Ecologia Umana

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Ecologia Umana
VANESSA DE LEONARDIS
Ecologia Umana
“La sopravvivenza dell’umanità dipenderà
dal nostro grado di competenza ecologica...”
(Fritjof Capra)
ECOLOGIA =
scienza delle relazioni fra l’organismo e il mondo esterno circostante
AUTOECOLOGIA
SINECOLOGIA
ECOSISTEMA =
comunità di organismi e del loro ambiente fisico interagenti come
un’unità ecologica
PRINCIPI di ORGANIZZAZIONE degli ECOSISTEMI
(PRINCIPI FONDAMENTALI dell’ECOLOGIA)
PRINCIPIO di INTERDIPENDENZA
Tutti i membri di una comunità ecologica sono interconnessi
in un’immensa e intricata RETE di RELAZIONI:
essi traggono le loro proprietà essenziali e, di fatto,
la loro stessa esistenza dalle relazioni con gli altri membri.
Le relazioni fra i membri di una comunità ecologica
essendo NON LINEARI
coinvolgono anelli di retroazione multipli:
una perturbazione non resterà limitata a un singolo effetto
ma si diffonderà in configurazioni che si estendono in ogni direzione.
Promuovere la comunità significa
promuovere le relazioni fra i suoi membri.
“La trama della vita è fatta di RETI all’interno di RETI:
gli organismi possono essere considerati come RETI di cellule,
gli ecosistemi come RETI di organismi.”
(Capra, 1996)
PRINCIPIO di CICLICITA’
Gli anelli di retroazione dell’ecosistema sono i percorsi
attraverso cui le sostanze nutritive vengono continuamente riciclate.
Essendo sistemi aperti, tutti gli organismi di un ecosistema
producono rifiuti, ma ciò che è materiale di scarto per una specie
è cibo per un’altra,
cosicché i rifiuti vengono completamente riciclati
e l’ecosistema nel suo complesso rimane privo di materiali residui.
Gli ecosistemi utilizzano energia rinnovabile (energia solare)
per alimentare gran parte dei cicli ecologici.
PRINCIPIO di COOPERAZIONE o PARTNERSHIP
Gli scambi ciclici di energia e di risorse in un ecosistema
sono sostenuti da una cooperazione diffusa.
La tendenza ad associarsi, a stabilire legami,
a vivere l’uno dentro l’altro o l’uno attaccato all’altro
è una caratteristica dei sistemi viventi.
PRINCIPIO di FLESSIBILITA’
La flessibilità di un ecosistema è una conseguenza
dei suoi anelli di retroazione multipli, che tendono a riportare il sistema in equilibrio
ogniqualvolta ci sia una deviazione dalla norma,
dovuta al cambiamento delle condizioni ambientali.
Poiché nell’ambiente le perturbazioni avvengono di continuo,
le variabili di un ecosistema (densità delle popolazioni, disponibilità di nutrienti, ecc)
fluttuano continuamente, mantenendo il sistema dinamico e flessibile
nonché capace di adattarsi alle condizioni ambientali che cambiano.
Tutto questo vale però entro i limiti di tolleranza propri di ciascun ecosistema.
PRINCIPIO di DIVERSITA’
Negli ecosistemi la complessità della RETE è una conseguenza della sua biodiversità.
Una comunità ecologica eterogenea è una comunità elastica,
capace di resistere e adattarsi alle perturbazioni, poiché contiene molte specie
le cui funzioni ecologiche si sovrappongono e si integrano.
L’ECOSISTEMA è una RETE AUTOPOIETICA :
ogni componente ha la funzione di partecipare
alla produzione o alla trasformazione
di altri componenti nella RETE.
In tal modo,
l’ecosistema costruisce continuamente se stesso:
è prodotto dai suoi componenti e li produce a sua volta.
“L’essere e l’agire (dei sistemi viventi) sono inseparabili,
e ciò costituisce la (loro) modalità specifica
di organizzazione.”
(Maturana e Varela, 1987)
L’ECOSISTEMA è una STRUTTURA DISSIPATIVA :
sistema termodinamicamente APERTO che scambia
energia e materia con l’ambiente.
A differenza dei sistemi chiusi,
in cui si stabilisce uno stato di equilibrio statico,
i sistemi aperti si mantengono in questo “stato stazionario”
lontano dall’equilibrio, caratterizzato da flusso e cambiamenti
continui.
