Numero 2

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Numero 2
ANNO XXVIII
N. 2 X Giugno 2006
Periodico Trimestrale - e 5,00
MEDICINA
SUBACQUEA
E IPERBARICA
In questo numero:
Editoriale ........................................................ 6
Difficoltà di compensazione in subacquei
con disfunzione dell’articolazione
temporo-mandibolare: proposta
di un metodo riabilitativo ............................... 7
Fisiopatologia delle immersioni
con autorespiratori ad aria,
miscele ed ossigeno ....................................... 10
La mionecrosi da clostridio degli arti:
efficacia della ossigenoterapia iperbarica ..... 15
La valutazione ORL nell’idoneità
agonistica dei sommozzatori sportivi ........... 25
Dalla letteratura ............................................. 30
Calendario Congressi ................................... 45
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. D.L. 353/2003
(convertito in L. 27/02/04 n. 46) art. 1 comma 1-DCB-BO.
In caso di mancato recapito restituire alla Agenzia di Base Imola Centro-Bo
per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa
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Gestione di Centri Iperbarici con Personale Tecnico
Progettazione e realizzazione camere iperbariche
ed impianti per ogni esigenza e dimensione
Manutenzione e assistenza tecnica per impianti
di produzione propria e di terzi
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dei locali con il sistema chiavi in mano
Stabilimento: Via Laurentina km 29,300 - 00040 Ardea (RM) • Tel. e Fax 06 9147186 - 06 9147198
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MEDICINA SUBACQUEA E IPERBARICA
Rivista Ufficiale della Società Italiana di Medicina Subacquea e Iperbarica
ANNO XXVIII
N. 2 - GIUGNO 2006
DIRETTORE SCIENTIFICO
Rosario Marco Infascelli (Napoli)
Presidente SIMSI
COMITATO SCIENTIFICO
G. Aprea (Napoli), M. Brauzzi (Grosseto),
C. Costanzo (Roma), G. D’Alicandro (Napoli),
P. Della Torre (Salerno), D. Garbo (Palermo),
F. Favaro (Palermo), R.M. Infascelli (Napoli),
P. Longobardi (Ravenna), R. Moroni (Brescia),
E. Nasole (Bologna), G. Vezzani (Fidenza),
G. De Martino (Napoli), A. Lamorgese (Torino)
DIRETTORE EDITORIALE
E. Nasole (Bologna)
COMITATO EDITORIALE
R.M. Infascelli (Napoli),
M. Brauzzi (Grosseto),
F. Ruocco (Firenze),
L. Ditri (Vicenza),
G. Bosco (Chieti)
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REDAZIONE
Centro Medicina Iperbarica Aria s.r.l.
Via Tranquillo Cremona, 8/2 - 40137 Bologna
Tel. 051 19980426 • Fax 051 19982967
[email protected]
Autorizzazione del Tribunale di Napoli
n. 56 del 24/05/2004
Direttore Responsabile: Mirabella Giuseppe
Ospedale Santobono - Via M. Fiore, 6 - 80129 Napoli
Editrice La Mandragora
Via Selice, 92 - 40026 Imola (BO)
Tel. 0542 642747 • Fax 0542 647314
[email protected] • www.editricelamandragora.it
L’Editrice La Mandragora è iscritta al ROC col n. 5446
Abbonamenti: annuo e 20,00, un numero e 5,00,
arretrati il doppio. Per sottoscrivere l’abbonamento occorre
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4370296 - ABI 02008 CAB 03414 IBAN IT46L completo dei
dati identificativi del versante e del numero richiesto
STAMPA: Industrie Grafiche Galeati di Imola
Associato all’USPI: Unione Stampa Periodica Italiana
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Norme per gli autori
La rivista medicina Subacquea ed Iperbarica pubblica articoli scientifici originali su argomenti
di medicina subacquea ed iperbarica e di altre branche specialistiche correlate a tale specialità.
I contributi possono essere redatti come editoriali, articoli originali, reviews, casi clinici, note di
tecnica, note di terapia, nuove tecnologie, articoli originali brevi, articoli speciali, lettere alla direzione.
I contributi scientifici devono essere preparati seguendo rigorosamente le norme per gli Autori
pubblicate di seguito, che sono conformi agli Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Editors editi a cura dell’International Committee of Medical Journal Editors
(N Engl J Med 1991;324:424-8 -BMJ 1991;302:338-41).
Non saranno presi in considerazione gli articoli che non si uniformano agli standard internazionali.
La rivista recepisce i principi presentati nella Dichiarazione di Helsinki e ribadisce che tutte le
ricerche che coinvolgano esseri umani siano condotte in conformità ad essi. La rivista recepisce
altresì gli International Guiding Principles for Biomedical Research Involving Animals raccomandati dalla WHO e richiede che tutte le ricerche su animali siano condotte in conformità ad
essi.
Gli Autori accettano implicitamente che il lavoro venga sottoposto in modo anonimo all’esame
del Comitato di Lettura e in caso di accettazione a revisione editoriale. A tutti sarà dato cenno
di ricevimento. La correzione delle bozze di stampa dovrà essere limitata alla semplice revisione
tipografica; eventuali modificazioni del testo saranno – se il caso – addebitate agli Autori. Le
bozze corrette dovranno essere rispedite entro 5 giorni a Medicina Subacquea ed Iperbarica –
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della rivista potrà correggere d’ufficio le bozze in base all’originale pervenuto.
Spedizione dei contributi
I lavori in lingua italiana o inglese devono essere inviati (incluse figure e tabelle con relative didascalie) alla sede editoriale della rivista “Medicina Subacquea ed Iperbarica”: Centro Iperbarico – Poliambulatorio Privato MPM – via Tranquillo Cremona, 8 – 40137 Bologna - Tel. (051)
440807- 442094 – Fax (051) 441135 e-mail: [email protected], in formato cartaceo
e/o via e-mail.
Gli articoli scientifici possono essere redatti nelle seguenti forme:
Editoriale. Su invito (del Direttore Responsabile, della Direzione, del Redattore Capo), deve riguardare un argomento di grande rilevanza in cui l’Autore esprime la sua opinione personale.
L’articolo non deve essere suddiviso in sezioni.
Articolo originale. Deve portare un contributo originale all’argomento trattato. L’articolo deve
essere suddiviso nelle sezioni: introduzione, materiali e metodi, risultati, discussione, conclusioni.
Review. Deve presentare lo stato delle conoscenze sull’argomento e una analisi critica e aggiornata sull’argomento stesso. L’articolo può essere suddiviso in sezioni a discrezione dell’Autore.
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nelle sezioni: introduzione, caso clinico o casistica clinica, discussione, conclusioni.
Nota di tecnica. Descrizione di una nuova tecnica chirurgica o di modifiche di tecniche già in
uso. L’articolo può essere suddiviso in sezioni a discrezione dell’Autore.
Nota di terapia. Presentazione e valutazione di farmaci. L’articolo deve essere suddiviso nelle
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Nuove tecnologie. Presentazione e valutazione di nuove attrezzature. L’articolo deve essere suddiviso nelle sezioni: introduzione, materiali e metodi, risultati, discussione, conclusioni.
Articolo originale breve. Presenta un contributo originale ad un argomento di grande attualità
esposto in forma sintetica. L’articolo deve essere suddiviso in sezioni come gli articoli originali.
Articolo speciale. Presenta ricerche sulla storia della medicina subacquea ed iperbarica, sulla didattica e sugli aspetti economici e legislativi che riguardano tale disciplina. L’articolo può essere
suddiviso in sezioni a discrezione dell’Autore.
Lettera alla direzione. Verranno pubblicati solo commenti e osservazioni critiche debitamente
documentati in merito ad articoli pubblicati sulla Rivista.
Preparazione del contributo scientifico
Il lavoro deve essere articolato nelle seguenti sezioni:
Pagina di titolo
Titolo conciso, senza abbreviazioni, con traduzione in inglese.
Nome, Cognome degli Autori.
Istituto e Università o Divisione e Ospedale di appartenenza di ciascun Autore.
Nome, indirizzo e numero telefonico dell’Autore al quale dovranno essere inviate la corrispondenza e le bozze di stampa.
Dati di eventuali Congressi ai quali il lavoro sia già stato presentato.
Menzione di eventuali finanziamenti o contratti di ricerca.
Ringraziamenti.
Riassunto
Il riassunto (in italiano e in inglese) non deve superare né essere inferiore alle 200-250 parole e
deve essere «strutturato». Il riassunto strutturato si compone delle seguenti parti:
1) Obiettivo: lo specifico problema sollevato e l’ipotesi di studio.
2) Metodi:
a) disegno sperimentale: tipo di indagine condotta (prospettica, comparativa, retrospettiva, randomizzata, ecc.) e durata del follow-up;
b) ambiente: collocazione e livello delle prestazioni fornite dal reparto di appartenenza dei pazienti in studio (in modo che il lettore possa stabilire l’applicabilità del dato alle sue condizioni
di lavoro);
c) pazienti o partecipanti: principali criteri di selezione e di eleggibilità, caratteristiche socio-demografiche, patologie e numero dei pazienti ammessi e che hanno completato lo studio;
d) interventi: caratteristiche essenziali del trattamento o dell’intervento eseguito (o la loro assenza);
e) rilevamenti: cosa è stato misurato e come, in base a quanto programmato prima della raccolta
dei dati;
3) Risultati: i principali.
4) Conclusioni: significato e possibile applicazione dei dati suffragati dall’evidenza sperimentale.
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Parole chiave
Per le parole chiave usare i termini del Medical Subjects Heading (MeSH) dell’Index Medicus.
Il riassunto in lingua inglese deve essere la traduzione del riassunto in lingua italiana e la rivista
si riserva la facoltà di curarne la corretta forma.
Gli Editoriali e le Lettere alla Direzione non necessitano di riassunto e parole chiave.
Testo
Il testo deve essere composto da:
Introduzione.
Illustrante lo stato attuale delle conoscenze sull’argomento trattato e lo scopo della ricerca.
Materiali e metodi.
Descrivere chiaramente i soggetti sottoposti a osservazioni o a esperimento (pazienti o animali
da esperimento, inclusi i controlli). Identificare metodologie, impianti (nome e indirizzo del costruttore tra parentesi) e procedure con dettaglio sufficiente a permettere ad altri studiosi di riprodurre i risultati. Menzionare le metodologie già definite, incluse quelle statistiche; menzionare e fornire brevi descrizioni circa metodologie che sono state pubblicate ma non sono ben
conosciute; descrivere metodologie nuove o modificate in modo sostanziale; giustificare il loro
utilizzo e valutarne i limiti.
Di tutti i farmaci si deve citare nome generico, dosaggio e vie di somministrazione. I nomi commerciali dei farmaci vanno citati tra parentesi. Unità di misura, simboli, abbreviazioni devono
essere conformi agli standard internazionali. Le misure di lunghezza, altezza, peso e volume dovrebbero essere riportate in unità del sistema metrico (metro, chilogrammo, litro) o in loro multipli decimali. Le temperature dovrebbero essere espresse in gradi Celsius. Le pressioni arteriose in millimetri di mercurio. Tutte le misurazioni ematologiche e di chimica clinica dovrebbero essere espresse in unità del sistema metrico nei termini dell’International System of Units
(SI). Si scoraggia l’uso di simboli e sigle poco comuni. Essi vanno comunque spiegati alla prima
apparizione nel testo.
Risultati.
I risultati vanno riportati sotto forma di tabelle e grafici eventualmente elaborati statisticamente,
con una presentazione concisa nel testo.
Discussione e conclusioni.
Commento sui risultati con eventuale confronto con i dati della letteratura. Bisogna inoltre definire il loro significato ai fini della pratica clinica e della ricerca sperimentale. L’argomentazione
logica deve essere rigorosa ed attenersi ai dati sperimentali.
Bibliografia.
La bibliografia, che deve comprendere i soli Autori citati nel testo, va numerata con numeri
arabi in ordine consecutivo di prima citazione nel testo. Il richiamo delle voci bibliografiche nel
testo deve essere fatto con numeri arabi posti tra parentesi. La bibliografia deve essere citata
nello stile standardizzato approvato dall’International Committee of Medical Journals Editors.
RIVISTE. Per ogni voce si devono riportare il cognome e l’iniziale del nome degli Autori (elencare tutti gli Autori fino a tre, se quattro o più elencare solo i primi tre nomi seguiti da: et al.),
il titolo originale dell’articolo, il titolo della rivista (attenendosi alle abbreviazioni usate dall’Index Medicus), l’anno di pubblicazione, il numero del volume, il numero di pagina iniziale e finale. Nelle citazioni bibliografiche seguire attentamente la punteggiatura standard internazionale. Esempi: Articolo standard. Sutherland DE, Simmons RL, Howard RJ. Intracapsular technique of transplant nephrectomy. Surg Gynecol Obstet 1978;146:951-2.
ARTICOLO A NOME DI UNA COMMISSIONE. International Committee of Medical Journal Editors.
Uniform requirements for manuscripts submitted to biomedical journals. Ann Int Med
1988;108:258-65.
LIBRI E MONOGRAFIE. Per pubblicazioni non periodiche dovranno essere indicati i nomi degli
Autori, il titolo, l’edizione, il luogo di pubblicazione, l’editore e l’anno di pubblicazione. Esempi:
LIBRO DI UNO O PIÙ AUTORI. Rossi G. Manuale di otorinolaringologia. IV edizione, Torino: Edizioni Minerva Medica, 1987.
CAPITOLO DI UN LIBRO. De Meester TR. Gastroesophageal reflux disease. In: Moody FG, Carey
LC, Scott Jones R, Kelly KA, Nahrwold DL, Skinner DB editors. Surgical treatment of digestive diseases. Chicago: Year Book Medical Publishers, 1986:132-58.
ATTI CONGRESSUALI. DuPont B. Bone marrow transplantation in severe combined immunodeficiency with an unrelated MLC compatible donor. In: White HJ, Smith R, editors. Proceedings
of the third annual meeting of the International Society for Experimental Hematology. Houston: International Society for Experimental Hematology, 1974:44-6.
MONOGRAFIA DI UNA SERIE. Hunninghake GW, Gadek JE, Szapiel SV, Wattel F, Hinckley J, Hamre
P et al. The human alveolar macrophage. In: Harris CC, editor. Cultured human cells and tissues in biomedical research. New York: Academic Press, 1980:54-6. (Stoner GD, editor. Methods
and perspectives in cell biology;vol 1).
Tabelle
Ogni tabella deve essere preparata graficamente secondo lo schema di impaginazione della rivista, numerata in cifre romane, corredata da un breve titolo. Eventuali annotazioni devono essere inserite al piede della tabella e non nel titolo. Le tabelle devono essere richiamate nel testo.
Figure
Le fotografie devono essere inviate sotto forma cartacea o elettronica che abbia buona risoluzione. Esse devono riportare la numerazione in cifre arabe e devono essere richiamate nel testo.
Il numero delle fotografie deve essere limitato alla parte essenziale ai fini del lavoro. Le foto istologiche devono sempre essere accompagnate dal rapporto di ingrandimento e dal metodo di colorazione. Disegni, grafici e schemi possono essere realizzati con il computer. Gli esami radiologici vanno presentati in copia fotografica su carta o in formato elettronico. Elettrocardiogrammi, elettroencefalogrammi, ecc. devono essere inviati in forma originale o eventualmente
fotografati, mai fotocopiati. Lettere, numeri, simboli dovrebbero essere di dimensioni tali che
quando ridotti per la pubblicazione risultino ancora leggibili.
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Struttura
Indirizzo
Località
Telefono
Via Bologna, 1
24040 Zingonia (BG)
035/4815511
Viale Premuda, 34
20129 Milano (MI)
02/76022511
Via Gualla, 15
25123 Brescia (BS)
030/3710358
Via Pola, 33
10135 Torino (TO)
011/3978900
Largo Don Guanella, 1
28073 Fara Novarese (NO)
0321/818111
Via Francia, 35
37069 Villafranca (VR)
045/6300300
Via Avieri, 19
36040 Torri di Quartesolo (VI)
0444/380240
Via Cornaro, 1
35128 Padova (PD)
049/8070843
Via delle Macchine, 51
30175 Porto Marghera (VE)
041/5381182
Via del Vigneto, 31
39100 Bolzano (BZ)
0471/932525
Via Tranquillo Cremona, 8/2
40137 Bologna (BO)
051/19980426
051/19982562
Via A. Torre, 3
48100 Ravenna (RA)
0544/500152
Via delle Querce, 7/A
61032 Fano (PS)
0721/827558
Via F.lli Rosselli, 62
50123 Firenze (FI)
055/2381637
Via della Torre
Località Platamona
07100 Sassari (SS)
079/312071
Via Celle, 2
80078 Pozzuoli (NA)
081/5268339
Via Aversano, 1
84100 Salerno (SA)
089/232769
Viale Pio X, 111
88100 Catanzaro (CZ)
0961/5070100
Via Prov.le Brucoli, 507
96011 Augusta (SR)
0931/990111
Casa di Cura Habilita Spa
Servizio di Medicina Iperbarica
[email protected] • www.habilita.it
I.L.M.I.
[email protected] • www.ilmi.it
Istituto Clinico Città di Brescia
[email protected]
www.cittadibrescia-gsd.it
O.T.I.P.
[email protected]
S.I.PI.
[email protected]
Istituto Iperbarico Spa
[email protected]
www.terapiaiperbarica.com
OTI Medicale Vicenza
[email protected]
A.T.I.P.
[email protected]
OTI Service
[email protected] • www.otiservices.it
Iperbarico di Bolzano Srl
[email protected]
www.terapiaiperbarica.com
Centro Medicina Iperbarica Aria srl
[email protected]
Centro Iperbarico Srl
[email protected]
www. iperbaricoravenna.it • www.sira.it/oti
Iperbarica Adriatica
[email protected]
OTI Prosperius
[email protected] • www.prosperius.it
Centro Iperbarico Sassarese
[email protected] • www.centroiperbarico.it
IPER - Istituto di Medicina Iperbarica
[email protected] • web.tiscalinet.it/ipersrl
CE.M.S.I.
[email protected] • www.cemsi.it
S. Anna Hospital
[email protected]
Centro Iperbarico Villa Salus
[email protected] • www.villasalus.it
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N. 2 - Novembre 2006 f 6
Medicina Subacquea e Iperbarica
La lunga attesa sta per finire, si avvicina infatti la data del
prossimo Congresso Nazionale della Società. La sede,
come penso ormai tutti sappiano, è l’auditorium della Accademia Navale di Livorno, la data da giovedì 23 novembre a sabato 25 novembre. L’appuntamento è, per me, di
eccezionale importanza per svariati motivi: il ritorno, seppure per qualche giorno, nella città dove ho vissuto tutta
la mia vita scolastica. Dopo tanti anni tornare nell’Istituto
dove ho mosso i primi passi di una lunga carriera militare,
il potere rincontrare tanti commilitoni ed amici con i quali
ho condiviso le gioie e le passioni di una così intensa esperienza.
Saranno verosimilmente 3 giornate di duro lavoro, dalle
quali speriamo che scaturiscano idee e spunti per un dibattito scientifico di elevato profilo. I lavori si apriranno
giovedì 23 nel pomeriggio con un tutorial estremamente
interessante, tenuto dal prof. Zannini dell’Ospedale San
Raffaele di Milano sul trattamento chirurgico delle bolle
subpleuriche, patologia a forte rischio di sovradistensione
polmonare per la quale si apre una possibilità di potere
praticare con tranquillità lo sport subacqueo. Seguirà poi
un interessantissimo pomeriggio, moderato dall’appena
insediato Presidente della SIAARTI, prof. Luciano Gattinoni, dedicato alla gestione delle emergenze subacquee.
Si tratterà di un confronto a tutto campo su argomenti
come l’esperienza della Marina Militare e quella di regioni
costiere in cui si praticano in modo intenso e continuativo le attività subacquee, come la Toscana e la Sicilia. È
un argomento, questo, che vede da sempre la SIMSI in
prima linea in una costante ed appassionata opera di incremento ed aggiornamento dell’attività di prevenzione
degli incidenti subacquei. E a questo proposito si deve
ringraziare la costanza con la quale il consigliere Paolo
Della Torre ha eseguito la raccolta dati, persuadendo tutti
i centri iperbarici ad inviargli le schede di rilevazione che
con grande professionalità aveva predisposto.
Un altro lavoro intrapreso questa volta in collaborazione
con la SIAARTI e l’ANCIP è stata l’istituzione di una commissione per la revisione dei protocolli clinici per la ossigenoterapia iperbarica. Una esigenza, questa, fortemente
avvertita a livello nazionale. In seguito al processo in atto
di regionalizzazione delle attività sanitarie si era infatti verificata una disparità di comportamento nella gestione terapeutica delle patologie per cui esiste l’indicazione alla
ossigenoterapia iperbarica.
Il lavoro è stato lungo e si è protratto nel corso di un anno
un dibattito intenso ed appassionato, nel corso del quale
sono talvolta emersi punti di vista controversi per cui si è
faticato a trovare un punto di accordo. A conclusione dei
lavori è stato redatto un documento che è già stato inviato
in visione a tutti i centri iperbarici e che sarà oggetto di
confronto e discussione nel corso dei lavori congressuali.
La giornata di venerdì sarà dedicata all’attività che sta divenendo preminente in tutti i centri iperbarici: la gestione
ed il trattamento delle ferite difficili. La sessione sarà svolta
in collaborazione con l’AIUC (Associazione Italiana Ulcere Cutanee) di cui avremo l’onore di ospitare il Presidente, prof. Marco Romanelli.
Sono certo che sarà una fase congressuale ricca di spunti
e riflessioni in cui si avrà un confronto costruttivo tra le
esperienze di tutti i centri iperbarici che lavorano attivamente in questo settore. Nel pomeriggio altre tavole rotonde con un interessantissimo dibattito tra specialisti del
settore sulle patologie ortopediche, le radionecrosi, le patologie otorinolaringoiatriche (in particolare la ipoacusia
improvvisa).
Sabato 25 novembre concluderemo i lavori parlando ancora di medicina subacquea e vi sarà una sessione dedicata all’apnea (la disciplina più antica delle attività subacquea) con spunti di discussione e riflessione per tutti gli
appassionati.
La speranza è che questo Congresso possa essere per tutti
un momento di importante e valida aggregazione culturale, una occasione di confronto e di crescita professionale, per consolidare la tradizione dei congressi SIMSI,
da sempre tra i più seguiti e frequentati del mondo.
Dr Marco Brauzzi
Presidente designato SIMSI
Impiego della pre-ossigenazione nella prevenzione delle patologie da decompressione
Editoriale
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Landolfi, Faralli, Bosco
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N. 2 - Novembre 2006 f 7
Medicina Subacquea e Iperbarica
Difficoltà di compensazione in subacquei
con disfunzione dell’articolazione
temporo-mandibolare:
proposta di un metodo riabilitativo
A. Bolognini*, C. Casu**, L. Cosso*, E. Delehaye*, M. Cau*
* Centro Iperbarico Sassarese - Istituto Sardo di Medicina Subacquea ed Iperbarica
www.centroiperbarico.it, ** Studio di Ortodonzia e Gnatologia - Sassari
SUMMARY
TEMPOROMANDIBULAR JOINT
DISFUNCTION IN BREATH HOLD DIVERS:
PROPOSAL OF A REHABILITATION METHOD
BACKGROUND
The disturbs of the temporo-mandibular joint (TMJ)
are thought much frequents in divers, at the second of
the Authors these vary from 24% to 68%. We introduce
one manifestation of this pathology thought less frequent
regarding the classic facial pain syndrome from TMJ dysfunction. PATIENTS AND METHODS. We have selected 2 athletes, expert breath hold divers. Both reported problems to equalizer the middle-ear that they
appeared after some hours of underwater activity without technical errors or deficits of ENT sphere. ARGUMENT. The underwater activity today is thought able
to show a dysfunction of the TMJ, very compensated in
normal environmental conditions. The peculiarity to
hold over a long time in mouth, even in cold atmosphere,
the mouthpiece of the snorkel in fact can create one
stress to articulate that associate to favoring local factors which: loose ligaments, inflammation of muscles or
TMJ dysfunction, can create a greatly enhanced tone of
masticatory muscles. In particular the hypertone of the
tensor veli palatini muscle it would not allow one corrected opening of the Eustachian tube with disturbs of
ventilation to cargo of the middle ear that would manifest after repeated solicitations of the TMJ.
RESULTS. We have carried out a gnatologic approach
with splint of the jaw personalized that allows to be
able to receive the mouthpiece of the snorkel and at
the same time to maintain one physiological occlusion
with stabilization of the swallowing musculature. The
two breath hold divers have resolved the problem of
the tubaric dysfunction that inexorably appeared to half
immersion. Also the compliance towards the personalized gnatologic device has turned out optimal, in fact
the skin-diver second its habits holds in mouth the
mouthpiece of the snorkel in surface and removes it
during the dive, all with extreme facility.
Key words: temporo-mandibular joint dysfunction, enhanced tone of masticatory muscles
Introduzione
I disordini dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM)
sono ritenuti molto comuni nella popolazione dei subacquei, alcune casistiche riportano una prevalenza variabile
tra il 24% (5) e il 68% (6). La sintomatologia tipica consiste nella comparsa di dolore localizzato in corrispondenza della muscolatura masticatoria (4), nella zona dell’ATM e auricolare, associato a cefalea (2). Di seguito presentiamo una sintomatologia atipica e poco frequente rispetto al dolore ma riconducibile ad una disfunzione dell’ATM slatentizzata dall’utilizzo del boccaglio (mouthpieces) dello snorkel. Due pazienti, entrambi subacquei apneisti esperti, lamentarono problemi di compensazione
che si presentavano dopo alcune ore di attività subacquea
senza apparenti deficit della sfera ORL o errori tecnici.
Pazienti e metodi
Indirizzo per la richiesta di estratti:
Dr Alfonso Bolognini
c/o Centro Iperbarico Sassarese srl
Via della Torre Loc. Platamona 07100 Sassari
[email protected]
Caso 1: P.M. di anni 28, sesso maschile, nel 2004 si rivolge alla nostra attenzione per una sintomatologia che
si presentava ormai da mesi costante, caratterizzata da
otalgia, ipoacusia con acufene, difficoltà di compensazione che compariva intorno alla seconda ora di apnee
ripetute nel corso di battute di caccia subacquea. Al-
Difficoltà di compensazione in subacquei con disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare
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Bolognini, Casu, Cosso, Delehaye, Cau
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Medicina Subacquea e Iperbarica
l’anamnesi, non si rilevava patologia rinosinusale nei
giorni precedenti l’immersione, né problemi tecnici riguardanti l’attrezzatura subacquea che era la stessa usata
negli ultimi anni.
La visita otorinolaringoiatrica condotta con otoscopia, rinofaringoscopia a fibre ottiche, esame del cavo orale e timpanometria era risultata normale. Era presente uno
schiocco all’apertura dell’ATM ed una malocclusione tipo
morso profondo.
