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Mai dire Squola
percorsi educativi dal mondo
La mostra-laboratorio Mai dire Squola. Percorsi educativi dal mondo propone un viaggio
interculturale, realizzato utilizzando pannelli e sagome che riproducono il segnale “Attenzione!
Bambini”, che si trova in prossimità di un edificio scolastico e che invita l’automobilista a
procedere con prudenza, così come è concepito in altrettanti paesi del mondo.
Che cosa succede se si mettono a confronto e si analizzano in profondità segnali stradali di
questo genere utilizzati in diversi continenti e paesi? Attraverso una lettura critica dei cartelli
stradali, che sono di immediata interpretazione ma che si prestano ad essere variamente
indagati, si traggono informazioni su modelli educativi, sull’ambiente scolastico, sulla famiglia,
sulle discriminazioni di genere, sull’alimentazione, sull’uniforme.
I cartelli stradali sono delle sintesi straordinarie di espressioni culturali e regole sociali
standardizzate.
I disegni contengono realtà diverse e a volte contrapposte: bambini o ragazzi soli (India,
Montenegro) o accompagnati da un fratello o una sorella maggiore (Francia, Cambogia);
alunni che portano l’uniforme (Giappone), oppure un vestito tradizionale (Malesia). In alcune
rappresentazioni si nota l’assenza delle ragazze (Burkina Faso); in altre è evidente il
desiderio di stabilire un rapporto di uguaglianza tra i due sessi (Quebec).
Il percorso del progetto Mai dire Squola prevede un ciclo di 3 incontri-laboratorio della durata
di 2 ore ciascuno, così articolati:
Primo incontro: percorso didattico della mostra, educazione alla lettura critica delle
immagini.
Secondo incontro: conoscenza ed esperienze di scuola nel mondo, “incontro” con
giocattoli costruiti da bambini africani.
Terzo incontro: laboratorio: creazione di segnali stradali.
I temi proposti agli insegnanti e alunni sono stati i seguenti:
- educazione alla lettura critica di immagini, osservazione e descrizione dei “paesaggi”
quotidiani;
- maschile/femminile: i segnali stradali raccolti nella mostra offrono diverse
rappresentazioni del genere maschile e femminile;
- cos’è la scuola?: la mostra da modo di conoscere diversi modelli educativi, quelli
formali e informali.
La mostra tenta un nuovo approccio ai temi interculturali, partendo da un percorso guidato di
educazione alla lettura critica delle immagini.
La scelta della segnaletica dei Paesi del mondo nasce dalla volontà di creare una didattica
trasversale, nella quale tutti i ragazzi si possano mettere in gioco “alla pari”, ciascuno
dall’ottica della propria territorialità.
Il laboratorio intende far emergere aspettative e percezioni nei confronti della scuola da parte
degli allievi ma anche degli insegnanti ed eventualmente dei genitori, offrendo loro sussidi e
strumenti didattici per dare continuità al progetto educativo.
OBIETTIVI E CONSIDERAZIONI SUI LABORATORI SVOLTI
L’obiettivo di Mai dire Squola. Percorsi educativi dal mondo è quello di far emergere il
carattere complesso di ogni prodotto visuale, tanto per l’eterogeneità delle cause che
concorrono alla sua realizzazione, quanto per la varietà delle funzioni che esso è in grado di
svolgere, ancor più quando si presenta estremamente stilizzato e semplificato.
Il percorso ha lo scopo, in un’ottica interculturale, di rendere consapevoli gli utenti del potere e
dell’efficacia delle immagini, di far comprendere come esse derivino da un’operazione
estremamente complessa. Per tale ragione, durante la visita alla mostra, sono molti gli
“agganci” con il mondo dei mezzi di comunicazione contemporanei.
Dai risultati ottenuti sembra che il percorso abbia toccato le sensibilità degli alunni e che
questo messaggio sia passato. I ragazzi si sono resi effettivamente conto che quando si
guarda un’immagine (dal segnale stradale al cartone animato, dalla pubblicità televisiva alla
fotografia del libro scolastico), vi è una grande quantità di conoscenza implicita riguardo a ciò
che è rappresentato dalle immagini e a quanto le stesse “significano”. La lettura degli stessi
segnali è diversa, e quindi genera significati differenti, a seconda dei contesti e delle abitudini
personali, famigliari o di gruppo di ogni singolo individuo.