“L’ organismo non è un sistema statico chiuso verso l’esterno
e tale da contenere sempre gli stessi componenti:
è un sistema aperto in stato (quasi) stazionario,
…e che, rispetto all’ambiente esterno,
è in una relazione continua di scambio di materiali.”
(Bertalanffy, 1968)
L’ECOSISTEMA è una SOCIETA’ SOSTENIBILE :
nel corso di oltre tre miliardi di anni di evoluzione
gli ecosistemi del pianeta si sono organizzati
per vie ingegnose e complesse in modo da raggiungere
la massima sostenibilità.
Questa saggezza della Natura
costituisce l’essenza dell’eco-competenza.
“Una società sostenibile è una società
che soddisfa i propri bisogni
senza ridurre le prospettive delle generazioni future.”
(Lester Brown, 1981)
ECOLOGIA UMANA
Materia a carattere interdisciplinare che studia
la dipendenza dell’uomo dall’ambiente e gli effetti dell’uomo sull’ambiente
Le attività antropiche che hanno un impatto sugli ecosistemi
sono fortemente influenzate
dal tipo di società umana (ORGANIZZAZIONE SOCIALE).
I valori e le conoscenze (CULTURA)
che plasmano la nostra visione del mondo,
sia come individui sia come sistema sociale,
decidono le modalità attraverso cui
elaboriamo e interpretiamo le informazioni e le trasformiamo in azioni;
e la tecnologia determina il nostro repertorio di iniziative possibili.
L'organizzazione sociale e le istituzioni sociali che definiscono
i comportamenti socialmente accettabili trasformano le possibilità in
comportamenti effettivi.
VIOLAZIONE DEI PRINCIPI FONDAMENTALI dell’ECOLOGIA
VIOLAZIONE del PRINCIPIO di CICLICITA’
La nostra economia, a differenza della Natura, è lineare:
le nostre imprese utilizzano quasi esclusivamente energia non rinnovabile
e sfruttano le risorse
con conseguente accumulo di rifiuti e deterioramento ambientale.
VIOLAZIONE del PRINCIPIO di COOPERAZIONE o PARTNERSHIP
La nostra economia, a differenza della Natura, incoraggia la competizione,
l’espansione e la dominazione.
VIOLAZIONE del PRINCIPIO di FLESSIBILITA’
La mancanza di flessibilità nelle comunità umane si manifesta come stress.
In particolare, lo stress si presenta quando una o più variabili del sistema vengono
spinte ai loro valori massimi, invece di essere ottimizzate,
causando una maggiore rigidità di tutto il sistema
VIOLAZIONE del PRINCIPIO di DIVERSITA’
La nostra società, a differenza della Natura, con le sue forme di intolleranza
(razzismo, sessismo, etnocentrismo, ecc) si oppone alla diversità.
Principali scuole filosofiche ecologiste
• ECOLOGIA PROFONDA (Arne Naess, anni ’70)
A differenza dell’ecologia SUPERFICIALE,
che si fonda su una visione antropocentrica,
l’ecologia PROFONDA riconosce il valore intrinseco di tutti gli esseri viventi
e considera l’uomo semplicemente come uno dei moltissimi fili
della trama della vita.
La consapevolezza ecologica profonda è una consapevolezza spirituale
ideale per uno stile di vita ecologico e per l’attivismo ambientalista.
“Tutto ciò che accade alla Terra,
accade ai figli e alle figlie della Terra.
L’uomo non tesse la trama della vita;
in essa egli è soltanto un filo.
Qualsiasi cosa fa alla trama, l’uomo la fa a se stesso.”
(T. Perry, ispirato dal Capo Indiano SEATTLE)
•
ECOLOGIA SOCIALE
Studia le caratteristiche culturali e i modelli di organizzazione sociale
che hanno provocato la crisi ecologica attuale.
Terreno comune delle varie scuole di ecologia SOCIALE
è il riconoscimento del fatto che
il carattere fondamentalmente antiecologico
di molte delle nostre strutture sociali ed economiche,
e delle tecnologie a esse legate, ha le sue radici
in ciò che Riane Eisler ha definito “sistema dominatore”
di organizzazione sociale.
Patriarcato, capitalismo, imperialismo e razzismo
sono esempi di dominazione sociale antiecologica
basata sullo sfruttamento.
•
ECOFEMMINISMO
Considera la dominazione patriarcale degli uomini sulle donne come
il prototipo di ogni dominazione e di ogni sfruttamento.
In particolare, l’ ECOFEMMINISMO sottolinea che
lo sfruttamento della Natura è andato di pari passo con quello delle donne,
che in ogni epoca sono state identificate con essa.