Caso 2: A.P., sesso maschile, 22 anni. Disfunzione tubarica monolaterale destra che compariva dopo circa un’ora
dall’inizio di attività di pesca subacquea con incapacità ad
equilibrare la pressione nell’orecchio destro che costringeva il sub ad interrompere la battuta. La visita Orl era
nella norma tranne che per una sublussazione destra dell’ATM.
Una volta inquadrato il problema da un punto di vista
gnatologico, abbiamo somministrato miorilassanti ed antidolorifici. La riabilitazione temporo-mandibolare finalizzata alla ricerca di una posizione della mandibola, in
occlusione, più favorevole per la muscolatura masticatoria ed i tessuti dell’articolazione stessa è stata eseguita con
splint mandibolare costruito su misura, dopo un montaggio in articolatore. Lo splint permette di accogliere il boccaglio dello snorkel e allo stesso tempo mantenere un supporto occlusale posteriore con stabilizzazione della muscolatura deglutitoria.
La terapia occlusale è supportata da una riabilitazione muscolare con esercizi di apertura mandibolare contro leggera resistenza e stretching.
In entrambi i casi abbiamo associato la ginnastica tubarica effettuata con la collaborazione di un’esperta logopedista, con i classici esercizi per migliorare la tonicità della
muscolatura bucco-faringea ed allenare la compensazione.
Da un punto di vista terapeutico la ginnastica tubarica si
basa su semplici manovre fisiologiche e su esercizi che prevedono il coinvolgimento dei muscoli del distretto faringeo e buccale, in questo modo otteniamo maggiore tonicità della muscolatura peritubarica, con pronto recupero
del tono muscolare e della funzione sfinterica.
Discussione
James B. Costen, otorinolaringoiatra della Washington
University School of Medicine e dell’Oscar Johnson Institute di St. Louis, nel marzo del 1934 sul vol. 43 di The
Annals of otology, rhinology, and laryngology parlò per la
prima volta di una “sindrome caratterizzata da sintomi
auricolari e sinusali dipendenti da una disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare”.
I sintomi che Costen aveva identificato erano:
1. “fullness” (ipoacusia con senso di orecchio pieno) soprattutto postprandiale;
2. acufeni a bassa frequenza;
3. schiocchi alla masticazione;
4. lieve instabilità o crisi vertiginose severe che si risolvevano dopo insufflazioni tubariche;
5. otalgia peri ed intra auricolare di tipo urente.
Per giustificare i sintomi otologici, Costen aveva postulato un’eziopatogenesi meccanica, infatti attribuiva all’insufficienza tubarica secondaria alla malocclusione la causa
dell’ipoacusia, della fullness e persino della vertigine. Nel
suo lavoro, spiegava come il capo superiore del muscolo
pterigoideo esterno che in caso di marcato “overbite” si
poteva rilassare favorendo lo schiacciamento della tuba.
Inoltre il tensore del velo, anch’esso allentato dalla anormale posizione della mandibola, avrebbe perso parte della
sua efficienza nel determinare l’apertura della tuba stessa,
con disfunzione della tromba di Eustachio e disturbi a carico dell’orecchio medio che prontamente regredivano
dopo insufflazione tubarica.
Oggi questo modello proposto da Costen è in parte superato, ma è rimasto il primo nella storia della medicina ad
associare disturbi della sfera ORL con alterazioni dell’apparato della masticazione.
Allo stato attuale dell’arte si riconoscono tre teorie fondamentali: teoria meccanica (una struttura connettivale
pseudolegamentosa presente in epoca fetale e chiamata
legamento sottile, potrebbe essere in grado di mobilizzare
la catena degli ossicini e il timpano in seguito a movimenti
dell’articolazione temporo-mandibolare); teoria anatomica (irritazione del nervo auricolotemporale ma solo nei
casi di dislocazione meniscale anteromediale); teoria miogena (ipertono dei muscoli masticatori.
Dalla nostra esperienza clinica riscontriamo che molti
subacquei riferiscono cefalea e dolore ai muscoli della
faccia conseguenti al continuo movimento delle mascelle
effettuato per tenere nella giusta posizione il boccaglio
dello snorkel. Il boccaglio generalmente è costituito da
silicone di consistenza dura con dei bottoni che vengono
tenuti tra i denti e generalmente non oltrepassano i canini. L’attività subacquea è oggi ritenuta capace di slatentizzare una disfunzione dell’ATM, ben compensata
in condizioni ambientali normali. La peculiarità di tenere a lungo in bocca, magari in ambiente freddo, il boccaglio dell’erogatore o dello snorkel infatti può creare
uno stress articolare che associato a fattori favorenti locali quali: lassità ligamentosa (7), infiammazione dei muscoli o dell’ATM, può creare un ipertono dei muscoli
masticatori. In particolare l’ipertono del muscolo tensore del velo palatino non permetterebbe una corretta
apertura della tuba con disturbi di ventilazione a carico
dell’orecchio medio che si manifesterebbero dopo ripetute sollecitazioni dell’ATM. Questo ipertono muscolare
nei nostri due casi si è verificato quasi esclusivamente al
livello del muscolo tensore del velo del palato con blocco
dei muscoli peristafilini e disfunzione tubotimpanica con
incapacità ad equilibrare la pressione dell’orecchio medio con l’esterno, acufeni, dolore e senso di ovattamento.
Risultati
A due mesi di distanza dalle prime prove in acqua i sommozzatori hanno risolto il problema della disfunzione tubarica che compariva inesorabilmente a metà immersione.
La cura causale con splint mandibolare ha avuto un ef-
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fetto miorilassante con risoluzione della difficoltà di compensazione. Anche la compliance verso il dispositivo su
misura è risultata ottimale infatti l’apneista secondo le sue
abitudini tiene in bocca il boccaglio dello snorkel in superficie e lo toglie durante la discesa sul fondo, il tutto
con estrema facilità.
Conclusioni
In letteratura sono sempre più frequenti i casi di disfunzioni craniomandibolari con un variegato e complesso corteo sintomatologico tanto da essere considerati una vera
e propria sindrome, chiamata dagli Autori Anglosassoni
(3) “diver’s mouth sindrome”. I due subacquei giunti alla
nostra osservazione erano portatori di una disfunzione
dell’articolazione temporo-mandibolare che può essere
giudicata capace di interferire con l’attività sfinterica della
porzione cartilaginea della Tuba uditiva. Presentavano un
compenso che gli permetteva di rimanere asintomatici,
nella vita di tutti i giorni. Durante l’attività subacquea,
l’atleta che compie la caccia subacquea, effettua una miriade di immersioni per ogni battuta, con il boccaglio dello
snorkel in bocca nella fase iniziale del tuffo, e attività di
attesa della preda che porta a serrare i denti. Tutti questi
fattori, associati al freddo, incidono negativamente sulla
performance dei muscoli masticatori, rendendo clinicamente evidente la problematica dell’ATM. Nei due casi il
danno tubarico compariva a distanza rispettivamente di
due ore e di un’ora, dall’inizio dell’attività ed era reversibile con il riposo, tanto che la volta successiva potevano
effettuare compensazioni efficaci prima di incorrere nel
medesimo problema.
Entrambi i pazienti hanno effettuato una cura combinata
causale (splint occlusali), miorilassante associata alla riabilitazione tubarica con risoluzione della difficoltà di compensazione.
Riassunto
I disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM)
sono ritenuti molto frequenti nei subacquei, a seconda delle
casistiche questi variano dal 24% al 68%. Classicamente
sono caratterizzati da algie, anche importanti, della muscolatura masticatoria e della regione auricolare che spesso costringono i sommozzatori che ne sono colpiti ad interrompere l’immersione. Presentiamo una manifestazione di questa patologia ritenuta meno frequente rispetto alla classica
sindrome algica da disfunzione ATM.
PAZIENTI E METODI. Abbiamo selezionato 2 atleti,
apneisti esperti. Entrambi riferivano problemi di compensazione che si presentavano dopo alcune ore di attività subacquea senza apparenti deficit della sfera ORL o errori
tecnici. DISCUSSIONE. L’attività subacquea è oggi ritenuta capace di slatentizzare una disfunzione dell’ATM,
ben compensata in condizioni ambientali normali. La peculiarità di tenere a lungo in bocca, magari in ambiente
freddo, il boccaglio dell’erogatore o dello snorkel infatti
può creare uno stress articolare che associato a fattori favorenti locali quali: lassità ligamentosa, infiammazione dei
muscoli o dell’ATM, può creare un ipertono dei muscoli
masticatori. In particolare l’ipertono del muscolo tensore
del velo palatino non permetterebbe una corretta apertura della tuba con disturbi di ventilazione a carico dell’orecchio medio che si manifesterebbero dopo ripetute
sollecitazioni dell’ATM.
RISULTATI. Abbiamo effettuato un approccio gnatologico con splint mandibolare costruito su misura che permette di potere accogliere il boccaglio dello snorkel e allo
stesso tempo mantenere una occlusione fisiologica con
stabilizzazione della muscolatura deglutitoria. I due sommozzatori hanno risolto il problema della disfunzione tubarica che compariva inesorabilmente a metà immersione.
Anche la compliance verso il dispositivo su misura è risultata ottimale in quanto l’apneista secondo le sue abitudini tiene in bocca il boccaglio dello snorkel in superficie
e lo toglie durante la discesa sul fondo, il tutto con estrema
facilità.
Parole chiave: disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare, ipertono dei muscoli masticatori.
Ringraziamenti
Si ringraziano i due subacquei che hanno consentito lo
svolgimento di questo lavoro. Gli Autori non hanno ricevuto alcun finanziamento a supporto di questa ricerca.
Bibliografia
1. Costen JB, St. Louis MD. “A syndrome of ear and sinus symptoms dependent upon disturbed function of
the temporomanibular joint”. Ann Otol Rhinol Laryngol 1934 Mar;43(1):1-15.
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bjsm.bmjjournals.com/cgi/reprint/38/1/69-Br J Sports
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3. Goldstein G, Katz W. Divers mouth syndrome. NY
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5. Roydhouse N. 1001 disorders of the ear nose and sinuses in scuba divers. Can J Appl Sport Sci 1985;10:99103.
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loose ligaments. Cranio. 2006 Jul;24(3):179-83.
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Fisiopatologia delle immersioni
con autorespiratori ad aria, miscele ed ossigeno
Rosario Marco Infascelli
Presidente SIMSI, Direttore Dipartimento di Emergenza/Urgenza
S.C. di Anestesia, Rianimazione e Terapia Iperbarica - Centro Regionale
di Medicina Subacquea ed Iperbarica, A.O. Santobono Pausilipon - Napoli
La conoscenza delle leggi fisiche che regolano l’immersione in acqua e nelle profondità marine è pregiudiziale
per garantire l’inserimento dell’uomo nell’ambiente subacqueo. La inosservanza di regole codificate e ben precise può essere causa di patologie di variabile gravità.
Nel tentativo di approfondire le conoscenze fisiopatologiche dell’uomo in immersione e di prevenire e risolvere
le problematiche ad esse correlate, è nata, qualche anno
fa, una vera propria branca della medicina: la MEDICINA
SUBACQUEA ED IPERBARICA.
Questo lavoro riassume le modifiche fisiologiche che avvengono in immersione e le conseguenze patologiche legate all’infrazione delle regole per l’effettuazione dell’immersione
sicura e dell’uso inappropriato degli autorespiratori.
Introduzione
L’ambiente subacqueo espone l’uomo a condizioni fisiche
assai diverse da quelle vigenti in superficie.
A crescenti profondità marine:
• aumenta progressivamente la pressione che si esercita
sull’organismo
• la temperatura tende in genere a diminuire determinando risposte riflesse che coinvolgono ed incidono
su tutto l’organismo
• i gas respiratori compressi si riducono di volume
• l’azoto a pressioni elevate manifesta un’azione narcotica
Indirizzo per la richiesta di estratti:
Dr Rosario Marco Infascelli
Centro di Riferimento
di Medicina Subacquea Iperbarica
A.O. Santobono - Pausilipon
Via Mario Fiore, 6 - 80129 Napoli
• l’aumento della pressione parziale dell’ossigeno tissutale provoca, a certi valori, tossicità cerebrale e polmonare
• la decompressione, dopo l’esposizione alle alte pressioni, può determinare patologie di grande complessità fisiopatologica e clinica.
Le modificazioni fisiologiche
nell’immersione
Durante un’immersione in acqua si verificano o possono
verificarsi a carico dell’organismo le seguenti modificazioni fisiopatologiche:
• modificazioni dell’omeostasi della termoregolazione
• effetti diretti della pressione su alcuni organi e apparati (contenenti gas)
• effetti sulla meccanica respiratoria (aumento della densità dei gas respirati - aumento della resistenza)
• effetti dei gas respirati ad elevata concentrazione.
Effetti “fisici” dell’immersione (fase di compressione)
1. variazioni della temperatura (modificazioni omeostasi
termoregolazione)
2. variazioni della meccanica respiratoria
3. aumento della pressione ambientale (compensazione,
iperbaropatie).
1. Variazioni della temperatura (Fig. 1)
In caso di immersione in acque tropicali con temperature
superiori ai 30 °C si può andare incontro ad un affaticamento da calore per l’impossibilità di disperdere nell’ambiente circostante il calore prodotto con il movimento ed
il metabolismo endogeno.
Assai più spesso l’immersione avviene in acque fredde
(temp. < 30 °C) per cui l’organismo si trova a dover contrastare la dispersione di calore verso l’ambiente circo-
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stante. In acque fredde la perdita di calore in acqua avviene per conduzione, convezione e per eliminazione dell’aria espirata che è riscaldata all’interno dei polmoni, per
cui un subacqueo esposto ad una temperatura < 23 °C,
privo di abbigliamento protettivo, avvertirà freddo in
breve tempo. L’abbassamento della temperatura corporea è molto rapido in quanto in acqua la perdita di calore
avviene 21 volte più velocemente che in aria.
2. Variazioni della meccanica respiratoria
Durante l’immersione variano tutta una serie di parametri fisici che determinano importanti ripercussioni sulla
meccanica respiratoria.
Aumento della densità dell’aria inspirata. Con l’aumentare
della profondità di immersione aumenta la pressione e di
conseguenza la densità dell’aria respirata (legge di
Boyle).
Viscosità cinematica. Diminuisce con possibilità di maggiori turbolenze del gas nelle vie respiratorie.
Resistenze. Aumentano le resistenze nella fornitura d’aria
per la densità del gas nei tubi, stadi dell’erogatore, boccaglio. La resistenza al deflusso di un gas è direttamente
proporzionale alla sua densità; l’aumentata resistenza respiratoria si traduce in un aumentato lavoro dei muscoli
respiratori con aumento relativo del consumo di ossigeno.
Per limitare lo sforzo respiratorio e nel contempo ottenere una corretta ossigenazione dei tessuti, la respirazione
in immersione, all’aumentare della profondità, deve diventare più lenta, profonda e ritmica.
Ma alcune condizioni durante l’immersione possono portare all’affanno, con sviluppo di ipocapnia, come gli sforzi
fisici (es.: rimuovere materiale dal fondo marino, nuotare
controcorrente), un erogatore difettoso (aumento resistenze respiratorie), il freddo eccessivo, una forte tensione
emotiva.
Altre condizioni possono portare invece ad ipercapnia,
Fig. 1.
come la contaminazione dell’aria nelle bombole, un inadeguato ricambio di aria alveolare per l’eccessivo aumento
delle resistenze respiratorie, una aumentata produzione
di anidride carbonica a seguito di sforzi fisici.
Si può invece incorrere nell’ipossia per blocco del sistema
di erogazione, esaurimento riserva d’aria, respirazione scorretta, sforzi prolungati, impurità miscela respiratoria.
3. Aumento della pressione ambientale
Nelle immersioni i rischi principali derivano dagli effetti
dell’elevata pressione cui il subacqueo è sottoposto. Infatti:
a) l’esposizione di organi ed apparati a pressioni maggiori aumenta il rischio di barotrauma;
b) l’esposizione ad alte pressioni parziali di azoto aumenta
il rischio di narcosi;
c) l’aumentata esposizione ad alte pressioni parziali di O2
determina sintomi di tossicità acuta sul Sistema Nervoso Centrale;
d) il maggiore assorbimento di azoto nei tessuti a causa
della elevata solubilità di questo gas, comporta rischi
decompressivi per lo sviluppo di bolle.
In determinate circostanze, tali fattori di rischio sembrano
essere ridotti dall’utilizzo di miscele di gas diverse dall’aria.
a) Esposizione di organi ed apparati a pressioni maggiori.
L’aumento di pressione durante l’immersione si ripercuote
sugli organi e tessuti dell’organismo. Le strutture composte da solidi o liquidi, essendo incomprimibili, possono
resistere a pressioni anche molto elevate (700 metri ca.),
mentre gli organi che risentono maggiormente dell’aumento pressorio sono quelli a contenuto gassoso e cioè
l’apparato gastroenterico, i polmoni, l’orecchio medio, i
seni paranasali.
L’apparato gastroenterico ed i polmoni essendo avvolti da
strutture elastiche, riescono ad ottenere uno spontaneo
adeguamento della pressione interna a quella esterna mediante una riduzione del loro volume associata, nel caso
dei polmoni, ad un maggiore afflusso di sangue richiamato
dalla pressione intratoracica che è minore di quella in cui
si trovano le restanti parti del corpo.
L’orecchio medio ed i seni paranasali essendo strutture rigide o semi-rigide e avendo comunicazioni molto ristrette
con l’esterno, necessitano di manovre volontarie per compensare lo squilibrio pressorio che si crea in seguito alla
riduzione del volume dell’aria in essi contenuta (es. introflessione della membrana timpanica).
b-c) Respirazione di pressioni parziali di gas in immersione
e relativi rischi. L’aria è schematicamente composta dal
21% di ossigeno e dal 79% di azoto. Nella subacquea
l’aria è il gas più respirato con l’ausilio degli autorespiratori. Per determinati utilizzi, nelle miscele respiratorie sintetiche viene usato l’ELIO.
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L’AZOTO ha un potere narcotico che cresce con l’aumentare della pressione parziale alla quale viene respirato;
inoltre l’azoto non viene metabolizzato e si discioglie nei
tessuti secondo la legge di Henry (con i relativi problemi
decompressivi).
L’OSSIGENO viene metabolizzato dall’organismo e pertanto non crea problemi di rilascio dai tessuti, ma ha la
caratteristica di diventare tossico per l’organismo se respirato a profondità (pressioni parziali) elevate.
L’ELIO è non narcotico, poco denso, costoso, ha Alta termoconducibilità, dà l’Effetto “paperino” alla voce del subacqueo, può sviluppare una HPNS (High Pressure Nervous Syndrome).
d) Maggiore assorbimento di azoto nei tessuti. Ne discuteremo più avanti.
I rischi delle immersioni estreme ad aria
Il pericolo è costituito dalla narcosi da azoto, dalla neurotossicità dell’ossigeno, dalla ritenzione di anidride carbonica, dalla sindrome da “deep water blackout”.
Narcosi d’azoto. Le manifestazioni della narcosi da azoto
sono proporzionate alla pressione parziale del GAS inalato e possono cominciare a verificarsi intorno ai 30 m. La
narcosi aumenta al punto di una “perdita parziale di coscienza” con autorespiratore ad aria ad una profondità di
circa 107 m. Il meccanismo della narcosi è lo stesso degli
anestetici gassosi e dell’intossicazione da alcool: l’individuo passa attraverso ognuna delle fasi che si verificherebbero in tali casi, dall’eccitazione al sonno.
Neurotossicità dell’ossigeno. Le caratteristiche polmonari e neurologiche della tossicità dell’ossigeno sono abbastanza note (es. Donald, 1992), ma l’ossigeno come gas
“inerte” (ossia narcotico) è stato finora poco studiato (Paton, 1967). Tanto maggiore sarà la profondità a cui viene
respirato l’ossigeno tanto maggiore sarà la rilevanza delle
sue proprietà, tant’è vero che l’ossigeno contribuisce anche ad amplificare la narcosi da azoto, fatto di cui non bisogna sorprendersi (Bennett, 1993).
L’ossigeno nella subacquea come gas componente dell’ARIA, oppure puro o in miscele iper o ipoossigenate,
oppure come gas respiratorio da decompressione. In quest’ultimo caso, il ruolo dell’ossigeno nella decompressione
è quello di rimpiazzare il gas inerte contenuto nella miscela respiratoria al fine di favorire la desaturazione dei
tessuti e quindi ridurre la quantità di gas inerte in circolo
che può contribuire alla formazione delle bolle.
La tossicità neurologica ne limita la pressione parziale
massima a 2.0 ATA in immersione e a 1,6 ATA in decompressione. La tossicità polmonare può avere, inoltre, un
ruolo nell’alterare la presunta eliminazione di gas inerte,
riducendo gli scambi gassosi a livello polmonare.
L’ossigeno può inoltre determinare vasocostrizione sia nel
distretto arterioso sia nel distretto venoso (in decompressione tale effetto riduce la perfusione dei tessuti). Quando
in eccesso, l’ossigeno può contribuire alla formazione di
bolle durante la decompressione, come qualsiasi altro gas.
Infatti Donald nel 1955 parlò di “oxygen bends” in seguito
ad una serie di esperimenti condotti su capre che respiravano miscele contenenti la stessa pressione parziale di gas
inerte, ma differenti pressioni parziali di ossigeno.
Ritenzione di anidride carbonica. Gli effetti dell’Anidride
Carbonica sono determinati dalla sua percentuale nella
miscela respiratoria, come segue. Con il 5% si manifesta
dispnea, ansia, atti respiratori frequenti e rapidi, con il 10
- 15%, vasodilatazione cerebrale, stato confusionale, con
una percentuale superiore al 15%, perdita di coscienza,
convulsioni.
Sindrome da “deep water blackout”. È stato ipotizzato
da Case & Haldane (1941) che la narcosi da azoto sia potenziata dalla ritenzione di anidride carbonica, così come
dimostrato da Hesser et al. (1971). Pertanto nella fisiopatologia della sindrome neuropsichica da profondità (NARCOSI D’AZOTO) è importante il gas inerte inalato
(azoto), la concentrazione di ossigeno nella miscela e l’aumento dell’anidride carbonica.
Patologia da decompressione. Nella fase di emersione diminuisce la pressione del mezzo in cui l’immersione si
svolge. Tale evento è caratterizzato dalla espansione dei
gas respirati e dall’eliminazione dei gas disciolti nei tessuti durante l’immersione. Tali fenomeni possono comportare dei rischi decompressivi con sviluppo delle Patologie da Decompressione.
Le patologie che possono occorrere in fase di decompressione sono legate all’effetto fisico della dilatazione dei gas,
che può comportare rottura della membrana timpanica
(MT) e/o sovradistensione polmonare, e alla mancata eliminazione dei gas in soluzione che è alla base dell’embolia gassosa arteriosa (EGA) e della malattia da decompressione (MDD).
Rottura della membrana timpanica. All’inizio dell’immersione la MT si introflette e comincia a causare dolore già ad
una profondità di 1,5-2 m. Continuando l’immersione, la distensione della MT aumenta progressivamente fino alla lacerazione completa con versamento ematico nel condotto
uditivo esterno. L’ingresso di acqua fredda nell’orecchio medio causa vertigini, nausea e perdita dell’orientamento, che
persistono fino a quando l’acqua non raggiunge la temperatura corporea. Anche durante l’emersione (fase decompressiva), qualora si verifichi un blocco tubarico, può verificarsi
la stessa sintomatologia con meccanismo “esplosivo”.
Sovradistensione polmonare. Può essere causata da
una risalita troppo rapida o da una erronea respira-
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zione. Si verifica progressiva distensione degli alveoli
polmonari con passaggio di minute bolle d’aria nel torrente circolatorio, fino alla lacerazione della membrana
alveolo-capillare (BAROTRAUMA - EGA) con passaggio in circolo di bolle di maggiori dimensioni. Il rischio
è MAGGIORE negli ultimi 10 metri di risalita dove è
maggiore la variazione del rapporto Pressione-Volume.
Se le bolle si spostano nei tessuti adiacenti si può avere
pneumotorace, enfisema mediastinico o sottocutaneo,
mentre se passano in circolo si può incorrere nell’EGA.
Embolia gassosa arteriosa. È la più grave ed acuta delle
patologie subacquee. Può aversi per sovradistensione polmonare (embolia gassosa traumatica), o per rapida decompressione con formazione di bolle di azoto che raggiungono il filtro polmonare creando shunt venoso/arterioso con passaggio nei capillari ed arteriole determinando
ischemia a valle.
Malattia da decompressione. È causata dalla liberazione
troppo rapida dell’azoto assorbito dai tessuti durante
l’immersione e non eliminato correttamente per una risalita troppo rapida. A pressione atmosferica (760
mmHg) la pressione parziale dei gas è in equilibrio tra
alveoli e tessuti. Nell’immersione con autorespiratore ad
aria (ARA), il subacqueo immette negli alveoli una miscela di gas le cui pressioni parziali sono superiori a quelle
dei gas presenti nei tessuti in superficie, per cui i gas diffondono dagli alveoli al sangue e quindi ai tessuti. L’ossigeno, essendo metabolizzato, non si accumula nell’organismo. L’azoto (e tutti i gas inerti) si accumula invece
nei tessuti in funzione del coefficiente di solubilità e della
portata ematica. L’azoto è molto più solubile nei lipidi
che in acqua, a parità di flusso ematico, quindi i tessuti
a maggior contenuto lipidico assorbiranno maggiori
quantità di azoto.
In rapporto al tempo necessario a raggiungere la saturazione i tessuti vengono distinti in tessuti veloci e tessuti
lenti. Durante la fase della discesa e permanenza al fondo
l’organismo è completamente sottosaturo di azoto rispetto
alla pressione cui è esposto perché il gas non riesce a disciogliersi fino a saturazione completa. Nella fase di risalita i tessuti si trovano ad avere disciolta una quantità di
azoto maggiore rispetto alla pN2 nell’aria respirata (sono
cioè sovrasaturi).
Un alto grado di sovrasaturazione (cioè una elevata differenza tra la pN2 nei tessuti e nell’aria alveolare) favorisce
la formazione, nel sangue e nei tessuti, di bolle di azoto.
Le bolle possono aggregarsi tra loro e successivamente
formare dei tromboemboli che possono formarsi all’interno delle cellule causando disfunzioni fino alla lisi con
possibilità di danneggiare estese porzioni di tessuto, comprimere dall’esterno le cellule, con comparsa di dolore in
caso di cellule nervose o danneggiamento di strutture rigide come l’osso, essere trasportati nel torrente circolato-
rio e arrecare danni ad organi vitali (es. cuore, midollo
spinale).
