zona delimi1234567890123456789012345678901212345678901234567890123456789012123456789012345
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tata fra i fiumi Crati e Trionto, per una spesa complessiva di circa 5
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miliardi di lire.
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Ma venendo ai giorni nostri, dai lontani anni sessanta ad oggi l’in1234567890123456789012345678901212345678901234567890123456789012123456789012345
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vaso di Tarsia nonché la rete di distribuzione hanno avuto solo manu1234567890123456789012345678901212345678901234567890123456789012123456789012345
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tenzione ordinaria. Diventa pertanto urgente, data l’importanza strate1234567890123456789012345678901212345678901234567890123456789012123456789012345
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gica dell’opera per la Piana di Sibari, avviare nuovi investimenti per:
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la messa in sicurezza della diga, la perimetrazione del bacino con
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sbarramenti in cemento, la rimozione dei detriti che si sono deposita1234567890123456789012345678901212345678901234567890123456789012123456789012345
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ti in 50 anni e che hanno ridotto la capacità volumetrica dell’invaso
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di oltre il 50% di quella originaria. Uno spreco questo che lo stato di
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crisi idrica attuale e la maggiore estensione dei terreni coltivati non
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possono permettersi.
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Storia del Consorzio di Bonifica
Alla
delle
riscoperta
“radici”
preziose
MANUELA FRAGALE
Le prospettive di sviluppo per
Corigliano – scrivevamo sullo
scorso numero – dovrebbero essere rintracciate nella volontà di
recuperare le tradizioni, tramite
l’individuazione e la realizzazione di percorsi turistici storicoculturali a valorizzare vecchie
realtà produttive quali gli antichi
conci di liquirizia. Dagli interventi di archeologia industriale
volti al ripristino delle strutture
alla creazione di un Museo
della Liquirizia capace di custodire vecchi strumenti di lavoro,
attrezzature, immagini d’epoca e
tutti i documenti dell’Archivio
Compagna e dell’Archivio Saluzzo a tutt’oggi conservati presso l’Archivio del Comune. Un
tentativo di preservare il passato
da quel rischio di oblio, già avvertito, purtroppo, sia dalle istituzioni sia dalla popolazione.
Occorre volgere lo sguardo al
passato, fino a scoprire i documenti del Settecento, per cogliere appieno l’importanza dell’oro nero. Gustavo Valente fa
esplicito riferimento ad un atto
notarile del 23/9/1700 inerente
alla vendita di 150 “cantara” di
liquirizia prodotta in territorio di
Corigliano nel suo “Iniziative industriali tra Cosenza e Messina
nel secolo XVIII” (in “Messina e
la Calabria. Atti del 1o Colloquio
calabro-siculo”, Messina, 1988).
Una lunga tradizione manifatturiera, quella coriglianese, che ha
conosciuto il successo tra la fine
del 1700 e gli inizi del 1800,
quando erano in funzione i seguenti stabilimenti: Concio del
Carmine al Pendino (di proprietà
del duca Saluzzo), Concio al
Pendino (di proprietà dei Solazzi, già appartenuto ai CastriotaSkanderbeg), Concio vecchio nel
Vallone degli aranci e Concio
sottano (di proprietà dei Compagna), Concio della Pace nel torrente Celadi (in società tra De
Stefano e Martucci). Proprio
l’epoca dorata dei Compagna
segna lo sviluppo dell’economia
coriglianese fondata sulla lavorazione della liquirizia. Nel 1800
Giuseppe Compagna persegue
una politica espansionistica economicamente lungimirante che
lo induce, nel 1800, ad affittare il
concio del principe Filomarino
nel territorio di Bernalda, il concio del principe di Campana nel
territorio di Mirto e il concio ducale di Corigliano, e, nel 1828, a
installare un altro concio presso
l’antico frantoio sito nel cinquecentesco “palazzo di Santo Mauro”. Alla sua morte l’amministrazione passa nelle mani della moglie Isabella Cavalcanti (la quale
gestisce anche il Concio del Cino)
e poi del primogenito Luigi. La
gestione dei Compagna assicura
lavoro ad oltre duecento operai,
sia coriglianesi sia provenienti dai
paesi interni più vicini a Cosenza;
inoltre, apportando le adeguate
innovazioni tecnologiche, ottiene
una rilevante riduzione dei costi
di produzione che consente di incrementare la competitività della
propria liquirizia sui mercati internazionali. È in quel periodo
che i prodotti, in differenti pezzature, vengono inviati a Napoli per
poi essere trasportati fino alle
principali città portuali dei mercati di riferimento localizzati in
Gran Bretagna, Stati Uniti
d’America, Mar Nero, Australia.
