clicca qui per leggere in formato pdf
Transcript
clicca qui per leggere in formato pdf
ITALIANO V-No. 2-2015 CITOC magazine CENTRUM INFORMATIONIS TOTIUS ORDINIS CARMELITARUM editoriale C on la celebrazione del 500° anniversario della nascita di Santa Teresa di Gesù siamo giunti al culmine della commemorazione della grande santa carmelitana. Varie notizie del CITOC-online hanno già riportato le iniziative celebrate in tante province dell’Ordine. Inoltre, durante il Capitolo Generale dei Carmelitani Scalzi il nostro il Priore Generale ha presieduto l’eucaristia ne “la Santa”, ossia la chiesa situata all’interno della casa natale di Santa Teresa, accompagnato dal P. Saverio Cannistrà, appena rieletto Preposito Generale del Carmelo Teresiano. Anche questo numero della nostra rivista dedica una grande parte alla Santa: una nota biografica ci illustra la sua vita, un articolo le sue caratteristiche e infine un altro ce la mostra come donna di preghiera. Un’altra grande figura, questa volta però dei nostri tempi, è stata beatificata il 23 maggio 2015 in El Salvador: il vescovo Oscar Arnulfo Romero. La sua beatificazione, da tanto tempo attesa, ci dà l’occasione di presentare un articolo sulla sua tenera e pia devozione alla Madonna del Carmine e una presentazione del Carmelo in El Salvador. È stato un grande onore per tutto l’Ordine che P. Bruno Secondin, O.Carm, ha predicato gli esercizi spirituali al Papa Francesco e ai membri della Curia romana. Siamo contenti di poter condividere un suo articolo, nel quale egli ci racconta questa esperienza unica. La storia del Carmelo ha sempre risposto alle sfide risultanti dai cambiamenti del momento storico, come ci mostra anche la presentazione della fusione dell’Istituto delle Suore di Nostra Signora del Carmelo e quello delle Carmelitane delle Grazie. Riguardo al Carmelo femminile questo numero ci offre poi uno sguardo alla realtà delle nostre monache in Asia. Oltre a questi articoli e ad altre informazioni da tutto il mondo presentiamo come di solito una selezione delle principali notizie, alcune delle quali già pubblicate nel CITOC-online, che offrono uno sguardo sulla vita attuale dell’Ordine. Auguriamo a tutti una buona lettura di queste pagine del nuovo numero del CITOC-magazine. CITOCmagazine CENTRUM INFORMATIONIS TOTIUS ORDINIS CARMELITARUM CITOC-magazine è una pubblicazione semestrale dell’Ordine dei Carmelitani. Le notizie, informazioni, articoli, lettere, fotografie e altri materiali offerti alla rivista diventano sua proprietà. Direttore P. Fernando Millán Romeral, O.Carm. Direttore editoriale P. Christian Körner, O.Carm. Consulente editoriale P. Raúl Maraví, O.Carm. Redattore P. Joseph Hung Tran, O.Carm. Corrispondenti: Europa P. John Keating, O.Carm. Africa P. Conrad Mutizamhepo, O.Carm. America P. Raúl Maraví, O.Carm. Asia, Australia e Oceania P. Benny Phang, O.Carm. Inviare le informazioni a: Curia Generalizia dei Carmelitani Via Giovanni Lanza 138 00184 Roma, Italia Tel+39-064620181 Email: [email protected] www.ocarm.org P. Christian Körner, O.Carm. CITOC | P. 2 contenuto 2 Editoriale 6 12 Esercizi spirituali al Papa e alla Curia Romana Il Priore Generale al Capitolo Generale OCD 7 Incontro dei superiori, 16 Le monache in Asia delegati ed economi delle Americhe 14 Fusione dell’Istituto delle Suore Carmelitane delle Grazie con l’Istituto delle Suore di Nostra Signora del Carmelo 22 I Carmelitani in El Salvador: la 18 Monsignor Romero e la Vergine del Carmelo terra di Oscar Romero 27 Notizie 20 Seconda assemblea del TOC di AustraliaOceania-Asia 21 24 Incontro dei superiori e formatori carmelitani dell’Africa 4, 8, 10 V Centenario della nascita di Santa Teresa di Gesù 28 Messaggio per l’anno della Vita Consacrata P. Emiel Abalahin, O.Carm. M V Centenario della nascita di Santa Teresa di Gesù istica, maestra, scrittrice, modello di vita. Il beato Paolo VI ha usato tutte queste espressioni cercando di condensare le qualità di S. Teresa d’Avila, allorché si apprestava a dichiararla Dottore della Chiesa il 27 settembre 1970. Questo riconoscimento ufficiale della dottrina di Teresa dimostra la validità, al di là del tempo, sia della sua esperienza che dei suoi insegnamenti sulla preghiera e la vita interiore, che lei ha reso tangibile e comprensibile a quanti si accostano ai suoi scritti come lettori o studiosi. Teresa era tanto radicata nella realtà concreta del suo contesto storico, quanto era protesa verso la relazione con l’Eterno, al quale, con tutta se stessa, aspirava. dita convertito al cattolicesimo insieme ai suoi 7 figli durante il regno di Ferdinando e Isabella. La Spagna diede i natali a questa santa, registrata all’anagrafe col nome di Teresa Sánchez de Cepeda y Ahumada; era il 28 marzo 1515 quando ella nacque a Gotarrendura nella provincia di Avila. Era la terzogenita di un ricco commerciante, Alonso Sánchez de Cepeda, che ebbe Teresa come prima figlia da Beatriz de Ahumada de Cuevas, sposata in seconde nozze. In tutto, la famiglia venne ad essere costituita da 3 figlie femmine e 9 maschi. Il nonno paterno, Juan Sánchez, era un ebreo sefar- Come adolescente Teresa non era affatto diversa dalle ragazze della sua età. Da sua madre aveva ereditato la passione per le storie cavalleresche, che lei amava leggere, scegliendo da sé quelle di suo gusto. A quell’età Teresa si abbandonò all’affetto di alcuni suoi cugini e stava volentieri in compagnia di una sua parente, che però il padre e la sorella maggiore non gradivano, ritenendola di cattiva influenza per la giovane ragazza. Per evitare il contatto con questa persona, il padre di Teresa scelse I genitori di Teresa la educarono, insieme agli altri fratelli, in un clima familiare pio e amorevole, contribuendo a formare la sua personalità, naturalmente incline alla vivacità e alla gaiezza, anche a una vita di fede. Fu proprio la loro educazione a ispirare a Teresa il desiderio di fuggire, insieme al fratello Rodrigo, per andare fra i Mori, a difendere la fede, spinta dal desiderio del martirio. Nel 1528, quando Teresa aveva solo 14 anni, rimase orfana di madre e da quel momento in poi, prese come madre spirituale la Vergine Maria. di mandarla al collegio delle monache agostiniane di Avila. Là Teresa incontrò una monaca, Doña María Briceño, che fu per lei un grande aiuto nel riaccendere la sua fede, ormai divenuta tiepida e le suggerì di prendere seriamente in considerazione una sua possibile vocazione alla vita religiosa. E infatti Teresa entrò al Carmelo dell’Incarnazione di Avila il 2 novembre 1535. A quel tempo vivevano nel monastero più di 200 persone, tra monache, servitù e parenti. Sebbene nel monastero non vigesse la regola di una stretta clausura, le monache si dedicavano alla recita dell’Ufficio Divino, così come all’osservanza dei giorni di preghiera e astinenza, per favorire la realizzazione del carisma tutto carmelitano della preghiera continua. Però non veniva insegnata la preghiera mentale. Su questo aspetto, per quanto riguarda Teresa, fu l’esperienza della malattia ad offrirle un’opportunità unica. Per tutta la vita ella soffrì di disturbi fisici, ma nel 1538 cadde gravemente malata e dovette lasciare l’Incarnazione per andare a curarsi. Fu durante una visita allo zio Pedro che venne introdotta per la prima volta CITOC | P. 4 all’approccio con un libro che cambiò la sua vita di preghiera e che le fu di istruzione e ispirazione per molti anni: si tratta del Terzo Abecedario. Ma il fervore che Teresa sperimentò per la preghiera non durò a lungo, per via della grande lotta che essa dovette sostenere e che la accompagnò per ben 18 anni. Nel 1554 Teresa visse una profonda conversione, grazie alla meditazione su un’immagine di Cristo piagato e anche grazie alla lettura di alcuni passaggi delle Confessioni di sant’Agostino. Queste furono esperienze che la aiutarono ad abbandonarsi completamente a Dio e a dargli piena fiducia. Nodo centrale di questa conversione fu l’umanità di Cristo, che rese la sua vita interiore più capace di vivere in intima relazione e più concretamente fondata, dato che le sue capacità intellettive, come la memoria, avevano un chiaro e preciso punto di riferimento. La sua preghiera interiore poté così iniziare a svilupparsi molto più in profondità, mentre Teresa divenne destinataria di grazie, che la sorprendevano con modalità nuove e inaspettate. Ebbe sempre la saggezza di consultare uomini esperti, confessori e maestri spirituali capaci di spiegare questi fenomeni e di guidarla, mano a mano che progrediva nell’intima relazione con Dio, lungo una via che si rivelava valida per accompagnarla fino alla piena unione spirituale con Dio. In tutto questo Teresa ebbe modo di scoprire con chiarezza che uno degli scopi principali dell’orazione attraverso le potenze dell’intelletto era quello di fiorire in atti di carità. Per esprimere questa verità Teresa amava usare l’immagine di “Marta e Maria, che vanno sempre insieme”. La Cammino di perfezione di Teresa, quindi, non si limita unicamente alla relazione tra lei e Dio, ma piuttosto è il mezzo grazie al quale è possibile diventare più simili a Cristo, nelle capacità personali e nelle espressioni concrete dell’amore per il prossimo. Da qui scaturì poi l’idea di dar vita a una riforma in cui poter trasmettere anche ad altri un nuovo stile di vita secondo cui incarnare la Regola del Carmelo, come anche lei aveva imparato a viverla: in povertà, in un continuo dialogo con Dio, ma anche in intima relazione con gli altri membri delle sue nuove comunità, che dovevano essere formate da poche persone, molto unite tra loro. La sua riforma ebbe inizio con la fondazione del monastero di San Giuseppe il 24 agosto 1562, che fu solo il primo di 17 monasteri di monache. Accanto a questi nacquero, dallo spirito della riforma di Teresa, anche 2 conventi di frati, sempre in Spagna. Il desiderio di Teresa era quello di poter condividere e insegnare, in queste comunità, ciò che lei aveva imparato nella sua esperienza personale. Soprattutto grazie ai suoi scritti Teresa trasmise questa sua immensa ricchezza di vita spirituale. Fu infatti una scrittrice prolifica; il corpo dei suoi scritti comprende testi poetici, ma anche ironici, così come centinaia se non migliaia di lettere, insieme alla sua famosa Autobiografia e ai suoi trattati di vita spirituale. Tutto questo ci dà l’idea di un’impresa piuttosto considerevole, che in qualche modo riflette e supera allo stesso tempo l’esperienza delle donne istruite del tempo di Teresa. Grazie al suo retroterra – in quanto persona istruita, nipote di un converso, donna di particolari esperienze spirituali, figlia della Spagna dell’Inquisizione, fondatrice di una riforma religiosa – e anche grazie alla sua innata intelligenza, al suo senso pratico e alla consapevolezza di sé, Teresa imparò a fare i conti con grande capacità con le sfide e gli ostacoli che incontrava nella sua vita. I suoi scritti più importanti furono da lei composti per obbedienza o comunque col permesso dei suoi confessori. La prima redazione del Libro della Vita è del 1562, ma Teresa chiede conferma ai suoi confessori e anche a San Giovanni d’Avila, affinché le sue esperienze fossero da essi verificate. Allo stesso tempo, però, la sua passione per condividere questo suo dono di vita interiore particolarmente con le sorelle dei suoi monasteri, la spingevano a documentare le sue esperienze in modo tale che potessero essere utili come materiale per la loro formazione spirituale. Infatti, riferendosi alla sua vita e spiritualità, Benedetto XVI ha detto: “Più che una pedagogia della preghiera, quella di Teresa è una vera “mistagogia”: al CITOC | P. 5 lettore delle sue opere insegna a pregare pregando ella stessa con lui”. E veramente i suoi testi, scritti alla prima persona e il suo approccio pedagogico, caratteristico dei suoi scritti, mettono in luce il fatto che, grazie al suo percorso interiore e alla sua chiamata per la riforma, Teresa era anche chiamata ad essere, di conseguenza, una maestra di preghiera contemplativa. Infatti non è possibile parlare di queste cose partendo da concetti astratti, ma solo da un’esperienza vissuta in prima persona. È vero che il Libro della Vita fu composto da Teresa per i suoi confessori, ma ugualmente lei era convinta che contenesse tanto materiale utile anche per la formazione delle sue sorelle. Più tardi, nel 1566, compose la prima redazione del Cammino di perfezione, per rispondere alle domande e alle necessità delle consorelle che vivevano a San Giuseppe, domande riguardanti la contemplazione. Il suo confes- sore di quel tempo, p. Domingo Báñez, OP, infatti, aveva espresso alcune perplessità sulla sua biografia. Dieci anni più tardi, nel 1577, quando Teresa aveva 62 anni, scrisse il Castello Interiore, come risposta alla richiesta del suo amico e confessore, p. Jerónimo Gracían, che voleva un manuale di vita spirituale, che potesse sostituire l’autobiografia, finita, nel frattempo, nella mani dell’Inquisizione. Un unico desiderio ha sempre animato la redazione di questi scritti da parte di Teresa e cioè che le sue sorelle e altri che li avessero eventualmente letti, potessero trarne beneficio per crescere nella vita di orazione. E arriviamo all’anno 1582. Mentre si trovava in viaggio, dopo aver visitato la fondazione di Burgos, Teresa raggiunse la comunità di Alba de Tormes il 29 settembre. Qui iniziò a sentirsi veramente male per una emorragia, probabilmente dovuta a un tumore dell’utero. Solo 5 giorni dopo, il 4 ottobre, alle 9 della sera, Teresa morì, all’età di 67 anni. Il 24 aprile 1614 la Chiesa riconobbe ufficialmente la sua santità, con la