Gli autorespiratori e le miscele
Comunemente l’immersione amatoriale viene condotta
con l’ARA, ma l’evoluzione dei materiali e dell’industria
sta da alcuni anni conducendo la Subacquea all’uso di miscele respiratorie sintetiche, diverse dall’aria per la composizione e percentuale di gas di cui si compongono, e all’impiego di sistemi di respirazione (autorespiratori) diversi dell’ARA, come i rebreather e gli autorespiratori ad
ossigeno (ARO).
Miscele respiratorie. Comunemente nell’attività subacquea vengono impiegate miscele ossigeno/azoto (miscele
Nitrox) o ossigeno/azoto/elio (miscele Trimix). Riportiamo le caratteristiche di tali miscele e i vantaggi e svantaggi del loro uso.
Miscele Trimix. L’esigenza di aumentare le profondità
operative viene soddisfatta dalla introduzione di tali miscele.
Caratteristiche:
– è più costosa e meno facilmente reperibile;
– l’elio disperde il calore più velocemente dell’azoto;
– l’elio è più solubile a parità di pressione rispetto all’azoto;
– è necessario addestramento specifico;
– c’è bisogno di maggiori attrezzature spesso dedicate;
– le immersioni sono proprie del settore lavorativo, in
cui l’immersione tecnica è vincolata e non libera per
ridurre drasticamente gli eventuali rischi connessi;
– hanno un potenziale maggiore rischio per maggiore
quota operativa, maggiore permanenza in acqua e maggiore complicazione nella gestione delle riserve di
gas;
– in tali immersioni non è consentita flessibilità di programmazione dell’immersione ed è richiesta l’adozione di tabelle dedicate ed estremamente meno flessibili rispetto alle immersioni in aria (esigenza di rispettare al millesimo tempo di fondo e profondità
massima);
– l’affidabilità delle tabelle e delle procedure decompressive è ancora da provare e la gestione con computer da immersione è ancora da provare;
– sono varie e diverse le scuole di pensiero e di conseguenza sono diverse le procedure addestrative (nel settore sportivo).
Svantaggi:
costi elevati, difficoltà di reperire centri di ricarica, necessità di cambio erogatore e miscela in fase decompressiva,
addestramento adeguato, effetto di dispersione termica dell’elio.
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Vantaggi:
drastica riduzione della narcosi da azoto, possibilità di aumentare i tempi di permanenza sul fondo e/o accorciare
i tempi di decompressione, controllo dell’esposizione alla
tossicità di ossigeno, riduzione della densità e dello sforzo
della respirazione con minor ritenzione di CO2 e possibilità di utilizzare la miscela trimix normossica a partire dalla
superficie.
Miscele Nitrox. Le due miscele Nitrox maggiormente diffuse nell’uso sportivo sono la nitrox 32 (al 32% di O2) e
la Nitrox 36 (al 36% di O2). Le altre combinazioni sono
considerate nitrox tecnico.
Caratteristiche, vantaggi, svantaggi:
– l’uso delle NITROX prevede l’adozione di tecniche
specifiche d’immersione e attrezzature dedicate; fino
al 40% di ossigeno nella miscela nitrox non esiste alcuna necessità di utilizzare attrezzature dedicate. Solo
le bombole sono l’unica eccezione: devono essere infatti totalmente sgrassate per evitare inconvenienti in
fase di ricarica
– per il rischio di detonazione dell’ossigeno ad elevata
pressione nel contatto con i grassi lubrificanti, occorre
utilizzare lubrificanti ossigeno compatibili
– le miscele nitrox hanno un maggior costo legato alla
scarsa disponibilità di stazioni di ricarica
– è importante il problema della tossicità da ossigeno dipendente dalla profondità di utilizzo (pressione parziale crescente) e anche dal tempo di esposizione.
Se non viene immesso, per errore, nel sacco polmone ulteriore O2 il subacqueo inevitabilmente andrà incontro ad
Ipossia da diluizione con le conseguenze già accennate
fino alla perdita della coscienza.
Rebreather. Un capitolo a parte sulle problematiche fisiopatologiche in immersione spetta ai Rebreathers che
sono apparecchiature gestite dal subacqueo e dall’elettronica che permettono immersioni a profondità elevate
ma che, allo stato, aggiungono al rischio generico dell’immersione quello derivante dalla eventuale mancata
funzionalità dell’apparecchiatura, più sofisticata e delicata, e quindi non ancora in grado di permettere immersioni in sicurezza.
Le parti comuni a tutti i rebreathers sono il Boccaglio con
valvola per l’equilibrio con la pressione idrostatica, la sacca
polmone contenente gas respiratori a pressione, il sistema
di aggiunta di O2 all’interno del circuito, il canister contenente un materiale filtrante per la CO2, il sistema di valvole di non ritorno in prossimità del boccaglio.
In generale, ai problemi già evidenziati per l’uso di apparecchiature e metodiche già descritte, con l’uso dei rebreathers, agli indubbi vantaggi per la profondità raggiungibile, devono aggiungersi le maggiori difficoltà d’impiego,
i maggiori costi, la variabilità della PpO2 all’interno della
sacca polmone non correlata al carico di lavoro dell’operatore con aumento del rischio di ipossia o tossicità da O2,
l’accumulo dell’inerte nella sacca polmone che dovrà essere scaricato all’esterno.
Gli autorespiratori. Oltre l’ARA, è di recente l’uso non a
scopo commerciale dell’Autorespiratore ad ossigeno
(ARO) e dei Rebreather.
Autorespiratori ad ossigeno. L’autorespiratore ad ossigeno è dotato di un filtro per l’anidride carbonica e di un
semplice sacco-polmone riempito di ossigeno da cui respira il sommozzatore.
All’aumentare della pressione (profondità) aumenta la
pressione parziale dell’ossigeno respirato e quindi, la sua
tossicità legata sia alla pressione che al tempo di esposizione.
Man mano che l’ossigeno viene consumato, deve essere
immesso più ossigeno nel sacco polmone erogandolo dalla
bombola.
L’azoto disciolto nell’organismo viene lavato via dall’organismo attraverso il circuito chiuso dell’ARO finendo
nel sacco polmone.
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Fisiopatologia delle immersioni con autorespiratori ad aria, miscele ed ossigeno
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Infascelli
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Medicina Subacquea e Iperbarica
La mionecrosi da clostridio degli arti:
efficacia della ossigenoterapia iperbarica
M. Brauzzi, P. Tanasi, L. De Fina, G. Sbrana
U.O.s. Medicina Subacquea ed Iperbarica, Ospedale Misericordia - ASL 9 Grosseto
SUMMARY
CLOSTRIDIAL MYONECROSIS OF LIMBS:
EFFECTIVENESS OF HYPERBARIC OXYGEN
THERAPY
The Authors describe the disease by an analysis of
the epidemiological, pathogenetical, clinical and therapeutic aspects. They also illustrate, in the aim to exemplify the extreme severity of the clinical scene which
creates an immediate life threatening for the patient,
a small series of cases. In this scenario becomes fundamental the role of Hyperbaric Oxygen Therapy
(HBO) which, used together with surgical and antibiotic therapy, can divert the clinical trend to a positive outcome. The bacteria involved are clostridia,
whose known species are about 150, but only 6 are
directly responsible in the pathogenesis of myonecrosis, commonly cited as gas gangrene. One of the essential beneficial effect of HBO is its inhibitory action on the production of toxins, which is effective at
an oxygen partial pressure of 80 mm.Hg. On the contrary it is totally ineffective when the alpha toxin has
been already produced. So is mandatory to start HBO
as soon as possible, in the aim to reach the highest
possible synergy with antibiotics and surgical therapy.
The very encouraging results achieved are the most
convincing argument for pursuing in the use of HBO
in the clinical practice of the intensive care unit.
Key words: Clostridium, hyperbaric oxygenation, mionecrosis, gas gangrene
Indirizzo per la richiesta di estratti:
Marco Brauzzi
U.O.s. Medicina Subacquea ed Iperbarica
ASL 9 Grosseto - Ospedale Misericordia
Via Senese - 58100 Grosseto
Introduzione
In tutte le epoche, la gangrena gassosa è stata una delle
complicazioni più temibili delle ferite di guerra a causa
della sua evoluzione fulminante, della gravità della tossiemia da essa provocata e della sua elevata mortalità. Tossinfezione solitamente mortale senza terapia idonea e tradizionalmente associata a campagne militari, la mionecrosi da clostridio, altrimenti denominata “gangrena gassosa vera”, rimane, ai nostri tempi, ancorché rara, una
eventualità assai temibile anche nella popolazione civile.
Meritano di essere ricordate tre date:
– la scoperta, alla fine del secolo scorso, da parte di Pasteur (1877) e di Welch (1891) della responsabilità patogenetica della flora clostridiale anaerobia (1);
– l’utilizzo, a partire dal 1943, della penicillina, che, a distanza di 45 anni, resta l’antibiotico di prima scelta;
– la introduzione nel 1960, da parte di Boerema e Brummelkamp, della ossigenoterapia iperbarica (OTI) nella
terapia della gangrena gassosa.
Incidenza
La caduta della incidenza nel corso della prima metà del
secolo XX illustra, in modo eclatante, il progresso fatto
dai chirurghi nella strategia terapeutica delle ferite ed in
particolare delle ferite di guerra. La incidenza, stimata nel
5% delle ferite ai tempi della prima guerra mondiale è
scesa fino a meno dell’1% nel corso della seconda guerra
mondiale ed allo 0,016% durante la guerra del Vietnam
(2). La sua incidenza attuale è molto scarsa, nonostante
che sia stata segnalata una certa recrudescenza nel corso
degli ultimi 20 anni, attribuibile ad un aumento dei politraumatismi della strada e ad un certo allentamento della
vigilanza nel campo della profilassi (3). La incidenza attuale è stimata a 1 caso per anno ogni 100.000 abitanti in
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Olanda (4) e a 0,4 casi per anno per 100.000 abitanti negli Stati Uniti (5). Nel 1980 uno studio multicentrico francese realizzato in 12 centri, nel periodo 1965-1979 ha recensito 778 casi (6).
Batteriologia
Sono state identificate più di 150 specie di Clostridium ma
solamente 6 sono chiamate in causa nella gangrena gassosa: C. perfringens (C. Welchii), C. novyi (C. oedematiens),
C. septicum, C. histolyticum, C. bifermentans, C. fallax
(34,26). Il C. perfringens è l’agente principale della mionecrosi. Esso è stato reperito dall’80 al 90% dei casi. Bacilli anaerobi stretti, incapsulati, tozzi, Gram +, sporogeni,
i Clostridia ed in particolare il C. perfringens sono dei germi
tellurici, ubiquitari, con la sola eccezione del deserto africano e del Grande Nord poco popolato (7). Essi fanno
parte della flora saprofita delle cavità naturali dell’uomo
ed in particolare del canale digestivo che costituisce una
importante riserva di Clostridium, dal quale possono essere colonizzati i tegumenti.
Il C. perfringens, privo di attività piogena, si sviluppa in
atmosfera anaerobia e si caratterizza per la sua estrema
velocità di moltiplicazione, per la produzione di una imponente quantità di gas (H2, CO2, SH2) e soprattutto per
la produzione di esotossine. Più di 20 esotossine sono
state identificate a partire da 6 specie di Clostridium responsabili della gangrena gassosa (7). Una di esse, la alfatossina gioca un ruolo essenziale. È una lecitinasi C
estremamente aggressiva per gli enzimi e le membrane
cellulari, provocando una necrosi cellulare rapidamente
estensibile ed una emolisi. La tossina theta, sinergica
della alfatossina, è responsabile della cardiotossicità ed
il “fattore circolante” della inibizione della fagocitosi
(8).
Mac Lennan ha stimato nel 30% il numero di ferite contaminate dalle spore di C. perfringens, mentre le mionecrosi sono, di gran lunga, più rare (7). Il C. perfringens
non si può sviluppare solo quando il potenziale ossidoriduttivo dei tessuti è sufficientemente basso. Queste condizioni si realizzano nella ischemia, nella necrosi, nella
presenza di corpi estranei e nel caso della moltiplicazione
dei germi aerobi. Con una percentuale dal 75 all’80% dei
casi si osservano, nelle mionecrosi clostridiali traumatiche, delle lesioni vascolari. Quanto alle mionecrosi postoperatorie e di natura internistica, esse si osservano con
maggiore frequenza nel paziente aterosclerotico o diabetico dopo iniezione di sostanze vasocostrittrici (adrenalina, chinine...).
Al momento in cui il Clostridium riesce a svilupparsi ed a
produrre la tossina scattano tutti i meccanismi: i germi si
moltiplicano in modo esplosivo, secernendo abbondantemente la tossina, la necrosi tissutale si estende, la tossiemia si diffonde e, in assenza di terapia efficace, la evoluzione è rapidamente mortale nello spazio di 2 o 3 giorni.
Porta di entrata
Anche in tempo di pace, le mionecrosi clostridiali degli
arti di origine traumatica (circa il 50% dei casi) sono le
più frequenti: ferite lacero-contuse sporcate da terriccio,
corpi estranei, da frammenti di vestiario associate a lesioni
vascolari, fratture esposte, maciullamento degli arti e
schiacciamento delle masse muscolari, ustioni e ferite di
limitata estensione da arma da fuoco o da scoppio di granata (2). La porta di entrata può essere operatoria in particolare dopo amputazione nel caso di chirurgia vascolare
nelle arteriti e nei diabetici. Delle gangrene gassose sono
state anche osservate dopo interventi chirurgici cosiddetti
“asettici”, in particolare dopo chirurgia dell’anca.
Infine la porta di entrata può essere medicale: contaminazione a partire da ulcere cutanee o escare da decubito, da
puntura vascolare, da iniezioni intramuscolari o intraarticolari in tegumenti non sufficientemente disinfettati (9,
10, 11, 2, 8, 12, 13).
Qualche volta sono state osservate delle “gangrene spontanee”: nella maggior parte dei casi si tratta di localizzazioni metastatiche di una setticemia originata da un cancro del colon o del retto fino ad allora misconosciuto.
Aspetti clinici e diagnostici
La incubazione è variabile, da 6 ore a più di 6 giorni, in
media 48 ore. Il primo segno è il dolore, vivo, persistente,
anomalo. Esso deve richiamare l’attenzione, la diagnostica deve essere evocata, la ferita esaminata ed esplorata.
I tegumenti sono edematosi e freddi: è l’“edema maligno”.
Il colore si modifica quando inizia la necrosi dei tessuti
sottostanti: all’inizio biancastra, la cute diviene poi color
rame e quindi bronzea (erisipela bronzea), talvolta brunastra e appaiono poi delle macchie ecchimotiche, violacee. Tutte queste lesioni si estendono rapidamente. Si costituiscono poi delle bolle e delle flittene che secernono
una sierosità stagnante, nauseabonda, “pestilenziale”,
“odore di fogna”. Nella sierosità possono essere visibili
delle bolle di gas.
La palpazione svela un segno importante ma non costante
né specifico: la crepitazione a fiocchi di neve, percepita a
distanza dalla lesione. All’incisione il muscolo è insensibile, atonico, a “carne di pesce”. Esso non si retrae.
L’aspetto è alterato, i segni generali sono costantemente
presenti e rispecchiano la infezione clostridiale. La tachicardia è significativa, da 140 a 160/min, sproporzionata
rispetto alla febbre che ha valori normali, talvolta moderata, talvolta elevata.
In assenza di terapia, la situazione locale e generale si aggrava di ora in ora (“gangrena fulminante”). Ad uno stato
di prostrazione può fare rapidamente seguito l’obnubilamento del sensorio ed il coma. Si instaura quindi uno stato
di shock ipovolemico con componente cardiogena. È fre-
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quente la insufficienza renale acuta. L’ittero può essere indice di emolisi. Completano, infine, il quadro di questa
infezione clostridiale un ARDS e delle emorragie digestive.
La radiografia può svelare, a livello delle masse muscolari,
intorno alla ferita e talvolta a distanza, la presenza di gas
che può sfuggire alla palpazione. La messa in evidenza di
questi versamenti gassosi profondi o superficiali non costituisce comunque un elemento per la certezza della diagnosi:
la presenza di gas non è né costante, né precoce, né specifica della infezione clostridiale (altri germi possono produrre gas: E. coli, Proteus, Aerobacter, Streptococcus anaerobius...) e per di più, l’ingresso del gas per via traumatica,
a partenza dalla ferita, è ugualmente possibile (14, 2).
Sul piano batteriologico, si impone in modo urgente una
analisi e costituisce un prezioso elemento diagnostico. È
l’esame diretto con la colorazione di Gram delle sierosità
che fuoriescono dalla ferita, prelevate o a livello delle flittene o durante la esplorazione chirurgica. Essa mette in
evidenza numerosi bacilli Gram + non sporulati che contrastano con una stupefacente scarsezza di leucociti. Questo esame deve essere completato da una coltura di aerobi
ed anaerobi e pertanto l’interesse diagnostico immediato
è limitato poiché i Clostridium crescono tardivamente (minimo 24-36 ore).
Le emocolture sono raramente positive (10%), mentre si
associa una importante emolisi. Il problema reale è quello
della precocità della diagnosi che si basa su tre segni essenziali: il dolore anomalamente acuto in corrispondenza
della ferita, la tachicardia e la evidenza alla osservazione
diretta di bacilli Gram + nelle sierosità. Infatti la diagnosi
della gangrena gassosa è innanzitutto una diagnosi clinica
che impone, a chi la formula, l’impostazione della terapia
con una generosa infusione di antibiotici nella fase iniziale.
È un classico il fatto di contrapporre, a seconda del sito
iniziale di infezione, la cellulite alla mionecrosi. La cellulite clostridiale degli arti, non eccezionale ma meno frequente di quella perineale e al livello del tronco, si differenzia dalla mionecrosi per un dolore meno intenso,
dei tegumenti meno edematosi, una depigmentazione
meno intensa della pelle, dei discreti segni di tossiemia,
ma al contrario una quasi costante crepitazione sottocutanea a guscio di uovo. In realtà solo la esplorazione chirurgica consente di classificare con certezza la patologia
in considerazione del fatto che alcune celluliti possono
essere particolarmente gravi ed evolvere verso una mionecrosi.
Terapia
La gangrena gassosa costituisce una urgenza assoluta medico-chirurgica. La terapia è costituita dalla associazione
di antibioticoterapia, OTI, terapia chirurgica e rianimatoria.
Antibioticoterapia
La scoperta della penicillina ha costituito una svolta nella
storia della gangrena gassosa. La penicillina G resta l’antibiotico di scelta nella prevenzione e nel trattamento della
gangrena gassosa. Esso riduce la mortalità e la morbilità
delle gangrene gassose sperimentalmente indotte. Nessun
altro antibiotico si è dimostrato superiore alla penicillina.
Nell’adulto, la posologia giornaliera consigliata, in assenza
di insufficienza renale è di 20-40 milioni di Unità. Le cefalosporine, solitamente, sono meno efficaci della penicillina. In caso di allergia alla penicillina, non mancano le alternative: la rifampicina, i fenicoli regolarmente attivi ma
mielotossici, i macrolidi (eritromicina e clindamicina) e le
cicline. Queste ultime due specie si dimostrano sempre
più inattive. I glicopeptidi costituiscono una interessante
soluzione.
In realtà, la infezione è solitamente polimicrobica, sia nel
quadro di esordio che per sovrainfezione, cosicché conviene associare alla penicillina degli antibiotici a largo spettro, in particolare sui germi Gram - aerobi (Enterobacteries, Pseudomonas) ed anaerobi (Bacteroides).
Il razionale dell’uso della ossigenoterapia
iperbarica
Nel 1960, come descritto da Bakker (9), Brummelkamp
e Boerema introdussero l’OTI nella terapia della gangrena
gassosa e scrissero dei loro primi successi terapeutici.
L’interesse per l’OTI nella terapia della gangrena gassosa
si fonda su solide basi sperimentali e sui risultati favorevoli di numerosi “trials” clinici.
Se le spore quiescenti di C. perfringens sono insensibili
alla azione dell’ossigeno, le sperimentazioni in vitro hanno
dimostrato che l’OTI ha un effetto batteriostatico e anche battericida su delle colture di Clostridium. Questo effetto inibitore o letale dell’ossigeno dipende dalla specie
di Clostridium (C. perfringens, C. novyi ed hystoliticum
sono i più sensibili), dal ciclo di riproduzione del germe
(fase di crescita), dalla pressione dell’ossigeno utilizzato,
dalla durata di esposizione ed infine dal terreno di coltura
utilizzato. La presenza di sangue o di detriti tissutali annulla gli effetti dell’ossigeno poiché, per apporto di catalasi, essi determinano una distruzione enzimatica dei perossidi prodotti in atmosfera ossigenata dal Clostridium,
evento che ne determina la distruzione.
Uno degli effetti benefici essenziali dell’ossigeno iperbarico è la sua azione inibitrice sulla formazione di tossine,
che si esercita con pressioni di ossigeno superiori a 80
mmHg. Al contrario se esso inattiva alcune tossine, esso
è assolutamente privo di efficacia sulla alfa-tossina già prodotta.
La efficacia dell’ossigeno iperbarico sulla gangrena gassosa è stata dimostrata sperimentalmente su dei modelli
animali. Demello (8), confrontando l’azione della toilette
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chirurgica, della antibioticoterapia e dell’ossigeno iperbarico su un modello di gangrena gassosa sperimentalmente
indotto su dei cani, ha ottenuto il più alto tasso di sopravvivenza con la associazione di questi tre mezzi.
I vantaggi di un precoce trattamento OTI sono:
1. È “salvavita” perché consente una terapia chirurgica
meno demolitiva nei pazienti gravi e la interruzione
della produzione di alfa-tossina è molto rapida.
2. È conservativa per gli arti ed i tessuti poiché evita premature amputazioni o estese resezioni (fatta eccezione
per le aperture delle ferite). Essa delinea bene la demarcazione, cosicché entro 24-30 ore vi è una netta distinzione tra tessuto necrotico e tessuto ancora vitale.
In questo modo si riduce sia la percentuale che il numero delle amputazioni.
Una eccellente disamina della terapia è stata fatta da Peirce
(15) che ha concluso che “la moderna terapia della gangrena gassosa implica l’uso contemporaneo di antibiotici,
intervento chirurgico ed ossigenoterapia iperbarica”. Egli
pensa che “... sarebbe poco ortodosso dal punto di vista
etico fare uno studio randomizzato su questo argomento...”.
Revisione dei risultati
Il profilo terapeutico consigliato è OTI a 2.8 ATA per 90’,
3 volte nelle prime 24 ore e quindi 2 volte al giorno per i
successivi 4 o 5 giorni. La decisione di interrompere la terapia dipende dalla risposta alla stessa del paziente. Se
persiste lo stato tossico, deve essere allungato il tempo
della terapia. È bene comunque rivedere i risultati dopo
10 trattamenti. Sul piano pratico la maggioranza delle
équipe utilizza il protocollo proposto da Brummelkamp
e Boerema che prevede sei trattamenti a 3 ATA in ossigeno al 100% nelle prime 48 ore, seguito da due trattamenti quotidiani i giorni successivi fino alla regressione
della infezione, effetto ottenuto generalmente nello spazio di 4-5 giorni.
Costi
L’OTI riduce la morbilità e permette di abbassare, eventualmente, il livello di amputazione necessario per la gangrena dell’arto, giustificando quindi il costo della terapia.
L’OTI viene di solito usata nei primi 5-7 giorni.
Infine l’OTI, contemporaneamente alla sua azione sui
germi ed alla produzione di tossine esercita un effetto di
rianimazione delle difese dell’organismo restituendo ai
polimorfonucleati il loro potere battericida. La efficacia
dell’OTI nei casi umani è stata confermata nel corso degli ultimi 25 anni da numerosi “team” di studiosi. Non
esiste tuttavia alcuno studio controllato in letteratura, essendo tale tipologia di studio eticamente inaccettabile. La
maggior parte delle casistiche riportate ha confermato la
riduzione della mortalità allorché l’OTI venga associata
agli antibiotici ed alla chirurgia. Alcuni centri sono arrivati a percentuali del 50%.
Chirurgia
Nel passato l’unica soluzione terapeutica era costituita da
un intervento chirurgico radicale e mutilante, di salvataggio (amputazione dell’arto, disarticolazione della spalla o
dell’anca) che anche se effettuato precocemente, aveva
una altissima percentuale di mortalità. L’attuale orientamento terapeutico nel trattamento dell’infezione clostridiale sotto la azione congiunta degli antibiotici e dell’ossigeno iperbarico ha indotto una modificazione della strategia chirurgica che è divenuta più conservativa.
L’atto iniziale, che consente di ottimizzare la azione congiunta degli antibiotici e dell’ossigeno iperbarico consiste
nel proteggere o ripristinare la vascolarizzazione tissutale
ed eliminare tutti gli elementi che possano favorire la riproduzione del Clostridium. La preparazione chirurgica
in anestesia generale comporta l’adozione delle seguenti
misure: all’inizio esplorazione minuziosa della ferita che
deve essere livellata, rimozione dei corpi estranei, sbrigliamento di eventuali aderenze che siano in tensione, fasciotomia decompressiva, drenaggio accurato, tutte misure
atte a prevenire la ischemia muscolare. Queste operazioni
sono completate da una evacuazione dell’ematoma, da
una escissione dei tessuti necrotici, da un lavaggio della
ferita con soluzione fisiologica ed una corretta immobilizzazione. Al contrario un tessuto che mostri segni vitali non
dovrà essere rimosso. In ogni modo, all’inizio le escissioni
devono essere limitate al minimo dal momento che la demarcazione tra tessuti sani e necrotici sarà più evidente
dopo le sedute di OTI.
L’amputazione nella fase iniziale non deve essere presa in
considerazione altro che nei casi in cui vi sia un imminente
pericolo di vita e/o delle lesioni traumatiche o gangrenose
dell’arto compromettano palesemente la possibilità di un
recupero. Le medicazioni quotidiane, effettuate in anestesia generale permetteranno di eliminare le callosità e di
escidere i tessuti necrotici che costituiscono un terreno
favorevole alla crescita dei germi. Ricordiamo infine che
il moncone di amputazione non deve essere suturato immediatamente ma a distanza di qualche giorno come atto
di definitiva riparazione chirurgica.
Rianimazione
I presidi rianimatori classici costituiscono un essenziale
completamento della terapia. Essi sono costituiti dal ripristino dell’equilibrio elettrolitico ed acido-base, da un
adeguato apporto nutrizionale, da un efficace riempimento
vascolare, dalla correzione di uno stato di shock che può
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essere tanto ipovolemico quanto cardiogeno oppure settico, da distress respiratorio, da una insufficienza renale
acuta, da turbe della emostasi.
Se, da una parte, è stata unanimemente abbandonata la
pratica della sieroterapia antigangrenosa in virtù della sua
provata inefficacia e dei rischi intrinseci del suo uso, la
profilassi antitetanica deve essere al contrario sistematicamente eseguita. In molti casi, infatti, è stata descritta la associazione tra gangrena gassosa e tetano.