La liquirizia coriglianese conquista gli intenditori, proponendo la
commercializzazione delle migliori qualità sotto dodici marche:
Antonelli, Barone Compagna,
Cassano, Cedonia, Cesarello,
Duca di Corigliano, Fratelli Massoni, Patarello, Schiavonea, Tavolette Italy dette Sistema Spada,
Venetta, Zanetta. Nella primavera
del 1987, soltanto venti anni fa,
nella Masseria Capo di Crati, viene ubicato un Centro sperimentale
dedicato agli studi sulla liquirizia
gestito dall’Istituto di Agronomia
dell’Università di Bari, destinato
a divenire un punto di riferimento
per studiosi e operatori tramite un
programma di ricerca finanziato
dal Ministero dell’Agricoltura e
Foreste. E oggi? La liquirizia calabrese più celebre non è prodotta
nell’antico feudo ma nella vicina
Rossano, non porta il marchio
Compagna ma il nome della famiglia Amarelli: Corigliano ha deciso di dimenticare, perdendo tutte
le opportunità di fare tesoro delle
antiche ricchezze.
RACCONTI BREVI
Amava osservare lo sfrecciare
abile delle rondini. Contarne,
soprattutto, le industriose costruzioni sotto i cornicioni di un
lungo fabbricato. Salire sugli alberi e legare tante cordicelle
quanti erano i nidi dei passeri ad
ogni ramo, per ricordarsi di
quanti ve n’erano; raccogliere le
ghiande e contarle, mentre le inseriva in un sacco di iuta non
molto grande. Contava perfino i
petali delle margherite di campagna.
Quello del conteggio era una
vera e propria mania di Giò, ragazzino minuto, con pochi capelli raccolti in un ciuffo biondiccio. La zia Ida lo prendeva in
giro, perché diceva che quel
boccolo dorato se lo faceva intenzionalmente per attirare l’attenzione delle ragazzine, che
frequentavano le scuole elementari insieme con lui.
Quando Antonio, il cantoniere, sistemava su di un banchetto
improvvisato un lungo registro,
all’ombra di una grande quercia,
per segnare tutti i veicoli, che
attraversavano quel tratto di
strada di sua competenza, il ragazzino correva ad aiutarlo. E
ogni volta che un qualche mezzo
transitava, lui metteva un segno
in un quadratino sul librone. E
Giò si divertiva un mondo, perché poteva soddisfare la sua frenesia di contare, contare ogni
cosa sulla quale si posava il suo
sguardo. Anche se non ne capiva
il perché. Un giorno, però, Antonio cadde dalla bicicletta e Giò,
che era il solo vicino a lui, lo
aiutò con accortezza; il cantoniere lo ringraziò, lo trattò come
un ometto.
“Giò - gli disse Antonio - ti
lascio solo al banchetto, mentre
vado a mettermi un po’ di alcool
per disinfettarmi la ferita. Ti raccomando, segna tutto: questo è
un lavoro delicato. Quello che
noi facciamo (e Giò nell’udire
quel “noi” si sentì importante) è
una statistica, alla fine del mese
noi sappiamo quanti veicoli attraversano la strada: quante biciclette, quante macchine, quante
moto, eccetera”. Giò guardò Antonio con attenzione, con gratitudine, per averlo reso partecipe
di un impegno così rilevante.
LAGGIÙ,
NEL PAESE DI GIÒ
GIOVANNI PISTOIA
Però prima che il cantoniere si
assentasse, volle chiedergli il
perché di quella… “statistica”. E
Antonio, che si teneva il dito
che perdeva sangue per la caduta, rispose frettolosamente:
“Perché se quelli del governo
vedono che questa strada è molto transitata ne costruiscono una
più grande, altrimenti la lasciano così… ora vado… ”
E Giò volle fare un po’ il furbetto: passava una macchina, ne
segnava due; passavano tre biciclette, ne segnava sei. In sostanza, approfittò della lontananza
di Antonio per moltiplicare il
movimento su quella strada. Ma
il cantoniere, che conosceva a
memoria quel tratto, ogni curva,
ogni cunetta, gli avallamenti e,
soprattutto, tutti coloro che passavano di lì, capì l’imbroglio.