beatificazione da parte di Papa Paolo V; fu poi Gregorio XV a canonizzarla il 12 marzo 1622. Le sue opere hanno continuato a offrire ispirazione spirituale non solo a generazioni di Carmelitani, ma anche a quanti sono alla ricerca di una più profonda relazione con Dio. Il Priore Generale al Capitolo Generale OCD Cannistrà, OCD, per la sua rielezione ha manifestato il buon clima di collaborazione durante gli ultimi anni, mettendo in evidenza alcuni momenti importanti, in cui entrambi i consigli hanno condiviso progetti e riflessioni. Inoltre, il Priore Generale ha proposto alcune metafore che potrebbero illuminare questo momento così complesso e affascinante per la vita consacrata. Il 21 maggio scorso il Priore Generale, P. Fernando Millán Romeral, O.Carm., ha partecipato al Capitolo Generale dei nostri fratelli Carmelitani Scalzi, celebrato dal 2 al 24 maggio a Ávila. È infatti diventata tradizione che il Generale di un ramo del Carmelo sia invitato al Capitolo Generale dell’altro per tenere una conferenza. Il P. Fernando, dopo aver dato gli auguri a P. Saverio Nel pomeriggio il Priore Generale ha presieduto l’eucaristia ne “la Santa”, ossia la chiesa situata all’interno della casa natale di Santa Teresa, accompagnato dal P. Saverio e P. Augustí Borell, il nuovo Vicario Generale dei Carmelitani Scalzi, dai padri capitolari e alcuni laici in rappresentanza dei diversi movimenti laicali OCD in Spagna e Portogallo. Nell’omelia ha sottolineato la persona della grande santa carmelitana che rimane una fonte d’Ispirazione per il Carmelo del XXI secolo. CITOC | P. 6 Incontro dei superiori, dei delegati e degli economi delle Americhe San Paolo - Brasile P. Raúl Maraví, O.Carm. I superiori provinciali, i commissari provinciali, i delegati e gli economi delle diverse realtà carmelitane presenti in America si sono riuniti nel convento di Nostra Signora del Carmelo a San Paolo del Brasile nei giorni dal 9 al 13 febbraio 2015. All’incontro erano presenti rappresentanti provenienti dagli Stati Uniti, dalle Antille, dalla Colombia, dal Perù, dalla Bolivia e dal Brasile, in qualità di paese ospite. Presidente e moderatore dell’incontro è stato P. Raúl Maraví, O.Carm., Consigliere Generale per le Americhe, accompagnato da P. Carl Markelz, O.Carm., Economo Generale dell’Ordine. Per iniziare gli incontri ogni realtà carmelitana ha offerto una breve presentazione di se stessa, mettendo in evidenza il numero dei religiosi, le case, le missioni, i ministeri e il programma di formazione iniziale. Questo passaggio è stato importante perché tutti potessero avere un’idea della realtà generale del continente americano; di qui poi si è passati a discutere a linee generali il Progetto globale dell’Ordine per il presente sessennio e a condividere insieme e commentare le applicazioni dei vari ambiti del progetto alle diverse realtà americane. Il secondo giorno l’Economo generale, P. Carl Markelz, ha parlato del sostegno da dare alle nostre missioni, come parte del progetto globale dell’economia della Curia Generale. Per offrire la presentazione di questo quadro, P. Carl ha utilizzato alcune parole chiave, ricche di motivazioni e di una grande ispirazione missionaria. Dopo una giornata intensa, sono stati presentati i diversi lavori di gruppo e questo ha dato l’opportunità alla maggior parte dei partecipanti di offrire un buon feedback e questo ha portato alla creazione di vari progetti comuni. Un tema importante, di cui si è parlato, è stato quello della formazione iniziale e dei formatori. Si è giunti alla conclusione che in questa area del mondo sono necessari dei formatori più preparati, che possano lavorare al programma formativo per un tempo di almeno sei anni, per dare una maggior continuità. È stata anche messa in luce la necessità di sviluppare una “pedagogia della formazione”, per avere ben presente quale tipo di frate dovrebbe venire formato, da qui a dieci anni, tenendo conto delle sfide del tempo attuale. Come frutto della riflessione di questo incontro si è stabilito di organizzare un corso intensivo per formatori e studenti, che tenga conto non solo delle realtà spirituali, ma anche degli aspetti umani e psicologici della persona. Questo programma verrà realizzato fra luglio e agosto 2015 e proseguirà anche nei prossimi tre anni. I superiori, i delegati e gli economi che hanno partecipato a questo incontro hanno potuto godere della eccellente accoglienza offerta dalla Provincia Carmelitana di Rio de Janeiro, rappresentata da P. Evaldo Gomes, O.Carm., Priore Provinciale e P. Adailson dos Santos, O.Carm., Economo Provinciale. CARATTERISTICHE DELLA SANTITÀ Secondo Santa Teresa d’Ávila P. John Welch, O.Carm. S i pensava spesso che i mistici come Santa Teresa percorressero una strada diversa dal cammino dei comuni cristiani, per cui gli scritti dei mistici sembravano rappresentare una spiritualità d’élite, una spiritualità a noi non applicabile. Oggi capiamo che questi santi non sono nient’altro che noi stessi. Ci mostrano il potenziale della nostra umanità. Sono in testa alla colonna e testimoniano l’impatto dell’amore di Dio sulle loro vite. Ciò che scrivono non è per pochi eletti, ma vuole essere una guida e un incoraggiamento per tutti. Il percorso che descrivono è più normativo piuttosto che straordinario. Uno dei contributi di Santa Teresa d’Ávila è quello di aver indicato alcuni traguardi nella vita di una persona che denotano la crescita nella santità. Indipendentemente dal fatto che una persona abbia avuto o meno un’esperienza religiosa straordinaria (come le voci e le visioni di Santa Teresa), queste caratteristiche mostrano che il viaggio spirituale sta procedendo su un terreno solido. Sono segni di trasformazione, del crescente adeguamento di una persona all’azione dello Spirito. Tra queste “caratteristiche santità” vi sono: della una più profonda umanità una maggiore libertà una grande generosità Umanità più profonda Dal “recitare una parte” a trovare la propria verità interiore Siamo un mistero per noi stessi e solo Dio sa chi siamo veramente. Teresa sosteneva che possiamo scoprire la nostra vera identità solo in relazione con il Signore. Diceva: Non posso conoscerti, Dio, se non conosco me stessa, ma non posso conoscere me stessa se non conosco Te. In altre parole, più riusciamo a chiamare chiaramente per nome Dio, più riusciamo a gridare chiaramente il nostro nome e a dare espressione alla nostra umanità. Una persona di preghiera, disposta a lasciarsi chiamare per nome da Dio, dovrebbe essere sempre più a proprio agio nella sua umanità. Quanto più ella riusciva a dire “Dio” nella sua vita, più riusciva a dire “Teresa”. A volte, nella storia della spiritualità, il precetto biblico del rinnegare se stessi è stato interpretato come denigrare se stessi, riconoscere con riluttanza la propria umanità, dandole poca importanza. Presentava più un problema che una promessa. Questa interpretazione portava spesso a un’umanità avvilita, accompagnata da una faccia contrita Papa Francesco condanna le “facce da funerale”. I sintomi si colgono nelle persone che sono sempre “accigliate e ostili”, e che testimoniando così un “rigore teatrale”; hanno un “pessimismo sterile”. Egli dice che sono segno di “paura e insicurezza”. Ma il precetto evangelico del rinnegare se stessi stava in realtà sfidando la nostra inclinazione ad essere egocentrici, troppo presi da noi stessi, e inconsapevoli delle necessità dei nostri fratelli e sorelle. Un Ego sano può facilmente diventare malato, egocentrico. Questo “Io” che piega tutto ai propri bisogni e desideri non è un “Io” maturo. Teresa enfatizza l’umanità di Gesù Cristo. La sua umanità aiuterà le sorelle ad apprezzare la loro umanità e a rimanervi salde. Mettere da parte il Gesù umano è un errore. La preghiera non diventa mai così raffinata ed elevata, diceva, da non aver più bisogno dei dogmi e della liturgia della Chiesa. Siamo umani e CITOC | P. 8 andiamo verso Dio in modo umano; la sua vivace e intrigante personalità era espressione di un’umanità che si approfondiva solo con il maturare della sua unione con il Signore. Maggiore libertà Dal servire compulsivamente gli idoli a rispondere liberamente a Dio Un sottile cambiamento ha luogo nella vita di chi ha sempre più fiducia nella presenza e nell’amore di Dio. Diminuiscono le azioni compulsive e le preoccupazioni ossessive. Invece di basarsi su conferme esterne, come titoli e averi, la persona che matura spiritualmente trae ispirazione dal di dentro, dal Santo Mistero che sta al centro della vita. Quando Sant’Agostino diceva al Signore: “Eri dentro di me, ma io ero fuori… eri con me, ma io non ero con te”, stava nominando la sfida di chi vuole esser santo. Una vita interiore fatta di autoconsapevolezza e di preghiera è una necessità. Man mano che Dio emerge al centro della nostra vita, gli idoli minori ai margini di essa, diminuiscono. Santa Teresa identifica le volte in cui ha sperimentato una crescente libertà dello spirito. All’inizio, quando ha cominciato la (sua) riforma del Carmelo, Teresa risentiva profondamente delle critiche, ed era anche amareggiata dalle lodi. Ma crebbe al punto in cui né critiche né lodi la toccavano – era in grado di guardare a entrambe con un certo distacco. Il suo atteggiamento si era trasformato: se criticata, ciò era né più né meno quello che si meritava; se lodata, e in questo era lodato anche Dio, allora lo accettava. Era libera dal dover rispondere emotivamente e dall’essere disturbata dai commenti degli altri. Teresa riporta anche una volta in cui, nella sua profonda unione con Cristo, il pensiero della morte sembrava un desiderio nobile. La morte l’avrebbe portata al compimento del suo pellegrinaggio e al culmine della sua unione con il Signore. Ma la consapevolezza e la riflessione costanti individuarono alla fine un problema col suo apparente desiderio di morire e di stare col Signore. Teresa si rese conto che lei voleva morire, mentre la vera domanda era: cosa vuole il Signore? Insegnava sempre che lo scopo del credente è “la conformità al volere di Dio”. Ponendo la domanda cosa vuole Dio? l’atteggiamento o l’intenzione di Teresa cambiò. Desiderava stare in questo mondo servendo finché Dio voleva; era anche pronta a tornare a casa ed essere con il Signore in qualsiasi momento Egli avesse voluto. Era libera di essere a disposizione di Dio. un’accentuata intimità nella relazione con Dio. Ella descrive diverse fasi, o dimore, in questa relazione. Il lettore si aspetta che la fase finale, la settima dimora, sia una situazione d’intensa interiorità e un’esperienza spiri- Una grande generosità Dall’essere egocentrici all’amore disinteressato Spesso Teresa parla a proposito di un traguardo del cammino spirituale: una crescente sensibilità per le necessità degli altri. Il cammino non può tradursi in una spiritualità chiusa in se stessa, in una comunità chiusa nella propria interiorità. Il viaggio deve essere un’espressione di servizio volta all’esterno. La persona spirituale realizza di avere la responsabilità di usare i doni di Dio per il bene del Suo popolo. Non andiamo verso Dio da soli; non è un pellegrinaggio del singolo. Teresa senza dubbio attesta il precetto evangelico di amare Dio e di amare il prossimo, ma, dice, noi non siamo capaci di capire l’amore di Dio – possiamo solo capire l’amore del prossimo. Quel servire il nostro fratello o la nostra sorella è la prova del nove della nostra Cristianità. Quando Teresa descrive le tappe del suo cammino nel consueto impegno nella preghiera (Castello Interiore) vi troviamo tuale quasi inaccessibile. Perciò, è una rivelazione, e un sollievo, leggere l’affermazione che lo scopo di questa profonda unione con Dio sono le opere buone, le opere buone! Teresa esortava le sue sorelle a mantenere una spiritualità salda che cerchi il beneficio degli altri. Quando le sorelle contestavano il fatto che lo scenario in cui vivevano la loro vita di clausura dava poco spazio per servire ampiamente la chiesa, Teresa le metteva alla prova. Diceva che è inutile sognare grandi progetti quando l’opportunità di servirsi a vicenda era proprio davanti a loro. Ricordava loro che Dio non giudica la grandezza di ciò che facciamo, ma l’amore con cui facciamo quanto a noi è possibile. Teresa diceva loro (e dice ora a noi), Non fate castelli in aria! Fate che la vostra Cristianità trovi un’espressione pratica ed efficace. CITOC | P. 9 TERESA DI GESÚ, DONNA DI PREGHIERA P. Desiderio García Martínez, O.Carm. T eresa era ormai arrivata attorno ai 40 anni e continuava, per così dire, a flirtare con quel Dio, che desiderava farla innamorare completamente, mentre lei non riusciva a consegnarsi totalmente a Lui. Ci vollero più di vent’anni di lotta e duro combattimento (cf. V 8, 12). È lei stessa a dirci che dovette impiegare sforzi enormi e determinazione per conquistare il cielo: “Ero così disposta a guadagnare beni eterni, che ero decisa a conquistarmeli con qualunque mezzo…” (V 5, 2). Quanto volontarismo! Voleva arrivare a Dio senza Dio. Sicura di sé, dei suoi doni e delle sue capacità, voleva raggiungere il cielo, però da sola. Lei stessa riconoscerà, più tardi, di essere andata fuori strada, perché è impossibile raggiungere Dio senza Dio. Le costò accettarlo, perché significava riconoscere il suo limite e la sua povertà. Teresa di Gesù chiamerà questa specie di braccio di ferro col nome di “guerra d’amore”: “Siete voi, mio vero amore, a dare inizio a questa guerra d’amore” (Esc. 16, 3). L’orazione è un rapporto di amicizia. La preghiera è un atteggiamento, un modo di essere, perché è questo che l’amicizia esige. “Il vero amante ama ovunque