La cronologia dei diversi presidi terapeutici è, attualmente,
bene codificata. Essa può pertanto variare in funzione
delle difficoltà logistiche e specialmente dei ritardi nel trasferimento al centro iperbarico. La antibioticoterapia deve
essere iniziata al momento in cui si comincia ad avere il
sospetto diagnostico ancora prima di avere avuto la conferma dal laboratorio (presenza di bacilli Gram + all’esame
diretto). Le azioni chirurgiche devono essere meglio interfacciate con le sedute di OTI. Se il ricorso immediato
alla chirurgia viene imposto in presenza di una raccolta
sotto pressione, di una sindrome ischemica acuta o nel
caso di impossibilità di trattare rapidamente il paziente
con l’ossigeno iperbarico, nei fatti OTI e atti chirurgici
devono essere iniziati nel più breve tempo possibile.
Risultati
A dispetto dei progressi fatti nella terapia e della notevole
efficacia degli agenti anti-infettivi disponibili, la prognosi
della gangrena gassosa resta incerta. La mortalità complessiva resta molto elevata, variando dal 20 al 50% a seconda delle casistiche che sono, a ben vedere, difficilmente
confrontabili. La mortalità è funzione della localizzazione
iniziale. Essa è dell’ordine del 10-25% per le mionecrosi
degli arti potendo passare al 60% per quelle del tronco.
In circa la metà dei casi, la sopravvivenza non viene ottenuta che a prezzo di importanti mutilazioni: amputazioni
in prevalenza e qualche volta disarticolazioni. Oltre alla
localizzazione iniziale vi sono altri fattori che peggiorano
la prognosi: età avanzata, stato di indebolimento fisico
(etilismo, diabete, obesità, neoplasie), turbe della coagulazione (riduzione del tempo di Quick, trombocitopenia),
ipotermia, ittero, insufficienza renale, insufficienza respiratoria acuta, stato di shock, turbe dello stato di coscienza
ed infine il ritardo nella terapia che, di fatto, è il fattore
più importante.
Si potranno migliorare questi risultati dal momento che
disponiamo di agenti anti-microbici estremamente efficaci? La risposta è affermativa e si basa sulla aumentata
vigilanza dei medici, la quale dovrà essere costituita da
due principi fondamentali: applicazione di una rigorosa
profilassi e trattamento immediato ed intensivo di tutte le
gangrene diagnosticate.
CASO 1. Paziente di 37 aa. di sesso maschile. Viene trasportato in Ospedale dopo incidente stradale. Viene ese-
guita splenectomia di urgenza per rottura di milza. Portatore di frattura esposta di tibia sinistra con associata
grave lesione muscolare in regione surale, peroneale, tibia anteriore. Inoltre vi è una frattura pluriframmentaria
sottotrocanterica del femore destro e frattura dello scafoide destro.
In seconda giornata comparsa di dolore diffuso alla gamba
sinistra con anestesia estesa anche al piede ed evidente deficit dello SPE (sciatico popliteo esterno) e SPI (sciatico
popliteo interno). Alla apertura del gesso cute diffusamente sofferente con flittene in regione dorsale del piede
e della gamba.
Al controllo Rx presenza di aria al 3° distale della gamba
sinistra. Viene aperta la sutura ed effettuato prelievo di
materiale necrotico che viene trattato in anaerobiosi: viene
isolato staphylococcus aurens e Clostridium perfringens.
Si somministrano teicoplamina e netilmicina e viene richiesto il trattamento con OTI. Lo stesso viene eseguito
secondo il protocollo previsto e dopo 5 trattamenti un
nuovo campione prelevato risulta completamente sterile.
Il paziente continuerà poi la terapia per favorire granuleggiamento delle ferite con estesa perdita di sostanza e si
conclude dopo 40 sedute. Attualmente è portatore di una
osteomielite della tibia sinistra. Trattato con artrodesi della
articolazione tibiotarsica sinistra è in grado di deambulare autonomamente e di guidare l’automobile.
CASO 2. Paziente dell’età di 64 aa., pensionato. Anamnesi di cardiopatia ischemica e diabete, in terapia con nitrorderivati per via transcutanea. A seguito di caduta accidentale riportava una frattura del polso sinistro. Veniva
quindi ricoverato in ambiente ortopedico e confezionato
apparecchio gessato. Il giorno successivo compariva ipotermia ed impotenza funzionale della mano sinistra, per
cui veniva rimosso l’apparecchio gessato e praticata fasciatomia delle logge muscolari dell’avambraccio. Praticata una angiografia che evidenziava ostruzione dei vasi
arteriosi dell’avambraccio sinistro con precaria vascolarizzazione distale. Veniva pertanto deciso il trasferimento
in Chirurgia Vascolare; all’arrivo si osservava la presenza
di importanti crepitii sottocutanei diffusi a tutto il braccio e l’emitorace sinistri. Radiologicamente si osserva un
diffuso enfisema sottocutaneo della parete toracica sinistra e delle parti molli della spalla sinistra; il controllo evidenzia riduzione e successivamente scomparsa dell’enfisema con comparsa però di un edema interstiziale di verosimile natura reattiva. La diagnosi batterioscopica è di
mionecrosi da Clostridium perfringens. Si procedeva
quindi, viste le condizioni cliniche ingravescenti all’amputazione dell’arto superiore sinistro ed alla fasciotomia
del gran pettorale e del deltoide sinistro.
Veniva poi immediatamente trasferito in camera iperbarica dove veniva trattato secondo il protocollo OTI previsto per la gangrena gassosa con netto miglioramento clinico già dalla prima seduta, e dopo due giorni può lasciare
La mionecrosi da clostridio degli arti: efficacia della ossigenoterapia iperbarica
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Medicina Subacquea e Iperbarica
in soddisfacenti condizioni cliniche il Centro di Rianimazione.
CASO 3. Paziente dell’età di circa 18 aa., in seguito ad incidente stradale riporta un trauma alla gamba destra con
frattura della testa e del collo dell’astragalo e lussazione
tibio-tarsica sottoastragalica, che vengono trattate chirurgicamente con tenorrafia degli estensori. In terza giornata
in seguito alla comparsa di violento dolore della sede della
lesione ed importante rialzo febbrile viene sottoposto a
fasciotomia decompressiva. Il quadro clinico (pur non
supportato dalla conferma batterioscopica) depone per
una infezione da anaerobi e viene deciso il trattamento
con terapia iperbarica. Dato importante è che al termine
del 1° trattamento (effettuato immediatamente dopo la
fasciotomia) il paziente è completamente apiretico con
netta riduzione del dolore e miglioramento delle condizioni cliniche generali.
Viene pertanto proseguita la terapia iperbarica secondo
il protocollo OTI per la gangrena gassosa con miglioramento del quadro clinico (scomparsa totale anche della
sintomatologia dolorosa).
Si prosegue poi il trattamento OTI per accelerare il granuleggiamento dei tessuti lesionati e circa un mese dopo
l’opera ricostruttiva viene completata in chirurgia plastica
con intervento di trasferimento al piede destro di lembo
libero parascapolare destro.
Attualmente il paziente ha un pieno recupero funzionale
dell’articolazione, il che consente una normale attività lavorativa (garzone di panetteria).
Discussione
I casi clinici sopra esposti costituiscono, senza ombra di
dubbio, una eclatante conferma dell’assoluta necessità di
ricorrere, in questi casi, alla OTI.
Si tratta, in tutti e tre i casi, di pazienti nei quali è presente
il classico fattore di rischio ossia la ischemia vascolare di
origine traumatica, in un caso con anamnesi positiva per
diabete.
In due casi abbiamo un trauma da incidente stradale, ferite quindi estremamente suscettibili di infezione da parte
di batteri anaerobi, nei quali è stata tentata la ricostruzione chirurgica delle fratture ma in cui è stato necessario poi ricorrere alla fasciotomia per decomprimere
l’edema dei tessuti molli.
L’importante considerazione che in due casi si sono potuti evitare gli interventi demolitivi d’arto e che in un caso
si è salvata la vita del paziente, ci deve fare riflettere sulla
necessità di mettere in atto delle misure preventive ossia
sottoporre ad OTI tutti quei pazienti nei quali la possibilità di una infezione da anaerobi sia concreta, come nel
caso dei politraumi da incidente stradale, nelle crush
injury, nel reimpianto degli arti, nelle ferite da arma da
fuoco.
La esperienza clinica fatta su alcuni di questi casi, ossia di
pazienti trattati preventivamente, ha fornito risultati di rilievo nel senso che è stato possibile, grazie all’OTI ed a
una mirata antibioticoterapia, evitare complicanze infettive.
Infatti, partendo dalla considerazione fatta sulla restituzione ad una vita normale dei pazienti, non ci si può dimenticare dei costi sociali derivanti dalle amputazioni o
dalle gravi menomazioni funzionali che possono essere ridotte o annullate dal tempestivo inizio della terapia con
ossigeno iperbarico.
La letteratura insiste particolarmente su questo punto:
Myers (16) ammonisce che è inutile, se non controproducente, attendere la conferma dell’esame del laboratorio:
un paziente con dolore intenso ed inspiegabile, una colorazione bronzea della cute con flittene evidenti e con crepitio sottocutaneo, anamnesticamente a rischio, deve essere immediatamente inviato al Centro Iperbarico più vicino.
L’OTI ci restituirà un paziente con una infezione debellata o almeno controllata, con una netta demarcazione fra
tessuto sano e necrotico, a cui farà sicuramente seguito un
esito positivo della terapia: un arto salvato o, nell’ipotesi
più riduttiva una vita salvata.
Riassunto
Gli Autori descrivono la patologia analizzandone gli
aspetti epidemiologici, patogenetici, clinici e terapeutici.
Viene illustrata anche una limitata casistica esemplificativa il cui scopo è quello di sottolineare la estrema gravità
del quadro clinico che mette a gravissimo rischio la sopravvivenza stessa del paziente. In questo scenario diventa
fondamentale il ruolo esercitato dalla somministrazione
dell’ossigeno iperbarico che, associato alla terapia chirurgica ed antibiotica, si rivela sempre determinante nel favorire la risoluzione positiva del decorso clinico. I germi
responsabili sono i clostridi, di cui esistono 150 specie,
ma solamente 6 sono coinvolte nella patogenesi della mionecrosi, meglio conosciuta come gangrena gassosa. Uno
degli effetti benefici essenziali dell’ossigeno iperbarico è
la sua azione inibitrice sulla formazione di tossine, che si
esercita con pressioni di ossigeno superiori a 80 mmHg.
Al contrario se da un lato inattiva alcune tossine, dall’altro è assolutamente privo di efficacia sulla alfa-tossina già
prodotta. Particolare attenzione deve essere quindi posta
nell’iniziare la ossigenoterapia iperbarica con la massima
rapidità cercando di ottenere la massima sinergia possibile con la terapia chirurgica ed antibiotica. Gli ottimi risultati ottenuti incoraggiano a proseguire nella applicazione di questa metodica terapeutica, cercando di diffonderne sempre di più l’uso nella pratica clinica dei reparti
di Terapia Intensiva.
Parole chiave: clostridio, ossigeno iperbarico, mionecrosi,
gangrena gassosa.
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ad uso esclusivo dei soci alcune pagine
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Il Direttore Editoriale
Dott. Emanuele Nasole
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Presidenti del congresso
Prof. Rosario Marco Infascelli
Dott. Marco Brauzzi
Comitato scientifico
G. Aprea, C. Costanzo, G. D’Alicandro,
P. Della Torre, G. De Martino, F. Favaro, F. Faralli,
D. Garbo, A. Lamorgese, P. Longobardi,
R. Moroni, E. Nasole, G. Vezzani, R. Vigliano
Segreteria scientifica
Prof. Rosario Marco Infascelli
Direttore della Struttura Complessa di
Anestesia e Rianimazione e Terapia Iperbarica
della A.O. “Santobono Pausilipon”
Via M. Fiore, 6 - 80129 Napoli
e-mail: [email protected]
Tel./fax: 081 2205790
Dott. Marco Brauzzi
Direttore U.O.S. Medicina Subacquea ed
Iperbarica ASL 9 Grosseto - P.O. Misericordia
Via Senese - 58100 Grosseto
e-mail: [email protected]
Tel.: 0564 485446/485126
Fax: 0564 485691
Dott. Giuseppe De Iaco
U.O. Anestesia Rianimazione Terapia Iperbarica
A.O.U. Pisana
Ospedale Santa Chiara - 56100 Pisa
Tel.: 050 992738
C.V. (SAN) Vincenzo Sebastio
Capo Dipartimento Sanitario Accademia Navale
Tel.: 0586 238307 - Fax: 0586 238048
C.V. (SAN) Aldo Ciufo
Dipartimento Sanitario Accademia Navale
Segreteria organizzativa
CT Congressi&Eventi
dott.ssa Claudia TIZZANO
Via F. Solimena, 139 - 80129 Napoli
Tel: 081.2298426 - Fax: 081.2204733
e-mail: [email protected]
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PROGRAMMA PRELIMINARE
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Programma
Giovedì 23 novembre
13.00 - Registrazione partecipanti
14.00 - Inaugurazione del Congresso
14.30 - Introduzione. G. De Martino
Lettura Magistrale: Un aspetto particolare:
l’enfisema bolloso quali prospettive
per l’attività subacquea ricreativa - P. Zannini
I SESSIONE
Organizzazione della risposta sanitaria alla
emergenza subacquea ed in mare:
esperienze a confronto
Moderatori: L. Gattinoni - F. Simonetti
15.00 - Esperienza della Marina Militare - F. Faralli
15.20 - L’intervento nella PDD: esperienza della
Regione Toscana e Sicilia - D. Corsi, G. De Iaco,
D. Garbo
16.00 - Lo stato attuale dell’arte della gestione delle
emergenze subacquee sul territorio nazionale R.M. Infascelli
16.15 - Discussione
II SESSIONE
Analisi della casistica nazionale della PDD
secondo le statistiche
Moderatori: P. Castaldi - F. Faralli
17.00 - La casistica nazionale della MDD - P. Della
Torre
17.30 - L’incidente decompressivo nell’immersione
sportiva - A. Marroni
17.45 - L’intervento nel near drowning - L. Bonetti
18.05 - L’emergenza subacquea nelle piccole isole
- A. Indaimo
18.25 - Discussione
III SESSIONE
Riunione congiunta FISAR SIMSI
OTI: linee guida nazionali e regionali
Moderatori: R.M. Infascelli - R. Tufano
18.40 - Criteri di centralizzazione del paziente nella
intossicazione da CO - G. Vezzani
19.00 - Linee guida OTI Regione Toscana M. Brauzzi, N. Garuglieri
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19.20 - Linee guida nazionali - M. Rocco
19.40 - Discussione
17.00 - 19.00 Sessione ANTEI
Moderatore: V. Campanaro
17.00 - La terapia iperbarica e professioni sanitarie
impiegate
17.30 - Interventi dalla platea
Venerdì 24 novembre
I Sessione Congiunta AIUC SIMSI
I SESSIONE
Il trattamento delle lesioni cutanee e del piede
diabetico
Moderatori: R. Moroni - A. Stella
9.00 - Linee guida SIMSI - E. Nasole
9.15 - L’esperienza del C.I. Santobono G. D’Alicandro
9.30 - Modello Gestionale Centro Cura Ferite Difficili
AUSL Ravenna - P. Longobardi
9.45 - L’utilizzo delle medicazioni avanzate M. Romanelli
10.00 - Dimostrazioni a confronto sulle medicazioni
avanzate: interventi dalla platea - P. Tanasi
11.00 - Discussione
II SESSIONE
Il trattamento del piede diabetico
Moderatori: A. Piaggesi - P. Longobardi
11.45 - Sinergismo tra interventistica vascolare ed
OTI - L. Graziani - A. Natale
12.25 - Associazione del laser-doppler e della
TcpO2 nel trattamento delle ulcere croniche degli arti
inferiori - F. Micalella
12.45 - Discussione
III SESSIONE
OTI e patologie ortopediche
Moderatori: A. Faldini - G. Gualdrini
14.45 - Linee guida SIMSI - L. Ditri
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15.05 - Sinergismo tra OTI, terapia chirurgica ed
antibiotica nei traumatismi maggiori - G.P. Sandrucci
15.25 - L’esperienza del CI Zingonia - A. Favalli
15.45 - Discussione
IV SESSIONE
OTI e patologie ORL
Moderatori: S. Sellari Franceschini - F. Di Donato
16.30 - Linee Guida SIMSI - P. Marcolin
16.50 - Sinergismo dell’OTI nella S. Meniere B. Fattori
17.10 - La ipocausia improvvisa - P.P.Cavazzuti
17.30 - Linee Guida SIMSI (Lesioni da radioterapia
e iatrogeniche) - R. Moroni
17.50 - Le paraodontopatie - L. Cucci
18.10 - Fisiopatologia del dolore: effetti dell’ossigeno
iperbarico - A.M. Aloisi
18.30 - Discussione
SESSIONE INFERMIERISTICA
Moderatori: R. Bessi - E. Norgini - M.R. Pagni
15.00 - Il razionale del bendaggio - L. Musio
15.15 - Modalità applicative della
elastocompressione: casi clinici - M.R. Pagni
15.30 - Medicazioni avanzate e piede diabetico E. Norgini
15.45 - Medicazioni ed O.T.I. - M. Trapanese
16.00 - Assistenza al paziente con P.D.D.:
Esperienza del C.I. Ospedale Santobono - R.
Palmieri
16.15 - Assistenza al paziente con P.D.D :
Esperienza del C.I. Ospedale Marino Cagliari - S.
Collu
16.30 - Assistenza infermieristica durante
l’esecuzione della tabella USN 6 - R. Bessi
16.45 - Assistenza al paziente pediatrico durante la
terapia iperbarica - D. Barile
17.00 - Discussione
17.30 - Assistenza al paziente con Sindrome di
Meniere - A. Bottai
17.45 - Un nuovo ventilatore iperbarico - M. Valesi
18.00 - Metodiche di sterilizzazione utilizzate in un
Centro iperbarico - T. Melandri
18.15 - L’infermiere abilitato in fisiopatologia
subacquea nella Marina Militare - M. Melucci
18.30 - Discussione
Sabato 25 novembre
I SESSIONE
Tutorial: Il danno da ischemia riperfusione
Moderatori: A. L’Abbate - N. Mininni
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9.00 - Il danno da ischemia riperfusione - G. Vezzani
9.45 - Discussione
II SESSIONE
Update sull’apnea
Moderatori: F. Chiesa - F.P. Sieli
10.00 - La bolla nel taravano - D. Picca
10.15 - Modificazioni cardiovascolari durante
immersione in apnea - C. Marabotti
10.40 - Modificazioni neurologiche durante
immersione in apnea - L. Magno
10.55 - Il barotrauma polmonare versus l’EPA M. Malpieri
11.05 - Discussione
III SESSIONE
Immersione subacquea tecnica, ricreativa e
lavorativa
Moderatori: C. Costanzo - F. Faralli
11.50 - La chiusura del PFO: indicazioni e tecnica di
esecuzione - I. Spadoni
12.05 - Origine delle bolle nel tessuto connettivo:
ipotesi di lavoro - A. Fiorito
12.20 - Problematiche mediche della immersione
ricreativa tecnica - P. Longobardi
12.35 - Proposta di linee guida SIMSI per la
sorveglianza sanitaria dei lavori subacquei S. Simonazzi
12.50 - Discussione
IV SESSIONE
Update sulla sicurezza in camera iperbarica
Moderatore: R.M. Infascelli - F. Micalella
13.05 - Linee guida SIMSI: stato dell’arte F. Ruocco
13.20 - Aggiornamento sulle linee guida europee
UNI - P. Binda Zane
13.30 - TUTORIAL: Asma e immersione
Moderatore: M. Schiavon
Asma ed Attività Subacquea: opinioni a confronto
- M. Marmo, G. Fiorenzano
ore 9.00 - 13.00 - SESSIONE COMUNICAZIONI
LIBERE
14.00 - Conferimento premio “Cesare Barnini” per la
migliore comunicazione
Compilazione test e conclusione lavori
Chiusura del Congresso
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Medicina Subacquea e Iperbarica
La valutazione ORL nell’idoneità
agonistica dei sommozzatori sportivi
A. Bolognini* - P. Marcolin**
* Centro Iperbarico Sassarese. Istituto Sardo di Medicina Subacquea ed Iperbarica
** Docente di Otorinolaringoiatria applicata della scuola di specializzazione del Nuoto
e delle Attività Subacquee dell’Università di Chieti e del Master di II livello di Medicina
Subacquea ed Iperbarica dell’Università di Pisa
SUMMARY
ENT FITNESS EXAMINATION IN ATHLETICS
DIVERS
The ENT physician is often consulted to appraise the
competitive underwater activities fitness; he can know
the legislative aspects and the physiologic modifications
that the man suffers in the water for being able to visit
to the athletes for agonistic activities. The anamnesis is
fundamental and has to be accurate and directed to exclude the possible complications induced by the underwater activity in the various ENT districts.. It can be important to understand the degree of experience of the
athlete, the number of the immersions effected in one
year, the type of activity, in breath hold or with scuba,
with closed circuit or with use or less than respiratory
mixtures. In the clinical examination of the ear, the fundamental prerequisites to the immersion must be researched: the integrity of the ear drum and the perfect
ability to compensate, reliable to the otoscopia.
The examination of the nose and the sinuses ostii in
rinoscopia is conducted with nasal speculum and, in
doubtful case, with fiber optic rhinoscopia.
The examination of the oral cavity has to appraise the
state of the occlusion and the teeth.
The examination of the ATM is turned to seek the presence of possible click, dislocations, the entity of the
opening of the oral rhyme and must be complete with
the palpation of ATM, temporal and massetere muscles to seek possible painful contractures. In our protocol we perform routine clinical examination of the
vestibular functionality for the importance that the oriIndirizzo per la richiesta di estratti:
Dr Alfonso Bolognini
c/o Centro Iperbarico Sassarese srl
Via della Torre Loc. Platamona 07100 Sassari
[email protected]
La valutazione ORL nell’idoneità agonistica dei sommozzatori sportivi
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entation has in the underwater environment. At the
end we perform an complete hearing examination that
to the moment it is obligatory only for the athletes in
the discipline of the dives in platform. The visit of fitness so performed it allows us to appraise the health
of the athlete to 360 degrees, recognizing the causes of
absolute or relative fitness.
Key words: ENT fitness to dive, vestibular functionality examination, competitive underwater activities
Introduzione
L’Otorinolaringoiatra è sempre più spesso interpellato
come consulente per l’idoneità agonistica alle attività subacquee e deve pertanto essere a conoscenza degli aspetti
legislativi e delle modificazioni fisiopatologiche che il
corpo immerso in acqua subisce per potere condurre una
visita orl nell’atleta candidato all’agonismo.
Storia della legislazione sanitaria in Italia
La prima legge sanitaria a tutela delle attività sportive in
Italia è la Legge 28.12.1950 n. 1055. Con questa legge il
nostro paese si pone tra i primi al mondo per avere realizzato una legge che permette l’accertamento dello stato
di salute, la selezione medica e il controllo di coloro che
intendono praticare lo sport. Dopo circa vent’anni con la
legge n. 1099 del 26.10.1971 si estese la visita annuale a
tutti coloro che intendano praticare lo sport.
La tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica per
legge, prevede accertamenti per ogni disciplina sportiva,
la periodicità annuale ed eventuali esami specialistici integrativi quando ritenuti necessari per valutare lo stato di
salute dell’atleta.
Convenzionalmente i vari sport possono essere divisi in due
grosse categorie denominate per semplicità A e B. Rientrano nella prima categoria tutti gli sport a basso impegno
cardiovascolare e nella seconda quelli ad elevato impegno
cardiovascolare. Il nuoto, la vela, il windsurfing e gli sport
subacquei sono inclusi nella categoria B. Il protocollo per
Bolognini, Marcolin
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Medicina Subacquea e Iperbarica
l’idoneità agonistica all’attività subacquea prevede una serie di visite che coinvolgono diversi specialisti quali il Cardiologo, il Medico dello sport e l’Otorinolaringoiatra che
operano con un approccio multidisciplinare.
Per l’idoneità del sommozzatore sportivo abbiamo 5 accertamenti di base.
1) La visita medico sportiva che deve comprendere:
l’anamnesi, la valutazione del peso corporeo e dell’altezza, l’esame obiettivo con particolare riguardo agli
organi ed apparati specificamente impegnati nello
sport praticato, l’esame dell’acuità visiva mediante ottotipo luminoso.
2) Esame delle urine completo.
3) Elettrocardiogramma a riposo e dopo sforzo.
4) Visita ORL.
5) Esame spirometrico con i relativi parametri C.V.,
C.V.F., V.E.M.S., V.E.M.S./C.V., M.V.V.
Alla fine dell’iter diagnostico il medico sportivo rilascia
un certificato di idoneità all’attività agonistica che ha validità di un anno.
Anamnesi subacquea
L’anamnesi è fondamentale e deve essere accurata ed
orientata ad escludere le controindicazioni assolute o relative all’attività subacquea nei vari distretti di pertinenza
otorinolaringoiatrica (ORL) secondo le tabelle sinottiche
sotto riportate (Tabb. 1-7). Deve orientare il medico a capire il grado di esperienza dell’atleta, il numero delle immersioni all’anno, il tipo di attività, in apnea o con ara (autorespiratore ad aria), con autorespiratori a circuito
chiuso, con utilizzo o meno di miscele respiratorie.
Esame clinico
Nell’esame clinico dell’orecchio in otoscopia devono essere ricercati i prerequisiti fondamentali all’immersione,
quali: membrana timpanica integra e buona capacità di
compensazione con movimento della membrana timpanica (MT) rilevato all’otoscopia.
L’esame del naso e seni paranasali in rinoscopia è condotto con lo speculum nasale, in caso dubbio con le fibre
ottiche.
L’esame del cavo orale deve valutare lo stato dell’occlusione e dei denti.
L’esame dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM)
è rivolto a ricercare la presenza di eventuali click, lussazioni o sublussazioni, l’entità dell’apertura della rima buccale e deve essere completato con la palpazione dell’ATM
La valutazione ORL nell’idoneità agonistica dei sommozzatori sportivi
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stessa, dei muscoli temporali e del massetere per ricercare
eventuali contratture dolorose.
Il protocollo ministeriale non prevede accertamenti audio
vestibologici, ma l’equilibrio gioca un ruolo fondamentale
nell’immersione, infatti l’ambiente acquatico, riduce(2) (3),
ma non annulla, l’importanza della visione e della propriocezione, così che il sistema vestibolare periferico, assume un
ruolo di primo piano, nell’orientamento del subacqueo.