Ne chiese le ragioni a Giò, che,
senza cercare di giustificarsi,
dette la sua motivazione: “Se
quelli del governo vedono che
tanta gente passa da qui, fanno
una bella strada…”. Una scorrettezza a fin di bene, dunque,
che Antonio, sia pure in modo
benevolo, fece intendere di disapprovare.
E Giò imparò a contare, e a
contare in modo veloce, non sui
banchi di scuola. A dire il vero
nell’elencare i numeri, a scuola,
era alquanto insicuro tanto che il
maestro gli disse un giorno:
“Giò conta a voce alta tutto
quello che vedi, imparerai subito, non fare più paginette intere
di 1, di 2, di 3…”. Il ragazzo
prese alla lettera i suggerimenti
del maestro, e pur di non scrivere lunghe e noiose pagine di
quaderni, cominciò a contare
tutto, e a farlo velocemente
quando passavano i treni.
Erano tanti i treni, lunghissimi, che transitavano in prossimità della sua campagna, e correvano… correvano. E lui doveva essere davvero bravo per
contare tutti quei vagoni, che
sfrecciavano trainati da locomotive nere e minacciose, mentre
sbuffavano
rumorosamente.
C’erano i treni, che trasportavano persone, ma erano soprattutto quelli carichi di merci ad attrarre la sua curiosità. Sui carri
c’era di tutto: macchine, legname, radici delle barbabietole…
Sui treni e sul loro funzionamento sapeva ogni cosa. Tutti i
ferrovieri, che facevano servizio
nella vicina stazione, erano suoi
amici. Era, in fondo, la loro mascotte. Il capostazione con il
cappello rosso, basso e aitante,
se lo portava in giro negli uffici;
il magazziniere, alto e asciutto,
di poche parole, lo considerava
uno della grande famiglia, quando si aggirava nel largo deposito
pieno di prodotti; merci pronte
per la partenza o appena scaricate da uomini muscolosi. Ettore, un ferroviere napoletano, che
si tratteneva sempre a casa di
Giò, lo portava a visitare le locomotive. Guardava con interesse uomini sporchi in viso che
immettevano carbone, con lunghe pale, nella pancia della locomotiva, che sprigionava lingue di fuoco.
Il convoglio prima di farsi vedere si annunciava, da lontano,
con ripetuti e lunghi fischi. Giò,
però, intuiva ancor prima l’arrivo del treno dal tintinnio delle
sbarre che il casellante faceva
abbassare,
si
organizzava
e…zac… a contare frettolosamente i carri che gli guizzavano
vicino e, spesso, ne perdeva il
conto. Se, poi, il locomotore si
fermava, facendo scintillare le
rotaie, alla vicina stazione, tutto
era più facile.
Un giorno Giò smise di portare i calzoncini, si preparò la valigia e partì; partì con uno dei
treni che tante volte aveva salutato con le mani al vento. Lavorò nelle città industriali del
5
Nord, si fermò in Germania,
dove alcuni suoi parenti lo avevano preceduto, trovò un incerto
approdo in Francia per poi fermarsi in Argentina. Viaggiò con
treni velocissimi e moderni, che
lo trasportavano da un luogo all’altro. Ormai da tempo non
contava più, né carri né carrozze
superaccessoriate.
Giò è tornato, dopo tanti anni,
nel suo paese, con tre figli, che
parlano francese, inglese, tedesco e italiano. Antonio, il cantoniere buono, non c’è più da tempo, nessuno sistema banchetti
per nuovi censimenti. Il capannone delle rondini è stato abbattuto. Al suo posto una lunga muraglia per civili abitazioni. La
stazione ferroviaria è inattiva,
così come il casello e il grande
magazzino. Gli hanno detto che
le sbarre si chiudono automaticamente, comandate da moderni
strumenti tecnologici (ma questo
per lui, che aveva tanto viaggiato, non era certo una novità).
Che il treno per il trasporto di
merci non è più indispensabile:
tutto, ora, in queste parti, viene
trasportato dai tir. Anche i viaggiatori non trovano più carrozze
per ospitarli, perché sempre
meno numerose. I lunghi fari,
che illuminavano gli ampi spazi,
sono spenti da tempo.