( La nascita di Adone; Bernard Picart )
STORIA del rapporto UOMO-AMBIENTE
FAMIGLIA HOMINIDAE
sottofamiglia PONGINAE
sottofamiglia HOMININAE
• genere GORILLA
• genere PAN (scimpanzé)
• genere HOMO
• genere AUSTRALOPITHECUS
• ed altri estinti
genere PONGO (orango)
4 MYA (era CENOZOICA)
genere AUSTRALOPITHECUS
Le scimmie antropomorfe dotate di stazione eretta e andatura bipede,
che si estinsero circa 1,4 milioni di anni fa,
appartenevano tutte al genere Australopithecus.
Il nome significa “scimmia australe” ed è un tributo alle prime scoperte di
resti fossili appartenenti a questo genere, avvenute in Sud Africa.
La specie più antica di Australopithecus è chiamata afarensis,
dal nome della regione etiopica (Afar) in cui sono stati rinvenuti alcuni reperti
fossili, compreso il famoso scheletro di una femmina che i paleontologi
battezzarono “Lucy”
(COPPENS e JOHANSON 1974).
RIDOTTA CAPACITA’ CRANICA
RIDOTTA STATURA
MICROUSURA DENTARIA
DIETA VEGETARIANA e FIBROSA:
Ipotesi
della RACCOLTA nonché SPARTIZIONE
del CIBO
(GLYNN ISAACS)
2,5 MYA
Inizia l’evoluzione del genere Homo in Africa orientale
La transizione dagli australopitechi agli esseri umani
fu indotta da due sviluppi distinti:
A) la fragilità dei piccoli nati prematuramente,
che richiedevano famiglie e comunità in grado di dar loro sostegno
B) la libertà di usare le mani per costruire e adoperare utensili,
che stimolò la crescita del cervello contribuendo probabilmente
allo sviluppo del linguaggio
“…lanciando sassi, e tramortendo o uccidendo piccole prede,
i primi esseri umani furono catapultati in una nuova nicchia evolutiva.
Le capacità psicomotorie necessarie per uccidere a distanza
dipendevano dall’aumento dimensionale dell’emisfero cerebrale sinistro.
Le capacità di comunicare tramite il linguaggio
(che sono state associate con il lato sinistro del cervello…)
possono fortuitamente aver accompagnato un simile aumento
delle dimensioni cerebrali.”
(Margulis e Sagan, 1986)
La teoria del linguaggio e della coscienza di Maturana
ci permette di collegare queste due spinte evolutive.
Poiché il linguaggio porta a una coordinazione di comportamenti
assai sofisticata ed efficiente, la sua evoluzione permise ai primi esseri umani
di incrementare notevolmente le loro attività di cooperazione e di formare
famiglie, comunità e tribù che fornirono loro enormi vantaggi evolutivi.
Il ruolo cruciale del linguaggio nell’evoluzione umana non consistette
nell’abilità di scambiare idee, ma nell’accresciuta capacità di cooperare.
“ La comunicazione non è una trasmissione di informazioni, ma è piuttosto una
coordinazione comportamentale fra organismi viventi…
Il linguaggio nasce quando c’è una comunicazione sulla comunicazione.
L’unicità dell’essere umano consiste nella capacità di tessere continuamente
la rete linguistica di cui fa parte.
Essere uomini significa esistere nel linguaggio.
In una conversazione umana il nostro mondo interiore di concetti e idee,
le nostre emozioni e i movimenti del nostro corpo sono saldamente legati
in una coreografia di coordinazione comportamentale.
Possiamo comprendere la coscienza umana solo attraverso il linguaggio
e l’intero contesto sociale in cui è inserita.”
(Maturana e Varela)
Era geologica NEOZOICA
2 milioni di anni fa
PLEISTOCENE
(5 grandi GLACIAZIONI)
10.000 anni fa
OLOCENE
(ultimo periodo POST-GLACIALE)
Epoche UMANE
PALEOLITICO
(OMINIZZAZIONE)
NEOLITICO
Età dei METALLI
(URBANIZZAZIONE)
2 MYA
Homo habilis
AUMENTO del VOLUME ENCEFALICO
Utensili usati per la lavorazione della carne:
CHOPPERS
CHOPPING TOOLS
AUMENTA la CAPACITA’ di
costruire UTENSILI per
RACCOGLIERE e TRATTARE il CIBO
RACCOLTA di cibo VEGETALE e SCAVENGING
Gli ominidi si servivano
degli avvoltoi per localizzare
la posizione della carcassa
che raggiungevano in gruppo.