Ecco che nella valutazione medico sportiva per l’idoneità
all’attività subacquea, la visita otorinolaringoiatrica a nostro avviso dovrebbe comprendere anche l’esame audioimpedenzometrico almeno con una cadenza biennale, e un
esame clinico di screening della funzionalità vestibolare
possibilmente eseguito in videonistagmoscopia. Al momento l’esame audioimpedenzometrico è obbligatorio solo
per i tuffatori agonisti.
Pazienti e metodi
Abbiamo selezionato 22 atleti (15 maschi e 7 femmine)
che nel 2005 hanno eseguito visita Otorinolaringoiatrica
presso il Centro Iperbarico di Sassari per conseguire l’idoneità agonistica all’attività subacquea sia in apnea che con
autorespiratore. All’anamnesi e all’esame obiettivo è seguito un esame audioimpedenzometrico e infine un esame
clinico “semplificato” della funzione vestibolare in videonistagmoscopia all’infrarosso con archiviazione digitale.
Tale metodica si è rilevata molto affidabile per studiare il
nistagmo, in quanto composta da una maschera dotata di
una telecamera a raggi infrarossi che mantiene in condizioni ottimali gli occhi dell’esaminando con abolizione
della visione e la possibilità di rivelare eventuali nistagmi
latenti o rivelati da particolari manovre.
In tutti gli atleti abbiamo ricercato la presenza di segni di
patologia a carico dell’apparato vestibolare con l’algoritmo sotto riportato.
1) Ricerca del nistagmo spontaneo nelle tre posizioni primarie dello sguardo, e quindi con occhi rivolti verso
l’alto e occhi in basso per la ricerca di up e/o down
nystagmus.
2) Head shacking test (6), movimento pendolare in senso
orizzontale del capo, dopo circa 20 oscillazioni si osserva la presenza di un eventuale nistagmo orizzontale
che nelle patologie periferiche è in genere diretto verso
il vestibolo normofunzionante.
3) Nistagmo di posizione nella posizione I e II di Semont
a destra e a sinistra.
4) Nistagmo di posizionamento con la manovra di Dix
Hallpiche e Mc Clue Pagnini per la ricerca del nistagmo parossistico benigno da canalolitiasi dei canali
semicircolari posteriori od orizzontali.
Brauzzi, Tanasi, De Fina, Sbrana
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Tab. 1. Patologie a carico dell’orecchio di interesse subacqueo. Controindicazioni assolute.
CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE
Esiti di chirurgia radicale
(non è una controindicazione all’OTI)
Anacusia o grave ipoacusia bilaterale
PERICOLO
Vertigine calorica, disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e annegamento
Otite media cronica perforata
Esiti di interventi di chirurgia dell’otosclerosi
Disturbi cronici dell’equilibrio
Malattia di Meniere
Possibilità di aggravamento dell’ipoacusia
Vertigine calorica, disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e annegamento.
Riacutizzazione dell’infezione con otorrea
Rischio di dislocamento della protesi con fistola perilinfatica. Vertigine oggettiva,
disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e annegamento
Sindrome vertiginosa, disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e
annegamento
Sindrome vertiginosa, disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e
annegamento
Tab. 2. Patologie a carico dell’orecchio di interesse subacqueo. Controindicazioni relative.
CONTROINDICAZIONI RELATIVE
Stato post miringoplastica
Stenosi serrata del CUE
Perforazioni della M.T.
Infezioni in fase acuta
Tappo di cerume ostruente
Tubi di ventilazione
Tubarite catarrale acuta
Tubarite cronica
Disturbi acuti dell’equilibrio
Stato post Timpanoplastica chiusa*
*da valutare caso per caso
Stato post barotraumatico
PERICOLO
Rottura della MT. Vertigine calorica, disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e
annegamento
Barotrauma
Infezioni acute. Vertigine calorica, disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e
annegamento
Rottura della M.T. Barotrauma
Barotrauma, rottura M.T.
Infezioni acute, vertigine calorica, disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e
annegamento
Barotrauma dell’O.M. e/o dell’O.I.
Barotrauma dell’O.M. e/o O.I.
Sindrome vertiginosa,disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e annegamento
Rottura della MT.
Vertigine calorica, disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e annegamento
Rottura della MT. Vertigine calorica, disorientamento, nausea, vomito, aspirazione e
annegamento
Tab. 3.
NON RAPPRESENTANO
CONTROINDICAZIONI
Vertigine alternobarica
Vppb in remissione
Disfunzioni labirintiche monolaterali
compensate
Impianto cocleare
RIPRESA DELL’ATTIVITÀ
Alla risoluzione del problema di disfunzione tubarica che l’ha generata
Alla risoluzione dei sintomi
All’avvenuta stabilizzazione
A 3 mesi dall’intervento chirurgico
Tab. 4. Tempi considerati necessari per la ripresa dell’attività subacquea dopo intervento chirurgico otologico.
TIPO DI CHIRURGIA
PROGNOSI
PERICOLO
Timpanoplastica
3 mesi
Rischio di perforazione
Miringoplastica
3 mesi
Rischio di perforazione
Radicale o timpanoplastica
aperta
Non idoneità
Attivazione labirintica con
vertigine nausea vomito e
inalazione
Impianto cocleare (8)(9)
3-4 mesi
Rischio di malfunzionamento
La valutazione ORL nell’idoneità agonistica dei sommozzatori sportivi
Simsi 2 06 imp.indd 27
RACCOMANDAZIONI
La tromba di Eustachio deve
essere funzionante
La tromba di Eustachio deve
essere funzionante
Tutti gli interventi “canal wall
down” rappresentano una
controindicazione assoluta alla
subacquea, ma non all’attività
in iperbarismo all’asciutto (2).
Non sono presenti
controindicazioni all’Ossigenoterapia iperbarica e
all’immersione in acqua
Bolognini, Marcolin
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N. 2 - Novembre 2006 f 28
Medicina Subacquea e Iperbarica
Tab. 5. Patologie di interesse rinologico.
CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE
Rinosinusite polipoide massiva e stenosi complete acquisite o
postchirurgiche
PERICOLO
Barotrauma dei seni paranasali. Incapacità a compensare
l’orecchio medio
CONTROINDICAZIONI RELATIVE
PERICOLO
Regola generale: tutti i farmaci dove è sconsigliata la
guida di autoveicoli sono sconsigliati anche per le attività
subacquee.
Valutare effetto rebound nei decongestionanti
Barotrauma dei seni paranasali, incapacità alla
compensazione dell’orecchio medio
Barotrauma dei seni paranasali, incapacità di
compensazione dell’orecchio medio
Barotrauma dei seni paranasali, impossibilità alla
compensazione dell’orecchio medio
Assunzione di farmaci locale o generale, ad esempio
antistaminici sistemici nelle rinopatie allergiche o
decongestionanti topici nelle riniti acute
Infezioni acute
Infezioni croniche
Importanti deviazioni del setto nasale
Tab. 6. Tempi considerati necessari per la ripresa dell’attività subacquea dopo intervento chirurgico al naso e ai seni paranasali.
TIPO DI CHIRURGIA
PROGNOSI
Rinosettoplastica
3 mesi
FESS/ESS
3 mesi
PERICOLO
Rischio di deiescenze e necrosi
cartilaginea
Barotrauma dei seni paranasali
RACCOMANDAZIONI
Le osteotomie devono essere
perfettamente guarite
Non devono essere presenti
croste che possono dislocarsi
ostruendo gli osti di
ventilazione dei seni
Tab. 7. Patologie a carico di cavo orale e laringe.
CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE
Laringectomia totale o tracheotomia
PERICOLO
Rischio di annegamento
Rischio di dispnea per l’aumento della densità dell’aria
Paralisi cordale bilaterale
compressa
Tutte quelle patologie che comportino l’inabilità a trattenere in Incapacità a trattenere il boccaglio dell’erogatore con rischio di
bocca il boccaglio dell’erogatore, dello snorkel o la maschera
aspirazione e annegamento
Incapacità a trattenere il boccaglio dell’erogatore con rischio di
Edentulia totale
aspirazione e annegamento
Incapacità a trattenere il boccaglio dell’erogatore con rischio di
Paralisi dei muscoli masticatori
aspirazione e annegamento
Incapacità a trattenere il boccaglio dell’erogatore con rischio di
Paralisi del facciale
aspirazione e annegamento
Incapacità a trattenere il boccaglio dell’erogatore con rischio di
Esiti non consolidati di chirurgia delle labbra e del cavo orale
aspirazione e annegamento
CONTROINDICAZIONI RELATIVE
Protesi dentaria totale
Mobilità di 4-5 denti
Carie estese
Spazi aerei sotto l’otturazione
Fissazione intermascellare
Disfunzione dell’ATM palesi o latenti
La valutazione ORL nell’idoneità agonistica dei sommozzatori sportivi
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PERICOLO
Incapacità a trattenere il boccaglio dell’erogatore con rischio di
aspirazione e annegamento
Incapacità a trattenere il boccaglio dell’erogatore con rischio di
aspirazione e annegamento
Rottura di denti in immersione. Incapacità a trattenere
il boccaglio dell’erogatore con rischio di aspirazione e
annegamento
Barodontalgia
Incapacità a trattenere il boccaglio dell’erogatore con rischio di
aspirazione e annegamento
Rischio di disfunzione tubarica da ipertono muscolare con
pericolo di barotrauma dell’orecchio a tutti i livelli
Brauzzi, Tanasi, De Fina, Sbrana
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N. 2 - Novembre 2006 f 29
Medicina Subacquea e Iperbarica
I riflessi vestibolo spinali sono quindi testati con i classici
test valutando le deviazioni segmentarie toniche con test
di Romberg ad occhi aperti, chiusi e ad occhi chiusi con
svincolo occlusale o test di Messerman, per evidenziare
eventuali problematiche dell’ATM.
Il test di Romberg, si basa sull’osservazione che l’eliminazione dei riferimenti visivi non modifica in modo importante il controllo posturale nei soggetti normali, mentre determina un netto peggioramento, con l’accentuarsi delle
oscillazioni e la caduta, di quei pazienti con alterata funzione vestibolare non compensata. Per quanto riguarda il
test di Messerman è considerato positivo quando vi è un
miglioramento delle oscillazioni nel paziente che esegue il
test ad occhi chiusi e svincolo occlusale ottenuto mediante
utilizzo di rotolini di cotone frapposti alle arcate dentarie.
Risultati
I 22 candidati alla visita per accertare l’idoneità agonistica
avevano in tutti i casi un’anamnesi praticamente negativa.
Solo un atleta riferiva circa un mese prima vaga sensazione
di vertigine accentuata dai cambiamenti posturali trattata
dal proprio medico con terapia non meglio precisata. Alla
visita ORL abbiamo integrato un protocollo che comprendeva un esame clinico della funzione vestibolare che si
esegue in pochi minuti con la possibilità di eseguire l’archiviazione digitale. Grazie a questo semplice esame abbiamo riscontrato in quel paziente gli esiti di neuronite
vestibolare monolaterale non ancora compensata.
Conclusioni
Nel nostro studio uno (4,5%) dei pazienti giunti alla nostra osservazione ha presentato un problema provocato
da una vertigine periferica non ancora perfettamente stabilizzata che abbiamo inquadrato grazie all’esame clinico
della funzionalità vestibolare. D’altra parte l’integrità dell’apparato vestibolare è fondamentale nell’orientamento
del subacqueo in immersione, per il rischio di crisi vertiginose che possono portare anche a nausea e vomito con
possibile aspirazione di acqua e con annegamento o con
crisi di panico che mettono in pericolo l’incolumità del
sommozzatore e dei compagni di immersione. Nonostante
l’esiguo numero dei casi esaminati è secondo noi corretto
ricorrere durante la visita ORL ad un attento esame clinico della funzionalità vestibolare, che in pochi minuti, ci
possa indirizzare nella diagnosi ed eventualmente nella
topodiagnosi dei disturbi vertiginosi.
Riassunto
L’Otorinolaringoiatra è spesso interpellato come consulente
per valutare l’idoneità agonistica alle attività subacquee.
L’anamnesi è fondamentale e deve essere accurata ed
orientata ad escludere le possibili complicanze indotte
dall’attività subacquea nei vari distretti di pertinenza ORL.
Può essere di orientamento al medico per capire il grado
di esperienza dell’atleta, il numero delle immersioni effettuate in un anno, il tipo di attività, in apnea o con ara (au-
La valutazione ORL nell’idoneità agonistica dei sommozzatori sportivi
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torespiratore ad aria), con autorespiratori a circuito
chiuso, con utilizzo o meno di miscele respiratorie. Nell’esame clinico dell’orecchio in otoscopia devono essere
ricercati i prerequisiti fondamentali all’immersione, quali:
l’integrità della membrana timpanica e la perfetta capacità di compensare, rilevabile all’otoscopia.
L’esame del naso e seni paranasali in rinoscopia è condotto con speculum nasale, in caso dubbio si procede in
rinoscopia a fibre ottiche. L’esame del cavo orale deve valutare lo stato dell’occlusione e dei denti.
L’esame dell’ATM è rivolto a ricercare la presenza di eventuali click, lussazioni o sublussazioni, l’entità dell’apertura della rima buccale e deve essere completato con la
palpazione dell’ATM stessa, dei muscoli temporali e del
massetere per ricercare eventuali contratture dolorose. A
completamento riteniamo utile specie nella prima visita
eseguire un esame audioimpedenzometrico che al momento è obbligatorio solo per gli atleti impegnati nella disciplina dei tuffi. Nel nostro protocollo eseguiamo di routine un esame clinico della funzionalità vestibolare per
l’importanza che riveste l’orientamento nell’ambiente subacqueo. La visita di idoneità così eseguita ci permette di
valutare la salute dell’atleta a 360 gradi, riconoscendo le
cause di non idoneità assoluta o relativa.
Parole chiave: idoneità agonistica, esame clinico della funzionalità vestibolare, attività subacquea agonistica.
Bibliografia
1. Celestino D. Il trattamento olistico delle vertigini. Argomenti di Otorinolaringoiatria Moderna. Anno 2. Suppl.
27-29 Marzo 2002.
2. Wemding J, Ehrsam R, Knessl P, Nussberger P, Usher A.
Medical assessment of fitness to dive; a physician guide for
recreational diving. Internatonal Edition 2001.
3. Edmonds C. The ear and diving: vertigo and disorientation. In: C Edmonds, C Lowry, J Pennefather, R Walker.
Diving and subaqatic medicine. Arnold, ed. 2002:385397.
4. Brauzzi M, Fiorito A. L’approccio clinico al subacqueo
vertiginoso. Premio Frigeni 1990 per la medicina subacquea.
5. Cortesina G, Albera R. Quaderni di vestibologia. Archimedica 1999;1,10.
6. Califano L, Capparuccia PGG, Bojano A, Di Maria D, Villari G. Nistagmo verticale da head-shaking test. Presentazione di dieci casi. Acta Otorhinolaryngologica Italica
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7. Asprella Libonati G, Gagliardi G, Cifarelli D, Larotonda
G. “Step by step” treatment of lateral semicircular canal
canalolithiasis under videonystagmoscopic examination.
ACTA Otorhinolaryngologica Italica 2003 Jan;23(1)
8. Backous DD, Dunford RG, Segel P, Muhlocker MC, Carter
P, Hampson NB. “Effects of hyperbaric exposure on the
integrity of the internal components of commercially available cochlear implant systems. Neurotol. 2002 Jul;23(4):4637; discussion 467.
9. Kompis M, Vibert D, Senn P, Vischer MW, Hausler R.
Scuba diving with cochlear implants. Ann Otol Rhinol
Laryngol. 2003 May;112(5):425-7.
Bolognini, Marcolin
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Medicina Subacquea e Iperbarica
N. 2 - Novembre 2006 f 30
a cura di Francesco Ruocco
[email protected]
Search “Diving”[MAJR] Limits: Publication Date
from 2005/01 to 2005/06
Int Marit Health. 2005;56(1-4):135-45. Pneumoperitoneum
after diving--two clinical cases and literature review.
Kot J, Sicko Z, Michalkiewicz M, Pikiel P.
National Center for Hyperbaric Medicine, Interfaculty Institute of Maritime and Tropical Medicine In Gdynia, Medical University of Gadnsk, Poland. [email protected]
Pneumoperitoneum after diving is a rare symptom. Diagnosis and treatment strongly depends on the primary source of
the air in the abdominal cavity. There are two main sources
of air entering the perineum: perforation of the gastrointestinal tract and pulmonary barotrauma. The management is
different and additionally, in both cases, the decompression
sickness and arterial gas embolism as consequences of inappropriate decompression phase of the diving should be included in the clinical diagnosis and treatment. The multidisciplinary team including hyperbaric physicians and surgeons
is necessary for proper management of such cases. In this paper two cases of pneumoperitoneum of different origins are
presented and similar cases reported in the literature are discussed.
Publication Types: Case Reports Review
PMID: 16532592 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Diabetes Metab. 2005 Apr;31(2):144-51. Blood glucose
changes and adjustments of diet and insulin doses in type 1
diabetic patients during scuba diving (for a change in French
regulations).
Lormeau B, Sola A, Tabah A, Chiheb S, Dufaitre L, Thurninger O, Bresson R, Lormeau C, Attali JR, Valensi P.
Service d’endocrinologie-diabetologie-nutrition, Hopital Jean
Verdier, AP-HP, BONDY, France.
OBJECTIVE: In France, diabetic subjects were not allowed
to dive. The principal risk is hypoglycemia during immersion. However scuba diving is allowed in many countries. To
follow blood glucose changes, food intake and insulin adjustments in type 1 diabetic patients when diving, and to propose specific guidelines for such patients willing to practice
recreational scuba diving. METHODS: Fifteen well-controlled (mean HbA1c: 7.2%) type 1 diabetic patients without
complications were volunteer to dive under strict medical
monitoring. They dove 8 times in 4 days in autumn at a depth
of 20 meters, in 12 degrees C to 16 degrees C water. A strict
protocol based on blood glucose was implemented to prevent hypoglycaemia. RESULTS: No case of hypoglycemia
was observed and no faintness was reported underwater.
Mean blood glucose before diving was 200 mg/dl (11 mmol/
l). There was a mean fall in blood glucose of 40 mg/dl (2.2
mmol/l) during dives, a mean decrease in daily insulin doses
by 19.3% on the last day. Daily energy intake was 3,225 Kcal
in average. A continuous glucose monitoring (CGMS) was
performed in one patient and showed a rather stable glycemia during immersion but a decrease within the 8 hours after. CONCLUSION: When respecting a strict protocol to
prevent hypoglycaemia, the risk of hypoglycaemia appears
quite low. We recommend an ideal glycemic goal of 200-250
mg/dl (11-13.75 mmol/l) before immersion, a higher reduction of insulin doses (-30%) and taking carbohydrates on
board in any case. The present data have recently led the
French diving federation (FESSM) to allow type 1 diabetic
patients to dive with some restrictive qualification requirements: dives within the «safety curve» (no decompression
curve), in above 14 degrees C water, depth limited to the median space range (6 to 20 meters), plus mandatory guidance
by a diving instructor.
PMID: 15959420 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Neuroradiology. 2005 Jun;47(6):411-6. Epub 2005 May 20.
Fatal scuba diving incident with massive gas embolism in
cerebral and spinal arteries.
Ozdoba C, Weis J, Plattner T, Dirnhofer R, Yen K.
Institute of Diagnostic and Interventional Neuroradiology,
Inselspital, University of Bern, Switzerland.
CT and MRI have the potential to become useful adjuncts
to forensic autopsy in the near future. The examination of
fatal injuries facilitates a profound experience in the clinicalradiological examination of these cases; the more severe findings in corpses with autopsy verification can help one to understand the tiny signs seen in clinical cases of surviving victims. We present the case of a 44-year-old male diver who
died from severe decompression sickness after rapid ascent
from approximately 120 m. Post-mortem CT and MRI stud-
Dalla letteratura
Simsi 2 06 imp.indd 30
02/11/2006 15.32.37
Medicina Subacquea e Iperbarica
ies of the brain and spinal cord revealed extensive gas inclusions in cerebral arteries, spinal arteries and cerebrospinal
fluid (CSF) spaces, while the intracranial venous sinuses remained unaffected. These findings were confirmed at autopsy. Appropriate imaging techniques can help forensic pathologists to aim their autopsies at findings that might otherwise remain undetected.
Publication Types: Case Reports
PMID: 15906021 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Aviat Space Environ Med. 2005 May;76(5):490-2. Bubble
incidence after staged decompression from 50 or 60 msw:
effect of adding deep stops.
Blatteau JE, Hugon M, Gardette B, Sainty JM, Galland
FM.
CEMPP, Toulon Naval, France. [email protected]
OBJECTIVES: The French Navy uses the Marine Nationale 90 (MN90) decompression tables for air dives as deep as
60 msw. The resulting incidence of decompression sickness
(DCS) for deep dives (45-60 msw) is one case per 3000 dives.
METHODS: Three protocols with experimental ascent profiles (EAPs) were tested in the wet compartment of a hyperbaric chamber. For each protocol, eight subjects dove to 50
or 60 msw and ascended according to the standard MN90
table or an EAP. Precordial bubbles were monitored with
Doppler sensors at 30-min intervals after surfacing. Protocol I went to 60 msw and used deep stops beginning at 27
msw. Protocol II was a repetitive dive to 50 msw with a 3-h
surface interval; the EAP made the first deep stop at 18 msw.
Protocol III again went to 60 msw, but the EAP used a single, shorter deep stop at 25 msw. RESULTS: For Protocol I,
all divers developed bubbles at Spencer grade 2-3 and still
had bubbles 120 min after surfacing; there was no statistical
difference between bubbling for the MN90 and EAP, but
one diver presented a case of DCS after the EAP. For Protocol II, the EAP produced severe bubbling for the eight
divers. Those findings led to stopping the EAPs with the
longer deep stops used in Protocols I and II. Protocol III
again showed no difference between the standard and modified profiles. DISCUSSION: The addition of deep stops requires careful consideration. Two of our EAPs made no difference and one produced increased bubbling.
Publication Types: Clinical Trial
PMID: 15892549 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Br J Sports Med. 2005 May;39(5):e24. Acute effects of a single open sea air dive and post-dive posture on cardiac output and pulmonary gas exchange in recreational divers.
Dujic Z, Bakovic D, Marinovic-Terzic I, Eterovic D.
School of Medicine, University of Split, Soltanska 2, Split
21000, Croatia. [email protected]
OBJECTIVE: To evaluate the cardiopulmonary effects of
open sea scuba air diving to 39 m (30 minutes bottom time)
with standard decompression. To account for possible gravity dependent effects of venous gas bubbles, the variables
were measured in different post-dive body postures and compared with the baseline values before the dive in the same
posture. METHODS: Eight male divers conducted two similar dives on successive days. Their posture before and after
the dive was either sitting or supine, in random order. The
divers were evaluated before and 30, 60, and 90 minutes after the dive. Venous bubbles were detected by precordial
Doppler after the dive in four divers in the supine posture
and two divers in the sitting posture. RESULTS: Arterialised
N. 2 - Novembre 2006 f 31
oxygen tension had decreased at all times after the dive (11.3 mm Hg, p = 0.00006), due to decreased alveolar oxygen tension, irrespective of posture. Apart from an increase
in the sitting posture 30 minutes after the dive, pulmonary
capacity for carbon monoxide diffusion and cardiac index
decreased, mostly 60 minutes after the dive (-9%, p = 0.0003
and -20%, p = 0.0002 respectively). The decrease in cardiac
index was greater in the supine posture (p = 0.0004), and the
physiological dead space/tidal volume ratio increased more
in the sitting position (p = 0.006). CONCLUSIONS: Field
dives are associated with moderate impairments in cardiac
output and gas exchange. Some of these impairments appear
to depend on the posture of the diver after the dive.
Publication Types: Clinical Trial Randomized Controlled
Trial
PMID: 15849277 [PubMed - indexed for MEDLINE]
27: J Appl Physiol. 2005 Sep;99(3):944-9. Epub 2005 Apr
21. Exercise-induced intrapulmonary shunting of venous gas
emboli does not occur after open-sea diving.
Dujic Z, Palada I, Obad A, Duplancic D, Brubakk AO, Valic
Z.
Dept. of Physiology and Biophysics, Univ. of Split School of
Medicine, Soltanska 2, 21000 Split, Croatia. zdujic@bsb.
mefst.hr
Paradoxical arterializations of venous gas emboli can lead to
neurological damage after diving with compressed air. Recently, significant exercise-induced intrapulmonary anatomical shunts have been reported in healthy humans that result
in widening of alveolar-to-arterial oxygen gradient. The aim
of this study was to examine whether intrapulmonary shunts
can be found following strenuous exercise after diving and,
if so, whether exercise should be avoided during that period.
Eleven healthy, military male divers performed an open-sea
dive to 30 m breathing air, remaining at pressure for 30 min.
During the bottom phase of the dive, subjects performed
mild exercise at approximately 30% of their maximal oxygen uptake. The ascent rate was 9 m/min. Each diver performed graded upright cycle ergometry up to 80% of the
maximal oxygen uptake 40 min after the dive. Monitoring of
venous gas emboli was performed in both the right and left
heart with an ultrasonic scanner every 20 min for 60 min after reaching the surface pressure during supine rest and following two coughs. The diving profile used in this study produced significant amounts of venous bubbles. No evidence
of intrapulmonary shunting was found in any subject during
either supine resting posture or any exercise grade. Also,
short strenuous exercise after the dive did not result in delayed-onset decompression sickness in any subject, but studies with a greater number of participants are needed to confirm whether divers should be allowed to exercise after diving.
Publication Types: Clinical Trial
PMID: 15845772 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Aviat Space Environ Med. 2005 Apr;76(4):366-9. Hearing
thresholds among young professional divers: a 6-year longitudinal study.
Skogstad M, Haldorsen T, Arnesen AR, Kjuus H.
National Institute of Occupational Health, Oslo, Norway.
[email protected]
INTRODUCTION: Diving is associated with pressure effects and noise exposure that can impair hearing. We were
interested in finding out whether changes in hearing thresh-
Dalla letteratura
Simsi 2 06 imp.indd 31
02/11/2006 15.32.37
Medicina Subacquea e Iperbarica
olds were related to cumulative exposure in young professional divers. METHODS: In a prospective follow-up design, we studied a cohort of 47 men from the beginning of
their education as professional divers at a mean age of 25.6
yr (range 18-38 yr). They had audiograms taken at baseline,
after 1 and 3 yr, and finally after 6 yr, during which they performed 40-1458 (median 184) sea dives, most of them to a
depth of 10 m or less. The hearing tests measured pure tone
air conduction thresholds at 0.25-8.0 kHz in a sound-treated
booth. Annual change of hearing thresholds were calculated
by fitting linear regression lines to individual data. For purposes of analysis, the divers were divided into two groups,
low-exposure (199 or fewer dives, n = 26) and high-exposure (200 or more dives, n = 21). RESULTS: Hearing was
better in the divers than in the general population at baseline and follow-up. At 6 yr, significant reductions were found
in the divers’ hearing at 4 kHz and 8 kHz. Significant increases in thresholds were found at 0.5, 2, 3, and 6 kHz for
the right ear and 3, 4, and 6 kHz for the left ear. The annual
change at 4 kHz was 0.95 dB in the left ear and 0.18 dB in
the right ear (p = 0.01). There was no significant difference
in hearing changes between the high- and low-exposure
groups. DISCUSSION: The results suggest that a mild hearing impairment can occur in young professional divers due
to occupational and other noise exposure.