Giò osserva i binari sottoposti
sempre a meno sforzi. Gli acuti
e prolungati fischi sempre più
rari, perché più rari i treni. Giò
descrive ai suoi giovani figli i
luoghi della sua infanzia, quando i treni correvano numerosi, e
lui a esercitarsi a contare. Un
manifesto gigante annuncia, sui
muri anneriti di una brutta stazione, il prossimo convegno sull’alta velocità e sulla necessità di
efficaci mezzi di trasporto per
una società moderna. Giò abbozza un sorriso. Un velo di malinconia gli inumidisce gli occhi,
mentre il figlio più giovane è incollato al telefonino.
Giò vorrebbe rimettersi i calzoncini per contare i vagoni, che
passano lacerando l’aria. Ma i
pantaloni corti chi sa dove sono,
mentre i treni hanno cessato di
viaggiare. Laggiù, nel paese di
Giò.
6
ATTUALITÀ
DALLA PRIMA PAGINA
La
grande
piazza
LUISA SANGREGORIO
Se ne parla da tanto, e più insistentemente da quando, nel 2004,
sono stati abbattuti gli ex capannoni Policastri, in un’area centralissima prospiciente via Nazionale. Nel
2005 la piazza è rientrata nell’intervento del Piano di Sviluppo Urbano e per la sua realizzazione fu
destinata la somma di 500mila
euro.
Alle lungaggini oramai fisiologiche dei progetti pubblici, purtroppo, nella nostra città, si è aggiunta l’instabilità politica. Ciononostante, qualcosa si è mosso e a
fine luglio 2007, grazie al beneplacito della Regione Calabria, la cifra
stanziata per la realizzazione della
piazza è aumentata, passando a
800mila euro. Nonostante l’aumento, la somma è insufficiente per
l’intero progetto. In questa fase si
riuscirà, però, a realizzare il parcheggio seminterrato.
Piazza “Giovanni Paolo II”,
meglio nota come piazza salotto,
infatti, fa parte di una serie di venti
progetti ricadenti nel Psu, ma avendo verificato l’inattuabilità di uno
degli altri interventi, il comune ha
proposto e ottenuto il cambiamento
degli obiettivi. In virtù di questa
modifica si è avuto l’aumento del
budget.
Oggi siamo alla fase di redazione di un bando di “appalto integrato”, attraverso il quale il comune
chiederà alle imprese un progetto
esecutivo e la sua realizzazione. In
realtà, i tempi sono stretti. Entro
dicembre 2008 il progetto dovrebbe essere realizzato, ma si chiederà
una proroga.
Intanto bisognerà riapprovare il
progetto preliminare redatto dagli
ingegneri del Comune, Filomena
De Luca e Francesco Favaro e, di
pari passo, riavviare le trattative
con alcuni privati proprietari di un
immobile e di un’area di pertinenza
ricadenti nella futura piazza. L’aumento del budget fa sperare che le
trattative abbiano un esito diverso
da quelle del passato.
Più in dettaglio, il progetto preliminare della piazza prevede: 1)
parcheggi interrati e all’esterno; 2)
piazza e percorsi di fruizione pubblica; 3) verde pubblico di qualità;
4) corpi di fabbrica sviluppati su
due piani fuori terra aventi destinazione di uffici comunali, nonché di
sale convegni e riunioni, con lo
scopo di favorire l’aggregazione
sociale.
“L’impostazione
distributiva
dell’area – si legge nella relazione
tecnica del progetto – è finalizzata
a creare una nuova centralità urbana che si apra su via Nazionale,
principale asse commerciale con
fruizione anche pedonale. Allo scopo il progetto preliminare attesta il
corpo di fabbrica sul fronte di via
Dante Alighieri assegnando loro
una configurazione tale da abbracciare l’intera piazza.[...] Sulla piazza vera e propria si dovrà concentrare la massima attenzione, dovendo quest’ultima favorire quelle finalità di aggregazione sociale e di
incontro che sono gli obiettivi principali del Piano di Sviluppo Urbano. Essa sarà pavimentata per la
maggior parte con materiali naturali di provenienza locale. Non mancheranno aree verdi e giochi per
bambini; completeranno l’opera
elementi di arredo urbano, quali
una piccola fontana ed apparecchiature di pubblica illuminazione,
che serviranno a creare quella sensazione di spazio accogliente anche
nelle ore serali. Parte dell’area interessata dalla piazza sarà occupata
al piano interrato da un parcheggio
pubblico su due livelli di circa
4000mq, per complessivi 200 posti
auto, con accesso da via Parini. Infine gli edifici posti sul fronte di
via Alighieri avranno superficie in
pianta di circa 750mq, sviluppati
su due livelli fuori terra. Essi saranno adibiti ad uffici comunali,
ma non mancheranno sale per incontri e convegni. Saranno caratterizzati dalla presenza di portici sul
fronte della piazza per migliorare
la fruibilità dell’intera area e fare
da trait d’union tra gli spazi coperti
e scoperti”.