Una volta giunti a destinazione,
dovevano competere
con iene e sciacalli
per accaparrarsi il cibo
che consumavano
al campo base.
1,8 MYA
Homo ergaster
Il più importante reperto fossile di ergaster è stato rinvenuto in Kenia,
vicino al lago Turkana (KIMEU 1984).
Si tratta di uno scheletro
quasi completo
di un bambino di circa 10 anni,
alto circa 1,58:
il cranio presenta naso osseo evidente
(adattamento alle condizioni climatiche),
non piatto,
e rivela un certo prognatismo facciale.
1,6 MYA
Homo erectus
Questa specie fu la prima a lasciare il clima confortevole dell’Africa e a migrare
in Asia e in Europa. Lontani dalla terra natia, questi primi esseri umani
dovevano sopportare condizioni climatiche estremamente rigide, che ebbero
un forte impatto sulla loro evoluzione successiva.
AUMENTO delle CAPACITA’ COGNITIVE
ELABORAZIONE di
STRATEGIE di CACCIA e
UTENSILI sofisticati
USO del FUOCO
AUMENTO della STATURA/MASSA corporea
AUMENTO della FORZA fisica
nonché della CAPACITA’ di
CACCIARE
RACCOLTA di cibo VEGETALE e CACCIA
Le AMIGDALE venivano impugnate e
scagliate con forza contro la preda
Gli Homo erectus davano la caccia
ad animali come il mammut,
il bisonte e simili,
con asce di pietra:
banchettavano con le loro carni,
presso il fuoco acceso nelle caverne,
e utilizzavano le loro pellicce
per proteggersi dal freddo.
Lo stile di vita dei CACCIATORI-RACCOGLITORI comporta:
• nomadismo
• economia di SUSSISTENZA
(sfruttamento delle risorse alimentari fornite direttamente dalla natura,
senza un preventivo intervento di trasformazione)
• dieta varia ed equilibrata
• suddivisione sessuale dei ruoli
• conoscenza delle specie selvatiche e dei loro cicli di crescita
• egalitarismo sociale
• struttura sociale di bande di 20-50 individui
• bassa densità di popolazione
(alto INTERVALLO INTERGENESICO e alto TASSO di MORTALITA’ INFANTILE)
400.000 anni fa
Inizia l’evoluzione di Homo sapiens
Mentre Homo erectus si evolveva gradualmente in Homo sapiens, in Europa
avvenne il distacco di un ceppo distinto da cui, circa 125.000 anni or sono,
si evolvette la forma NEANDERTALIANA classica.
L’uomo di NEANDERTAL, il cui nome deriva da quello della località tedesca
dove furono scoperti i suoi primi esemplari, sopravvisse fino a 35.000 anni fa:
era tozzo e robusto,
con ossa massicce,
fronte sfuggente,
mascelle possenti e
denti anteriori lunghi e sporgenti.
Le sue caratteristiche anatomiche erano probabilmente dovute al fatto
che fu la prima specie umana a trascorrere periodi prolungati in ambienti
estremamente freddi, dato che fece la sua comparsa all’inizio dell’ultimo
periodo glaciale.
250.000 anni fa
Estinzione di Homo erectus
e comparsa di forme arcaiche di Homo sapiens
100.000 anni fa
Piena evoluzione di Homo sapiens in Africa e Asia
40.000 anni fa
Piena evoluzione di Homo sapiens (CRO-MAGNON) in Europa
I CRO-MAGNON, anatomicamente identici a noi, produssero un’autentica
esplosione di innovazioni tecnologiche e di attività artistiche.
Gli utensili di pietra e di osso finemente lavorati,
i gioielli fatti con conchiglie e avorio e le magnifiche pitture sulle pareti
di caverne costituiscono testimonianze vivide della raffinatezza culturale di quei
primi membri della moderna razza umana.
10.000 anni fa: rivoluzione NEOLITICA
Sviluppo dell’AGRICOLTURA e della PASTORIZIA
Il passaggio all’economia PRODUTTIVA
ha avuto un enorme impatto sulla vita sociale e culturale dell’uomo.
Ha infatti consentito:
• uno stile di vita sedentario e più sicuro
• la costruzione di strutture permanenti
• spazio libero per l’investimento nella cultura e nella tecnologia
• l’aumento della densità di popolazione di 10-20 volte
Ha però comportato:
• una dieta meno varia ed equilibrata
• diffusione di nuove malattie
• ineguaglianza sociale
• impatto ambientale
Ipotesi sull’origine dell’agricoltura
La stretta associazione tra aumento della popolazione e diffusione
dell’agricoltura lascia pensare che vi sia una relazione tra i due fenomeni, ma
quale sia da considerare la causa e quale l’effetto è ancora dibattuto.