Una parte consistente del percorso è stata indirizzata alla rappresentazione dei generi, sia
perché l’argomento era proposto intrinsecamente dai segnali esposti, e anche perché è parso
essere l’interesse maggiore delle alunne/alunni (assieme al tema del gioco).
Il progetto ha proposto l’insegnamento della geografia e della storia a vari livelli. Dalle immagini
emergevano chiari riferimenti agli ambienti nei quali i segnali erano stati creati. Dal confronto di
più cartelli provenienti dallo stesso Paese – ma prodotti in epoche diverse – si potevano
leggere i mutamenti e le trasformazioni verificatesi in seno ad una stessa società; oltre a
riconoscere i contatti tra Paesi diversi che l’iconografia dei cartelli chiaramente rivela.
Durante il percorso espositivo, oltre alla riflessione sul mondo della scuola, uno dei “luoghi
culturali” in cui i ragazzi si confrontano e ricevono formazione si sono affrontate tematiche
attinenti i percorsi di educazione alla convivenza civile, all’educazione stradale, all’educazione
ambientale, all’educazione all’affettività (soprattutto in relazione al rapporto tra generi nelle
varie culture).
Questi argomenti hanno destato non poche curiosità nelle bambine e nei bambini. Come è
avvenuto in occasione di altri percorsi, molti sono rimasti piacevolmente sorpresi quando
hanno scoperto che in alcuni Paesi i bambini godono di notevole autonomia anche nel
percorso casa-scuola. Colpisce sempre la rappresentazione dell’esperienza di educazione
stradale nella scuola egiziana. Questa parte del percorso contribuisce a porre in discussione
una serie di stereotipi presenti nel mondo occidentale sul “mondo arabo” divenendo
l’occasione ideale per rendere conto della complessità e della diversificazione di un mondo
percepito e rappresentato dai mezzi di informazione quasi sempre in modo generico e
monolitico.
Per quanto concerne l’attenzione alle immagini, quasi tutti i partecipanti (anche le/gli
insegnanti) riconoscono la difficoltà a descrivere immagini che vengono quotidianamente
viste. Questo fa riflettere sullo scarso spirito di osservazione, e su come le immagini vengano
“mangiate” senza essere digerite. Questa esperienza ha accresciuto negli insegnanti
l’importanza di proseguire in classe un percorso sulla comunicazione e in particolare sulla
lettura delle immagini.
Come è già avvenuto in occasione di altri percorsi, gli alunni si sono mostrati estremamente
interessati ai segnali che rappresentavano il tema del gioco; non a caso questi aspetti sono
stati spesso ripresi nei laboratori grafici. Diversi bambini hanno mostrato attrazione per i
segnali di vari Paesi nei quali emergeva il tema del tragitto “casa - scuola”, affermando di voler
accrescere la loro autonomia nel loro percorso quotidiano.
I bambini si sono rivelati sensibili all’esperienza del gioco come processo, al fatto che in molti
paesi il gioco sia vero gioco, ossia non è tanto il “giocare con le cose già fatte” ma è “la parte
relativa al processo di ideazione fino alla costruzione dell’idea”. Nel corso di “Mai dire squola”
più di qualche bambino ha sottolineato che “quello che ci vendono e che chiamano gioco, non
è un gioco, perché è già stato fatto”.
Questo percorso ha coinvolto alcuni insegnanti nel tentativo di ricostruire alcuni giochi
proposti. Inoltre, molti bambini hanno invitato i loro nonni a raccontare le modalità di
costruzione dei giochi della loro infanzia, esperienza che si è tradotta nella costruzione di
bambole e giocattoli e, attraverso il racconto di materiali un tempo usati per costruirli, è
emersa una rappresentazione del territorio sconosciuta spesso agli stessi alunni.