Il cuore della Corigliano moderna sta per nascere, speriamo che
i pedoni non debbano attendere
troppo a lungo per entrarci dentro.
Autorizz. Tribunale di Rossano - Reg. Periodici N. 02/03 - 25 marzo 2003
Sede: Via Sicilia, 1 - Tel. 0983.885582 - CORIGLIANO SCALO (Cs)
www.mondiversi.it
Direttore Responsabile: CARMINE CALABRESE
Direttore Editoriale: ANTONIO GIOIELLO
Caporedattore: FABIO PISTOIA
Redazione:
MARIA CALOROSO, ANGELA FERACO, CINZIA MERINGOLO,
ADALGISA REDA, MARIO REDA, LUISA SANGREGORIO
Stampa: TECNOSTAMPA - Largo Deledda - Tel. 0983.885307 - Corigliano Scalo
DALLA PRIMA PAGINA
Un accordo di
programma
per
l’ Area urbana
Corigliano-Rossano
ANGELO SPOSATO*
Al di là della forma della discussione, che sicuramente rappresenta
un elemento di novità nello scenario politico locale, sarebbe opportuno che le due amministrazioni
comunali che si candidano legittimamente a comuni capofila per lo
sviluppo del sistema territoriale,
partecipassero queste discussioni,
successivamente, con tutti i soggetti del partenariato economico e sociale, avviando seriamente un confronto vero sulle priorità di intervento, aggiungendo ai Forum Comunali inerenti le sole città di riferimento, l’avvio della concertazione territoriale che di fatto per l’area
urbana non è ancora partita per
come concordato con la Provincia
al tavolo di coordinamento territoriale provinciale svoltosi a Corigliano, alla presenza delle istituzioni Regionali e Provinciali, dei due
Consigli comunali e del partenariato sociale.
Crediamo non ci siano ancora le
idee chiare su come procedere, su
quali strumenti adottare per concretizzare l’area urbana, per questo
riteniamo che sia necessario individuare tavoli di confronto e forme
idonee per arrivare alla conferenza dei servizi e conseguentemente,
ad un
ACCORDO DI PROGRAMMA PER L’AREA URBANA DI CORIGLIANO ROSSANO
e creare uno strumento operativo
per accedere ai fondi comunitari
(asse VII città, aree urbane e sistemi territoriali) e a quelli nazionali,
in assenza di normativa specifica in
materia.
Quindi è opportuno che i vari
soggetti che possono partecipare
alla conferenza dei servizi (Ministero, Regione, Provincia, Comuni,
Ferrovie, Anas, Autorità Portuale,
Sovrintendenza Beni Culturali,
Asp, ecc,) attivino un tavolo per individuare le priorità di intervento
ed arrivare all’accordo di programma.
Abbiamo ribadito più volte che
tra le priorità vi sono le questioni
infrastrutturali e la viabilità, ma c’è
anche tutto l’aspetto che riguarda
lo sviluppo economico del territorio.
L’intermodalità, l’adeguamento
del tratto viario Jonico SS 106 è
fondamentale per la messa in sicurezza dell’area urbana, con la prospettiva di connettere adeguatamente le infrastrutture esistenti e di
prossima costruzione come l’auspicato e nuovo polo sanitario che
dovrebbe sorgere nell’asse urbano,
la necessità di adeguare il Porto di
Corigliano come strada del mare,
così come la necessità di un sistema ferroviario locale (metropolitana di superficie) in consorzio misto
pubblico privato che colleghi le
estremità della provincia con un
impianto integrato ferrovia-gomma
a biglietto unico che renda agibile
la mobilità dei cittadini e sia compatibile con i nuovi tempi delle città, sono essenziali. Su questi temi
concreti, vorremmo iniziare una discussione serena e senza localismi.
Così come occorre dedicare due
capitoli specifici alla questione
energetica ed alla centrale ENEL,
alle questioni ambientali e la gestione dei rifiuti.
Oltre le priorità infrastrutturali,
l’urbanistica (che pare negli ultimi
mesi sia diventata unica ragione di
governo) vorremmo che però si iniziasse a discutere anche il modello
socio- economico, ragionando concretamente di sviluppo del territorio. Aree industriali, turismo, agroalimentare, non ci dobbiamo inventare molto.
