Si chiamava Emmanuele

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Si chiamava Emmanuele
Si chiamava Emmanuele...
Amedeo di Fermo non sapeva probabilmente che cosa significasse
il suo nome italiano, perché per noi i nomi di cose e persone non hanno significati
... Per l’esattezza si chiamava Emmanuel Chidi Namdi, nome insolito, nome nigeriano.
Nome che non avremmo saputo mai se non fosse stato per un fatto di cronaca nera.
Questo giovane marito, per difendere la moglie, apostrofata come “scimmia africana”
da alcuni italiani, è stato pestato a morte da un tale di nome Amedeo. Il fatto, come è
noto, è accaduto a Fermo, ma sarebbe potuto capitare ad Aosta come a Foggia come a
Roma. La stoltezza non conosce barriere geografiche.
Non è nostro compito risolvere il problema epocale dell’emigrazione, né interessa qui
rispondere alla domanda se i centri di accoglienza siano o meno adeguati o se l’Italia sia
o meno un Paese razzista. Ci si pone qui un semplice problema di “nome”. Se ad
Emmanuel si aggiunge la vocale finale “e” si ottiene l’italiano Emmanuele. Ma subito
scopriamo che questo nome non è propriamente italiano. Infatti è un antico nome
ebraico, registrato nel testo del profeta Isaia (7,14). Un nome che, come tutti i nomi
antichi, ha un significato, vuol dire “Dio con noi” (Emmanù El).
Queste note le suggerisce l’evangelista Matteo, quando spiega come Giuseppe avrebbe
dovuto accogliere il bimbo Gesù: “Chiameranno il suo nome Emmanuele, che significa
Dio con noi” (Matteo 1,23). Sembra strano dire in italiano “chiameranno il suo nome”,
ma la stranezza scompare quando si nota che “nome” è un semitismo per indicare
“persona”. Quindi, “chiameranno la sua persona Emmanuele”. Nome significativo
perché vuol dire una realtà tanto bella quanto dimenticata: “Dio con noi”, cioè insieme a
noi, vicino a noi nella persona di Gesù/Emmanuele.
Emmanuel Chidi Namdi portava dunque il nome ebraico di Gesù. Amedeo, invece,
porta un nome italianissimo, come Amedeo Modigliani, grande pittore e scultore, come
Amedeo Nazzari, famoso attore, come Amedeo di Savoia e d’Aosta, di casa reale, come
Amedeo Amadei, grande centravanti della Roma del primo scudetto. “Amedeo”, un
nome che etimologicamente ha a che vedere con l’amore verso Dio (Amo-Dio). Ma
Amedeo di Fermo non sapeva probabilmente che cosa significasse il suo nome italiano,
perché per noi i nomi di cose e persone non hanno significati, perché abbiamo perduto,
o stiamo perdendo, il senso di cose e nomi e persone; perché il significato stesso della
vita stiamo perdendo...
Amedeo ha ammazzato Emmanuel, che aveva osato difendere l’onore di sua moglie.
Vien fatto di pensare che Emmanuel avesse nelle vene sangue siciliano, ma di quei
siciliani antichi, che ancora sapevano che cos’è l’onore, che cos’è la parola data, che
cos’è il significato di cose e nomi e persone, come lo sanno ancora in Africa e in molte
altre terre dove cose, nomi, persone hanno ancora significato. Mentre questo Occidente,
che non sa più che cos’è l’onore, ignora che cosa sia la vergogna. Per questo Amedeo
non si è vergognato di chiamare una donna “scimmia africana”. Eppure un giorno
Amedeo doveva aver udito la frase di Gesù/Emmanuele: “Ciò che avrete fatto a uno di
questi miei più piccoli fratelli lo avrete fato a me”. Amedeo però non la ricordava più,
anche perché non si ricordano frasi, cose, nomi e persone di cui si è perduto il
significato. Perdere le parole di Gesù è perdere il significato della vita, e quindi giocare
con la morte (degli altri).
Quando si perde il senso di parole, cose, nomi e persone, non ci si può meravigliare se
Amedeo/Amo Dio ammazza di botte Emmanuele/Dio con noi. Così, quanti dicono che
la Bibbia non ha significato per l’uomo moderno, che la Bibbia è antiquata per
insegnare l’etica di Dio alla persona umana, o che addirittura va “restaurata”
aggiungendovi “favole artificiosamente composte”, come le chiama Pietro, tutti costoro
si sorprendono nel trovarsi d’improvviso davanti alla realtà biblica – ignota perché
ignorata – di Caino che ammazza Abele, antica attuale vicenda di cronaca. Un uomo
ammazza un uomo. La domanda che Dio pone alla coscienza dell’individuo è sempre la
stessa: “Dov’è tuo fratello?” (Genesi 2,9).
A questa domanda non devono rispondere politici, religiosi, governi nazionali,
regionali, locali... La domanda è posta a “te”, personalmente a “te”, che non sai (né vuoi
sapere) il “nome” del nero che sta sul marciapiede, come non sai il nome dei passeri.
Eppure quando un passero cade a terra, Dio ne ha pietà. Ma Gesù dice che un uomo vale
più di molti passeri. O forse persino questo non ha più significato?
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R. Tondelli – 07 2016