e si ricorda sempre dell’amato. Sarebbe cosa ardua se si potesse fare orazione solo in luoghi appartati!” (F 5, 16). L’amicizia non si può vivere a singhiozzi. O si è amici ovunque e 24 ore su 24, oppure non si è affatto amici. Teresa ha detto espressamente che la sostanza della vera preghiera non sta “nel molto pensare, ma nel molto amare” (4 M 1, 7). L’intuizione è geniale, tenendo anche conto che “non tutte le immaginazioni sono adatte per natura a questo esercizio (cioè pensare, meditare), mentre tutte le anime sono capaci di amare” (F 5, 2; 4 M 1, 7). Non tutti hanno un’intelligenza portata per l’algebra e la trigonometria, però tutte le anime, ovvero le persone, hanno la capacità, secondo Teresa, per amare e perciò anche per pregare. “Per me l’orazione mentale non è altro se non un rapporto d’amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama” (V 8, 5). Ma rimane una domanda in sospeso: che cosa aggiunge l’orazione esplicita, cioè l’atto della preghiera, il mettersi in disparte e stare in silenzio e solitudine, alla preghiera come “modo di essere” e “atteggiamento”? A qualcuno potrebbe venire spontaneo dire che se l’orazione è un atteggiamento, allora si potrebbe benissimo fare a meno dal compiere l’atto formale della preghiera. Però chi è innamorato desidera stare sempre con la persona amata. Teresa non offre la descrizione di come si possa diventare “collezionisti di preghiere”, ma di come “essere degli oranti”. Non esiste un nuotatore che non si sia gettato mille volte nell’acqua. E se io dicessi di amare molto mia moglie, però non trovo il tempo per stare da solo con lei e parlare e ascoltarla… vuol dire che sta succedendo qualcosa di grave. In queste condizioni, sarebbe molto difficile per lei credere che io la amo. Da qui si può dedurre che la relazione di amicizia consista nel trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama” (V 8, 5). Quindi, intimità, incontro e relazione “frequentemente”. Sì, molte, molte volte! L’orazione è un incontro personale. “Perché l’amore sia vero e l’amicizia durevole dev’esserci parità di condizioni” (V 8, 5). “Condizioni” qui significa essenza, sostanza, persona. L’orante deve sapere chi è Dio. Da una parte chiediamoci chi è Dio per Teresa. Un Dio “bramoso” di donarsi, che desidera avere qualcuno a cui potersi donare. Un Dio che “nasconde le colpe” (V 4, 10) e che, “con grandi favori punisce i misfatti” (V 7, 19). Teresa afferma: “mi sono stancata prima io d’offenderlo, che lui di perdonarmi. Egli non si stanca mai di dare, né le sue misericordie possono esaurirsi: non stanchiamoci di riceverle (V 19, 17). Oh, amore smisurato, che ci mette in subbuglio e ci decentra. E dall’altra parte prendiamo in considerazione la “condizione” della persona. Teresa, parlando della sua anima, la descrive come “assai spregevole, inutile e piena di infinite miserie”. Però subito si risolleva e mette in luce la bontà di Dio: fortunatamente Lui “non si comporta come gli uomini, perché comprende le nostre debolezze” (V 26, 1). Così l’anima si sente destinataria di questo Dio misericordia. E dire miseri- CITOC | P. 10 cordia, significa dire “un cuore che non ha disgusto della miseria”. La cosa essenziale è perseverare nell’orazione, “per quanti peccati, tentazioni e cadute di ogni genere le frapponga il demonio, il Signore trarrà l’anima al porto di salvezza” (V 8, 4). Per Teresa l’orazione è la porta attraverso la quale si può entrare nel nostro castello interiore (1 M 1, 7). E lì, nel segreto, abita Dio. Ogni persona, secondo Teresa, è “un giardino dell’Eden”, in cui Dio passeggia e trova le sue delizie. L’orazione e il prossimo. Il nostro prossimo è il luogo in cui possiamo avere la prova se realmente siamo persone di preghiera o no. Teresa lo sapeva molto bene: “Dio ci liberi dall’attendere a devozioni stolte!” (V 13, 16). In una casa dove si prega, “le sorelle devono amarsi tutte egualmente, essere amiche di tutte ed aiutarsi a vicenda” (CV 4, 5). “Le gioie terrene sono incerte, anche quelle che sembrano concesse da voi… se non si accompagnano all’amore del prossimo. Chi non lo ama, non vi ama, mio Signore (E II, 2). Questo le diede una grande libertà di spirito, per poter scrivere contro coloro che soffrono di “golosità spirituale”: “Quando vedo delle anime tutte intente a rendersi conto dell’orazione che hanno, e così concentrate (chiuse in se stesse) quando sono in essa da far pensare che rifuggano dal più piccolo movimento e dal distogliere il pensiero per paura di perdere quel po’ di gusto e di devozione che sentono, mi persuado che ancora non conoscono come si arrivi all’unione. Pensano che sia tutto nel far così. No, sorelle mie, no! Il Signore vuole opere. Vuole, ad esempio che non ti curi di perdere quella devozione per consolare un’ammalata a cui vedi di poter essere di sollievo, facendo tua la sua sofferenza, digiunando tu, se occorre, per dare a lei da mangiare” (M 5, 3, 11). La preghiera mi permette di lasciare Dio, per servirlo doppiamente nel prossimo! Lascio Lui per servirlo in miglior modo in un altro combattimento, nel quale è Lui stesso a volermi porre. L’orazione laboratorio della missione. Teresa di Gesù mette in guardia da coloro che vogliono spartirsi i beni della missione prima del tempo, senza avere esperienza alcuna e dice così: “Chi vuole ottenere qualche frutto in questa circostanza, è necessario che abbia virtù ben salde” (V 13, 8). Non è tutto oro ciò che luccica e non è tutto apostolato ciò che si fa. La nostra carmelitana vuole prevenirci dal fare un apostolato effervescente e precipitoso: “comincia, con lodevole zelo, a distribuire i suoi frutti senza misura... e non vede che le virtù non sono ancora ben salde” (V 19,14; 17, 2). “Non deve uscire all’attacco, perché avrà abbastanza da fare per difendersi!” (V 19, 13). Questo è un avvertimento serio per chi vorrebbe iniziare a raccogliere i frutti della contemplazione senza discernimento, trasformando il suo apostolato o la missione che fa in una gratificazione o compensazione di altri vuoti affettivi che sente. Teresa afferma che chi distribuisce, nel suo ministero, “frutti acerbi”, non stagionati nella botte della preghiera, corre il rischio di provocare, in coloro che egli pensa di nutrire, autentiche diarree spirituali! Non bisogna mai lasciare di fare agire Marta e Maria insieme, poiché è l’interiore che opera l’esteriore. “Vero è che con questo sembra che ne venga quasi a scapitare, per il fatto che la sua domanda risente più della vita attiva che della contemplativa; ma qui Marta e Maria van quasi sempre d’accordo, perché l’interiore opera sull’esteriore e su quanto ad esso si riferisce. Le opere esteriori che procedono da questa radice sono fiori ammirabili e profumatissimi. Sbocciando sull’albero del divino amore, perché fatte unicamente per Iddio, senza alcun interesse personale, effondono la loro fragranza in vantaggio di un gran numero di anime, fragranza duratura che si fa sentire per molto tempo e produce grandi effetti” (Pensieri Amore di Dio 7, 3). Conclusione: L’orazione non ha il fine di renderci dei narcisisti spirituali, ma di fare sbocciare in noi opere e virtù: “Vediamo ora come vive, e se la sua vita attuale differisca da quella di prima, potendosi conoscere da questi effetti se realmente abbia ricevuta la grazia di cui si è detto” (7 M 3, 1). Per quanto possa salire in alto, la vera misura sarà data solo dagli effetti che si vedranno nella vita concreta: “Questo è il fine dell’orazione, figliuole mie. A questo tende il matrimonio spirituale: a produrre opere ed opere”(7 M 4, 6). “Infatti, che mi gioverebbe starmene profondamente raccolta in solitudine, occupata in atti virtuosi innanzi a Dio, proponendo e promettendo di far meraviglie in suo servizio, se poi, uscendo di là, facessi, al presentarsi di un’occasione, tutto il contrario di come ho promesso?” (7M 4, 7). “Figlie mie, questo è essere veramente spirituali” (7M 4, 8). CITOC | P. 11 GLI ESERCIZI SPIRITUALI AL PAPA E ALLA CURIA ESERCIZI SPIRITUALI AL PAPA E ALLA CURIA ROMANA P. Bruno Secondin, O.Carm. Non potevo dire di no al Papa. Era per me una grande sfida, anche un onore per l’Ordine. Dovevo sintonizzarmi con il linguaggio e le prospettive del Papa, in modo da aiutarlo nel suo stile di guida della Chiesa. Mi sono consultato con chi aveva fatto prima di me questa esperienza: mi ha dato buoni consigli e più serenità. Tema e metodo S “ ono Papa Francesco, vorrei chiederle un grande favore: predicare gli Esercizi spirituali a me e alla Curia romana”. “Ma, Santo Padre, io sono un peccatore...”. “Lo siamo anche noi, tutti...”. “Mi lasci discernere qualche giorno...”. “Va bene, però aspetto un sì...”. “Fra qualche giorno rispondo. Intanto preghi per me...”. Sentire direttamente la voce di Papa Francesco, la mattina del 2 dicembre 2014, mi ha colto di sorpresa. Ho chiesto qualche giorno di discernimento: non si trattava di una cosa facile. Infine ho accettato, ma mi spaventava l’idea. All’inizio ho pensato, come carmelitano, di presentare il cammino spirituale, nella prospettiva di Teresa d’Avila. Sarebbe stato un bell’omaggio per il centenario della sua nascita. In alternativa forse proporre una lettura sapienziale del Vangelo di Marco, che conosco bene. Alla fine ho optato per una figura biblica che incarnasse molti problemi e prospettive di Papa Francesco. Ho scelto la figura biblica del profeta Elia: egli non ha scritto nulla, ha parlato poco, ma le “scene” della sua vita assomigliano a tanti problemi e situazioni nostre. La solitudine amara, la ricerca di senso nella vita, il fondamentalismo fanatico, il dialogo interreligioso, il fallimento personale, la solidarietà, la strumentalizzazione atea di Dio, l’intercessione solidale, la difesa del povero oppresso, la sofferenza assurda, l’esperienza sconcertante di Dio ecc. Anche la sua geografia esprime qualcosa di eccezionale: egli è sempre in uscita verso le frontiere (anche lontane: come Sarepta e il Monte Horeb), fino alla fine, quando sparisce nell’invisibilità e nel fuoco oltre il Giordano. Ho pensato che questa icona biblica aiutava di più il Papa e la sua strategia ecclesiale. CITOC | P. 12 Ho seguito il metodo della lectio divina, di cui ho abbastanza esperienza, però non con una lectio continua. Ho scelto un tracciato spirituale classico: dall’esteriorità all’interiorità, dalla purificazione degli idoli vani alla fede vera, per scoprire un volto nuovo di Dio e imparare i cammini di solidarietà, di giustizia e di intercessione. Non ho voluto citare i grandi commentari e neppure fare riferimenti alla letteratura carmelitana. Ma sono stato fedele al testo biblico, con serietà esegetica e intuizione spirituale, proponendo con forza e domande pungenti i cammini di coerente incarnazione della verità biblica. Sei giorni di fuoco Cambiando una lunga abitudine, il luogo degli Esercizi non è stato in Vaticano, ma in una casa di spiritualità - la Casa Divin Maestro, 30 km. da Roma (Ariccia) - isolata nel verde, facile da proteggere, con un bel panorama sul lago di Albano. E fino là sono andati gli ottanta partecipanti in pullman, dal papa ai cardinali e ai vescovi dei vari dicasteri romani: dalla domenica 22 febbraio al venerdì 27. Il ritmo delle meditazioni e della preghiera non era pesante: Lodi al mattino (7,30), due Meditazioni, alle 9,30 e alle 16,00. A fine mattinata la Messa con qualche canto, ma senza omelia. A sera Adorazione eucaristica e poi i Vespri. Il clima generale era di silenzio completo, anche a refettorio. A pranzo e a cena per 10 minuti si leggeva un testo di Sant’Ambrogio: il commento alla vicenda di Nabot (cf. 1Re, 21), un testo audace e interessante. Nelle meditazioni ho sempre cercato di richiamare le letture del Breviario e della Messa, perché tutto si collegasse armonicamente, quasi una sinfonia di pensieri e testi. Le meditazioni duravano 35/40 minuti, poi ciascuno si ritirava in camera, oppure restava in cappella. Ogni partecipante ha trovato in camera la riproduzione di una bella icona russa di Elia profeta (XIX sec.) con gli episodi principali, e un dépliant (nella propria lingua) per fare bene la lectio divina. Un’impressione generale Un’esperienza per me del tutto eccezionale: per gli uditori, per la loro funzione ecclesiale, per la forza con cui in certi momenti mi sono sentito di dover dire la verità su certe “malattie curiali”. Ho aiutato ad applicare alla vita quanto emergeva dall’esegesi e dalla lettura spirituale: domande dirette, audaci, provocatorie, perché «la Parola di Dio è viva, efficace, tagliente... discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (cf. Ebr 4,13). Mi è stato detto (sottovoce, da amici...): «È questo che il Papa voleva!». Chi mi conosce sa che non mi manca parresia... Alla fine Papa Francesco mi ha scritto una bellissima lettera di ringraziamento, per niente formale, dove elogia e apprezza il metodo e lo stile delle meditazioni. In italiano è già stato pubblicato il libro con i testi delle meditazioni. Titolo: Profeti del Dio vivente. In cammino con Elia, Ed. Messaggero/Lev, Padova/Vaticano 2015. CITOC | P. 13 FUSIONE dell’Istituto delle Suore Carmelitane delle Grazie con l’Istituto delle Suore di Nostra Signora del Carmelo Sr. M. Angelisa Spirandelli, O.Carm. È con somma gioia, ma anche con trepidazione, che noi Suore dell’Istituto di Nostra Signora del Carmelo abbiamo accolto il Decreto consegnatoci in data 5 dicembre 2015 dalla Santa Sede sulla fusione della Congregazione delle Suore Carmelitane delle Grazie di Bologna con il nostro Istituto. Da tempo le due Congregazioni avevano rapporti improntati a cordiale amicizia e sincera