• I cambiamenti ambientali avvenuti alla fine del PLEISTOCENE
avevano alterato la qualità e la distribuzione geografica delle specie.
L’avanzamento delle linee di costa favorì la formazione di aree costiere
ricche di risorse nutritizie.
La loro disponibilità, insieme alle conoscenze ormai acquisite sulla natura
e lo sviluppo delle piante e degli animali,
consentirono la produzione e il controllo delle risorse alimentari.
I CACCIATORI-RACCOGLITORI divennero sedentari, adottarono l’agricoltura,
e quindi aumentarono le proprie dimensioni.
• Verso la fine del PALEOLITICO, lo squilibrio tra l’incremento demografico
(probabilmente dipeso da un aumento della fertilità)
e la disponibilità delle risorse alimentari ha stimolato l’origine dell’agricoltura.
RACCOLTA di piante selvatiche
PRODUZIONE di piante selvatiche con forme minime di COLTIVAZIONE
COLTIVAZIONE SISTEMATICA
AGRICOLTURA = SELEZIONE POSITIVA delle specie vegetali POLIPLOIDI
2n
T. monococcum (farro piccolo)
4n
T. durum (grano duro)
6n
T. aestivum (grano tenero)
Nascita della pastorizia
12.000 anni fa
CANE (Asia occidentale)
9.000 anni fa
CAPRA e PECORA (Asia occidentale)
8.000 anni fa
BUE e MAIALE (Asia occidentale)
6.000 anni fa
CAVALLO (Asia centrale) e ASINO (Arabia, Nord Africa)
4.000 anni fa
POLLO (Asia meridionale)
Effetti dell’ADDOMESTICAMENTO (selezione artificiale umana):
• riduzione delle dimensioni corporee (arti, scheletro facciale)
• aumento della massa grassa
• aumento della frequenza delle stagioni di accoppiamento e della numerosità
della prole in ciascuna figliata
• riduzione dell’aggressività
• creazione di razze
VARIABILITA’ UMANA
L’Uomo è l’unico primate, tra quelli attualmente viventi,
ad aver colonizzato l’intera superficie terrestre,
è cioè l’unica specie cosmopolita.
I vari gruppi umani appartengono tutti ad un’unica specie: Homo sapiens,
evolutasi in Africa circa 150.000 di anni fa
e diffusasi nei restanti continenti a partire da 100.000 anni fa.
Le differenze fenotipiche devono essere considerate
come forme di adattamento ad ambienti diversi
e frutto della progressiva dispersione dall’Africa verso altre latitudini.
( modello MONOCENTRICO o “Out of Africa” )
In passato, per indicare questa varietà di forme,
era comunemente utilizzato il termine razza;
oggi esso è decisamente superato poiché la sua indefinibilità
non gli consente di avere validità scientifica.
Già nel 1871, Darwin nel libro
“L’origine dell’uomo e la scelta in rapporto al sesso”
asserì che la specie umana è una sola,
dal momento che
“ogni razza confluisce gradualmente nell’altra”.
2 buoni motivi per escludere l’esistenza di razze umane
1) Se si considerano singoli caratteri, o meglio singoli geni, essi sono sempre presenti in quasi tutte
le popolazioni umane, anche se con frequenza diversa, e nessun gene può essere utilizzato per
distinguere una popolazione umana dall´altra.
Le popolazioni umane sono geneticamente molto simili le une alle altre.
Tutte, in ogni caso, discendono da una medesima tribù vissuta in Africa circa 150.000 anni fa e
diffusasi nei restanti quattro continenti a partire da 100.000 anni fa.
Siamo tutti migranti africani. Veniamo tutti da lì.
Cento millenni sono pochi per determinare significative divergenze genetiche tra gruppi di migranti.
In ogni caso, qualsiasi accenno di divergenza tra popolazioni diverse sarebbe stato presto
interrotto, perché in questi cento millenni tutte le popolazioni umane sono state in contatto tra di
loro. Non c´è stata la possibilità di formare razze diverse.
2) La variabilità genetica all´interno delle singole popolazioni,per esempio tra gli europei o gli
italiani, è elevatissima.Mentre le differenze genetiche tra i tipi mediani delle diverse popolazioni,
tra gli italiani e gli etiopi, per esempio, sono modeste e pressocché irrilevanti
rispetto alla variabilità interna alle singole popolazioni.