Ci interroghiamo sull’opportunità di aprire una discussione con più
collegialità? Che sviluppo vogliamo dare all’area urbana? E’ necessario dare centralità al lavoro? Esiste un problema di sicurezza e legalità? Questi ultimi due punti non
sono secondari. Il controllo del territorio e l’ opportunità di una integrazione delle polizie municipali
dell’area urbana, la necessità di
aprire una discussione operativa
per affrontare e combattere concretamente l’emergenza criminalità,
integrando di fatto l’impostazione
dei patti istituzionali per la legalità
che da soli non bastano (come dice
il Giudice antimafia Nicola Gratteri) per combattere concretamente il
fenomeno della micro e macro criminalità se ad essi non si associano
concreti piani di sviluppo sociale
ed economico capaci di creare
l’unico scudo reale, vero, contro la
criminalità che è IL LAVORO e la
buona occupazione, non possono
essere secondari. O pensiamo davvero che il problema sicurezza è da
circoscrivere unicamente alla presenza dei cittadini immigrati, senza
guardarci attorno e capire se il piano sociale di zona è adeguato al
contesto attuale? Noi vorremmo
partire da questo. Per fare ciò, occorre uscire dai personalismi, ed
avviare operativamente al di là dei
Forum, la collegialità vera (istituzionale e sociale) e recuperare il
metodo della contrattazione territoriale. Ritengo che la partecipazione
sia questa. Lo era prima e lo è
adesso.
*Segretario
Comprensoriale CGIL
Responsabile Area urbana
Corigliano -Rossano
SOCIALE
DALLA PRIMA PAGINA
Il Centro di
Eccellenza...
ANTONIO GIOIELLO
attenzione e che andrebbe rivalutata e
risanata. Questa parte di Corigliano
Scalo era da troppi anni trascurata ed
abbandonata, e sarebbero necessari ulteriori lavori di riqualificazione e di
miglioramento urbanistico. E’, infatti,
veramente indecoroso come è ridotta
questa parte centrale ed antica di Corigliano Scalo. Che priva da anni di lavori di risanamento e manchevole di
qualsiasi arredo urbano, si mostra decadente ed abbruttita. Sarebbe ora che
una seria riflessione sullo sviluppo urbanistico di Corigliano prendesse nella
dovuta considerazione questo pezzo di
città, che è sia risorsa, per rivitalizzare
quella che un tempo era la zona di
maggiore prestigio commerciale, e sia
un problema, se si lascia che il degrado
continui. La realizzazione della cosiddetta piazza salotto, da questo punto di
vista, in questo momento, dovrebbe
avere la priorità su qualsiasi altra opera
pubblica. Invece, il modo come si procede e le scarse risorse impegnate dimostrano e confermano la mancanza di
interesse a valorizzare questa parte
così importante della città.
Ma dopo questa, non secondaria, digressione, ritorniamo al Centro di Eccellenza. Questa struttura, realizzata
con fondi comunali ed europei ha compiti per molti aspetti inediti. In Italia,
le esperienze dei centri sociali sono
state le più diverse, dalle autogestioni
più anarchiche alle gestioni più rigide
e disciplinate. Il Centro di Eccellenza
per il Sociale di Corigliano si propone
di sperimentare una forma nuova di intendere queste strutture. Esso deve assolvere fondamentalmente a due funzioni. Da una parte è un Centro che
deve produrre progettualità e ricerca
ed essere di riferimento per le pubbliche amministrazioni ed il terzo settore
per la programmazione, gli interventi e
le iniziative sociali; ed in questa funzione essere di “Eccellenza”.
Dall’altra, in quanto “Centro Sociale”, deve essere un luogo di incontro,
partecipazione, confronto, aggregazione, socialità.
Se questa importante struttura non
dovesse svolgere attività di progettazione e ricerca e non dovesse diventare
una risorsa essenziale del territorio e se
non riuscisse a recuperare finanziamenti locali, regionali, nazionali ed europee non sarebbe un “Centro di Eccellenza”. Se non dovesse diventare un
posto dove la gente si incontra, comunica, si scambia esperienze e conoscenze non sarebbe un “Centro Sociale”.
Le due funzioni sono l’una legata
all’altra. Senza l’una non c’è l’altra e
viceversa. Entrambe sono l’occasione
perché Corigliano, dopo anni di avanzamento nel settore delle politiche sociali, faccia un salto significativo e
qualificante.