fraternità. Il Capitolo Generale del 2007 prese in considerazione la richiesta di collaborazione che fece Madre Paolina Del Vecchio, allora Superiora Generale delle Carmelitane delle Grazie, al nostro Istituto; richiesta che fu accolta, con votazione segreta, dai membri del Capitolo. L’anno successivo, il 13 settembre 2008, tre nostre Consorelle si recavano a Bologna, in via Saragozza, per iniziare il loro servizio di collaborazione fraterna con le Sorelle delle Grazie. La loro presenza ha potuto garantire la continuità della Scuola dell’Infanzia e offrire un concreto aiuto alle Sorelle anziane, alcune ammalate e inferme. Entrammo pertanto in un processo di conoscenza reciproca, di collaborazione e di discernimento. È stato un lungo percorso, a volte sofferto da ambo le parti, ma le differenze che sono emerse lungo il cammino sono state uno stimolo per approfondire la nostra ricerca: conoscere ciò che ci univa e ciò che ci distingueva. Per quasi quattro anni, fino al 30 giugno 2012, le nostre Consorelle, residenti a Bologna, hanno vissuto giorni sereni, improntati sulla semplicità, umiltà, fiducia reciproca, aperte all’azione dello Spirito. Detto processo di conoscenza si è interrotto per ragioni contingenti, specie di ordine pratico e amministrativo, causando un certo disagio e un evidente dispiacere in alcune Sorelle. Viste e considerate le notevoli difficoltà a proseguire, si è pensato di ritirare le Suore da Bologna finché non si fosse provveduto a regolarizzare tutta la documentazione richiesta per una possibile intesa. Non eravamo ancora pronte per operare determinati cambiamenti nonostante il prezioso contributo di P. Carlo Cicconetti, giurista carmelitano, che aveva tracciato con saggezza, chiarezza e ragionevolezza l’iter da percorrere. La comunità delle Grazie aveva già fatto una consultazione di tutti i membri se accettare o meno la fusione; il consenso era stato unanime. CITOC | P. 14 Passò un anno, quasi spenti desideri e speranze, e i rapporti completamente interrotti. Nel maggio dell’anno successivo, e cioè nel 2013, la Congregazione per gli Istituti di vita Consacrata e le Società di vita Apostolica, inaspettatamente, ci chiamava per riprendere il discorso interrotto nominando tra noi, nelle persona della Superiora Generale, un Commissario Pontificio con il compito di riprendere il cammino in vista dell’auspicata fusione seguendo la prassi canonica prevista. delle religiose, la mancanza di candidate da diversi anni, l’età avanzata della maggior parte dei membri (cfr PC,21). L’Istituto delle Suore di Nostra Signora del Carmelo e quello delle Carmelitane delle Grazie non differiscono molto nello spirito e nelle finalità. Di questi aspetti fondamentali ha tenuto certamente conto la Santa Sede; infatti, ambedue le Fondatrici, la Beata Maria Teresa Scrilli e Madre Maria Maddalena Mazzoni hanno attinto la loro spiritualità da Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Raccolta tutta la documentazione richiesta dalla Santa Sede, compreso il voto favorevole e unanime di tutte le religiose della comunità delle Grazie, la Congregazione per gli Istituti di vita Consacrata e le Società di vita Apostolica, in conformità al canone 582, emanò il Decreto di fusione dei due Istituti. Era il 21 novembre 2014, memoria della Presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria. Uno dei principali motivi che ha spinto la Congregazione a tale scelta è stata la richiesta di postulazione della Superiora Generale; richiesta che il Dicastero non ha potuto accogliere a motivo dell’età avanzata della religiosa. Non solo, ma anche il numero esiguo A coronamento di tutto, il 13 dicembre abbiamo avuto la gioia della visita a Bologna del Padre Generale, P. Fernando Millán Romeral, e di P. Mario Alfarano, Delegato per gli Istituti Aggregati, che hanno celebrato una Santa Messa di ringraziamento allo Spirito Santo per l’iter La strada percorsa per arrivare alla fusione è passata per diverse tappe: chiamata, ricerca, conoscenza, discernimento, decisione, accoglienza. Tale processo richiedeva anche un certo investimento di energie, di tempo, di spese economiche. Ora tutto è stato ricambiato dalla gioia di aver raggiunto il traguardo. compiuto. È stato un momento davvero commovente fino alle lacrime, ma anche di dolore, è comprensibile! P. Fernando ha avuto parole di apprezzamento e di incoraggiamento a proseguire il cammino sorrette dalla fede nelle volontà di Dio ed ha consegnato a ciascuna Consorella delle Grazie le nostre Costituzioni e la nuda croce, segni distintivi delle Suore dell’Istituto di Nostra Signora del Carmelo. Alla commovente cerimonia erano presenti il priore dei frati di Bologna e numerose Sorelle dell’Istituto di N.S. del Carmelo provenienti dalle comunità della Toscana. Ora il Signore ci aiuterà a trovare in modo creativo i mezzi che ci permetteranno di rendere la fusione una realtà e di raggiungere, con senso di responsabilità, gli obiettivi che ci siamo proposte. Poniamo la nostra fiducia e la nostra speranza nel Signore, nelle nostre Fondatrici e nelle Sorelle che ci hanno precedute. Ci sostenga la Vergine del Carmelo nell’impegno quotidiano di sequela così da fare delle nostre comunità splendide testimonianze d’amore, secondo l’invito di San Paolo: “Abbiate una condotta degna della vocazione a cui siete stati chiamati” (Ef 4,1). CITOC | P. 15 Le monache in Asia P. Mario Alfarano, O.Carm. Le monache di monastero di Tanay, Filippine A ll’inizio di questo nuovo anno sono stato per un mese in visita ai monasteri dell’Asia. Il mio viaggio è iniziato nelle Filippine dove il Priore Provinciale, P. Christian Buenafe, prima e l’Assistente della Federazione delle monache, P. Marlon Lacao, poi mi hanno accompagnato da un’isola all’altra per incontrare le nove comunità di questo paese che formano la Federazione Stella Maris. La prima tappa è stata a Roxas City dove le dodici monache che vi abitano avevano appena celebrato i 25 anni di fondazione. Attorno al monastero vi è una grande area verde con un boschetto sopra una collina da dove si gode un meraviglioso panorama. Si possono ancora notare le tracce del passaggio del tifone Yolanda che un paio d’anni fa ha colpito tremendamente la zona, ma ha risparmiato, in modo sorprendente, il monastero. Durante quella calamità la gente ha trovato rifugio nel recinto del monastero e le monache hanno provveduto a dare loro del cibo. Accanto alla pista dell’aeroporto di Dumaguete si trova il Monastero di “Nuestra Señora de las Maravillas y San José”. Grazie a Dio vi sono solo due voli al giorno! Questo è il primo monastero fondato nelle Filippine nel 1958 da quello di Madrid, di cui ha preso il nome. La fondatrice, Sr. Trinidad, è morta in concetto di santità e sono numerosi i fedeli che vanno sulla sua tomba a pregare. Attualmente la comunità è formata da 12 sorelle, di cui una di voti temporanei e una postulante. Il monastero di Dumaguete ha dato vita a quello di Roxas e sei anni fa alla fondazione di Lila. Ho raggiunto in traghetto, con numerosi turisti, la bella isola dove si trova Lila. L’edificio, ancora in costruzione, si trova su una collina da dove si può vedere il mare. Le monache vivono in un’area abbastanza povera, ma la gente si è già affezionata a loro e non manca di offrire a questa piccola comunità, formata da cinque monache e una novizia, i prodotti dei loro campi. A pochi chilometri da Manila si trova il monastero di Guiguinto, accanto al seminario diocesano, dove si trovano 22 monache, di cui una di voti temporanei e una novizia. Il monastero fu fondato nel 1966 dalle monache di Siviglia, otto anni dopo quello di Dumaguete. In questi monasteri vi sono ancora 5 monache dei due gruppi fondatori venuti dalla Spagna. Bisogna essere grati a queste sorelle spagnole che, come pioniere, fecero allora un lungo viaggio per portare la presenza della vita contemplativa carmelitana in questo paese. Negli anni Guiguinto ha dato vita ad altri quattro Carmeli: Cabanatuan, Burgos, Tarlac e ha partecipato alla fondazione di Tanay; attualmente sta pianificando una nuova fondazione CITOC | P. 16 fuori dalle Filippine. Cabanatuan dista poco da Guiguinto: qui si trovano 18 monache, di cui una di voti temporanei, una novizia e tre postulanti. Difronte al monastero si trova il palazzo del vescovo e poco distante la cattedrale. Si può dire che si trova proprio nel cuore della diocesi! Sei anni fa ha dato vita a una nuova fondazione a Maramag, in una zona abbastanza remota e pericolosa dell’isola di Mindanao. Per raggiungerla abbiamo dovuto attraversare alcuni posti di blocco a causa dei ribelli antigovernativi che operano nel territorio. Qualche giorno prima della mia visita c’era stato un attacco terroristico con diverse vittime tra i militari. A Maramag vi è una piccola comunità di sei monache, di cui 2 di voti temporanei e una postulante. L’edificio è in costruzione e attualmente le monache vivono in una casa di bambù, come le tipiche case della zona, che hanno adattato a monastero con tanto di parlatorio e grate di bambù. Appena arrivato a Burgos sono stato circondato da ben 33 monache. Uno spettacolo! Di loro 7 sono di voti temporanei, 8 novizie, per sei delle quali ho avuto la gioia di presiedere il rito di inizio del noviziato, e 7 postulanti. Qui risiede la Madre Federale, Sr. Elena Tolentino. La comunità sta preparando due fondazioni in Vietnam che dovrebbero realizzarsi entro 5 anni. Già vi sono in monastero 14 vietnamite appartenenti a due gruppi distinti. Circa a metà strada tra il monastero di Cabanatuan e quello di Burgos, si trova il monastero di Santa Ignacia, con 14 monache, di cui 2 novizie e 4 postulanti. La comunità sta programmando una nuova fondazione in un altro paese dell’Asia. Ora è impegnata nell’ultimazione della costru- zione del monastero. La chiesa, molto grande, è già terminata e dal coro monastico si sente il canto molto curato delle monache. Un mese prima della fondazione di Santa Ignacia ad opera di Guiguinto, a novembre del 2001 la federazione filippina ha stabilito una nuova presenza contemplativa a Tanay dove oggi vi sono 14 monache, di cui 2 professe temporanee e due novizie. In questa comunità si è svolta alla fine di febbraio l’assemblea federale alla quale ho partecipato nei primi due giorni. Durante l’assemblea è cui una di voti temporanei. Nel 1993 hanno realizzato una nuova fondazione a Palangka Raya dove vivono 4 monache. Questa piccola comunità si trova in un’isola dell’Indonesia dove la presenza di cattolici è minima, mentre, oltre alla stragrande maggioranza di musulmani, vi è un consistente numero di protestanti. Il monastero è un vero luogo di incontro di persone di diverse fedi: i protestanti vengono ospitati nella chiesa delle monache per le loro liturgie, mentre i musulmani si recano in pellegrinaggio alla statua della Madre di Gesù che le monache hanno collocato in P. Mario Alfarano, Delegato Generale per le Monache ha visitato il Monastero di Batu, Indonesia stata riconfermata la Federale, Sr. Elena, mentre il consiglio è stato rinnovato. cima ad una collina al termine della Via Crucis. Dalle Filippine mi sono spostato in Indonesia per visitare i due monasteri di Batu e di Palangka Raya in compagnia del Vice Provinciale, P. Dionysius Kosasih, e del Delegato per le monache, P. Eligio Ipong Suponidhi. La presenza delle monache in questo paese si deve a un gruppo proveniente dall’Olanda e dalla Germania che si stabilì a Batu nel 1962. Di loro solo una monaca tedesca è ancora in vita. Oggi la comunità è formata da 16 monache di La mia visita a tutti i monasteri delle monache carmelitane nelle Filippine e in Indonesia è stata un’esperienza di comunione, di preghiera e di grande speranza. Ringraziamo il Signore perché molte giovani in Asia sono generose nel rispondere alla chiamata di Dio, che le invita ad abbracciare la vita contemplativa nel Carmelo. Questo è un dono grandissimo, perché nei loro monasteri esse vivono la missione di pregare incessantemente per il nostro Ordine, per la Chiesa e il mondo intero. CITOC | P. 17 Monsignor Romero e la Vergine del Carmelo P. Fernando Millán Romeral, O.Carm. L o scorso 23 maggio è stata celebrata a San Salvador la beatificazione di Monsignor Romero, un avvenimento che ha riempito tutti noi di gioia. Si tratta senza dubbio di un evento molto significativo per la Chiesa di El Salvador, in America Latina e nel mondo intero. Per noi carmelitani, in particolare, questa è una soddisfazione del tutto speciale, perché Monsignor Romero aveva una grande devozione per la Vergine del Carmelo e ha portato fino alla morte il santo Scapolare. E non è privo di significato il fatto che, quando venne colpito da un franco tiratore mentre celebrava la Messa nella cappella del cosiddetto “ospedalino”, Romero cadde morto quasi ai piedi dell’immagine della Vergine del Carmine. L’Arcivescovo di San Salvador aveva abitato in grande semplicità in quell’ospedale, in cui facevano servizio le Carmelitane Missionarie di Santa Teresa (una congregazione per la quale nutro un affetto tutto particolare per diverse ragioni, che ora non è il caso di dire); fu qui che Romero portò a compimento il suo pellegrinaggio terreno. Forse la miglior testimonianza della devozione mariana di Monsignor Romero ci è data dalle sue omelie e, fra esse, sicuramente ce ne sono tre che, in misura più o meno grande, fanno riferimento alla Vergine del Carmelo e allo Scapolare. È risaputo che nel suo intento di raggiungere il maggior numero di persone possibile (e specialmente la gente più semplice), l’Arcivescovo faceva trasmettere le sue omelie sulla Radio diocesana YSAX. Le