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TEMPI LIBERI
Corriere della Sera Sabato 1 Ottobre 2016
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Abitare
L’appuntamento a Milano da 6 al 9 ottobre
L’architettura
Pochi giorni al via della IV edizione di Milano
Design Film Festival: dal 6 al 9 ottobre
all’Anteo spazioCinema inizia la rassegna
cinematografica dedicata al progetto, uno
degli eventi della Fall Design Week,
promossa dal Comune di Milano. In
programma titoli da tutto il mondo, due
Première e omaggi, c’è anche una pellicola sui fratelli Campana
première mondiali e numerose prime
europee e italiane. Tra gli imperdibili, i film
dedicati a Rem Koolhaas (Rem, di Tomas
Koolhaas, 2016) e ai fratelli Campana (The
Campana Brothers by Fernando and
Humberto, di Gabriela Bernd, 2016).
Quest’ultima racconta un Brasile filtrato
dallo sguardo dei due designer. Non
mancano gli omaggi ai progettisti del
presente e del passato, come Jean Nouvel,
Alvaro Siza, Alessandro Mendini, Børge
Mogensen ed Eero Saarinen. il biglietto per la
singola proiezione costa 5 euro. L’ingresso è
gratuito per gli studenti, fino ad esaurimento
posti. Il programma completo e ulteriori
informazioni su
www.milanodesignfilmfestival.com/
Quel mondo rifugiato in biblioteca
Al Design Film Festival un edificio di Koolhaas raccontato dalla parte dei senzatetto
 M
Tomas, figlio
di Rem,
cambia la
prospettiva
dell’edificio
di Seattle,
uno dei più
riusciti del
padre
Così ci
ricorda che
l’architettura
nasce dal
desiderio e
appartiene
alla vita
che da
subito se ne
impossessa
ark Hyatt e Phil
Harvey sono due
senzatetto. Entrambi vivono a
Seattle e usano la
Biblioteca pubblica della città
come la propria abitazione
temporanea. Il primo leggendo riviste e osservando con attenzione ossessiva ogni singola potenzialità d’uso dell’edificio, mentre il secondo divide il
suo tempo tra la sala di musica, dove suona il piano e la lettura di libri fantasy.
Mark e Phil sono due esempi di quelle migliaia d’invisibili
al nostro sguardo che abitano i
tanti spazi pubblici sparsi nelle nostre metropoli, ma in
questo caso sono due dei prot a g o n i s t i co n s a p e vo l i d i
«Rem», il primo lungometraggio di Tomas Koolhaas, regista
e figlio di quello che potremmo considerare l’architetto più
famoso del mondo: l’olandese
Rem Koolhaas. Mentre la biblioteca di Seattle è una delle
opere più interessanti e meglio riuscite del maestro olandese, uno degli sfondi perfetti
per un docufilm, in cui il regista ha deciso d’invertire il punto di vista cambiando radical-
mente prospettiva dall’oggetto
architettura ai suoi abitanti,
per raccontare il modo in cui
l’importante padre ha immaginato e realizzato le sue opere.
Rem aprirà la nuova edizione del Design Film Festival di
Milano, una rassegna diventata rapidamente un appuntamento cult in una delle capitali
mondiali del progetto, in cui
sempre di più i film dedicati
agli sguardi e alla vita degli architetti stanno prendendo pie-
de per raccontare la complessità che si cela dietro ogni
grande opera costruita nelle
nostre metropoli.
Rem è chiaramente il nome
del protagonista ma il titolo
gioca volutamente anche con
Presenze
Un momento
di «Rem» il film
di Tomas
Koolhaas sulla
biblioteca
di Seattle
l’acronimo «Rapid Eye Movement», quella fase del sonno
in cui i sogni prendono forma
segnando la nostra immaginazione e gli stati d’animo che ci
inseguono al risveglio. Il film,
voluto da Tomas Koolhaas,
sembra volutamente giocare
su questa sottile linea rimarcando una dimensione più intima, sottile, del fare e abitare
l’architettura.
Non abbiamo al centro le
opere della nuova avanguardia
ma piuttosto gli sguardi e
l’umanità dei suoi abitanti fragili (Mark e Phil) o di Louise
Lemoine, figlia del committente della villa per il collezionista di Bordeaux, oltre che di
Dominique e Laure Boudet
che, da sempre, abitano Villa
Ava, la prima residenza privata
alle porte di Parigi disegnata
da Koolhaas durante gli anni
Novanta.
Lo sguardo del film è volutamente dall’interno a ricordarci
che l’architettura è un prodotto
del desiderio (di chi la chiede,
la disegna e l’abita) e appartiene alla vita che da subito se ne
impossessa. Insieme quest’opera è l’accostarsi silenzioso di un figlio al lavoro di un
padre ingombrante, cercando
di dare spazio e tempi adeguati
ai suoi pensieri e al modo in
cui la visione struttura quelle
opere che poi cambiano il destino delle nostre città e di chi
le abita quotidianamente.
Luca Molinari
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Su Living, così è se vi pare:
loft o chiesa sconsacrata
Luce mistica
La vetrata
policroma della
casa londinese
del fotografo
David Bailey,
un ex chiesa:
nel soggiorno
convive con le
opere di
Damien Hirst
In edicola
 Chiese
sconsacrate
appartamenti,
e antichi
castelli. Ce n’è
per tutti i gusti
nel numero di
Living, in
edicola da
martedì 4
ottobre, con il
Corriere della
Sera al prezzo
speciale di 2
euro. Nei giorni
successivi, al
costo di 3,90 e.
«B
elli, brutti o antipatici? Noi siamo tutto questo. E la nostra casa ci rappresenta in pieno». È il pensiero-corridoio attraverso il quale passeggiano, idealmente, gli
abitanti delle case presentate nel numero di Living, in edicola da martedì 4 ottobre. Non cercate
facce da pubblicità e corpi statuari tra le mura arredate secondo stili e tendenze personali. «L’importante è che raccontino una storia vera», scrive
Francesca Taroni nell’editoriale del mensile del
Corriere della Sera. E le storie vanno dal loft
newyorchese, nel quartiere Tribeca, del giovane
direttore artistico Nicola Formichetti — il cui salone con pianoforte, composizioni ikebana e libreria Memphis è finito sulla cover di Living — al
maso altoatesino della coppia Hans e Catia, la cui
testardaggine nel far convivere il vecchio col nuovo è sintetizzata benissimo in una stube da sogno.
Ma c’è chi il design, nel senso di fare tendenza,
lo ha sviluppato osservando e scattando foto in
ogni angolo del mondo. Parliamo di mister BlowUp, il celebre fotografo David Bailey, protagonista
della Swinging London. A pochi mesi dai suoi
primissimi 80 anni, ha deciso di andare a vivere
in una chiesa sconsacrata londinese. «La religione non c’entra: cercavo soltanto muri spessi e vetrate colorate», spiega senza molti fronzoli nel
servizio a pagina 188. È interessante notare, nella
sala da pranzo di casa Bailey, l’accostamento tra
una vetrata policroma a soggetto sacro e le opere
di Damien Hirst con i suoi celebri teschi. Un azzardo? Proprio per niente. Solo e soltanto stili e
tendenze personali. Che continuano dalla carta al
web, cliccando su living.corriere.it.
Peppe Aquaro
‘‘Barack,
non vorrai
lasciarla
a Donald!’’
NON HA TERMINI DI PARAGONE.
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