Le dinamiche sociali che attraversano l’epoca in cui viviamo e che si riflettono anche sul nostro territorio
sono grandi e profonde. Mai come
adesso è in atto una trasformazione che
investe il modo di essere, i comportamenti, la cultura, i linguaggi, lo stare
assieme.
La velocità con cui è possibile co-
municare, le varie forme di essere in
relazione che non prevedono la presenza fisica delle persone, le forme virtuali di esperienza hanno cambiato profondamente il rapporto con la realtà.
La stessa “realtà” è diventata più effimera. Essa non è più solo quella nella
quale ci “muoviamo” e con la quale interagiamo concretamente. Ma è divenuta “reale” anche quella esperienza
che si compie con mezzi tecnologici
all’interno di un contesto virtuale. Il
rapporto “Umano” è sempre più rarefatto e sostituito dal rapporto tecnologico. La quantità di tempo che i bambini ed i ragazzi trascorrono, secondo
diverse e differenti ricerche, da soli
“connessi” a mondi “irreali” è superiore alla quantità di tempo passato assieme ad altre persone. Mentre solo pochi
anni fa, il loro mondo esperenziale corrispondeva interamente a quello “reale” passato assieme a coetanei o adulti.
La diffusione della droga a qualsiasi
livello: di strati sociali, delle professioni, di generazioni e d’età, di sesso; rappresenta una minaccia formidabile alla
società. La droga inquina le relazioni
affettive e familiari, fa venire meno i
legami di solidarietà e di amicizia disinteressata, altera i rapporti economici. E non passa giorno che nel nostro
territorio non ci sia un fatto di cronaca
che non sia legato al consumo di droghe. Inoltre, la diminuzione progressiva dell’età di inizio del suo consumo,
che coinvolge i ragazzi tra i 10 ed i 12
anni, arreca un danno notevole ed infligge ferite insanabili alle stesse generazioni di adolescenti del prossimo futuro. Che implicheranno manifestazioni di disagio sinora sconosciute.
Gli attuali flussi migratori hanno
spinto migliaia di persone di diversa
provenienza geografica, di diversa nazionalità ed etnia, di differente cultura,
religione, tradizioni verso il nostro territorio. Oramai la presenza permanente
e stabile di popolazioni di immigrati è
un fatto. La presenza di emigrati durante il periodo della raccolta agrumicola è una presenza aggiuntiva, che
pone ulteriori problematiche, ma che
non va confusa. Bisogna invece rendersi conto che siamo di fronte ad un
altro fenomeno non più soltanto emigratorio. Ma siamo di fronte ad un
vero e proprio processo immigratorio
che sta modificando la composizione
demografica della popolazione del territorio. Quanto più tardi ne prendiamo
atto tanto più conflittuale sarà il processo di coesistenza.
Ho fatto solo pochi esempi per mostrare alcuni radicali cambiamenti contemporanei, che ci condurranno verso
una società sicuramente diversa dall’attuale. E, in un mondo che cambia
così velocemente e profondamente,
può una comunità non essere adeguatamente preparata? Può essere solo spettatrice più o meno consapevole di
quanto le accade attorno? E possono,
ancora, purtroppo, come succede, le
politiche sociali essere considerate di
secondo piano e residuali nelle amministrazioni locali e regionali?
Il Centro di Eccellenza, se verrà fatto funzionare bene, non risolverà ogni
problema, penso nessuno possa immaginare questo, ma potrà essere un luogo in cui la conoscenza, la ricerca continua di nuovi modi di affrontarli potrà
renderli meno insidiosi e meno dirompenti. Potrà essere un “Centro” attorno
al quale possono costruirsi moderne
politiche sociali.
7
L’affidamento risorsa per tutti
“Abbiamo il dovere di essere presenti,
anche solo per un istante.”