tre omelie a cui mi riferisco risalgono alla festa del Carmine o alla sua vigilia degli anni 1977, 1978 e 1979. Nella prima di esse (un vero gioiello), l’Arcivescovo sottolinea come la chiesa salvadoregna stesse vivendo un momento drammatico di persecuzione e repressione e – come fece Simone Stock nel XIII secolo – anch’egli si rivolge a Maria sotto il titolo tanto popolare di Vergine del Carmine. Romero non nasconde la sua tenera devozione per Maria: “In questa ora, nella quale la Chiesa salvadoregna si rinnova e proprio grazie alla persecuzione, quanto è dolce incontrare gli sguardi della Vergine, sguardi che esprimono approvazione, sguardi che consolano, sguardi che vengono dal cuore”. In seguito Romero insiste sul fatto che la promessa della Vergine a San Simone è ancora valida, sebbene abbia bisogno di essere reinterpretata in due sensi diversi. Prima di tutto, la promessa che la Vergine offre non si riferisce solo alla salvezza dopo la morte, ma riguarda anche il presente, la storia, le realtà terrene: “Il santo Scapolare è un messaggio per la vita eterna, che ci apre lo sguardo alla escatologia, verso ciò che ci aspetta al di là; ma è anche un messaggio che riguarda la vita di quaggiù”. È ovvio, e Romero lo sottolinea in più occasioni, che questa salvezza terrena di cui parliamo, non potrà mai essere piena, completa. La Chiesa desidera migliorare il mondo presente, ma è ben cosciente che non si potrà mai arrivare alla perfezione su questa terra, perché tale perfezione trascende le realtà umane. Ma è ugualmente vero che nemmeno una salvezza individualista, del “salvare la mia anima”, una salvezza spiritualista e chiusa solo nell’al di là, corrisponde alla verità del messaggio cristiano. Già qui bisogna iniziare a lavorare per la salvezza: ed è quanto anticamente si intendeva dicendo che bisogna portare lo Scapolare con tutte le conseguenze che questa scelta suppone (una vita virtuosa, accompagnata da una vera pietà sacramentale e dalla fedeltà ai propri doveri temporali, ecc.). In secondo luogo la salvezza che si intende oggi (e Romero appartiene già all’epoca del dopo Concilio) è una salvezza integrale, che riguarda tutta la persona (anima, corpo, cuore, intelligenza, volontà…). Inoltre Romero sottolinea che anche l’aspetto della dimensione sociale della salvezza è incluso. E concludeva questa omelia chiedendo che tutti i “carmelitani”, CITOC | P. 18 e cioè tutti coloro che portano o ricevono lo Scapolare, siano fedeli discepoli del Vangelo e che la Vergine del Carmelo trasformi i cuori di quanti ostacolano la costruzione di una società più giusta e fraterna. Romero, però, non considera queste persone come nemici; anzi, li invita a unirsi a tutti gli altri per lavorare insieme e insieme migliorare la società. Nell’omelia del 1978 Monsignor Romero fa un’analisi molto critica della situazione che il paese stava attraversando e denuncia senza mezzi termini la repressione in atto in alcune zone (i famosi “cateos” o mandati di perquisizione illegali nelle case). Davanti a un tale panorama, il pastore deve annunciare la Parola di Dio senza ambiguità e compromessi. In apertura e al termine della sua omelia, Romero fa riferimento alla Vergine del Carmelo, della quale si stava celebrando la festa. Si tratta di due riferimenti molto belli nei quali egli parla di Maria che “sotto il titolo del Carmelo è la grande missionaria del popolo” e ricorda “l’affetto della gente comune, dei religiosi e dei sacerdoti verso Nostra Signora del Carmine”. Poi, quasi fosse il sospiro di un cuore preoccupato, esclama: “Come non pensare a Lei, quando l’intero nostro popolo la guarda con speranza…?”. Un anno più tardi, nel 1979, nella sua omelia radio trasmessa, l’Arcivescovo di San Salvador tratta del tema del profetismo, approfittando, però, di diversi punti, per ricordare la festa del Carmine. Usando parole molto dirette, mette in guardia contro una devozione mariana vuota, che consista solamente nell’abitudine di portare al collo lo Scapolare. Ringrazia i diversi gruppi e congregazioni carmelitane dell’Arcidiocesi per il loro lavoro di apostolato e auspica che questa devozione sia strumento di liberazione e seme di evangelizzazione, poiché Maria stessa è apostola e sempre annuncia la buona notizia del Vangelo. In definitiva le tre omelie, delle quali abbiamo sottolineato solo l’aspetto carmelitano, sono una testimonianza dell’atteggiamento profetico e pastorale di Monsignor Romero. Molti sono i temi che si potrebbero approfondire in modo più dettagliato, inclusa un’analisi teologica molto profonda, ma in questa sede preferisco limitarmi solamente a un aspetto che mi ha sempre molto colpito e che spero, un giorno, di poter ulteriormente approfondire: si tratta dell’atteggiamento che Romero aveva nei confronti della religiosità e pietà popolare. Senza soffermarci sulle possibili connessioni col documento di Aparecida e con il magistero di Papa Francesco, possiamo affer- mare che Romero mostri un atteggiamento molto bello dal punto di vista pastorale. Da una parte egli critica senza mezzi termini una pietà popolare fondata sugli aspetti sensibili, passeggeri, esteriori e folcloristici, secondo la dottrina già espressa dal Concilio Vaticano II: “La vera devozione non consiste né in un sentimentalismo sterile e passeggero, né in una certa qual vana credulità” (LG 67). Se, poi, uniamo a ciò anche altre problematiche, come quelle del sincretismo religioso, della superstizione, delle deviazioni dottrinali e morali, giungiamo facilmente alla conclusione che diventa necessario purificare, o ancor meglio, evangelizzare, la religiosità popolare. Allo stesso tempo, però, Romero riconosce con gioia che anche la pietà popolare ci evangelizza e che proprio attraverso di essa il popolo, la gente umile, rende manifeste in modo semplice (come, per es., attraverso lo Scapolare) le grandi verità e la speranza nascoste nella nostra fede. Ciò che è ancora più importante è che Romero, come buon pastore, si rende conto che questa pietà popolare non deve essere disprezzata o ignorata, ma piuttosto deve essere bene utilizzata come piattaforma privilegiata di evangelizzazione e come luogo di umanizzazione. Per questo, nel luglio 1977, il nostro Monsignore affermava: “Non esiste una predicatrice più affascinante della Vergine del Carmelo in mezzo al nostro popolo”. E l’anno dopo dice così: “Oggi, 16 luglio, il nostro popolo sente che, sotto questo titolo del Carmelo, Maria è la grande missionaria della gente semplice…!”. Speriamo davvero che noi Carmelitani sappiamo imitare questo stile pastorale, popolare, semplice e profetico! In varie occasioni ho visitato El Salvador e alcuni fa ho avito la fortuna di celebrare l’Eucaristia davanti alla tomba di Monsignor Romero. Era il 2 novembre e non potei fare a meno di ricordare l’immagine tanto popolare della Vergine del Carmelo che, con lo Scapolare tra le mani, libera le anime del Purgatorio. Mi ricordai dell’omelia di Romero, piena di sapienza. Possa egli, dal cielo, aiutare tutti noi, che ci onoriamo del nome di carmelitani, a continuare il nostro apostolato di liberazione nei confronti dei nostri fratelli che hanno bisogno di uscire da tanti purgatori, aiutandoli a indirizzare la loro vita verso quella salvezza piena di cui parlava Romero. CITOC | P. 19 Seconda assemblea del TOC di Australia-Oceania-Asia TAGAYTAY CITY, FILIPPINE - 18-22 MARZO 2015 Johannes Sugianto, TOC. D urante l’ultimo Congresso Internazionale tenutosi a Roma, in Italia, nel 2012, l’allora Consigliere Generale per l’Asia-Australia-Oceania, P. Albertus Herwanta, O.Carm., ha tenuto una riunione informale tra i rappresentanti di Australia, Filippine e Indonesia il cui risultato è stato il primo incontro del TOC che ha avuto luogo a Malang, Indonesia, nel mese di luglio 2013. Nel corso di quella riunione, si è convenuto che tale incontro si debba tenere con un intervallo di ogni due anni e che il prossimo si sarebbe svolto nelle Filippine. Dal 18 al 22 Marzo 2015, il TOC delle Filippine ha ospitato il secondo incontro dal tema: “Vivere la Via del Carmelo nella Nuova Evangelizzazione”. L’incontro si è tenuto presso il Centro di Spiritualità delle Suore Carmelitane Missionarie di Tagaytay City, e circa 130 partecipanti sono intervenuti in rappresentanza dell’Australia, delle Filippine e dell’Indonesia, insieme con una rappresentante della Famiglia Missionaria Donum Dei da Manila. Ciò che ha reso questo incontro speciale è stata la partecipazione di P. Raúl Maraví, O.Carm., Delegato Generale per il Laicato Carmelitano, P. Joseph Hung, O.Carm., Webmaster dell’Ordine, nonché membro della Commissione Generale per i Laici, la signora Normie Lacanilao dalle Filippine, che è anche membro di tale Commissione Generale, e P. Benny Phang, O.Carm., Consigliere Generale per l’Asia-Australia Oceania. Oltre a questi importanti rappresentanti arrivati da Roma, erano presenti P. Christian B. Buenafe, O.Carm., Priore Provinciale delle Filippine, e P. Bal Ronato, O.Carm., Delegato Provinciale per il Laicato Carmelitano nelle Filippine. Dopo il saluto di Ruel Santos, TOCarm, priore Nazionale del TOC delle Filippine, anche P. Raúl Maraví, P. Joseph Hung e P. Benny Phang hanno rivolto un saluto all’assemblea. Si sono susseguite durante l’incontro tre grandi relazioni, seguite poi da discussioni di gruppo e condivisioni. La prima è stata presentata da P. Christian B. Buenafe, che ha avuto come tema: “Il carmelitano Servo e Maestro ad immagine del Buon Pastore [Verso una spiritualità e il ministero della Leadership nelle Comunità del TOC]”, questo argomento è stato suggerito dal nostro Delegato Generale, P. Raul Maravi. Il discorso è stato suddiviso in 4 parti: • • • • Introduzione La spiritualità della Leadership Il Ministero della Leadership cristiana Il Servo carmelitano - Leadership nella comunità del TOC • Sfide e prospettive per le comunità del TOC oggi nell’Australia-Oceania-Asia. viviamo nel 2015 e ci offre un modello per una nuova evangelizzazione. Come Carmelitani siamo chiamati ad evangelizzare mediante la predicazione, il lavoro della missione, i ritiri, la lettura, la meditazione della Scrittura, i seminari ed anche attraverso le manifestazioni di piazza: tutti questi sono modi buoni per evangelizzare e diffondere il Vangelo. Ogni aspetto era riferito al contesto carmelitano regionale e alla realtà dell’Asia-Australia Oceania. Quattro grandi sfide sono state approfondite e meditate circa il ruolo del responsabile: Nel suo discorso ha infine citato Papa Francesco riguardo l’elemento più importante della nuova evangelizzazione: l’attrazione. Così si è espressa: “Questa parola ti fa sorridere? Pensa alle cose che del Carmelo ti hanno affascinato. La prima cosa che ho sempre trovato interessante nel Carmelo sono state le persone. Sono stato attratta dal modo in cui riflettevano sul discernimento. Sono • Il Servo, oltre ad essere un leader, deve essere un ascoltatore saggio e intelligente • Un Servo-maestro è un iniziatore creativo e un facilitatore dell’animazione • Un Servo-maestro è deciso, fermo e determinato • Un Servo-maestro è fedele e umile, costruisce e unisce una comunità sull’amore e sulla speranza. Il secondo giorno la relazione è stata presentata da Christine Wade, TOCarm., Australia, che ora è la responsabile dei Laici Carmelitani dell’Australia e Nuova Zelanda. A tal proposito, è interessante sottolineare che in Nuova Zelanda c’è una comunità nascente di una dozzina di persone che sono state rappresentate da Gwenda. In Australia ci sono circa 150 laici carmelitani, che appartengono a più di 10 comunità. Alcuni di loro vivono lontano dalle loro comunità più vicine o non possono partecipare alle riunioni a causa delle loro condizioni di salute o di altri motivi. Christine ha presentato il tema: “Vivere la via del Carmelo nella Nuova Evangelizzazione”. Ha iniziato col descrivere e definire la parola “evangelizzare” e la domanda era: “Come possiamo, da laici carmelitani, in questo nuovo mondo, presentare il Vangelo di Gesù Cristo con i nostri valori carmelitani nel XXI secolo?”