leggi - Camera del Lavoro Metropolitana di Milano

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05-06-2009
Riconoscimento del diritto ai riposi giornalieri
per i padri lavoratori in caso di madre casalinga
Circolare del Ministero del lavoro n. 8494 del 12/05/2009
a cura di MARIA CINZIA BROFFERIO
Riposi giornalieri al padre per accudire il nuovo nato anche se la madre è casalinga. La novità arriva dalla lettera
circolare protocollo n. 8494 del 12 maggio 2009, emanata dal Ministero del Lavoro. E così il padre lavoratore
dipendente potrà fruire dei riposi giornalieri di una o due ore al giorno (dipenderà dal suo orario di lavoro) durante il
primo anno di vita del bambino, anche nel caso che la madre non abbia un proprio diritto ai permessi di maternità
e non ricorrano i casi previsti dall’art. 40 del D.Lgs. 151/2001.
L’orientamento ministeriale sovverte l’interpretazione dominate data sin qui al Testo Unico sulla Maternità
e Paternità, laddove venivano sì previsti i “riposi giornalieri per il padre”, ma solo in precise e molto
circostanziate situazioni, ovvero:
a) se i figli sono affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso che la madre non sia una lavoratrice dipendente;
d) in caso di morte o grave infermità della madre.
Fino ad oggi, infatti, la tipologia c) veniva ricondotta solo ai casi di lavoratrice “autonoma”, riconoscendo in
questa fattispecie solo la lavoratrice artigiana, commerciante, coltivatrice diretta, colona, mezzadra,
imprenditrice agricola professionale, parasubordinata o libera professionista. Nulla veniva previsto per
coloro che all’interno della casa svolgono abitualmente e in modo esclusivo, il lavoro casalingo di pulizia,
organizzazione e cura dell’intera famiglia.
Su questo punto l’INPS era stato tassativo, non concedendo il diritto ai riposi orari (ex allattamento)
nemmeno in caso di lavoratrici a domicilio, colf e badanti poiché “non aventi diritto ad un trattamento
economico di maternità a carico dell’Istituto o di altro ente previdenziale” (Circolare INPS n. 95bis del 6
settembre 2006).
A trainare il Ministero verso una diversa interpretazione del “lavoro casalingo” due sentenze: la prima della
III sez. della Corte di Cassazione (n. 20324 del 2005); la seconda della VI sez. del Consiglio di Stato (n.
4293 del 9 settembre 2008).
In entrambi i casi si riconosceva che la donna impegnata in attività casalinghe veniva inevitabilmente distolta
dalla cura del neonato. Il suo “stare in casa” non implicherebbe esclusivamente, infatti, l’accudire i figli e
questo lede in un certo senso l’inalienabile diritto alla cura e al benessere psico-fisico di ogni neonato.
Diritto, segnala il Ministero, che può essergli garantito in alternativa dal padre, sancendo così l’effettiva
alternanza della genitorialità.
Il capitolo non è chiuso e a parer di molti il contenzioso è in agguato, la soluzione infatti configge con
l’opinione corrente che tutela poco e male le donne casalinghe.
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Nel frattempo però, in attesa che gli Istituti di previdenza recepiscano l’orientamento ministeriale, il
patronato INCA ha dato indicazione ai propri operatori con lettera circolare n. 106 del 19 maggio 2009, di
presentare comunque le domande dei lavoratori padri che ne facciano richiesta.
Utile sapere anche i riflessi lavorativi, economici e previdenziali per chi si attiverà per richiedere i riposi
orari.
Così come stabilisce il capo VI del Decreto legislativo 151/2001 (artt. 39 e 40), questi permessi possono
essere frazionati in due periodi di uguale durata o cumulati giornalmente in un unico riposo e comportano
il diritto di uscire dall’azienda. Vi sono tuttavia delle differenze se a fruirne sono dipendenti privati assicurati
INPS o dipendenti del Pubblico Impiego.
Nel primo caso, vengono interamente retribuiti come normale orario di lavoro mediante un’indennità a
carico dell’ente assicuratore e devono comunque comprendere i ratei delle mensilità aggiuntive
normalmente corrisposte dal datore di lavoro (13ma, 14ma, etc.). I periodi sono utili, come se fossero stati
lavorati per intero ai fini della carriera e ai fini dell’anzianità di servizio e, sul piano previdenziale, sono
coperti in modo figurativo e parziale, con possibilità di riscatto o di versamento volontario, da parte degli
interessati, per ottenere successivamente la piena copertura previdenziale dei periodi. La domanda in
questo caso andrà fatta direttamente all’INPS o attraverso la consulenza di un ente di patronato.
Nel secondo caso, per i lavoratori del pubblico impiego, sono i datori di lavoro pubblici che erogano
direttamente il trattamento economico corrispondente. Con circolare n. 49 del 27 novembre 2000 l’
INPDAP, adeguandosi alla legge 53 del 2000 (da cui è poi disceso il D.lgs.151/2001) aveva già stabilito che
in caso di riposi orari questi venissero comunque riconosciuti come ore lavorative ai fini dell’anzianità di
servizio, della retribuzione e della copertura contributiva.
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