PMID: 15828636 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Undersea Hyperb Med. 2005 Jan-Feb;32(1):27-37. Scuba
diving with diabetes mellitus--the UK experience 19912001.
Edge CJ, St Leger Dowse M, Bryson P.
The Stone Barn, Gravel Lane, Drayton, Abingdon, Oxon
UK.
OBJECTIVES: To survey the outcomes and practises of
divers with diabetes mellitus. METHODS: Diabetic persons
wishing to learn to scuba-dive or established divers who have
diabetes mellitus in the UK are requested to fill in a detailed
questionnaire annually. Divers are asked to provide basic epidemiological information and general diving history. Data
provided by the diver’s diabetic physician provided independent evidence of the diver’s medical status. These data
are recorded and analysed. RESULTS: Data have been gathered from 323 diabetic divers (269 male, 54 female) and 8,760
dives have been recorded over 11 years. Two fatalities were
reported, both in non-insulin dependent divers. One incident of hypoglycaemia underwater in an insulin dependent
diabetic diver has been reported. CONCLUSIONS: This
survey showed that in the group of well-controlled diabetic
divers studied, there were no serious problems due to hypoglycaemia when they dived. Long-term complications of
diabetes must be excluded before a diabetic diver may be
permitted to dive.
PMID: 15796312 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Clin J Sport Med. 2005 Mar;15(2):95-7. Does competitive
apnea diving have a long-term risk? Cardiopulmonary findings in breath-hold divers.
Scherhag A, Pfleger S, Grosselfinger R, Borggrefe M.
I. Medical Clinic, University Hospital Mannheim, Faculty of
Clinical Medicine, Mannheim University of Heidelberg, Mannheim, Germany. [email protected]
STUDY PURPOSE: The aim of this study was to investigate
the cardiopulmonary status in a competitive apnea diving
team. DESIGN: This study was conducted with a cross-sec-
N. 2 - Novembre 2006 f 32
tional study design in which subjects had to undergo a predefined series of cardiopulmonary examinations. SUBJECTS:
Eight competitive apnea divers (mean age, 26.9 +/- 5.3 years)
who were participating in international apnea diving contests. METHODS: Electrocardiographic, 2-dimensional
echocardiographic, Doppler-echocardiographic, and oxymetric examinations were performed in each subject during
an apnea test. RESULTS: Apnea diving experience was 2.5
+/- 0.58 years, with a training frequency of 8.9 +/- 6.0 dives
per week. During an apnea test, mean apnea time was 4.5 +/0.96 minutes. While 2-dimensional echocardiography showed
normal morphologic findings of cardiac dimensions and function, electrocardiography, and Doppler echocardiography
revealed indicators suggesting the beginning of right ventricular strain. CONCLUSIONS: We interpret the findings
of our study as the onset of pulmonary hypertension resulting from repetitive pulmonary vasoconstriction together with
severe hypoxia during apnea diving. We conclude that regular competitive apnea diving over a period of >2 to 3 years
might carry a chronic cardiopulmonary risk that may lead
from early functional changes to manifestation of pulmonary
hypertension.
PMID: 15782054 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Eur J Appl Physiol. 2005 Mar;93(5-6):701-7. Epub 2004 Nov
25. Aggravated hypoxia during breath-holds after prolonged
exercise.
Lindholm P, Gennser M.
Section of Environmental Physiology, Department of Physiology and Pharmacology, Karolinska Institutet, Berzelius
vag 13, 17177 Stockholm, Sweden. peter.lindholm@fyfa.
ki.se
Hyperventilation prior to breath-hold diving increases the
risk of syncope as a result of hypoxia. Recently, a number of
cases of near-drownings in which the swimmers did not hyperventilate before breath-hold diving have come to our attention. These individuals had engaged in prolonged exercise prior to breath-hold diving and it is known that such exercise enhances lipid metabolism relative to carbohydrate
metabolism, resulting in a lower production of CO(2) per
amount of O(2) consumed. Therefore, our hypothesis was
that an exercise-induced increase in lipid metabolism and
the associated reduction in the amount of CO(2) produced
would cause the urge to breathe to develop at a lower P O(2),
thereby increasing the risk of syncope due to hypoxia. Eight
experienced breath-hold divers performed 5 or 6 breathholds at rest in the supine position and then 5 or 6 additional
breath-holds during intermittent light ergometer exercise
with simultaneous apnoea (dynamic apnoea, DA) on two different days: control (C) and post prolonged sub-maximal exercise (PPE), when the breath-holds were performed 30 min
after 2 h of sub-maximal exercise. After C and before the
prolonged submaximal exercise subjects were put on a carbohydrate-free diet for 18 h to start the depletion of glycogen. The respiratory exchange ratio (RER) and end-tidal P
CO(2), P O(2), and SaO(2) values were determined and the
data were presented as means (SD). The RER prior to breathholding under control conditions was 0.83 (0.09), whereas
the corresponding value after exercise was 0.70 (0.05) (P
<0.01). When the three apnoeas of the longest duration for
each subject were analysed, the average duration of the dynamic apnoeas was 96 (14) s under control conditions and
96 (17) s following exercise. Both P O(2) and P CO(2) were
higher during the control dynamic apnoeas than after PPE
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[PO(2) 6.9 (1.0) kPa vs 6.2 (1.2) kPa, P <0.01; P CO(2) 7.8
(0.5) kPa vs 6.7 (0.4) kPa, P <0.001; ANOVA testing]. A similar pattern was observed after breath-holding under resting
conditions, i.e., a lower end-tidal P O(2) and P CO(2) after
exercise (PPE) compared to control conditions. Our findings demonstrate that under the conditions of a relatively low
RER following prolonged exercise, breath-holding is terminated at a lower P O(2) and a lower P CO(2) than under normal conditions. This suggests that elevated lipid metabolism
may constitute a risk factor in connection with breath-holding during swimming and diving.
PMID: 15778900 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Int J Sports Med. 2005 Apr;26(3):177-81. Arterial oxygen
saturation and heart rate variation during breath-holding:
comparison between breath-hold divers and controls.
Delahoche J, Delapille P, Lemaitre F, Verin E, Tourny-Chollet C.
Centre d’Etudes des Transformations des Activites Physiques
et Sportives (CETAPS), Jeune Equipe UPRES no. 2318, Faculte des Sciences du Sport et de l’Education Physique de
Rouen, Universite de Rouen, 34 rue de l’Hopital, 76000
Rouen, France.
Breath-holding induces cardiovascular responses, notably
bradycardia and peripheral vasoconstriction, which are
known collectively as the diving response. This response is
oxygen-conserving, i.e. an augmented response attenuates
arterial oxygen desaturation, and is enhanced by apnoea training. To test this hypothesis, we compared heart rate (HR)
and arterial oxygen saturation (SaO (2)) in breath-hold divers
(BHD) and non-divers (ND). Nine BHD and nine healthy
ND performed two static apnoeas (for 30 s and 45 s) and two
dynamic apnoeas (for 30 s and 45 s) while swimming underwater at 0.7 m. s (-1). The pool temperature was 26 degrees
C. The apnoeas were performed at 60 % of forced vital capacity. Heart rate (HR) and SaO (2) were recorded before
breath-holding and at its end and are expressed in % change
from rest values (DeltaHR and DeltaSaO (2)). Comparisons
between BHD and ND showed that DeltaSaO (2) were lower
in divers after both static apnoeas for 30 s and 45 s (- 2.8 %
vs. - 5.5 %; - 3.2 % vs. 6.3 %; p < 0.05, respectively) and dynamic apnoeas (- 6 % vs. - 10.1 %; - 7.2 % vs. - 12.3 %; p <
0.05, respectively). The change in HR did not differ between
the two groups and negative linear relations were found between DeltaHR and DeltaSaO (2) in both divers and ND (r
= 0.66 and 0.61, respectively; p < 0.001). Moreover, the slope
was lower for the divers (- 0.785 vs. - 0.1429; p < 0.001). Our
results suggest that apnoea training explained the greater oxygen conservation seen in the divers in both static and dynamic conditions.
PMID: 15776332 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Hawaii Med J. 2005 Jan;64(1):12-3. Concomitant cerebral
and coronary arterial gas emboli in a sport diver: a case report.
Smerz RW.
University of Hawaii, John A Burns School of Medicine,
Honolulu, HI 96817, USA.
This report presents a case of concomitant cerebral and coronary gas emboli seen in a sport scuba diver after suffering
from pulmonary barotrauma. Except for massive fatal gas
embolism, no case of concomitant cerebral and coronary arterial gas emboli has been reported. The 45 year old male
diver rapidly surfaced from a depth of 32 feet of sea water
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and experienced transient loss of consciousness, chest pain,
and hemiparesis. EKG and cardiac enzymes suggested myocardial ischemia. He received three recompression treatments and recovered completely.
Publication Types: Case Reports
PMID: 15751753 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Sports Med. 2005;35(3):183-90. Pulmonary oedema of immersion.
Koehle MS, Lepawsky M, McKenzie DC.
Allan McGavin Sports Medicine Centre, University of British Columbia, Vancouver, British Columbia, Canada.
[email protected]
Acute pulmonary oedema has been described in individuals
participating in three aquatic activities: (i) scuba diving; (ii)
breath-hold diving; and (iii) endurance swimming. In this review, 60 published cases have been compiled for comparison. Variables considered included: age; past medical history; activity; water depth, type (salt or fresh) and temperature; clinical presentation; investigations; management; and
outcome. From these data, we conclude that a similar phenomenon is occurring among scuba, breath-hold divers and
swimmers. The pathophysiology is likely a pulmonary overperfusion mechanism. High pulmonary capillary pressures
lead to extravasation of fluid into the interstitium. This overperfusion is caused by the increase in ambient pressure, peripheral vasoconstriction from ambient cold, and increased
pulmonary blood flow resulting from exercise. Affected individuals are typically healthy males and females. Older individuals may be at higher risk. The most common symptoms are cough and dyspnoea, with haemoptysis also a frequent occurrence. Chest pain has never been reported. Radiography is the investigation of choice, demonstrating typical findings for pulmonary oedema. Management is supportive, with oxygen the mainstay of treatment. Cases usually resolve within 24 hours. In some cases, diuretics have been
used, but there are no data as to their efficacy. Nifedipine has
been used to prevent recurrence, but there is only anecdotal
evidence to support its use.
Publication Types: Review
PMID: 15730335 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Otol Neurotol. 2005 Jan;26(1):59-64. Evaluation of predive
parameters related to eustachian tube dysfunction for symptomatic middle ear barotrauma in divers.
Uzun C.
Department of Otolaryngology, Trakya University Faculty of
Medicine, Edirne, Turkey. [email protected]
OBJECTIVE: Eustachian tube dysfunction plays an important role in the pathogenesis of middle ear barotrauma. This
investigation evaluates the predictive value of several parameters related to tubal dysfunction, in relation to symptomatic
middle ear barotrauma in divers. STUDY DESIGN: Prospective and blinded. PATIENTS: Thirty-one sport scuba
divers with normal predive audiometry, tympanometry, and
general and otorhinolaryngologic examination. METHODS:
After an occurrence of middle ear barotrauma, the individual diver predive data on smoking, mild septal deviation, otitis media history, rhinosinusitis history, Valsalva, Toynbee,
and nine-step inflation/deflation tympanometric test, as well
as degree of mastoid pneumatization were registered for calculation of predictive value in relation to the barotrauma. All
symptomatic ears were examined within 24 hours of diving
by the investigator, who was blinded to the predive findings.
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Barotraumas that occurred during an upper respiratory tract
infection were excluded. RESULTS: Divers completed a total of 774 dives (median, 25; range, 3-100). Symptomatic middle ear barotrauma occurred in 19 ears (31%) of 14 divers
(45%) at one time or another. The rate of tubal dysfunction
measured by the nine-step test and a mastoid pneumatization below average were significantly higher in divers (p
<0.05) as well as in ears (p <0.005) with barotrauma. Positive and negative predictive values of both parameters for
subsequent barotrauma were between 69% and 76%. Combining the results into a two-test battery in a strict approach
(positive on both) increased the positive predictive value to
86%. CONCLUSION: Eustachian tube dysfunction measured by the nine-step test and a small size of the mastoid cell
system seem to be risk factors for symptomatic middle ear
barotrauma in otherwise healthy sport scuba divers. Evaluation of these factors in the predive examination of diving
candidates may be useful in the determination of fitness to
dive.
PMID: 15699720 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Eur Radiol. 2005 Feb;15(2):368-75. Epub 2004 Oct 15. Detection of dysbaric osteonecrosis in military divers using
magnetic resonance imaging.
Bolte H, Koch A, Tetzlaff K, Bettinghausen E, Heller M, Reuter M.
Klinik fuer Diagnostische Radiologie, Universitaetsklinikum
Schleswig-Holstein Campus Kiel, Arnold-Heller-Strasse 9,
24105, Kiel, Germany. [email protected]
This was a controlled cross-sectional study to investigate the
prevalence of dysbaric osteonecrosis (DON) in military
divers. MRI examinations of the large joints and adjacent
bones were performed in a cross-sectional group of 32 highly
experienced military divers and 28 non-divers matched for
age and anthropometric data. Additional plain radiographs
and follow-up controls were performed in all persons with
signs certain or suspicious of DON. In two subject groups
(one of divers and one of non-divers), lesions characteristic
of DON were detected. From this controlled study, it may
be concluded that MRI is a highly sensitive method to detect
signs of osteonecrosis. It could be shown that the prevalence
of bone lesions characteristic of osteonecrosis in highly experienced military divers is not higher than in non-diving
subjects of comparable age. The outcome of this comparably small study group fits to the results of previous extensive
studies performed with radiographs. The detected low incidence of DON in this collective may be due to the fact that
military divers follow stricter selection criteria, decompression schemes and medical surveillance than commercial
divers.
PMID: 15490180 [PubMed - indexed for MEDLINE]
Search “Hyperbaric Oxygenation”[MAJR] Limits:
Publication Date from 2005/01 to 2005/06
J Basic Clin Physiol Pharmacol. 2005;16(4):275-85.
Hyperbaric oxygenation and antioxidant vitamin combination reduces ischemia-reperfusion injury in a rat epigastric
island skin-flap model.
Tomur A, Etlik O, Gundogan NU.
Department of Physiology, GATA Military Medical School
Etlik, Ankara.
Reperfusion injury, caused by free oxygen radicals, is a chain
N. 2 - Novembre 2006 f 34
of events that occurs in tissues exposed to a constant period
of ischemia. The antioxidant vitamins E and C (VEC) and
hyperbaric oxygenation (HBO) have beneficial effects in
treating ischemic tissues following skin flap operations. In
our study, we aimed to compare the effects of VEC and/or
HBO in ischemia-reperfusion injury induced by free oxygen
radicals in an experimental rat epigastric island skin-flap
model. Eight hours of ischemia was provided by clamping
the inferior epigastric pedicle following the flap elevation.
The flap survey was determined to be 28.6% in controls,
59.2% in HBO group, 66.3% in VEC + HBO group, and
82% in VEC group (p < 0.05). We conclude that although
HBO and/or VEC increased the flap viability significantly
by reducing ischemia-reperfusion injury, the most promising
results were obtained in the antioxidant vitamins group.
Cerebrovasc Dis. 2005;20(6):417-26. Epub 2005 Oct 17.
Hyperbaric oxygen therapy of cerebral ischemia.
Helms AK, Whelan HT, Torbey MT.
Medical College of Wisconsin, Milwaukee, Wisc. 53226,
USA.
BACKGROUND: Hyperbaric oxygen (HBO) therapy of cerebral ischemia has been evaluated in a number of human and
animal studies; however, there is presently no consensus on
its efficacy. METHODS: We present a review of animal and
human studies on HBO therapy of cerebral ischemia as well
as present potential mechanisms of action of HBO. RESULTS: Animal studies of HBO have shown promise by reducing infarct size and improving neurologic outcome. HBO
has also been shown to inhibit inflammation and apoptosis
after cerebral ischemia. Early reports in humans also suggested benefit in stroke patients treated with HBO. Recent
randomized, controlled human studies, however, have not
shown benefit, although all were limited by small sample size.
Important differences between animal and human studies
suggest HBO might be more effective in stroke within the
first few hours and at a pressure of 2-3 ATA. CONCLUSIONS: The clinical usefulness of HBO in the treatment of
cerebral ischemia is not yet certain. Attention to emerging
pathophysiologic data should be taken into consideration in
design of any future clinical trials of HBO in acute ischemic
stroke. 2005 S. Karger AG, Basel
Toxicol Rev. 2005;24(2):75-92.
Comment in: Toxicol Rev. 2005;24(2):73. Toxicol Rev.
2005;24(3):145-7. Toxicol Rev. 2005;24(3):149-50; discussion
159-60. Toxicol Rev. 2005;24(3):151; discussion 159-60. Toxicol Rev. 2005;24(3):153-4; discussion 159-60. Toxicol Rev.
2005;24(3):155-6; discussion 159-60. Toxicol Rev.
2005;24(3):157-8; discussion 159-60.
Hyperbaric oxygen for carbon monoxide poisoning: a systematic review and critical analysis of the evidence.
Buckley NA, Isbister GK, Stokes B, Juurlink DN.
Department of Clinical Pharmacology and Toxicology, Australian National University Medical School, Canberra, Australian Capital Territory.
Poisoning with carbon monoxide (CO) is an important cause
of unintentional and intentional injury worldwide. Hyperbaric oxygen (HBO) enhances CO elimination and has been
postulated to reduce the incidence of neurological sequelae.
These observations have led some clinicians to use HBO for
selected patients with CO poisoning, although there is considerable variability in clinical practice. This article assesses
the effectiveness of HBO compared with normobaric oxy-
Dalla letteratura
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Medicina Subacquea e Iperbarica
gen (NBO) for the prevention of neurological sequelae in patients with acute CO poisoning. The following databases
were searched: MEDLINE (1966 to present), EMBASE
(1980 to present), and the Controlled Trials Register of the
Cochrane Collaboration, supplemented by a manual review
of bibliographies of identified articles and discussion with
recognised content experts. All randomised controlled trials
involving people acutely poisoned with CO, regardless of severity, were examined. The primary analysis included all trials from which data could be extracted. Sensitivity analysis
examined trials with better validity (defined using the validated instrument of Jadad) and those enrolling more severely
poisoned patients. Two reviewers independently extracted
from each trial, including information on the number of randomised patients, types of participants, the dose and duration of the intervention, and the prevalence of neurological
sequelae at follow-up. A pooled odds ratio (OR) for the presence of neurological symptoms at 1-month follow-up was
calculated using a random effects model. Bayesian models
were also investigated to illustrate the degree of certainty
about clinical effectiveness. Eight randomised controlled trials were identified. Two had no evaluable data and were excluded. The remaining trials were of varying quality and two
have been published only as abstracts. The severity of CO
poisoning varied among trials. At 1-month follow-up after
treatment, sequelae possibly related to CO poisoning were
present in 242 of 761 patients (36.1%) treated with NBO,
compared with 259 of 718 patients (31.8%) treated with
HBO. Restricting the analysis to the trials with the highest
quality scores or those that enrolled all patients regardless of
severity did not change the lack of statistical significance in
the outcome of the pooled analysis. We found empiric evidence of multiple biases that operated to inflate the benefit
of HBO in two positive trials. In contrast, the interpretation
of negative trials was hampered by low rates of follow-up,
unusual interventions for control patients and inclusion of
less severely poisoned patients. Collectively, these limitations
may have led negative trials to overlook a real and substantial benefit of HBO (type II error). There is conflicting evidence regarding the efficacy of HBO treatment for patients
with CO poisoning. Methodological shortcomings are evident in all published trials, with empiric evidence of bias in
some, particularly those that suggest a benefit of HBO. Bayesian analysis further illustrates the uncertainty about a meaningful clinical benefit. Consequently, firm guidelines regarding the use of HBO for patients with CO poisoning cannot
be established. Further research is needed to better define
the role of HBO, if any, in the treatment of CO poisoning.
Such research should not exclude patients with severe poisoning, have a primary outcome that is clinically meaningful
and have oversight from an independent data monitoring
and ethics committee.
Sports Med. 2005;35(9):739-46.
Hyperbaric oxygen as an adjuvant for athletes.
Ishii Y, Deie M, Adachi N, Yasunaga Y, Sharman P, Miyanaga Y, Ochi M.
Department of Orthopaedic Surgery, Hiroshima University,
Hiroshima, Japan. [email protected]
There has recently been a resurgence in interest in hyperbaric oxygen (HBO) treatment in sports therapy, especially
in Japan. Oxygen naturally plays a crucial role in recovery
from injury and physiological fatigue. By performing HBO
treatment, more oxygen is dissolved in the plasma of the pul-
N. 2 - Novembre 2006 f 35
monary vein via the alveolar, increasing the oxygen reaching
the peripheral tissues. HBO treatment is therefore expected
to improve recovery from injury and fatigue. HBO treatment
has been reported to reduce post-injury swelling in animals,
and in humans; swelling was also mitigated, but to a lesser
extent. Positive results have also been reported regarding tissue remodelling after injury, with injuries involving bones,
muscles and ligaments showing improved recovery. Furthermore, HBO treatment has effectively increased recovery from
fatigue. This was clearly seen at the Nagano Winter Olympics, where sports players experiencing fatigue were successfully treated, enabling the players to continue performing in
the games. Despite its potential, HBO treatment does have
its risks. Increasing oxygen levels in tissues poses a risk to
DNA through oxidative damage, which can lead to pathological changes in the CNS and the lungs. Regarding the operating of HBO systems, safer administration should be advised. Further research into HBO treatment is required if
this therapy is to become more widespread. It should become possible to tailor treatment to an individual’s condition
in order to use HBO treatment efficiently.
Am Surg. 2005 Feb;71(2):144-51.
Adjuvant hyperbaric oxygen therapy in the management of
crush injury and traumatic ischemia: an evidence-based approach.
Garcia-Covarrubias L, McSwain NE Jr, Van Meter K, Bell
RM.
Department of Surgery, Tulane University School of Medicine and Charity Hospital, New Orleans, Louisiana 70112,
USA.
Hyperbaric oxygen therapy (HBO) has been recommended
as an adjunct treatment in acute traumatic ischemia and crush
injury. Several animal models have shown better outcomes
when HBO is used in crush injury and compartment syndrome. Animal and in vitro models have suggested that these
beneficial effects may be mediated by attenuation of ischemiareperfusion injury. We did a systematic review of the literature using the Eastern Association for the Surgery of Trauma
(EAST) recommendations for evidence-based reviews. An
electronic search using Medline, OVID technologies, and
the Cochrane database was performed. Only clinical papers
published between 1966 and December 2003 with at least
five patients that included enough information to evaluate
were selected. A group of trauma experts reviewed the selected articles and scored them applying the instrument developed by the EAST practice management guidelines committee. Nine documents fulfilled the inclusion criteria for a
total of approximately 150 patients. Most documents were
retrospective, uncontrolled, and case series lacking a standardized methodology (class III). There was one prospective
controlled randomized trial with some limitations on its design. We determined that eight of nine studies showed a beneficial effect from HBO with only one major complication.
We concluded that adjunctive HBO is not likely to be harmful and could be beneficial if administered early. Well designed clinical studies are warranted.
J Trauma. 2005 Jun;58(6):1230-5.
Early administration of hyperbaric oxygen therapy in distraction osteogenesis--a quantitative study in New Zealand
rabbits.
Wang IC, Wen-Neng Ueng S, Yuan LJ, Tu YK, Lin SS, Wang
CR, Tai CL, Wang KC.
Dalla letteratura
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Medicina Subacquea e Iperbarica
Department of Orthopaedic Surgery, Chang Gung Memorial Hospital, Chang Gung University, Taiwan.
BACKGROUND: We investigated the effect of hyperbaric
oxygen (HBO) therapy on the early phase of tibial lengthening in our established rabbit model. METHODS: Twentyfour male rabbits (six per group) underwent right tibial
lengthening by 5 mm. Group 1 then underwent 2.5 atmospheres of absolute hyperbaric oxygenation for 2 hours daily
for 6 weeks postoperatively; group 2, for early 5 weeks (weeks
1-5), group 3, for late 5 weeks (weeks 2-6), and group 4 had
no HBO therapy. Bone mineral density (BMD) was measured before surgery and weekly thereafter from weeks 2
through 6. The mechanical strengths of the lengthened tibias were measured. RESULTS: Significantly higher mean
%BMDs were obtained for groups 1 and 2 compared with
groups 3 and 4. There was no difference in the mean %BMD
between groups 1 and 2 (p > 0.05). The results were similar
for mean percentage maximal torque; group 1 had the maximum torque, followed sequentially by groups 2 though 4.
CONCLUSION: The study results suggest that early and
full-term administration of HBO therapy on tibial lengthening may achieve better benefits.
Nippon Ronen Igakkai Zasshi. 2005 May;42(3):360-3.
[A case of interval form of carbon monoxide poisoning with
a remarkable recovery]
[Article in Japanese]
Taguchi Y, Takashima S, Inoue H.
Second Department of Internal Medicine, Toyama Medical
and Pharmaceutical University.
A 69-year-old woman was admitted to our hospital due to an
interval form of carbon monoxide (CO) poisoning one month
after acute CO poisoning. On admission, she had disorientation, memory disturbance, apathy, masked face, muscle rigidity, bradykinesia and parkisonian gait. An MRI (FLAIR image) revealed high signal intensity lesions in the bilateral globus pallidus and the white matter of the frontal lobe. Hyperbaric oxygen (HBO) therapy at 2 atmospheres for 60 min was
given every day, in addition to citicoline, levodopa/DCI and
selegiline hydrochloride. Cognitive disturbance and parkinsonism gradually decreased, and abnormal signals in the bilateral globus pallidus and the cerebral white matter were attenuated after the treatment. Neuropsychiatric abnormalities except for a slight gait disturbance disappeared one and a half
month after starting the treatment. In addition to HBO therapy, administration of citicoline, lovodopa and selegiline may
be useful in the case of the interval form of CO poisoning.
Epilepsia. 2005 Jun;46(6):974-6.
Partial seizure provoked by hyperbaric oxygen therapy: possible mechanisms and implications.
Doherty MJ, Hampson NB.