. Ha quindi cercato di dare una risposta legando la domanda alla Regola di S. Alberto: • Scegliete un Priore • Non abbiate beni, ma condividete tutto in comune • Costruite un oratorio in mezzo alle vostre celle • Osservate il digiuno tutti i giorni tranne la Domenica Ha sottolineato inoltre che la Regola di S. Alberto, scritta agli eremiti che vivevano su una montagna, è ancora valida per noi che stato attratta dal modo in cui si affrontavano le questioni aperte, si spezzava la Parola di Dio, si condivideva la vita nella fiducia e nell’amore. Sono stata attratta dal modo in cui gentilmente si affiancavano alla vita dell’altro offrendo un aiuto o una festa senza essere invadenti. Sono stata attratta dalla loro generosità con cui condividevano il proprio tempo e talento. Sono stata attratta dal loro amore per la Scrittura. Sono stata attratta dal loro amore per il silenzio. Ma più di tutto sono stata attratta dal modo in cui mi hanno accolto. Nel sentirmi accolta, ho capito che c’era uno spazio per me e la mia interiorità nel cammino faticoso verso il mio processo di trasformazione. Tutte queste cose continuano ad essere molto importanti per me. Cosa ti ha attratto? Cosa continua ad attirarti? “ Christine ha concluso il suo discorso affermando che il modo migliore per i Carmelitani di evangelizzare questo nuovo mondo, è quello di vivere fedelmente la nostra vita in Ossequio di Gesù Cristo. Yoanita Laksmi Budi Lestari, TOCarm, (Mieke) ha presentato la terza relazione. È indonesiana e attualmente è presidente della comunità Flos Carmeli, nella parrocchia carmelitana dell’Arcidiocesi di Jakarta. Lei ha continua a pagina 23 CITOC | P. 21 I CARMELITANI IN EL SALVADOR: LA TERRA DI OSCAR ROMERO P. Alfredo Guillén, O.Carm. Con l’arrivo degli europei è giunta anche la devozione alla Madonna del Carmine e allo scapolare. La devozione alla Vergine del Carmelo è una delle più presenti nel cattolicesimo popolare di queste terre, così come quella allo scapolare, che costituisce uno degli ornamenti del vestito tipico nelle danze tradizionali del Salvador. Esistono molte giurisdizioni politiche e parrocchiali sotto il titolo del Carmine, è uno dei nomi di donna e di uomo più popolari. L’immagine della Vergine del Carmelo si può trovare nella maggioranza dei templi, cappelle ed eremitaggi. Monsignor Romero, la cui beatificazione è stata celebrata lo scorso mese di maggio, fu un fervente devoto della Madonna: una delle reliquie che si conservano di lui è lo scapolare imbevuto del suo sangue. Così pure si conservano tre omelie del suo magistero di arcivescovo nelle quali sviluppò il suo messaggio profetico partendo dalla sua tenera e pia devozione alla Vergine del Carmelo. In questo paesaggio già carmelitano si è fatto presente il nostro Ordine attraverso la figura profe- tica del P. Peter Hinde, O.Carm., della Provincia del Purissimo Cuore di Maria, degli Stati Uniti, negli anni ’70 del secolo scorso. Peter prese contatto con questa realtà in maniera solidale per mezzo delle Comunità Ecclesiali di Base e dei movimenti popolari. Diventò parroco per un breve tempo di una parrocchia salvadoregna. Negli anni ottanta iniziò ad invitare delegazioni di frati carmelitani della sua Provincia; tra di loro venne un giovane studente, David Blanchard, O.Carm., il quale, dopo l’ordinazione, si stabilì in questo piccolo paese centroamericano. Dal 1992 ha lavorato come parroco in una zona semi urbana del nord dell’arcidiocesi di San Salvador. Nel 2007, cercando opportunità di formazione per i giovani Carmelitani di origine ispanica, la Provincia del PCM decise di fondare una casa di formazione e perciò inviò i primi due professi per studiare nel Centro “Oscar Romero” dell’Università Gesuita (UCA), ispirata e creata da Jon Sobrino e da un gruppo di insegnanti della Compagnia di Gesù. Nello stesso tempo il gruppo poté approfittare della magnifica struttura ed esperienza pastorale del P. Blanchard, il quale inoltre assunse in quel momento la responsabilità come Formatore Carmelitano. Nel 2008 la comunità formativa crebbe a sei professi semplici e l’anno seguente aumentò a nove con l’arrivo di tre frati peruviani. Nel 2010, il P. Thomas Jordan, O.Carm., statunitense, ed il P. Adolfo Medrano, O.Carm., peruviano, assunsero la responsabilità della formazione, mentre il P. David continuò ad essere parroco della parrocchia di “Nostra Signora di Lourdes”. Attualmente, con l’aiuto di Dio, l’appoggio della Provincia e il lavoro di P. Alfredo Guillén, O.Carm., stiamo crescendo numericamente e la presenza carmelitana nel Salvador conta ormai tre sacerdoti, sei professi semplici, tre novizi e nove postulanti. Recentemente abbiamo elaborato un piano strategico per cinque anni e a poco a poco stiamo prevedendo fino a dove vogliamo svilupparci come comunità in mezzo a questo popolo così ricco di testimonianza dei suoi martiri e di una Chiesa viva nella sua azione evangelizzatrice. CITOC | P. 22 Viviamo inseriti in un ambiente rurale di un paese sprofondato nella povertà en nella violenza giovanile, ma comprendiamo che qui è dove Dio ci ha piantato per costruire il Carmelo che portiamo dentro di noi e che vuole essere speranza e vita in questo anti-regno di morte e violenza. In questo paese e in questa regione del Centroamerica dove settanta persone su cento affermano di voler emigrare verso il nord del continente. Il Vescovo Oscar Romero è stato beatificato lo scorso mese di maggio 2015 e con questa celebrazione l’autorità ecclesiale riconosce che non ci siamo sbagliati, che stiamo seguendo le orme di Gesù Nazareno, annunciando, secondo la nostra tradizione carmelitana, che il Regno è vicino, che non è volontà di Dio tanta povertà ed emarginazione. Siamo un Carmelo giovane che si ispira alla testimonianza non solo dei nostri santi ma che si fa più forte nella testimonianza dei martiri di questa terra, nelle persone impoverite della nostra parrocchia e del quartiere che in mezzo alle sue carenze materiali ci evangelizzano e che incoraggiano i nostri giovani in formazione ad impegnarsi dal Carmelo a una vita semplice e gioiosa, nel più puro stile dei nostri primi padri di quel lontano Monte Carmelo della Palestina, e che ci fa Seconda assemblea del TOC ... segue da pagina 21 parlato riguardo i “Metodi di Nuova Evangelizzazione basati sulla Evangelii Nuntiandi”, evidenziandone alcuni: • • • • • la testimonianza una predicazione viva la Liturgia della Parola la catechesi l’utilizzo dei mezzi di comunicazione. vibrare e ci appassiona, in pieno secolo XXI, in queste calde terre del tropico latinoamericano, in queste terre bagnate dal sangue di uomini e donne buoni come Oscar Romero, Rutilio Grande, Jean Denovan, Silvia Arriola, le religiose Maryknoll, e migliaia di catechisti e ministri della parola che sono morti eroicamente per la causa del Regno di Dio. Siamo qui, qui vogliamo proseguire e qui vi aspettiamo. Venerdì sera, 20 Marzo 2015, si è vissuta una serata speciale per tutti. Filippini, australiani e indonesiani hanno presentato varie danze culturali e canzoni di ogni paese. L’Indonesia, come secondo paese più grande per delegati con 32 persone, ha presentato la “Manortor Dance” e durante il ballo circa 30 persone sono state coperte con le “ulos” come segno di onore e di amore. Mieke ha concluso la serata di festa eseguendo la famosa canzone “Dahil Saiyo”, dedicata alle sorelle e ai fratelli Filippini come segno di gratitudine per la loro gentile ospitalità durante tutta la riunione regionale. Ha ricordato come P. Martinus Gunawan, O. Carm., Ex Delegato Provinciale per i laici, usi internet, messenger, WhatsApp, Blackberry per annunciare il Vangelo. Egli condivide la sua riflessione in forma scritta, la invia attraverso gruppi di posta elettronica e in formato vocale e la invia a tanti fedeli con la speranza che possano iniziare la giornata partendo da una riflessione sul Vangelo. Nell’ultimo giorno dell’incontro si è svolto un pellegrinaggio nella maggiore Basilica dell’Asia; nella piccola chiesa di Nostra Signora di Casaysay e al monastero delle monache OCD in Lipa, dove è avvenuta un’apparizione della Madonna nel settembre del 1948, giorno della festa del Santissimo Nome di Maria. L’apparizione si è ripetuta per 15 giorni consecutivamente e piogge di petali di rosa, ed anche di rose intere, sono cadute nella zona del convento. La Vergine Maria qui è invocata come Mediatrice di tutte le Grazie. Il Delegato Generale insieme ai rappresentanti dell’ Australia-Oceania-Asia hanno tenuto una riunione straordinaria per discutere la prossima riunione regionale che si terrà tra due anni. È stato proposto un luogo per il prossimo incontro, ma dovrà essere confermato. In questo Congresso abbiamo vissuto momenti di intensa preghiera e fraternità, in un’atmosfera di aperto dialogo, divertimento, condivisione, approfondimento e lavoro. Abbiamo fatto una bellissima esperienza della ricchezza dell’Ordine, che ci ha aiutato ad approfondire il nostro senso di appartenenza alla Famiglia Carmelitana. CITOC | P. 23 INCONTRO DEI SUPERIORI E FORMATORI CARMELITANI DELL’AFRICA BOKO, DAR ES SALAM, TANZANIA 21-26 GENNAIO 2015 L ’idea di convocare un incontro per i superiori e i formatori dell’Africa mi è venuta dopo la mia prima visita alle comunità africane nei mesi di gennaiomarzo 2014. Nel corso di quella prima visita fraterna ho potuto constatare che sia i superiori che i formatori dovevano affrontare pressoché le stesse difficoltà, ma nonostante ciò, non avevano la possibilità di trovarsi insieme per condividere le loro esperienze. Perciò questo incontro voleva essere una risposta ai seguenti bisogni: conoscersi gli uni gli altri, confrontarsi sulle esperienze e le sfide, dialogare insieme, aprire discussioni e scambi di punti di vista su temi pertinenti. Tenendo conto delle dimensioni geografiche del continente africano e delle distanze fra le diverse presenze carmelitane, mi è sembrato giusto invitare i superiori e i formatori a trovarsi insieme per alcuni giorni. In altri parti del mondo ho visto, infatti, che questi tipi di riunioni per superiori e formatori sono regolari, programmate e continue. Spero che questo possa realizzarsi anche per l’Africa. Gli scopi di questo primo incontro erano i seguenti: mettere insieme i superiori e i formatori, per dar loro la possibilità di interagire e di conoscersi; condividere, dialogare e scambiarsi punti di vista sulle sfide comuni; eleggere equipe di coordinamento per aiutare i superiori e i formatori a lavorare per creare strutture più stabili e P. Conrad Mutizamhepo, O.Carm. suggerire modi adatti ad affrontare i problemi specifici del Carmelo africano. L’incontro ha avuto luogo a Boko, in Tanzania, dal 21 al 26 gennaio 2015, presso il Centro di Spiritualità tenuto dalle Suore Carmelitane di S. Teresa di Gesù Bambino. Il metodo di lavoro su cui abbiamo impostato l’incontro seguiva questa dinamica: esposizione delle relazioni, riflessione in gruppi regionali-linguistici, condivisione tutti insieme e uno spazio per domande e riflessioni. Ci sono state tre relazioni più consistenti, offerte da p. Noel Rosas, O.Carm. (Segretario amministrativo per la formazione) e da p. Conrad Mutizamhepo, O.Carm. (Consigliere generale per l’Africa). p. Noel ha offerto una relazione su Formazione alla leadership nel contesto asiatico: esperienze e speranze per il futuro – suggerimenti per l’Africa. p. Noel ha sottolineato che nella regione asiatica ci sono circa 220 studenti, 25-30 formatori suddivisi in quattro Province, una delegazione e una delegazione provinciale. Inoltre ha detto che si organizzano diversi tipi di riunioni a scadenza regolare, programmate e continue sia per i superiori (provinciali, commissari e delegati), per gli economi, i presidi di scuole, per i laici carmelitani e gli studenti. Il successo di questo tipo di riunioni in Asia si fonda sul carattere intrinseco delle popolazioni asiatiche, sulla loro CITOC | P. 24 affinità per la vita comunitaria e la collaborazione, come anche sul loro amore per l’Ordine e il desiderio di promuovere la crescita del Carmelo in quelle terre. p. Noel ha sottolineato che la collaborazione grazie alla condivisione in questi incontri ha rafforzato i legami fra le diverse realtà carmelitane, ma ha anche aperto i cuori e le menti a un sempre maggior apprezzamento della cooperazione. Grazie a questi incontri ora la regione asiatica può vantare un buon programma di formazione permanente per i giovani frati. Inoltre questa cooperazione ha favorito lo scambio con quei gruppi di persone più bisognosi. L’auspicio di p. Noel è che anche in africa si possa camminare sulla stessa via. L’altro relatore, p. Conrad Mutizamhepo, ha parlato su due diversi temi. La prima relazione aveva il titolo: Un modello appropriato per una leadership carmelitana in Africa? Uno sguardo alla leadership di servizio: timori e speranze per il futuro. Ho voluto sottolineare come l’Africa sia vittima di molte piaghe – fame e malattie, conflitti socio-economici e politico-religiosi, ma anche una leadership carente e irresponsabile. Mentre proprio una buona leadership è necessaria per poter gestire tutti i problemi con le loro complessità e interconnessioni. Mi sono soffermato su ampi stili di leadership; primo fra tutti il modello di autorità (cf. Mc 10, 42) e il modello di una leadership di servizio ispirata a Cristo (Fil 2, 5-11). Il modello di autorità sembra molto diffuso e attraente per molti; esso tende a generare dei superiori tirannici, affamati di potere e incentrati su se stessi. È una grande tentazione anche per i superiori religiosi. Dall’altra parte, invece, il modello della leadership di servizio pone Dio al primo posto; ho voluto sottolineare che il superiore che si fa servo deve essere un uomo di Dio prima di essere un uomo che lavora per Dio. Per illustrare meglio questo concetto ho voluto offrire due esempi di leader politici africani: uno che segue il modello autoritario, Idi Amin Dada e uno che invece segue il modello di servizio, ovvero Nelson Rolihlahla Mandela. Per evitare la tentazione del modello autoritario, il superiore religioso deve rimanere un uomo di Dio attraverso la preghiera, la meditazione, la confessione, l’impegno nella direzione spirituale, la solitudine, l’esame di coscienza, lo studio e anche il riposo. La seconda relazione che ho presentato aveva come titolo: La formazione della prossima generazione di carmelitani in Africa: esperienze, sfide e speranze. Ho messo in luce che ci sono state due generazioni di formatori africani: 1. Formazione data da fratelli non africani, in Africa o Europa o Brasile; 2. Formazione data da fratelli africani formati, però, per la maggior parte fuori dall’Africa. Ho voluto puntare l’attenzione su questo particolare per far capire che questi elementi hanno influenzato sia il livello di inter-culturazione nell’esperienza della formazione che gli obiettivi stessi della formazione. La formazione, infatti, si fonda sull’incontro tra le persone e non tanto su una mera assimilazione di idee. Per questo essa è capace di operare una trasformazione nelle persone e di generare in esse una nuova identità radicata in Cristo e nel carisma