Il fattore selettivo che ha agito con maggiore intensità sugli esseri umani
è stato il CLIMA.
La VARIABILITA’ umana deriva da un processo di adattamento complesso:
• ADATTAMENTO CULTURALE
• ADATTAMENTO FISIOLOGICO
• ADATTAMENTO GENETICO
LEGGI ECOGEOGRAFICHE
o TIPI di VARIAZIONE CLINALE
REGOLA di BERGMAN
ALTA temperatura : RIDOTTA massa corporea
BASSA temperatura : CONSISTENTE massa corporea
La quantità di calore che un animale disperde attraverso la pelle
è direttamente proporzionale alla sua superficie.
Il rapporto tra il volume e la superficie del corpo è tale per cui
più un animale è grosso, minore è la sua superficie per unità di volume e,
di conseguenza, più lenta è la sua perdita di calore.
pinguino IMPERATORE dell’ ANTARTIDE (120 cm)
pinguino equatoriale delle GALAPAGOS (50 cm)
REGOLA di ALLEN
La lunghezza degli ARTI e delle APPENDICI (naso, orecchie, ecc)
aumenta all’aumentare della temperatura.
ESCHIMESE
DONNE AFRICANE
(ADIPE sottocutaneo distribuito uniformemente)
(ADIPE sottocutaneo distribuito non uniformemente)
REGOLA di GLOGER
La pigmentazione corporea aumenta all’aumentare della temperatura.
Il colore della pelle dipende dalla presenza di sostanze colorate chiamate pigmenti.
Il principale pigmento è la melanina, di colore scuro,
prodotto da cellule chiamate melanociti che si trovano all'interno della pelle.
Le diverse tonalità che la pelle può assumere nelle popolazioni umane dipendono
dalla distribuzione e dalla quantità di melanina.
La melanina possiede l'importante proprietà di trattenere i raggi ultravioletti (UV) presenti
nelle radiazioni solari, i quali possono avere degli effetti dannosi sul nostro organismo (tumori epiteliali).
L'abbronzatura che ci prendiamo in estate è un esempio dell'effetto protettivo della melanina.
Sulla terra il grado di irraggiamento solare (e quindi di UV) aumenta passando dai poli all'equatore.
Le popolazioni mediterranee e africane hanno la pelle scura per il fatto che questa assicura
una buona protezione dagli effetti dannosi delle radiazioni ultraviolette, presenti in grandi quantità
poiché il grado di insolazione in queste aree (soprattutto in Africa) è molto elevato.
Per quanto riguarda il problema del surriscaldamento, la pelle scura assorbe una maggior quantità di radiazioni;
la temperatura cutanea però non si innalza poiché in queste popolazioni esistono degli efficienti
meccanismi di dispersione del calore (esempio: maggiore sudorazione a causa della presenza di un maggior numero
di ghiandole sudoripare).
La pelle chiara rappresenta un vantaggio laddove il grado di irraggiamento solare non è molto elevato.
Il motivo risiede nel fatto che i raggi UV hanno anche un effetto benefico sul nostro organismo.
Essi stimolano la produzione di vitamina D, la quale permette una corretta crescita delle ossa, e quindi un normale sviluppo
scheletrico. Una carenza di vitamina D durante la crescita può portare al rachitismo, cosa che avverrebbe
se le popolazioni che vivono a latitudini nelle quali il grado di insolazione è poco elevato avessero la pelle scura.
La forte pigmentazione non permetterebbe il passaggio delle radiazioni UV necessarie per la produzione di vitamina D.
Una eccezione è rappresentata dagli Eschimesi che vivono in zone dove l'insolazione è bassissima,
poiché lontanissime dall'Equatore, però hanno la pelle scura.
Non potendo sfruttare i raggi ultravioletti per produrre vitamina D, consumano degli alimenti ricchi di questa vitamina.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
• APPUNTI di LEZIONE della Prof.sa Silvana Borgognini
• LA RETE DELLA VITA (F. CAPRA)
• CHE COS’E’ L’ECOLOGIA UMANA? (G. MARTEN)
• PERCHE’ LA POPOLAZIONE AFRICANA HA LA PELLE NERA? (I. PIRAS)
• COME INVENTAMMO LE RAZZE (P.GRECO)
• L’UOMO: UNA SOLA RAZZA COSMOPOLITA (A. SPAGNA)