Swedish Epilepsy Center, Virginia Mason Medical Center,
Seattle, Washington 98122, USA. michael.doherty@swedish.
org
Hyperbaric oxygen treatment (HBO2) is used commonly for
treatment of bone and soft-tissue radiation necrosis. It may
be a potential therapy for radiation necrosis seen after brain
irradiation. HBO2 risks include generalized tonic-clonic convulsions. We report a patient after resection of anaplastic astrocytoma and 5,580 cGy of total external-beam radiation
treatments with brain radiation necrosis who underwent
HBO2 therapy and developed a partial seizure during treatment. Mechanisms and implications are discussed.
N. 2 - Novembre 2006 f 36
Undersea Hyperb Med. 2005 Mar-Apr;32(2):111-9.
Effect of age and repeated hyperbaric oxygen treatments on
vagal tone.
Lund VE, Kentala E, Scheinin H, Lertola K, Klossner J,
Aitasalo K, Sariola-Heinonen K, Jalonen J.
Dept. of Anesthesiology and Intensive Care, Turku University Hospital, Finland.
OBJECTIVES: To evaluate the influence of repeated hyperbaric oxygen (HBO2) exposures and age on vagal response
to hyperbaric oxygenation, and to evaluate the timing of
changes in vagal activity during the treatments. STUDY DESIGN: Open, controlled, non-randomized study. METHODS: Heart rate variability of 23 patients with chronic osteomyelitis or radionecrosis of the jaw or reconstructive surgery of the facial region was studied during repeated treatments. During each treatment, the patients were exposed to
HBO2 at 2.5 ATA and heart rate variability was measured
using power spectral analysis before compression, three times
at 2.5 ATA and during and after decompression. The patients
were grouped according to age (Cut-off point 50 years). Statistical analysis was carried out using analysis of variance for
repeated measurements. RESULTS: Repeated exposures did
not change vagal response to hyperbaric oxygenation. Vagal
activity measured by HF power increased significantly in
both age groups during the HBO2 exposures but there were
no significant difference between the groups in the response.
However, the level of HF power was significantly higher in
the subjects under 50 years old. Significant differences between consecutive measurements were related to pressure
changes. CONCLUSIONS: Repeated therapeutic HBO2exposures are not causing permanent changes in vagal control
of the heart. Vagal responsiveness to hyperbaric hyperoxia
is preserved in advanced age.
Undersea Hyperb Med. 2005 Mar-Apr;32(2):103-10.
Hyperbaric oxygen therapy in the treatment of complications of irradiation in head and neck area.
Narozny W, Sicko Z, Kot J, Stankiewicz C, Przewozny T,
Kuczkowski J.
ENT Department Medical University of Gdansk, Poland.
BACKGROUND AND PURPOSE: We have investigated
the treatment results of hyperbaric oxygen (HBO2) to patients with radiation-induced tissue complications. MATERIAL AND METHODS: Eight patients (1.4%) from 548
with head and neck cancers treated surgically with post- or
preoperative radiotherapy or radiotherapy alone in standard
doses who developed postradiation complications (6 patients
with laryngeal chondroradionecrosis, 1 patient with osteoradionecrosis of the temporal bone, and 1 patient with soft
tissue radionecrosis) are presented. To evaluate radiation reactions occuring in the head and neck region, we used the
Chandler grading system for classification of postradiation
larynx injuries and SOMA/LENT score for classification of
postradiation injuries of mucosa of upper aerodigestive tract.
Grades I and II in those grading systems are expected side
effects of radiation therapy, thus our cases were all in grades
III and IV. The HBO2 was performed after failure of the
conventional treatment (antibiotics, steroids, topical therapy). The number of HBO2 expositions was from 8 to 39
and the delay to therapy from 2 to 22 months. RESULTS:
Symptoms resolved in all treated patients. Six patients with
laryngeal chondroradionecrosis had no symptoms after therapy and in three of them after partial laryngectomy the decannulation was performed. In one patient with mucosal ra-
Dalla letteratura
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dionecrosis after total laryngectomy, the esophageal fistula
was closed and in one patient with osteoradionecrosis of the
temporal bone, wound debridement followed. CONCLUSION: The authors’ experience supports the increasing clinical evidence that HBO2 is an effective adjunct therapy for
treatment of complications of irradiation in head and neck
area.
Arch Toxicol. 2005 May;79(5):289-93. Epub 2004 Nov 9.
Investigation of the role of hyperbaric oxygen therapy in cisplatin-induced nephrotoxicity in rats.
Atasoyu EM, Yildiz S, Bilgi O, Cermik H, Evrenkaya R, Aktas S, Gultepe M, Kandemir EG.
Department of Nephrology, Gulhane Military Medical Academy, Haydarpasa Training Hospital, Kadikoy/Istanbul, Turkey.
Cisplatin (CP) is an effective chemotherapeutic agent used
in the treatment of a variety of solid tumours. The most frequently observed side-effect of the use of CP is nephrotoxicity. Recently, evidence has been demonstrated that reactive
oxygen species forming in the tubular epithelium play an important role in CP-linked nephrotoxicity. The aim of the
study was to observe the effect of hyperbaric oxygen (HBO)
therapy on CP nephrotoxicity, a subject which has not been
studied previously. Wistar rats were treated with CP (a single intraperitoneal (IP) dose of 0.6 mg/100 g) alone and in
combination with HBO (60 min every day for seven days at
2.5 x atmospheric pressure). Effects of the treatment on renal function and histology were determined. In analyses at
the end of the study it was observed that serum urea, creatinine, and daily urinary protein excretion levels of the CP
group were higher than at the start of the study, and that the
creatinine clearance level had fallen (P < 0.05). There was no
significant difference between the CP+HBO group and HBO
group serum urea, creatinine, creatinine clearance, and daily
urinary protein excretion levels at the beginning and end of
the study (P > 0.05). Histopathological examination showed
that the necrosis score in the proximal tubule epithelial cells
and average apoptitic cell numbers in the CP group were
higher than those in the CP+HBO and HBO groups (P <
0.05). There was no statistical difference between the
CP+HBO group and the HBO group in terms of necrosis
score in the proximal tubule epithelial cells and the percentage of distal tubules containing hyaline casts in the lumen.
In conclusion, in this study it was observed that in experimental study of CP nephrotoxicity the synchronous application of HBO therapy with CP prevents kidney damage.
Br J Oral Maxillofac Surg. 2005 Jun;43(3):219-25.
Survey of the use of hyperbaric oxygen by maxillofacial oncologists in the UK.
Kanatas AN, Lowe D, Harrison J, Rogers SN.
University of Liverpool, Liverpool, UK.
Oral and maxillofacial surgeons often use hyperbaric oxygen
(HBO). Our aim was to find out the referral pattern of these
surgeons for HBO. We contacted oral and maxillofacial units
in England, Wales, and Scotland and identified 125 consultants who are involved in the management of patients with
cancers of the head and neck. We sent these surgeons a postal
questionnaire and 91 (73%) replied. Eighty-five of these consultants (93%) saw patients with osteoradionecrosis and only
five of these never referred patients for HBO. About half the
respondents (57%) saw patients for the insertion of osseointegrated implants after radiotherapy to the jaw, and seven of
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these never referred patients for HBO. All the respondents
saw patients who required mandibular molar extractions after radiotherapy and 30 (33%) never referred these patients
for HBO. Most consultants were unaware of the method of
delivery of HBO. This survey suggests that most surgeons
consider HBO to be part of the management of osteoradionecrosis, but their knowledge about delivery is weak and
protocols vary.
J Urol. 2005 Jun;173(6):1975-7.
Hyperbaric oxygen for the treatment of fournier’s gangrene.
Mindrup SR, Kealey GP, Fallon B.
Departments of Urology and Surgery, University of Iowa,
Iowa City, Iowa, USA.
PURPOSE: Fournier’s gangrene is a necrotizing fasciitis of
the genitalia that is associated with high morbidity and mortality. Groups at many institutions have initiated routine adjuvant hyperbaric oxygen (HBO) therapy. We examined
whether HBO has made a difference in the morbidity, mortality and costs associated with treating this disease. We also
analyzed predictors of extended hospital stay and mortality.
MATERIALS AND METHODS: The records of patients
with the hospital discharge diagnoses of Fournier’s gangrene,
necrotizing fasciitis, gangrene of the genitalia and scrotal gangrene from 1993 to 2002 were reviewed. Data concerning
clinical presentation characteristics, hospital stay, complications, hospital charges and outcomes, including graft failure
and death, were analyzed. RESULTS: A total of 42 patients
were identified and followed a median 4.2 years. Of the patients 16 underwent surgical debridement and antibiotic therapy alone, and 26 were treated with HBO plus surgery and
antibiotics. Overall disease specific mortality was 21.4%, that
is 12.5% in the nonHBO group and 26.9% in the HBO
group. Three or more complications occurred in 13% of nonHBO and in 19% of HBO cases, of which the most common
was myocardial infarction. The skin graft failure rate was 6%
(nonHBO) and 8% (HBO). Physical disability was a statistically significant predictor of extended hospital stay (p
<0.01). There was a trend toward a correlation between
known coronary artery disease and death (p = 0.2). A statistically significant difference was noted in average daily hospital charges in nonHBO vs HBO cases ($2,552 vs $3,384
daily, p <0.01). CONCLUSIONS: These data do not support routine HBO in the treatment of Fournier’s gangrene.
There was a trend toward higher morbidity and mortality in
the HBO group, suggesting that treatment may have been
given to patients who were more ill.
Childs Nerv Syst. 2006 Jan;22(1):38-42. Epub 2005 May 5.
Hyperbaric oxygen therapy for the treatment of brain abscess in children.
Kurschel S, Mohia A, Weigl V, Eder HG.
Department of Neurosurgery, Medical University, Auenbruggerplatz 29, 8036 Graz, Austria.
INTRODUCTION: The treatment of brain abscess remains
a challenging topic usually involving a multimodal concept.
METHODS: We report our experience with hyperbaric oxygen (HBO) therapy in five children presenting with brain
abscesses between 1995 and 2002 at the Department of Neurosurgery, Graz. Mean age was 14.8 (range 11-17 years). All
abscesses were located supratentorially. One child had a single abscess and one had multilocated abscesses. Two other
patients presented with both subdural empyema and brain
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abscess, one of them showing an epidural empyema as well.
In another child, the brain abscess was associated with meningoencephalitis and subdural empyema. In all of them the underlying condition was spread of infection from the paranasal sinuses, except for one, who was immunocompromised
due to cytotoxic chemotherapy for acute lymphocytic leukaemia. RESULTS: One single brain abscess and one of the
multiple abscesses were drained. All subdural/epidural empyemas were treated surgically. Antibiotics were administered intravenously for 13 to 22 days (mean 22 days). All patients underwent HBO therapy; the number of treatments
ranged from 26 to 45 “dives” (mean 30). Treatments were
given once daily at 2.2 atmosphere absolutes for 60 min at
12 m. During the hospital stay all improved their clinical condition, with continued regression of abnormalities on magnetic resonance imaging (MRI). In the following weeks, other
interventions were performed to treat the origin of the infections. At 6 months follow-up they were all in good clinical
condition, either symptom free or with minor residual symptoms. MRI at this time showed no evidence of disease in
three, a residual dural enhancement in one and a residual
shrunken collection in the child with multilocated abscesses.
No recurrence was observed during a mean follow-up of 21
months (range from 7 to 72 months). CONCLUSION: HBO
therapy in children with brain abscesses seems to be safe and
effective, even when they are associated with subdural or epidural empyemas. It provides a helpful adjuvant tool in the
usual multimodal treatment of cerebral infections and may
reduce the intravenous course of antibiotics and, consequently, the duration of hospitalization. Multidisciplinary
management is recommended to optimize care for these critically ill children.
Cochrane Database Syst Rev. 2005 Apr 18;(2):CD004818.
Hyperbaric oxygen therapy for acute coronary syndrome.
Bennett M, Jepson N, Lehm J.
Diving and Hyperbaric Medicine, Prince of Wales Hospital,
Barker St., Randwick, NSW, Australia, 2031. m.bennett@
unsw.edu.au
BACKGROUND: Acute coronary syndrome (ACS) includes
acute myocardial infarction and unstable angina. ACS is common and may prove fatal. Hyperbaric oxygen therapy
(HBOT) will improve oxygen supply to the threatened heart
and may reduce the volume of heart muscle that will perish.
The addition of HBOT to the standard treatment may reduce death rate and other major adverse outcomes. OBJECTIVES: To assess the benefits and harms of adjunctive HBOT
for treating ACS. SEARCH STRATEGY: We searched the
following from inception to November 2004: CENTRAL,
MEDLINE, EMBASE, CINAHL, DORCTHIM, and references from selected articles. Relevant journals were handsearched and researchers in the field contacted. SELECTION
CRITERIA: Randomised studies comparing the effect on
ACS of regimens that include HBOT with those that exclude
HBOT. DATA COLLECTION AND ANALYSIS: Three reviewers independently evaluated the quality of trials using
the guidelines of the Cochrane Handbook and extracted data
from included trials. MAIN RESULTS: Four trials with 462
participants contributed to this review. There was a trend towards, but no significant decrease in, the risk of death with
HBOT (relative risk (RR) 0.64, 95% CI 0.38 to 1.06, P=0.08).
There was evidence from individual trials of reductions in
the risk of major adverse coronary events [MACE] (RR 0.12,
95% CI 0.02 to 0.85, P=0.03; NNT 4, 95% CI 3 to 10) and
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some dysrhythmias following HBOT (RR 0.59, 95% CI 0.39
to 0.89, P=0.01; NNT 6, 95% CI 3 to 24), particularly complete heart block (RR 0.32, 95%CI 0.12 to 0.84, P=0.02),
and that the time to relief of pain was reduced with HBOT
(Weighted Mean Difference [WMD] 353 minutes shorter,
95% CI 219 to 488, P<0.0001). One trial suggested a significant incidence of claustrophobia in single occupancy chambers of 15% (RR of claustrophobia with HBOT 31.6, 95%CI
1.92 to 521, P=0.02). AUTHORS’ CONCLUSIONS: For
people with ACS, individual small trials suggest the addition
of HBOT reduced the risk of Major Adverse Cardiac Events,
some dysrrhythmias, and reduced the time to relief from ischaemic pain, but did not reduce mortality. In view of the
modest number of patients, methodological shortcomings
and poor reporting, this result should be interpreted cautiously, and an appropriately powered trial of high methodological rigour is justified to define those patients (if any)
who can be expected to derive most benefit from HBOT.
The routine application of HBOT to these patients cannot
be justified from this review.
Cochrane Database Syst Rev. 2005 Apr 18;(2):CD004617.
Hyperbaric oxygen as an adjuvant treatment for malignant
otitis externa.
Phillips JS, Jones SE.
Department of Otolaryngology, Norfolk and Norwich University Hospital, Colney Lane, Norwich, Norfolk, UK, NR4
7UY. [email protected]
BACKGROUND: Malignant, or necrotising, otitis externa
is a potentially fatal infection of the external ear canal and
surrounding soft tissue and bone. It may be complicated by
involvement of cranial nerves, principally the facial nerves
and the contents of the jugular foramen. It is an uncommon
condition mainly found in the elderly or in diabetics. OBJECTIVES: To assess the effectiveness of adjunctive hyperbaric oxygen treatment for malignant otitis externa. SEARCH
STRATEGY: We searched the Cochrane Central Register of
Controlled Trials (CENTRAL) (The Cochrane Library Issue
4, 2003), MEDLINE (January 1966 to April 2004) and EMBASE (January 1985 to April 2004) with pre-specified terms.
The date of the last search was 5th April 2004. SELECTION
CRITERIA: Randomised controlled trials, involving adults,
undergoing hyperbaric oxygen therapy in malignant otitis
externa. DATA COLLECTION AND ANALYSIS: No identified articles described randomised controlled trials of hyperbaric oxygen therapy in the treatment of malignant otitis
externa. MAIN RESULTS: Due to the lack of data no results
could be presented. AUTHORS’ CONCLUSIONS: No clear
evidence exists to demonstrate the efficacy of hyperbaric oxygen therapy when compared to treatment with antibiotics
and/or surgery. No data were found to compare rates of complication between the different treatment modalities. Further research is required.
Urology. 2005 Apr;65(4):649-53.
Early hyperbaric oxygen therapy improves outcome for radiation-induced hemorrhagic cystitis.
Chong KT, Hampson NB, Corman JM.
Section of Urology and Renal Transplantation, Virginia Mason Medical Center, Seattle, Washington 98111, USA.
OBJECTIVES: To assess the clinical factors that affect the
efficacy of hyperbaric oxygen (HBO2) therapy in treating radiation-induced hemorrhagic cystitis. HBO2 therapy is an
effective treatment for radiation-induced hemorrhagic cysti-
Dalla letteratura
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tis, with reported response rates ranging from 76% to 100%.
METHODS: The data from patients with radiation-induced
hemorrhagic cystitis treated at our institution between May
1988 and December 2001 were reviewed retrospectively. All
patients received HBO2 therapy at 2.36 atm absolute pressure, with 90 minutes of 100% oxygen breathing per treatment. The outcome was assessed after at least 12 months of
follow-up. We evaluated patient demographics, types of pelvic malignancy and radiotherapy, total radiation dose, onset
and severity of hematuria, and prior intravesical management. Clinical improvement was defined as the absence of,
or reduction in, macroscopic hematuria. RESULTS: A total
of 60 patients (55 men and 5 women), mean age 70 years, received an average of 33 HBO2 treatments (range 9 to 63).
Of the 60 patients, 48 (80%) had either total or partial resolution of hematuria. When treated within 6 months of hematuria onset, 96% (27 of 28) had complete or partial symptomatic resolution (P = 0.003). All 11 patients with previous
clot retention had clinical improvement if treated within 6
months of hematuria onset (P = 0.007). Prior intravesical
chemical instillation did not affect the clinical outcome. Patients who had undergone primary, adjuvant, or salvage external beam pelvic radiotherapy showed response rates of
81%, 83%, and 78%, respectively (P = 0.950). CONCLUSIONS: Our results show that delivery of HBO2 therapy
within 6 months of hematuria onset is associated with a
greater therapeutic response rate. Treatment efficacy was independent of prior intravesical therapy and the timing of radiotherapy.
Am J Surg. 2005 Apr;189(4):462-6.
Comment in: Am J Surg. 2005 Apr;189(4):467-8.
Hyperbaric oxygen as adjuvant therapy in the management
of necrotizing fasciitis.
Jallali N, Withey S, Butler PE.
Department of Plastic and Reconstructive Surgery, Royal
Free Hospital, Pond St., London, England NW3 2QG. [email protected]
BACKGROUND: Necrotizing fasciitis (NF) is an uncommon but serious infection of fascia and skin associated with
considerable morbidity and mortality. One modality proposed for improving the outcome of this condition is hyperbaric oxygen (HBO) therapy. This is a form of medical
treatment that involves intermittent inhalation of 100% oxygen under pressures exceeding the atmosphere. The aim
of this article is to review current practice and evidence for
the use of HBO as adjunctive therapy in the management
of NF. METHODS: A survey of published English literature through searches of Medline and PubMed was carried
out using the following key words: «necrotizing fasciitis,»
«Fournier’s gangrene,» «necrotizing soft tissue infections,»
«hyperbaric oxygen therapy,» «and hyperbaric oxygen
chambers.» RESULTS: The results of studies on the use of
HBO therapy in NF are inconsistent. Some studies have
demonstrated that HBO can improve patient survival and
decrease the number of debridements required to achieve
wound control, whereas others have failed to show any beneficial effect. CONCLUSIONS: Encouraging results have
been achieved with the addition of HBO therapy to standard treatment regimes, thus justifying further research in
this field. More robust evidence by way of a prospective
randomized trial is necessary before widespread and routine use of HBO in the management of NF can be recommended.
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Crit Care Med. 2005 Apr;33(4):841-6.
Comment in: Crit Care Med. 2005 Apr;33(4):909-10.
Effects of hyperbaric treatment in cerebral air embolism on
intracranial pressure, brain oxygenation, and brain glucose
metabolism in the pig.
van Hulst RA, Drenthen J, Haitsma JJ, Lameris TW, Visser
GH, Klein J, Lachmann B.
Department of Anesthesiology, Erasmus Medical Center, Rotterdam, The Netherlands.
OBJECTIVE: To evaluate the effects of hyperbaric oxygen
treatment after cerebral air embolism on intracranial pressure, brain oxygenation, brain glucose/lactate metabolism,
and electroencephalograph. DESIGN: Prospective animal
study. SETTING: Hyperbaric chamber. SUBJECTS: Eleven
Landrace/Yorkshire pigs. INTERVENTIONS: In 11 anesthetized pigs, intracranial pressure and brain oxygenation
were measured with microsensor technology, brain glucose/
lactate by microdialysis, and electroencephalograph by conventional methods. After injection of air into the internal carotid artery, animals were treated immediately (at 3 mins; t
= 3) or at 60 mins (t = 60) with U.S. Navy Treatment Table
6 for 4.48 hrs. RESULTS: At the end of hyperbaric oxygen
treatment, intracranial pressure in the t = 60 group (39 +/8 mm Hg) was significantly higher than in the t = 3 group
(27 +/- 6 mm Hg), brain oxygenation values for group t = 3
and t = 60 were 66 +/- 14 and 52 +/- 15 mm Hg, respectively
(no significant difference from baseline), and there were no
pathologic scores in the visually assessed electroencephalograph. However, there was a significant decrease in brain glucose and a significant increase in brain lactate in both groups
at the end of the 5-hr study period. CONCLUSIONS: Hyperbaric oxygen treatment initiated at both 3 and 60 mins
after embolization decreased the deleterious effects of cerebral air embolism on intracranial pressure and brain metabolism. Therefore, this model appears suitable to test the application of hyperbaric oxygen treatment with a delay >60
mins after embolization, as is often the case in the clinical situation.
Can J Anaesth. 2005 Apr;52(4):403-8.
Hyperbaric treatment of cerebral air embolism in an infant
with cyanotic congenital heart disease.
LeDez KM, Zbitnew G.
Department of Anesthesia, Memorial University of Newfoundland, Health Sciences Centre, 300 Prince Phillip Drive,
St. John’s, Newfoundland A1B 3V6, Canada. kledez@mun.
ca
PURPOSE: Infants with cyanotic congenital heart disease
are at risk for cerebral arterial gas embolism (CAGE) from
iv infusion lines. Concern about the hazards and difficulty of
caring for such patients inside a hyperbaric chamber may deter referral. We report a complex case in which a small infant was managed successfully using a modified hyperbaric
oxygen treatment (HBOT) schedule. CLINICAL FEATURES: A four-month-old 6.19 kg male infant with a recent
Glenn shunt for double-outlet right ventricle had a seizure
and became unstable immediately after an iv drug infusion.
The patient was sedated, intubated and ventilated and dobutamine was commenced. A computerized tomography (CT)
scan performed ten hours later demonstrated three intracranial air bubbles. About ten hours later the patient was referred for HBOT which commenced soon afterwards in a
multiplace chamber. Since the right-to-left shunt would
greatly increase the risk of decompression illness from breath-
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ing hyperbaric air HBOT was modified by the use of an abbreviated schedule at reduced pressure. Two 90-min HBOT
sessions were administered within 24 hr at 38 feet of sea-water pressure, equivalent to 2.15 atmospheres absolute without any air break. During treatment the infant was ventilated
using an Oxford Penlon ventilator. A subsequent CT scan
demonstrated the absence of air. After extubation he appeared neurologically intact except for some weakness of the
left arm. CONCLUSION: Hyperbaric oxygen may be utilized to treat CAGE in small infants with right-to-left shunt
and should be commenced promptly.
Undersea Hyperb Med. 2005 Jan-Feb;32(1):61-83.
A systematic review of the application of hyperbaric oxygen
in the treatment of severe anemia: an evidence-based approach.
Van Meter KW.
Department of Medicine, Section of Emergency Medicine,
Division of Hyperbaric Medicine, Louisiana State University
Health Sciences Center, New Orleans, Louisiana, USA.
The treatment of severe anemia with hyperbaric oxygen
(HBO2) is one of thirteen indications approved by the Hyperbaric Oxygen Therapy Committee of the Undersea and
Hyperbaric Medical Society for appropriate use of the therapy (1). This paper systematically reviews the literature reporting the use of HBO2 therapy in the treatment and management of severe anemia. Increasingly, a trend to use standards of evidence-based medicine to evaluate the effectiveness of therapeutic interventions in injury and illness is productively with us in medicine today. At issue is discovery
and evaluation of the best evidence available in world medical literature for evaluation of current treatment of the individual patient. The best evidence is a published randomized controlled prospective human trial; at the other end
of the spectrum, the least valued evidence is a published
expert opinion. In this review thirty-five publications have
been reviewed as representing published results of applying HBO2 in treatment of severe anemia. Each article underwent the evidence-based evaluative grading of the American Heart Association system (AHA), the National Cancer Institute Patient Data Query system (NCI-PDQ), and
the British Medical Journal’s (BMJ) Clinical Evidence system. Comparative results using the three systems of evaluation are presented in tabular form for the reader. All publications report a positive result when HBO2 is delivered
as treatment for severe anemia. Other alternatives other
than transfusion with autologous or heterologous matched
blood products are helpful but most too have not been the
subject of prospective human randomized controlled trials.
HBO2 may be used adjunctively with hematinics, fluorocarbons, and cell wall free polymerized hemoglobin (currently fluorocarbons and cell wall free polymerized hemoglobin are not available for routine use in the United States,
but both are undergoing advanced stage clinical trials at the
time of this review).
Undersea Hyperb Med. 2005 Jan-Feb;32(1):21-6.
Hyperbaric treatment of patients with carbon monoxide poisoning in the United States.
Hampson NB, Little CE.
Section of Pulmonary and Critical Care Medicine, Virginia
Mason Medical Center, 1100 Ninth Avenue Seattle, Washington, USA.
INTRODUCTION: Hyperbaric oxygen (HBO2) is effective
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therapy for carbon monoxide (CO) poisoning. In recent
years, many hyperbaric physicians in the US have felt that
numbers of patients referred for treatment of CO poisoning
have decreased. Further, since the 2002 Weaver et al study
(5), there has been discussion regarding the best treatment
protocol. This study was conducted to determine numbers
of patients treated with HBO2 annually over the past decade in the US and whether there is a consensus about the
number of treatments per patient. MATERIALS AND
METHODS: A survey was mailed to all US facilities listed
in the 2001 UHMS Chamber Directory. Two subsequent
mailings were sent to survey nonresponders, followed by telephone contacts. RESULTS: Of the 320 facilities listed in the
directory, 10 were nonresponders, 26 had closed since publication and 80 do not treat CO poisoning, leaving 204 facilities. From 1992-2002, a total of 16,367 patients were treated
with HBO2 for CO poisoning, an average of 1,488 +/- 121
patients/year (mean < or = SD). While the total number of
patients treated annually did not decrease during the period
studied, the number treated per facility did decline as a result of an increase in number of treating facilities. Only 46
facilities (23%) automatically give more than 1 hyperbaric
treatment per CO-poisoned patient. Among those that do,
20 facilities (10%) give 3 treatments per patient. Conversely,
136 (67%) sometimes give more than one treatment and 12
facilities (8%) never retreat. CONCLUSIONS: Approximately 1,500 CO-poisoned patients are treated with HBO2
in the US annually, a number that has remained relatively
constant since 1992. The majority of facilities does not routinely give more than one hyperbaric treatment, but will give
repetitive treatment in certain situations.