dell’Ordine. Ho molto sottolineato che lo scopo della formazione è la Cristo-formazione, se così possiamo dire, o la configurazione a Cristo attraverso l’appropriazione del carisma dell’Ordine. Quindi il ruolo dei formatori è quello di aiutare a riflettere seriamente sulle motivazioni e sugli scopi della formazione. La domanda fondamentale che i formatori dovrebbero porsi continuamente è: per che cosa stiamo formando i nostri candidati? Ho anche parlato delle sfide nel ministero della formazione riguardanti l’accompagnamento, la cura, la crescita, il discernimento e la valutazione dei candidati (cf. RIVC, 2013 n° 67). Alcune delle sfide nel ministero della formazione sono l’influenza molto diffusa e pervasiva dei valori della modernità e post-modernità, gli effetti negativi della globalizzazione, la secolarizzazione, il pluralismo e il relativismo che hanno CITOC | P. 25 effetti tossici sulla vita di fede; inoltre la fragilità e la vulnerabilità nei candidati, le differenze fra le generazioni e le culture, come anche nei modi di pensare e nelle mentalità, come anche altri problemi personali, quali l’inconsistenza, l’inadeguato sostegno da parte dell’autorità, la sostenibilità finanziaria e i problemi di inculturazione. Però mentre le difficoltà sono tante, ci sono anche molti segni di speranza: una ricca base di risorse umane, più risorse disponibili per la formazione, candidati promettenti e fedeltà a Dio. La discussione nei gruppi linguistici (francese e inglese) è stata positiva. L’unica difficoltà è stata la mancanza di tempo. Il confronto ha portato a considerare i termini di riferimento per un Forum dei superiori carmelitani di Africa e un Forum per i formatori. Le discussioni nelle plenarie sono state ricche e hanno fatto emergere alcuni dei seguenti punti: l’urgenza della stabilizzazione del Carmelo in Africa e le sue sfide: economica, di leadership e formativa. È emerso il bisogno di coltivare una visione di formazione equilibrata, aperta alla crescita, attenta alla conoscenza di sé e alla capacità di entrare in relazione, saldamente ancorata nella Regola e nelle Costituzioni dell’Ordine. Si è anche sottolineato quanto sia importante che i candidati in Africa imparino l’inglese e il francese per facilitare una maggiore comunicazione, collaborazione e cooperazione. Dal canto loro i formatori devono esplorare nuove vie per trovare fondi in Africa e offrire risorse per iniziare progetti di auto-aiuto e impegnarsi per la formazione permanente dei fratelli su temi chiave, come la gestione finanziaria, la spiritualità, la teologia, giustizia, pace e salvaguardia del creato. Perché il lavoro di questo incontro non vada perduto, sono state istituite due commissioni, una per I superiori e una per I formatori. p. Eugene Kabore, O.Carm. (Burkina Faso) è stato eletto coordinator per i superiori carmelitani africani. Per quanto riguarda i formatori sono stati costituiti due gruppi a base regionale: coordinatore dei formatori di lingua inglese è p. Onesmus Muthoka, O.Carm. (Kenya), mentre coordinatore dei formatori di lingua francese è p. Pierre Kengne Talom, O.Carm. (Camerun). I formatori hanno espresso il desiderio di incontrarsi nuovamente nel 2016. I fratelli sono riusciti a trovare anche il tempo per una gita: tutto il gruppo è andata sull’isola di Zanzibar su un traghetto ad alta velocità. L’esperienza è stata esaltante per molti. In particolare per un fratello, che ha sofferto molto di mal di mare, data la corsa pazza sulle acque. Ma nel viaggio di ritorno il fratello è stato già meglio. Abbiamo celebrato l’Eucaristia nella cattedrale di Zanzibar, arricchita da dipinti molto belli. Un coro locale ha cantato magnificamente per noi, mentre p. Vitalis Benza ha tenuto desta l’attenzione di tutti durante la sua predica con le sue battute. Dopo la Messa siamo andati a visitare il vecchio mercato degli schiavi, guidati dall’esperto Mandela, che ci ha portato anche alle celle dove gli schiavi venivano rinchiusi prima si essere venduti. Le condizioni in cui erano tenuti erano a dir poco orribili. La guida ci ha detto che uno dei metodi usati per provare quale fosse la forza degli schiavi, era prenderli a bastonate. Se uno gridava forte, voleva dire che era debole e quindi si poteva vendere solo a prezzo basso. Alla fine dell’incontro tutti i partecipanti hanno firmato una lettera comune, nella quale sono stati messi in luce i seguenti temi: appuntamenti e scopi, inculturazione, impegni, comitati di coordinazione, risorse e gratitudine. La dichiarazione finale, che porta il titolo Cristo nostra speranza, esprime una profonda fiducia per il futuro: “Il nostro incontro con Gesù Cristo ci ha condotti sul sentiero della fraternità. Desideriamo rendere visibile questa fraternità attraverso una tenera attenzione gli per gli altri e una grandissima collaborazione”. Desidero ringraziare tutte le persone che hanno contribuito al buon esito di questo incontro: i provinciali, il Consiglio generale, p. Míceál O’Neill che è stato un eccellente traduttore dall’inglese al francese e al portoghese e viceversa. Un grande grazie anche alle sorelle del Centro di spiritualità di Boko per la loro accoglienza, ospitalità e gioioso servizio. CITOC | P. 26 Risultato finale della colletta per il Wadi es Siah deciso di organizzare una colletta straordinaria nelle proprie comunità per l’ottobre 2014 per sostenere il restauro e la conservazione del primo monastero carmelitano nel Wadi es-Siah sul Monte Carmelo, in Israele. Perciò i due Generali hanno inviato a settembre 2014 una lettera ai Provinciali, agli altri superiori, alle Madri Federali, alle Madri Priore dei monasteri, alle Madri Generali delle Congregazioni affiliate e ai responsabili del TOC, dell’OCDS e degli altri gruppi dei laici carmelitani per chiedere aiuto (citoc-online 74/2014). Alcune comunità o monasteri hanno fatto questa colletta in una data conveniente per il loro paese. Come era già stato comunicato a suo tempo (citoc-online 45/2014), il Consiglio Generale dell’Ordine Carmelitano e il Definitorio dei Carmelitani Scalzi hanno Adesso possiamo comunicare con gioia la chiusura della colletta e che siamo arrivati a una somma di 60.000 euro che si aggiungerà a quella raccolta dal Carmelo Scalzo. I due Superiori Generali con i loro consigli desiderano esprimere la propria gratitudine a tutte le province, comunità monastiche, comunità dei laici e persone singole che hanno contribuito generosamente a questa colletta, che senza dubbio contribuirà alla manutenzione e al miglioramento di questo luogo così significativo, nel quale affondano le radici della nostra Famiglia Carmelitana. Sito web della Bibliotheca Carmelitana Nova È ora disponibile in rete il sito della Bibliotheca Carmelitana Nova. Il progetto è stato realizzato dall’Institutum Carmelitanum in collaborazione con la FOVOG (Forschungsstelle fur Vergleichende Ordensgeschichte), un istituto dell’Università di Dresda, Germania, specializzato negli studi di storia comparata degli ordini religiosi. Ha lo scopo di raccogliere e mettere in rete le notizie biografiche, archivistiche e bibliografiche di autori carmelitani del medioevo. La realizzazione del progetto è stata resa possibile anche grazie al contributo generoso e sostanziale di alcune province ed enti dell’Ordine. Il sito in inglese è consultabile al seguente indirizzo: www.bibliocarmnova.org Chiuso il processo diocesano per la beatificazione di Madre Mary Ellerker of the Blessed Sacrament Il 16 maggio 2015, nella chiesa Holy Rosary Church di Port of Spain a Trinidad e Tobago, l’arcivescovo Mons. Joseph Harris, CSSp, ha concluso la fase diocesana del processo di beatificazione della serva di Dio Madre Mary Ellerker of the Blessed Sacrament (18751949), fondatrice delle Suore “Corpus Christi Carmelites”. Ora il processo verrà consegnato alla Congregazione per le Cause dei Santi per la fase romana. CITOC | P. 27 MESSAGGIO PER L’ANNO DELLA VITA CONSACRATA L Fernando Millán Romeral O.Carm. Priore Generale e Saverio Cannistrà, OCD. Preposito Generale ’anno della Vita Consacrata, cominciato ormai da alcuni mesi, è anche per noi carmelitani un’occasione per tornare a riflettere su alcuni aspetti fondamentali della nostra vita e del nostro carisma. Per questa occasione noi, superiori generali dei Carmelitani, P. Fernando Millán Romeral e dei Carmelitani Scalzi, P. Saverio Cannistrà, abbiamo deciso mandare un piccolo messaggio a tutti i membri della grande famiglia carmelitana diffusi nel mondo intero per incoraggiarvi a vivere con profondità quest’anno che, inoltre, coincide con il V Centenario della nascita di Santa Teresa d’Avila. Si tratta di un evento molto importante per tutti noi e Teresa, da sempre mistagoga e maestra di spiritualità, si offre anche adesso come modello e guida per un rinnovamento della nostra consacrazione religiosa e come un’inspirazione per affrontare nuove sfide. Questa bella coincidenza può essere un’occasione straordinaria di riflessione e di approfondimento nella nostra identità come religiosi e come carmelitani. Per questa riflessione un importante aiuto ci è stato offerto, nel novembre dello scorso anno, da papa Francesco con la sua Lettera a tutti i consacrati. Mentre non indulge a facili e forse comodi pessimismi, la Lettera invita tutti noi, consacrati e consacrate, a testimoniare alla Chiesa e al mondo la bellezza della nostra vocazione e della nostra vita. Essa contiene un invito che non dovremmo lasciar cadere nel vuoto: «Nessuno […] in quest’Anno dovrebbe sottrarsi ad una seria verifica sulla sua presenza nella vita della Chiesa» (II, n. 5). Le seguenti considerazioni vogliono essere un aiuto perché questa «seria verifica» possa prendere avvio o continuare con più decisione là dove avesse già avuto inizio. Nel cuore della Chiesa 1. Dalla Lettera emerge con assoluta chiarezza la volontà di papa Francesco di non rinchiudere la vita consacrata in angusti recinti per addetti ai lavori, ma di collocarla nel cuore, nella profondità, della Chiesa e in una vastità di orizzonti che la sappiano condurre ben oltre se stessa. Nel cuore della Chiesa perché «la vita consacrata è dono della Chiesa, nasce nella Chiesa, cresce nella Chiesa, è tutta orientata alla Chiesa» come affermava il cardinal Bergoglio nel suo intervento al Sinodo del 1994 (cfr. III, n. 5); verso ampi orizzonti perché con la Chiesa essa è chiamata ad andare «nelle periferie esistenziali» dove, accanto a povertà materiali, a sofferenze di bambini e anziani, vivono «ricchi sazi di beni e con il vuoto nel cuore» (II, n. 4). Solo così si comprende la sua accorata esortazione: «Non ripiegatevi su voi stessi, non lasciatevi asfissiare dalle piccole beghe di casa, non rimanete prigionieri dei vostri problemi. Questi si risolveranno se andrete fuori [….] ad annunciare la buona novella» (II, n. 4). Sembra di riascoltare il pressante invito che San Giovanni Paolo II rivolgeva a tutta la Chiesa il 6 gennaio 2001 al termine del Grande Giubileo dell’Anno Duemila: «Duc in altum! Andiamo avanti con speranza! Un nuovo millennio si apre davanti alla Chiesa come oceano vasto in cui avventurarsi, contando sull’aiuto di Cristo» (Novo millennio ineunte, n. 58). Per noi che per grazia di Dio siamo stati chiamati al Carmelo, ispirati dalla Regola di Sant’Alberto e dall’esempio di tanti santi che nel corso dei secoli si sono impegnati a vivere questo ideale, chiamati in modo speciale in quest’anno giubilare a camminare sulle orme di Teresa di Gesù, sentirsi «figli della Chiesa», «vivere le grandi necessità della Chiesa» (Relazioni, 3,7), «pregare per la propagazione della Chiesa» (Fondazioni, 1,6) e stare nel «cuore della Chiesa, mia Madre» (Ms B 3v), non è un’inutile fatica, CITOC | P. 28 ma un dono. Tornano qui più che mai opportune le parole del papa al vescovo di Avila del 15 ottobre scorso: «Non c’è nulla di più bello di vivere e morire come figli di questa madre Chiesa!». Quando non si fa esperienza di questa maternità che alimenta e che educa non si può che essere, pur senza pienamente avvertirlo, spiritualmente «orfani», anche all’interno di una famiglia religiosa come la nostra. 2. Nell’immediato post-concilio Hans Urs von Balthasar osservava che, parlando di vocazione, si era anzitutto preoccupati di chiedersi quali fossero i bisogni della Chiesa, quelli del nostro tempo, o, «ancor peggio», quelli del prete e del religioso, e non ci si chiedesse più di che cosa avesse bisogno Dio. Scrive papa Francesco nella sua Lettera: «Mi aspetto che ogni forma di vita consacrata si interroghi su quello che Dio e l’umanità oggi domandano». Ecco l’interrogativo capitale che anche noi religiosi carmelitani dobbiamo tornare a porci: «Che cosa ci sta chiedendo Dio in questo nostro tempo»? Un abbozzo di risposta è già nella stessa Lettera del papa: «Sperimentare e mostrare» che Dio «è capace di colmare il nostro cuore e di renderci felici senza bisogno di cercare altrove la nostra felicità» (II, n. 1). Se diciamo a noi stessi e agli altri che «Dio solo basta» non possiamo accontentarci di «servirlo alla buona» (“tratan groseramente de contentar a Dios”, Cammino, 4, 5). Anche Maria Maddalena de’ Pazzi, pochi anni dopo, scriveva in maniera coraggiosa e audace al Papa Sisto V, raccomandandogli che la Chiesa assomigli sempre di più al Cristo: «Attendete, attedente, Santissimo Padre a tal imitazione, dico a spogliarvi tutto da Voi stesso e vestirvi di Lui: ‘Induimini Dominum Jesum Christum’ (Rm 13,14)» (RC, 66). La gioia per «engolosinar las almas» 3. «Dove ci sono i religiosi c’è gioia», scrive il papa (II, n. 2). Se non vogliamo fondare la gioia sulla sabbia del sentimento, dobbiamo radicarla nella solida roccia dell’esperienza personale e comunitaria dell’amore di Dio. «Oh, mio soave Riposo, mio Dio, gioia dei vostri amanti» scriveva Teresa di Gesù (Esclamazioni, 17, 2). Parlando al vescovo di Avila della gioia nella vita di Teresa, papa Francesco scrive: «E, sentendo il suo [di Dio] amore, nella santa nasceva una gioia contagiosa che non poteva dissimulare e che trasmetteva attorno a sé». La sua breve ma efficace descrizione della gioia di Teresa dovrebbe essere fatta oggetto di riflessione nelle nostre comunità per verificarne, pur entro diverse sensibilità, la sua effettiva presenza (cfr. Seste Mansioni, 6, 12). L’anno appena concluso ha visto la beatificazione di papa Paolo VI. A quarant’anni esatti dalla pubblicazione (1975-2015), la sua esortazione sulla gioia cristiana Gaudete in Domino è ancora attuale, tanto più che, secondo il beato pontefice, Teresa d’Avila, con altri santi, in materia di santità e di gioia, ha «fatto scuola». Per l’altra Teresa, quella di Lisieux, questa stessa gioia si è trasformata nella «via coraggiosa dell’abbandono nelle mani di Dio». Il beato Tito Brandsma, quando già si trovava nelle condizioni terribili dei Lager nazisti, esortava con insistenza i compagni di prigionia nella convinzione che la vita del carmelitano non può non essere un segno di gioia e di speranza per tutti. 