Johann Wolfgang Goethe
CARMELA TRICARICO
La vita personale dell’anziano è
spesso ridotta a pochissime attività
prive di contenuto sociale, la cui
validità non è ratificata per di più
dalla fascia degli adulti socialmente attivi. Questo dono del tempo libero che la società elargisce all’anziano fuori ruolo, questa età
del riposo assoluto o, come si usa
dire, della meritata quiescenza,
non è altro che una sorta di pietosa
ipocrisia, liberatrice forse dal senso di colpa di cui la coscienza collettiva soffre per l’espulsione coatta dell’individuo dal campo del lavoro e, quindi, dalla vita attiva. Il
tempo libero offerto all’anziano è
un tempo di forzata inattività nella
grande maggioranza dei casi, ragione frequente di emarginazione
sociale e di solitudine. Sentirsi soli
accade a chi vive isolato ed appartato, non per scelta propria, ma per
condizione imposta dagli organismi sociali, economici e culturali
della collettività. Nella società
odierna, la famiglia non ha più i
presupposti perché l’anziano possa
ancora estrinsecarvi la sua personalità e soddisfare in esso le proprie esigenze di vita, di relazioni
interpersonali, di partecipazione. È
indispensabile un vasto piano d’intervento che si proponga di favorire interscambi all’interno della comunità, tra l’individuo, la famiglia, il corpo sociale, allo scopo di
favorire la caduta di tutti quei pregiudizi che hanno relegato l’anziano nel limbo dell’incomprensione
e della solitudine.
E’ qui che si inserisce il progetto “L’Affidamento risorsa per tutti!!!” - Servizio a tutela delle persone anziane, a cura del Settore
Socio - Educativo – Formativo e
della Solidarietà Sociale del Comune di Corigliano Calabro.
L’affidamento si rivolge a persone anziane che presentano problemi familiari, economici, sociali
ed abitativi, svolgendo una funzione di aiuto, anche solo per brevi
periodi di tempo. L’intervento è
diretto a una delle fasce deboli della popolazione ed in particolare
consente ad anziani soli di rimanere nel proprio ambiente sociale,
potendo contare su un nucleo familiare di riferimento con il quale
stabilire rapporti affettivi e di aiuto
reciproco.
I destinatari sono perciò anziani autosufficienti, ma con situazione di disagio psico-sociale per cui
sia risolutivo l’intervento dell’affido; anziani con familiari che per
comprovati impedimenti (età, salute, ecc.) non siano in grado di fornire adeguata vicinanza e assistenza; anziani che, seppure con familiari, richiedono ulteriori interventi
di sostegno per le particolari condizioni di disagio.
Autrice della progettazione è
Carmelina Tricarico, responsabile
del progetto è Tina De Rosis, soggetto attuatore è il C.I.F. (Centro
Italiano Femminile).
Il progetto “L’Affidamento risorsa per tutti!!!” si colloca all’interno
di una rete di interventi (assistenza
domiciliare, assistenza economica,
attività ricreative) volti al miglioramento della qualità della vita delle
persone anziane, rispondendo in
modo articolato ai loro bisogni diversificati e complessi.
Nello specifico il servizio di affidamento
familiare
costituisce
un’opportunità di alternativa al ricovero degli anziani che sono soli o
che non possono essere adeguatamente assistiti nell’ambito della
rete familiare di appartenenza, per
consentire loro di rimanere il più a
lungo possibile nel proprio ambiente sociale, evitando forme di sradicamento e di istituzionalizzazione.
E’, infatti, aumentata sensibilmente la domanda di assistenza domiciliare ad anziani che esprimono
la volontà di rimanere a casa propria e rifiutano il ricovero in istituto, domanda a cui il solo intervento
del servizio di assistenza domiciliare pubblico non è in grado di rispondere.
Il progetto “L’Affidamento risorsa per tutti!!!” vuole dare una risposta a tale domanda e vuole essere
una risorsa particolarmente elastica
e flessibile, in grado di rispondere a
bisogni diversi e alla soggettività di
ogni individuo. Il Servizio si rivolge agli anziani del territorio del Comune di Corigliano Calabro, ubicati
sia negli agglomerati urbani del territorio (Corigliano Centro Storico,
Corigliano Scalo, Corigliano Schiavonea), sia nella periferia (Frazioni).
L’intento è di creare un servizio
offerto da famiglie o singoli, ritenuti idonei, rivolto ad anziani che abbiano bisogno di un aiuto pratico
nella vita quotidiana ed affettiva, in
modo da evitare il ricovero in un
istituto. Può essere completo, diurno, notturno o del fine settimana.
La scelta dell’affidamento più
adeguato alle esigenze delle singole
persone avviene attraverso una prima fase di valutazione del bisogno;
successivamente viene formalizzato
un accordo fra le parti (persona in
difficoltà, persona o famiglia affidataria, assistente sociale) che si
traduce in un progetto. La persona
che “accoglie” e offre la propria disponibilità, riceve un rimborso-spese e diventa un importante riferimento per coloro che invece hanno
bisogno di aiuto e sostegno.
PH. COSIMO REALE