Undersea Hyperb Med. 2005 Jan-Feb;32(1):1-9.
Effects of hyperbaric oxygen therapy on experimental burn
wound healing in rats: a randomized controlled study.
Bilic I, Petri NM, Bezic J, Alfirevic D, Modun D, Capkun V,
Bota B.
Naval Medical Institute, Department of Undersea and Hyperbaric Medicine, Split, Croatia.
A body of data supports the efficacy of hyperbaric oxygen
(HBO2) therapy in the treatment of thermal burns, but the
role of HBO2 in the treatment of burn injury remains a subject of controversy. The aim of this study was to evaluate possible positive effects of HBO2 on the experimental burn
wound healing. Deep second degree burns were produced
on the depilated backs of 70 male Wistar rats using a validated burn protocol. The animals were assigned randomly
to one of two groups: 35 to the control group, which was
treated with silver sulphadiazine and placebo gas, and 35 to
the experimental group, which was treated with silver sulphadiazine and HBO2. The main outcome measure was
wound healing, characterized by formation of post-burn
edema, neoangiogenesis, number of regeneratory active follicles, necrosis staging, margination of leukocytes, and time
of epithelization. A significant reduction of the post-burn
edema after treatment with HBO2 (p = 0.009) was found.
HBO2 had a beneficial effect on neoangiogenesis (p = 0.009).
The number of preserved regeneratory active follicles was
significantly higher (p = 0.009) and epithelial regeneration
was more rapid in the experimental group (p = 0.048). There
were no significant differences for margination of leukocytes
(p = 0.55) or necrosis staging (p = 1.00). These data further
support earlier conclusions that HBO2 is beneficial in the
healing of burn wounds.
Dalla letteratura
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Hawaii Med J. 2005 Jan;64(1):12-3.
Concomitant cerebral and coronary arterial gas emboli in a
sport diver: a case report.
Smerz RW.
University of Hawaii, John A Burns School of Medicine,
Honolulu, HI 96817, USA.
This report presents a case of concomitant cerebral and coronary gas emboli seen in a sport scuba diver after suffering
from pulmonary barotrauma. Except for massive fatal gas
embolism, no case of concomitant cerebral and coronary arterial gas emboli has been reported. The 45 year old male
diver rapidly surfaced from a depth of 32 feet of sea water
and experienced transient loss of consciousness, chest pain,
and hemiparesis. EKG and cardiac enzymes suggested myocardial ischemia. He received three recompression treatments and recovered completely.
Am J Surg. 2005 Feb;189(2):155-60.
An evaluation of low molecular weight heparin and hyperbaric oxygen treatment in the prevention of intra-abdominal adhesions and wound healing.
Arikan S, Adas G, Barut G, Toklu AS, Kocakusak A, Uzun
H, Kemik O, Daduk Y, Aydin S, Purisa S.
General Surgery Clinic, Haseki Education and Research Hospital, Istanbul, Turkey. [email protected]
BACKGROUND: Abdominal surgery can lead to intra-abdominal adhesions with significant morbidity and mortality.
To prevent adhesions, an experimental study was planned to
designate the effects of low molecular weight (LMW)
heparins and hyperbaric oxygen (HBO) therapy both on the
formation of adhesions and wound healing. METHODS:
Thirty-eight Wistar albino rats underwent laparotomy to
cause intra-abdominal adhesions by mechanical abrasion of
the cecum and ethanol application. The rats were divided
into 4 groups. In the control group (group 1) no further management was undertaken. Group 2 was treated by Enoxaparine Na, group 3 received HBO therapy, and group 4 was
given both enoxaparine Na and HBO treatment. RESULTS:
There was a statistically significant difference between the
control and enoxaparine Na groups regarding adhesions. Statistically significant differences were observed between
groups 1 and 4 and between groups 1 and 3 regarding the
hydroxyproline content of the abdominal wounds. In the
pathologic analysis of the abdominal wounds, there was no
statistically significant difference between any of the groups,
including the control group, regarding inflammation. Statistically significant differences were observed regarding angiogenesis between the control group and groups 3 and 4.
There was also a statistically significant difference regarding
fibrosis between groups 1 and 4. CONCLUSIONS: Enoxaparine Na decreased intra-abdominal adhesions, and HBO
therapy had no beneficial effect on adhesions. Enoxaparine
Na had no harmful effects on wound healing, and HBO therapy increased the process of wound healing.
Strahlenther Onkol. 2005 Feb;181(2):113-23.
Hyperbaric oxygen and radiotherapy.
Mayer R, Hamilton-Farrell MR, van der Kleij AJ, Schmutz
J, Granstrom G, Sicko Z, Melamed Y, Carl UM, Hartmann
KA, Jansen EC, Ditri L, Sminia P.
Department of Radiation Oncology, Medical University of
Graz, Austria.
BACKGROUND: Hyperbaric oxygen (HBO) therapy is the
inhalation of 100% oxygen at a pressure of at least 1.5 at-
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mospheres absolute (150 kPa). It uses oxygen as a drug by
dissolving it in the plasma and delivering it to the tissues independent of hemoglobin. For a variety of organ systems,
HBO is known to promote new vessel growth into areas with
reduced oxygen tension due to poor vascularity, and therewith promotes wound healing and recovery of radiation-injured tissue. Furthermore, tumors may be sensitized to irradiation by raising intratumoral oxygen tensions. METHOD:
A network of hyperbaric facilities exists in Europe, and a
number of clinical studies are ongoing. The intergovernmental framework COST B14 action “Hyperbaric Oxygen Therapy” started in 1999. The main goal of the Working Group
Oncology is preparation and actual implementation of prospective study protocols in the field of HBO and radiation
oncology in Europe. RESULTS: In this paper a short overview on HBO is given and the following randomized clinical studies are presented: a) reirradiation of recurrent squamous cell carcinoma of the head and neck after HBO sensitization; b) role of HBO in enhancing radiosensitivity on
glioblastoma multiforme; c) osseointegration in irradiated
patients; adjunctive HBO to prevent implant failures; d) the
role of HBO in the treatment of late irradiation sequelae in
the pelvic region. The two radiosensitization protocols (a, b)
allow a time interval between HBO and subsequent irradiation of 10-20 min. CONCLUSION: Recruitment of centers
and patients is being strongly encouraged, detailed information is given on www.oxynet.org.
Foot Ankle Int. 2005 Jan;26(1):15-8.
Hyperbaric oxygen as an intervention for managing wound
hypoxia: its role and usefulness in diabetic foot wounds.
Strauss MB.
Department of Hyperbaric Medicine, Long Beach Memorial
Medical Center, 2801 Atlantic Avenue, PO Box 1428, Long
Beach, CA 90801-1428, USA. [email protected]
Few topics in diabetic wound management generate as much
“heated” discussion as hyperbaric oxygen (HBO). Hyperbaric oxygen is an intermittent inhalation therapy in which
the patient breathes oxygen at greater than 1 atm of pressure. This requires placement of the patient into a sealed vessel (chamber) which is capable of withstanding pressurization. This article discusses the role of HBO as an adjunct to
the management of diabetic problem foot wounds from evidenced-based, approved (by Medicare) indications and costeffectiveness perspectives.
Cochrane Database Syst Rev. 2005 Jan 25;(1):CD004739.
Hyperbaric oxygen for idiopathic sudden sensorineural hearing loss and tinnitus.
Bennett MH, Kertesz T, Yeung P.
Diving and Hyperbaric Medicine, Prince of Wales Hospital,
Barker St., Randwick, NSW, Australia, 2031. m.bennett@
unsw.edu.au
BACKGROUND: Idiopathic sudden sensorineural hearing
loss (ISSHL) with or without tinnitus is common and presents
a health problem with significant effect on quality of life. Hyperbaric oxygen therapy (HBOT) may improve oxygen supply to the inner ear and thereby result in an improvement in
hearing and/or a reduction in the intensity of tinnitus. OBJECTIVES: To assess the benefits and harms of HBOT for
treating ISSHL and tinnitus. SEARCH STRATEGY: We
searched the Cochrane ENT Specialist Register (June 2004),
CENTRAL (The Cochrane Library Issue 3, 2004), MEDLINE
(1966 to 2004), EMBASE (1974 to 2004), CINAHL (1982
Dalla letteratura
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Medicina Subacquea e Iperbarica
to 2004), DORCTHIM (1996 to 2004), and reference lists of
articles. Researchers in the field were contacted. SELECTION CRITERIA: Randomised studies comparing the effect on ISSHL and/or tinnitus of therapeutic regimens which
include HBOT with those that exclude HBOT. DATA COLLECTION AND ANALYSIS: Three reviewers independently evaluated the quality of the relevant trials using the validated Jadad 1996 Oxford-Scale and extracted the data from
the included trials. MAIN RESULTS: Five trials contributed
to this review (254 subjects, 133 receiving HBOT and 120
control). Pooled data from two trials involving 114 patients
(45% of the total) suggested there was a trend towards, but
no significant increase in, the chance of a 50% increase in
hearing threshold on Pure Tone Average (PTA) over four frequencies when HBOT was used (relative risk (RR) for good
outcome with HBOT 1.53, 95% confidence interval (CI)
0.85 to 2.78, P = 0.16). The chance of achieving a 25% increase with HBOT was, however, statistically significant (RR
1.39, 95% CI 1.05 to 1.84, P = 0.02). Fifty-six per cent of the
control subjects achieved this outcome versus 78% of the
HBOT subjects, with the number-needed-to-treat (NNT) to
achieve one extra good outcome being 5 (95% CI 3 to 20).
A single trial involving 50 subjects (20% of the total) also
suggested a significant improvement in the mean PTA threshold expressed as a percentage of baseline (61% improvement
with HBOT, 24% with control, WMD 37%, 95% CI 22%
to 53%).The effect of HBOT in tinnitus could not be assessed due to poor reporting.There were no significant improvements in hearing or tinnitus reported in the single study
to examine the effect of HBOT on a chronic presentation
(six months) of ISSHL and/or tinnitus. AUTHORS’ CONCLUSIONS: For people with early presentation of ISSHL,
the application of HBOT significantly improved hearing loss,
but the clinical significance of the level of improvement is
not clear. We could not assess the effect of HBOT on tinnitus by pooled analysis. The routine application of HBOT to
these patients cannot be justified from this review. In view
of the modest number of patients, methodological shortcomings and poor reporting, this result should be interpreted
cautiously, and an appropriately powered trial of high methodological rigour is justified to define those patients (if any)
who can be expected to derive most benefit from HBOT.
There is no evidence of a beneficial effect of HBOT on
chronic presentation of ISSHL and/or tinnitus.
Cochrane Database Syst Rev. 2005 Jan 25;(1):CD004712.
Hyperbaric oxygen therapy for promoting fracture healing
and treating fracture non-union.
Bennett MH, Stanford R, Turner R.
Diving and Hyperbaric Medicine, Prince of Wales Hospital,
Barker Street, Randwick, NSW, Australia, 2031. m.bennett@
unsw.edu.au
BACKGROUND: Hyperbaric oxygen therapy (HBOT)
consists of intermittently administering 100% oxygen at
pressures greater than one atmosphere absolute (ATA) in a
pressure vessel. This technology has been used to treat a
variety of diseases and has been described as helping patients who have delayed healing or established non-union
of bony fractures. OBJECTIVES: The aim of this review
was to assess the evidence for the benefit of hyperbaric oxygen treatment (HBOT) for the treatment of delayed bony
healing and established non-union of bony fractures.
SEARCH STRATEGY: We searched the Cochrane Musculoskeletal Injuries Group trials register (to January week
N. 2 - Novembre 2006 f 42
3, 2004), the Cochrane Central Register of Controlled Trials (The Cochrane Library Issue 4, 2003), MEDLINE
(OVID 1966 to January week 3, 2004), CINAHL (OVID
1982 to January week 3, 2004), EMBASE (OVID 1980 to
February 2004), the locally developed Database of Randomised Controlled Trials in Hyperbaric Medicine (available at www.hboevidence.com) from inception to March
2004, and reference lists of articles. SELECTION CRITERIA: We aimed to include all randomised controlled trials
that compared the effect of HBOT with no HBOT (no treatment or sham). DATA COLLECTION AND ANALYSIS:
Two authors using standardised forms attempted to extract
data independently. MAIN RESULTS: No trials met the inclusion criteria. We excluded one trial that compared
HBOT with no treatment because no clinical outcomes were
reported. AUTHORS’ CONCLUSIONS: This systematic
review failed to locate any relevant clinical evidence to support or refute the effectiveness of HBOT for the management of delayed union or established non-union of bony
fractures. Good quality clinical trials are needed to define
the role, if any, of HBOT in the treatment of these injuries.
Cochrane Database Syst Rev. 2005 Jan 25;(1):CD002041.
Update of: Cochrane Database Syst Rev. 2000;(2):
CD002041.
Hyperbaric oxygen for carbon monoxide poisoning.
Juurlink DN, Buckley NA, Stanbrook MB, Isbister GK, Bennett M, McGuigan MA.
Institute for Clinical Evaluative Sciences G-106, Sunnybrook
and Women’s College Health Sciences centre, 2075 Bayview
Avenue, Toronto, Ontario, Canada, M4N 3M5. [email protected]
BACKGROUND: Poisoning with carbon monoxide (CO)
remains an important cause of accidental and intentional injury worldwide. Several unblinded non-randomized trials
have suggested that the use of hyperbaric oxygen (HBO) prevents the development of neurological sequelae. This has led
to the widespread use of HBO in the management of patients
with carbon monoxide poisoning. OBJECTIVES: To examine randomized trials of the effectiveness of hyperbaric oxygen (HBO) compared to normobaric oxygen (NBO) for the
prevention of neurologic sequelae in patients with acute carbon monoxide poisoning. SEARCH STRATEGY: We
searched MEDLINE (1966-present), EMBASE (1980present), and the Controlled Trials Register of the Cochrane
Collaboration, supplemented by a manual review of bibliographies of identified articles and discussion with recognized
content experts. SELECTION CRITERIA: All randomized
controlled trials involving non-pregnant adults acutely poisoned with carbon monoxide (regardless of severity), with
adequate or unclear allocation concealment. DATA COLLECTION AND ANALYSIS: Two reviewers independently
extracted from each trial information on: the number of randomized patients, types of participants, the dose and duration of the intervention, and the prevalence of neurologic
symptoms at follow-up. MAIN RESULTS: Seven randomized
controlled trials of varying quality were identified; one was
excluded because it did not evaluate clinical outcomes. Of
the six remaining trials, two represent incomplete publications (one interim analysis, one abstract). Of these six trials,
four found no benefit of HBO for the reduction of neurologic sequelae, while two others did. Although pooled analysis does not suggest a benefit from HBOT (OR for neuro-
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logical deficits 0.78, 95%CI 0.54 to 1.12, p=0.18), significant
methodologic and statistical heterogeneity was apparent
among the trials, and this result should be interpreted cautiously. Moreover, design or analysis flaws were evident in all
trials. Importantly, the conclusions of one positive trial may
have been influenced by failure to adjust for multiple hypothesis testing, while interpretation of the other positive trial is
hampered by apparent changes in the primary outcome during the course of the trial. AUTHORS’ CONCLUSIONS:
Existing randomized trials do not establish whether the administration of HBO to patients with carbon monoxide poisoning reduces the incidence of adverse neurologic outcomes.
Additional research is needed to better define the role, if any,
of HBO in the treatment of patients with carbon monoxide
poisoning. This research question is ideally suited to a multicenter randomized controlled trial.
N. 2 - Novembre 2006 f 43
For venous, arterial or pressure ulcers there is a lack of data.
Further trials may be warranted.
Fertil Steril. 2005 Jan;83(1):226-8.
Hyperbaric oxygen and ovarian follicular stimulation for in
vitro fertilization: a pilot study.
Van Voorhis BJ, Greensmith JE, Dokras A, Sparks AE, Simmons ST, Syrop CH.
Department of Obstetrics and Gynecology, University of
Iowa Hospitals and Clinics, Iowa City, Iowa 52242, USA.
[email protected]
Our objective was to assess the safety and tolerability of hyperbaric oxygen therapy (HBO) as an adjunct to IVF therapy
in women with a poor prognosis for pregnancy in a prospective observational pilot study. We conclude that HBO is well
tolerated by women undergoing IVF treatment and that further study is required to determine whether this is an efficacious adjuvant therapy for women being treated by IVF.
J Appl Physiol. 2005 Apr;98(4):1309-13. Epub 2004 Dec 3.
Optimal oxygen pressure and time for reduced bubble formation in the N2-saturated decompressed prawn.
Ertracht O, Arieli R, Arieli Y, Ron R, Erlichman Z, Adir Y.
Israel Naval Medical Institute, POB 8040, Haifa 31080, Israel.
Bubbles that grow during decompression are believed to
originate from preexisting gas micronuclei. We showed that
pretreatment of prawns with 203 kPa oxygen before nitrogen loading reduced the number of bubbles that evolved on
decompression, presumably owing to the alteration or elimination of gas micronuclei (Arieli Y, Arieli R, and Marx A. J
Appl Physiol 92: 2596-2599, 2002). The present study examines the optimal pretreatment for this assumed crushing of
gas micronuclei. Transparent prawns were subjected to various exposure times (0, 5, 10, 15, and 20 min) at an oxygen
pressure of 203 kPa and to 5 min at different oxygen pressures (PO2 values of 101, 151, 203, 405, 608, and 810 kPa),
before nitrogen loading at 203 kPa followed by explosive decompression. After the decompression, bubble density and
total gas volume were measured with a light microscope
equipped with a video camera. Five minutes at a PO2 of 405
kPa yielded maximal reduction of bubble density and total
gas volume by 52 and 71%, respectively. It has been reported
that 2-3 h of hyperbaric oxygen at bottom pressure was required to protect saturation divers decompressed on oxygen
against decompression sickness. If there is a shorter pretreatment that is applicable to humans, this will be of great advantage in diving and escape from submarines.
Br J Surg. 2005 Jan;92(1):24-32.
Systematic review of hyperbaric oxygen in the management
of chronic wounds.
Roeckl-Wiedmann I, Bennett M, Kranke P.
Department of Anaesthesiology and Intensive Care Medicine, Rotkreuz-Krankenhaus, Munich, Germany.
BACKGROUND: Many therapeutic options exist for chronic
wounds. Hyperbaric oxygen therapy (HBOT) is one such
option. It may be used for diabetic, venous, arterial and pressure ulcers. METHODS: Following a systematic search of
the literature, pooled analyses of predetermined clinical outcomes of randomized controlled trials involving the use of
HBOT for chronic wounds were performed. Relative risks
(RR) and number needed to treat (NNT) with 95 per cent
confidence intervals (c.i.) were calculated. RESULTS: Six
studies met the inclusion criteria. No appropriate trials were
located for arterial and pressure ulcers. Pooled data from five
trials on diabetic ulcers (118 patients) suggested a significant
reduction in the risk of major amputation with HBOT (RR:
0.31; c.i. 0.13 to 0.71) with a NNT of 4 (c.i. 3 to 11). Sensitivity analyses did not alter the results. Ulcer healing and the
rate of minor amputation were not influenced by HBOT.
Data from one trial on venous ulcers suggested significant
wound size reduction at the end of the treatment, but not at
follow-up. CONCLUSIONS: There is evidence that HBOT
reduces the risk of major amputation in diabetic patients.
J Neuroimaging. 2005 Jan;15(1):92-6.
Diffuse cerebral air embolism treated with hyperbaric oxygen: a case report.
Fowler MJ Jr, Thomas CE, Koenigsberg RA, Schwartzman
RJ, Kantharia BK.
Department of Neurology, Drexel University, College of Medicine, Philadelphia, Pennsylvania, USA.
A 54-year-old woman presented for cardiac evaluation of
atypical chest pain. Workup included coronary angiography
and a left ventriculogram, during which air was inadvertently
injected, resulting in the development of an acute right hemisphere syndrome. Right carotid angiography was immediately performed, yielding only a delayed diffuse venous phase
without focal vessel cutoffs. Within 60 minutes, the patient
underwent hyperbaric oxygen therapy for the suspected cerebral air emboli. After removal from the chamber for technical reasons, she had a generalized tonic-clonic seizure, and
further hyperbaric oxygen therapy was withheld. Initial computed tomography imaging obtained approximately 8 hours
after symptom onset showed signs of early right hemispheric
edema. Subsequent magnetic resonance imaging studies were
markedly abnormal and suggestive of diffuse bilateral but
predominantly right-sided parietal lobe edema with mildly
positive diffusion-weighted imaging. Follow-up magnetic resonance imaging at 6 months was normal, and the patient’s
neurological examination returned to normal.
Dalla letteratura
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OTOVENT
il palloncino per
OTITE MEDIA CON EFFUSIONE
OSSIGENO TERAPIA IPERBARICA
GINNASTICA TUBARICA
DISTURBI DELLA COMPENSAZIONE
Lofarma
per la Compensazione
9LDOH&DVVDOD0LODQR 7HO )D[FRPPHU#ORIDUPDLWZZZORIDUPDLW
OTOVENT: UN VALIDO AUSILIO NELLA PREVENZIONE
DELLA PATOLOGIA DA IMMERSIONE E IPERBARICA
Otovent è lo speciale palloncino calibrato da gonfiare con il naso, studiato per compensare e normalizzare la
ventilazione dell’orecchio medio e assicurare il buon funzionamento del sistema di trasmissione timpano-ossiculare.
Otovent è stato sempre associato al trattamento dell’otite media con effusione. La buona conoscenza delle caratteristiche
di Otovent ha permesso di ampliare i campi di applicazione del metodo Otovent anche in altri settori. Se ne è parlato
anche nel corso del 93° Congresso Nazionale della Società Italiana di Otorinolaringologia e Chirurgia Cervico Facciale,
presieduto dal prof. Laudadio e tenutosi a fine maggio a Bologna.
La Relazione Ufficiale ha trattato la fisiopatologia e la chirurgia dell’Orecchio Medio, organo soggetto a un esteso
numero di patologie. Tra queste non vogliamo dimenticare la patologia otologica da immersione quali otiti, barotraumi,
embolie, vertigini alternobariche, patologie da decompressione oto-vestibolare e le patologie che insorgono da
trattamento in camera iperbarica.
La prevenzione della patologia otologica da immersione si attua con la valutazione dell’idoneità all’attività subacquea
e con le metodiche di compensazione e ginnastica tubarica. La ginnastica tubarica oggi si avvale anche del metodo
Otovent per allenare la Tuba di Eustachio a compensare e ventilare adeguatamente la cassa del timpano prima e dopo
l’immersione.
Parlando di patologia otologica e della sua prevenzione, il metodo Otovent risulta efficace anche per far compensare
pazienti sottoposti a ossigenoterapia in camera iperbarica. In questo tipo di trattamento terapeutico, il metodo Otovent
è indicato quando vi sia difficoltà ad equilibrare la pressione della cavità endotimpanica. Questa difficoltà si manifesta
con ovattamento auricolare, autofonia, acufeni, dolore acuto. In questi casi Otovent si è rivelato utile a ridurrre tali
disturbi, evitando l’interruzione del trattamento e abbassando di conseguenza i costi di gestione dei pazienti sottoposti
a ossigenoterapia iperbarica.
Questo metodo di compensazione in camera iperbarica si è rilevato utile a minimizzare gli inconvenienti dovuti alla
difficoltà di compensazione di particolari categorie di pazienti, con ottimizzazione dei tempi di trattamento e riduzione
dei costi di gestione dei pazienti con problemi di compensazione candidati ad eseguire trattamenti di ossigenoterapia
iperbarica.
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Calendario Congressi
OTTOBRE 2006
18/21 f ZADAR (CROAZIA)
2nd Congress of the Alps-Adria Working Community on Maritime, Undersea,
and Hyperbaric Medicine Hotels Falkensteiner
Info: www.marmed.hr
27/28 f RAVENNA
VIII ECHM Consensus Conference (Ossigeno e Riparazione Tissutale)
Info: dr Pasquale Longobardi, sig.ra Claudia Assirelli - Tel. 0544 500152
[email protected]
NOVEMBRE 2006
8/11 f NAPOLI
5° Congresso Nazionale AIUC
Mostra d’Oltremare
Info: CLAIM s.n.c. - Tel. 081 2298426 - [email protected]
CCI 011 2446911 - [email protected]
12/16 f ROMA
91° Congresso SIOT - Riunione GISTIO
Entofyt - via Brunelleschi 5 - 20146 Milano - Tel. 02 42958688
Info: www.gistio.it
16 f ROMA
Riunione GISTIO (Gruppo Italiano di Studio e Terapia delle Infezioni Osteo-articolari)
Palazzo dei Congressi
Info: www.gistio.it/gistio_congressi.htm
23/25 f LIVORNO
XVII Congresso Nazionale SIMSI
Accademia Navale
Info: CLAIM s.n.c. - Tel. 081 2298426 - [email protected]
FEBBRAIO 2007
6/8 f PADOVA
2nd International Course on Diabetic Foot
Info: Mirus & Co. - Via delle Caserme 38 - 65127 Pescara
Tel. 085 291129 - fax 085 4214270 - [email protected]
Calendario Congressi
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La SIMSI – Società Italiana Medicina Subacquea ed Iperbarica – è un’associazione non a scopo di
lucro, nata nel 1977 per promuovere l’acquisizione e lo scambio dei dati scientifici nel campo delle
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La SIMSI è riconosciuta, a livello internazionale, tra le più attive società scientifiche impegnate nella
ricerca sulle modificazioni fisiopatologiche dell’uomo sott’acqua e sugli effetti dell’ossigeno iperbarico sull’organismo, in condizioni normali e patologiche.
La maggioranza dei soci SIMSI è costituita da medici specialisti in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee e in Anestesia e Rianimazione, nonché da ricercatori e studiosi interessati allo sviluppo delle conoscenze sia nel settore subacqueo sia in quello iperbarico.
I medici della SIMSI che gestiscono gran parte dei centri iperbarici presenti sul territorio nazionale
forniscono, nell’ambito della Medicina Subacquea ed Iperbarica, assistenza e consulenza in termini
di prevenzione, sicurezza, cura e gestione delle emergenze.
Gli scopi e le finalità dell’Associazione sono contenute nello Statuto Associativo comprendente anche i principi di comportamento ai quali gli Associati debbono attenersi.
La SIMSI è presente su tutto il territorio nazionale attraverso Rappresentanti Regionali e Gruppi di
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