4. Come ognuno di noi ha più volte sperimentato, la gioia, come il bene, se da un lato è diffusiva (cfr. Gv 15, 11), dall’altro attrae chi la incontra e la sperimenta (Cfr. Sal 92, 5). Così è per la vita della Chiesa nel suo insieme e per quella consacrata in forma particolare. Scrive il papa: «È la vostra vita [consacrata] che deve parlare, una vita nella quale traspare la gioia e la bellezza di vivere il Vangelo e di seguire Cristo» (II, n. 1). Se per ipotesi chiedessimo a Teresa di Gesù di tradurre con le sue parole quanto espresso dal papa, ci risponderebbe che ella non viveva che per «engolosinar las almas» (Vita, 18,8), cioè per ingolosire, per allettare, per affascinare gli altri e portarli a Dio. Non è forse quello che anche il papa ci chiede e che, in quanto carmelitani, siamo chiamati a testimoniare seguendo le orme di Teresa di Gesù e degli altri santi del Carmelo? Per affascinare altri bisogna essere prima affascinati. Allo stesso modo, per comunicare ad altri la «gioia e la bellezza di vivere il Vangelo e di seguire Cristo», bisogna prima averne fatto esperienza. Teresa ricorda di essersi sentita dire da P. Gracián che «non si devono conquistare le anime con la forza delle armi, alla stessa guisa dei corpi» (Lettera del 9 gennaio 1577). Se non vogliamo trasformarci in gestori del sacro della vita altrui, come pure della nostra, dovremmo aderire con tutto il cuore a queste parole di Teresa: «Oh, no, Signore! Che non sia privata, che non sia privata della gioia di godere in pace la vostra incantevole bellezza. Vostro Padre vi ha dato a noi. Non perda io, Signore, un così prezioso dono» (Esclamazioni, 14, 2). Una comunione per il mondo 5. Il papa ci ricorda che come religiosi siamo chiamati ad essere «esperti di comunione» (II, n. 3). Nella rivelazione cristiana tutto è segnato dalla comunione: le tre persone divine sono CITOC | P. 29 comunione, la fede è comunione, la preghiera è comunione, la Chiesa è comunione, la liturgia è comunione e, finalmente, la vita consacrata è comunione. Un cristianesimo che non sa farsi esperienza di comunione non è più cristianesimo. Se così non fosse, l’invito di San Giovanni Paolo II, ripreso da papa Francesco, a «fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione» (II, n. 3; cfr. NMI 43) si ridurrebbe ad una scontata esortazione che non incide nella vita, quella vera. In una Chiesa animata dalla comunione e che lavora per offrire comunione, noi religiosi carmelitani non possiamo accontentarci di essere spettatori. Come scriveva Teresa a P. Gracián, «l’amore, quando c’è, non può dormire tanto» (Lettera del 4 ottobre 1579). Ci aspetta un grande lavoro: con pazienza, ma anche con determinazione, vivere, lavorare e pregare perché la comunione, da principio teologico, diventi principio antropologico, mentalità, habitus, diventi criterio alla luce del quale la comunità e il singolo religioso vivano e facciano scelte. Giovanni Paolo II ha chiesto che «la spiritualità della comunione» diventi un «principio educativo» nei luoghi dove si formano tutti i fedeli e perciò anche «i consa- crati» (NMI 43). E il Papa Francesco, nel messaggio inviato al Capitolo Generale dei Carmelitani (O.Carm) a settembre del 2013, con parole chiare e dirette, faceva un forte appello a vivere la nostra dimensione contemplativa come seme di comunione per il mondo: «Oggi, forse più che nel passato, è facile lasciarsi distrarre dalle preoccupazioni e dai problemi di questo mondo e farsi affascinare da falsi idoli. Il nostro mondo è frantumato in molti modi; il contemplativo invece torna all’unità e costituisce un forte richiamo all’unità. Ora più che mai è il momento di riscoprire il sentiero interiore dell’amore attraverso la preghiera e offrire alla gente di oggi nella testimonianza della contemplazione, come pure nella predicazione e nella missione non inutili scorciatoie, ma quella sapienza che emerge dal meditare “giorno e notte nella Legge del Signore”, Parola che sempre conduce presso la Croce gloriosa di Cristo». Il 22 settembre 1572 santa Teresa raccontò la visione della Trinità che aveva avuto nel giorno di San Matteo. Quel racconto contiene una indicazione di carattere pedagogico utile perché la comunione diventi uno stile di vita. Scrive Teresa: «Queste tre persone si amano, si comunicano e si conoscono» (Favori celesti, n. 33). Senza amore reciproco la comunicazione è qualcosa di formale e la conoscenza resta sempre alla superficie. Santa Teresa ce lo ricorda senza stancarsi: «Credo che non arriveremo mai ad avere perfetto amore del prossimo, se non lo faremo nascere dalla medesima radice dell’amore di Dio (Quinte Mansioni, 3, 9); «Persuadiamoci, figliuole mie, che la vera perfezione consiste nell’amore di Dio e del prossimo» (Prime Mansioni, 2, 17). Al vescovo di Avila papa Francesco ha ricordato che «la via della fraternità» fu «la risposta provvidenziale» di Teresa «ai problemi della Chiesa e della società del suo tempo». Infine, la comunione «ci preserva dalla malattia della autoreferenzialità» (II, n. 3) e dalla «tentazione di una spiritualità intimistica e individualistica» (NMI 52). In questo senso, siamo lieti di costatare che il cammino percorso insieme dai Carmelitani e dai Carmelitani Scalzi durante gli ultimi decenni, in un clima di collaborazione, conoscenza reciproca e fraterna comunione spirituale, è diventato un segno e un appello molto positivo in questo senso. Anche la comunione ha le sue maschere. La più insidiosa è quella della finzione, della parvenza. Nella vita delle nostre case essa prende forma quando, come direbbe Zygmunt Bauman, ci accontentiamo di vivere «individualmente, insieme». 6. Papa Francesco ci lascia un compito che a prima vista potremmo giudicare più grande delle nostre forze: «Mi attendo che “svegliate il mondo”, perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia» (II, n. 2). La prima condizione per «svegliare il mondo» è di non aver paura del mondo e degli uomini (cfr. Gv 16, 33; Lc 12, 4) e di volerli conoscere nei loro aspetti sia positivi sia negativi: quando il bene li fa crescere e quando il male li mortifica, quando si aprono all’incontro con Cristo e quando lo rifiutano. Nel modo di affrontare il mondo Teresa ha molto da insegnarci. CITOC | P. 30 Scrive papa Francesco al vescovo di Avila: «La sua [di Teresa] esperienza mistica non la separò dal mondo né dalle preoccupazioni della gente. […] Lei visse le difficoltà del suo tempo – tanto complicato – senza cedere alla tentazione del lamento amaro, ma piuttosto accettandole nella fede come un’opportunità per fare un passo avanti nel cammino». E conclude: «È questo il realismo teresiano, che esige opere invece di emozioni e amore invece di sogni». La seconda condizione per «svegliare il mondo» riguarda le nostre singole persone e le nostre comunità. Alla scuola del profeta Elia e degli antichi profeti, siamo chiamati a essere “voce” di Dio, soprattutto in quelle «periferie esistenziali», dove più grande è il bisogno che essa venga udita e accolta. Quando ciò accade, anche grazie alla nostra testimonianza, gli uomini fanno esperienza di misericordia, di perdono e di comunione vera. In questo nostro diventare “voce” di Dio, non dobbiamo mai dimenticare che Cristo è la Parola di verità (cfr. Col 1, 5) di cui gli uomini, oggi come ieri, hanno bisogno. Papa Francesco lascia a ognuno di noi una domanda non certo di circostanza: «Gesù, […] è davvero il primo e unico amore, come ci siamo prefissi quando abbiamo professato i nostri voti?» (I, n. 2). Usando le parole della nostra Regola potremmo chiederci: «Vogliamo anche oggi “vivere nell’ossequio di Gesù Cristo e a lui servire fedelmente con cuore puro e buona coscienza”(n. 2)»? Uno sguardo al futuro 7. Dopo il concilio la vita consacrata è andata incontro a profondi e non sempre facili e costruttivi cambiamenti. Oggi molte famiglie religiose devono affrontare una forte diminuzione dei propri membri e un ridimensionamento delle proprie strutture (cfr. I, n. 3). Prima ancora di ogni problematica, l’anno dedicato alla vita consacrata resta un’occasione per «guardare il passato con gratitudine» (I, n. 1). «Raccontare la propria storia è indispensabile, scrive il papa, per tener viva l’identità». Guardiamo al passato non per fuggire dal presente, ma per viverlo «con passione» (I, n. 2). Come per i nostri Santi, anche per noi il criterio per valutare la verità di questa «passione» resta sempre il Vangelo. Chi vive il presente «con passione» sa anche scrutare il futuro «con speranza» (I, n. 3), perché è consapevole che in ogni tempo lo Spirito Santo è la guida e la forza della Chiesa. Le parole, che Dietrich Bonhoeffer scrisse dal carcere pochi giorni prima di essere ucciso dai nazisti, ben si addicono anche a noi: «Chi non ha un passato di cui rispondere e un futuro da plasmare è “labile”». Se come carmelitani ci sentiamo collocati nel «cuore della Chiesa», è per sentirci ancor più in comunione con tutto il popolo cristiano, a cui noi stessi apparteniamo. Nel corso dei secoli molti cristiani, partendo dalla «loro condizione laicale», hanno scelto di «condividere ideali, spirito, missione» dei nostri Ordini, dando così vita a una autentica «famiglia carismatica» (III, n.1) carmelitana. Nei diversi contesti geografici, l’anno della vita consacrata sia per ognuno di noi occasione per aver ancor più coscienza di appartenere a questa «famiglia carismatica» e in essa, assieme, rendere lode a Dio. «L’importante – credetemi – non è nel portare o nel non portar l’abito religioso, ma nel praticare la virtù, nel sottometterci in tutto alla volontà di Dio, affinché la nostra vita scorra in conformità delle sue disposizioni, e nel non volere che si faccia la nostra, ma la sua volontà» (Terze Mansioni 2,6). 8. Senso di appartenenza alla vita della Chiesa, gioiosa adesione al cammino della nostra vocazione, comunione fraterna che si apre all’accoglienza dell’altro: sono queste alcuni punti fondamentali su cui dovremmo compiere quella seria verifica della nostra vita religiosa a cui ci ha invitato papa Francesco. Abbiamo voluto ricordarli e sottolinearli perché la celebrazione di questo anno della vita consacrata non ci lasci indifferenti e inoperosi. Abbiamo un lavoro da compiere su noi stessi, incessantemente, ed esso è l’esatto corrispettivo del dono di grazia che abbiamo ricevuto. È solo da tale lavoro di assimilazione del nostro passato e di maturazione del nostro presente che la nostra famiglia religiosa può attendersi un futuro degno della speranza alla quale siamo stati chiamati (cf Ef 1, 18). Che Teresa d’Avila, la grande schiera dei santi del Carmelo lungo la sua lunga storia e, soprattutto, Maria, la stella del mare, guidino i nostri passi e ci diano la forza e il coraggio di vivere la nostra consacrazione con fedeltà, creatività e generosità... Roma, 12 marzo 2015 393º anniversario della canonizzazione di Santa Teresa CITOC | P. 31 Convento di San Andrés SALAMANCA CASA CARMELITANA PER FERIE E RITIRO A SALAMANCA, SPAGNA Il convento di S. Andrés si trova a Salamanca, nel centro storico, vicino al fiume Tormes. Fondato nel 1480, vi abitò san Giovanni della Croce (1564- 1568). Salamanca è stato proclamato patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 2002. Eccelle per i suoi monumento e per l’Università, la più antica del paese. È una città molto popolare, cosmopolita e piena di vita, con migliaia di studenti che giungono ogni anno per studiare la lingua e la cultura spagnola. Il Centro di Spiritualità offrirà possibilità di: • Incontri internazionali dell’Ordine, della Famiglia Carmelitana, di religiosi e religiose e convivenze vocazionali. • Casa di convivenze per gruppi e movimenti religiosi, e per esercizi spirituali, organizzati da noi p da altre persone ed entità. • Permanenza di persone adulte impegnate in ricerche o approfondimento degli studi. • Casa di accoglienza per attività turistico-religiose. “Strada della mistica” attraverso i luoghi vicini a Salamanca, che hanno risonanze carmelitane come: Alba de Tormes, Duruelo, Fontiveros, Medina del Campo, Segovia, Ávila... Casa di Formazione (noviziato) e Centro di Spiritualità Paseo Rcctor Esperabé, 49-65 37008 Salamanca, Spagna - Telfs.: (+34) 923.213491 – (+34) 923 215 502